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Estratto

24.dianoia
Rivista di filosofia anno XXII, giugno 2017

mucchi Editore
24.dianoia

Rivista di filosofia
del Dipartimento di Filosofia e Comunicazione
dell’Università di Bologna

Mucchi Editore
dianoia
Rivista di filosofia del Dipartimento di Filosofia e Comunicazione
dell’Università di Bologna fondata da Antonio Santucci †
Direttore Vittorio d’Anna
Vicedirettore Manlio Iofrida
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sität Bochum), Hans Heinz Holz † (Rijksuniversiteit Groningen), Giorgio Lanaro (Università
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ler (Humboldt-Universität zu Berlin), Alfonso Maierù (Università di Roma “La Sapienza”),
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timore), Gianni Paganini (Università del Piemonte Orientale), Johannes Rohbeck (Technische
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Falko Schmieder (Zentrum für Literatur- und Kulturforschung Berlin), Maria Emanuela Scri-
bano (Università di Siena), Giovanni Semeraro (Universidade Federal Fluminense - Rio de
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University), Luc Vincenti (Université “Paul Valéry” Montpellier III), John P. Wright (Cen-
tral Michigan University - Mount Pleasant, Michigan), Günter Zöller (Ludwig-Maximilians-
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24. dianoia

Saggi

3 Roberto Limonta, Una più del diavolo. Divinazione, prescienza


e futuri contingenti nel De divinatione daemonum di Agosti-
no d’Ippona

15 Federico Minzoni, Averroismi al plurale. La ricezione del


Tafsīr Kitāb al-Nafs di Ibn Rušd nel Commento alle Senten-
ze di Tommaso d’Aquino

33 Andrea Di Biase, Pascal, i filosofi e il ritratto dell’uomo. «On ne


peut faire une bonne physionomie»

45 Andrea Togni, La tesi tripartita di Locke

73 Gaetano Antonio Gualtieri, Conoscenza e sviluppo del mondo


umano nella filosofia di Giambattista Vico

97 Francesco Cerrato, La riforma spinoziana della dialettica. Spa-


venta e Gentile interpreti dell’Etica

121 Andrea Angelini, Il concetto di alienazione tra dialettica e strut-


tura: Foucault, Hyppolite, Althusser

151 Gabriele Scardovi, Sopravvenienza del sé, emergentismo e iden-


tità personale

173 Capucine Lebreton, Corps et lois : les passions comme pivot de


la moralité chez Montesquieu

187 Paulo Eduardo Arantes, Tentativo di identificazione dell’ide-


ologia francese. Una introduzione (1990), a cura di Giovanni
Zanotti
Michel Henry e la religione
a cura di Roberto Formisano

243 Roberto Formisano, Presentazione dei lavori

247 Jean Leclercq, Vita e metodo. La svolta epistemologica di Michel


Henry

259 Garth W. Green, Verità e non-verità nella filosofia della religione di


Michel Henry

273 Roberto Formisano, Note alla filosofia henryana della religione.


Sulla genesi della fenomenologia materiale, alla luce degli inediti

Note

293 Fabio Molinari, Il pensiero inquieto. Hegel, Freud e il lavoro del


negativo

307 Eleonora Selvatico, Gli inediti di Levinas: note sul rapporto tra
fenomenologia e tradizione ebraica

315 Alessandro Chiessi, Neurodiritto: il problema del libero arbitrio e


del determinismo

327 Recensioni
Averroismi al plurale. La ricezione del Tafsīr Kitāb al-Nafs
di Ibn Rušd nel Commento alle Sentenze di Tommaso
d’Aquino*

Federico Minzoni

A widespread historiographic commonplace, established by Thomas Aquinas him-


self in his Tractatus de unitate intellectus (1270), takes Siger of Brabant’s Quaes-
tiones in tertium de anima (ca. 1265) to be a latin formulation of Ibn Rušd’s theory
of the unity of the material intellect as exposed in the Tafsīr Kitāb al-Nafs (Long
Commentary on the De anima, ca. 1186); according to the same view, Aquinas’
philosophy of mind would be the expression of a strongly antiaverroistic – and
therefore more orthodox – kind of aristotelianism. Building on a thorough analysis
of key texts in Aquinas’ Commentary on the Sentences (1255), I argue in this pa-
per that those who hold Aquinas’ noetic to be anti-averroistic are greatly mistaken:
while Siger’s always superficial rushdian inspiration is better understood against
the background of a neoplatonic-tinged mind-body dualism clearly at odds with
Ibn Rušd’s own strictly peripatetic ontology, Aquinas’ psychology, hylomorfic
and not-dualist at its core, is aristotelian mainly inasmuch as it is rushdian.
Keywords: Aristotle, philosophy of mind, material intellect, Ibn Rušd, latin aris-
totelianism, mind-body dualism, hylomorphism
*
 Il presente articolo è la prima parte di un’indagine sulla ricezione del Tafsīr Kitāb al-Nafs
di Ibn Rušd negli scritti di Tommaso d’Aquino e Sigieri di Brabante, che – per ragioni di spa-
zio – verrà pubblicata in due parti. In questa prima parte, dopo alcuni cenni introduttivi sul-
la teoria rushdiana della separatezza dell’intelletto materiale, mi occuperò dell’influenza del
Tafsīr Kitāb al-Nafs sul Commento alle Sentenze di Tommaso; nella seconda parte (di futura pub-
blicazione) esaminerò la lettura del Tafsīr Kitāb al-Nafs proposta da Sigieri nelle Quaestiones in
tertium de anima e da Tommaso nel Tractatus de unitate intellectus. L’edizione critica del Tafsīr
Kitāb al-Nafs, sopravvissuto per esteso solo in traduzione latina, è in F.S. Crawford (a cura di),
Averrois Cordubensis Commentarium Magnum in Aristotelis De anima libros, Cambridge (MA),
The Mediaeval Academy of America, 1953; per un’edizione parziale dei frammenti arabi, cfr.
C. Sirat, M. Geoffroy (a cura di), L’original arabe du Grand commentaire d’Averroès au De ani-
ma d’Aristote. Prémices de l’édition, Paris, Vrin, 2005. L’edizione critica del Tractatus de unitate
intellectus di Tommaso è in L.W. Keeler (a cura di), Sancti Thomae Aquinatis tractatus de unitate
intellectus contra averroistas, Roma, Università Gregoriana, 1936. In assenza di un’edizione cri-
tica, per il Commento alle Sentenze di Tommaso ho utilizzato P. Mandonnet, M.F. Moos (a cura
di), Thomae Aquinatis Scriptum super libros Sententiarum magistri Petri Lombardi episcopi parisien-
sis, Paris, Lethellieux, 1929-47, vol. II. Le edizioni critiche dei testi psicologici di Alessandro di
Afrodisia (De anima, De intellectu) e Temistio (Parafrasi del De anima) si trovano rispettivamen-
te in I. Bruns (a cura di), Supplementum aristotelicum 2.1. Alexandri Aphrodisiensis praeter com-
mentaria scripta minora: de Anima liber cum mantissa, Berlin, G. Reimer Verlag, 1887 e R. Hein-
ze (a cura di), Commentaria in Aristotelem Graeca, 5.5.3: In libros Aristotelis de anima paraphra-
sis, Berlin, G. Reimer Verlag, 1889. Mi è gradito ringraziare qui tutti coloro che, a vario titolo,
hanno contribuito alla mia ricerca sulla tradizione del commento ad Aristotele, De anima, III
4-5, da cui il presente articolo ha tratto origine: R. Fedriga, D. Buzzetti, C. Macerola, R. Sac-
centi, R. Limonta e S. Marchignoli. Senza di loro, questo lavoro non sarebbe stato possibile.

