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Marina Benedetti

Eresie medievali e eretici modernisti

Nel 1943 Ernesto Buonaiuti pubblica presso la casa editrice milane-


se Corbaccio la sua Storia del Cristianesimo. Nel secondo volume dedi-
cato al medioevo invano si cercherebbero riferimenti agli eretici di quei
secoli. Solo nelle note bibliografiche finali si fa un breve cenno al filo-
sofo Felice Tocco che nel 1884 aveva dato alle stampe L’eresia nel Me-
dioevo, «un fondamentale lavoro» sui «movimenti spirituali» al quale è
attribuito anche il merito di avere ispirato e guidato la Vie de Saint
François d’Assise del pastore calvinista Paul Sabatier, opera di «tanto
strepitosa fortuna»1. Al filosofo viene affiancato il lavoro del frate Pre-
dicatore Antoine Dondaine ovvero la trascrizione del Liber de Duobus
Principiis e di un rituale cataro pubblicati presso l’Istituto storico do-
menicano nel 19392. Felice Tocco e Antoine Dondaine si pongono agli
antipodi di una stagione di ricerche arricchita da rinvenimenti docu-
mentari, edizioni di fonti, progressiva consapevolezza metodologica
che porterà alla fortunata stagione storiografica degli anni Cinquanta
del XX secolo. Nel sessantennio che Ernesto Buonaiuti fa scorrere sen-
za citare alcun altro autore si collocano nomi e ricerche fondamentali
per la storiografia ereticale in Italia: nomi e ricerche che variamente
subiranno il fascino della figura, del ruolo e delle parole di Ernesto
Buonaiuti, l’“eretico” contemporaneo sempre presente sullo sfondo
religioso-culturale. Partendo dal filosofo Felice Tocco, attraverso la
produzione di Gioacchino Volpe, del sacerdote Luigi Zanoni, del prete
Antonino De Stefano intendo seguire i tracciati di un marginale, ma
non ininfluente, settore della medievistica italiana che attraverso profi-
cue intersecazioni con il dibattito religioso contemporaneo troverà
spazio e visibilità nelle riviste religiose tramite i suoi più rigorosi rap-

1.
E. Buonaiuti, Storia del Cristianesimo, II: Evo Medio, Milano 1943, p. 717.
2.
A. Dondaine, Un Traité néo-manichéen du XIII siècle: le Liber de Duobus Principiis, suivi
d’un fragment de Rituel Cathare, Roma 1939.

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la riforma della chiesa nelle riviste religiose di inizio novecento

presentanti. Frutto della feconda esplorazione d’archivio e della sensi-


bilità positivista per il documento, una considerevole quantità di fonti
tra gli ultimi decenni del XIX secolo e i primi decenni del XX secolo
sollecita tentativi di affrontare complessivamente la storia dei movi-
menti ereticali: è del 1884 L’eresia nel Medioevo di Felice Tocco, del
1922 sono i Movimenti religiosi e sette ereticali nella società medievale
italiana (secoli XI-XIV) di Gioacchino Volpe, nel 1938 viene pubblica-
to Riformatori ed eretici del medioevo di Antonino De Stefano. Si tratta
per lo più di articoli precedentemente comparsi in riviste, in seguito
elaborati e consolidati in monografie: la genesi e il contesto andranno
analizzati per comprendere perché e come siano avvenute determinate
– e non casuali – scelte editoriali.

Affrontiamo in primo luogo il filosofo catanzarese Felice Tocco.


Allievo dello Spaventa, egli affianca all’impostazione speculativa la ca-
pacità di compiere scavi d’archivio e di condurre edizioni di fonti3:
una doppia anima anomala e originale. I manoscritti dei numerosi
studi ereticali conservati presso il “Fondo Tocco” della Biblioteca della
Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Firenze testimoniano le
fasi di lavorazione non solo de L’eresia nel Medioevo del 1884 – una
raccolta di contributi apparsi per lo più nel “Giornale napoletano di
filosofia e lettere, scienze morali politiche”4 – ma permettono anche di
seguire un percorso storiografico attraverso l’accumulo di materiale
preparatorio per un secondo volume mai pubblicato5. Con buona pro-
babilità lì avrebbero dovuto convergere gli studi sui beghini, sugli
Apostoli e frate Dolcino, su Guglielma da Milano, sui fraticelli, forse
Quel che non c’è nella Divina Commedia o Dante e l’eresia (e altro

3.
G.G. Merlo, Eretici ed eresie medievali, Bologna 1989, p. 14.
4.
F. Tocco, L’eresia nel Medioevo. Studi, Firenze 1884 (recentemente ripubblicato con il titolo
Storia dell’eresia nel Medioevo, Torino 1998).
5.
G. Cracco, Eresiologi d’Italia tra Otto e Novecento, in Eretici ed eresie medievali nella storio-
grafia contemporanea, a cura di G.G. Merlo, Torre Pellice 1994, p. 19. I manoscritti conservati
presso la Biblioteca della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Firenze sono il conte-
nuto di un solo armadio situato in un corridoio dell’appartamento di Felice Tocco salvatosi dal
bombardamento di Milano del 13 agosto 1943 che ha distrutto anche l’abbondante epistolario
(A. Olivieri, Felice Tocco. Le carte e i manoscritti della biblioteca della Facoltà di Lettere e Filoso-
fia dell’Università di Firenze, Firenze 1991, p. 480). Sul valore storiografico degli studi ereticali,
si veda L. Malusa, La storiografia filosofica italiana nella seconda metà dell’Ottocento. I: Tra posi-
tivismo e neokantismo, Milano 1977, pp. 248-396 e, soprattutto, Id., La storiografia religiosa di
Felice Tocco, “Studia Patavina” XIX (1972), pp. 580-609.

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Eresie medievali e eretici modernisti

ancora)6. Osservando il referente editoriale di queste ricerche scopria-


mo che non ci sono riviste religiose: lo sbocco naturale, e direi quasi
domestico, è il neonato “Archivio storico italiano” e, in modo minore,
sono i “Rendiconti” e le “Memorie della Reale Accademia dei Lincei”:
nei primi Felice Tocco pubblica nel 1899 Il processo dei guglielmiti,
trascrizione di un solitario manoscritto inquisitoriale milanese, l’anno
successivo nelle “Memorie” fa seguito il saggio Guglielma Boema e i
guglielmiti7.
L’ampio contesto cronologico e tipologico affrontato da Felice Tocco
non contribuirà alla sua fortuna storiografica: nonostante le ricerche su
eretici attrattivi del tardo medioevo e dell’età moderna, tra cui Gerola-
mo Savonarola e Giordano Bruno8, «parecchi studiosi, di fatto, lo
ignorarono»9. Dolcino, Dante, Savonarola, Giordano Bruno non ba-
stano a sdoganare una “eticità profonda” e una “carica liberatrice” carat-
terizzante il tono “schiettamente religioso” dell’eresia nell’interpretazio-
ne di Felice Tocco10. Infatti, paradossalmente, l’impostazione filosofica
costituisce un limite alla interpretazione profonda di fenomeni storici e,
nonostante il concreto e defatigante impegno editoriale, il suo pensiero
sfocia in una visione «fondamentalmente astorica dei fenomeni

