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DANTE, LEONARDO, RAFFAELLO:

LA DIVINA CONSONANZA DI ARTE E POESIA


a cura di
Marcello Fagiolo

estratto dal volume

Arte
estratto
estratto

Roma
storia, cultura, immagine

Collana diretta da
Marcello Fagiolo

33.
estratto

CENTRO DI STUDI COMITATO NAZIONALE PER LA COMITATO NAZIONALE PER LA


SULLA CULTURA CELEBRAZIONE DEI 700 ANNI CELEBRAZIONE DEI 500 ANNI
E L’IMMAGINE DI ROMA DALLA MORTE DI DANTE DALLA MORTE DI R AFFAELLO

Presidente Presidente Presidente


MARCELLO FAGIOLO CARLO OSSOLA MICHELA DI MACCO

Presidente emerito Segretario tesoriere Segretario tesoriere


PAOLO PORTOGHESI MARIA IDA GAETA CARLA DI FRANCESCO

Direttore Ministero della Cultura Ministero della Cultura


MARIO BEVILACQUA Direzione Generale Educazione, Direzione Generale Educazione,
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and abroad.

ISBN 978-88-492-4170-9

In copertina: La spirale Aurea collega il quadro di Domenico di Michelino


e gli affreschi di Raffaello (composizione di Fabio Colonnese)
estratto

Dante, Leonardo, Raffaello:


la Divina Consonanza di Arte e Poesia
a cura di
Marcello Fagiolo

scritti di
Cristina Acidini, Andrea Alessi, Massimo Arcangeli,
Lucia Battaglia Ricci, Carla Benocci, Marco Bussagli,
Filippo Camerota, Marco Carpiceci, Claudia Cieri Via, Fabio Colonnese,
Flavio Colusso, Michele Curnis, Andrea De Pasquale, Laura Facchin,
Marcello Fagiolo, Massimiliano Ferrario, Giulio Ferroni,
Antonio Forcellino, Isabella Gagliardi, Marco Grimaldi,
Claudio Listanti, Silvia Maddalo, Pietro C. Marani, Nicolò Mineo,
Alessio Monciatti, Rodolfo Papa, Laura Pasquini, Paolo Pizzimento,
Michele Rak, Andrea Spiriti, Italo Tomassoni, Carlo Vecce
estratto

Il volume raccoglie gli Atti del Convegno “Dante, Leonardo, Raffaello: la Divina
Consonanza di Arte e Poesia” (Roma, BNCR, 21-23 settembre 2021) diretto da Marcello
Fagiolo e promosso dal Centro di Studi sulla Cultura e l’Immagine di Roma, d’intesa con
la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma e con la Direzione dei Musei Vaticani.
Comitato scientifico: Lina Bolzoni, Massimo Cacciari, Franco Cardini, Andrea De
Pasquale, Giulio Ferroni, Barbara Jatta, Carlo Ossola, Paolo Portoghesi, Claudio Strinati.
Il Convegno e la pubblicazione degli Atti sono stati realizzati col contributo di:
Comitato Nazionale per la celebrazione dei 700 anni dalla morte di Dante
Comitato Nazionale per la celebrazione dei 500 anni dalla morte di Raffaello
estratto

Indice

Premessa 7
Marcello Fagiolo

La Consonantia di Ars, Scientia e Theologia


Dante: un sogno di armonia terrena 13
Nicolò Mineo
Il realismo di Dante, “corografo e architetto” del mondo ultraterreno 21
Filippo Camerota
La congiunzione di Rosa e Anfiteatro: l’Empireo come Impero di Roma e di Amore 33
Marcello Fagiolo
Gli angeli nel sistema tolemaico di Dante e i suoi riflessi nell’arte di Raffaello 51
Marco Bussagli
I demoni “fiorentini” all’epoca di Dante 61
Isabella Gagliardi
Poesia, filosofia e teologia da Dante a Raffaello 69
Marco Grimaldi
Sforzinda, Vigevano e la Sforzesca: 81
Carla Benocci

Il Concerto delle Arti


Dante e le arti figurative 91
Laura Pasquini
La nascita della prospettiva e i suoi sviluppi: Dante, Leonardo, Raffaello 105
Rodolfo Papa
Agostino Chigi e la passione architettonica di Raffaello 117
Antonio Forcellino
Leonardo, Raffaello e il tema del tempio cruciforme tra pittura e architettura 123
Marco Carpiceci, Fabio Colonnese
La Psiche di Raffaello tra piante americane, icone mediterranee e mercatura senese 133
Michele Rak
Tra Dante e Leonardo: il “Libro di pittura” nella Roma di Raffaello 143
Carlo Vecce
Dalla Pittura alla Poesia: i ritratti di Leonardo come fonte di ispirazione per poeti e letterati 151
Pietro C. Marani
estratto

La Pietà di Viterbo dall’Inferno al Paradiso sulle tracce di Landino 165


Andrea Alessi
Dante per immagini: una storia infinita 173
Lucia Battaglia Ricci
Le “diavolerie” di Sandro: Botticelli nell’Inferno dantesco 183
Silvia Maddalo
Da Campochiesa a Milano: Dante e Leonardo nel Quattrocento lombardo 191
Andrea Spiriti
Fra Poesia e Pittura: immagini dalla Commedia alla Stanza della Segnatura 201
Claudia Cieri Via
Vasari lettore di Dante 211
Alessio Monciatti

La Divina Consonanza: il Verbo, la Visione, il Numero e l’Armonia


Il “visibile parlare”, tra tecnica acheropita e cecità 221
Michele Curnis
Dante e Leonardo: il visibile parlare e il dicibile vedere 231
Massimo Arcangeli
Poesia, pittura e aritmetica sacra nella Vita nuova di Dante 241
Paolo Pizzimento
Dittico per Leonardo: #Labyrinthus1519 | #InCenaDomini 249
Flavio Colusso
Dante e l’Opera italiana dell’Otto-Novecento 267
Claudio Listanti

Dante e l’arte contemporanea


Il culto per Leonardo, Raffaello e Dante nelle arti figurative in Lombardia 279
Laura Facchin
La memoria dantesca nelle biblioteche governative tra Otto e Novecento 289
Andrea De Pasquale
Mezzana, Trainini e Severini in Svizzera: tra Dante, Giotto e Raffaello 297
Massimiliano Ferrario
La “Divina Consonanza” e gli artisti del terzo millennio 309
Italo Tomassoni

Bibliografia 318
estratto
estratto

1. Dante e Virgilio osservano il bassorilievo marmoreo con l’Annunciazione


(miniatura per Purg. 10; British Library, ms. Egerton 943, f. 80).

