E. Balmas - Montaigne e L'italia

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PUBBLICAZIONE REALIZZATA CON IL CONTRIBUTO DELLA GRUPPO DI STUDIO SUL CINQVECENTO FRANCESE

BANCA COMMERCIALE ITALIANA, CHE VIVAMENTE SI RINGRAZIA

MONTAIGNE
E L'ITALIA

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DEL CONGRESSO INTERNAZIONALE DI STUDI DI
ISBN 88-7760-038-1 MILANO-LECCO, 26-30 ottobre 1988
La cuJtura filosofica italiana neU'età di Montaigne

1. La vicenda della storia intellettuale italiana, nell'età di Montaigne e


della prima diffusione della sua opera, è stata già più volte scritta e
da autori assai più autorevoli di chi vi parla. Sicché sarebbe facile
rinviare a studi ormai classici, dai lavori ottocenteschi, ma per molti
aspetti ancora validi, del Fiorentino a taluni saggi notissimi di Giovan-
ni Gentile ed alle ricerche innovatrici di Eugenio Garin, compendiate
nel secondo volume della sua Storia della filosofia italiana e a in-
numerevoli indagini e contributi particólari. Il fatto è che la vita di
Montaigne coincide proprio con il periodo storico della massima
influenza della cultura italiana sulle varie civiltà europee, ma anche
con gli anni della sua crisi, quando la crescente pressione di poteri
politici e religiosi in lotta per la loro sopravvivenza e un sistema di
controllo e di repressione estremamente abile, oculato e capillare
imposero la fine di un lungo dibattito che era ormai giunto a con-
clusioni radicali, dissolutrici di un'antica concezione dell'uomo e del
mondo e, in ogni caso, suscitatrici di dubbi e di conflitti teorici
insuperabili. Ma, appunto per questo, ragioni di opportunità e di
tempo vietano di tentare il rapido disegno di un dibattito che fu
sempre complesso e spesso intensamente drammatico e coinvolse
personahtà e ambienti cosi rappresentativi delle varie tendenze e
tradizioni del tempo, da quelle affidate alle maggiori istituzioni
universitarie alle idee elaborate e diffuse da intellettuali estranei alla
"routine" accademica e, spesso, in radicale polemica con il sapere
C. Votoli Lo cultura fOotofica ttaltana nell'età di Montaigne

"costituito". Né credo che avrebbe molto senso scendere alla minuta all'immortalità che nessuno argomento della ragione può attribuir-
rievocazione di dottrine a tutti note, ma la cui interpretazione non ha gli e nessuna considerazione filosofica convalidare. Anzi, la serena
mai finito d'impegnare le capacità esegetiche di molti studiosi, singo- meditazione dei testi del Filosofo conferma che l'uomo è sempre
larmente divisi nella loro valutazione e nel loro giudizio. Piuttosto, chiuso nella fatale catena da cui dipende l'eterno ordine delle cose,
affidandomi alla comprensione di chi mi ascolta, cercherò d'indicare momento di un processo immutabile che coinvolge ogni cosa gene-
alcuni momenti ο svolte cruciali di questa vicenda, forse abbastanza rata, nella vicenda perenne del nascere e del morire. Se il Pomponaz-
illuminanti per chi voglia intendere quale fosse l'ambiente intellettuale zi riconosce che la fede ci indica un altro destino di cui la rivelazione
che lo stesso Montaigne potè conoscere, prima e durante il suo si fa garante, non è però meno deciso nel dichiarare che ciò conferma
viaggio in Italia, ο per comprendere le ragioni della difficile fortuna la natura "ancipite" dell'uomo, sospeso tra la lucida, ma negativa
italiana del suo capolavoro. verità della ragione e un desiderio insopprimibile cui non vuole e non
A questo proposito, alcuni dati cronologici essenziali s'impon- può rinimciare.
gono subito, con la loro incontestabile evidenza. Per cominciare, Si sa come il Pomponazzi confermasse recisamente le sue con-
basterà ricordare che quando Montaigne nasce, nel 1533, Nicolò clusioni, nel corso di un dibattito che aveva impegnato filosofi e
Machiavelli si è spento solo da pochi anni e il Guicciardini sta con- teologi delle più diverse ispirazioni dottrinali. Ma, certo, le più intime
sumando la sua ultima stagione tra tentativi politici destinati presto al implicazioni della sua filosofia furono affidate a due scritti, composti
fallimento e l'acutissima, ma amara meditazione sugli eventi del suo nel '20, ma conosciuti da un uditorio più vasto soltanto tra il ^56 e il
tempo. Siamo, dunque, ancora agli inizi di uno dei più drammatici e '67, nell'edizione di Basilea, curata dal Gratarolo, un intellettuale
aspri dibattiti teorici cinquecenteschi, che non coinvolge soltanto una italiano passato alla Riforma: il De naturalium effectuum admi-
concezione della politica e un'idea della natura del potere, dei suoi randorum cousis, sive de incantationibus q ύ De fato, libero arbitrio
strumenti e dei suoi fini, bensì la stessa immagine dell'uomo delineata et praedestinatione. In queste opere (di cui è ben nota la lunga
da tradizioni religiose e filosofiche più che millenarie alle quali si influenza sulle correnti filosofiche più radicali e le tradizioni preliber-
oppone una nuova etica mondana e una considerazione degli eventi tine e libertine della cultura francese del pieno Cinquecento e del
umani che esclude ogni provvidenza, ogni disegno ο ragione sovranna- primo Seicento) erano, infatti, affrontati alcuni temi di estrema
turale. E si sa come, proprio in Francia, le idee del "Segretario rilevanza per la discussione cinquecentesca su! carattere e significato
fiorentino" siano presto al centro di una polemica intessuta di pro- delle religioni istituzionali e per il lungo dibattito teologico che divise
fonde ragioni politiche e religiose, ma anche di una meditata rifles- così aspramente i teologi delle diverse scuole confessionali. Perchè,
sione sui fondamenti del diritto e sui principi teorici delle istituzioni nel De incantationibus. le religioni storiche erano, in sostanza, con-
politiche, che dall'aspra invettiva àeWAntimachiavel giunge alla severa siderate come "leges" di fondamentale significato politico, la cui
condanna di Jean Bodin, autore davvero non ignaro della grande vicenda, come quella di tutte le istituzioni umane, dipendeva soltanto
lezione de II Principe. Ma non basta: perchè, in quegli anni, non si è dall'eterno processo dei grandi moti celesti, dal loro necessario e
ancora spento l'eco delle discussioni che, nel '16 e poi, ancora, nei immutabile ciclo; i loro "miracoli", come ogni altro preteso evento
tempi subito seguenti, hanno accolto la pubblicazione del De immor- sovrannaturale, erano riconosciuti come meri fenomeni naturali, le cui
talitate animae di Pietro Pomponazzi, un'opera emersa dalla cultura cause dovevano essere interpretate razionalmente, secondo quei
aristotelica delle "Scholae", legata alla lunga disputa intorno all'inter- principi della disciplina astrologica che il Pomponazzi accettava come
pretazione di alcuni testi cruciali del De anima e che, tuttavia, tale presupposti di una concezione unitaria dell'ordine naturale. Nel De
discussione spinge alle conclusioni più estreme e problematiche, al di fato, poi, il problema della libertà dell'uomo nel suo rapporto con le
là di ogni compromesso e di ogni possibile conciliazione. Per il inesorabili leggi della natura era affrontato, senza alcuna concessione
professore mantovano, l'uomo, posto ai confini tra due realtà, è la agli espedienti teologici della dottrina dei futuri contingenti, nel
più nobile tra le cose materiali e, proprio per questo, sempre aspira serrato confronto tra la soluzione stoica e quella cristiana, e in modo
La cultura filato fica italiana nell'età di Montaigne 7
Ö C. VatoU

europea), intendesse costruire una tecnica "metodica" da porre al


da sottolinearne Tinsolubilità razionale per chi accetti Tidea di un servizio dell'investigazione scientifica, intervenendo, con grande
cosmo perfettamente ordinato che procede rigidamente secondo le acutezza, della già lunga disputa sulla "methodus" che, negli stessi
proprie leggi. Anche in questo libro restava ben ferma la distinzione anni, impegnava anche Pietro Ramo.
tra i pochi sapienti che, quasi come "dei terrestri", conoscono la
Del resto, da questo ambiente di filosofi e di medici di scuola,
verità delle cose e la gran ma^a del "volgo", insipiente e quasi ferino,
non di rado assai attenti anche alle discipline più pericolose e "segre-
che vive di favole e di miti, sottoposto all'impostura ed alPinganno.
te", alle pratiche astrologiche ed alle tecniche della magìa celeste,
doveva emergere una delle personalità più singolari e inquietanti del
2. Ho insistito sul Pomponazzi non solo perchè la sua personalità secolo, intomo alla quale corsero, per tutta Europa, favole e leg-
è certo la più eminente nella storia della tradizione aristotelica cin- gende: Girolamo Cardano, un uomo che uni ad un insaziabile de-
quecentesca, ma perchè proprio nel suo ambiente e tra suoi scolari siderio di conoscenza universale e a seri interessi di "tecnico" e di
prese corpo il tentativo di una volgarizzazione enciclopedica del matematico, l'attrazione per l'occulto e il gusto di una ricerca spinta
sapere peripatetico, quello proposto dalla padovana "Accademia degli sino agli estremi limiti dell'operazione "taumaturgica". Il ritratto che
Infiammati" e perseguito, con l'uso del volgare, dallo Speroni, dal lasciò di se stesso nella celebre Autobiografia ha sm troppo accre-
Tomitano e da Alessandro Piccolomini. Ma la cultura universitaria, ditato l'immagine del "mago" rinascimentale, pronto ad accogliere
soprattutto nelle sue due maggiori cittadelle di Padova e di Bologna, ogni superstizione e a nutrire la sua fama di espedienti ciarlataneschi.
continuò, per tutto il secolo, a fornire protagonisti ed esempi di una Ma lo studio delle sue opere, e specialmente del De subtilitate e del
discussione che investiva tutti i temi più delicati di una tradizione De rerum varietate, conferma come, dietro i suoi tentativi di costruire
filosofica bimillenaria, di cui ora si conoscevano i più diversi tentativi i grandi "quadri" di una sapienza universale, fosse sempre presente
di interpretazione, affidati alle opere dei commentatori greci, elle- l'immagine dell'universo come imica etema vicenda ciclica, in cui
nistici e bizantini, arabi e "latini". Si trattò — va detto subito - di nulla mai scompare e tutto di tramuta, diviene e ritorna, sotto il
un confronto che non impegnò soltanto i sostenitori delle opposte dominio di una suprema necessità celeste, la stessa che guida i moti
soluzioni "simpliciane" "averroistiche", "alessandrinistiche" ο "tomi- astrali, ne determina gli influssi e fissa ogni destino, pure quello delle
stiche" della dottrina aristotehca dell'intelletto e maestri celebri come dottrine e delle religioni ugualmente coinvolte nel medesimo ritmo
Agostino Nifo, Marco Antonio Zimara, Francesco Vimercati, Simone fatale.
Porzio, Giulio Castellani e Jacopo Zabarella, bensì si estese all'inda-
Anche per il Cardano, l'uomo era la più alta tra le cose mor-
gine minuziosa dei fondamenti della stessa fìsica aristotelica, ai temi
tali, al centro di un universo che egli riassumeva e completava nella
centrali del De coelo (chiamati in causa dalla crisi crescente dell'in-
stessa percezione fìsica del suo organismo. Però il medico, filosofo,
dagine astronomica tradizionale), all'analisi dei procedimenti gnoseo-
astrologo "mago" parlava anche di una "mens", eterna come la
logici e logici che avrebbero dovuto assicurare la certezza del sapere.
divinità e come la materia, che sopravvenendo all'uomo "extrinsecus",
Chi segua, nel procedere dei decenni, lo svolgimento di questa lette-
lo rendeva capace di superare se stesso e di unirsi a Dio, anzi di
ratura universitaria non tarda a comprendere come, al di là dell'ine-
compiere operazioni straordinarie, atti miracolosi come quelli che,
vitabile ripetitività di certi temi, le analisi degli aristotelici contribuis-
per mezzo delle tecniche, ο per la via dell'arte magica, gli permet-
sero, in modo talvolta determinante, a porre in discussione antiche
tevano d'impadronirsi dei più riposti segreti del mondo.
certezze, canoni di verità e metodi conoscitivi sempre più complessi e
Il Cardano, nella sua continua ricerca, disordinata e non di rado
raffinati. Non stupisce che a conclusioni simili a quelle di Pomponazzi
confusa, intendeva conoscere la natura nei suoi processi intrinseci,
giungessero anche il Porzio e il Castellani ο che un contemporaneo, in
nelle cause "intime" che presiedono al suo continuo trasformarsi e
stretto senso, del Montaigne, quale fu lo Zabarella, non solo mirasse
mutare. Ed era, anche, il suo, atteggiamento comune ad altri uomini di
a liberare il processo della conoscenza umana da ogni intervento
cultura del tempo che guardavano all'esperienza come l'unica vera via
estrinseco, ma, nei suoi scritti di logica (che ebbero una vasta fortuna
8 C. Veiou cultura filosofica italiana nell'età di Montaigne

