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IL CODICE MINIATO IN EUROPA

Libri per la chiesa, per la città, per la corte


a cura di
Giordana Mariani Canova e Alessandra Perriccioli Saggese

ILPOLIGRAFO
il codice miniato in europa
Libri per la chiesa, per la città, per la corte

a cura di
Giordana Mariani Canova
Alessandra Perriccioli Saggese

ILPOLIGRAFO
Il presente volume viene pubblicato con il contributo di

Gli Autori e l’Editore ringraziano tutte le istituzioni che hanno gentilmente concesso
l’autorizzazione alla pubblicazione delle immagini. Le referenze fotografiche
sono state inserite, in caso di esplicita richiesta, a corredo delle singole immagini
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progetto grafico
Il Poligrafo casa editrice
Laura Rigon

© copyright giugno 2014


Il Poligrafo casa editrice
35121 Padova
piazza Eremitani – via Cassan, 34
tel. 049 8360887 – fax 049 8360864
e-mail casaeditrice@poligrafo.it
ISBN 978-88-7115-832-7
indice

11 Presentazione
Giordana Mariani Canova, Alessandra Perriccioli Saggese

un caso esemplare: dall’antichità all’età moderna

17 Dalla corte di Costantino VII alla corte di Napoleone:


il progetto per un’edizione neoclassica del rotulo di Giosuè
Antonio Iacobini

secoli ix - xiii

51 Giallo come oro, giallo versus oro: usi e significati di un colore


ambiguo e polisemico nei manoscritti medievali
Grazia Maria Fachechi

65 Il libro di preghiere dell’arcivescovo di Milano Arnolfo II (998-1018)


Marco Rossi

79 I diagrammi medioevali e la conservazione del sapere


Paola Guerrini

93 Problemi di miniatura romana nell’età della Riforma:


l’Evangeliario Piana 3.210 di Cesena
Gaia Elisabetta Unfer Verre

105 Frammenti di una Bibbia atlantica nell’Archivio di Stato di Potenza


Arianna Vena

115 Storia di un manoscritto duecentesco:


L IV 20 della Biblioteca Comunale degli Intronati di Siena
(Fibonacci, Liber Abaci)
Bente Klange Addabbo

127 L’Exultet di Velletri. Un percorso iconografico


Eva Ponzi
141 Una Bibbia “crociata” alla Biblioteca Capitolare di Padova.
Miniatori francesi, maestri veneziani e riferimenti bizantini ad Acri
Fabio Luca Bossetto

157 Due miniature manfrediane poco note. Prime considerazioni


Fabrizio Crivello

169 I libri miniati per i pontefici tra i secoli XII e XIII.


Una proposta di ricerca
Silvia Maddalo

secolo xiv

187 Libri giuridici miniati in circolazione nelle città


della Francia meridionale tra XIII e XIV secolo:
alcuni esemplari recentemente ritrovati
Maria Alessandra Bilotta

207 Appunti per la miniatura aretina del Trecento


Sonia Chiodo

223 Libri di lettori, libri di prelati: tre manoscritti toscani


nella Biblioteca dei Domenicani di Tolosa
e una commissione di Bertrando Del Poggetto
Laura Alidori Battaglia

243 Un codice francese e un codice abruzzese


appartenuti alla Biblioteca del Convento
di San Domenico Maggiore di Napoli
Andrea Improta

257 L’arte veneziana durante il dogato di Giovanni Soranzo (1312-1328):


l’Antifonario marciano
Susy Marcon

277 Produced in Padua: three manuscripts of the Roman de Troie


Susan L’Engle

289 L’illustrazione dell’Entrée d’Espagne


della Biblioteca Marciana di Venezia: la prima fase
Lorenza Novello

303 I Graduali trecenteschi della Cattedrale di Padova


Marta Minazzato
319 Detached miniatures from the Scuola di San Giovanni Evangelista
of Venice and the Confraternity’s mariegole
in the Archivio di Stato di Venezia
Lyle Humphrey

335 L’Illustratore a Bologna tra libri di legge e chiose dantesche:


problemi aperti e sviluppi recenti della ricerca
Gianluca del Monaco

355 Un illustre committente fiorentino per Giovanni di fra Silvestro:


Donato Acciaiuoli
Massimo Medica

secoli xiv-xv

375 Benedicto XIII y el “Scriptorium” papal instalado en Peñíscola:


nuevas reflexiones
Josefina Planas

401 La ripresa della miniatura a Roma durante lo Scisma. Miniatori,


copisti e calligrafi attivi tra fine Trecento e inizio Quattrocento
Francesca Manzari

425 Miniatura in terra d’Otranto tra XIV e XV secolo:


l’Eucologio Vat. Borg. Gr. 7
Emanuela Elba

445 Le mura di fuoco nel Dante urbinate


e nella tradizione manoscritta della Commedia
Salvatore Sansone

secoli xv - xvii

461 Su alcuni codici miniati a Firenze per Enea Silvio Piccolomini


Francesca Corsi Masi

475 Novità sull’Esopo mediceo della New York Public Library


Ada Labriola

493 Bartolomeo Sanvito e i suoi artisti


nella Padova dei primi anni sessanta del Quattrocento
Laura Nuvoloni

509 Una nuova proposta per il miniatore del Filocolo Gonzaga


(Oxford, Bodleian Library, ms. Canon. Ital. 85)
Silvia Fumian
525 Una primizia di Liberale a Siena
Hans-Joachim Eberhardt

535 Girolamo da Cremona e l’alchimia


Laura Paola Gnaccolini

553 Nuove proposte per Martino da Modena


Angela Dillon Bussi

569 Benedetto Bordon and the “San Nicolò Antiphonaries”:


new discoveries
Lilian Armstrong

587 La medicina in un manoscritto miniato a Napoli


per Domenico della Rovere
Ulrike Bauer-Eberhardt

601 Oltre la “Biblioteca dei re d’Aragona”:


aggiunte all’attività tarda di Cristoforo Majorana
Teresa D’Urso

615 Incunaboli miniati del Breviario all’uso degli Umiliati


Pier Luigi Mulas

629 Attorno al ms. 62 della Biblioteca Classense di Ravenna:


storie di regine, di libri e di falsari
Caterina Limentani Virdis

643 Vescovi e patriarchi veneziani in un manoscritto


della Nazionale di Firenze e in un perduto ciclo carpaccesco
Adriana Di Domenico

657 Dvlces ante omnia mvsae


Gino Castiglioni

673 La collezione di “Italian illuminated cuttings” della British Library:


nuove miniature di Simonzio Lupi da Bergamo,
Giovanni Battista Castello il Genovese e Sante Avanzini
Elena De Laurentiis

697 Un cartulario illustrato romano del primo Seicento.


I codici Varia 5 e Varia 6 della Biblioteca nazionale
centrale di Roma
Lucinia Speciale
girolamo da cremona e l’alchimia
Laura Paola Gnaccolini