6.
F. Tocco, Due documenti intorno ai beghini d’Italia, “Archivio storico italiano” ser. V, I
(1888), pp. 417-423; Id., Gli apostolici e fra Dolcino, “Archivio storico italiano” ser. V, XIX
(1897), pp. 241-275; Id., Quel che non c’è nella Divina Commedia o Dante e l’eresia, Bologna
1899; Id., Guglielma Boema e i Guglielmiti, “Memorie della Accademia dei Lincei”, ser. V, VIII
(1900), pp. 1-32; Id., Nuovi documenti sui moti ereticali tra la fine del secolo XIII e il principio
del XIV, “Archivio storico italiano” ser. V, XXVIII (1901), pp. 97-104; Id., I fraticelli, “Archivio
storico italiano” ser. V, XXXV (1905), pp. 331-368; Id., L’eresia dei Fraticelli e una lettera inedi-
ta del beato Giovanni delle Celle, in Id., Studi francescani, Napoli 1909, pp. 406-494. La docu-
mentazione raccolta e gli appunti elaborati su Dolcino sono conservati in una grande cartella
intitolata “Studi francescani” in cui sono confluite anche ricerche ereticali (ad esempio L’eresia
dei Fraticelli e una lettera inedita del beato Giovanni delle Celle), cfr. A. Olivieri, Felice Tocco. Le
carte e i manoscritti, pp. 257, 261, 263, 277, 278.
7.
F. Tocco, Il processo dei guglielmiti, «Rendiconti della Reale Accademia dei Lincei, Atti della
classe di scienze morali» ser. V, VIII (1899), pp. 309-342, 351-384, 407-432, 437-469; Id.,
Guglielma Boema e i Guglielmiti, “Memorie della Accademia dei Lincei” ser. V, VIII (1900), pp.
1-32.
8.
Ad esempio Il Savonarola e la critica tedesca, introduzione di F. Tocco, Firenze 1900 (cfr. F.
Tocco, Savonarola: profeta e ribelle, a cura di F. De Giorgi, Genova 1998) e Id., Scritti inediti
di Giordano Bruno, “R. Accademia dei Lincei”, ** (1891), pp. 447-452, su cui si veda S. Bassi,
Il sogno di Ezechiele: Tocco e Gentile interpreti di Bruno, Roma 2004.
9.
G. Cracco, Eresiologi d’Italia, p. 21.
10.
Ivi, p. 20.

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la riforma della chiesa nelle riviste religiose di inizio novecento

analizzati»11, attualizzante «schemi dottrinali e teologici nei quali i pri-


mi controversisti cattolici fissarono (…) la rappresentazione delle diver-
se manifestazioni delle eresie medievali»12.
Tra le molteplici ricerche del filosofo catanzarese merita di essere ri-
cordato Gli Apostolici e fra Dolcino del 1897, frutto di un clima che fa
maturare un interesse variegato nei confronti di questa eresia. Tra il
1896 e il 1897 se ne occupa Antonio Labriola: forse non è esente l’in-
fluenza di Klaus Kautsky – con il quale era in corrispondenza – che nel
1895 in Vorlaüfer des neueren Sozialismus aveva trattato dell’eretico no-
varese13: sicuramente sollecitato dal “problema”-Dolcino, «quasi con
valore di esempio tipico nel corso di una più ampia discussione intorno
al materialismo storico quale presupposto chiarificatore di ogni concre-
ta ricerca», sostiene «la validità dell’applicazione del materialismo stori-
co alla storia del cristianesimo»14. Dallo scambio epistolare con un gio-
vane Benedetto Croce si coglie l’andamento incostante di una ricerca
che agli inizi del 1896 si stava avviando attraverso alcune letture e l’im-
patto con l’abbondante erudizione locale15. Due mesi dopo Labriola
annuncia speranzoso che tramite un anonimo sacerdote – legato ad un

11.
G.G. Merlo, Eretici ed eresie medievali, pp. 14-15. Già Croce aveva sottolineato il suo mo-
do di affrontare gli eretici «come filosofi e semifilosofi» (B. Croce, Storia della storiografia ita-
liana nel secolo decimonono, II, Bari 1930, p. 145).
R. Morghen, L’eresia nel Medioevo, in L’eresia medioevale, a cura di O. Capitani, Bologna
12.

1971, p. 65.
13.
Cfr. G. Miccoli, Note sulla fortuna di fra Dolcino, “Annali della Scuola Normale Superiore
di Pisa” 25 (1956), pp. 257-258. Ma l’impostazione dei due dirigenti socialisti è assai diversa:
«In questi [Labriola] fra Dolcino è presente come elemento atto a dimostrare la validità dell’ap-
plicazione del materialismo storico alla storia del cristianesimo e in particolare delle eresie, su
un piano “scientifico”, per così dire: nel Kautsky per fini più immediatamente politici, come
figura che risuona ancora viva ed operante anche nella valutazione di un nuovo contesto socia-
le e delle sue possibilità di evoluzione e sviluppo» (ivi, p. 258).
14.
G. Miccoli, Note sulla fortuna di fra Dolcino, p. 255. «Ma la storia di Dolcino e del suo
movimento diventa nel Labriola “problema”, quasi con valore di esempio tipico, nel corso di
una più ampia discussione intorno al materialismo storico quale presupposto chiarificatore di
ogni concreta ricerca» (ibid.). Si noti come, in tempi assai più recenti, anche le ricerche polie-
driche di uno studioso del calibro di Giovanni Miccoli prendano avvio da una rassegna storio-
grafica su un caso ereticale. Sul rapporto tra Labriola e Dolcino, si veda anche R. Orioli, «Venit
perfidus heresiarcha». Il movimento apostolico-dolciniano, dal 1280 al 1307, Roma 1988, pp.
217-218.
15.
«Ho veduto quella pubblicazione del Renier ossia quelle ultime pagine che riflettono Dolci-
no. Pare che molti eruditi locali si sieno occupati dell’argomento: ma chi li va a pescare? È cosa
troppo fastidiosa!» (A. Labriola, Lettere a Benedetto Croce (1885-1904), Napoli 1975, p. 95, 14
gennaio 1896).

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Eresie medievali e eretici modernisti

altrettanto sconosciuto cardinale – ha notizia di documenti conservati


negli “Archivi Vaticani”16. Dell’informazione non si ha alcuna eco nel-
le comunicazioni seguenti. All’inizio dell’anno successivo Antonio La-
briola si dichiara intenzionato a preparare delle lezioni preliminari di
carattere generale sugli inizi del XIV secolo per contestualizzare Dolci-
no, ma ben presto ammette di aver fatto «poco e di mala voglia»17.
Maggiore ampiezza di particolari caratterizza la lettera a Sorel del 2 lu-
glio 1897: in alcuni mesi i suoi studi devono essere assai progrediti, se è
in grado di spiegare in modo più articolato il suo pensiero sull’eresia
dolciniana – un tema evidentemente internazionale – che trasmetterà
agli studenti in due corsi universitari. È noto che Antonio Labriola non
offrì né questo, né altri contributi alla storia delle eresie, eppure – in
modo assai diverso da Buonaiuti – influenzerà questo settore di studi e,
in particolar modo, l’elaborazione complessa e diffusiva della concezio-
ne dell’eresia di Gioacchino Volpe che aveva letto Del materialismo sto-
rico pubblicato da Antonio Labriola nel 1896 e che retrospettivamente
ne analizzerà l’influenza, le vicinanze e le distanze, all’interno del pro-
prio percorso storiografico18.