di accesso all'intelligenza di un mondo di cui si avvertiva la straordi- addirittura apologetici della più banale "letteratura d'amore". Opere
naria complessità e ricchezza, irriducibili agli schemi di una scienza come il De Christiana religione, il De amore, il De vita coelitus com-
troppo pervasa di ragioni metafisiche. Cosi Girolamo Francastoro, nel paranda del Ficino, VOratio e i maggiori scritti filosofici del Pico
De sympathia et antipathia rerum (1546) mentre indagava la natura sono, infatti, alle orìgini di idee e di modelli di pensiero che hanno
come un processo in continuo mutamento, in virtù di forze e di leggi lasciato una profonda traccia nella storia intellettuale europea, dal
proprie che l'uomo di scienza deve cercare di cogliere oltre il fluire mondo iionese di Maurice Scève e gli ambienti in cui nacque l'espe-
dei fenomeni, mirava a individuare la più profonda radice della rienza poetica della Pléiade alla cultura inglese dell'età elisabettiana.
coesione che unisce ogni parte dell'universo e ne assicura l'unità. Ma Né occorrerà qui ricordare la ormai vasta letteratura critica che
il Fracastoro, a differenza di quanto avrebbe poi f a t t o un autore così ha chiarito la lunga persistenza del mito ficiniano della "prisca theo-
fortunato e celebre come il Della Porta, non considerava i processi Jogia" e delle tradizioni ermetiche, "caldee", pitagoriche ed "orfiche"
naturali sotto il segno del meraviglioso e dell'occulto, come rivelazioni che l'alimentavano, la singolare avventura intellettuale della "cabbala
di divina vitalità infinita, bensì come il risultato di forze fisiche, cristiana", la continuità suggestiva di una ripresa gnostica culminante
sciolte da qualsiasi elemento magico. Che è, poi, a guardar bene, nella ricerca di una personale "deificatio", estranea ad ogni forma di
un criterio ispiratore anche del più lucido rappresentante di un religione istituzionale e ad ogni prassi sacramentale.
solido aristotelismo scientifico, fondato sul valore essenziale della Certo, simili sviluppi della tradizione ficiniana e del gran tema
osservazione, il celebre botanico e medico Andrea Cesalpino, autore pichiano della "concordia" sono meno evidenti in quei maestri che,
più noto per i suoi risultati scientìfici concreti che per le sue me- sugli inizi del nuovo secolo, si proposero come continuatori della
ditazioni filosofiche affidate alle Quaestiones perìpateticae (1571 e "sapientia platonica", si trattasse di Francesco Cattani da Diacceto ο
1593), pur così propense a risolvere la dottrina aristotelica in una di Francesco Verino ο di un deciso avversario del Pomponazzi come
prospettiva naturalistica ricca di spunti nuovi ed originali. Crisostomo Javelli, tomista, ma assai incline a ricorrere, in senso
apologetico, ad argomentazioni platoniche e a celebrare la dottrina
3. Il Cesalpino apparteneva, per formazione e per studi, a quell'am- del "divino Marsilio". Pure, la tipica insistenza del Diacceto sul tema
biente universitario pisano dove si formò Galileo, ed al quale apparte- deir"eros" come unico supremo tramite per il ritorno dell'uomo
neva anche l'aretino Girolamo Borri, personaggio che Montaigne, all'unità con la Monade divina è il segno della straordinaria presa di
nel suo Viaggio in Italia, presentò come un tipico campione di miscre- una concezione filosofico-religiosa che rispondeva perfettamente alle
denza "peripatetica", giudizio, del resto, avvalorato dalle sue personali inquietudini spirituali del tempo, rivestiva di una particolare dignità
disavventure con l'Inquisizione. Sarebbe però grave errore ritenere che speculativa la stessa dottrina paolina della "Charitas" e si esprimava
la cultura filosofica italiana del pieno e maturo Cinquecento s'iden- con linguaggio ed immagini assai attraenti per quei nuovi ceti intel-
tificasse con questa pur illustre tradizione aristotelica, con le sue lettuali del tutto estranei alla sottigliezza dialettica ed alle astrazioni
inevitabili ambiguità e con i limiti che le erano imposti dalla sostan- della teologia scolastica. Non si spiegherebbe altrimenti la grande
ziale accettazione di un quadro teorico e problematico univoco. fortuna di simili dottrine negli ambienti intellettuali dove si forma-
Una lunga tradizione storiografica ha spesso contrapposto all'aristo- rono i futuri "evangelisti" francesi ο molti dei cosidetti "spirituali"
telismo cinquecentesco l'opposta dottrina dei platonici, senza con- italiani con i quali ebbe a lungo amicizia e dimestichezza anche
siderare sia la presenza di spunti ficiniani nella stessa filosofia dei l'autore del primo classico della "letteratura d'amore", Pietro Bembo.
"peripatetici", sia la costante presenza di tendenze "conciliatrici" e di Non s'intenderebbe perchè tra gli scritti composti e pubblicati nei
un eclettismo divenuto presto un tipico costume accademico. In primi decenni del Cinquecento (furono elaborati agli inizi del secolo,
realtà, l'influenza del Ficino e del Pico nella filosofia cinquecentesca ma la loro circolazione a stampa cominciò solo con l'edizione romana
fu costante e profonda e, non di rado, rivelatrice di certe radicali del '35) abbiano un posto di così alto rilievo i Dialoghi di amore di
istanze religiose, in netto contrasto con gli esiti meramente letterari ο Jehudah Abrabanel (Leone Ebreo), il filosofo israelita esule che, pur
JO C. Votali ΙΛ cultura filo$ofica italiana nell'età di Montaigne il

richiamandosi spesso alle dottrine ficiniane e picliiane, le arricchì con pericolosità non sfuggì ad alcuni dei rappresentanti del movimento
la tensione di una coscienza religiosa nutrita dalla tradizione biblica e cattolico riformatore del tempo, dal Bembo al Cortese ed al Conta-
dalla potenza immaginosa dell'esegesi neoplatonica ebraica. Qui, rini, assai sospettosi nei confronti di possibih eresie trinitarie. Invero,
infatti, l'amore diventa la suprema forza unitiva dell'universo, potenza chi vada rileggendo alcuni testi tipici di intellettuali italiani di idee
originaria e inesauribile che trae dall'oscura confusione della materia riformate, come Celio Secondo Curione. Aonio Paleario. Francesco
prima l'ordine e la bellezza del cosmo, virtù generativa da cui tutto Pucci, può intendere come certi moduli tipici del platonismo, e, in
ha vita ed armonia. Ed è comprensibile che. per Leone Ebreo, cielo e particolare, la dottrina della "deificatio" dell'uomo e del suo ritorno
terra siano esseri viventi che, proprio nella loro unione amorosa all'unità originaria favorissero una versione "esoterica" dell'eterodossia
mantengono l'universale simpatia delle cose, e che ogni realtà vivente e propiziassero l'elaborazione di dottrine radicali, estranee ad ogni
partecipi di questo vincolo unitivo, di cui è fatta la perfetta "circo- definizione confessionale.
lazione" dei cieli e la corrispondenza dei loro influssi. Nessun essere
meglio e più dell'uomo, animale perfetto che racchiude in sé tutti i 4. Credo, però, che l'opera più esemplare di una cultura che non
"gradi" e le perfezioni del cosmo, può perciò intendere la mirabile esitava a congiungere concezioni platoniche e suggestioni lucreziane,
potenza dell'amore, l'unione e la grazia divina unificatrice del mondo temi di schietta ispirazione astrologica e una considerazione estre-
nel cui possesso consiste la massima e vera felicità. Perchè solo nella mamente amara e drammatica del destino umano sia lo Zodiacus
contemplazione estatica e nell'identificazione totale con Dio, princi- vitae, pubblicato a Venezia, nel '36 e destinato anch'esso ad una
pio e fondamento di ogni amore, si può raggiungere queirultima lunga fortuna europea, tra tardo Cinquecento e Settecento. Sul suo
perfezione che è il dissolversi nell'infinita bellezza divina, oltre ogni autore, Marcello Palingenio Stellato, si comincia solo oggi ad avere
hmite, ogni distinzione e diversità. qualche notizia più certa; ma non v'è dubbio che quel poema abbia
Nella filosofia di Leone Ebreo non mancano — s'è detto — motivi rappresentato uno dei documenti più cospicui della cultura filosofica
gnostici e cabbalistici, sulla linea di quella significativa ripresa d'in- cinquecentesca ed uno dei suoi esiti maggiormente polemici. Per il
teressi per la "judaica sapientia", così tipica di molti aspetti della vita Palingenio, l'universo è ben scandito nella triplice gerarchia dei mondi
intellettuale e religiosa cinquecentesche. Alla cabbala, ma anche alla subceleste, celeste e sopraceleste, nel quale si estende una luce infinita
dottrina patristica di Origene faceva spesso appello un altro seguace che Dio stesso, principio infinito e assoluto, ha generato per estrinsecare
della "pia philosophia" ficiniana e della "concordia" pichiana, il la sua potenza. Questa luce, non visibile agli occhi dell'uomo è il vero
teologo francescano veneziano Francesco Zorzi (Francesco Giorgio regno di Dio; da essa discende la luce intermedia ove dimorano le
Veneto), in due sue opere, il De harmonia mundi e gii in Sacram divinità minori, tramiti del governo del mondo, e, infine, la luce
Scripturam problemata editi rispettivamente nel '25 e nel '36, nonché visibile. Nell'universo immutabile ed etemo non vi è però segno di
in un suo vasto poema dottrinale ancora inedito. Si tratta di due interventi divini ο di finalità provvidenziali; al contrario, in esso
scritti che ebbero — com'è noto — una discreta influenza non solo in dominano leggi inevitabih, destini ineluttabili che pongono la vita e la
Italia (dove molti loro temi furono ripresi anche da un noto uomo di storia dell'uomo sotto il segno della vanità e dell'assurdità. Celebran-
lettere vissuto a lungo a Parigi, Giulio Camillo Delminio), ma anche in do Epicuro e la sua dottrina etica, il Palingenio fa propri molti temi
Francia, specie nel circolo dei seguaci di Guillaume Postel, dove Guy ed immagini lucreziani; ma, soprattutto, egli denunzia il male fonda-
Le Fèvre de la Boderie compose la versione francese del De harmonia mentale del mondo, la brevità e il rapido dileguarsi di tutte le cose, l'il-
mundi (1579). Soprattutto, essi rivelano come l'ermetismo, il cab- lusione di una vita che è solo un fuggevole transito. Le vicende umane
balismo, l'idea della "prisca theoiogia" e iJ tema dell'amore potessero sono soltanto un capriccioso gioco degli dei, una sorta di teatro di cui
divenire il veicolo di audaci meditazioni teologiche, di concezioni gli uomini sono gli istrioni, impegnati a recitare commedie ο tragedie
spiritualistiche singolarmente estranee alla linea dell'esegesi ufficiale, per il divertimento di divinità lontane e indifferenti. Non si può guar-
di un'idea della Chiesa e della sua stessa funzione sacramentale, la cui dare a nessun evento della storia umana senza piangere sulla vanità e
la stoltezza di questi attori che si credono davvero grandi e potenti.
12 C VasoU Lo euitura filotofica italiana nell'età di Montaigne 13