«dianoia», 24 (2017)
16 Federico Minzoni

Anche le mercanzie che i venditori mettono in mostra sui banchi


valgono non per se stesse ma come segni d’altre cose: la benda
ricamata per la fronte vuol dire eleganza, la portantina dorata po-
tere, il monile per la caviglia voluttà, i volumi di Averroè sapienza.
I. Calvino, Le città invisibili

1. La teoria rushdiana della separatezza dell’intelletto materiale

Un’analisi della ricezione latina della noetica rushdiana non può che
iniziare con alcune osservazioni preliminari sul carattere dell’inda-
gine psicologica di Ibn Rušd 1 e dei testi in cui è esposta. È impor-
tante innanzitutto sottolineare che il filosofo andaluso imposta e
sviluppa la sua ricerca psicologica e noetica sullo sfondo di un’on-
tologia di riferimento sostanzialmente aristotelica, in dialogo diret-
to con il De anima di Aristotele e con una ristretta cerchia di com-
mentatori peripatetici (Alessandro di Afrodisia, Temistio, al-Fārābī
e Ibn Bāğğa).
La questione dello statuto ontologico dell’anima e dell’intel-
letto – nonostante le evidenti ricadute esistenziali, escatologiche e
religiose – è per Ibn Rušd in primo luogo un problema di esegesi
aristotelica. Per questo motivo i tre testi principali in cui il filoso-
fo andaluso espone le sue posizioni noetiche, per quanto contenga-
no elaborazioni altamente originali, non sono dei trattati autonomi,
ma dei saggi esegetici sul De anima: si tratta dei commenti noti come
Mukhtaṣar (1160 ca.), Talkhīs (1180 ca.) e Tafsīr Kitāb al-Nafs (1186
ca.), ovvero – rispettivamente – Epitome, Commento medio e Commen-
to grande al De anima 2.

1
 Gli studi sulla figura e sul pensiero di Ibn Rušd, inaugurati da E. Renan, Averroès et l’a-
verroïsme. Essai historique, Paris, Durand, 1852, hanno dato corpo a una produzione testua-
le vasta e articolata, che non può in alcun modo essere affrontata qui nella sua interezza. Mi
limito a sottolineare – contro una tradizione eurocentrica a lungo invalsa – che un’analisi del-
la filosofia di Ibn Rušd non può limitarsi alla sua opera di esegeta aristotelico, ma deve con-
siderarne anche il pensiero teologico e giuridico. Per un’introduzione alla vita, all’opera e al
pensiero rushdiani si vedano almeno R. Arnaldez, Ibn Rušd in B. Lewis, V.L. Ménage, C. Pel-
lat, J. Schacht (a cura di), Encyclopedia of Islam, Leiden-London, Brill-Luzac, 1986, vol. III, pp.
909b-920a; M. Campanini, Averroè, Bologna, il Mulino, 2001; R.C. Taylor, Averroes, in J.J.E.
Gracia, T.B. Noone (a cura di), A Companion to Philosophy in the Middle Ages, Oxford, Black-
well, 2003, pp. 632-8; M. Geoffroy, Averroè, in C. D’Ancona (a cura di), Storia della filosofia
nell’Islam medievale, Torino, Einaudi, 2005, pp. 723-82.
2
 Con qualche approssimazione, lo sviluppo diacronico della noetica rushdiana può esse-
re ricondotto a questi tre commenti, che ne esprimono altrettante formulazioni. La questio-
ne della datazione dei tre commenti, filologicamente assai complessa, è discussa in A.L. Ivry,
Averroismi al plurale 17

Di questi tre commenti, solo il terzo fu conosciuto dalle universi-


tà latine del XIII sec., con il nome di Commento grande al De anima, in
una traduzione tradizionalmente attribuita a Michele Scoto 3. Un’ac-
curata comprensione della teoria noetica avanzata da Ibn Rušd in
questo testo è stata a lungo compromessa dalla confusione fra l’au-
tentica posizione rushdiana e la ricezione di cui essa è stata fatta
oggetto dai cosiddetti averroisti latini dei secc. XIII-XV 4: non è que-
sta la sede per condurre un esame puntuale della noetica rusdhiana
del Tafsīr Kitāb al-Nafs, indagine complicata da difficoltà di ordine
filologico prima ancora che teoretico 5; basterà qui fissare con chia-
rezza alcuni nodi centrali della teoria rushdiana dell’intelletto, per
meglio comprendere i modi della sua ricezione presso gli aristote-
lici latini del sec. XIII, e segnatamente presso Tommaso d’Aquino e
Sigieri di Brabante.

Averroes’ Middle and Long Commentaries on the De anima, «Arabic Sciences and Philosophy», 5
(1995), pp. 75-92; H.A. Davidson, The Relation between Averroes’ Middle and Long Commentaries
on the De anima, «Arabic Sciences and Philosophy», 7 (1997), pp. 139-151; A. Elamrani-Jamal,
Averroès: la doctrine de l’intellect matériel dans le Commentaire moyen au De anima d’Aristote.
Présentation et traduction, suivie d’un lexique-index du chapitre 3, livre III: De la faculté rationelle,
in A. De Libera, A. Elamrani-Jamal, A. Galonnier (a cura di), Langages et philosophie. Hommage
à Jean Jolivet, Paris, Vrin, 1997, pp. 281-307, in particolare pp. 289-91; A.L. Ivry, Averroes’ Three
Commentaries on De anima, in G. Endress, J.A. Aertsen (a cura di), Averroes and the Aristotelian
Tradition. Sources, Constitution and Reception of the Philosophy of Ibn Rušd (1126-1198). Procee-
dings of the Fourth Symposium Averroicum (Cologne, 1996), Leiden-Boston-Köln, Brill, 1999, pp.
199-216; C Sirat., M. Geoffroy, (a cura di), L’original arabe du Grand commentaire, cit., pp. 19-31.
3
 Dato che il testo arabo del Tafsīr Kitāb al-Nafs si è conservato solo in forma frammenta-
ria, la versione latina è l’unica redazione integrale che ce ne sia pervenuta. Le evidenze mano-
scritte per l’attribuzione della traduzione a Michele Scoto sono esigue: cfr. C. Burnett, The
«Sons of Averroes with the Emperor Frederick» and the Transmission of the Philosophical Works by
Ibn Rušd, in G. Endress, J.A. Aertsen (a cura di), Averroes and the Aristotelian Tradition, cit., pp.
259-99, in particolare p. 269, nota 34.
4
 La categoria storiografica di averroismo latino, inaugurata da E. Renan, Averroès, cit.,
è assai controversa: soprattutto per quanto riguarda il sec. XIII, per cui la designazione di
averroismo è documentata solo nelle fonti polemiche (come il Tractatus de unitate intellec-
tus di Tommaso d’Aquino o il Sillabo di Étienne Tempier), è dubbio che la si possa riferire a
un movimento unitario. Per un primo approccio alla questione dell’averroismo latino, cfr. T.
Gregory, L’averroismo latino, in M. Dal Pra (a cura di), Storia della filosofia, Milano, Vallardi,
1975-98, vol. VI, pp. 147-81; F. Niewöhner, L. Sturlese (a cura di), Averroismus im Mittelalter
und in der Renaissance, Zürich, Spur Verlag, 1994.
5
 Oltre alla datazione reciproca dei tre commentari rushdiani al De anima (su cui cfr.
supra, nota 2), il principale problema filologico che lo storico si trova ad affrontare è quello
di una doppia redazione del Tafsīr Kitāb al-Nafs: la seconda redazione è quella sopravvissu-
ta per esteso solo in traduzione latina; la prima è attestata in arabo solo in forma frammenta-
ria. Apparentemente, la prima redazione del Tafsīr Kitāb al-Nafs non contiene alcun accenno
alla peculiare teoria noetica che ha invece reso famosa la seconda redazione. Cfr. C. Sirat, M.
Geoffroy (a cura di), L’original arabe du Grand commentaire, cit., pp. 33-68.
18 Federico Minzoni