2. Dante e Virgilio osservano il bassorilievo marmoreo col dialogo tra la vedova e l’ imperatore Traiano
(miniatura per Purg. 10; British Library, ms. Egerton 943, f. 81).
estratto

Il “visibile parlare”, tra tecnica acheropita e cecità:


le ammonizioni sull’arte in Purgatorio X-XV
Michele Curnis

1. Il testo e alcune interpretazioni critiche


Se il canto IX del Purgatorio si chiude nel segno musicale di un polifo-
nico Te Deum, che celebra l’ingresso dei due poeti nella prima cornice
della montagna sacra, il canto X è tutto segnato da grandi suggestioni
figurative, che la percezione visiva del Dante personaggio è impegnata
a decifrare e comprendere1. Su un pianoro deserto, il fianco della mon-
tagna è adorno di bassorilievi marmorei che attirano subito l’attenzione
del pellegrino:

Là sù non eran mossi i piè nostri anco,


quand’io conobbi quella ripa intorno
che dritto di salita aveva manco,
esser di marmo candido e addorno
d’intagli sì, che non pur Policleto,
ma la natura lì avrebbe scorno (28-33).

Ancora prima di descrivere i soggetti di questi intagli, che si susseguono


1
Letture aggiornate di questo
per creare un repertorio dell’umiltà cristiana, Dante ne sottolinea l’ec- canto offrono, fra molti altri, G.
cezionale qualità artistica, dicendo che non solo Policleto ma la stessa Venturi 2004, E. Ragni 2014, M.
natura sarebbero fortemente penalizzati, “scornati”, dal confronto. Me- Malavasi 2015, S. Barsella 2015
e A.-G. Cuif 2020, a cui si rimanda
diante la narrazione ecfrastica sui singoli contenuti dei diversi pannelli anche per i numerosi riferimenti bi-
scultorei che osserva, Dante fa progressivamente intendere le ragioni bliografici. Le citazioni degli antichi
della sua ammirazione: i personaggi principali dei rilievi paiono parlare commenti danteschi sono tratte dalle
risorse digitali del portale Dante
tra loro, al punto che se ne può ricostruire il dialogo; le folle paiono Dartmouth Project (www.dante.
cantare, al punto che lo spettatore può udirne il canto; il fumo degli dartmouth.edu), consultato nel
mese di novembre 2021. Il presente
incensi pare fuoriuscire dalla roccia ed essere percepito dall’olfatto; e studio ha un obbiettivo limitato e,
le aquile imperiali, sebbene scolpite nella pietra, paiono ondeggiare al per così dire, preparatorio, appena
vento. In sintesi, la percezione visiva dell’osservatore si congiunge ad scandito da riferimenti bibliografici
essenziali: anziché concentrarsi su
altre percezioni sensoriali, di cui però non è certa – o meglio: non è di un aspetto specifico del canto X
comprensibile – l’origine. Soltanto ai vv. 94-96, esaurita la rassegna (come la selezione degli esempi di
umiltà o il rapporto tra la superbia e
descrittiva, il poeta scioglie il mistero del bisticcio tra i sensi, ricondu- l’azione poetica di Dante, entrambi
cendolo a un’origine divina: ampiamente trattati), individua un
motivo, quello dell’insufficienza
della percezione visiva rispetto alla
Colui che mai non vide cosa nova conoscenza, presentandolo come
produsse esto visibile parlare, trasversale ai canti centrali del Pur-
gatorio e in funzione dell’esperienza
novello a noi perché qui non si trova. paradisiaca. Alle modificazioni della
percezione visiva in funzione delle
Il “visibile parlare” non è dunque un’opera d’arte, se per arte si intende prime tre cornici del purgatorio
(superbi, invidiosi e iracondi) sarà
– giusta la definizione aristotelica della Fisica (II 194a, richiamata da dedicata una più ampia ricerca, in
Virgilio in Inf. XI, 101-105) – l’imitazione della natura. È opera divina, fase di elaborazione.