Al confronto con l'amara saggezza dello Stellato può apparire aristotelica era stata profondamente corrotta dall'averroismo e da
assai più convenzionale, ai limiti deirapologetica, il proposito affidato altre temibili forme di empietà, ma cercò di dimostrare che la stessa
da Agostino Steuco, nella sua opera più nota, il De perenni philo- filosofia dello Stagirita era incerta, debole, intimamente contradit-
sophia del 1540. Questo apologeta antiluterano che aveva avuto uno toria. fondata sul senso che è fonte inevitabile di dubbio e di errore.
scambio polemico con il grande Erasmo s'ispira a Ficino ed alla sua In tal modo, la denuncia dell'inevitabile incertezza di ogni sapere
"pia philosophia" per fondare una nuova teologia di ispirazione umano fornì argomenti destinati ad esser presto ripresi dalla cre-
platonica, ermetica e zoroastriana che, recuperando l'antica tradizione scente polemica antiaristotelica e rinnovò la fortuna di quei temi
sapienziale, possa ugualmente opporsi alla miscredenza ed all'eresia scettici, così ricorrenti nei primi documenti del "pirronismo" tardo-
dilaganti ed alla vecchia teologia "disputatrice" delle Scuole, responsa- cinquecentesco e, certo, non ignoti allo stesso Montaigne.
bile essa pure della massima crisi della Cristianità. Eppure lo Steuco
che pone in circolazione alcune idee destinate a interessare ancora 5. Le opere e gli autori dei quali abbiamo sin qui parlato si colloca-
Leibniz, sembra non comprendere che il suo progetto implica la no quasi tutti prima di quella svolta decisiva della storia religio-
dissoluzione del cristianesimo in una sorta di comune "religio" e sa e intellettuale itahana, segnata dagli anni Quaranta, quando una
affida ai "sapienti" e non più ai "magistri" il possesso del "bonum serie di eventi (il fallimento degli ultimi tentativi di un "compro-
fidei". messo" con il mondo riformato, la morte del Contarini, la fuga
In realtà, la risposta più radicale alla grande crisi spirituale del deirOchino e del Vermigli, l'istituzione dell'Inquisizione romana e la
tempo era stata già data, anni prima, da Giovanfrancesco Pico, il sempre maggiore preminenza del Carafa) posero fine a un periodo di
nipote del grande Giovanni, fervente seguace del Savonarola e dei più relativa tolleranza, mentre iniziava un più stretto controllo su tutte le
tardi savonarohani, vicino allo zio, negli ultimi tempi della vita forme di espressione e di elaborazione intellettuale.
dedicati a severe meditazioni religiose. Continuatore della polemica Le molte manifestazioni di dissenso e di critica religiosa già
antiastrologica e credente nella verità dei doni profetici, egli intese espresse, in forma più ο meno "coperta", dovettero tacere ο rassegnarsi
combattere ogni forma di falsa rivelazione e previsione del futuro, a nascondersi dietro la maschera "nicodemiiica" di un linguaggio
contrapponendo alle finzioni di astrologi e indovini la superiore virtù fatto di allusioni e di immagini "cifrate", celate, magari, nell'allusione
deir"intelIetto profetico" già teorizzata da Avicenna e alcuni filosofi "codificata" delie "imprese" ο dei "geroglifici". Del Machiavelli si
ebrei. Poi, dall'idea pichiana della "concordia" di tutte le dottrine, potè parlare solo usando l'espediente di una falsa condanna, ο celan-
egli passò invece alla contestazione della verità di tutte le filosofie do le sue dottrine sotto l'immagine di Tacito, oppure elaborando
"pagane", mostrandone il perenne contrasto e l'assoluta inconci- concezioni che previlegiavano la "ragion di Stato", ο - com'è stato
liabilità. La familiarità con gli scritti degli Scettici e, in particolare, detto con espressione calzante — la"ragion di Chiesa". Anche le
con quelli di Sesto Empirico, già circolanti proprio negli ambienti posizioni più audaci di alcuni maestri universitari furono permesse
savonaroliani, gli permise di rinnovare la puntigliosa enumerazione di solo nell'ambito di un costume accademico sempre più formalistico e,
tutte le contraddizioni, gli errori e le "fallaciae" degli antichi. Cosi comunque, contenuto entro gU stretti confini del piccolo mondo dei
fideismo e scetticismo, accettazione di una suprema illuminazione "dotti, costantemente sorveghato e sottoposto a particolari cautele
sovrannaturale e rifiuto della presunzione della ragione umana si disciplinari. Chi non accettò queste norme (alle quali dovè sottoporsi,
intrecciarono nella critica non solo della filosofia, bensì di tutte per alcuni anni, pure Fausto Socini, prima di diventare il pensatore
le discipline umane, dalle lettere alle arti, dalla grammatica alla più radicale del dissenso religioso cinquecentesco) ο scelse la via
retorica, dalla logica alle matematiche. NeWFxamen vanitatis doctri- dell'esilio, ο vide, di anno in anno, sempre più restringersi le pos-
nae gentium (1520), l'oggetto del suo attacco fu la dottrina di Aristo- sibilità di critica e di discussione, mentre si rafforzava l'egemonia del
tele e degli aristotelici, erroneamente considerata conciliabile con la "blocco" culturale controriformista, ormai legato alla conservazione
fede cristiana; e il Pico non si limitò a dichiarare che la tradizione di un'antica "imago mundi" ed all'aUeanza tra la teologia ortodossa e
14 C. Vaeoli La cultura flloêofica italiana nell'età dì Montaigne 15

la "scienza" universitaria tradizionale. Eppure, anche nel corso degli telica aveva tanti precedenti illustri. Costui pubblica, soltanto nel
anni Cinquanta non mancarono episodi assai interessanti per lo '65, i primi due volumi del De rerum natura iuxta propria principia,
studioso di storia della filosofia, come la decisa polemica di Mario su! quale continuerà a lavorare per il resto della sua vita, prima di
Nizilio che, nel De principiis (1553) condannò recisamente la dottrina giungere all'edizione definitiva dell'opera, in otto libri, apparsa sol-
logica di Aristotele, opponendole la naturale articolazione gram- tanto nell'Só. Si tratta di uno scritto che non ha alcuna esplicita
maticale del linguaggio e le sue forme "storiche" che escludono ogni intenzione polemica nei confronti delle istituzioni e dei poteri domi-
astrazione ο ipostasi metafica. Ma sarebbe facile ripercorrere, nel nanti. Fppure il titolo stesso è di per sé il segno di una profonda
corso di questi decenni, anche le varie discussioni intorno a temi di rottura, la condanna recisa di ogni filosofìa che, non accettando con
etica, di poetica e di logica che non interessarono soltanto filosofi e umiltà d'intendere le forme e le leggi della natura, pretende, invece,
filologi, uomini di lettere e di scienza, bensì toccarono spesso temi d'imporle un proprio immaginario sapere. II rifiuto di tutte le dot-
singolarmente importanti, si trattasse di chiarire il nesso tra filosofia, trine che si pongono arbitrariamente come norma dell'universo è,
poesia e storia, di discutere del carattere della rappresentazione insomma, netto e deciso; così come è esplicita la riprovazione di chi
artistica e della sua funzione imitatrice, oppure di analizzare i rap- ha voluto trasformarsi in una sorta di divinità, immaginando il mondo
porti tra etica, politica e religione. Gran parte di queste analisi a proprio arbitrio e ignorando i principi che Dio stesso ha dato
hanno -- è vero — come punto di riferimento obbligato Vtthica all'universo. Contro costoro, ossia contro i comuni rappresentanti
aristotehca, tradotta, magari, nella lingua volgare ormai riconosciuta della cultura filosofica dominante, il Telesio si appella al senso, come
nella sua dignità culturale, ο la Poetica, minutamente chiosata e allo strumento più immediato e più sicuro che permette di cogliere la
discussa, in funzione di espressioni letterarie nuove. (Si pensi soltanto vera natura delle cose che sono esse pure tutte sensibili e viventi.
alla polemica intorno alla relativa superiorità dell'Ariosto ο del Tasso, Anche per Telesio, il mondo è costituito da principi ο nature
ο alla diatribe su tentativi di elaborazioni moderne della tragedia ο "agenti" e da una massa corporea unica e comune, inerte e "quasi
della commedia). Ma si dovrà pure riconoscere che, sia la cultura morta", oscura e passiva, sostrato, appunto delle nature "agenti" che
universitaria, sia quella che trovò il suo punto di aggregazione nelle perennemente le impongono le loro "forme". Sicché la realtà vive
Accademie mantenne ancora una sua indiscutibile vitalità. Né è un dell'unità inscindibile e inseparabile che risulta da questo perenne
caso che l'opera di autori la cui vita attraversa gran parte del secolo processo e che sempre si rinnova nel continuo mutare delle forme.
(come accadde allo Speroni, nato nel '500 e morto neH"88, ο al Si dirà — ed è obiezione che subito gli fu rivolta dei suoi con-
Piccolomini, vissuto dal 1508 al '78) sia stata composta, nella mas- temporanei — che anche il filosofo cosentino giunge così ad elaborare
sima parte, negli anni tra il '40 e il '60, prima che la repressione una sorta di metafisica che, per certi aspetti, sembra rinnovare la dottri-
si estendesse dalla condanna delle varie forme di eterodossia religiosa na di Democrito ο di Parmenide; e che, d'altro canto, la stessa autono-
al controllo sempre più stretto e sistematico delle opinioni filosofiche mia della natura e delle sue leggi costantemente proclamata, trova il suo
più pericolose per la continuità di un tipo di cultura ormai consi- limite nell'idea di una divinità creatrice e ordinatrice del mondo. Ciò
derato omogeneo alle istituzioni religiose e politiche. non toglie che Telesio appunti la sua critica contro la tendenza tipica
Con tutto questo, è pure un fatto che, proprio nel corso degli della filosofia e della scienza scolastica che mira a trasformare le forme
anni Sessanta, la crisi delle tradizioni dominanti nella cultura ufficiale e i processi naturali in "essenze" astratte e a fare di esse immutabili
cominciò ad esprimersi in autori e in testi di cui è evidente la fun- principi metafisici dai quali si può poi dedurre, per pura via di ra-
zione eversiva, al di là delle stesse personah intenzioni. gione, l'ordine universale delle cose. È sintomatico che la sua po-
Si consideri il caso di Bernardino Telesio, un filosofo che, per lemica, volta non tanto contro Aristotele quanto verso i suoi pretesi
tutta la sua vita, si mantenne estraneo alla "routine" accademica, seguaci che ne hanno dimentica la rubusta ispirazione sensistica,
anche se aveva compiuto i suoi studi filosofici a Padova, ossia in un rivaluti il naturalismo presocratico e si richiami alle intuizioni ori-
ambiente dove lo studio filologico e critico della tradizione aristo- ginarie di un'antichissima filosofìa non ancora distorta dal fallace
costume accademico e capace di scrutare i veri principi della natura.
16 C. Votoli Lo cultura filoêofica ttaHana nell'età di Montaigne 17

6. Tra i vari interlocutori ed obiettori di Telesio il più acuto e sagace profetiche. Infine, negli ultimi tempi del suo soggiorno ferrarese
f u un filosofo appartenente ad una generazione più giovane, quella (1591), là Nova de universis philosophia propose alle più alte autorità
che si trovò ad operare soprattutto tra gii anni Sessanta e Novanta, della Chiesa, come unica possibile soluzione della grande crisi spiri-
dopo la conclusione del Concilio Tridentino e nel clima di crescente tuale del secolo, l'accettazione di una filosofia sapienziale, fondata su
controllo religioso e dottrinale inaugurato dal pontificato di Papa tutte le testimonianze dei "prisci" e giudicata del tutto compatibile
Ghislieri (Pio V): Francesco Patrizi da Cherso. Anche il Patrizi era un con un cristianesimo "illuminato" dalla superiore intelligenza dei
filosofo "irregolare", formatosi, come il Telesio, a Padova, ma che, "dotti".
più tardi, era passato attraverso esperienze tra le più singolari, vivendo Il Patrizi, con la sua chiamata a Roma, nel '92, quale profes-
alcuni anni a Cipro come amministratore e bonificatore di proprietà sore di "filosofia platonica" alla Sapienza, potè illudersi che il suo
patrizie, dedicandosi poi ad una non fortunata attività di mercante di progetto incontrasse il favore delle più alte istanze della Chiesa. Ed è
codici, stampatore ed editore, prima di approdare alia corte ed noto che anche Giordano Bruno la considerò come il possibile segno
all'università ferrarese, uno dei centri italiani ancora più aperto alla di un mutamento decisivo della politica culturale della Sede romana.
libera circolazione delle idee. Ma il suo vero esordio può essere Ma né potenti protezioni, né la stessa personale simpatia di Papa
collocato intorno agli inizi degli anni Sessanta, quando, a Venezia, Clemente VII!, poterono impedire che, nel 1594, la Nova de universis
aveva iniziato una sua critica radicale delle concezioni tradizionali, philosophia venisse condannata all'Indice "donec corrigatur" e che
aristoteliche e umanistiche, della natura del linguaggio, della retorica, venissero, poi. sostanzialmente respinti tutti i suoi tentativi di giusti-
delle varie discipline del discorso e della storia, nutrita dall'idea della ficarla ο di emendarla. Già, del resto, la condanna all'Indice delle
progressiva corruzione della parola umana e dell'inevitabile degenera- opere di Francesco Giorgio Veneto era stato il segno del prevalere
zione del mondo, rivelata dal carattere della storia e della società di più rigide "chiusure" aristoteUche e del rifiuto di una proposta
umane, sempre dominate dalla paura e dall'inganno. I Dialoghi della dottrinale che fondava il proprio programma religioso e intellettuale
Historia e della Retorica (che risalgono rispettivamente al '60 ed al sulle testimonianze filosofiche e religiose premosaiche. Ma l'intervento
'62) sono i documenti più interessanti di questa critica, non ignara contro il Patrizi dimostrò che la repressione, già svolta soprattutto
della lezione del MachiavelU, e mtesa a dissolvere i "loci communes" nell'ambito del dissenso religioso, si era ormai estesa a quello del
di una cultura solidamente radicata specie nel mondo intellettuale dibattito filosofico e che presto avrebbe investito anche le opinioni
veneto. Poi, durante gH anni di Cipro, il Patrizi aveva meditato e scientifiche. È vero che la condanna al rogo, eseguita pochi anni
iniziato le Discussiones peripateticae, un'opera compiuta solo nel dopo, il 17 febbraio 1600, in Campo de' Fiori, nella persona di
1581, che era, in realtà, un tentativo sistematico di "demolizione"di Giordano Bruno, si fondò su gravi accuse di carattere religioso, avva-
tutta la tradizione "peripatetica", proprio nel momento in cui essa lorate dall'imprudente linguaggio dell'ex domenicano e, forse, anche
tornava ad essere l'interlocutrice previlegiata e il fondamento meto- da ragioni di ordine schiettamente politico. Ma è difficile separare
dologico di tutte le ortodossie teologiche. Questa critica (che aveva quelle accuse dal proposito di colpire, nella maniera più rigorosa, la
non pochi punti in comune con quella svolta anche da Pietro Ramo), filosofia esposta nei dialoghi italiani e nei cosidetti "poemi franco-
ricca di sottili argomenti filologici, ma anche di capziosi espedienti fortesi", profondamente eversiva delle più solide tradizioni della
polemici, si concludeva con la celebrazione degli antichissimi filosofi cultura controriformista, dissolutrice di quell'imago mundi che era
greci, partecipi di una "sapienza" originaria affidata alla tradizione ormai divenuta consustanziale alla dottrina teologica, sostenitrice
ermetica e platonica; e doveva trovare la sua soluzione teorica già dell'assoluta infinita ed eternità dell'universo, identico alla sua caus£
neU'elaborazione della grande Poetica (1586-88), forse il tentativo più divina, immutabile e immortale, nel perenne mutare delle sue forme e
interessante di tutto il tardo Cinquecento di contrapporre alla dot- delle sue manifestazioni, vita assoluta che non conosce né morte né
trina aristotelica dell'"imita tio" il tema della "maraviglia" come fine. In questa dottrina che trasformava la rivoluzione astronomica di
carattere proprio della poesia, ricondotta alle sue origini "orfiche" e Copernico nel principio eversivo di ogni antica credenza e "ignobile"
la cultura ftloeoftea italiana nell'età di Montaigne 19
18 C. Votoli