Nella Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze si conserva un codice


(ms. B. R. 52)1 giustamente famoso per le splendide miniature, realizzate da
Girolamo da Cremona, che rappresenta il più antico testimone italiano con
la più completa raccolta degli scritti alchemici attribuiti a Raimondo Lullo
e Arnaldo da Villanova. Si tratta in particolare di una serie di testi attribuiti
al filosofo maiorchino Lullo, redatti in realtà nella terza decade del Tre-
cento da un alchimista della sua scuola, rielaborando gli schemi numerici
lulliani2. Questi testi divennero fondamentali per gli alchimisti italiani del
Quattrocento, che vi trovarono una sorta di compendio enciclopedico sia
della riflessione filosofica (la cosiddetta «alchimia teorica») che della parte
tecnica (l’«alchimia pratica»)3, a partire dal procedimento della trasmuta-

1 Sul codice si rimanda alla scheda paleografica e storico-artistica della scrivente, con

bibliografia completa, in Il segreto dei segreti. I tarocchi Sola Busca e la cultura ermetico-alchemica
tra Marche e Veneto alla fine del Quattrocento, catalogo della mostra (Milano, 20 marzo - 24 giu-
gno 2012), a cura di L.P. Gnaccolini, Milano 2012, pp. 86-88, cat. 11.
2 M. PEREIRA, The alchemical Corpus attributed to Raymond Lull, «Warburg Institute

Surveys and Texts», XVIII, 1989; EAD., L’Oro dei filosofi. Saggio sulle idee di un alchimista del
Trecento, Spoleto (PG) 1992, pp. 87-101; C. CRISCIANI, M. PEREIRA, L’arte del sole e della luna.
Alchimia e filosofia nel medioevo, Spoleto (PG) 1996, pp. 68-75, 81-83, 189-202; M. PEREIRA,
Introduzione storica, in Il ‘Testamentum’ alchemico attribuito a Raimondo Lullo. Edizione del testo
latino e catalano dal manoscritto di Oxford, Corpus Christi College 244, a cura di M. Pereira e
B. Spaggiari, Firenze 1999, pp. IX-LXII; M. PEREIRA, Arcana sapienza. L’alchimia dalle origini a
Jung, Roma 2001, pp. 152-174; Alchimia. I testi della tradizione occidentale, a cura di M. Pereira,
Milano 2006, pp. 554-604; EAD., Vita vegetale e trasformazione alchemica, in Le monde végétal.
Médecine, botanique, symbolique, a cura di A. Paravicini Bagliani, Firenze 2009, pp. 207-229;
EAD., Ramon Llull e Gerolamo da Cremona, «FMR», XXXIII, 2009, pp. 130-140.
3 Alla base è la riflessione di Ruggero Bacone su alchimia «speculativa» e alchimia

«operativa», cfr. PEREIRA, L’Oro dei filosofi, cit., pp. 9-10, 48-56; EAD., Arcana sapienza. L’alchi-
mia dalle origini a Jung, Roma 2001, pp. 143-145.

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laura paola gnaccolini

zione dei metalli, quel procedimento alchemico così segreto e insieme così
potente che consentiva di arrivare alla produzione del lapis philosophorum o
elixir, che trasmutava tutti i metalli in oro e poteva conferire la perfezione
a qualsiasi corpo materiale su cui venisse «proiettato», quindi in ultima
istanza era medicina di lunga vita4.
Le illustrazioni5, poco conosciute proprio a causa della complessità del-
le iconografie, a parte poche pagine sempre riprodotte, testimoniano di una
grande consonanza dell’artista con i complessi contenuti del codice, che
molto spesso vengono chiariti con tavole sintetiche. La decorazione si apre6
con una raffigurazione della Natura che si strappa i capelli (f. 19r/XVIr)
(fig. 1) e si dispera per chi vorrebbe farle violenza, mentre è disposta a sve-
lare i suoi segreti all’alchimista, il solo capace di farne un corretto uso7;
all’interno del capolettera è raffigurato Lullo in preghiera con la veste da
francescano, che riceve la rivelazione dall’alto, davanti a Tobia, che ritorna
con il fiele del pesce (in lamina d’argento) con cui guarirà gli occhi del pa-
dre8 (quindi un’allusione al risultato dei procedimenti alchemici). L’Arcan-
gelo Raffaele che lo accompagna è ugualmente allusione all’origine divina
della rivelazione: l’alchimista si sente investito di una missione salvifica e
interviene nella natura continuando per così dire l’opera creatrice di Dio.
Nel Testamentum, uno dei testi più importanti della raccolta, lo pseudo
Lullo introduce un’importante sottolineatura del parallelo tra l’opus alche-
micum e l’agricoltura9 (f. 21v/XVIIIIv) in quanto semina dei semi d’oro e

4 G. CARBONELLI, Sulle fonti storiche della chimica e dell’alchimia in Italia, Roma 1925 [rist.

an. Lavis 2003], pp. V-XI; M. PEREIRA, L’Oro dei filosofi, cit., pp. 2, 103-104, 111-112, 229-230; M.
PEREIRA, Teorie dell’elixir nell’alchimia latina medievale, in La crisi dell’alchimia, «Micrologus», III,
1995, pp. 103-146; EAD., Introduzione storica, in Il ‘Testamentum’ alchemico attribuito a Raimondo
Lullo, cit., pp. IX-XXIX. Per un percorso critico sulla storia dell’alchimia sono fondamentali L’arte
del sole e della luna, cit. e EAD., Arcana Sapienza, cit.
5 Sull’iconografia dei testi alchemici bisogna considerare almeno CARBONELLI, Sulle

fonti storiche della chimica e dell’alchimia in Italia, cit.; B. OBRIST, Les Débuts de l’imaginerie
alchimique (XIVe-XVe), Paris 1982; F. CARDINI, Faust e il Santo Graal. Nota storico-antropologica
al mito dell’Elixir, in Exaltatio Essentiae / Essentia Exaltata, a cura di F. Cardini, M. Gabrie-
le, Ospedaletto (PI) 1992, pp. 6-25 (solo l’apparato iconografico); B. OBRIST, Vers une histoire
de l’alchimie médiévale, in La crisi dell’alchimia, «Micrologus», III, 1995, pp. 3-44; B. OBRIST,
Visualization in Medieval Alchemy, «HYLE-International Journal for Philosophy of Chemistry»,
vol. 9, 2, 2003, pp. 131-170; M. GABRIELE, Alchimia e iconologia, Udine 1997; A. HAANING, The
Philosophical Nature of Early Western Alchemy, in Art and Alchemy, a cura di J. Wamberg, Cope-
naghen 2006, pp. 23-39; J. WAMBERG, A Stone and Yet Not a Stone. Alchemical Themes in North
Italian Quattrocento Landscape Imagery, in Art and Alchemy, cit., pp. 41-81.
6 In realtà c’è un’iniziale decorata precedente inedita, al f. 9r (Vr della numerazione

antica), che raffigura un’aquila in oro (ombreggiata in nero), che simboleggia il mercurio
filosofico, su un campo azzurro cielo.
7 La figura dell’angelo che regge il mondo nell’iniziale I[ste liber..] probabilmente allude

al passo nel testo dove si invoca l’«eterna prudencia» perché illumini le menti e le conduca «ad
cognisciendum veritate[m] fabbricata[m] p[er] antiquos».
8 Th 6, 1-9; 11, 1-13.
9 Parallelo introdotto per la prima volta nel trattato di Iside la profetessa a suo figlio Horus
(PEREIRA, Arcana sapienza, cit., pp. 39, 56; ID., Alchimia. I testi della tradizione, cit., pp. 30-34)
e ripreso nei testi ermetici di VII-VIII secolo.