221
estratto

2
Una riproduzione che, come di un dio demiurgo e artista (definito fabbro al v. 99), che crea senza
annotò Boccaccio a Inf. XI 101-105, bisogno di imitare, poiché onnisciente (“mai non vide cosa nova”),
ha per fine l’inganno della verisi-
miglianza. “Sforzasi il dipintore a differenza degli esseri umani, che possono soltanto contemplare la
che la figura dipinta da sé, la quale natura e tentare di riprodurla 2.
non è altro che un poco di colore
con certo artificio posto sopra una
La maggior parte degli studiosi di Dante ha cercato di spiegare le ragioni
tavola, sia tanto simile, in quello di questa invenzione purgatoriale (il “visibile parlare”), ponendo in
atto ch’egli la fa, a quella la quale la relazione l’arte divina e assoluta della cornice con i profili storici dei
natura ha prodotta, e che natural-
mente in quello atto si dispone che penitenti che Dante incontra nel canto XI, in particolare Oderisi da
essa possa gli occhi de’ riguardanti Gubbio; detto diversamente, l’esegesi dantesca ha insistito sulla pro-
o in parte o in tutto ingannare,
faccendo di sé credere che ella sia
spettiva teologica, contrapponendo un’arte perfetta ed eterna (quella
quello che ella non è; similmente divina) in opposizione all’arte umana, non tanto perché quest’ultima sia
colui che farà una statua”. Sul passo effimera, quanto perché facilmente si trasforma in motivo di orgoglio.
del canto XI dell’Inferno si veda ora
E. Malato 2021, pp. 315-316. Non bisogna infatti dimenticare che i canti X-XII sono ambientati nella
3
Con un repertorio ben più cornice dei superbi, e che la scenografia artistica del canto X (con gli
nutrito, al punto da sfiorare il ca- esempi di umiltà di Maria, David e Traiano) si ripete specularmente
talogo epico: Lucifero, Briareo e gli
altri giganti della mitologia greca, proprio nel cuore del canto XII con gli esempi di superbia punita 3.
Nembrot, Niobe, Saul, Aracne, La specularità è anche nella disposizione scenografica dei bassorilievi,
Roboam, Alcmeone, i figli di Sen-
nacherib, Tamiri, l’esercito assiro e perché dalla parete della montagna, supporto degli esempi di umiltà, si
per ultima un’intera città: Troia, passa alla superficie di calpestio, come se si trattasse dei rilievi di “tombe
emblema storico della superbia, se- terragne”, nel caso degli esempi di superbia. Proprio nella cornice di
condo un’eco virgiliana – superbum
Ilium, Aen. III 2-3 – a cui Dante è quel vizio da cui lo stesso Dante-personaggio si ritiene contaminato, il
fedele sin dal canto I dell’Inferno, Dante-poeta colloca un complesso episodio di fruizione artistica basato
allorché lo stesso Virgilio-perso-
naggio accenna al “superbo Ilïon”,
sulla percezione visiva, premurandosi però di far comprendere (per
v. 75). Dedica a tale catalogo una mezzo di due passaggi ammonitori) che quella del Purgatorio è un’arte
dettagliata lettura F. Bausi 2015. divina, vivente e perfetta. In una parola, è vera; al contrario dell’arte
4
In un libro del 1992 che si
intitolava The Undivine Comedy. umana, che solo può essere imitazione, e dunque finzione.
Detheologizing Dante e si dedicava Il secondo passaggio ammonitorio certifica appunto l’essenza dell’arti-
a un’analisi dettagliata della cor-
nice dei superbi. È significativo
ficio divino (XII, 64-72):
ricordare che la versione italiana di
questo libro, pubblicata nel 2003, Qual di pennel fu maestro o di stile
recasse come titolo La “Commedia”
senza Dio. Dante e la creazione di che ritraesse l’ombre e ’ tratti ch’ivi
una realtà virtuale; traduzione mirar farieno uno ingegno sottile?
anche troppo ammiccante, che
finisce per compromettere l’inter-
pretazione che Barolini offre del Morti li morti e i vivi parean vivi:
contrasto tra l’arte divina o arte non vide mei di me chi vide il vero,
vivente e l’arte umana. Interpreta-
zione che – ovviamente – è molto quant’io calcai, fin che chinato givi.
più seria di quel che l’anacronistico
sottotitolo italiano fa supporre (T. Or superbite, e via col viso altero,
Barolini 2003, pp. 173-198).
figliuoli d’Eva, e non chinate il volto
sì che veggiate il vostro mal sentero!

Sin dal canto X si profila così l’orizzonte ontologico della riflessione


sull’arte divina che ispira e al tempo stesso mortifica le anime dei
superbi: essa è vera; non finge né rappresenta, perché è dimensione
sublimata della storia umana.
Contro questo tipo di prospettiva intervenne Teodolinda Barolini4, ana-
lizzando i termini narrativi del racconto. Prescindendo da qualunque
schema teologico, e richiamando la processione dei superbi, gravati da

222 MICHELE CURNIS


estratto

enormi massi e paragonati alle cariatidi, la studiosa ambiva rispondere a 5


T. Barolini 2003, p. 177.
6
una domanda molto concreta: “qual è la realtà, qual è la verità? Gli esseri Questo termine artificio, che
nella Commedia compare una sola
umani paiono sculture e i rilievi paiono uomini veri: qual è l’imitazione volta, precisamente per designare
e qual è il modello?”5. l’opera divina al v. 23 del canto
XII, andrebbe inteso secondo
Grazie a una fitta trama di corrispondenze lessicali interne al poema, un’accezione inedita, giacché il
Barolini concluse che l’intenzione principale di Dante – ben lontana risultato dell’artefice non sarebbe
dalla semplice professione di umiltà – fosse di mostrare che anche la una perfetta finzione ma la verità
stessa.
sua rappresentazione poetica è vera, al pari dell’arte divina e della lettera 7
S. Barsella 2015, p. 193.
delle Scritture. In altre parole, l’artificio dei bassorilievi del purgatorio
sarebbe tanto novello, ossia sconosciuto e straordinario, quanto il mes-
saggio rivelatorio del poema6.
In studi più recenti su questi canti si è insistito sulla teologia del lavoro,
che Dante declina sulla base di suggestioni aristoteliche, con il già citato
richiamo virgiliano di Inf. XI quale punto di partenza. Relativamente a
Purg. X, per esempio, Susanna Barsella ha richiamato l’attenzione sulla
presenza di Policleto, osservando che:

Si assiste qui quasi a un paradossale ribaltamento: l’arte di Dio – una


scultura che è imitazione della storia, sacra ma anche profana – sembra
porsi come superiore non solo dell’arte umana ma anche della creazione
stessa, genuina ed inimitabile forma del fare divino. Ma l’apparente
paradosso può essere spiegato con il desiderio di fornire un concreto
modello di poietica che possa essere imitato. [...] Nel mettere in paral-
lelo un modello di scultura divina con il più alto esempio di scultura
umana Dante richiama la radicale distanza che separa il fare di Dio da
quello dell’essere umano ma nello stesso tempo li avvicina attraverso
l’imitazione7.