illusione umana, era pure implicita una "riforma" etica radicale e un delle idee più radicali, come sempre accade quando la ragione deve
nuovo concetto della libertà intellettuale e del destino umano del assumere come propria "impresa" il motto fatale: "Prodeo larvata".
t u t t o inconciliabile con la rigorosa disciplina e il duro controllo
Cesare VASOLI
intellettuale imposto dalla "ragion di Chiesa" post tridentina. Certo,
Taristotelismo universitario poteva ancora continuare le sue sottili
discussioni sui testi del "Philosophus" ; e Cesare Cremonini, il collega
padovano di Galileo avrebbe ancora difeso di fronte airinquisi-
zione il suo diritto di leggere Aristotele, secondo l'effettiva verità
della sua "littera". La stessa tradizione platonica poteva ancora
generare il concordismo assai eclettico di Iacopo Mazzoni, l'erudito ed
enciclopedico professore pisano, destinatario nel '97 di una nota
lettera galileiana in difesa delle posizioni copernicane. Ma, intanto, il
giovane Campanella, coinvolto in un'assurda e temeraria congiura, allo
schiudersi del nuovo secolo, era ormai chiuso neir"orribile Cauca-
so" delle segrete napoletane, agli inizi di una sconvolgente esperienza
intellettuale ed umana, mentre già si annunziavano nuovi conflitti
intellettuali e ideologici, alla vigilia della ripresa delle grandi confla-
grazioni europee.
Il dibattito che si era spento ο aveva dovuto mascherarsi nell'am-
bito troppo scoperto delle dottrine filosofiche sarebbe risorto e
continuato sul terreno offerto dalla nascita della nuova scienza
ο da quelle lotte giurisdizionali che tornava ad opporre i diritti e
i poteri dello Stato alla suprema autorità della Chiesa. Ma i casi
emblematici del Sarpi e di Galileo avrebbero dimostrato quanto fosse
diffìcile ed alla fine impossibile difendere ogni autonomia politica
ο teorica, in una società ormai dominata da poteri assoluti e di
fronte ad una ideologia "totale" bene organizzata in un "sistema"
intellettuale e istituzionale solido ed efficiente. Nel secolo in cui la
meditazione di Montaigne conosceva la sua prima larga diffusione
europea, la cultura filosofica italiana avrebbe dovuto scegliere altre vie
e diversi cammini per mantenere, attraverso le discussioni scientifiche
e la ricerca erudita, il suo vitale rapporto con il pensiero europeo, con
il mondo di Bacone e di Descartes, di Gassendi e di Mersenne. Né
stupisce che la recezione di un pensatore e di un'opera, per tanti sensi
cosi legati anche alle più avanzate esperienze intellettuali del Cin-
quecento italiano, potesse avvenire soltanto nei modi difficili e
controversi che questo convegno si appresta a illustrare. Segno anche
questo di un tempo di dure intrasigenze, di necessarie "dissimu-
lazioni", ma anche di segrete diffusioni e di circolazioni imprevedibili
66 Λ. M. Raugei

(26)
le voilà saisi -beccoli colti (23r)
nous voilà ... ensevelis -»-eccoci ... sepuiti (28v)
le voilà avalé —^eccolo allongato (64r)
nous voilà guéris ->^eccoci guariti (80r).

(27) Si osservi che nei due soli casi di conservazione il predicato è rappresentato dal
sostantivo cosa accompagnato da determinante;

c'est chose vaine ... que l'humaine prudence —»è cosa vana ... la prudenza
humana (42v)

c'est une prétieuse chose que la santé -»pretiosa cosa è la sanità (120r)

Una diversa soluzione conosce invece la sequenza:


ce sont pour moy mauvais respondans que magitiens —»-ma quanto a me
non credo punto a' magici (33v),

dove Naselli non rinuncia comunque alla costruzione diretta.


(28) Essais ΠΙ. 2, pp. 18-19 dell'ed. Rat, cit. a p. 9.
(29) Si veda P. VILLEY, Montaigne devant la postérité, Paris, Boivin, 1935, opera ancor Florio traduttore dì Montaigne:
oggi insostituibile per il più generale problema della ricezione degli Essais.
una lettura infratestuale

On dit bien vrai qu'un honnête homme, c'est un homme méléi.

"Florio, che fai? Vai cosi ardito al Monte?": il "Monte" è na-


turalmente Montaigne, la citazione è da una pièce liminaire alla prima
edizione inglese degli Essais, del 1603, il traduttore, John ο Giovanni
Florio, era un angloitaliano di rehgione riformata^.
Il Montaigne di Florio esce dunque l'anno in cui si spegne Elisa-
betta, ultima delle grandi traduzioni Tudor e nell'intero arco dell'età
shakespeariana seconda soltanto, a giudizio di T. S. Eliot almeno, alla
Bibbia di re Giacomo^. Traduzione discussa fin dal suo apparire —
"Enough, if not too much, hath beene sayd of this Translation", scrive
Florio nella prefazione alla seconda edizione, del 1613 — e sulla quale
si discute ancora: "admirable" per Sidney Lee, "médiocre, infidèle,
fantaisiste" per Pierre Villey, scegliendo di citare solo due autorevoli,
e discordanti, valutazioni del nostro secolo^. E traduzione sostituita,
già nel 1685, un cinquantennio dopo la sua terza e ultima edizione,
postuma, del 1632, da quella senza dubbio più fedele di Charles
Cotton, per non tornare a essere pubblicata che nel 1885. Nella
versione di Florio, quindi, Montaigne influenza la cultura britannica
solo per poche generazioni, che includono però quelle di Shakespeare
e di Milton.
68 E. Meiuueé Florio traduttore dl Montaigne 69

È nella sua prospettiva storica, cinquecentesca, che mi propongo formes de parler, comme les herbes (e implicitamente le famiglie],
comunicare alcune osservazioni e riflessioni sullo straordinario in- s'amendent et fortifient en les transplantant" i3. Sono insomma, nel
contro Montaigne-Florio, sulla base di una lettura infratestuale dei linguaggio del tempo, "Christiani di sangue Hebreo", benché né
loro scritti. l'uno né l'altro mai accenni espUcitamente alla propria ascendenza
Da un preliminare confronto - di Montaigne e i suoi Essais ebraica, e comprensibilmente, le nazioni in cui vivono essendo inter-
con Florio e gli Essayes - non emergono che dissonanze. Penso che, dette agli ebrei, l'Inghilterra dal 1290, la Francia dal 1394, anche se,
se avesse potuto scegliere il suo traduttore, Montaigne avrebbe scar- in limitata misura la prima, in più larga misura la seconda, soprattutto
tato Florio. Un lessicografo e un erudito, forse un po' una "tête la regione di Bordeaux, sono successivamente divenute asilo di nuevos
meublée de science^'« ; un insegnante notoriamente pedante, l'originale cristianos, ebrei battezzati con la forza nella penisola iberica, per
(sembra) del ridicolo maestro Oloferne in Love's Labour's Lost: controllare la cui ortodossia è stata creata una speciale I n q u i s i z i o n e .
'"Mais je hais par sur tout un savoir pédantesque'"«... Se poi Mon- Penso che nella "prudence" della sua "conduite" il signore di
taigne avesse potuto vedere le prefazioni stese da Florio per la tra- Montaigne rimuova nei suoi scritti, a livello conscio e forse anche
duzione (una per ogni libro), vi avrebbe trovato quella "affectation" inconscio, quanto potrebbe nuocergli: "tous moyens honnêtes de se
e "recherche", quelle "fantastiques élévations" a lui sgradite, un garantir des maux sont non seulement permis, mais louables", "11 ne
ipereufuismo, tutto "Taffeta phrases" e "silken terms", un parlare faut pas toujours dire tout, car ce serait sottise", "à l'aventure ai-je
artificiosamente "peigné", agli antipodi del proprio, "sec, rond et quelque obligation particulière à ne dire qu'à demi'^is; e che una
cru'"'. Se infine avesse potuto leggere il suo "livre" "in English simile rimozione operi anche Florio nei suoi lavori dati alle stampe.
clothes", non l'avrebbe certo ritenuto "embellished", come Florio si L'eloquenza del silenzio è soprattutto frappante negli Essais,
illudeva di averlo reso con le tante ridondanze e manierismi barocchi così intensamente personaH. Silenzio sulla madre, in contrasto con i
di cui l'aveva omatos. tanti, affettuosissimi, riferimenti al padre; una madre che dà una
Per parte sua Florio, magister elegantiarum, di uno stile raffinato numerosa figliolanza al marito e che, per desiderio di lui, rimasta
e corti&eLno, con una clientèle di studenti di élite, che aveva intra- vedova continua a risiedere a Montaigne, con Michel che ne è di-
preso la traduzione su suggerimento di un suo nobile protettore, venuto il signore e al quale sopravvive. Silenzio sui parenti della
quasi su commissione, e l'aveva poi condotta a termine in ambiente madre stabiliti a Toulouse, dove il giovane Montaigne è inviato a
aristocratico, con tutto l'entusiastico apprezzamento che tra i primi completare la propria istruzione, benché più volte il soggiorno tolo-
ebbe per Montaigne», immagino dovette soffrire nel trovarsi a tra- sano vi sia ricordato. E silenzio sulla cospicua presenza marrana a
durre frasi come "que le Gascon y arrive, si le Français n'y peut Bordeaux, e del resto a Toulouse, presenza che a Montaigne è certo
aller!", "Puissé-je ne me servir que de ceux [i vocaboli] qui servent ben nota, non solo per le connexions materne, e per la carica di
aux halles à Paris!" ο "J'aimerais mieux que mon fils apprît aux primo cittadino di Bordeaux, del padre e poi sua, ma perché era un
tavernes à parler, qu'aux écoles de la p a r l e r i e " i o . segreto di pubblico dominio, soprattutto dopo che le vantaggiose
Dissonanze, tuttavia, di superficie, non di fondo, di manière, lettere patenti concesse nel 1550 (Montaigne aveva diciassette anni)
direi, non di matière, mentre le consonanze tra "the father" degh da Enrico II agli "immigrés portugais appelés Nouveaux Chrétiens" vi
Essais e il loro "fondling foster-father", nelle parole di Florioii, si avevano incoraggiato l'afflusso di profughi dal sud dei Pirenei senza
intrawedono profonde e pare a me siano riconducibili al loro simile scoraggiarne il criptoebraismo. Se su tutto il versante materno Mon-
background, alla non limpieza de sangre'^'^ che li accomuna. taigne tace, da altre fonti si ha nondimeno notizia di due suoi zii,
Sono, l'uno e l'altro, "hommes mêlés", "d'une condition mixte", Martin e Francisco Lopez, che nel 1542 (quando egli aveva nove
"métis", discendenti, dal lato materno Montaigne, almeno da quello anni) fanno parte della piccola colonia marrana di Londra, e si sa
paterno Florio, da famiglie "transplantées", condizione vista in luce anche che la famiglia di Martin Lopez assume in seguito una certa
positiva dal primo: "un honnête homme, c'est un homme mêlé", "les importanza in seno alla comunità calvinista di Anversa: dei parenti
Florio traduttore di Montaigne 71
70 E. Menaaeé