Il Tafsīr Kitāb al-Nafs si distingue dal resto della produzione noe-


tica rushdiana 6 – e dalla tradizione del commento peripatetico al
De anima nel suo complesso 7 – per l’elaborazione di una teoria che i
latini conobbero come teoria dell’unità dell’intelletto possibile 8, ma
che qui conviene definire piuttosto come teoria dell’immaterialità,
o separatezza, dell’intelletto materiale 9: fondandosi su un’analisi
testuale serrata di Aristotele, De anima, III 4, Ibn Rušd conclude nel
Tafsīr Kitāb al-Nafs che l’intelletto materiale, per poter ricevere senza
distorsione le forme intelligibili – che, essendo universali, non pos-
sono che essere immateriali – debba essere una sostanza immateria-
le a sua volta 10.
Da questa constatazione di carattere gnoseologico sul funziona-
mento dell’affezione intellettiva, che Ibn Rušd ricava da una lettu-
ra sostanzialmente fedele del testo aristotelico 11, risultano quindi
nel Tafsīr Kitāb al-Nafs due conseguenze ontologiche circa lo statuto
dell’intelletto materiale che mal si conciliano con la definizione ari-
stotelica, ontologicamente più parsimoniosa, di anima come forma
del corpo 12.
6
 Sia il Mukhtaṣar che il Talkhīs Kitāb al-Nafs espongono due teorie, che pur muovendo dal
comune bisogno di salvaguardare l’immaterialità dell’intelletto materiale, giungono in meri-
to al suo statuto ontologico a conclusioni assai distanti da quelle del Tafsīr Kitāb al-Nafs. Cfr.
H.A. Davidson, Alfarabi, Avicenna, and Averroes, on Intellect. Their Cosmologies, Theories of the
Active Intellect, and Theories of Human Intellect, New York-Oxford, Oxford University Press,
1992, pp. 265-82; M. Geoffroy, Averroè, cit., pp. 754-60.
7
 Ibn Rušd ritiene invece che la teoria proposta nel Tafsīr Kitāb al-Nafs sia in linea non
solo con l’insegnamento di Aristotele, ma anche con l’opinione tenuta dalla maggior parte dei
commentatori, e in particolare da Temistio. Fra i molti esempi possibili, cfr. Ibn Rušd, Tafsīr
Kitāb al-Nafs, III, c. 5, 388.54-389.70. In realtà, per quanto una lettura ad hoc della noetica temi-
stiana possa portare a conclusioni rushdiane, non si trova in Temistio alcuna esplicita enun-
ciazione di una teoria (proto-)rushdiana dell’unità dell’intelletto materiale. Per l’insegnamen-
to temistiano sull’intelletto, cfr. Temistio, Parafrasi del De anima, 93.33-109.3.
8
 I loci classici per l’attribuzione di questa teoria a Ibn Rušd sono Bonaventura da Bagno-
regio, Commento alle Sentenze, II, d. 18, a. 2, q. 1; Alberto Magno, Tractatus de unitate intellectus;
Tommaso d’Aquino, Commento alle Sentenze, II, d. 17, q. 2, a. 1; Sigieri di Brabante, Quaestiones
in tertium de anima, Tommaso d’Aquino, Tractatus de unitate intellectus.
9
 Ibn Rušd discute la teoria in numerosi loci del commento a De anima, III, ma la sua for-
mulazione più estesa si trova in III, c. 5 (in Aristotele, De anima, III 4, 429a21-4), 399.362 sgg.
10
 Cfr. Ibn Rušd, Tafsīr Kitāb al-Nafs, III, c. 4, 383.17-384.21; 385.62-386.90; c. 5, 388.37-56;
399.362 sgg.
11
 È lo stesso Ibn Rušd a rivendicare il carattere aristotelico della sua teoria della separa-
tezza dell’intelletto materiale, presentata in più punti del Tafsīr Kitāb al-Nafs come unica inter-
pretazione teoreticamente conseguente di De anima, III 4-5 e quindi – in ultima analisi – come
una teoria implicitamente assunta dallo stesso Aristotele. Cfr., fra i molti loci possibili, Ibn
Rušd, Tafsīr Kitāb al-Nafs, III, c. 5, 389.63-7.
12
 I loci classici per la definizione aristotelica di anima sono Aristotele, De anima, II 1,
412a19-21 e 27-28, secondo cui l’anima è l’entelechia prima del corpo naturale avente la vita
in potenza.
Averroismi al plurale 19

In primo luogo, (a) contrariamente a quanto suggerito da Ales-


sandro di Afrodisia 13, l’immaterialità dell’intelletto materiale non
può essere intesa – in senso ontologicamente debole – come l’im-
materialità di una disposizione. Se l’intelletto infatti fosse, in quan-
to forma del corpo organico, la disposizione di un individuo, esso
sarebbe individuale a sua volta e non potrebbe accogliere gli univer-
sali se non in forma individuale. Per Ibn Rušd l’intelletto materiale
non è quindi, come invece l’anima nel suo complesso, una disposi-
zione del corpo, ma una sostanza a sé.
In secondo luogo, (b) l’immaterialità dell’intelletto materiale pre-
clude implicitamente la sua possibilità di essere moltiplicato secon-
do il numero degli individui della specie umana, perché presso ciò
che è unico in specie la moltiplicazione non può avvenire che per
composizione materiale 14. Per Ibn Rušd non si danno quindi tan-
ti intelletti materiali quanti i singoli pensanti, ma un unico intel-
letto materiale per tutti 15; si noti tuttavia che il problema ontologi-
co dell’unità dell’intelletto materiale è in Ibn Rušd – a differenza di
quanto accadrà nei suoi lettori latini – sempre subordinato a una
riflessione gnoseologica sul funzionamento dell’intellezione.
La conclusione (a) comporta un impegno ontologico apparente-
mente gratuito rispetto alla definizione aristotelica di anima come
forma del corpo: anche se il discorso di Aristotele sull’intelletto,
lungi dall’essere chiaro, è stato oggetto di esegesi e dibattito da Teo-
frasto fino ai giorni nostri 16, nondimeno la definizione dell’anima

13
 Secondo Alessandro di Afrodisia, l’intelletto materiale (noûs hylikós) sarebbe una dispo-
sizione (epitedeiótes) corruttibile del corpo organico. Cfr. Alessandro di Afrodisia, De anima,
84.24-85.1 e il più problematico Id., De intellectu, 112.11-6, di dubbia attribuzione. La critica
rushdiana alla noetica alessandrista è in Tafsīr Kitāb al-Nafs, III, c. 5, 393.196-397.298 e c. 14.
14
 Ibn Rušd non espone mai questo argomento esplicitamente: lo si trova invece in Temi-
stio, Parafrasi del De anima, 203.26-30 (riferito all’intelletto agente) e in Sigieri di Brabante,
Quaestiones in tertium de anima, q. IX (riferito all’intelletto simpliciter).
15
 Cfr. Ibn Rušd, Tafsīr Kitāb al-Nafs, III, c. 5, 402.432-48.
16
 I loci classici dell’indagine aristotelica sull’intelletto sono Aristotele, De anima, III 4 e 5;
III 5 in particolare è stato oggetto di un’intensa attività esegetica che ha dato vita a interpre-
tazioni estremamente distanti fra loro. Escludendo come poco pertinenti i pure importan-
ti commenti neoplatonici tardoantichi (guidati da interessi teoretici che trascendono l’inten-
to di un’interpretazione onesta della lettera aristotelica) segnalo qui – oltre ai frammenti di
Teofrasto traditi da Temistio – almeno il De anima di Alessandro di Afrodisia, la Parafrasi del
De anima di Temistio, il Tafsīr Kitāb al-Nafs di Ibn Rušd e il Commento al De anima di Tomma-
so d’Aquino. Sul commento peripatetico tardoantico al De anima cfr. P. Moraux, Le De anima
dans la tradition grecque. Quelques aspects de l’interprétation du traité, de Théophraste à Thémistius,
in G.E.R. Lloyd, G.E.L. Owen (a cura di), Aristotle on Mind and the Senses, Cambridge, Cam-
bridge University Press, 1978, pp. 281-24; sul commento peripatetico al De anima nell‘Islam
medievale, cfr. H.A. Davidson, Alfarabi, Avicenna, and Averroes, on Intellect, cit., pp. 265-82. Fra
20 Federico Minzoni

data in De anima, II 17 propone un modello del vivente decisamente


non-dualista, in cui l’anima non è un individuo a sé, ma semplice-
mente la forma del corpo organico 18. Definendo l’intelletto materia-
le come una sostanza, Ibn Rušd sembra porsi in decisa contraddi-
zione con questo modello.
La conclusione (b), oltre a ribadire la sostanzialità dell’intellet-
to già posta da (a), comporta anche una variante rispetto al model-
lo noetico dell’unità dell’intelletto agente comunemente accettato
da falāsifa come al-Fārābī 19 e Ibn Sīnā 20 sulla base di una rilettura
neoplatonica dell’identificazione alessandrista dell’intelletto agente
con il primo motore di Aristotele, Metafisica, XII 21. Nella noetica del
Tafsīr Kitāb al-Nafs, oltre all’unità dell’intelletto agente, viene infatti
suggerita anche l’unità dell’intelletto materiale.
È importante a questo proposito sottolineare che la teoria dell’u-
nità dell’intelletto agente e quella dell’unità dell’intelletto materia-
le, al di là di una superficiale somiglianza, differiscono profonda-
mente nella sostanza: la prima, muovendo da una rielaborazione
neoplatonica della noetica alessandrista, declina l’unità dell’intel-
letto agente in senso cosmologico, inquadrandola in un’ontologia

le interpretazioni contemporanee della filosofia della mente aristotelica, segnalo il recente G.