In ogni caso, anche l’impostazione ermeneutica guidata dalla teologia


della techne finisce per avere come obbiettivo la presentazione della
Commedia come il suo più straordinario esempio, già attivo e operante.
L’esito interpretativo sarebbe, insomma, un aggiornamento, in buona
misura appoggiato a fonti vittorine, della lettura autopropositiva della
Commedia quale principio di verità, che risale a Barolini.
Forse si può tentare un’indagine distinta, o almeno parallela, anche
sulla scorta dei suggerimenti dei più antichi commentatori di Dante,
nei cui testi non compare nessuna delle due prospettive sull’arte
purgatoriale finora esaminate. Nelle chiose del Tre – e Quattrocento
manca qualsivoglia disquisizione che opponga arte umana e arte divina
(problema assai più caro agli esegeti del Novecento, evidentemente), né
vi è traccia della visione un po’ trionfale di Barolini sulla verità come
intrinsecamente connaturata alla fruizione della Commedia.
Il punto di partenza per suggerire una nuova via esegetica risiede forse
nella più antica chiosa sulla terzina del “visibile parlare”, quella di
Iacomo della Lana a Purg. X, 94-96: “Cioè che Dio ordinòe essere in
quello luogo quelle immagini per le quali con la vista si dicernea lo suo
parlare, e dice nova, cioè che in lo mondo si ode lo parlare, ma in quello
luogo lo parlare si vede”. Iacomo, in questa chiosa apparentemente

Il “visibile parlare”, tra tecnica acheropita e cecità 223


estratto

8
Le scene del tempio di Giunone ingenua, non dice che il “visibile parlare” è novello, ossia sconosciuto, in
a Cartagine sono il primo esempio quanto non esiste nel mondo terreno. Dice invece che nel mondo terreno
di ekphrasis dell’Eneide: osservan-
dole, il protagonista dell’epopea ri- la parola pronunciata si percepisce con l’udito, mentre nel Purgatorio si
conosce la propria storia (si vedano percepisce con gli occhi. Egli coglie con ammirevole semplicità, senza
almeno A. Barchiesi 1994 e 1997,
M. Squire 2014, pp. 387-391). I
purtroppo elaborarlo, il problema della sovrapposizione sensoriale del
parallelismi narrativi tra la scena Purgatorio, che nel Dante-personaggio genera incertezza, imbarazzo e
virgiliana e quella dantesca sono confusione. Anche un altro commentatore della prima metà del Tre-
molteplici: in entrambi i casi l’eroe
protagonista ha appena varcato la cento, noto come Anonimo Lombardo, si allinea alla chiosa di Iacomo,
soglia di uno spazio regolato da includendo nella percezione delle parole attraverso gli occhi persino il
istituzioni che non conosce e non
controlla (la civiltà cartaginese
personaggio di Virgilio: “Ideo appellat visibile parlare, quod novum est
nel caso di Enea, la prima cornice nobis; non enim ex visu auditum percipimus, ad quod quis loquitur;
purgatoriale nel caso di Dante); ma set ibi perceperunt Virgilius et Dante loquelas illas solum per visum”.
soprattutto, il contenuto dell’opera
d’arte osservata dal protagonista La menzione di Virgilio è probabilmente priva di un’intenzione speci-
rispecchia o la sua storia indivi- fica. A meno che il lettore dell’Eneide non stesse ricordando una pagina
duale o la storia della comunità di fruizione dell’opera d’arte con intento affettivo, cioè la scena in cui
di salvazione a cui appartiene.
Sull’ekphrasis dantesca di Purg. X Enea e i compagni superstiti entrano in Cartagine e si imbattono in un
si veda specificamente E. Vilella ciclo figurativo sulla guerra di Troia (I, 455-457):
2017, anche per l’accurata biblio-
grafia.
artificumque manus inter se operumque laborem
miratur, videt Iliacas ex ordine pugnas,
bellaque iam fama totum volgata per orbem.

Occorre tener presente questo passo virgiliano per intendere meglio le


conseguenze dell’osservazione dei rilievi purgatoriali in Dante8.

2. Natura acheropita, arte e linguaggio


Il primo lettore della Commedia a rimarcare la natura acheropita dei
bassorilievi purgatoriali fu il redattore dell’Ottimo Commento, che
aggiunse anche una considerazione originale: le scene che Dante osserva
nel marmo, in realtà non avrebbero natura materiale, ma sarebbero
creazione spirituale divina, che agli occhi umani si manifesta in forma
di scultura. “Qui l’Autore a torre via ogni oppinione, che questa non
sia opera materiale, nè fatta per mano d’uomo, ma sì intellettuale, e per
grazia di Dio messa davanti alla sua immaginativa, dice: Colui, ch’è
prima causa, dal quale tutto è proceduto, produsse questo, che io ho di
sopra narrato”.
Questo timido ma progressivo chiamare in causa la vista e la percezione
visiva si completa nella tradizione dei commenti antichi soltanto con
Cristoforo Landino nel 1481:

Idio è sempiterno, et ab etherno hebbe nella mente l’exemplare di tutte le chose.


Il perchè nessuna chosa vide mai nuova a llui; produxe esto visibile parlare:
chiama parlare visibile, che una statua sia sculpita con tale artificio, che ne’
gesti dimostri quello, che direbbe, se parlassi. È adunque parlar visibile, perchè
vedendo e gesti et non udendo la voce intendevano. Ma questo parlare che
non è nuovo a Dio, chome già è decto, è nuovo a noi mortali, perchè tra noi
non si truova. Et per figura qui toccha quello, che in cielo ci adiverà nuovo.
Imperochè l’uno vederà el concepto dell’altro sanza udire el suon della lingua.