"questa impia e crudelissima sfacciata lezabel Regina hebbe rubbato


materni guadagnati dal marranesimo alla Riforma, dunque, come del
quel Regno a Christo e datolo in preda ad Antichristo"22, quando
resto al campo ugonotto passano due fratelli di Montaigne e forse la
cioè Maria cinge la corona d'Inghilterra e vi restaura il cattolicesimo.
stessa sua madre
U conseguente esodo protestante conduce Michel Angelo e la sua
Mentre a monte dell'autore degli Essais è l'odissea dei desterrados
"famigliuola" ad Anversa, poi a Strasburgo e da li, su invito dei
di Spagna e Portogallo, una tragica storia di processi inquisiioriali, di
"Signori Grigioni", a Soglio ("Soy") in Val Bregaglia, dove egli
lorture e martirio, di roghi (i quemaderos vi continuarono a fumare
diventa "Ministro" della "reformata Chiesa"23. È dunque tra le Alpi
per tutto il Cinquecento e nel Siglo de Oro, innumerevoh susse-
Retiche, nel rifugio valtellinese degli eretici italiani, che John Florio
guendosi gli autos'da-fé), a monte del traduttore degli Essais è la
riceve la sua prima educazione, per proseguirla, |iembra, "apud Ver-
diaspora dei protestanti itahani dei Rinascimento, alcuni di origine
gerium" nell'Università di Tubinga "in stipendmm principis" (del
ebraica, come appunto i Florio, toscani, non è chiaro se di Firenze,
luterano duca del Württemberg), e quindi completarla nella natia
Siena ο Lucca, in ogni caso città con comunità ebraiche e la loro
Inghilterra, ormai elisabettiana, a Oxford, come "poor scholar" del
consueta triste storia di persecuzioni, espulsioni, conversioni coatte.
puritano Magdalen College^^.
Buona parte delle notizie di cui disponiamo sulla famiglia Florio Ai cambiamenti religiosi che sconvolsero l'Inghilterra Tudor
sono fornite dal padre di John, Michel Angelo, in un'Apologia pub- e in cui i Florio furono coinvolti Montaigne accenna nella "Apolo-
blicata nel 1557 (e mai più ristampata), in cui si difende dall'accusa gie de Raimond Sebond", ovviamente deplorandoli, in un passo
che gli è stata mossa di essere ebreo sostenendo di discendere da in cui ricorda anche la dominazione inglese nel suo "quartier" (la
"padre et madre battezzati a la papesca" ma ammettendo che i suoi Guyenne) e le tracce che aveva lasciato persino nel suo castello:
"passati" erano "avanti il battesimo stati hebrei"!''. Oltre che bat-
tezzato, Michel Angelo è fatto frate, e si trova "Infelicissimo [...]
Il n'est rien sujet à plus continuelle agitation que les lois.
sotto l'habito franciscano [...] sepolto ne l'infinite superstizioni anzi Depuis que je suis né, j'ai vu trois et quatre fois rechanger
Idolatrie contro a la mia conscienza", finché, conosciuta la religione celles des Anglais, nos voisins, [...] au plus important sujet
riformata "per la Dio mercè", si accinge a "darne fuori qualche qui puisse être, à savoir de la religion. De quoi j'ai honte
saggio" (a Faenza, Padova, Roma, Venezia, Napoli: gli itinerari, qui e et dépit, d'autant plus que c'est une nation à laquelle ceux
più avanti, sono significativi poiché disegnano una mappa della de mon quartier ont eu autrefois une si privée accointance, qu'il
predicazione dell'Evangelo in Italia che tocca luoghi distinti tutti dalla reste encore en ma maison aucunes traces de notre ancien
presenza di comunità ebraiche) finendo così nelle carceri dell'In- cousinage 25.
quisizione Romana . Trascorsi ventisette mesi, tra il 1548 e il
1550, "prigione in Roma", dove "con tanta crudeltà mi tormen- "[...] au plus important sujet qui puisse être, à savoir de la re-
tomo", riesce a fuggire e, "spogliato dell'habito fratesco", riprende il ligion": parole che giustificano (spero) il mio porre l'accento sul
suo errare, attraverso l'Italia (da Roma in "Abruzzo", a Napoli, in retaggio religioso del saggista francese e del suo traduttore italoinglese.
"Puglia", dove è "carezzato da Christiani fratelli", via mare a Vene- Montaigne vive e muore cattolico in una monarchia cattolica (sia pure
zia, e da li a Mantova, Brescia, Bergamo, Milano, Pavia, Casale Mon- dilaniata da guerre civili di religione), Florio (dopo il primo giovanile
ferrato), e poi la Francia (Lione, Parigi), fino a raggiungere l'In- errare) vive e muore protestante in una monarchia protestante, l'uno
ghilterra ("Londra città famosissima")!^. Famosa era allora l'Inghil- e l'altro leali sostenitori del potere costituito.
terra - siamo negh anni del breve regno di Edoardo VI ~ per l'asilo Ma il cattolicesimo di Montaigne, il suo cristianesimo stesso,
che offriva ai perseguitati "for Religion"2o e Michel Angelo Florio è talmente ambiguo da aver suscitato le più disparate interpretazioni.
diviene predicatore nella chiesa italiana riformata di Londra, di Per Sainte-Beuve Montaigne non è affatto cristiano anche se cattolico
recente costituzione. Si ammoglia, forse con una rifugiata italiana, di facciata: "Il peut bien avoir paru très bon catholique, sauf à
forse con una "Angla"2i, e nasce John nel 1553, l'anno in cui n'avoir guère été chrétien"; per Thibaudet è senz'altro cristiano, con
72 Β· Menoêcé 73
Florio traduttore di Montaigne

simpatie calviniste e anticipazioni gianseniste: "La voix de Montaigne (cattolico, protestante, islamico), portano al dubbio circa la "vera"
[...] est tournée, du côté du passé, vers le calvinisme, du côté de religione e all'intuizione che tutte si equivalgano, allo scetticismo, al
l'avenir, vers le jansénisme"; ma Gide sul cristianesimo del grande laicismo, al libertinismo. Se Baruch Spinoza è un punto di arrivo di
saggista ha forti riserve: "Il parie souvent de la religion; jamais du tale travagliato processo, ritengo che il signore di Montaigne, a dispet-
Christ. Pas une fois, il ne se reporte à ses paroles; c'est à douter s'il a to ο a motivo del suo nicodemismo, ne rappresenti uno stadio inter-
jamais lu l'Evangile"; e Morel, constatando come egli "se passe medio, come il "cugino" Florio dovette cogliere nel renderlo fruibile
curieusement de l'incarnation", conclude per un generico "fidéisme alla cultura inglese^o.
chrétien", mentre Balmas lo vede "segretamente agnostico" e Mer- Benché sia Montaigne sia Florio tacciano circa il comune ancestrale
leau-Ponty addirittura "à l'opposé de la religion"26. Montaigne stesso background, entrambi rivelano però una non trascurabile attenzione
— e mi piace credergli - dice dei suoi saggi che sono scritti "d'une verso l'ebraismo, e quando scelgono di parlarne — il primo nel
manière laïque, non cléricale, mais très religieuse toujours"^?. Journal oltre che negli Essais, il secondo segnatamente nel suo di-
Meno problemi pone il protestantesimo di Florio, che passa da un zionario enciclopedico - non rispolverano le consuete accuse (deici-
orientamento marcatamente puritano (riscontrabile anche in alcuni dio ecc.) e maldicenze (avarizia ecc.). Notissimo, nel Journal de
esiti della sua traduzione degli Essais) a posizioni meno advanced, voyage, è il dettagliato resoconto della cerimonia della circoncisione
più vicine alla via media della religione di stato: il biografo secenteaco alla quale Montaigne volle assistere, a Romani ; meno note, ma non
oxoniense lo definisce "zealous in the religion he professed''^«. meno significative, le ricche voci che Florio consacra nel suo World of
Personalmente, sento in Montaigne un sincretismo di stampo Words a "sette" ebraiche quali gli Esseni ο i Farisei.
marrano e immagino che Florio l'abbia similmente avvertito se non Negli Essais il retaggio marrano dell'autore emerge continua-
condiviso. Del resto l'itinerario, percorso nel giro solitamente di più mente, velato più ο meno. Montaigne parla sempre di Dio da rigoroso
generazioni, nel quale mi pare possano iscriversi sia l'autore degli monoteista, quasi mai del Cristo ο della Trinità, della Vergine ο dei
Essais sia il suo traduttore, è stato comune a tanti ed è noto. Som- santi, e parla, dell'Eterno, con echi veterotestamentari: "Dieu seul
mariamente, può essere cosi tratteggiato: ebraismo di antichissima e?t" ("Io sono quegli che sono": Esodo 3:14), "Il est bien notre seul
data; cattolicesimo imposto con la forza (in ebraico, il termine per et unique protecteur [...]; mais, encore qu'il de igne nous honorer de
questi convertiti è anusim, che significa coloro alla cui coscienza è cette douce alliance paternelle, il est pourtant autant juste comme il
stata fatta violenza); marranesimo, ovvero sforzo dei neoconvertiti di est bon", "c'est à Dieu seul à qui gloire et honneur appartiennent"32.
conservare vestigia della loro identità professando segretamente la Lo stupore di Montaigne dinanzi alla maestà del creato è quella del
religione dei padri e pubblicamente la nuova; diaspora marrana Salmista, la sua consapevolezza circa "l'inanité, la vanité et dénéantise
clandestina per sfuggire alla morsa dell'Inquisizione, attivissima in de l'homme" è quella dell'Ecclesiaste, la sua gratitudine al "tout-
Spagna, Portogallo, varie parti d'Italia, e durissima nei confronti degli puissant donneur" è quella di Giobbe; mentre la sua venerazione del
"apostati"; ritorno all'ebraismo dei marrani rifugiati nelle terre del sapere è ancora Salomone che richiama, e i suoi rimproveri al suo
Gran Turco, dove è ammesso ed essi possono "togliersi la maschera"; "siècle débordé", "corrompu et ignorant" ricordano le severe censure
passaggio al protestantesimo, considerato un ritorno a metà strada dei Profeti33. Claratteristiche del sincretismo marrano sono una sua
verso l'ebraismo, dei marrani accolti nei paesi riformati, quali l'Olan- affermazione come "Nous nous disons religieusement à Dieu, et à
da, l'Inghilterra, in misura ragguardevole la F r a n c i a ^ « . notre confesseur", ο la sua ammissione di usare - di conoscere - una
Il limbo marrano, il restare "sospesi tra due opinioni", come sola preghiera, il Pater noster, che anche un ebreo potrebbe recitare e
lamenta un rabbino del tempo, la duplicità marrana, a cominciare di cui Montaigne discorre in termini che sembrano conservare me-
dallo stesso nome e cognome, con la sua tradizione ("coutume") moria dello Shemà Israel, la preghiera ebraica per eccellenza^^. U suo
di simulazione e dissimulazione, i contatti marrani con mondi diversi discorso è poi intercalato da locuzioni come "Je loue Dieu", "si Dieu
Τ"
74 Florio traduttore di Montaigne 75
E. Meruucé