16.
«Il sacerdote “M.” intimo del Cardinale […] mi annunzia esistere negli Archivi Vaticani
importanti documenti su Fra Dolcino. Mi darà ulteriori notizie» (A. Labriola, Lettere a Bene-
detto Croce, p. 102, 18 marzo 1896). Al momento non si può confermare la notizia della pre-
senza presso l’Archivio Segreto Vaticano di fonti dolciniane; esistono invece presso la Biblioteca
Apostolica Vaticana, per una ricostruzione complessiva dello status documentario, cfr. M. Be-
nedetti, Frate Dolcino da Novara: un’avventura religiosa e documentaria, “Annali della Scuola
Normale Superiore di Pisa. Classe di Lettere e Filosofia”, in corso di stampa.
17.
«Ora per trattare per la prima volta preliminarmente Fra Dolcino, faccio nelle lezioni un
quadro delle condizioni d’Italia al principio del secolo XIV» (A. Labriola, Lettere a Benedetto
Croce, p. 195, 6 gennaio 1897); «Tu ti ricordi che a Perugia io non ti parlavo che di progetti
letterarii. Prevedevo tanto poco tutto questo rumore, che mi proponevo di dedicare tutti i miei
studi alla condizione d’Italia in principio del secolo XIV, per spiegare Fra Dolcino. Di ciò ho
fatto poco e di mala voglia. Rimetterò il resto all’anno venturo» (ivi, p. 209, 12 aprile 1897).
Circa cinquant’anni dopo, il corrispondente di Antonio Labriola affronterà a sua volta il tema
dell’eresia (B. Croce, Note di metodologia storica. Il materialismo storico e le eresie medievali,
“Quaderni della critica” 5, 1946, pp. 119-121).
18.
Così scrive Gioacchino Volpe: «Un libro che poteva capitar nelle mani di un aspirante-sto-
rico pari a me, il quale, come si interessava di cose del passato, di un certo passato, socialmente
assai mosso, così anche di cose del presente, più o meno affine a quel passato ed egualmente
ricco di moti sociali nelle campagne e nelle città, pullulante di leghe e associazioni operaie, teso
verso un nuovo ordine sociale e quasi verso una nuova civiltà. Un libretto come quello, per chi
studiava un momento storico come quello medievale, poteva bene non dirò dare un filo di
Arianna al giovane storico, ma sì aiutarlo a trovare una via, alquanto diversa da quella battuta
dagli storici della generazione precedente. Ed ecco Antonio Labriola, un certo Labriola, entrato,
per una piccola apertura, nel cerchio della mia vita e fattosi ispiratore di qualche pensiero, di

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la riforma della chiesa nelle riviste religiose di inizio novecento

Per evidenze cronologiche, Felice Tocco non pubblica i suoi studi in


riviste religiose. Il clima cambia se dalla Firenze dello scorcio del XIX se-
colo ci spostiamo a Milano nel 1907 quando viene fondata la rivista dei
cattolici modernisti milanesi: molte pagine del primo numero de “Il Rin-
novamento” saranno occupate dal primo – e unico – studio di Gioacchi-
no Volpe dedicato agli eretici medievali e intitolato Eretici e moti ereticali
dal XI al XIV secolo, nei loro motivi e riferimenti sociali. Dopo gli studi
presso la Scuola Normale di Pisa con il maestro Amedeo Crivellucci – che
sovente assegnava tesi di argomento ereticale – e dopo aver pubblicato,
quasi inevitabilmente, i primi lavori sul medioevo in “Studi storici”, un
trentenne Gioacchino Volpe giunge a Milano per insegnare storia moder-
na presso l’Accademia scientifico-letteraria nell’anno accademico 1905-
190619. Il furor mediaevalis, secondo la bella definizione di Ovidio Capi-
tani20, è assai evidente nei titoli dei corsi e nelle tesi assegnate21: un giova-
nile e trascinante furor mediaevalis che, negli anni 1904-1908, fa germo-
gliare intuizioni e sbocciare tesi durature – si sarebbe tentati di dire peren-
ni22 – che diventeranno i suoi più importanti contributi sull’età di mezzo,
in seguito riproposti in diversificate vesti editoriali.
Meno perspicui sono gli interessi ereticali che affiorano in maniera
inaspettata nel corso di due conferenze tenute presso la Società Dantesca
nel maggio del 1907 e, immediatamente, pubblicate ne “Il Rinnovamen-

qualche orientamento, di qualche interpretazione mia in fatto di storia medievale, di campagne


e città, medievali, in una fase di profondo rinnovamento. Ma entrato, intendiamoci, in piutto-
sto modesta misura. Poiché quel poco che io sono mi è venuto sempre più dal di dentro che non
dal di fuori, più dalla osservazione diretta delle cose, più dalle circoscritte esperienze, più da un
natìo sentimento della vita (posso dire: naturaliter philosophus?) che non dal di fuori, da libri
letti, da elaborate filosofie» (G. Volpe, Storici e maestri, Firenze 1967, pp. 115-116). Sul rap-
porto Labriola-Volpe, cfr. I. Cervelli, Gioacchino Volpe, Napoli 1977, pp. 323-439; non si
trascurino O. Capitani, Gioacchino Volpe, storico del medioevo, in Id., Medioevo passato prossimo.
Appunti storiografici: tra due guerre e molte crisi, Bologna 1979, pp. 5-7, e Id., Da Volpe a Mor-
ghen: riflessioni eresiologi che a proposito del centenario della nascita di Eugenio Dupré Theseider,
“Studi medievali” 40 (1999), pp. 305-321.
19.
Sull’antenata dell’Università degli studi si veda Milano e l’Accademia scientifico-letteraria.
Studi in onore di Maurizio Vitale, a cura di G. Barbarisi, E. Decleva, S. Morgana (Quadermi di
“Acme”, 47), I-II, Milano 2001.
20.
O. Capitani, Gioacchino Volpe, p. 192.
I docenti, i corsi, gli allievi (1861-1915), Appendice 2, a cura di L. Clerici, in Milano e l’Ac-
21.

cademia scientifico-letteraria, pp. 1156, 1159, 1162, 1166, 1168, 1169, 1171, 1172, 1175,
1177, 1179, 1182.
22.
C. Violante, Introduzione a G. Volpe, Medio Evo italiano, Roma-Bari 1992 (Firenze
19231), p. xl.