224 MICHELE CURNIS


estratto

Landino è il primo interprete a collegare l’intellezione attraverso la 9


L’esempio più noto e fortunato è
vista di Purg. X con quanto accadrà in Paradiso, dove Beatrice e i beati ovviamente il sonetto Tanto gentile
e tanto onesta pare della Vita nuova
leggono nella mente di Dio il pensiero di Dante, senza necessità che egli (XXVI 5-7). Si veda in proposito
lo esprima. Il commentatore suggerisce dunque un significato figurale M. Grimaldi 2015, p. 477.
10
Secondo N. Sapegno 1966,
delle rappresentazioni artistiche del Purgatorio, quale anticipazione delle II, p. 109, la parola dialogica di
forme visive e dei canali intellettivi del Paradiso, spostando la funzione questa scena sarebbe il culmine di
del “visibile parlare” dall’ambito della rappresentazione artistica al una climax, articolata attraverso
i tre bassorilievi: “la figurazione
problema della sensorialità celestiale, che Dante introduce in più pagine plastica esprime con tanta intensità
del Purgatorio (anche in questi canti, in particolare nella prima parte del il sentimento, da suggerire anche le
parole in cui questo si traduce. Il
XV) e che diviene costante a partire da Paradiso I. fenomeno, che Dante sottolinea fin
Del resto, la definizione del “visibile parlare” è preceduta in Dante da d’ora servendosi di quelle formule
una serie di segnali di incertezza cognitiva, meticolosamente abbinati di cui anche altrove si giova per atte-
stare cose a prima vista incredibili,
a ciascuno degli exempla del canto X (le voci degli ebrei, il profumo cresce da un esempio all’altro, fino
dell’incenso, la movimentata danza di David, le parole del dialogo tra al visibile parlare del terzo, dove
la vedova e Traiano). addirittura è resa una successione
di sentimenti e di corrispondenti
parole, e cioè tutto lo svolgersi di
Dinanzi parea gente; e tutta quanta, un dialogo. Si passa così a poco a
poco da un’asserzione metaforica,
partita in sette cori, a’ due mie’ sensi e come tale verisimile, ad un fatto
faceva dir l’un “No”, l’altro “Sì”, canta’. propriamente e dichiaratamente
miracoloso”. Su tale versante ese-
getico si veda M. Malavasi 2015,
Similemente al fummo de li ’ncensi pp. 495-498.
che v’era imaginato, li occhi e ’l naso
e al sì e al no discordi fensi.

Lì precedeva al benedetto vaso,


trescando alzato, l’umile salmista,
e più e men che re era in quel caso (58-66).

A questo proposito, occorrerà rivalutare anche l’accezione del verbo pa-


rere, che compare due volte nell’ultimo episodio; verbo che – come ripete
la critica dantesca – non può essere inteso come “sembrare”, perché in
Dante connota una manifestazione di certezza, e non solo nella Com-
media9. Tuttavia, nel poema vi sono circostanze in cui a manifestarsi
è un’entità reale, che però il Dante-personaggio non intende, o non
intende del tutto. Non si è mai posto in stretta relazione il parea di Purg.
X con “El par che voi veggiate, se ben odo” di Inf. X, 97, ossia la do-
manda posta a Farinata degli Uberti sull’effettiva conoscenza del futuro
da parte degli spiriti infernali. In quel caso, il parere di un fenomeno
determinava dubbio e incertezza in Dante, al punto che il drammatico
dialogo con Cavalcante ne era stata la diretta conseguenza (e il poeta
stesso lo aveva definito, nel v. 114, un error soluto dalla spiegazione
di Farinata). Probabilmente questa stessa accezione, all’origine di altro
dubbio e incertezza, è quella del verbo parere utilizzato per rappresentare
il fitto dialogo, quasi una scena teatrale, tra la vedova e Traiano10.

Intorno a lui parea calcato e pieno


di cavalieri, e l’aguglie ne l’oro
sovr’essi in vista al vento si movieno.

Il “visibile parlare”, tra tecnica acheropita e cecità 225


estratto

11
Su questo manoscritto si veda A. La miserella intra tutti costoro
Pegoretti 2014. pareva dir: “Segnor, fammi vendetta
di mio figliuol ch’è morto, ond’io m’accoro” (79-84).

L’insufficienza della vista umana produce tutte queste incertezze, poiché


la percezione si trova di fronte a un fenomeno sconosciuto. La parziale
comprensione dell’aspetto tecnico della rappresentazione, in ogni caso,
non impedisce a Dante di apprezzare e di godere dell’aspetto dei basso-
rilievi e della loro perfezione artistica.

Mentr’io mi dilettava di guardare


l’imagini di tante umilitadi,
e per lo fabbro loro a veder care (97-99).

Dante, che così si identifica in un novello Enea esploratore (a dispetto


di quanto aveva affermato nel canto II dell’Inferno), sta riscrivendo la
scena in cui il protagonista dell’Eneide (I 464-465) soffre nell’osservare
le raffigurazioni pittoriche sulla guerra di Troia, anche se – come aveva
notato il Virgilio poeta – si tratta soltanto di una pictura inanis.

Sic ait, atque animum pictura pascit inani,


multa gemens, largoque umectat flumine voltum.

Inanimata, fittizia è la guerra di Troia riprodotta dalle pitture car-


taginesi; eppure, il turbamento che suscita in Enea è enorme. L’eroe
si sofferma a lungo a osservare stupefatto quae miranda videntur (il
verbo parere) esattamente come fa Dante in Purg. X-XII, sì che in due
occasioni la sua guida deve distoglierlo dall’osservazione e indirizzarlo
verso presenze più urgenti.

Haec dum Dardanio Aeneae miranda videntur,


dum stupet, obtutuque haeret defixus in uno,
regina ad templum, forma pulcherrima Dido,
incessit magna iuvenum stipante caterva (Aen. I 494-497).

Naturalmente, l’illustratore della Commedia che si cimenti con i canti


X-XII del Purgatorio si trova di fronte a un compito impossibile: ripro-
durre in figura quella che Barolini aveva definito “la rappresentazione
di una rappresentazione”. Nel celebre manoscritto Yates Thompson 36
della British Library, per esempio, Giovanni di Paolo, dall’immagine
della porta del purgatorio del canto IX passa direttamente agli invidiosi
del canto XIII, ignorando le complesse sollecitudini figurative dei
canti X-XII. Diverso è il caso del manoscritto Egerton 943 della stessa
biblioteca, il più antico codice della Commedia interamente miniato,
databile al 1340 circa11: in esso l’artista ha tentato la resa figurativa
dei bassorilievi, differenziando cromaticamente la rappresentazione di
Dante e Virgilio dalla scena dell’annunciazione, tutta perlacea (fig. 1).
In seguito, però, lo stesso artista sembra essere preda di dubbi metodo-