veut", "Dieu veuille", che suonano calcate sul giudeospagnolo (lingua Antioco Epifane, rendendo il "Tyran, [...] fais-moi plaindre, fais-moi
verosimilmente conservata dalla madre) in cui ricorrono frequen- fléchir, fais-moi rendre, si tu peux" con "Tyrant [...]. Make mee to
tissime, riflesso forse della precarietà dell'esperienza diasporica^s. faint or shrinke, cause me to moane or lament, force me to yeeld and
Esperienza cui può anche farsi risalire r"horreur de la cruauté" sue for grace if thou canst"39.
e del sangue che Montaigne porta nel suo io più profondo: "Je A proposito della conquista romana della Giudea, Montaigne
hais [...] cruellement la cruauté", "Otez-moi la violence et la force"36 registra, brevemente ma incisivamente, un episodio, letto di nuovo in
(privati del loro stato dalle legioni di Roma, gli esuli ebrei rinunciano Giuseppe Flavio, in cui lo storico parla di tre ebrei crocifissi dai
all'uso delle armi, nella fiduciosa attesa, le mani pulite, che il Messia romani che egh aveva ottenuto di far deporre dalla croce, ancora
ve li riconduca: tale atteggiamento perdurerà quasi due millenni, vivi, tre giorni dopo la loro crocifissione: l'episodio, che illustra la
incrinandosi solo all'inizio del nostro secolo, con il sionismo politico). barbarie umana "au-delà de la mort simple", nel contempo rammenta
Il signore di Montaigne ricorda che Mosè "défendit de manger le sang al lettore cristiano come la crocifissione fosse un supplizio romano
des bêtes" (indiretta denuncia dell'assurdità dell'accusa di infanticidio praticato contro gli ebrei'^o.
rituale regolarmente mossa agli ebrei?), confessa di non riuscire a Ma lo spazio maggiore, nella rievocazione di cronache del martirio
"égorger un poulet sans déplaisir" (inconscia memoria dell'abbat- ebraico, Montaigne riserva a materia che lo tocca più da vicino,
timento all'ebraica degli animali, facendoli soffrire il meno possi- narrando alcuni allucinanti particolari dell'esodo dalla penisola iberica,
bile?), e si vanta che il suo castello, per sua volontà non fortificato, che questa volta attinge da una fonte cattolica, il vescovo Osorio, "le
puramente affidato alla protezione divina, pur trovandosi "dans le meilleur historien latin de nos siècles", autore di una storia di re
moiau de tout le trouble des guerres civiles de France"sia "vierge de Emanuele I del Portogallo'»'. Prendendo le mosse dall'espulsione dalla
sang"3'?. Spagna, Montaigne indugia sull'asilo temporaneo dato dai portoghesi
Al martirologio ebraico infine sono consacrate negli Essais alcune ai profughi a scopo di lucro, quindi sulla scelta loro offerta tra
pagine di grande pregnanza: in parte i persecutori risultano essere imbarco su vascelli pirateschi, schiavitù ο conversione, e infine
pagani (greci, romani), e in parte, invece, cristiani, più precisamente sull'ordine del re, poiché tutti erano "délibérés au passage", di far
cattolici (spagnoli, portoghesi). strappare i figli ai genitori per cattolicizzarli:
Per tre volte Montaigne ricorda la resistenza di Gerusalemme
all'ellenizzazione che Antioco IV tentò di imporle, riprendendo la Ils disent que cet effet produisit un horrible spectacle; la
storia di quella memorabile resistenza dal II Libro dei Maccabei e dal naturelle affection d'entre les pères et les enfants et de plus le
zèle à leur ancienne créance combattant à rencontre de cette vio-
successivo racconto di Giuseppe Flavio e riproponendone tre episodi di
lente ordonnance. 11 y fut vu communément des pères et mères
cui sono protagonisti, rispettivamente, un ragazzo, delle donne, un vec-
se défaisant eux-mêmes; et, d'un plus rude exemple encore,
chio: "l'enfant" contro il cui spirito nulla possono le torture che précipitant par amour et compassion leurs jeunes enfants dans
Antioco gh fa infliggere nella carne; le "femmes juives" che piuttosto di des puits pour fuire à la loi. [...] Quelques-uns se firent chré-
abiurare la propria fede preferiscono suicidarsi con i loro neonati dopo tiens; de la foi desquels, ou de leur race, encore aujourd'hui
averli fatti circoncidere; "le bon vieillard Rasias, surnommé pour l'hon- cent ans après peu de Portugais s'assurent, quoique la coutume
neur de sa vertu le père aux Juifs", che muore combattendo persino con et la longueur du temps soient bien plus fortes conseillères que
le sue viscere contro i persecutori della "Loi de Dieu" (la Torah, che toute autre contrainte^.
significa appunto "Legge", ovvero il Pentateuco)38 . Nel tradurre tali
episodi dell'epica storia dei Maccabei, che sovente i riformati tanno Passo illuminante nella comice del mio assunto, e che non si
propria, emblematica com'è della resistenza a oltranza in difesa della può non collegare all'importanza attribuita da Montaigne a "la cou-
propria coscienza. Florio amplifica il discorso del giovinetto ebreo ad tume", "la reine et emperière du monde" che la "grande souffrance
76 E. Meruueé Florio traduttore di Montaigne 11

engendre", e alla sua asserzione circa la religione che ognuno di noi Ottomano (asilo di tanti profughi ebrei e marrani) e la sua antipatia
professa, quella "en usage" nel paese in cui si trova a vivere^s. Passo per gli intolleranti spagnoli e portoghesi. Dietro alla critica allo
(solo in parte riprodotto sopra) che Florio traduce accentuando le zelante cristianesimo primitivo, che con la distruzione dei testi pagani
colpe dei portoghesi: la loro "inhumanité" diviene "barbarous in- Montaigne pensa abbia arrecato maggior "nuisance aux lettres que
humanitie", le "plusieurs autres indignités" cui sottopongono gli esuU tous les feux des barbares", si intravvedono i roghi di testi ebraici
ebrei divengono "infinite other indignities", e così v i a ^ . E passo attraverso l'Europa cristiana (è del 1553 una bolla di Giulio III che
immediatamente seguito, nell'edizione del 1595 (quella da cui pre- decretò fossero dati alle fiamiiit· lalmud e altri preziosi testi in
cipuamente Florio traduce), dall'aggiunta, ebraico); dietro alla condanna dei conquistadores iberici, portatori al
di là dell'Atlantico di distruzione e morte " sous prétexte de piété et
En la ville de Castelnau Darry, cinquante Albigeois hérétiques de religion" si intravvedono i baghori sinistri dei quemaderos "de
souffrirent à la fois, d'un courage déterminé, d'être brûlés vifs notre monde par-deçà''^».
en un feu avant de s'avouer leurs opinions, Componente marrana da cui farei infine discendere, con il suo
ideale di tolleranza, il senso che Montaigne ha dell'uguaglianza di tutti
aggiunta indicativa dell'associazione tra ebrei ed eretici - gli uni gli uomini ("les hommes sont tous d'une espèce", "Un petit homme
e gli altri vittime del fanatismo cattoUco - nella mente di Mon- est homme entier, comme un grand", "les princes [...] n'ont point
taigne^s. d'autre sommeil et d'autre appétit que le nôtre; [...] leur couronne
11 quale, se si professa contrario alle "nouvelletés de Luther" ne les couvre ni du soleil, ni de la pluie"), la sua vocazione cosmo-
perché destabilizzanti, e parla di Jan Zizka come di colui che pohta ("j'estime tous les hommes mes compatriotes"), e ancora il suo
"troubla la Bohème pour la défense des erreurs de Wiclef (Florio diletto del viaggio come mezzo d'incontro con l'altro, il suo interesse
traduce: "WickUffs opinions") ο di George Sechel definendolo "chef per le lingue degli altri, la sua acclimatizzazione ovunque si trovi
de ces paysans de Pologne qui, sous titre de la croisade, firent tant de ("tout ciel m'est u n ' ' ) 5 0 .
maux", e tuttavia non riesce a "prendre parti" come sente dovrebbe Un alto cumulo insomma di istanze di straordinaria rilevanza e in
("pelaudé à toutes mains: au Gibelin j'étais Guelfe, au Guelfe Gi- anticipo sui tempi, meditate mentre i nazionalismi sono in ascesa e
belin")'*6, è, secondo la mia lettura dei suoi scritti, a motivo della guerre intestine di religione insanguinano e insanguineranno la Francia
componente marrana che è in lui. e l'Europa, istanze che Florio, dall'osservatorio privilegiato dell'In-
Componente marrana da cui farei discendere il suo elogio del- ghilterra di Elisabetta, è, per nascita e per formazione, singolarmente
l'imperatore Giuliano l'Apostata, "un très grand homme et rare", adatto a recepire. A questo membro della seconda generazione della
"ennemi de la Chrétienté, mais sans toucher au sang", che la religione diaspora nonconformista italiana, amico di Giordano Bruno (che lo
cristiana "ne l'avait jamais eue à cœur, [...] il s'était feint [...], il ricorda ne La cena delle ceneri), e di Teodoro Diodati (fratello del
couvait [...] de longtemps en son cœur le paganisme; mais [...] il ne più famoso Giovanni), sostenitore da buon riformato dell'essenziale
l'osait découvrir", che aveva "essayé par la cruauté d'aucuns chrétiens ruolo delle traduzioni nella trasmissione delle ideesi. si deve il grande
qu'il n'y a point de bête au monde tant à craindre à l'homme que merito, forse non riconosciuto appieno, di averle, tali istanze, "trans-
l'homme" e che, nel riaprire i templi pagani, aveva ordinato ad ported" a nord della Manica, dove un pluralismo assai più sviluppato
ognuno, "sans empêchement et sans crainte" di professare la propria che nei paesi neolatini, un protestantesimo ormai radicato anche nella
religione (l'imperatore aveva anche promesso agli ebrei di riaprire il sua dissidenza, ne avrebbero favorito l'assorbimento e la conseguente
loro tempio a Cîerusalemme, ma su questo Montaigne tace)'*''. fioritura dei preziosi loro "primi frutti^'^^.
Componente marrana da cui farei ancora discendere, con il suo
elogio di un Giuliano campione "de la liberté de c o n s c i e n c e ' ' ^ ^ ^ ji suo Esther MENASCÊ
ideale di tolleranza, e quindi la sua simpatia per il tollerante Impero
By him dut bath invioLtbly vowed his laboB to the iCtemitle of thdr Honois,
whofe names he had) fcvoally infcribed on thdc his coniecraced Altucs.
TheßrH Beeke.

ESSAYES Or
f i'if»!

MoraD, Polidkc and Millirarie The feeêod

Difcourfes
·ί'ί · Ή

! Lo: MichacH de Montaigne,

The third Beoke>


0 / the noble Order ofS" iiPdichaeU^ ànàoneoftht^
gentkmeninOrdinarjofthe French Henry
tbethirdbis Chamber. "" , '

ThcfirftBookc·

Firft written by him in Frcnch.


•-.rr^'.-A ,τ-ϋϊ»."·· s' là τΤ·-·· lou Ν Florio.
And
^ Printed at London bν Val Sims for Edward Blount dwelling
now done into Engliih inPauiesdiurcbyard. χ003.

By
80 E. Mentueé Florio treduttor« di Montaigne 11

NOTE (...] io non fui mai giudeo ne figliuol di giudeo, ma si di padre et madre
battezzati a la papesca come te [l'autore si rivolge al frate francescano
(1) M. DE MONTAIGNE, Essais, Parigi, Gallimard, Collection Folio, 3 voU., 1965, III, Bernardino Spada, che l'aveva appunto accusato di "hebraismo" J E se tu
IX. 259. Ρ que.iîa rfdj7Ìone cuj faccio in seguito riferimento. dicessi che i miei passati fossero avanti il battesimo stati Jiebrei, questo
(2) MONTAIGNE, Essays [fssej'esl traduzione di John Florio, Londra, Dent, Every- non negharò , che meno lo posson negare inimiti che vivano discesi
man's Library, 3 voli., 191Ü, ristampa 1980, 1, 12. t questa 1 edizione inglese cui taccio in ò da giudei ò da pagani ch'è assai peggio.
seguito riferimento.
(3) Cfr. F. A. YATES, John Florio: The Life of an Italian in Shakespeare's England. ( 1 8 ) / W d , p. 13 (verso).
Cambridge, Cambridge University Press, 1934, p. 23y. (19) Ibid., p. 73 (verso) e p. 78.
(4) V. Dictionary of National Biography, s. v. "Florio, John" (articolo di S. LEE), e la (20) Cfr. J. AUBREY, Brief Lives, la brevissima "biografia" di John Florio, contenente
"Revue des Deux Mondes" del l® settembre 1913 (articolo di P. VILLE Y). tuttavia diverse inesattezze.
(5) Cfr. Essais, I, XXV, 208; "De vrai, le soin et la dépense de nos pères ne vise qu'à (21) Cfr. YATES, op cit., p. 13 e nota 2, ibid.
nous meubler la tête de science". (22) Apologia, p. 78.
(6) Essais. I, XXV, 205. Si üatta di una citazione da J. DU BELLAY {Regrets, sonetto (23) Ibid. ed epistola "A i lettori" ("i pii e Christiani fratelli della reformata Chiesa di
68). Soy in vai di Bergaglia").
(7) Essais, II, Χ, 109, I, XXVI, 251, I, XL, 362; Love's Labour's Lost, V. II. 406 (24) Cfr. YATES, op. cit., pp. 19-20 e note, ibid.
(Cambridge New Shakespeare). (25) Essais, II, ΧΠ, 319-320.
(8) Essays. I. 1 e 2 (dalla "Epistle Dedicatorie" di Florio). (26) Cfr. Essais, I, 19 (citato nella prefazione di A. GIDE); Essais, II, 10, prefazione di
(9) Cfr. Essays, II, 4-5 (dalla "Epistle" di Florio), dove si legge un altisonante elogio di A. THIBAUDET; Essais, 1, 17, prefazione di GIDE; J. MOREL, Littérature française. 3. De
Montaigne, Montaigne à Comeüler Parigi, Arthaud, 1986, ρ. 257 e p. 265; E. BAI-MAS, L'età del Rina-
scimento in Francia, Milano, Sansoni/Accademia, 1968, p. 503; Essais, III, 13, prefazione di
Sole Maister of Essayes [...] none was before him, whom he might M. MERLEAU-PONTY.
imitate; none hath come after him who could well imitate [...]. His (27) Essais. I. LVT. 445.
worth then being so eminent, his wit so excelent, his inventions so rare, (28) Anthony à Wood, citato in YATES, op. cit.. p. 312. V. ibid., pp. 234-235, per
his elocutions so ravishing [... ] alcuni esempi di coloritura protestante e puritana del testo di Montaigne, nonché in F. O.
MATTHlfcSSLN, Translation an Elizabethan Art, Harvard University Press, 1931, il capitolo
"Florio's Montaigne".
(10) Essais. I. XXVI, 251, I, XXVI, 252, III, VIII. 190. (29) Sui marrani, v. C. ROTH, A History of the Marranos, Filadelfia, 1932 (ristampa:
(11)£:sifl;'i. I, 1. New York, 1974); I. S. REV AH, Les Marranes, "Revue des Etudes Juives", CXVIII, 1959-
(12) L'ossessione della cosiddetta limpieza de sangre spinse nel 1492 los Reyes Católicos 60, 29-77; G. NAHON, Les Marranes espagnols et portugais et les commurumtés juives issues
a coronare la politica antiebraica dei relativi predecessori in Aragona e Castigiia con l'espul- du marranisme dans l'historiographie récente (1960-1975), "Revue des Etudes Juives",
sione dai loro domini di tutti gli ebrei che non avessero accettato il battesimo. Molti ebrei CXXXVI, 1977, 297-367. Memoria del termine ebraico anusim suona in Montaigne il suo
spagnoli si convertirono al cattolicesimo, molti altri scelsero le vie dell'esilio. Parte dei parlare delle 'Violences qui se font à la conscience" (Essais, II, III, 43) e coil^ata alla loro
conversos continuarono tuttavia a professare segretamente la religione ebraica, e contro di condizione la sua e^ressione "H faut ôter le masque" {Essais, I, XX, 161). η passaggio di
essi operò l'Inquisizione Spagnola. Istituita fin dal 1478 per accertare l'ortodossia dei nuevos molti ebrei al protestantesimo è considerato in certa letteratura rabbinica come un "casti-
crisTianos. Parte degli esuli trovò rifugio nel vicino Portogallo, da dove però solo cinque go" inflitto ai persecutori cattolici (con riferimento alle guerre di religione).
anni dopo, nel 1497, re Emanuele li espulse per ottenere la mano dell'Infanta di Spagna (30) Cit. supra, ρ. OOO, citazione da Essais, li, XII, 319-320.
(figlia di Ferdinando e Isabella), e dove poco più tardi gli Inquisitori iniziarono la loro attività, (31) V. Journal de voyage, Parigi, Gallimard, Collection Folio, 1983, pp. 203-205.
le conversioni coatte avendo creato un gran numero di neofiti sospetti. Un'altra parte degli esuli (32) Essau. II, XU, 151,1, LVI, 439, II, XVI, 370.
trovò rilugio nella più tollerante Navarra, ma anche li li raggiunse la manus longa di l-er- (33) Essais, II, ΧΠ, 150, lU, XUI, 412, ΙΠ, K , 212, III, II, 47.
dinando, che riuscì a fare imporre loro la consueta scelta tra battesimo ed espulsione ma non (34) Essais, II, VI, 70; e cfr. Essais, I, LVI, 438-439 con Deuteronomio 6: 4-9.
a farvi accettare l'Inquisizione. (35) Essau, U, VIÜ, 78, Π, XV, 368, III, V, 92. GU esempi potrebbero moItipHcarsì e
(13) Essais. III, DC, 259 (cfr. ^igrafe, supra), III, XIII, 404, III, V, 127; "métis" è meriterebbero, a giudizio di chi scrive, uno studio approfondito.
termine che ricorre con una certa frequenza in Montaigne, (36) Essais. Ili, VAI, 185, D, XI, 129,1, XXVI, 243.
(14) L'Inquisizione Spagnola (v. nota 12, supra). (37) Essais, II, ΧΠ, 274, U, XI, 129, Π, VI, 62, III, DC, 235.
ÌIS) Essais. TI, XVn. 416. 1, XTI. 98, II. XVII. 406. TU. IX. 271. (38) Essais, II, II, 33, U, ΠΙ, 43.
(16) Cfr. T. MALVEZIN, Michel de Montaigne: son origine, sa famille. Bordeaux, 1875, (39) Essais. II. II. 33: Essays. II, II, 24-25.
pp. 99-128, e P. COURTEAULT, La mère de Montaigne, "Revue historique de Bordeaux", (40) Essais. II, XXVH, 466.
gennaio-febbraio e marzo-aprile 1934, XXVII, 5-14 e 49-60. (41) Essais, 1, XIV, 107.
(17) Apologia di M. Michel Agnolo Fiorentino, Chamogascko, 1557, p. 34: (42) Essais. I, XIV, 107-108.
| p p '