Mingucci, La fisiologia del pensiero in Aristotele, Bologna, il Mulino, 2015.
17
 Cfr. supra, nota 12.
18
 È lo stesso Aristotele a sottolineare in De anima, II 1, 412b6-7 che domandarsi se anima
e corpo siano una cosa sola ha altrettanto poco senso che chiedersi se siano un’unica cosa la
figura e la cera che ne reca lo stampo.
19
 Sulla noetica farabiana cfr. H.A. Davidson, Alfarabi, Avicenna, and Averroes, on Intellect,
cit., pp. 44-73 e C. Martini Bonadeo, al-Fārābī. La psicologia, la gnoseologia e la filosofia della mente,
in C. D’Ancona (a cura di), Storia della filosofia nell’Islam medievale, cit., pp. 409-19, a cui riman-
do anche per ulteriori indicazioni bibliografiche.
20
 La noetica di Ibn Sīnā è esposta nel suo Kitāb al-Nafs (Libro sull’anima), sezione psicolo-
gica della summa filosofica nota come Kitāb al-Shifā̀ (Libro della guarigione). Sulla noetica avi-
cenniana cfr. H.A. Davidson, Alfarabi, Avicenna, and Averroes, on Intellect, cit., pp. 74-126 e A.
Bertolacci, Il Libro dell’anima. L’interpretazione avicenniana del De anima di Aristotele, in C.
D’Ancona (a cura di), Storia della filosofia nell’Islam medievale, cit., pp. 552-60. Il Kitāb al-Nafs di
Ibn Sīnā venne tradotto in latino da Ibn Dawūd e Domenico Gundisalvi nella seconda metà
del sec. XII con il titolo di Liber de anima seu sextus de naturalibus e giocò un ruolo importante
nella prima ricezione scolastica del De anima di Aristotele. Cfr. M. Gardinali, Da Avicenna ad
Averroè: Quaestiones super librum de anima, Oxford 1250 ca. (ms. Siena Com. L.III.21), «Rivi-
sta di storia della filosofia», 2 (1992), pp. 375-407; B.C. Bazán, 13th Century Commentaries on De
anima, in G. Fioravanti, C. Leonardi, S. Perfetti (a cura di), Il commento filosofico nell’Occiden-
te latino (secoli XIII-XV), Turnhaut, Brepols, 2002, pp. 119-184. Per il testo latino del Kitāb al-
Nafs di Ibn Sīnā, cfr. S. Van Riet (a cura di), Avicenna latinus. Liber de anima seu sextus de natu-
ralis, Leiden, Brill 1968-72.
21
 Cfr. Alessandro di Afrodisia, De anima, 89.9-11; 17-8. Sulla rilettura neoplatonica di cui
Alessandro di Afrodisia è stato fatto oggetto nel commento aristotelico tardoantico e medie-
vale islamico, cfr. H.A. Davidson, Alfarabi, Avicenna, and Averroes, on Intellect, cit., pp. 7-43.
Averroismi al plurale 21

emanazionista; la seconda, muovendo da un’indagine gnoseologica


sul funzionamento dell’affezione intellettiva condotta a partire da
presupposti strettamente peripatetici, postula l’unità dell’intelletto
materiale solo come conseguenza implicita della sua immaterialità.
L’impegno ontologico di porre l’intelletto materiale come sostan-
za separata è allora per l’Ibn Rušd del Tafsīr Kitāb al-Nafs soltanto
l’indesiderabile corollario del riconoscimento di un’immaterialità
che, sul piano gnoseologico, è condizione irrinunciabile per il cor-
retto funzionamento del processo intellettivo nel contesto di un’on-
tologia peripatetica. Per questo, a differenza di quanto accadrà
presso i suoi interpreti latini, la rivendicazione dell’unità dell’intel-
letto materiale è in Ibn Rušd sempre subordinata rispetto a quella
della sua immaterialità, senza la quale il pensiero non sarebbe pos-
sibile. Qui come altrove, il filosofo andaluso si preoccupa di ade-
rire, se non alla lettera, almeno allo spirito di Aristotele, rivendican-
do il primato della sua esegesi genuinamente peripatetica su quelle
di altri falāsifa (fra cui, tipicamente, Ibn Sīnā) 22, fatalmente compro-
messe, oltre che con un metodo dialettico improntato al kalām 23, con
un’ontologia emanazionista del tutto estranea all’orizzonte episte-
mico peripatetico.
Ed è sempre nel contesto di una convinta adesione all’ontolo-
gia peripatetica che si spiega un’altra importante acquisizione rush-
diana, che sarà centrale nel distinguere, studiando la ricezione lati-
na del Tafsīr Kitāb al-Nafs, posizioni profondamente rushdiane in
quanto aristoteliche da posizioni rushdiane solo in superficie. Si
tratta dell’insistenza – comprensibile solo sullo sfondo di un ilo-
morfismo psicologico di matrice aristotelica – sul rapporto ilomor-
fico che lega gli intelletti separati all’uomo nel momento del pensie-
ro 24: per quanto unico per tutta la specie, durante l’affezione noetica

22
 Mentre al-Fārābī e Ibn Bāğğa sono, in positivo o in negativo, riferimenti costanti per
l’Ibn Rušd del Tafsīr Kitāb al-Nafs, Ibn Sīnā – colpevole di avere studiato i libri dei commen-
tatori anziché quelli di Aristotele – viene escluso con decisione dal novero dei peripatetici.
Per un esempio di questa attitudine anti-avicenniana, cfr. Ibn Rušd, Tafsīr Kitāb al-Nafs, III,
c. 30, 470.41-8.
23
 Sull’ostilità al ragionamento analogico (qiyās) del kalām come rivendicazione program-
matica della proposta filosofica rushdiana, cfr. M.´Ā. al-Jābrī, Introduction à la critique de la rai-
son arabe, Paris, Éditions La Découverte: Institut du monde arabe, 1994.
24
 Il tema è sviluppato soprattutto, in polemica con al-Fārābī, in Tafsīr Kitāb al-Nafs, III,
c. 36, locus dedicato alla questione dell’unione del pensante umano con l’intelletto agente. Il
problema dell’unione è trattato da Ibn Rušd anche in tre epistole, sopravvissute solo in tra-
duzione ebraica; due di queste epistole sono confluite in latino nel medievale Tractatus de per-
fectione naturali intellectus e poi nel rinascimentale De animae beatitudine. I testi delle epistole
22 Federico Minzoni

l’intelletto agisce sul pensante non solo come causa agente esterna,
ma anche e soprattutto come causa formale, pena l’impossibilità per
l’uomo di svolgere un ruolo attivo nel pensiero 25.
Un ridimensionamento dell’impegno ontologico risultante dal-
la scelta, gnoseologica prima che ontologica, di porre un intelletto
materiale sostanziale e unico per tutta la specie e una comprensio-
ne della natura ilomorfica del rapporto che nel momento del pensie-
ro lega l’uomo agli intelletti separati sono due opzioni irrinunciabili
per chi voglia afferrare il carattere – profondamente aristotelico –
della filosofia della mente rushdiana. Vediamo ora come questi trat-
ti caratteristici della noetica di Ibn Rušd siano stati intesi e fraintesi
da Tommaso d’Aquino nel suo Commento alle Sentenze.