226 MICHELE CURNIS


estratto

logici, su come rappresentare il secondo rilievo (la scena dell’arca, in cui 3. FEDERICO ZUCCARI.
i colori si mescolano al grigio perla delle sculture). Da ultimo, il dialogo Disegno per Purgatorio 10
tra la vedova e Traiano è un’immagine policroma, che l’osservatore non (Firenze, Uffizi). Dante e
Virgilio osservano le tre scene
può più identificare come bassorilievo, perché l’artista lo presenta come di umiltà: l’Annunciazione,
se fosse una “storia seconda” raccontata dai personaggi danteschi, e non David e il popolo ebreo
quello che il protagonista sta osservando in quel preciso momento del attorno all’Arca dell’Alleanza
viaggio ultraterreno (fig. 2). Quando poi, molto più tardi, Federico Zuc- e la vedova e Traiano.
cari aggiunge alla sua versione figurativa della scena il cartiglio superiore
con il testo del dialogo tra la vedova e Traiano (fig. 3), l’illustratore
annulla l’essenza del “visibile parlare”, almeno secondo la caratteristica
fondamentale che gli attribuiva Giovanni Pozzi12.

3. La vista e l’ immagine
Per proseguire nell’intento esegetico, è necessario tornare sulla fatica
della vista. L’esercizio della sensorialità tra i canti X-XV del Purgatorio
passa infatti attraverso prove sempre più difficili per gli occhi del pelle-
grino, fino a quando la vista si annebbia o si annulla del tutto: è l’effetto
12
“Il “visibile parlare” di Dante
della cortina di fumo nella cornice degli iracondi. designa le battute di un dialogo
che si svolge fra persone scolpite
Buio d’inferno e di notte privata in bassorilievi, sui quali non sono
incise le parole che il poeta mette
d’ogne pianeto, sotto pover cielo, loro sulla bocca” (G. Pozzi 1993,
quant’esser può di nuvol tenebrata, p. 439).

Il “visibile parlare”, tra tecnica acheropita e cecità 227


estratto

non fece al viso mio sì grosso velo


come quel fummo ch’ivi ci coperse,
né a sentir di così aspro pelo,
che l’occhio stare aperto non sofferse (XVI, 1-7).

Tale annullamento della vista è la conclusione di una sezione che inizia


appunto nei canti X-XII, quando gli occhi di Dante si imbattono nelle
immagini acheropite scolpite nel marmo e subiscono l’attacco di una
potenza materica soprannaturale. Prosegue poi nel canto XIII, ambien-
tato nella cornice degli invidiosi, allorché Dante assiste con crescente
disagio e dolore alla terribile punizione delle anime, i cui occhi sono
cuciti da fil di ferro. E in ogni nuova circostanza, Virgilio interviene a
correggere l’applicazione della vista di Dante; fino a quando, tra i canti
XIV e XV, si ritrova un’ammonizione suddivisa in due segmenti. Prima,
Virgilio deplora l’errata direzione dello sguardo umano (XIV, 148-151),
poi preannuncia a Dante che si diletterà sempre più, per quanto la sua
natura lo ha predisposto, alla vista degli angeli nelle cornici superiori
e naturalmente nel Paradiso, con allusione all’incontro con Beatrice.

Chiamavi ’l cielo e ’ntorno vi si gira,


mostrandovi le sue bellezze etterne,
e l’occhio vostro pur a terra mira;
onde vi batte chi tutto discerne.

[...] Tosto sarà ch’a veder queste cose


non ti fia grave, ma fieti diletto
quanto natura a sentir ti dispuose (XV, 31-33).

I due segmenti devono essere letti congiuntamente, perché si riferiscono


anche al primo esercizio visivo che Dante pratica appena varcata la
soglia del Purgatorio, con i bassorilievi acheropiti del canto X. Anche
laggiù, infatti, Dante aveva confessato di dilettarsi (X, 97) alla vista
delle immagini, avendone intuito l’origine divina, proprio perché la
sua percezione visiva era stata insufficiente: quella uditiva aveva dovuto
integrare un fenomeno che gli occhi da soli non bastavano ad accogliere.
Ma adesso Virgilio mortifica il mirare a terra (la postura che Dante
ha praticato per quasi l’intero canto XII, compiacendosi di elencare –
mentre li calpesta – tutti gli esempi di superbia). La rassicurazione di
Virgilio sul diletto che sostituirà il dolore e la fatica della vista va dunque
intesa come parallelo della teologia del lavoro e dell’arte, finalizzati alla
restaurazione della condizione paradisiaca originaria; di quel Paradiso
terrestre, verso cui appunto il pellegrino si sta dirigendo.
Non è l’arte a produrre il piacere, aveva detto Aristotele nell’Etica
Nicomachea (VII 12, 1153a 20-23), bensì la contemplazione; e anche
l’eccesso di contemplazione può essere nocivo (βλάπτει πρὸς ὑγίειαν,
letteralmente “fa male alla salute”). La componente edonistica che deriva
dalla fruizione dell’arte umana (anche quando quest’ultima trasmette
un messaggio funesto: ancora una volta, il modello di Enea che con-