82 Β. Menaseé

(43) Essais. 1, ΧΧΠΙ, i 8 3 , Ui, XU, 326, Ii, XU, 146.


(44) Essais. I. XIV. iOl: Essays. I. XL, 272-273.
(45) MONTAIGNE, Céuvres complètes, a cura di A. Thibaudet e M. Rat, Parigi, Galli-
mard, Bibliothèque de la Pléiade, 1962, p. 1441.
(46) Essais, 11, XU, 139, i, lU, 66 (.dr. tssays, 1, iU, 28) 11, XXVil, 467, Ul, 1, 31,
UI, XU, 328.
(47) Essais. II, XIX, 431-434: il capitolo è intitolato "De la liberté de conscience".
(48) V. nota precedente.
(49) Essais. Il, X K , 430, I, XXXI, 311, UI, VI, 170.
(50) Essais. 1, XIV, 103-104, 1, XX, 160, 1, X U I , 378, UI, IX, 244, III, IX, 245.
(51) Cfr. Essays, I, 7 (da "To the curteous Reader"):

Shall I apologize translation? [...] my olde feUow Nolano [Giordano


Bruno] tolde me, and taught publikely, that from translation aU Science
had it's of-spring. [...] the Greeks drew their baptizing water from the
conduit-pipes of the Egyptians, and they from the weU-springs of the
Hebrews or Chaldees.

(52) Essays, I, 1 (dalla "Epistle Dedicatorie"). F^st Fruits, naturalmente, è il titolo di Montaigne e Flavio Querenghi
un'opera di Florio.
Nello scarno capitolo sulla fortuna di Montaigne in Italia, un
posto importante deve essere fatto ad una figura oggi pressoché
sconosciuta di filosofo e uomo di lettere vissuto nella Padova della
prima metà del secolo decimosettimo, il canonico Flavio Querenghi i .
Di lui i contemporanei lodarono la "ingenii vis" e la "disciplinarum
peritia"2, la "excellens eruditio et facundia"3, ma, ciò che più conta,
in lui videro l'espressione di un ideale di vita serena e interamente
rivolta allo studio, al quale essi stessi guardavano con simpatia.
Giacomo Filippo Tomasini non esita per questo a trovargli un model-
lo illustre quale il Petrarca: come il celebre poeta, l'amico Flavio
C^erenghi nella sua appartata casa di Padova "vitam tranquillam et
felicem ducens, id demum esse docet vivere, sibi, Musis et Deo vivere
immortali"^. Nell'assidua frequentazione delle Grazie e delle Camene
che gli rifocillano "d'Ambrosia l'intelletto e di Nettare il volere", egU
appare a Girolamo Canini come ùomo perfettamente felice«.
Anche gU elogi rivolti all'opera del Querenghi, sia che ne mettano
in risalto la profondità della speculazione ο la sobrietà dello stile, si
richiamano tutti a una concezione severa dell'esercizio delle lettere,
nemica dell'enfasi e dell'artificio. Fortunio Liceti, collega di Flavio
presso lo Studio di Padova, trova che i suoi "concetti di soda e ben
regolata dottrina" siano resi persuasivi da una "gratiosa non meno che
grave elocutione [...] lontana da quei stentati traslati, da quelle gonfie
Iperboli, che mascherando l'interno sentimento de gli Autori, nascon-
Lectures italiennes de Montaigne:
quelques pistes nouvelles

Que Montaigne ait lu les Italiens, avant même d'entreprendre


son voyage, les preuves, produites dès longtemps, abondent. Ne
formaient-ils pas, pour qui désirait nourrir son esprit et amplifier
sa copie dans la seconde moitié du XVI® siècle, ces sources d'idées
(et ajoutons: ces fournisseurs de développements) sur quoi Pierre
Villey attirait naguère l'attention? Il faut cependant convenir que
l'enquête, conduite avec soin au début de ce siècle, après ces débuts
pleins de promesses, a marqué le pas. Désaffection pour la méthode
fonîatiiera? Faute d'éléments nouveaux à découvrir car tout aurait été
dit en la matière? Creile que soit la raison, plusieurs travaux ponctuels
récents viennent de montrer que les Essais renferment encore des
traces, à mettre en évidence, de lectures italiennes, qu'il s'agisse de les
surprendre ou de les préciser, tant il est vrai que les "words in the
comer" ne ressortissent pas seulement à l'intertexte latin. Signalons
aussi pour mémoire parce qu'en ce domaine on ne peut se reposer que
sur des hasards heureux, la découverte, éventuelle, d'omrages ayant
appartenu à l'écrivain et qui pourraient nous éclairer. C'est ainsi que
l'on a vu réapparaître, il y a peu. Il Decamerone di Messer Giovanni
Boccaccio, nuovamente stampato et ricorretto per Antonio Brucioli,
dans l'édition vénitienne de Giolito da Trino, 1538, exemplaire
portant la signature surchargée de Michel de Montaigne, ce qui
signifie sans doute qu'il a été possédé dès avant la mort de Pierre
Eyquemi.
116 M. Simonin ieetvreê itàllenn— de Montage 117

Se profile donc devant nous un programme en trois points: le quels, de peur d'oublier, j'ai vitement écrits ici, pour ce qu'ils
dépouillement systématique des sources déjà avérées pour un ou m'ont semblé ne convenir pas mai à la grande réputation et
plusieurs emprunts. Nous songeons ici à Fulgose, envers qui la dette bonne renommée dudit cardinal.
est plus grande qu'on ne l'a cru2. Rien là qui puisse surprendre. La
deuxième voie consiste à tenter de discerner la provenance précise de Lorsque Montaigne a passé par Pavie, le 25 octobre 1581, il a vu le
lignes ou de paragraphes que l'on peut raisonnablement présumer chantier entrepris par Borromée "per il servizio delli Scolari" ( O C
d'origine italienne. Bomons-nous à deux exemples. édit. Armaingaud, t. VIII, p. 318). Après son retour, il a appris la
mort du prélat survenue en 1584. Et il a pu soit recourir à l'une
Les Italiens content du fol du Duc de Florence, ce me semble, des gestes hagiographiques publiées alors et qui seront réunies plus
que son maistre s'enquerant comment, ainsi mal vestu, il pouvoit tard dans les Nonnulla praeclara gesta Β. Caroli Borromaei [...] a
porter le froid, à quoy il estoit bien empesché luy-mesme: diversis auctoribus selecta par Cesare Bonino (Milan, 1610), soit se
Suivez, dict-il, ma recepte de charger sur vous tous vos ac- souvenir de conversations du temps du voyage avec des humanistes
coustremens, comme Je fais les miens, vous n'en souffrirez non transalpins. Troisième voie, la plus hasardeuse, celle qui prend en
plus que moy (I, XXXVI, EM I, p. 295; Villey-Saulnier, compte le fait que l'Italie - Montaigne joue sur le couple Italiens/
p. 256). Romains — est à la fois un lieu de créations contemporaines en Tos-
can, et, trait trop négligé dans les enquêtes de provenances, un inter-
P. Villey n'avait pas trouvé le foumisseur de ce motto: nous n'avons médiaire dans la transmission des classiques antiques. Il s'agit cette
pas été plus heureux que lui: ni Arlotto, ni Bandello, ni Guicciardini, fois de rien moins que de rechercher l'origine italienne éventuelle de
ne l'ont recueilli, et cependant il provient, on ne peut guère en passages jusqu'à ce jour donnés comme pris des Anciens, voire — ce qui
douter, de la littérature des beffatori. Autre exemple: est, on l'avouera plus grave — comme dus à l'invention personnelle de
l'auteur des Essais. C'est cette dernière que nous emprunterons pour
Le Cardinal Borromé qui mourut dernièrement à Milan, au y analyser trois divers développements.
milieu (var. 88: au travers) de la debausche, à quoy le convioit
et sa noblesse, et ses grandes richesses, et l'air de l'Italie, et sa Dans un passage ajouté après le voyage, Montaigne écrit: "Ce
jeunesse, se «laintint en une forme de vie si austere, que la sont grands imprimeurs de lettres que les Italiens. J'en ay, ce crois-je,
mesme robe qui luy servoit en esté, luy servoit en hyver; n'avoit cent divers volumes: celles de Annibale Caro (var. 88: Hannibal Caro)
pour son coucher que la paille; et les heures qui luy restoyent me semblent les meilleures." Les éditeurs ne commentent pas sinon,
des occupations de sa charge, il les passoit estudiant conti- tel M. Rat, pour féliciter implicitement l'auteur pour la justesse de
nuellement, planté sur ses genoux, ayant un peu d'eau et de son jugement: "Les lettres familières d'Annibal C ^ o [...] sont re-
pain à coste de son Uvre, qui estoit toute la provision de ses
gardées comme des modèles d'aisance et de bonne grâce." Ce qui
repas, et tout le temps qu'il y employoit (I, XVI, EM 1, p.
revient à ne pas poser à la phrase citée les deux questions qu'elle
74; Villey-Saulnier, p. 61).
appelle et à apporter, d'une plume téméraire, une réponse qui égare
Vingt ans plus tard, alors que déjà on songe à sa canonisation, Pierre plus qu'elle n'éclaire. Car que lit-on? C^ie Montaigne possède environ
de L'Estoile ne se montrera pas d'un autre sentiment: "cent divers volumes" de ce genre epistolographique. Est-ce possible,
fût-ce en faisant la part de la gasconnade? Et que les lettres de
Le mercredi 16® (de septembre 1609), M. Tumebus, conseiller Caro — dont le prénom est rétabli dans sa forme italienne après 1588
en la Cour, m'a appris ces deux vers faits pour graver sur le afin de faire plus vrai - lui semblent les meilleures. Autant dire qu'il
tombeau de messire Charles Borromée, cardinal, grand person- s'est astreint à la lecture attentive de sa nombreuse collection, qu'il
nage, et docte, et réputé de tous pour homme de bien. Les- a comparé les divers volumes qui la composent, puis qu'il est enfin
Leetuw Italiennes de Montaigne 119
118 M- Stmonin