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girolamo da cremona e l’alchimia

d’argento nella terra («cioè in un metallo opportunamente lavorato»)10, che


porta frutto solo rispettando dei cicli temporali prestabiliti, come accade
nell’agricoltura. Vediamo così Lullo che conduce l’aratro trainato da due
buoi – uno d’oro e uno d’argento – mentre Mercurio (il Mercurio filosofico
che sta alla base dell’opus alchemicum) conduce l’opera al suono armonioso
di un flauto, con un’allusione alle concordanze tra la musica e l’alchimia11
che si ritrova all’incirca alle stesse date anche in un altro codice alchemico
miniato di origine veneta (Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, ms.
Asbh. 1166, f. 18r)12.
Quindi Lullo procede con la semina dei semi d’oro e d’argento (f. 61v/
LXIIIIv, fig. 2), utilizza cioè quanto di buono è già presente in natura per
portarlo a perfezione. Il procedimento è atto a ingravidare la natura, me-
tafora sessuale che diventerà un topos nella letteratura alchemica13. Sono
molti i personaggi interessati alle ricerche alchemiche, a partire dai sovra-
ni (f. 77v/LXXVv) (vediamo sempre il riferimento all’oro e all’argento nella
copertina del codice che Lullo ha in mano), che ambirebbero in particolare
a utilizzare l’oro alchemico per la coniazione. L’immagine successiva, in
stretta aderenza all’incipit del testo che si trova in questa posizione nella
raccolta, riguarda l’operazione della tintura (f. 84v/LXXXIIv): in senso stret-
to qui è raffigurata la tintura di un ramo di palma, in senso lato la tintura
allude al momento culminante dell’opus, quando il lapis philosophorum o
elisir agisce a contatto con la materia che si deve trattare14.
Seguono due pagine particolarmente dense di contenuti. A sinistra vi
è l’albero della pietra filosofale (f. 114v/CXIIv, fig. 3): la pianta riassume il
procedimento alchemico che inizia sopra i rami a sinistra dove, in forma di
uccelli, sono raffigurati lo Zolfo filosofico (aquila d’argento) e il Mercurio
filosofico15 (aquila d’oro), i due principi generativi dei metalli16, che si uni-
scono, muoiono e rinascono come re-pietra (la pietra filosofale). Le chiavi

10 PEREIRA, Arcana sapienza, cit., pp. 56, 160; EAD., L’alchimista come medico perfetto, in

Alchimia e medicina nel Medioevo, a cura di C. Crisciani, A. Paravicini Bagliani, Firenze 2003,
pp. 104-106 e nota 89. «La Terra Madre portatrice dei minerali embrioni», cfr. M. ELIADE, Arti
del metallo e alchimia, Torino 1980, p. 131.
11 L’alchimia come la musica produce «il principio che permette l’ascesa purificatrice
dalla terra al cielo», PEREIRA, Arcana sapienza, cit., p. 199.
12 Sul quale si rimanda alla scheda della scrivente nel catalogo della mostra Il segreto dei

segreti, cit., pp. 88-89, cat. 12.


13 GABRIELE, Alchimia e iconologia, cit., pp. 59-61. «Il paragone tra la produzione

dell’agente di trasmutazione e la generazione dell’embrione umano» compare già negli scritti


di VII-VIII secolo, cfr. M. PEREIRA, Il cuore dell’alchimia, «Micrologus», XI, 2003, p. 294 e nota 22;
PEREIRA, Vita vegetale e trasformazione alchemica, cit., pp. 222-223.
14 PEREIRA, Il cuore dell’alchimia, cit., p. 290.
15 È in questo caso la materia prima di tutta la realtà corporea, cfr. PEREIRA, Vita vegetale

e trasformazione alchemica, cit., p. 209.


16 PEREIRA, L’oro dei filosofi, cit., p. 62; GABRIELE, Alchimia e iconologia, cit., p. 93.

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laura paola gnaccolini

d’oro e d’argento17 (così come le nozze del Sole e della Luna)18 alludono alla
trasformazione dei metalli grazie alla pietra e le sette stelle ai vari gradi del
procedimento alchemico19.
La miniatura seguente, sulla destra (f. 115r/CCXIIr) (fig. 6, tav. XXXIII),
vuole essere illustrazione sintetica e pregnante di un testo apocrifo di Ari-
stotele (attribuito ad Alberto Magno) che si intitola Spera octo figurarum de
lapide philosophico liber super arborem Aristotelis20. In alto siede il «rerum
naturalium doctor» tra due adepti che sui cartigli21 recano massime rela-
tive alla figura del «drago», simbolo alchemico del Mercurio, che muore
solo con suo fratello e sua sorella (cioè viene ucciso dal Sole e dalla Luna,
allusione al fuoco e all’acqua) e si uccide deglutendo il proprio sudore (si
allude al primo gradino del processo alchemico, la morte o nigredo). In bas-
so a sinistra il re potente dice di non temere nessuno se non il dragone e a
destra l’alchimista è raffigurato come uomo povero e nudo, che però con le
sue forze saprà sconfiggere il dragone. Al centro dell’immagine il serpente-
drago con la testa d’oro e d’argento (è sempre il mercurio filosofico) con
cartigli che alludono alla morte/vita del drago e altre teste che rimandano ai
vari metalli. Intorno varie sfere che, dalla più interna verso l’esterno, riman-
dano ai quattro elementi: fuoco, aria, acqua, terra, con le loro caratteristiche
e l’esortazione a comprendere bene la lezione per ottenere la pietra dei filo-
sofi. Le tre sfere più esterne invece si riferiscono alla tempistica e alle fasi
delle operazioni alchemiche (utilizzando brani da testi sacri). Le iscrizioni a
sinistra e a destra della pagina sono rivolte direttamente al lettore che viene
esortato a vedere i volti inanimati tra i rami dell’albero e le tre facce che per
mano dell’artefice vanno a bere alla fonte e si congiungono alle cicogne
che le fanno deglutire acqua del ventre (quindi un’allusione al processo
digestivo, che era metafora del procedimento alchemico)22. All’inizio del
Codicillus di nuovo è ritratto Lullo in preghiera (f. 132r/CXXXr), a sottolinea-
re l’origine divina della rivelazione alchemica. Segue una raffigurazione di