228 MICHELE CURNIS


estratto

templa le pitture della guerra di Troia), nelle parole di Virgilio e nelle 13


Metafisica I 1, 980a 2-3, traduz.
manifestazioni angeliche del Purgatorio è sostituita dall’unica fonte del di Enrico Berti. Aristotele aveva
ragione nel dire che l’errato eser-
diletto autentico, ossia le bellezze eterne della creazione. Attraverso tale cizio della contemplazione fa male
ammonizione del suo Virgilio, Dante corregge persino la pagina iniziale alla salute, perché nel Purgatorio lo
confermano sia Virgilio sia Marco
della Metafisica, in cui Aristotele spiegava che “i sensi sono goduti per se Lombardo. Quest’ultimo, in XVI
stessi, anche indipendentemente dall’utilità, e più di tutti gli altri quello 65-66, commisera Dante appunto
che si esercita per mezzo degli occhi”13. per la menomazione nella facoltà
del vedere: “Frate, / lo mondo è
Le incertezze, il disagio, il dolore, la momentanea perdita della vista cieco, e tu vien ben da lui”.
provati da Dante in questa sezione del Purgatorio – così articolata 14
M. Guglielminetti 2001 ipo-
tizzò una connessione tra la stessa
eppure così unitaria, grazie all’insistenza sulla percezione visiva – sono Beatrice e la natura acheropita della
conseguenza di un dissidio che tocca anche la creazione artistica, ossia sua rappresentazione nella Vita
la traduzione in immagine della parola. Un dissidio che soltanto molto Nuova.
più tardi, nell’ultimo canto del Purgatorio, sarà Beatrice a illustrare (ma
non a risolvere), rimarcando ancora una volta quanto la “via umana”
disti da quella divina “quanto si discorda / da terra il ciel che più alto fe-
stina” (89-90)14. Dunque, il “visibile parlare” delle sculture purgatoriali
non dovrebbe intendersi come divertissement di un dio che si fa artista
per surclassare Policleto e la natura stessa, bensì come espressione del
linguaggio divino che discende verso l’unica modalità più facilmente
comprensibile da parte degli esseri umani: l’immagine. Con la riserva
che l’immagine, letta da occhi mortali, non potrà essere che una versione
parziale e provvisoria della verità. Una verità che “se non scritta” – dice
appunto Beatrice – sia “almeno dipinta”.

Ma perch’io veggio te ne lo ’ntelletto


fatto di pietra e, impetrato, tinto,
sì che t’abbaglia il lume del mio detto,
voglio anco, e se non scritto, almen dipinto,
che ’l te ne porti dentro a te per quello
che si reca il bordon di palma cinto (Purg. XXXIII, 73-78).

Il “visibile parlare”, tra tecnica acheropita e cecità 229


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Bibliografia 343
estratto
estratto

FINITO DI STAMPARE NEL MESE DI MARZO 2022


www.gangemieditore.it
estratto

Roma
storia, cultura, immagine

La collana raccoglie innanzitutto studi e ricerche elaborati nell'ambito


del Centro di Studi sulla Cultura e l’Immagine di Roma, spesso come risultato
di confronto di idee e di lavoro di gruppo. In tal senso il programma porta
alla luce le tematiche di grande rilevanza affrontate in una serie memorabile
di iniziative sulla cultura rinascimentale e barocca, ovvero illustra momenti
particolarmente significativi della storia urbana.
La collana intende promuovere studi, rilevamenti, ricerche documentarie anche
su problemi settoriali o meno esplorati; e inoltre proporre nuove interpretazioni
di fenomeni macro o microstorici.
Particolare rilievo viene dato al ruolo di Roma come capitale della cultura
nei suoi rapporti internazionali: aldilà della retorica dell’urbe caput mundi
interessa il quadro storico di una città che fu exemplum per l’Europa
delle Capitali e insieme “specchio del mondo”.

Nella stessa collana IL MONTE DEI CENCI


Una famiglia romana e il suo insediamento
“ROMA SANCTA”. urbano tra medioevo ed età barocca
LA CITTÀ DELLE BASILICHE di Mario Bevilacqua
a cura di Marcello Fagiolo,
Maria Luisa Madonna SANTA CATERINA DA SIENA
scritti di L. Armenante, G. Barone, A MAGNANAPOLI
I. Belli Barsali, C. Benocci, M.T. Bonadonna Arte e storia di una comunità religiosa
Russo, S. Bulgarelli, romana nell’età della Controriforma
L. Cajani, F. Cardini, V. Cazzato, di Mario Bevilacqua
V. Cremona, M.P. Critelli, F. Dante, VILLA BELPOGGIO A FRASCATI
L. Del Colle, D. Del Pesco, J. Delumeau, Storia della villa dei Vestri, Cesi,
S. Eiche, A. Esposito, M. Fagiolo, L. Fiorani, F. Borromeo, Visconti, Pallavicini, Sciarra
Gaeta, M.L. Madonna, dal XVI al XX secolo
M. Miglio, M. Moli Frigola, A. Morelli, di Maria Barbara Guerrieri Borsoi
L. Onofri, C. Pericoli Ridolfini,
D. Porro, R. Riggi, A. Rinaldi, L. Rossi, VILLA SORA A FRASCATI
R. Rusconi, P. Vian. di Maria Barbara Guerrieri Borsoi
BAROCCO ROMANO E UNA GUIDA ARTISTICA DI ROMA
BAROCCO ITALIANO IL TEATRO, IN UN MANOSCRITTO
L’EFFIMERO, L’ALLEGORIA SECENTESCO ANONIMO
a cura di Marcello Fagiolo, di Maria Cristina Dorati da Empoli
Maria Luisa Madonna ROMA E LAZIO:
scritti di B. Adorni, F. Audisio, S. Benedetti, IDEE E PIANI (1870-2000)
M. Boiteux, V. Cazzato, C. Conforti, di Roberto Cassetti
M. Costanzo, C. Del Bravo, R. Franzese,
B.M. Fratellini, E. Garbero Zorzi, D. Lenzi, BERNINI E LA TOSCANA
M.L. Madonna, D. Malignaggi, A.M. Matteucci, da Michelangelo al barocco mediceo
M. Moli Frigola, K. Noehles, R. Pacciani, e al neocinquecentismo
M. Pigozzi, A.M. Testaverde, F. Ulivi, a cura di Oronzo Brunetti,
P. Ventrone, L. Zangheri, L. Zorzi. Silvia Chiara Cusmano, Valerio Tesi
estratto