2. La sintesi di Ibn Rušd, Tafsīr Kitāb al-Nafs, III, c. 5 in Tommaso d’A-


quino, Commento alle Sentenze, II, d. 17, q. 2, a. 1 26

Quando nel secondo capitolo del Tractatus de unitate intellectus


(1270) 27 Tommaso d’Aquino traccia una rassegna dossografica del-

si trovano in K.P. Bland (a cura di), Ibn Rušd. The Epistle on the Possibility of Conjunction with
the Active Intellect. With the commentary of Moses Narboni, New York, The Jewish Theological
Seminary of America, 1982 (epistola singola) e in M. Geoffroy, C. Steel (a cura di), La béatitu-
de de l’ame. Éditions, traductions annotées, études doctrinales et historiques d’un traité d’Averroes,
Paris, Vrin, 2001 (epistole collazionate).
25
 Cfr. Ibn Rušd, Tafsīr Kitāb al-Nafs, III, c. 18, 438.83-440.84; c. 36, 499.586-500.590.
26
 Il presente paragrafo riprende in parte un tema affrontato da R.C. Taylor in un inter-
vento dal titolo What Aquinas Owes to Avicenna and Averroes on Cognition: The Commentary
on the Sentences, tenuto all‘Università statale di Milano il 28/01/2011. Dato che il problema
in esame è qui specificamente la ricezione del Tafsīr Kitāb al-Nafs nel Commento alle Senten-
ze, non mi occuperò di un‘introduzione generale alla psicologia e alla noetica di Tommaso,
per cui rimando a N. Kretzmann, Philosophy of Mind, in N. Kretzmann, E. Stump (a cura di),
The Cambridge Companion to Aquinas, Cambrige, Cambridge University Press, 1993, pp. 128-
59; A. Petagine, Aristotelismo difficile. L‘intelletto umano nella prospettiva di Alberto Magno, Tom-
maso d‘Aquino e Sigieri di Brabante, Milano, Vita e Pensiero, 2004, pp. 67-110. Oltre a Commen-
to alle Sentenze II, d. 17, q. 2, a. 1, i loci classici della ricerca psicologica e noetica tommasiana
sono il Commento al De anima, le Quaestiones disputatae de anima e Summa theologiae, I, qq. 75-89.
27
 Il Tractatus de unitate intellectus è un libello di natura più polemica che teoretica in cui
Tommaso d’Aquino, anche per difendere il suo aristotelismo da eventuali accuse di eterodos-
sia, attacca con veemenza la noetica di Ibn Rušd e dei suoi supposti seguaci latini. Il destina-
tario latino dell’attacco di Tommaso è stato identificato a partire da P. Mandonnet con Sigie-
ri di Brabante, sul cui presunto averroismo verterà appunto la seconda parte di questa ricer-
ca. Cfr. P. Mandonnet, Siger de Brabant et l’averroïsme latin au XIIIe siècle (1899), Louvain, Édi-
tions de l’Institut Supérieur de Philosophie, 1908-112. Su Sigieri di Brabante si vedano anche
B. Nardi, Il preteso tomismo di Sigieri di Brabante, «Giornale critico della filosofia italiana», 17
(1936), pp. 26-35; Id., Ancora sul preteso tomismo di Sigieri di Brabante, «Giornale critico del-
la filosofia italiana», 18 (1937), pp. 160-4; F. Van Steenberghen, Maître Siger de Brabant, Lou-
Averroismi al plurale 23

le posizioni tenute dai commentatori peripatetici circa la questione


dell’unità dell’intelletto, dal novero degli esegeti di Aristotele egli
esclude con decisione il solo Ibn Rušd, «qui non tam fuit peripate-
ticus, quam philosophiae peripateticae depravator» 28. Tuttavia, la
lettura tommasiana di Averroè non fu sempre improntata ai toni
di un’opposizione tanto frontale: nel secondo libro del Commento
alle sentenze (1255) l’auctoritas del Commentatore è anzi ampiamente
utilizzata proprio per una ricostruzione di quella linea del commen-
to al De anima di Aristotele dalla cui tradizione tanto decisamente il
Tractatus de unitate intellectus lo estrometterà.
In Commento alle Sentenze, II, d. 17, q. 2, a. 1, Tommaso – nel
rispondere alla domanda che si chiede se l’intelletto sia unico per
tutti gli uomini – attinge generosamente all’impostazione della que-
stione della separatezza dell’intelletto materiale come delineata in
Ibn Rušd, Tafsīr Kitāb al-Nafs, III, c. 5. Non solo Tommaso, da buon
aristotelico, ricorre all’auctoritas di Averroè nell’ambito di un Com-
mento alle Sentenze – sede classica non già di commento filosofico,
ma di commento teologico fondato su fonti bibliche e patristiche. Di
più: l’Aquinate, pur concedendosi infine di dissentirne, espone la
noetica del Tafsīr Kitāb al-Nafs con precisione e simpatia, riservando
ad Averroè un charitable reading che il Tractatus de unitate intellectus
gli toglierà. Un esame della soluzione di Tommaso ci aiuterà a com-
prendere meglio i modi dell’adesione e del distacco dell’Aquinate
rispetto alla filosofia della mente del Tafsīr Kitāb al-Nafs.
Circa l’unità e la molteplicità dell’intelletto – esordisce Tomma-
so nella responsio auctoris 29 – le opinioni dei filosofi sono moltepli-
ci. Dopo una concisa nota lessicale sui tre modi in cui gli aristotelici
intendono l’intelletto (intelletto possibile, agente e in habitu), l’Aqui-
nate passa a esaminare le posizioni dei commentatori peripatetici
circa l’unità dell’intelletto possibile, ordinandole nel modo seguen-
te:

vain-Paris, Publications Universitaires-Vander Oyez, 1977; R.A. Gauthier, Notes sur Siger de
Brabant, I. Siger en 1265, «Revue des Sciences philosophiques et théologiques», 67 (1983), pp.
201-32; F.X. Putallaz, R. Imbach, Profession: philosophe: Siger de Brabant, Paris, Cerf, 1997; B.C.
Bazán, Siger of Brabant, in J.J.E. Gracia, T.B. Noone (a cura di), A Companion to Philosophy in the
Middle Ages, cit., pp. 632-8; A. Petagine, L’intelletto e il corpo: il confronto fra Tommaso d’Aquino
e Sigieri di Brabante, in A. Ghisalberti (a cura di), Dalla prima alla seconda scolastica. Paradigmi e
percorsi storiografici, Bologna, Edizioni Studio Domenicano, 2000, pp. 76-119; A. Petagine, Ari-
stotelismo difficile, cit., pp. 111-210.
28
 Cfr. Tommaso d’Aquino, Tractatus de unitate intellectus, II, 59, 38.37-8.
29
 Cfr. Tommaso d’Aquino, Commento alle Sentenze, II, d. 17, q. 2, a. 1, 422 sgg.
24 Federico Minzoni

1. Teorie della molteplicità degli intelletti possibili


1.1 L’intelletto possibile è una disposizione del corpo organico
(Alessandro di Afrodisia)
1.2 L’intelletto possibile è una disposizione delle intenzioni imma-
ginate (Ibn Bāğğa)
1.3 L’intelletto possibile è una facoltà immateriale dell’anima
dell’uomo (Ibn Sīnā)
2. Teorie dell’unità dell’intelletto possibile
2.1 che sostengono l’eternità degli intelligibili speculativi (Teofra-
sto e Temistio)
2.2 che, grazie al modello del doppio soggetto di intellezione, sal-
vano insieme l’incorruttibilità dell’intelletto possibile e la corrutti-
bilità degli intelligibili speculativi (Ibn Rušd, Tafsīr Kitāb al-Nafs)