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Eresie medievali e eretici modernisti

to” dello stesso anno. Per tentare di comprendere le motivazioni di una


collocazione editoriale che – si badi – fa del lungo saggio il contributo
unico non solo di Volpe sulle eresie, ma del tema nella rivista23, è oppor-
tuno ripercorrere le brevi pagine introduttive: pagine non ripubblicate
nel 1922, quando, con il titolo Movimenti religiosi e sette ereticali nella
società medievale italiana (secoli XI-XIV), questo e altri studi otterranno
sistemazione organica e maggiore diffusione, oltre che fortuna editoria-
le24. Si noti che il contributo sugli eretici – diventato di 180 pagine –
d’imperio fornisce il titolo a un volume che nella parte restante si occupa
di Chiesa e Stato di città nell’Italia medievale (15 pagine) e Chiesa e demo-
crazia medievale. Chiesa e democrazia moderna (40 pagine)25.
In una sezione de “Il Rinnovamento” con soprattitolo Per la vita re-
ligiosa nel tardo medioevo, Gioacchino Volpe così disvela i propri inten-
dimenti:
«Queste poche pagine su le eresie si propongono uno scopo molto mo-
desto. Esse non presentano un quadro sintetico di tutta l’ampia materia
delle dottrine filosofiche, religiose, politiche che la Chiesa medievale
considerò e colpì come contrarie alla sua dottrina ed eretiche; non vo-
glio neanche studiare a fondo una o più eresie in sé stesse, sotto l’aspet-
to dogmatico. Sono invece un piccolo viaggio di scoperta verso sorgen-
ti poco note, se anche non foreste o paludi tropicali le nascondono, ma
l’intreccio serrato dei mille fatti nella vita sociale; è la passione del no-

23.
Oltre alla conferenza letta da Paul Sabatier a Palazzo Madama a Torino il 30 aprile 1908 e
immediatamente confluita nella rivista (P. Sabatier, L’originalité de S. François d’Assise, III ,
1908, pp. 417-433) – che naturalmente non è di argomento ereticale ma è solo un segno del
clima e dell’interesse di affrontare temi coinvolgenti con un taglio metodologico e ideologico
nuovo – leggiamo soltanto la recensione di Giulio Vitali – autore di I domenicani nella vita
italiana del sec. XII, Firenze 1902 – ai volumi sull’inquisizione di due studiosi cattolici francesi
Célestin Douais e Elphège Vacandard (I, 1907, pp. 197-208).
Si citerà dall’edizione più recente: G. Volpe, Movimenti religiosi e sette ereticali nella società
24.

medievale italiana (secoli XI-XIV), introduzione di C. Violante, Roma 1997.


25.
Sulla genesi, sulla costruzione e sulle diverse fasi editoriali, cfr. E. Artifoni, Gioacchino
Volpe e i movimenti religiosi medievali, in Gioacchino Volpe tra passato e presente, a cura di R.
Bonuglia, Roma 2007, pp. 117-142 («versione corretta e ampliata» “Reti Medievali Rivista”
VIII (2007), http://www.storia.unifi.it/_RM/rivista/default.htm), in cui l’ampia e diramata
analisi del dibattito storiografico non compie uno specifico affondo interpretativo dell’«even-
tuale stimolo modernistico» che sollecitò gli studi sugli eretici. Sulla familiarità di Volpe con i
modernisti, cfr. F. De Giorgi, Aspetti della tradizione cattolico-liberale. Santa Caterina tra storio-
grafia e mito, in Ottocento romantico e civile, a cura di N. Raponi, Milano 1993, pp. 333-339.

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la riforma della chiesa nelle riviste religiose di inizio novecento

stro secolo, trattisi di sorgenti di grandi fiumi africani o anche di sor-


genti di fenomeni dello spirito»26.

«Fenomeni dello spirito» è espressione che richiama i «movimenti


spirituali» con cui Ernesto Buonaiuti aveva definito le esperienze ereti-
cali27. Volpe si concentra poi sul ruolo del laicato nel medioevo:
«Quello [il laicato] si rinnova nei suoi elementi costitutivi ed ha una
fanciullezza e una giovinezza vigorosa. È vario, mobile, appassionato,
impulsivo, ricco di energie spirituali, di attitudini fattive, con religiosi-
tà più fresca e profonda, con impulso spontaneo a ricrear tutta la sua
organizzazione civile e chiesastica»28.

Non stupisce che queste parole così esplicitamente permeate del


contesto culturale contemporaneo prima che medievale scompaiano
dalla successiva edizione del 192229. Parole-spia ormai inadatte ad un
clima mutato che nel «chiarimento e giustificazione» introduttivo alla
successiva raccolta di studi sono così trasformate:
«Più che mai certe pagine e certi giudizi gli son parsi echeggiare con
troppa immediatezza voci dell’attimo fuggente e rispecchiare situazioni
contingenti del tempo in cui furono scritte e pronunciate. E poi, il
1907 o il 1912 sono passati da dieci o quindici anni che valgono quasi
un secolo. Allora si dibattevano ancora le questioni del “socialismo cri-
stiano” e poi del “modernismo”. Si pubblicava a Milano “Il Rinnova-
mento”, dove appunto gli Eretici vennero alla luce. Entro o al margine
della Chiesa ribollivano opposizioni che facevano correre il pensiero ad
un Valdo o ad un Francesco, di fronte alla gerarchia con la quale più
che mai la Chiesa si identificava»30.

Il passaggio dalla storia contemporanea alla storia medievale o, me-


glio, dalle esperienze religiose contemporanee a quelle medievali è espli-
citato nell’inequivocabile indicazione delle sorgenti dell’inaspettato e
irrefrenabile interesse ereticale che le parole successive motivano ancor

26.
G. Volpe, Eretici e moti ereticali, “Il Rinnovamento” I (1907), p. 633.
27.
E. Buonaiuti, Storia del Cristianesimo, II: Evo Medio, p. 717.
28.
G. Volpe, Eretici e moti ereticali, p. 634.
29.
Sulle varianti tra le due edizioni, cfr. C. Violante, Introduzione, a G. Volpe, Movimenti
religiosi e sette ereticali, pp. xlviii-l.
30.
G. Volpe, Movimenti religiosi e sette ereticali, p. 7.

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Eresie medievali e eretici modernisti

più chiaramente: «molta gente visse qualche tempo tra ortodossia ed


eresia, con sospese sul capo minacce di spirituali sanzioni». Come non
pensare alla vicenda di Ernesto Buonaiuti? Come non cogliere il colle-
gamento esplicito tra esperienze religiose e chiusure ecclesiastiche – del
passato e del presente – di cui Gioacchino Volpe aveva acutamente in-
dividuato analogie?
Dalla genesi creativa del proprio lavoro, Volpe parla infine della pro-
pria personale posizione:
«Il sottoscritto era, nel suo intimo, fuori dell’uno e dell’altro movimen-
to (il socialismo cristiano e il modernismo): ma è innegabile che essi,
specialmente l’ultimo, richiamarono l’attenzione nostra sopra fatti o
aspetti di fatti sui quali di solito non ci fermavamo troppo»31.