17 L’oro e l’argento sono sostanze di partenza dell’opus, in quanto «risultato più perfet-

to raggiunto dalla natura nel dare forma alla materia inorganica»; come tali «possono – dopo
essere stati opportunamente manipolati – moltiplicare e trasferire questa perfezione venendo
a costituire il fermentum e, infine, la sostanza della trasmutazione (elisir)», cfr. PEREIRA, L’oro
dei filosofi, cit., pp. 104, 106.
18 Sull’argomento, cfr. PEREIRA, Vita vegetale e trasformazione alchemica, cit., p. 223 e nota 49.
19 CARBONELLI, Sulle fonti storiche della chimica, cit., pp. 39-42, 50; PEREIRA, L’Oro dei

filosofi, cit., pp. 87-112; EAD., Dottrine e correnti dell’alchimia latina, in L’arte del sole e della luna,
cit., pp. 69-70; EAD., Arcana sapienza, cit., pp. 59-61, 101-102, 137-139.
20 In proposito si veda PEREIRA, L’Oro dei filosofi, cit., pp. 40-41 e la scheda relativa

al manoscritto trascritto nel 1475 a Foligno, cfr. Magia, Alchimia, Scienza dal ’400 al ’700,
catalogo della mostra (Venezia, 2002), a cura di C. Gilly, C. van Heertum, Firenze 2005, II,
pp. 62-66, cat. 14 (di C. GILLY).
21 Per i testi delle iscrizioni si rimanda alla scheda della scrivente citata supra, nota 1.
22 C. CRISCIANI, Il corpo nella tradizione alchemica. Teorie, similitudini, immagini, «Mi-

crologus», I, 1993, pp. 189-233; PEREIRA, Il cuore dell’alchimia, cit., pp. 292-293 («la digestione,
ovvero la trasformazione del cibo in sostanza del corpo attraverso le diverse “cotture” che av-
vengono nelle sue cavità, metafora dell’intero processo di trasformazione governato dal calore
dei fornelli che l’alchimista assimila al calore naturale»).

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girolamo da cremona e l’alchimia

Lullo tra i sapienti (f. 159v/CLVIIv), impegnati a vagliare con serietà gli ar-
gomenti proposti dall’alchimista. Il Libro dei segreti della natura o della quin-
tessenza si apre con la consegna del volume da parte dell’alchimista a un
monaco in veste bianca (f. 187r/CCXXXVIr, fig. 4): dalla foggia però si può
escludere che si tratti di un certosino, come ipotizzava Michela Pereira23,
mentre dovrebbe essere l’abito in lana bianca dei benedettini olivetani o
camaldolesi24. Ma su questo punto vedremo di approfondire tra breve.
Il Liber compendium artis magice (f. 214r/CCLIIIr) si apre con il pro-
cedimento della purificazione tramite il fuoco, che elimina le impurità
(i mostri che appaiono tra le nuvole) e separa le componenti di una sostan-
za. L’apparente stranezza dell’aver inserito due figure umane, chiaramente
tartari, nel «vaso alchemico» viene spiegata da Hartlaub25 come allusione al
«tartaro»26, sostanza da cui facilmente si ricava il mercurio filosofico, e da
Michela Pereira, specialista nella tradizione lulliana, come allusione all’ani-
ma vivente di tutto il mondo naturale, compresi i metalli27; così che persino
gli esseri umani possono essere allusione alla materia prima. Il trattato se-
guente, il Compendium animae transmutationis metallorum (f. 216v/CCLVIv),
raffigura in maniera molto suggestiva l’anima dei metalli, principio vitale
che si ottiene con l’opus, tra le mani dell’alchimista, con un’iconografia che
riecheggia quella classica del mito di Prometeo28; mentre nel Liber de in-
vestigazioni secreti occulti (f. 224r/CCLXXIIIr, fig. 5) l’alchimista incontra il
Papa, identificabile in Celestino V (con la volpe che gli fa cadere la tiara,
allusione a Bonifacio VIII secondo i Vaticinia de summis Pontificibus)29, e gli
mostra il vaso alchemico che contiene l’urina (la materia prima usata per
l’opus dall’autore di questo trattato)30 mentre tiene accanto a sé il fanciullo,

23 Identificandolo con un monaco della Certosa di Parigi che, secondo la tradizione,

avrebbe sollecitato Lullo a scrivere questo trattato, cfr. M. PEREIRA, La sapienza alchemica fra
immaginario e filosofia, in Aspetti della sapienza tradizionale, ciclo di conferenze sul tema (Ter-
ranuova Pracciolini, 7-14 maggio 1996), introduzione di M. Mugnai, Terranuova Bracciolini
(AR) 1999, p. 32 e fig. 13.
24 Questa ipotesi sviluppa un suggerimento che mi è venuto da Ada Labriola, che desi-

dero ringraziare.
25 G.F. HARTLAUB, Opera chimica. Eine unbekannte Bilderhandschrift der italienischen

Frührenaissance, «BASF», 10, 1960, 3, pp. 97-102.


26 Il tartaro è una sostanza minerale, che si produce come residuo della lavorazione del

vino e viene indicato nel Liber de secretis naturae come sostanza particolarmente vicina al mer-
curio filosofico, cioè facilmente da essa si arriva tramite operazioni alchemiche al mercurio,
cfr. PEREIRA, Vita vegetale e trasformazione alchemica, cit., pp. 212, 217, 226-227.
27 Cfr. PEREIRA, Il cuore dell’alchimia, cit., p. 289.
28 O. RAGGIO, The Myth of Prometheus: Its Survival and Metamorphoses up to the Eighteenth

Century, «Journal of the Warburg and Courtauld Institutes», XXI, 1-2, 1958, p. 52, tav. 7cd.
29 Devo l’identificazione dell’iconografia alla gentilezza di Paola Guerrini, che desidero

ringraziare, cfr. P. GUERRINI, I diagrammi biblici di Giacchino da Fiore, in Cicli e immagini bibli-
che nella miniatura, atti del VI congresso di Storia della miniatura (Urbino, 3-6 ottobre 2002),
«Rivista di storia della Miniatura», 6-7, 2001-2002, p. 100 fig. 14.
Una raffigurazione analoga si trova nel Teleforo da Cosenza, Liber de causis (Modena,
Biblioteca Estense, Lat. 233) al f. 63r.
30 PEREIRA, L’Oro dei filosofi, cit., pp. 97-98.