Con l’eccezione del riferimento a Ibn Sīnā 30, la rassegna dosso-


grafica dedicata da Tommaso alle opinioni dei commentatori segue
molto da vicino l’esposizione dei modelli noetici di Temistio, Ales-
sandro e Ibn Bāğğa svolta da Ibn Rušd in Tafsīr Kitāb al-Nafs, III, c.
5 prima di proporre la sua personale soluzione al problema dello
statuto ontologico dell’intelletto materiale. Analizzando il testo più
nel dettaglio, il debito dell’Aquinate nei confronti del Commentato-
re apparirà con maggiore chiarezza.
Le opinioni di coloro che moltiplicano l’intelletto possibile secon-
do il numero dei corpi (1) – inizia Tommaso – si dividono in tre.
La prima è l’opinione di Alessandro di Afrodisia (1.1) 31, secondo il
quale l’intelletto possibile è una disposizione del corpo organico 32.
Dato però che – nella filosofia della mente aristotelica – l’intelletto
deve essere in grado di ricevere le specie intelligibili, la tesi di Ales-
sandro, che fa dell’intelletto possibile una disposizione inerente a
un corpo, non è accettabile: l’intelligibile in atto è universale e il cor-
po non può riceverlo che in quanto particolare, ovvero come intel-
ligibile in potenza. L’esposizione che Tommaso dà qui della noetica
alessandrista e le critiche che le rivolge si rifanno in buona sostanza
a Ibn Rušd, Tafsīr Kitāb al-Nafs, III, c. 5, 393.196-397.298.
La seconda opinione presa in esame da Tommaso è quella di Ibn
Bāğğa (1.2) 33, secondo cui l’intelletto possibile è la facoltà immagi-

30
 Sull’esclusione rushdiana di Ibn Sīnā dal novero dei commentatori peripatetici, cfr.
supra, nota 22.
31
 Cfr. Tommaso d’Aquino, Commento alle Sentenze, II, d. 17, q. 2, a. 1, 423.
32
 Cfr. supra, nota 13.
33
 Cfr. Tommaso d’Aquino, Commento alle Sentenze, II, d. 17, q. 2, a. 1, 424.
Averroismi al plurale 25

nativa nella sua disposizione ad accogliere gli intelligibili in atto. La


teoria di Avempace è nondimeno inaccettabile per due motivi: in
primo luogo, nel momento intellettivo i fantasmi svolgono un ruo-
lo di causa efficiente e non di soggetto recipiente; in secondo luogo,
se l’intelletto possibile fosse una disposizione della fantasia, esso
avrebbe ugualmente sede in un organo corporeo, come già accade
nella noetica di Alessandro. Anche in questo caso Tommaso fa poco
più che riprendere gli argomenti avanzati dal Tafsīr Kitāb al-Nafs
contro la noetica di Ibn Bāğğa in III, c. 5, 397.299-398.343.
La terza posizione – e qui Tommaso si allontana dallo schema
fornitogli da Ibn Rušd – è quella tenuta da Ibn Sīnā (1.3) 34, secon-
do il quale l’intelletto possibile è una facoltà dell’anima dell’uomo,
moltiplicata secondo il numero degli individui ma non materia-
le, che viene in essere con la nascita del corpo ma non perisce con
la sua morte. Per quanto Avicenna abbia sbagliato circa lo statuto
ontologico dell’intelletto agente (identificandolo con l’ultima delle
intelligenze celesti), Tommaso ci informa che in merito all’intelletto
possibile la sua posizione è sostanzialmente corretta e in linea con
la fede cristiana.
Terminata con Ibn Sīnā la rassegna delle posizioni dei commen-
tatori peripatetici che moltiplicano l’intelletto possibile secondo il
numero degli uomini, Tommaso si dedica a un esame delle teorie
che ne sostengono invece l’unità (2). Anche in questo caso l’Aqui-
nate riassume in buona sostanza Ibn Rušd, Tafsīr Kitāb al-Nafs, III,
c. 5, nella fattispecie i loci in cui Ibn Rušd descrive rispettivamente
il modello noetico temistiano e il proprio: l’esposizione offerta da
Tommaso, estremamente chiara e sintetica, rivela insieme una pro-
fonda comprensione e una rilettura personale del testo rushdiano
in esame. Si noti che, a differenza di quanto accade nel Tractatus de
unitate intellectus – dove, grazie alla recente versione di Guglielmo
di Moerbeke, l’Aquinate si avvale in funzione anti-rushdiana e anti-
sigieriana di una lettura di prima mano della Parafrasi del De ani-
ma di Temistio 35 –, la conoscenza che il Tommaso del Commento alle
Sentenze ha della noetica del Parafraste è del tutto circoscritta all’e-
sposizione datane da Ibn Rušd.

34
 Ibid. Tommaso conosce la noetica avicenniana di prima mano, attraverso la lettura del
Liber de anima seu sextus de naturalibus, su cui cfr. supra, nota 20.
35
 Cfr. Tommaso d’Aquino, Tractatus de unitate intellectus, II, 49-52.
26 Federico Minzoni

L’Aquinate inizia spiegando che due sono le posizioni di colo-


ro che ritengono che l’intelletto possibile sia unico per tutta la spe-
cie: la prima è quella di Temistio e Teofrasto (2.1), come esposta dal
Commentatore nel suo commento al terzo libro del De anima di Ari-
stotele; la seconda quella dello stesso Ibn Rušd (2.2) 36.
La noetica temistiana (2.1) 37 è caratterizzata dall’assunto che,
oltre all’intelletto agente e a quello possibile, sia unico ed eterno
anche l’intelletto in habitu. A questa conclusione giungono necessa-
riamente coloro che ritengono che l’intelletto possibile – non essen-
do né un corpo né una facoltà del corpo – non possa essere altro
che una sostanza separata, unica per tutta la specie e incorruttibile:
poiché anche l’intelletto agente è a pari titolo una sostanza separa-
ta, dall’incontro ilomorfico di questi due intelletti risulterà allora di
necessità un prodotto ugualmente unico ed eterno per tutta la spe-
cie, cioè l’intelletto in habitu come postulato da Temistio.
Le due obiezioni che Tommaso muove all’ipotesi temistiana 38
riprendono due fra le tre avanzate da Ibn Rušd 39: in primo luogo, se
gli intelligibili speculativi contenuti nell’intelletto agente sono eter-
ni, eterne e quindi immateriali saranno pure le forme materiali e le
res da cui essi traggono origine, il che è palesemente falso, perché gli
universali non esistono in atto se non nell’anima 40; in secondo luo-
go, se l’intelletto in habitu fosse – come l’intelletto possibile – uni-
co per tutti gli uomini, i pensanti umani non differirebbero né per
la loro prima entelechia noetica né per la seconda e l’intera specie
umana avrebbe un’unica forma 41.

36
 Id., Commento alle Sentenze, II, d. 17, q. 2, a. 1, 424.
37
 Ivi, 424-5; cfr. Ibn Rušd Tafsīr Kitāb al-Nafs, III, c. 5, 389.59-393.195. Ho già accennato
al fatto che l’interpretazione rushdiana di Temistio è in buona misura arbitraria. Cfr. supra,
nota 7.
38
 Cfr. Tommaso d’Aquino, Commento alle Sentenze, II, d. 17, q. 2, a. 1, 425.
39
 Cfr. Ibn Rušd, Tafsīr Kitāb al-Nafs, III, c. 5, 391.117-393.195; 399.344-61. Si noti che Tom-
maso non recepisce la terza delle difficoltà che Ibn Rušd individua nel modello temistiano,
ossia la cosiddetta quaestio Theofrasti, che – posto che ogni sostanza separata è pura forma e
posto che l’intelletto materiale per accogliere gli intelligibili in atto deve essere privo di forma
propria – si chiede quale genere di sostanza separata possa allora essere l’intelletto materia-
le. La quaestio Theofrasti, che si interroga sulla natura dell’intelletto possibile (noûs dynámei), è
formulata in Temistio, Parafrasi del De anima, 107.32-5.
40
 L’eternità degli intelligibili speculativi è la prima delle tre difficoltà che Ibn Rušd oppo-
ne al modello noetico temistiano. Cfr. Ibn Rušd, Tafsīr Kitāb al-Nafs, III, c. 5, 391.117-392.128.
41
 L’esistenza di un atto noetico singolo secondo la sua prima entelechia e molteplice
rispetto alla sua entelechia seconda è il secondo dei tre argomenti che Ibn Rušd oppone a
Temistio; Tommaso lo riformula qui liberamente. Cfr. Ibn Rušd, Tafsīr Kitāb al-Nafs, III, c. 5,
392.158-393.186.
Averroismi al plurale 27