Trascinante interesse giovanile, volontà di essere proprio là nella sede


editoriale dove stava manifestandosi un rinnovamento «di idee e di fat-
ti»: l’energia sorgiva di un contesto in movimento genera – o sollecita
– gli eretici medievali di Gioacchino Volpe, disinteressato alla caccia
dell’inedito o talvolta, addirittura, dell’edito32. Incredibilmente, infat-
ti, nel lungo saggio egli trascura l’unica eresia milanese medievale so-
pravvissuta alla pena del contrappasso del rogo degli archivi: l’eresia di
una donna di nome Guglielma i cui atti processuali allogati presso la
Biblioteca Ambrosiana Felice Tocco aveva pubblicato pochi anni prima
e che Volpe, insegnando a Milano, non poteva certo ignorare33. Con
ogni evidenza, i suoi interessi stavano altrove: il ruolo delle donne, nel
passato e nel presente, non catturavano il suo sguardo attento. È chiaro
che i meriti del suo lavoro risiedono non tanto nella completezza, quan-
to in una intuizione davvero geniale. Riflettendo sui valdesi, le sue pa-
role – ancora una volta – meticolosamente chiariscono:
«il moto ereticale tutto quanto, nel suo complesso, è moto di cultura,
checché si possa pensare in contrario; è cioè indice e insieme spinta di

31.
Ibid.
32.
Si legga in tal senso il concordante giudizio di Ovidio Capitani: «Certo […] noi avvertimmo
nei Movimenti religiosi una serie di limitazioni oggettive di informazione specifica, un senso di
rinunzia a spremere le fonti, come invece era avvenuto per altra tematica, in tempi vicinissimi
o addirittura stava avvenendo per altre opere. E ne dobbiamo prendere atto, con umiltà che si
addice di fronte a genialità così prepotente» (O. Capitani, Gioacchino Volpe, p. 204).
33.
Sulla rilevanza di questo episodio nel contesto storiografico milanese, si veda M. Benedetti,
Io non sono Dio. Guglielma di Milano e i Figli dello Spirito santo, Milano 20042, pp. 109-157.

321
la riforma della chiesa nelle riviste religiose di inizio novecento

un più vivo lavorio intellettuale. Son coscienze che si plasmano e reagi-


scono; son cervelli prima inerti che si mettono in moto»34.

Quanto l’ambiente milanese e il contatto con la vitalità de “Il Rin-


novamento” abbiano fatto da specchio a immagini e concetti rifratti nel
medioevo, si mostra qui con conclamata evidenza. Se, come scrive Ovi-
dio Capitani, l’autore dei Movimenti religiosi si distingue – e si pone su
un alto livello – per il metodo consistente «non nel cercare ciò che si
vuole, ma nel trovare quello che c’è»35 attraverso la necessaria «illustra-
zione di una dinamica» di fatti, resta da rimarcare aggiuntivamente la
felice convergenza di una suggestione illuminante il passato attraverso il
presente, una realtà di rinnovamento religioso che guarda il presente e
legge il passato senza forzature – per così dire – ideologizzanti, ma co-
gliendo il senso profondo di analogie sottili. Il grande merito di una
mirabile intuizione – che facilmente poteva trasformarsi in limite inter-
pretativo – è di bloccarsi sul piano dell’analogia, sul confine tra realtà e
sua percezione. Echeggiano in questo atteggiamento altre stupende pa-
role di Gioacchino Volpe:
«A volte penso che lo storico nel suo momento creativo debba, dimen-
ticato il travaglio critico e polemico, mettersi con cuore semplice e ani-
mo religioso davanti al flusso delle cose, quasi tuffarsi in esso per avver-
tirne con tutta immediatezza vibrazioni e moti, forze e direzioni. Penso,
in altre parole, che lo storico debba essere e fare come il poeta».

Ma torniamo agli eretici. Sempre nel nodale 1907, altre parole con-
fermano l’analisi retrospettiva del «chiarimento e giustificazione» del
1922 sottolineando – ancora una volta – che i «moti delle coscienze
compenetrate di misticismo» dei modernisti sollecitavano agli studi di
storia religiosa:
«Tutto il nostro interessamento per quanto si riferiva ad istituzioni reli-
giose finiva con lo studio dei rapporti fra lo Stato e la Chiesa, la cui
importanza pratica non sfuggiva a nessuno. Ma ora si sentono novità
per l’aria anche da noi. Ultimamente, nello spazio di poche settimane,

34.
G. Volpe, Movimenti religiosi e sette ereticali, p. 56. Per il contesto valdese a cui questa espres-
sione è riferita, cfr. G.G. Merlo, Identità valdesi nella storia e nella storiografia, Torino 1991, p.
71ss.
35.
O. Capitani, Gioacchino Volpe, p. 201.

322
Eresie medievali e eretici modernisti

due nuove riviste sono sorte, il “Coenobium” che si stampa a Lugano


ed “Il Rinnovamento”, che è una Rivista critica di idee e di fatti diretta
da tre giovani studiosi milanesi, A. Alfieri, A. Casati, e T. Gallarati Scot-
ti, intesa “ad una generale elevazione della vita nello spirito del Cristia-
nesimo”, col rinnovare la coltura italiana “troppo estranea ancora a
quella preoccupazione dei fatti dello spirito senza cui ogni progresso
esteriore è povera cosa”»36.

Dopo aver illustrato la contingenza favorevole al cambiamento, anzi al


rinnovamento, di nuovo Gioacchino Volpe precisa la propria posizione:
«Noi, che non siam forse all’unisono col pensiero religioso e politico
dei promotori, non possiamo tuttavia dolerci che in essi si alimentino
tali aspirazioni. Tutt’altro. Dal punto di vista nostro, anzi, ci ripromet-
tiamo, da questi moti di coscienze un po’ compenetrate di misticismo,
un impulso alle indagini di storia religiosa, delle quali vediamo vicino a
noi, da vari anni, una promettente rifioritura».

La similitudine dei toni usati nel 1907 e nel 1922 non può sfuggire:
segno di una consapevolezza – immediata, forte, duratura – non muta-
ta con il trascorrere del tempo: gli anni passati e il contesto differente
non rimodellano il senso di quella scelta che viene ribadita nelle sue
motivazioni centrali.

L’ampia progettualità dei redattori de “Il Rinnovamento” e il coraggio


spregiudicato di Volpe nel consegnare il proprio studio ad una rivista di
cui non condivideva i presupposti politico-religiosi, bensì gli interessi
storico-religiosi, emergono dal contrasto con la posizione di Gaetano Sal-
vemini espressa in una lettera a Carlo Placci, anch’essa del 1907:
«Gli articoli del Volpe sulle eresie sono molto solidi, molto nuovi e
molto geniali. Io li ho letti con piacere e con profitto. Ma mi pare stra-
no che “Il Rinnovamento” li abbia pubblicati senza alcuna riserva: sono
il pensiero, se non ateo, certo indifferente di fronte al fatto religioso; il
Machiavelli non tratta con metodo diverso la storia del Papato. Quei
giovanotti del “Rinnovamento” mi sembrano ogni giorno più strani:
sono anch’essi molluschi. Scrissero anche a me perché collaborassi alla

G. Volpe, Rassegna di studi storici, “Rivista d’Italia” 10 (1907), p. 690. Sulla rivista “Coeno-
36.

bium”, si veda Spiritualità e utopia: la rivista “Coenobium” (1906-1919), a cura di F. Panzera, D.