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laura paola gnaccolini

Tobia, simbolo (come abbiamo già visto) dell’alchimia. Con la palma al


f. 227r (CCLXXVIr, fig. 9) ritorna una visione di sintesi dei processi alche-
mici, realizzati dall’uomo «causa prima» in questo caso a partire dall’urina
considerata prima materia: le lettere in oro e in argento che nascono dai
rami sulla destra alludono ai vari gradi dell’opus specificati nel testo, per
l’ottenimento del Menstruum (con allusione alle dottrine medievali sulla fi-
siologia femminile), che nel Liber de secretis naturae si identifica con il mer-
curio filosofico e possiede la capacità di dissolvere, se ricavato dai vegetali, e
di sciogliere, se ricavato dai minerali31. Come forse si è già capito la materia
prima dell’opus non è univoca32, è «il corpo nero più nero del nero», può
essere un metallo, un liquido vitale come l’urina, ma anche il vino33, che
si ricava dall’uva, frutto che racchiude in sé il calore del sole. Della distilla-
zione della quintessenza a partire dal vino trattano per la prima volta Gio-
vanni da Rupescissa34 e lo pseudo-Lullo nel Liber de secretis naturae (f. 232r/
CCLXXXIr, fig. 7): dal vino l’alchimista può ricavare la quintessenza della real-
tà elementare, che possiede la perfezione ed è quindi in grado di generarla in
ciò con cui viene a contatto. Le ultime due immagini introducono al Rosarius
alchemico (Rosinus) (f. 237r/CCLXXXVIr), un trattato attribuito ad Arnaldo da
Villanova, illustrato da una bella iniziale accompagnata da un roseto d’oro e
d’argento e un’iniziale che ritrae Lullo insieme ad Arnaldo da Villanova, fa-
moso medico e filosofo (f. 237v/CCLXXXVIIv), in un ideale sodalizio che ebbe
luogo secondo una versione della leggenda di Lullo alchimista.
Restano da precisare due fatti per completare la conoscenza del codice:
nell’incipit (al f. 9r) chi ha approntato il manoscritto, nel ricordare la sua fati-
cosa opera di ricerca e collazione di tutti i più importanti testi alchemici fino
a quel momento noti, dedica la raccolta a un non meglio noto «franciscus»35.
In secondo luogo, sul verso del primo foglio si trova un testo coevo della stes-
sa mano del copista, assolutamente trascurato dalla critica, che recita:
Circa Florenciam in quoda[m] monaste[r]io S[an]cti B[e]n[e]dicti: Stat figura
martis in forma regine in capite eius corona stellar[um] in pectore eius sunt
quattuor colores. Niger. Albus. Citrinus. Rubeus. Habens sub pedibus duos
fontes ab uno fluit argentu[m] in aliu[m] fontem et ab illo aur[um]. Tenens in
manibus epitathiu[m] aureis litteris scriptum in hoc verba in dextra v[idelicet]:
De duabus aquis facite una[m]; po[ste]a in sinistra: Solvite corpora in aqua
vobis om[ni]bus dico.36

31 Ivi, cit., pp. 96, 108; PEREIRA, L’alchimista come medico perfetto, cit., pp. 103-110 (men-

struum è nome generico dei solventi che permettono l’effettiva creazione del lapis); EAD., Il cuo-
re dell’alchimia, cit., p. 292; EAD., Vita vegetale e trasformazione alchemica, cit., pp. 220-222.
32 PEREIRA, L’Oro dei filosofi, cit., pp. 64-67.
33 A partire dai primi decenni del XIV secolo si sperimentano sostanze diverse dai me-

talli e minerali come materia prima dell’opus: il testo che affronta per primo questi temi è il
Liber de secretis naturae seu quinta essentia, cfr. PEREIRA, Vita vegetale e trasformazione alchemica,
cit., pp. 207-229.
34 Cfr. PEREIRA, Vita vegetale e trasformazione alchemica, cit., pp. 215-216.
35 Ma il nome sembra aggiunto da altra mano, con inchiostro più scuro.
36 Il testo al f. 1v prosegue: «Qui queritis Solem. Facite luna[m]. de duabus aquis facite

una[m] et scitote q[uod] dico solvite ea prius, postea date inimico vestro biber[e] et videbitis

540
girolamo da cremona e l’alchimia

Quindi in un monastero di San Benedetto dei dintorni di Firenze si


trova una raffigurazione identificabile come “ermafrodito mercuriale” o
«mercurio dei filosofi», con nel petto i quattro colori che alludono alle ope-
razioni alchemiche (nero, bianco, giallo e rosso)37, e due fiumi ai piedi, uno
d’oro e uno d’argento38, che regge in mano due epitaffi scritti a lettere d’oro
che esortano a svolgere alcune operazioni39. Questo fatto, unito alla presen-
za del benedettino bianco al f. 187r, potrebbe fornire un indizio molto im-
portante per la localizzazione di questo altrimenti misteriosissimo codice e
orientarla probabilmente verso un monastero camaldolese o olivetano40.
In quest’epoca gli studiosi che praticavano l’alchimia la consideravano
una “filosofia”, mentre era vivo il dibattito sul ruolo di questa, per così dire,
nuova disciplina ed era in corso un tentativo di riconoscerle dignità pari
agli studi filosofici, così da inserirla nel corso di studi universitari (tentativo
che di fatto non ebbe successo)41. In tempi quindi ancora non sospetti sono
molti gli umanisti che si accostano alle ricerche alchemiche, soprattutto i
medici42, ma anche – abbiamo visto – le immagini sintetiche ma icastiche,
religiosi, re e Papi.
Al di là del già noto vivace ambiente fiorentino, per cercare di ricostruire
il contesto che qui ci interessa si potrebbe ricordare almeno la presenza a Fer-
rara del medico di corte Michele Savonarola43, nonno del più famoso Girola-

eu[m] mortuu[m]. Postea dabitis sepulcru[m] suu[m] et disolva[n]tur iuncture et o[mn]ia ossa
sua. Hoc faciatis more leonis antiqui. Postea aqua[m] terra[m] faciatis et perse multiplicabitis
lapidem. Ergo qui intelligit verba sub pedibus habet omnia Regna».
37 PEREIRA, L’Oro dei filosofi, cit., pp. 105-106.
38 Secondo la glossa di Olimpiodoro al testo di Zosimo «l’acqua divina, il più impor-

tante dei tre prodotti alchemici presenti nei testi di Zosimo» è l’acqua d’argento, di cui lo zolfo
è uno degli ingredienti; «l’acqua divina può così essere identificata con la materia prima dei
metalli. La sua estrazione mette in moto il processo operativo, i cui passaggi sono manifestati
dalla successione dei colori», cfr. PEREIRA, Arcana sapienza, cit., pp. 59-61.
39 Forse poteva per qualche verso riecheggiare un’immagine tipo queste: Manchester,

John Rylands Library, ms. germ. 1, prima metà XV sec, ill. in OBRIST, Les Débuts de l’imaginerie
alchimique, cit., pp. 152-157, 255, figg. 22, 93; Leida, Bibliotheek der Rijksuniversiteit, cod. Voss.
Chym. F. 29, f. 95v, illustrato in Exaltatio Essentiae, Essentia Esaltata, a cura di F. Cardini e
M. Gabriele, Ospedaletto (PI) 1992, p. 197.
40 Si potrebbe pensare al monastero camaldolese di San Benedetto fuori Porta Pinti o

al monastero olivetano di San Miniato al Monte.