L’EREMO DI MONTEVIRGINIO E LA IL SANTUARIO DELLA MADONNA


TIPOLOGIA DEL SANTO DESERTO DI GALLORO IN ARICCIA
L’architettura dei Carmelitani Scalzi in età di Maria Barbara Guerrieri Borsoi
barocca e Francesco Petrucci
di Saverio Sturm IL PALAZZO DELLA SAPIENZA
LE COLONNE Storie e vicende costruttive dell’antica
E IL TEMPIO DI SALOMONE Università di Roma dalla fondazione
La storia, la leggenda, la fortuna all’intervento borrominiano
di Stefania Tuzi di Stefania Tuzi
PALAZZO VALENTINI A ROMA
GIANLORENZO BERNINI
La committenza Zambeccari,
E CLEMENTE IX ROSPIGLIOSI
Boncompagni, Bonelli tra Cinquecento
Arte e architettura a Roma e in Toscana
e Settecento
nel Seicento
di Maria Celeste Cola
di Sebastiano Roberto
LO “STATO TUSCOLANO”
CORTI E CORTIGIANI DEGLI ALTEMPS E DEI BORGHESE
NELLA ROMA BAROCCA A FRASCATI
di Francesco Calcaterra Studi sulle ville Angelina, Mondragone,
SAN LUIGI DEI FRANCESI Taverna-Parisi, Torlonia
La fabbrica di una chiesa nazionale a cura di Maria Barbara Guerrieri Borsoi
nella Roma del ’500 introduzione di M. Fagiolo
di Sebastiano Roberto saggi di F. Bilancia, M. Cogotti, M. B. Guerrieri
Borsoi, L. Marcucci, A. Sartor
L’ARCHITETTURA DEI CARMELITANI RACCOGLIERE “CURIOSITÀ”
SCALZI IN ETÀ BAROCCA NELLA ROMA BAROCCA
Principii, norme e tipologie in Europa Il Museo Magnini Rolandi e altre collezioni
e nel Nuovo Mondo tra natura e arte
di Saverio Sturm di Maria Barbara Guerrieri Borsoi
VILLA RUFINA FALCONIERI L’ARCHITETTURA DEI CARMELITANI
La rinascita di Frascati e la più antica SCALZI IN ETÀ BAROCCA
dimora tuscolana La ‘Provincia Romana’: Lazio, Umbria
di Maria Barbara Guerrieri Borsoi e Marche (1597-1705)
IL CUOCO SEGRETO DEI PAPI di Saverio Sturm
Bartolomeo Scappi e la Confraternita IL SISTEMA DELLE ARTI
dei cuochi e dei pasticcieri NEL TERRITORIO DELLE VILLE
di June di Schino e Furio Luccichenti TUSCOLANE
di Maria Barbara Guerrieri Borsoi
GROTTE E NINFEI NEL ’500 introduzione di M. Fagiolo
Il modello dei giardini di Caprarola
di Francesca Romana Liserre ARTE DOLCIARIA BAROCCA
I segreti del credenziere di Alessandro VII.
LA MAGNIFICENZA E L’UTILE Intorno a un manoscritto inedito
Progetto urbano e monarchia papale di June di Schino
nella Roma del Seicento
DOMENICO JACOVACCI
di Aloisio Antinori
Collezionista e Maestro delle strade
BORROMINI E GLI SPADA nella Roma berniniana
Un palazzo e la committenza di una famiglia di Maria Barbara Guerrieri Borsoi
nella Roma barocca LA QUADRERIA ALBANI A ROMA
di Marisa Tabarrini AL TEMPO DI CLEMENTE XI
STUDI SUI FONTANA di Maria Barbara Guerrieri Borsoi
Una dinastia di architetti ticinesi a Roma VINCENZO DELLA GRECA E LA
tra Manierismo e Barocco DIDATTICA DELL’ARCHITETTURA
a cura di Marcello Fagiolo e Giuseppe NEL PRIMO SEICENTO A ROMA
Bonaccorso di Marisa Tabarrini
estratto

Il libro presenta gli Atti del Convegno sulla “Divina Consonanza di Arte
e Poesia” (Roma, BNCR, 2021) che ha inteso celebrare il “trittico” dei
grandi italiani: Dante, Leonardo, Raffaello. La stessa figura del Sommo
Poeta riesce ad acquisire nuove illuminazioni chiarificanti attraverso
il confronto coi due massimi artefici della pienezza dei tempi e della
genialità universale del Rinascimento. La congiunzione-intersezione
delle orbite dei tre grandi dimostra la centralità della cultura italiana
nel panorama europeo (un’Italia la cui coscienza emerse primieramente
proprio attraverso la poesia dantesca). Il Convegno è stato imperniato,
in particolare, sulle seguenti tematiche:
- I rapporti tra poesia e arte, dall’ut pictura poesis all’ut poesis pictura.
- Gli elementi e le peculiarità “visive” nella Commedia: la figuratività
pittorica e il plasticismo scultoreo, nel contesto della poderosa
ingegneria strutturale dei gironi dell’Inferno, della montagna del
Purgatorio, e della meccanica celeste. E poi le interpretazioni artistiche
della immaginazione dantesca.
- Le Arti, la Filosofia e la Scienza: dal sistema mentale della Commedia
alle prospettive di Raffaello e alle rivelazioni del micro- e macrocosmo
leonardesco.
- La “consonanza” delle Arti e della Musica. La musica delle
sfere e la “divina armonia”, dal Paradiso alle “glorie” pittoriche
del Rinascimento. La posizione della Musica nel Quadrivium tra
Aritmetica, Geometria e Astronomia. I principii armonici in pittura e in
architettura. Gli spazi di conciliazione tra consonanza e dissonanza…
Saggi di: Cristina Acidini, Andrea Alessi, Massimo Arcangeli, Lucia Battaglia
Ricci, Carla Benocci, Marco Bussagli, Filippo Camerota, Marco Carpiceci,
Claudia Cieri Via, Fabio Colonnese, Flavio Colusso, Michele Curnis,
Andrea De Pasquale, Laura Facchin, Marcello Fagiolo, Massimiliano
Ferrario, Giulio Ferroni, Antonio Forcellino, Isabella Gagliardi,
Marco Grimaldi, Claudio Listanti, Silvia Maddalo, Pietro C. Marani,
Nicolò Mineo, Alessio Monciatti, Rodolfo Papa, Laura Pasquini, Paolo
Pizzimento, Michele Rak, Andrea Spiriti, Italo Tomassoni, Carlo Vecce.

WORLDWIDE DISTRIBUTION
EBOOK /APP:
& DIGITAL VERSION
www.gangemieditore.it

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