Saresella (Quaderni di “Acme”, 90), Milano 2007.

323
la riforma della chiesa nelle riviste religiose di inizio novecento

rivista. Risposi che non mi sentivo di compiere questo atto di insince-


rità e di rendere quest’omaggio alle idee cattoliche, che io rispetto, ma
che non sono le mie, neanche nel figurino modernista»37.

La forza vitale e l’energica fecondità del modo di trasmettere il pas-


sato di Volpe dovevano accendere l’entusiasmo di studenti, laici o chie-
rici, che affrontavano argomenti di storia religiosa e ecclesiastica.
Nell’anno accademico 1909-1910 si laureano con lui Giuseppe Molte-
ni e Luigi Zanoni38. Se il lodato lavoro Alcuni capitoli di storia dell’ab-
bazia di Chiaravalle non sarà mai pubblicato, esito meno marginale
avrà la ricerca Gli Umiliati e i loro rapporti con l’eresia del sacerdote e
futuro dottore dell’Ambrosiana Luigi Zanoni. Si noti che l’inserimento
di alcune pagine sugli umiliati sarà una delle varianti integrative più
consistenti tra il saggio di Volpe del 1907 e la monografia del 192239.
Pubblicato nel 1911 presso la casa editrice Hoepli con il titolo volpiano
Gli Umiliati nei loro rapporti con l’eresia, l’industria della lana ed i Comu-
ni nei secoli XII e XIII, nell’introduzione l’autore ribadisce lessico e sti-
lemi, oltre che impianto argomentativo e temi volpiani (economia-Co-
mune-eretici), dischiudendo reti di contatti e attribuzione di stima che
uniscono Luigi Zanoni a Francesco Novati, rettore dell’Accademia
scientifico-letteraria e presidente della Società storico lombarda40. Non
stupisce, quindi, che il dottore dell’Ambrosiana pubblichi nell’“Archi-
vio Storico Lombardo”, il periodico della Società, Valdesi a Milano nel
secolo XIII 41 continuazione e esito valdese delle ricerche sugli Umiliati.
Altri ringraziamenti sono rivolti doverosamente a Gioacchino Volpe,
«egregio maestro di storia moderna», ma anche a Gerolamo Biscaro,
«consigliere della Corte d’appello in Milano», importante studioso di
eresie medievali, e a «mons. Achille Ratti, prefetto dell’Ambrosiana» –

37.
G. Salvemini, Carteggio (1907-1909), a cura di S. Bucchi, Manduria 2001, p. 370, 2 otto-
bre 1907. Si vedano anche le pagine dedicate al rapporto tra classi sociali ed eresia in P. Cavina,
L. Grilli, Gaetano Salvemini e Gioacchino Volpe. Dalla storia medievale alla storia contempora-
nea, Pisa 2008, pp. 74-89.
38.
I docenti, i corsi, gli allievi (1861-1915), Appendice 2, p. 1168.
39.
G. Volpe, Movimenti religiosi e sette ereticali, pp. 57-60.
40.
L. Zanoni, Gli Umiliati nei loro rapporti con l’eresia, l’industria della lana ed i Comuni nei
secoli XII e XIII, Milano 1911 (rist. anast. Roma 1970).
41.
Id., Valdesi a Milano nel secolo XIII, Milano 1912 (anche in “Archivio storico lombardo”
XXXIX, 1912, pp. 5-22).

324
Eresie medievali e eretici modernisti

futuro Pio XI – entrambi infaticabili ricercatori di documentazione ec-


clesiastica milanese.
Assai lontano da ambienti culturali e editoriali modernisti, Luigi Za-
noni mostra non solo un altro ambito della ricerca sugli eretici a Milano,
ma anche l’unico esito monografico delle sollecitazioni ereticali – giova-
nili e milanesi – di Gioacchino Volpe, sulle quali offre uno sguardo pene-
trante e consapevole Giovanni Boine. Allievo di Volpe, attivo collabora-
tore de “Il Rinnovamento” e della parallela collana editoriale “Biblioteca
di Scienze religiose”, oltre che de “La Voce”, attraverso i ricchi scambi
epistolari con collaboratori del maestro abruzzese e con gli «amici del
“Rinnovamento”», Giovanni Boine mostra il percorso di uno studente
inserito in un più ampio circuito letterario42. Ed è proprio in una recen-
sione su “La Voce” di Gli Umiliati nei loro rapporti con l’eresia, pubblicata
l’11 dicembre 1911, che la descrizione dell’insegnamento di Volpe viene
nobilitata da toni letterari. In una lettera ad Alessandro Casati del 3 di-
cembre 1911, Giovanni Boine esprime “a caldo”, in fase di stesura della
«simpatizzante recensione», il giudizio schietto sul «lavoro garbato» di un
«chierico ordinato e quieto» ovvero Luigi Zanoni:
«Tengo pure per me, ora, gli Umiliati che sono un libro accurato, una
tesi ben fatta, appunto da chierico ordinato e quieto. Vedo qui dentro
una quantità di idee mie date così alla spicciolata nella conversazione e
definite, precisate, documentate con pazienza. E poi tre o quattro cose,
fatti, conclusioni ben chiariti e nuovi. Buona tesi»43.

42.
In una lettera del novembre 1908 Alessandro Casati lo rassicura sull’intercessione di Uberto
Pestalozza presso Volpe («Pestalozza parlerà domattina avanti l’esame a Volpe come [sic] otterrà
una proroga di una settimana per la consegna della tua tesina scritta» G. Boine, Carteggio,
III/1: Giovanni Boine - Amici del “Rinnovamento”(1905-1910), a cura di M. Marchione, S.E.
Scalia, prefazione di G. Vigorelli, Roma 1977, p. 143, Milano, novembre 1908). Immediata-
mente dopo, il 27 gennaio 1909, Uberto Pestalozza cercherà di confortarlo sul futuro: «Quanto
all’Accademia, in complesso mi sembrano ben disposti. Volpe poi è stato soddisfatto del tuo
lavoro. Vedrò adesso d’informarmi bene e ti darò così notizie precise e positive» (ivi, p. 166). Se
Uberto Pestalozza – il futuro storico delle religioni – interviene rassicurante, è dallo scambio
epistolare con Alessandro Casati che emergono alcuni giudizi pungenti su Volpe: «Cosa vuoi
dire quando dici che Volpe ha dentro di sé un ebreo?» scrive Boine a Alessandro Casati il 30
gennaio 1909 (ivi, p. 173) oppure il 26 aprile 1912 Boine apprezza la definizione di uomo che
«non ha memoria» in riferimento a Volpe (ivi, p. 688). Su Giovanni Boine attraverso le colla-
borazioni alle riviste “Rinnovamento”, “La Voce”, “La Riviera Ligure”, si veda M. Costanzo,
Giovanni Boine, Milano 1961.
G. Boine, Carteggio, III/1: Giovanni Boine - Amici del “Rinnovamento” (1905-1910), p. 655.
43.