41 PEREIRA, L’Oro dei filosofi, cit. 1992, pp. 43-48.
42 PEREIRA, L’alchimista come medico perfetto, cit., pp. 77-108.
43 Su Michele Savonarola si vedano A. SEGARIZZI, Della vita e delle opere di Michele Sa-

vonarola, medico padovano del secolo XV, Padova 1900; CARBONELLI, Sulle fonti della chimica,
cit., pp. 10, 153-157; A. SAMARITANI, Michele Savonarola riformatore cattolico nella corte estense a
metà del sec. XV, «Atti e memorie della deputazione provinciale ferrarese di storia patria», s. III,
XXII, 1976, pp. 1-95; D. JACQUART, Médecine et alchimie chez Michel Savonarole (1385-1466), in
Alchimie et philosophie à la Renaissance, atti del convegno internazionale (Tours, 1991), sotto la
direzione di J.-C. Margolin, S. Matton, Paris 1993, pp. 109-122; PEREIRA, Arcana sapienza, cit.,
p. 171; C. CRISCIANI, Il farmaco d’oro. Alcuni testi tra i secoli XIV e XV, in Alchimia e medicina nel
Medioevo, a cura di C. Crisciani e A. Paravicini Bagliani, Firenze 2003, p. 222.
Sul rapporto tra alchimia e medicina si veda C. CRISCIANI, M. PEREIRA, Black Death and
Golden Remedies. Some Remarks on Alchemy and the Plaghe, in The Regulation of Evile. Social
and Cultural Attitudes to Epidemics in the Late Middle Ages, a cura di A. Paravicini Bagliani,

541
laura paola gnaccolini

1. Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, ms. B.R.52,


Raimondo Lullo, Opera Chemica: Girolamo da Cremona, f. 19r.
2. Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, ms. B.R.52,
Raimondo Lullo, Opera Chemica: Girolamo da Cremona, f. 61v.

542
girolamo da cremona e l’alchimia

3. Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, ms. B.R.52, Raimondo Lullo, Opera Chemica:
Girolamo da Cremona, f. 114v.

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laura paola gnaccolini

4. Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, ms. B.R.52,


Raimondo Lullo, Opera Chemica: Girolamo da Cremona, f. 187r.
5. Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, ms. B.R.52,
Raimondo Lullo, Opera Chemica: Girolamo da Cremona, f. 224r.

544
girolamo da cremona e l’alchimia

6. Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, ms. B.R.52, Raimondo Lullo, Opera Chemica:
Girolamo da Cremona, f. 115r.

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laura paola gnaccolini

7. Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, ms. B.R.52,


Raimondo Lullo, Opera Chemica: Girolamo da Cremona, f. 232r.
8. Siena, Museo dell’Opera Metropolitana, Graduale 28.12,
f. 59r.

546
girolamo da cremona e l’alchimia

9. Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, ms. B.R.52, Raimondo Lullo, Opera Chemica:
Girolamo da Cremona, f. 227r.

547
laura paola gnaccolini

mo, che si dedicò all’alchimia negli anni in cui Girolamo da Cremona era al
lavoro per la Bibbia di Borso44, proprio nel tentativo di affinare la sua scienza
medica, cercando rimedi contro la peste, fino alla distillazione dell’elixir di
lunga vita, l’acqua vitae nel senso etimologico del termine, non proprio elisir
dell’immortalità, ma rimedio contro molti malanni.
Anche Padova risulta, secondo gli studiosi di storia dell’alchimia, luogo
dove il dibattito su questa disciplina fu particolarmente acceso e si registrò
all’inizio degli anni sessanta una discussione pubblica in ambito universi-
tario sulle possibilità di trasmutazione della materia, con particolare atten-
zione alle ricerche miranti alla produzione dell’elixir alchemico di lunga
vita. Noteremo solo di sfuggita come in quegli anni Girolamo da Cremona
sia presente sicuramente in questa città, come le ricerche di Giordana Ma-
riani Canova hanno da tempo dimostrato, proponendo una provenienza
padovana, da un Antifonario per il monastero benedettino di Santa Giu-
stina, per due notissime iniziali con San Prosdocimo che battezza Vitaliano
(Parigi, Musée Marmottan, coll. Wildenstein n. 64) e la Disputa di Santa
Giustina firmata (Londra, Victoria and Albert Museum, inv. 817-1894)45, e
riconoscendo la probabile provenienza dal monastero benedettino femmi-
nile di Santa Maria della Misericordia, dello splendido Antifonario dei Santi
Cosma e Damiano (Londra, Burlington House Society of Antiquaries, ms.
450)46, la cui realizzazione dovrebbe correttamente cadere sulla metà del
settimo decennio del XV secolo. A questo stesso decennio, prima del sog-
giorno toscano47, spettano diverse altre commissioni per l’ordine benedet-
tino, come il Breviario per i benedettini di San Giorgio a Venezia (Londra,

F. Santi, Firenze 1998, pp. 7-39; PEREIRA, L’alchimista come medico perfetto, cit., pp. 77-108;
C. CRISCIANI, Il farmaco d’oro. Alcuni testi tra i secoli XIV e XV, in Alchimia e medicina nel Medio-
evo, a cura di C. Crisciani e A. Paravicini Bagliani, Firenze 2003, pp. 217-245.
44 Sull’intervento di Girolamo da Cremona nella Bibbia di Borso, individuato per la pri-

ma volta da M. RIGHETTI, Indagine su Girolamo da Cremona miniatore, «Arte lombarda», 1974,


pp. 32-42, si rimanda a A. DE MARCHI, I miniatori padani a Siena, in Francesco di Giorgio e il
Rinascimento a Siena 1450-1500, catalogo della mostra (Siena, Chiesa di Sant’Angelo, 25 aprile -
31 luglio 1993), a cura di L. Bellosi, Milano 1993, p. 235, nota 11; F. TONIOLO, in La Bibbia di
Borso. Commentario al codice, Modena 1997, II, pp. 433-447; F. TONIOLO, Girolamo da Cremona,
in Dizionario biografico degli Italiani, 56, Roma 2001, pp. 554-555.
45 G. MARIANI CANOVA, in I Benedettini a Padova e nel territorio attraverso i secoli, ca-