Tommaso passa a questo punto a esporre la proposta noetica


avanzata da Ibn Rušd in Tafsīr Kitāb al-Nafs, III, c. 5, 399.362 sgg.
(2.2) 42, dedicando un’attenzione particolare alla teoria rushdia-
na del doppio soggetto di intellezione, che infatti segna anche per
il Commentatore la differenza fra il proprio modello intellettivo e
quello di Temistio. L’esposizione dell’Aquinate, per quanto molto
concisa, è nella sua sostanza fedele alla lettera e allo spirito del testo
rushdiano.
Preso atto delle aporie che risultano dall’assunzione del modello
noetico di Temistio – continua Tommaso – il Commentatore tenta di
percorrere un’altra via: mantenendo l’eternità e l’unità tanto dell’in-
telletto agente quanto di quello possibile, Ibn Rušd sostiene con for-
za che le specie intelligibili – cioè gli intelligibili speculativi – sono
invece generabili e corruttibili.
A differenza di quanto accade in Temistio, per Ibn Rušd l’intel-
letto agente non è la forma dell’intelletto possibile, ma piuttosto la
sua causa efficiente: come l’artigiano opera sulla sua materia – come
la luce porta all’atto l’occhio e il diafano – così l’intelletto agente agi-
sce in senso operativo su un intelletto possibile la cui causa formale
nel momento del pensiero sono le specie intelligibili astratte dai fan-
tasmi, sempre per azione dell’intelletto agente 43.
Sullo sfondo di una comprensione accurata del modello rush-
diano della conoscenza astrattiva e della noetica di Temistio come
descritta in Tafsīr Kitāb al-Nafs, III, c. 5, Tommaso manca però qui
un punto centrale della psicologia rushdiana: se è vero che in c. 5
Ibn Rušd sostiene – in funzione invero dialettica e strettamente anti-
alessandrista – che l’intelletto separato è forma dell’uomo solo in
senso equivoco 44, tanto in III, c. 18 quanto in III, c. 36 45 il Commen-
tatore sottolinea invece ripetutamente contro al-Fārābī che, nell’at-
to intellettivo, l’intelletto agente inerisce formalmente (e non solo
come causa efficiente) tanto all’intelletto materiale separato quan-
to all’uomo che pensa, pena l’impossibilità dell’unione fra pensan-
te e intelletto separato e di conseguenza la perdita per l’uomo del

42
 Cfr. Tommaso d’Aquino, Commento alle Sentenze, II, d. 17, q. 2, a. 1, 425-7.
43
 Ivi, 425.
44
 Cfr. Ibn Rušd Tafsīr Kitāb al-Nafs, III, c. 5, 396.279-397.298; 405.528-36. La preoccupa-
zione rushdiana in c. 5 è di sottolineare contro Alessandro che l’intelletto materiale, per ave-
re una natura immateriale, non può essere una disposizione del corpo organico: è questo il
motivo per cui Ibn Rušd afferma che l’intelletto è forma del corpo solo in senso improprio.
45
 Cfr. supra, note 24 e 25.
28 Federico Minzoni

suo ruolo di agente noetico. Ed è proprio muovendo dalla stessa


preoccupazione che Tommaso rivendicherà contro Ibn Rušd e con-
tro Sigieri di Brabante – tanto nel Commento alle Sentenze 46, quanto
nel Tractatus de unitate intellectus – la natura ilomorfica del rapporto
che lega l’intelletto all’uomo, concludendo che esso non possa esse-
re altro che una facoltà dell’anima.
Tommaso e Ibn Rušd sostengono insomma entrambi – per il
medesimo motivo, ma nell’ambito di opzioni ontologiche differenti
– la necessità di un’unione ilomorfica fra intelletto e uomo, allo sco-
po di salvare l’agency intellettiva del pensante. Si tratta di una scel-
ta teorica che sottolinea la coerenza del Commentatore e dell’Aqui-
nate in materia di esegesi peripatetica: la tesi secondo cui l’intelletto
si unisce al corpo dell’uomo in un rapporto solo operativo è infatti
platonica e due aristotelici come Ibn Rušd e Tommaso non posso-
no evidentemente accettarla. Ironicamente, Tommaso sembra non
cogliere mai – né nel Commento alle Sentenze, né nel successivo Trac-
tatus de unitate intellectus 47 – la comune intuizione ontologica che,
nell’impostazione della ricerca antropologica, lo lega inscindibil-
mente a Ibn Rušd: l’insegnamento della noetica rushdiana rimarrà
sempre per l’Aquinate quello di un’inerenza non ilomorfica dell’in-
telletto separato all’uomo.
Tommaso continua la sua esposizione illustrando la teoria rush-
diana del doppio soggetto di intellezione 48, centrale per Ibn Rušd
nell’impostazione di una teoria della separatezza dell’intelletto
materiale che si sottragga alle difficoltà che riguardano la formula-
zione temistiana. Come la specie visibile ha un doppio substrato di
inerenza (la vista, da cui trae il suo essere spirituale; il corpo colora-
to, da cui trae il suo essere materiale), così anche la specie intelligi-
bile avrà due soggetti: l’intelletto possibile, a cui deve il suo essere
spirituale, e i fantasmi, a cui deve il suo essere materiale 49.

46
 Cfr. infra.
47
 Cfr. Tommaso d’Aquino, Tractatus de unitate intellectus, I, 1, 2.11.
48
 Id., Commento alle Sentenze, d. 17, q. 2, a. 1, 426 sgg. Cfr. Ibn Rušd, Tafsīr Kitāb al-Nafs,
III, c. 5, 399.370-401.423.
49
 La formulazione rushdiana della teoria del doppio soggetto di intellezione presuppo-
ne una sfumatura intenzionale che Tommaso sembra non avere colto: invece che di un sub-
strato da cui gli intelligibili traggono il loro essere spirituale (l’intelletto possibile) e di un sub-
strato da cui essi traggono il loro essere materiale (i fantasmi), Ibn Rušd parla rispettivamen-
te di un substrato (l’intelletto materiale) rispetto al quale gli intelligibili speculativi sono uno
degli enti del mondo («subiectum per quod sunt unum entium in mundo») e di un substrato
(le specie intelligibili) rispetto al quale gli intelligibili speculativi sono veri («subiectum per
Averroismi al plurale 29

Grazie al modello del doppio soggetto di intellezione Ibn Rušd


crede di evitare le due aporie che risultano dall’assunzione temistia-
na dell’eternità e dell’unità degli intelligibili speculativi: se rispet-
to all’intelletto possibile la specie intelligibile sarà – con Temistio
– unica ed eterna per tutta la specie, rispetto ai fantasmi essa sarà
invece moltiplicata secondo il numero degli individui, generabile e
corruttibile.
Tanto a Tommaso quanto a Ibn Rušd preme di salvare – contro la
tesi temistiana – la possibilità per il singolo uomo di pensare intel-
ligibili diversi rispetto a quelli pensati dagli altri uomini. Il Com-
mentatore ritiene che la doppia inerenza dell’intelligibile speculati-
vo all’intelletto materiale e alle intenzioni immaginate renda conto
insieme dell’intersoggettività della conoscenza scientifica e della
moltiplicazione dei pensieri secondo il numero dei singoli pensanti:
l’intelligibile in atto è infatti sempre ricevuto in un intelletto mate-
riale separato unico per tutta la specie, ma l’uomo vi partecipa sol-
tanto attraverso le intenzioni immaginate contenute nella propria
immaginazione.
Nel Commento alle Sentenze, come poi nel Tractatus de unitate
intellectus, Tommaso avanza contro la noetica rushdiana due ordi-
ni di obiezioni. Il primo ordine è beninteso religioso e dottrinale:
chi accetti che la partecipazione dell’uomo all’anima intellettiva è
mediata dalle intenzioni immaginate non può non concludere che,
alla morte del corpo, non resti per tutti gli uomini che un’unica ani-
ma intellettiva. Per motivi etici ed escatologici prima che teoretici
una simile conclusione è però inaccettabile per un cristiano: colo-
ro che la ammettono devono infatti ammettere anche l’impossibili-
tà di imputare all’uomo dopo la morte la responsabilità delle azio-
ni compiute in vita 50.
Il secondo ordine di motivi per cui Tommaso dissente dalla noe-
tica del Tafsīr Kitāb al-Nafs è invece di natura filosofica e squisita-
mente teoretica. Nel Commento alle Sentenze Tommaso oppone alla
tesi rushdiana tre decise obiezioni, che torneranno ad affacciarsi nel
Tractatus de unitate intellectus 51: in primo luogo, l’unione fra l’uomo