In seguito scrivendo a Giuseppe Prezzolini l’11 dicembre 1911, Giovanni Boine dà notizia
dell’invio di «un manoscritto per il bollettino prossimo» (G. Boine, Carteggio, I: Giovanni

325
la riforma della chiesa nelle riviste religiose di inizio novecento

Alla “quieta” rivendicazione della paternità di idee pazientemente


documentate ne Gli Umiliati nei loro rapporti con l’eresia, l’industria
della lana ed i Comuni nei secoli XII e XIII, segue l’esposizione della
propria personale visione della storia:
«Ma non è la maniera che mi piace di far la storia. È storia in tono mino-
re. La storia è eroica sempre: non dev’essere idillica. Anche se è storia di
un luogo circoscritto o di un luogo effimero. Ma non ho diritto di parla-
re perché io non ho fatto (né farò) storia né grande né piccola»44.

La breve lettera rappresenta la sintesi di temi più ampiamente tratta-


ti nella recensione. «Lavoro garbato sul nostro duecento economico e
religioso»45: questo l’esordio lapidario di uno scritto che trae spunto dal
lavoro sugli Umiliati per descrivere e trasmettere spinte ideali e fattive
della “scuola” di Gioacchino Volpe rese con vibrante energia narrativa e
impulso letterario:
«Io non so, con rammarico, come s’insegni la storia, che senso si dia
della storia nelle altre scuole di Italia, ma so bene come l’insegna Gio-
acchino Volpe. Storia calma, storia complessa di molti fattori e di mol-
te correnti intrecciate; storia in cui il fatto (gli uomini, l’avvenimento)
scompare in una marea ampia di vita (economica, religiosa, civile) che
sale, che converge, che cresce: storia senza scatti e senza bagliori»46.

Una storia che fa innamorare, continua Giovanni Boine, con rim-


pianto per l’esito dei propri studi:

Boine - Giuseppe Prezzolini [1908-1915], a cura di M. Marchione e S.E. Scalia, prefazione di G.


Prezzolini, Roma 1982, p. 64) e ad Alessandro Casati annuncia il successivo 17 dicembre di
avere consegnato («Ho mandata a Prezzolino la recensione Zanoni», G. Boine, Carteggio, III/2:
Giovanni Boine - Amici del “Rinnovamento”(1911-1917), a cura di M. Marchione, S.E. Scalia,
prefazione di G. Vigorelli, Roma 1977, p. 657).
44.
Ibid.
G. Boine, Gli Umiliati, “La Voce” III (1911), p. 723 (ora in Id., Il peccato, Plausi e botte,
45.

Frantumi e altri scritti, a cura di D. Puccini, Milano 1983, pp. 414-420).


46.
E continua: «È un pullulare, un gorgogliare vasto di cose che non son cose (astratte, prese a
sé) dove niente soverchia e niente è soverchiato. La vita, la storia vogliono essere abbracciate in
tutta l’ampiezza loro, nella loro complessità, nella loro estensione. Non vedi la data, non vedi
l’intreccio del particolare, non vedi nemmeno il racconto che è del particolare ma ti son messe
innanzi delle serie, delle correnti; pare veramente che ti cresca orchestralmente dinnanzi tutto il
torbido muoversi di un’epoca nella sua vastità, tutto il torbido e tuttavia diritto e sicuro tende-
re, convergere della vita in un’epoca data» (G. Boine, Gli Umiliati, p. 723).

326
Eresie medievali e eretici modernisti

«Io ricordo per mio conto; io non pretendo definire: dico che sentivo
queste cose alle lezioni di Gioacchino Volpe: dico ch’io m’ero innamorato
allora di questa sua abbondante storia e avrei voluto (ahimè, ahimè),
portare anch’io umilmente da buon scolare, come gli altri, a lui la mia
tesi, una prudente e composta e ricca di citazioni mia tesi, ahimè!»47.

Si tratta di un riconoscimento a un maestro verso il quale il giudizio


sarà schietto e critico, come appare dal ricco carteggio con i collabora-
tori de “Il Rinnovamento” (Alessandro Casati e Uberto Pestalozza, in
modo particolare), ai quali rimarrà fedele fino alla fine dell’avventura
religioso-culturale del periodico, un maestro che al cambio della marea,
viene da dire, sarà definito senza esitazione «uomo senza memoria».

Anche in Antonino De Stefano giovanili interessi ereticali e coinvol-


gimento in esperienze moderniste coincidono manifestandosi nella col-
laborazione e addirittura nella fondazione di riviste religiose. Compa-
gno di studi di Ernesto Buonaiuti contribuì, con altri, alla nascita della
“Rivista delle riviste del Clero”. L’attenzione per gli eretici si manifesta
nel 1906 quando pubblica nella “Rivista storico-critica di scienze teolo-
giche” – diretta da Buonaiuti – un saggio sulle origini degli Umiliati e
attira l’attenzione su un poema valdese intitolato Noble Leçon48. Ordi-
nato sacerdote, studiò presso la Facoltà teologica cattolica di Friburgo e,
poi, s’iscrisse alla Facoltà teologica protestante di Ginevra. Il confine
sottile tra cattolicesimo e protestantesimo e la solida preparazione pale-
ografica lo avviano all’edizione della Noble Leçon, un poema contenuto
in un piccolo codice da bisaccia appartenuto, in passato, ai predicatori
itineranti valdesi e, in seguito, allogato presso la Bibliothèque publique
di Ginevra. Questo lavoro gli permetterà di inserirsi in un fecondo con-
testo allargato di ricerche europee sulla cosiddetta letteratura valdese:
un fecondo contesto di lungo periodo se, non molti anni fa, la sua edi-
zione è stato ripubblicata senza varianti49.

47.
Ibid.
48.
A. De Stefano, Le origini dell’ordine degli Umiliati, “Rivista storico-critica di scienze teolo-
giche” X (1906), pp. 851-871; Id., Un nuovo testo della «Nobla Leyçon», “Studi medievali” II
(1906), pp. 80-92.
A. De Stefano, La Noble Leçon des Vaudois du Piémont, Paris 1909; La nobile lezione, La
49.

Nobla Leiçon. Poemetto valdese medievale, a cura di C. Papini, Torino 2003.

327
la riforma della chiesa nelle riviste religiose di inizio novecento

Nel 1909 il progetto di fondare in quella città una rivista con l’inten-
to di riunire plurime esperienze moderniste dopo l’urto disgregativo
dell’enciclica Pascendi50, assume risvolti spionistici coinvolgenti non
solo Antonino De Stefano, ma anche Ernesto Buonaiuti, quando il
Sant’Uffizio, incaricato da Pio X, doveva indagare attraverso Pietro Per-
ciballi sulla pericolosità dei progetti contenuti nella corrispondenza di
De Stefano: corrispondenza opportunamente riprodotta51. Nonostan-
te ciò, un anno dopo, nel 1910, la “Revue moderniste internationale”
viene fondata. Nel 1913 Antonino De Stefano abbandona definitiva-
mente l’abito ecclesiastico e l’anno successivo inizia l’intensa collabora-
zione con “Bilychnis”, la rivista edita dalla Facoltà della scuola teologica
battista di Roma fondata nel 1912, alla quale collaborano, tra gli altri,
Romolo Murri, Emilio Comba, Mario Rossi, Luigi Salvatorelli, Ugo
Janni. Egli vi pubblica Saggio sull’eresia medievale nei secoli XII e XIII, Le
origini dei frati gaudenti, Delle origini dei “Poveri lombardi” e di alcuni
gruppi valdesi, I tedeschi e l’eresia medievale in Italia e, infine, nel 1921
nella collana editoriale di “Bilychnis” – la «Biblioteca di studi religiosi»
– il volume Arnaldo da Brescia e i suoi tempi52. Questi studi, e altri an-
cora53, verranno raccolti in Riformatori ed eretici nel medioevo nella cui
Avvertenza si legge:
«Tutti questi moti, la cui natura religiosa non esclude, anzi presuppone
e potenzia, un contenuto schiettamente sociale e politico, sono ideal-
mente raggruppati intorno al motivo della Reformatio Ecclesiae che è
uno dei motivi fondamentali della storia medievale dell’Europa»54.