talogo della mostra (Padova, Abbazia di Santa Giustina, ottobre-dicembre 1980), a cura di
A. De Nicolò Salmazo e F.G.B. Trolese, Treviso, Canova, 1980, pp. 77-78, 376-377; G. MARIANI
CANOVA, Girolamo da Cremona in Veneto: una nuova ipotesi per l’Antifonario dei SS. Cosma e
Damiano, in Studi di storia dell’arte in memoria di Mario Rotili, Napoli 1984, I, pp. 337-338;
TONIOLO, Girolamo da Cremona, cit., pp. 554-555; EAD., Girolamo da Cremona miniatore alla corte
dei Gonzaga, in Andrea Mantegna e i Gonzaga. Rinascimento nel Castello di San Giorgio, catalogo
della mostra (Mantova, 16 settembre 2006 - 14 gennaio 2007), a cura di F. Trevisani, Milano,
Electa, 2006, p. 97.
46 MARIANI CANOVA, Girolamo da Cremona in Veneto: una nuova ipotesi per l’Antifonario

dei Santi Cosma e Damiano, cit., I, p. 338; da ultimo cfr. DE MARCHI, I miniatori padani a Siena,
cit., p. 228.
47 Come correttamente ritiene DE MARCHI, I miniatori padani a Siena, cit., pp. 235-236

nota 21.

548
girolamo da cremona e l’alchimia

British Museum, Add. ms. 36933)48 e un Breviario ad uso olivetano oggi


alla Vaticana (Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat.
7235, 7236)49. Lo stile dell’artista in questa fase è ben documentato dalle
pagine che gli spettano nel Messale di Barbara di Brandeburgo (Mantova,
Capitolo della Cattedrale)50, dove come è noto Girolamo da Cremona inter-
venne tra 1461 e 1465 su incarico della marchesa Barbara di Brandeburgo,
che si affida a Mantegna per accordarsi col miniatore. O anche dalle notis-
sime pagine ritagliate da un Libro d’ore raffiguranti l’Adorazione dei Magi
e la Presentazione al tempio già in collezione Wildentein (Parigi, Musée
Marmottan, collezione Wildenstein, inv. 20)51 e da un magnifico foglio con
la Pentecoste (Los Angeles, J. Paul Getty Museum, ms. 55), recentemente
avvicinatogli dalla Toniolo52, che tradisce la riflessione di Girolamo sulle
tavole di Mantegna per la cappella del castello di San Giorgio del 1464.
Il rapporto di amicizia e stima con Mantegna viene confermato dalla notizia
che un «jeronimo» (molto presumibilmente il nostro) accompagna Man-
tegna a Firenze53 nel giugno del 1466. Il pittore di corte dei Gonzaga era
stato inviato da Giovanni Aldobrandini54, agente del marchese Ludovico,
nella città toscana per fornire un parere sulla Tribuna in costruzione nella
chiesa della Santissima Annunziata, che aveva il patronato della famiglia.
Mantegna risulta aver già lasciato Firenze il 5 luglio (e infatti il 3 luglio è
documentato a Pisa)55, ma risulta a Mantova solo in dicembre; non ci sono
notizie ulteriori sul «jeronimo» che era al suo seguito.

48 MARIANI CANOVA, Girolamo da Cremona in Veneto, cit., p. 336; TONIOLO, Girolamo da

Cremona miniatore alla corte dei Gonzaga, cit., pp. 98, 101, nota 16.
49 F. TONIOLO, in La Bibbia di Borso, cit., p. 447, figg. 198-199; EAD., Girolamo da Cre-

mona, cit., p. 554.


50 Sul Messale si vedano da ultimo DE MARCHI, I miniatori padani a Siena, cit., p. 228;

TONIOLO, Girolamo da Cremona miniatore alla corte dei Gonzaga, cit., pp. 222-224, cat. III. 10.
51 DE MARCHI, I miniatori padani a Siena, cit., p. 236, nota 21; TONIOLO, Girolamo da

Cremona miniatore alla corte dei Gonzaga, cit., p. 100, probabilmente da un Messale.
52 TONIOLO, Girolamo da Cremona miniatore alla corte dei Gonzaga, cit., pp. 98-99.
53 Formula per primo questa ipotesi C. DEL BRAVO, Liberale da Verona, Firenze 1967,

p. 18. Sembrano accogliere quest’ipotesi M. RIGHETTI, Indagine su Girolamo da Cremona mi-


niatore, «Arte lombarda», 41, 1974, p. 36; DE MARCHI, I miniatori padani a Siena, cit., p. 228;
AGOSTI, Su Mantegna, I, La storia dell’arte libera la testa, Milano 2005, p. 354, nota 178; TONIOLO,
Girolamo da Cremona miniatore alla corte dei Gonzaga, cit., pp. 95, 101, nota 3.
54 Si veda la lettera scritta il 5 luglio 1466 da Giovanni Aldobrandini al Marchese Lo-

dovico (C. D’ARCO, Delle arti e degli artefici a Mantova, Mantova 1857, II, p. 12 doc. 12). Sull’Al-
dobrandini e i rapporti tra i Gonzaga e Firenze, cfr. AGOSTI, Su Mantegna, I, cit., p. 354, n. 178.
Trascrivo il testo, per comodità di consultazione: «Ill[ustrissi]me et Ex[cellentissime] D[omine]
mi singul[arissi]me. Post debitas co[m]mendat[i]o[n]es. Per Andrea Mantinea a giorni passati
ho avuto lect[er]e de la V[ostra] Ill[ustrisisma] S[ignoria] et per lui no[n] rescripsi sapiendo che
pel camino molto dovea tardare. Et p[er] q[ue]sta p[rop]hendo scusa se io no[n] avessi et a lui
et a Jeronimo suo compagno satisfacto quanto sarebbe stato mio desiderio p[er]che mi paiono
p[er]sone molto da b[e]n[e], et ho conosciuto che Andrea non solum nella pittura ma etiam in
molte altre cose havere perfecto ingegno, et optimo vedere, et parmi meriti grande com[m]
endatione [...] Florentiae V mensis july MCCCCLXVI, S[er]vitor Joh[ann]es Aldobradini».
55 AGOSTI, Su Mantegna, I, cit., p. 354, n. 178.