quod sunt vera»), ossia a proposito degli enti del mondo. Cfr. Ibn Rušd, Tafsīr Kitāb al-Nafs,
III, c. 5, 400.385-390.
50
 Cfr. Tommaso d’Aquino, Commento alle Sentenze, II, d. 17, q. 2, a. 1, 427; Id., Tractatus de
unitate intellectus, I, 2, 2.20-4.
51
 Cfr. Id., Tractatus de unitate intellectus, III, 64-6, dove il primo e il secondo argomen-
to risultano invertiti rispetto all’esposizione di Commento alle Sentenze, II, d. 17, q. 2, a. 1, 427.
30 Federico Minzoni

e l’intelletto separato non può essere mediata dai fantasmi, perché


la specie intelligibile contenuta in potenza nell’immaginazione non
è la stessa ricevuta in atto dall’intelletto possibile 52; in secondo luo-
go, anche ammettendo che l’unione sia possibile, verificandosi que-
sta solo nel momento del pensiero, l’uomo può sì ricavarne la sua
entelechia noetica seconda, ma non la sua entelechia prima, che ne
definisce la sostanza 53; in terzo luogo, dato che l’atto noetico non è
un’affezione dell’intelligibile ma della facoltà intellettiva, dal fatto
che l’uomo fornisca all’intelletto possibile – mediante i fantasmi – il
contenuto intenzionale che lo informerà nel momento del pensiero,
non consegue che egli sia agente di pensiero, ma piuttosto che gli
intelligibili da lui detenuti in potenza siano pensati dall’intelletto
possibile separato (l’uomo – aggiungerà il Tractatus de unitate intel-
lectus – è in Averroè come la parete colorata, la quale, pur posseden-
do una sua specie sensibile in atto, nondimeno non la vede) 54.
Nell’impossibilità di accogliere – tanto nella sua formulazione
temistiana, quanto in quella rushdiana – la tesi dell’unità dell’intel-
letto possibile, Tommaso si rivolge allora ancora una volta alla noe-
tica avicenniana, emendandola dall’insegnamento della trascenden-
za dell’intelletto agente. Per quanto riguarda l’intelletto possibile,
non si può secondo Tommaso che sostenere – con Ibn Sīnā – che
esso sia una facoltà immateriale dell’anima, moltiplicata secondo
il numero degli uomini, che viene in essere con la nascita del corpo
ma non perisce alla sua morte 55.
Al di là di questo formale ossequio alla noetica avicenniana, è
chiaro che l’antropologia dell’Aquinate si muove in un orizzonte
ontologico peripatetico molto più prossimo alla psicologia di Ibn
Rušd che non a quella di Ibn Sīnā. Per il filosofo persiano l’anima
dell’uomo (e con essa l’intelletto) è concepita come sostanza a sé pri-
ma che come forma del corpo; in Ibn Rušd – e di conseguenza nel
Tommaso del Commento alle Sentenze, che studia la psicologia ari-
stotelica sulle pagine del Tafsīr Kitāb al-Nafs – l’anima dell’uomo (e
con essa l’intelletto) è ontologicamente definita dal suo ruolo di for-

52
 Id., Commento alle Sentenze, II, d. 17, q. 2, a. 1, 427; Id. Tractatus de unitate intellectus, III,
65, 41.28-42.36.
53
 Id., Commento alle Sentenze, II, d. 17, q. 2, a. 1, 427; Id., Tractatus de unitate intellectus, III,
64, 41.17-26.
54
 Id., Commento alle Sentenze, II, d. 17, q. 2, a. 1, 427; Id., Tractatus de unitate intellectus, III,
66, 42.43-60.
55
 Id., Commento alle Sentenze, II, d. 17, q. 2, a. 1, 427.
Averroismi al plurale 31

ma del corpo. Precisamente per questo motivo, spiegare la sussi-


stenza sostanziale – e di conseguenza la sopravvivenza post mortem
– di una delle sue facoltà sarà per l’Aquinate sempre difficile 56: ade-
rendo, sulla scorta di Ibn Rušd, a un paradigma epistemico stretta-
mente peripatetico, Tommaso si priva della possibilità di pensare
l’unione fra anima intellettiva e corpo dell’uomo in termini mera-
mente operativi, come avevano invece fatto – sull’onda di un dua-
lismo agostiniano e avicenniano – molti degli aristotelismi eclettici
della prima metà del sec. XIII 57.

3. Ibn Rušd e Tommaso: un primo bilancio

Il rifiuto che Tommaso oppone nel Commento alle Sentenze a Ibn


Rušd è in buona misura rushdiano: dopo essersi attenuto nell’espo-
sizione delle teorie noetiche dei predecessori alla rassegna dosso-
grafica condotta in Tafsīr Kitāb al-Nafs, III, c. 5, Tommaso ne accetta
anche – con lievi variazioni – tutte le critiche, limitandosi a esten-
derle alla formulazione dello stesso Commentatore. Come per Ibn
Rušd nel Tafsīr Kitāb al-Nafs, anche per il Tommaso del Commento
alle Sentenze le posizioni tenute da Alessandro, Ibn Bāğğa e Temistio
sullo statuto ontologico dell’intelletto materiale sono inaccettabili: il
rifiuto di questi modelli noetici muove in entrambi i pensatori dagli
stessi motivi, che l’Aquinate apprende appunto dal Commentatore.
Nondimeno, se Tommaso accetta nelle sue grandi linee l’impo-
stazione che Ibn Rušd dà all’indagine sull’intelletto in Tafsīr Kitāb
al-Nafs, III, c. 5 e accoglie tutte le critiche che il filosofo cordova-
no rivolge ai commentatori peripatetici, egli rifiuta con decisione la
soluzione rushdiana delle aporie sollevate dal modello di Temistio.
Secondo l’Aquinate, la teoria dell’unità dell’intelletto possibile non
si lascia sostenere né nella sua ingenua incarnazione temistiana, né
in quella – più matura – elaborata da Ibn Rušd: nessuna delle due
formulazioni rende conto per Tommaso della possibilità per l’uomo
di essere agente di pensiero.

 Cfr. A. Petagine, Aristotelismo difficile, cit., pp. 67-110.


56

 Sulla prima ricezione latina del De anima di Aristotele, fortemente improntata alla psi-
57

cologia avicenniana, cfr. M. Gardinali, Da Avicenna ad Averroè, cit.; B.C. Bazán, 13th Century
Commentaries on De anima, cit.
32 Federico Minzoni

Pur nel disaccordo, il debito dell’Aquinate nei confronti del Com-


mentatore è in questa prima fase della noetica tommasiana affat-
to evidente. Non è esagerato sostenere che Tommaso, procedendo
nell’alveo di un discorso noetico impostato da Averroè, approfon-
disce un’indagine sull’intelletto che lo stesso Commentatore con-
siderava nel Tafsīr Kitāb al-Nafs come in certa misura provvisoria.
E se è sicuro che Ibn Rušd non avrebbe mai potuto accettare la tesi
tommasiana che vuole un intelletto possibile insieme immateriale
e moltiplicato secondo il numero dei singoli pensanti, nondimeno
le critiche dell’Aquinate rispondono idealmente all’appello che lo
stesso Commentatore rivolge ai suoi lettori in Tafsīr Kitāb al-Nafs,
III, c. 5, invitandoli a correggere il suo insegnamento sull’intelletto
materiale qualora vi dovessero rinvenire degli errori:

Et tunc rogo fratres videntes hoc scriptum scribere suas dubita-


tiones, et forte per illud invenietur verum in hoc, si nondum inveni
[…] Veritas enim, ut dicit Aristoteles, convenit et testatur sibi omni
modo 58.

58
 Ibn Rušd, Tafsīr Kitāb al-Nafs, III, c. 5, 399.365-9.
24. dianoia

Saggi
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