Quando nel 1938 le ricerche ereticali di Antonino De Stefano trova-


no cornice editoriale unitaria, il quadro religioso e culturale è assai cam-

50.
S. Pivato, De Stefano, Antonino, in Dizionario biografico degli italiani, 39, Roma 1991, pp.
447-448. A margine della fondazione della rivista si colloca un non chiaro episodio di spionag-
gio religioso (F. Parente, Buonaiuti, Ernesto, in Dizionario biografico degli italiani, 15, Roma
1972, p. 114).
51.
L. Bedeschi, Un episodio di spionaggio antimodernista. Documenti inediti sul caso Benigni-De
Stefano-Buonarroti, “Nuova Rivista Storica” LVI (1972), pp. 389-423.
A. De Stefano, Arnaldo da Brescia e i suoi tempi (Biblioteca di studi religiosi, 13) Roma
52.

1921.
53.
Tra cui A. De Stefano, L’attività letteraria dei Valdesi primitivi, “Rivista storico-critica delle
scienze teologiche” IV (1908), pp. 740-754.
54.
A. De Stefano, Riformatori ed eretici nel medioevo, Palermo 1938, p. 5.

328
Eresie medievali e eretici modernisti

biato: ormai sono nate alcune riviste erudito-religiose – nel 1931 vede
la luce l’“Archivum fratrum Praedicatorum” – dove convergono, ad
esempio, le scoperte documentarie e gli studi innovativi del frate Predi-
catore Antoine Dondaine, piattaforma documentario-storiografica di
una fase nuova che aprirà la strada alla pubblicazione nel 1951 di Me-
dioevo cristiano di Raffaello Morghen – un allievo di Buonaiuti – in cui
si consolida un passaggio concettuale relativo all’eresia dell’età di mez-
zo: da «prodotto della vitalità di una società», come insisteva Volpe,
l’eresia diviene «processo di crescita religiosa generato dalla vitalità
dell’Evangelo»55. Medioevo cristiano è espressione di Ernesto Buonaiuti,
dell’infaticabile fondatore di riviste, dell’inesausto scrittore di storia re-
ligiosa per il quale «l’epoca della grande creazione cristiana»56 – scrive
Luigi Salvatorelli – è il medioevo e, in particolar modo, sono Francesco
d’Assisi e Gioacchino da Fiore.
A quest’ultimo sono dedicati studi importanti in un momento assai
delicato. Nel 1930 Buonaiuti pubblica presso l’Istituto storico italiano
per il medioevo l’edizione del Tractatus super quattuor Evangelia57. Sot-
tolineando il carattere escatologico del messaggio gioachimita, egli ne
evidenzia l’estraneità a preoccupazioni di ordine teologico: il messaggio
di Gioachino da Fiore avrà una interpretazione ereticale, ma non è que-
sto che interessa a Buonaiuti. In anni delicati e duri assai, probabilmen-
te sentì affinità con il profeta Gioacchino; forse si identificò nella sua
vicenda umana-culturale-religiosa, ribadendo un ritorno alle origini
nell’attesa di tempi nuovi (per Gioacchino da Fiore la cosiddetta terza
età)58. Riceve un premio dalla Medieval Academy of America e l’invito
a trasferirsi negli Stati Uniti. Non lo farà, anzi, nel 1931 scrive al retto-
re della sua università una lettera che concretizzerà il proprio pensiero
religioso in un rifiuto: «a norma di precise prescrizioni evangeliche (Mt.

55.
G.G. Merlo, Eretici ed eresie medievali, p. 16.
L. Salvatorelli, Prefazione, a Bibliografia degli scritti di Ernesto Buonaiuti, a cura di M.
56.

Ravà, Firenze 1951, p. xii.


Gioachino da Fiore, Tractatus super quattuor Evangelia, a cura di E. Buonaiuti, Roma
57.

1930.
58.
Per una rassegna critico-problematica di questi tema, cfr. P. Donadoni, R. Michetti, Ri-
cerche sull’influenza della profezia nel basso Medioevo. Trent’anni dopo: 1970-2000, “Bisime” 104
(2002), pp. 147-166; si veda anche Id., Gli storici e il profetismo tra XIX e XX secolo, in L’attente
des temps nouveaux. Eschatologie et millénarismes et visions du futur du Moyen Âge au XXe siècle,
sous la direction de A. Vauchez, Turnhout 2002, pp. **-**.

329
la riforma della chiesa nelle riviste religiose di inizio novecento

V, 34) […] reputo mi sia vietata ogni forma di giuramento»59. Tali pa-
role lo pongono in una posizione assai simile a quella di tanti eretici
medievali che, ricordando il Vangelo, rifiutavano di giurare: tale scelta
farà di loro automaticamente degli eretici. Buonaiuti si sente profeta,
non eretico. Ciononostante viene scomunicato.
È la condizione di molti eretici medievali che attraverso il ritorno al
Vangelo giungevano inevitabilmente a scontrarsi con le gerarchie eccle-
siastiche: in un confronto impari. Ma se nel medioevo gli “eretici” era-
no soprattutto, e prima di tutto, laici che la vitalità della società e
dell’impatto con le Scritture sollecitavano ad una predicazione evange-
lica allargata, agli inizi del XX secolo si tratta per lo più di religiosi che
trovano nella “vitalità” delle riviste un pulpito, o una tribuna, attraverso
cui esprimersi60. Dalla parola detta si passa alla parola scritta con una
evidente inversione del rapporto scrittura/parola rispetto al passato, ma
con una sintomatica convergenza nel motivo propulsivo della Reforma-
tio Ecclesiae. Non è caso allora che in una peculiare analogia di contesto
fioriscano studi sugli “eretici” medievali, mentre gli “eretici” contempo-
ranei – lo scomunicato Ernesto Buonaiuti, in primo luogo – mai af-
frontino quel tema: nel passato e nel presente nessun eretico si è mai
dichiarato tale. Nel contrasto tra chi sostiene un rinnovamento della
vita religiosa e l’istituzione gerarchica della Chiesa, l’eresia è sempre at-
tribuita.

59.
F. Parente, Buonaiuti, Ernesto, p. 118.
60.
Cfr., in generale, D. Saresella, Introduzione a Spiritualità e utopia, pp. 13-14.

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