549
laura paola gnaccolini

Di qui possiamo solo fare delle ipotesi. La presenza di Girolamo da


Cremona è nuovamente rintracciabile nei documenti solo nel 1470 (1469
more senese) e l’artista risulta in Toscana: è il 16 febbraio quando si regi-
strano pagamenti per tre pagine giustamente famose per i Corali per il
Duomo di Siena, l’Assunzione (cod. 28.12, f. 49v), la Natività (f. 64r) e un
Sant’Agostino (f. 59r)56. Qual è stata la via per una commissione così presti-
giosa a Girolamo? È possibile ipotizzare siano stati i benedettini?
Per quanto attiene la datazione del codice lulliano qui in discussione,
che inizialmente si riteneva realizzato a chiusura del soggiorno fiorentino
verso il 147457, giustamente in tempi recenti essa era già stata anticipata
all’inizio degli anni settanta del secolo, in coincidenza del vuoto documen-
tario senese notato dall’Eberhardt58. Tuttavia se confrontiamo le immagi-
ni del Lullo con le iniziali senesi pagate nel 1470 e in particolare con il
Sant’Agostino del Graduale 28.12 (f. 59r, fig. 8), figura statuaria, colonnare,
di notevole volumetria, tutto, anche il paesaggio, sembra naturale evoluzio-
ne di quello delle miniature del codice lulliano; così come per la Natività
della Vergine e l’Assunzione, che a mio parere risentono già di un incontro
con la pittura senese e in particolare con l’interpretazione del linguaggio
di Domenico Veneziano messa in atto da Lorenzo di Pietro, il Vecchietta,
nelle opere degli anni sessanta59.
Invece lo stile del codice qui in discussione rispecchia lo stile colon-
nare elaborato negli anni padovani e mantovani, solo con un leggero movi-

56 La corretta data del documento viene letta per la prima volta da F. BISOGNI, Liberale

o Girolamo?, rec. a M.C. DUPRÉ, I corali del Duomo di Siena, Milano 1472, «Arte illustrata»,
VI, 1973, pp. 402, 407, n. 8; H.J. EBERHARDT, Die Miniaturen von Liberale da Verona, Giro-
lamo da Cremona und Venturino da Milano in den Chorbuechern des Doms von Siena: Doku-
mentation, Attribution, Cronologie, München 1983, pp. 35-38, 81-82, 247 doc. 145; ID., Sull’at-
tività senese di Liberale da Verona, Girolamo da Cremona, Venturino da Milano, Giovanni da
Udine e prete Carlo da Venezia, in La miniatura italiana tra Gotico e Rinascimento, atti del
II congresso di Storia della Miniatura Italiana (Cortona, 24-26 settembre 1982), a cura di
E. Sesti, Firenze 1985, I, pp. 422-426; DE MARCHI, I miniatori padani a Siena, cit., p. 231.
57 Mostra storica nazionale della miniatura, catalogo della mostra (Roma, Palazzo

Venezia, 1953), a cura di G. Muzzioli, Firenze, Leo S. Olschki, 1954, pp. 388-389, n. 619;
G. MARIANI CANOVA, La miniatura veneta del Rinascimento, 1450-1500, Venezia 1969, p. 119; TO-
NIOLO, Girolamo da Cremona, cit., pp. 552, 555. Si riteneva che la realizzazione della decorazio-
ne del codice cadesse solo in leggero anticipo sul Breviario per la chiesa di S. Egidio, annessa
all’Ospedale di S. Maria Nuova (Firenze, Museo Nazionale del Bargello, ms. 68), sottoscritto
dal copista «ANNO DOMINI MCCCCLXXIII IX KAL DECEMBRIS», opera in parte di bottega, che verrà
completata dopo la partenza di Girolamo da Firenze da due miniatori fiorentini (DE MARCHI,
I miniatori padani a Siena, cit., p. 237, nota 40).
58 EBERHARDT, Die Miniaturen von Liberale da Verona, cit., pp. 82-83; DE MARCHI,

I miniatori padani a Siena, cit., pp. 228, 233, nota 1; F. TONIOLO, in H.J. VON HERMANN, La mi-
niatura estense, cura, apparati e note di F. Toniolo, Modena 1994, p. 241; F. TONIOLO, Girolamo
da Cremona, in Dizionario biografico dei miniatori italiani. Secoli IX-XVI, a cura di M. Bollati,
Milano 2004, pp. 312, 314.
59 Si veda ad esempio la Pala per il Duomo di Pienza, cfr. L. CAVAZZINI, in Francesco di

Giorgio e il Rinascimento a Siena, cit., pp. 136-138, cat. 9.

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girolamo da cremona e l’alchimia

mento nel margine inferiore dei panneggi60, e trova un possibile preceden-


te in diverse pagine del Messale di Barbara di Brandeburgo, come la Nascita
del Battista o la miniatura con Ognissanti e nell’Antifonario dei Santi Cosma
e Damiano del 1465 circa. Ritengo quindi che la datazione del codice qui in
discussione debba essere anticipata ante 16 febbraio 147061 e questa preco-
cità verrebbe a confortare le osservazioni condotte dagli studiosi di storia
dell’alchimia che si sono occupati del testo, riconoscendolo come la più
antica raccolta completa di scritti lulliani. Allora potremmo anche andare
avanti prudentemente su questo terreno e trarre qualche conclusione dalle
osservazioni svolte fin qui. Mettiamo che Girolamo si sia trovato a Firenze
in quell’inizio d’estate del 1466 a cui si riferisce il documento. Cosimo
de’ Medici era morto da due anni e il dibattito sui testi appena trascritti di
Ermete Trismegisto doveva essere molto vivace62 (in attesa dell’edizione
a stampa del 1471). Quanto il dibattito può averlo coinvolto personalmen-
te? Nessun artista meglio di lui, che aveva vissuto il vivace clima culturale
della corte di Borso a Ferrara, poteva essere a conoscenza delle ricerche di
Michele Savonarola; era poi a Padova in anni cruciali per il dibattito sulla
legittimità degli studi alchemici, si prestava a poter dare volto a concetti
e operazioni particolarmente ostiche per i non adepti (e sul segreto nella
trasmissione delle informazioni alchemiche insiste più volte anche il testo
dello pseudo Lullo)63, tanto più se il codice venne esemplato, come sembre-
rebbe, in ambiente benedettino, ambiente con il quale si è già dimostrato
che il miniatore ebbe un rapporto privilegiato.

60 È una nuova monumentalità, soprattutto nelle figure al f. 115r, a mio parere spie-

gabile con un incontro con la pittura rinascimentale fiorentina di Domenico Veneziano e


Andrea del Castagno.
61 Probabilmente entro il 2 dicembre 1469, giorno in cui muore Piero di Cosimo.

Notiamo che nel 1475 e nel 1476 da Venezia Girolamo è ancora in rapporto con la vedova, Lu-
crezia Tornabuoni (M. LEVI D’ANCONA, Postille a Girolamo da Cremona, in Studi di bibliografia
e di storia dell’arte in onore di T. De Marinis, Verona-Roma 1964, II, pp. 92 ss., docc. 104-105;
TONIOLO, Girolamo da Cremona, cit., p. 553).
62 Sulla diffusione dell’ermetismo in Italia si rimanda alle osservazioni della scrivente

in Il segreto dei segreti, cit., pp. 25-36, 54-55.


63 PEREIRA, L’Oro dei filosofi, cit., pp. 101-102.

Referenze fotografiche
Figg. 1-7, 9, tav. XXXIII, su concessione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del
turismo - Biblioteca Nazionale Centrale Firenze. Divieto di riproduzione.

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