logies à toute autre formule, se placât-on sous l'enseigne d'une presti-


parvenu à la conclusion que Caro passe tous les autres. Sur le premier
gieuse signature.
point il est clair, quelle que soit la boulimie bibliophilique du Pé-
Le problème — et il faut d'abord qu'il y ait problème — de
rigourdin, qu'il exagère beaucoup. Il est bien vrai que, dès 1544, on
l'origine du jugement de Montaigne reste donc à ce point entier,
peut découvrir le Novo Libro di lettere scritte dai più vari autori pro-
même si nous savons désormais qu'il n'a eu à dépouiller une litté-
fessori della lingua volgare italiana, recueil publié par Paolo Gherando,
rature aussi vaste que celle qu'il allègue. Notons tout d'abord que des
où se trouvent déjà quelques lettres de Caro, tout comme dans le
opinions homologues à la sienne sont attestées: G. Baretti, G. Panni,
Libro secondo delle lettere scritte al Signor Pietro Aretino da molti
Β. Croce et De Sanctis dans la Storia della letteratura italiana pen-
Signori, Communità, Donne di valore. Poeti e altri Eccellentissimi
seront comme lui, mais beaucoup plus tard^. C^'en était-il au XVI*
Spiriti (Venezia, 1551) et dans les contemporaines Lettere di diversi
siècle? Ouvrons maintenant une compilation de Francesco Sansovino,
ecellentiss. huomini, raccolte da diversi libri tra le quali se ne leggono
Delle Lettere amorose [... j Libri nove, apparue en 1563 à Venise et
molte non più stampate propices à l'emprunt: "Con gli argument! per
rééditée plusieurs fois jusqu'en 15875. La dédicace au lecteur se veut
ciascuna delle matiere de chi elle tratanno, et nel fine annotationi et
apologie du genre et de ceux qui l'ont pratiqué. Sansovino s'explique.
tavole delle cose più notabile et utile degli studiosi" (rééditées par
Il a dû effectuer un choix parmi des lettres où
Giolito en 1554). De même voit-on encore la plume de Caro dans les
Lettere di XÌII huomini illustri (s. 1. n. d. - unicum à la Vaticane),
sono stati i più nobili ingegni, che habbia havuta l'età nostra
rééditées à Venise en 1554 par D. Atanagi, geste qui provoquera la [...] nelle cose della lingua sono stati i maggiori. Et cominciando
censure de Paolo Vergerio dans un opuscule intitulé Giodicio sopra le da quelle del Bembo, quali si leggono più purgate, et più
lettere di tredici kuomini illustri, où il dénonce la publication dans ce leggiadre delle sue?
volume d'une lettre de Caro regardant la relation amoureuse entre
une dame belge et son correspondant Giovanni Alfonso Marcello, ce Si le compliment n'est pas petit, le suivant ne l'est pas moins:
qui n'empêchera pas le recueil d'Atanagi d'être réimprimé sans chan-
gement en 1560, 1561, 1564 et 1565. D'autres publications, toujours Le lettere dei Caro son note a tutto il mondo, atteso che que-
nanties de lettres de Caro, suivent, comme les Lettere volgari di sto eccellente scrittore, che per commun giuditio d'ogni uno
diversi huomini saggi e ben spiriti, scritte su diverse materie, nuova- ha occupato i primi luoghi in questa materia di scrivere, è uni-
mente stampate (Cremona, 1561) ou, par l'industrie d'Atanagi cette versalmente per le mani di tutti i gentili intelletti.
fois encore. De le lettere facte et piacevoli di diversi grandi huomini e
chiari inge-^ni (Venezia, 1561). Nous n'avons cité que quelques Comment ne pas être frappé par la similitude d'idée et surtout
recueils^ : le total publié, si l'on ne tient pas compte des reprises d'un d'expression avec le passage correspondant des Essais? Montaigne
volume à l'autre, est plus proche de cinquante que de la centaine a lu cette phrase, l'a élue, non sans en trahir l'esprit, car Sansovino
aventurée par Montaigne. Et il est invraisemblable qu'il ait pu se les encensait auparavant, outre Bembo comme nous l'avons vu, Boccaccio
procurer tous, fût-ce à l'occasion de son voyage en Italie. En revan- et, plus loin, Giulio Omillo; et il Ta faite toute sienne. Avec pour
che, il aura pu constater dans le lot qu'il avait réuni de quelle faveur bénéfice auprès du lecteur pressé de passer pour l'industrieux exégète
jouissait Caro, en bonne place dans la plupart des recueils. En revan- d'une accablante bibliothèque épistolaire.
che, il est douteux qu'il ait disposé De le lettere familiari del Com- Et sa dette ne se limite pas à la reprise d'une opinion dont
mendatore Annibal Caro, réunies post mortem en deux volumes Sansovino avait soin de souligner qu'elle était déjà commune au
publiés chez Aide Manuce en 1572 et 1575; cette dernière publi- moment où il travaillait. L'auteur des Essais a encore eu dans les
cation, comme au reste toutes celles qui se proposaient à cette mains un autre ouvrage du compilateur italien, traduit plus tard
époque l'édition des lettres d'un seul et unique auteur, a été boudée (après la rédaction de Vessai considéré) en français par Gabriel Chap-
par le public, qui préférait la diversité et la commodité des antho-
120 M. Simonin lé eture* itolienne· de Montaigne 121

puys. Il s'agit Del Secretano [...] Libri quattro. Ne quali [...] s'ingegna infléchissement qui fait la part belle aux questions oratoires, il va de
altrui a scrivere lettere missive et responsive in tutti i generi [...] Con soi que la critique s'est longuement penchée et se penche sur ces
gli essempli delle lettere [...] Et con varie lettere di Principi a più passages dans le but, confessé avec ingénuité, de déduire de leur
persone, scritti da diversi secretarli [...] in diversi tempi (Venezia, exégèse les conceptions de l'auteur. Si personne ne songe à contester
appreso Francesco Rampazetto, 1565)6. Quoique, cette fois encore, cette réparation tardive d'une lacune notoire de la bibliographie
Sansovino ait employé plusieurs pages à tracer l'histoire de l'épisto- secondaire des Essais, du moins se doit-on de rappeler qu'à quelques
lographie contemporaine, distinguant par exemple entre les lettres exceptions près, ces travaux considèrent le texte dans sa déjà très
pleines de "parole ceremoniali" de Paul Manuce, Giulio Camillo ou complexe isotopie, sans se préoccuper de quelques règles de méthode,
Speroni, et celles plus familières de Caro, Tolomei, Tasso ou Muselli, éprouvées au reste par les montanistes d'hier lorsqu'ils s'appliquaient
ce n'est pas ce point qui a retenu Montaigne, mais l'analyse des topoi à d'autres objets. D'un mot, Montaigne cesse-t-il d'être paradoxal,
(Esortare; Dissuadere; Raccommandare; Domandare; Lodare) et les Essais de multiplier les pièges tendus au lecteur dès lors qu'il est
surtout ce qui est dit avec force détails de la manière de graphier ou question de rhétorique? Et peut-on négliger en ce domaine fécond, où
plier, bref de présenter matériellement les missives. A ces bons con- l'innutrition de l'écolier le dispute aux curiosités du savant, la part de
seils, les Essais, qui se gardent bien de citer le Secretarlo, répondent l'intertexte? A lire nombre de nos contemporains, on pourrait le
avec insolence: "J'ay accoustumé les grands qui me connoissent, à y croire, comme semblait déjà le penser, avec quelque excuse, Pierre
supporter des litures et des trasseures et un papier sans plieure et sans Villey. Et je ne veux pas croire qu'il puisse exister quelque lien
marge.". Confidence sans aucun doute authentique, mais qui prend généalogique entre le silence des notes de l'un et l'indifférence mar-
tout son sens si elle est mise en liaison avec les prescriptions de quée par les autres.
Sansovino, c'est à dire si l'on s'avise que Montaigne, gentilhomme Ce n'est pas lieu de livrer les fruits d'une enquête générale encore
mêlé aux affaires, n'entend pas se soumettre aux règles de la chan- en chantier et qui ne peut être que par l'industrie de plusievu^. Mais
cellerie, bonnes pour ces professionnels laborieux que sont les secré- tout au moins, par le moyen d'un exemple que nous tenons pour
taires du roi, commis de sa plume. Le Périgourdin ne plie, ni ne se éclairant, prétendons-nous engager la curiosité dans une direction
plie. féconde. Ultime précaution, nous délaissons à dessein le vaste et
prometteur domaine d'une recherche sur la formation rhétorique du
Ces petites trouvailles n'ont d'intérêt que ponctuel et aident Périgourdin. Ce qu'a établi R. Trinquet, dans son grand livre sur la
tout au plus à lire un peu mieux quelques lignes, moins rapides jeunesse de Montaigne, le nom de ses maîtres, au premier rang des-
qu'on ne l'avait cru jusqu'alors, des Essais. D'autre conséquence quels figure M.-A. Muret, à qui il sera toujours fidèle, comme le
pourrait être une révision de ce que nous croyons savoir de la for- contenu des programmes enseigné à Guyenne, devrait permettre
mation et de l'innutrition des conceptions rhétoriques exprimées dans d'aller plus loin. Ce n'est toutefois là que pierre d'attente.
le livre. Sur ce terrain, fort labouré ces temps-ci"^, il est cependant Toutefois il n'est pas impossible, au moyen de ce que nous
permis, l'oeil fixé vers l'Italie, d'avancer de quelques pas. lisons sous la plume de l'homme mûr, de discerner des échos de
( ^ ' e s t devenue la rhétorique selon, sinon les Essais, du moins ce qu'a pu entendre l'écolier, d'autant plus qu'une cohérence idéolo-
certains des jugements qu'ils avancent et qui ont eu, depuis le XVI* gique ne manque pas d'apparaître entre les maîtres et l'élève.
siècle, l'heur d'être souvent cités? Un "ait de tromper et de flatter", Posons donc qu'à l'heure où Montaigne voit le problème du statut
au pire et au mieux, réduit au souci de la dispositio, lorsque le mot de la rhétorique, il emboîte le pas à ses aînés. Si nous regardons du
est préféré à la chose en une "impUcation et entrelasseure de lan- côté de la pensée réformée, nous rencontrons le grand passage de
gage", soumise au "délicat chois de mots entassez et rangez à une VInstitution chrétienne sur Saint Paul:
juste cadence" ou encore à une "ingenieuse contexture de parolles".
Or, comme les études montanistes ont connu depuis une décennie un Et de fait, cela n'est pas advenu sans une grande providence de
Dieu, que les hauts secrets du royaume céleste nous ayent esté.
122 M. S i m o n i n 123
lectureê italienneM de Montaigne

pour la plus grand'part, bmllés sans parolles contemptibles, non peint au vif, l'image d'un parfaict Prince: ains encommencé
sans grande éloquence, de peur que, s'ils eussent esté fondez et grossement pourtrait et façonné la seule ombre, laquelle on
et enrichis d'éloquence, les iniques eussent calomnié que la pourroit par loisir couvrir et enduyre de fardz et couleurs
seule faconde eust régné en cest endroit. Or maintenant, puis estrangeres, c'est à dire, aggrandir et amplifier ce livret de faitz
que telle simplicité rude, et quasi agreste, nous esmeut en plus et ditz, d'exemples et apophtegmes des illustres princes Ro-
grande réverence que tout le beau langage des Rhétoriciens du mains, Créez et Barbares. Mais pour autant que la parole de
monde, que pouvons-nous estimer, sinon que l'Ecriture con- Dieu et la foy de l'Eglise, desquelles aujourd'huy y ha si
tient en soi telle vertu de vérité, qu'elle n'a aucun besoing grand'contention entre les Chrestiens, ne gist point en paroles
d'artifice de parolles? d'eloquence et haultesse de sapience humaine, entre mes adieux
de France j'avois aussi prins à temps congé des lettres seculieres.
Ailleurs Calvin se montre encore plus sévère pour le decorum huma- Et par ainsi escrivant au Roy treschrestien me suis pour cest
niste, renvoyant encore à S. Paul: heure contenté de l'escriture très chrestienne, laquelle nous
appelions canonique, avec quelques certains lieux (mais pa-
Vous sçavez aussi. Monseigneur, comment il parle de la vivacité reillement clersemez) des Saintz Docteurs en Histoires ecclesias-
qui doibt estre en la bouche de ceux qui se veullent approuver tiquesi2.
bons et fidelles ministres de Dieu, qui ne doibvent point avoir
une parade de rhetorique pour se faire aucunement valoir [...]8. La probabilité que ce point de vue, exprimé ici par un délégué au
concile de Trente qui sera néanmoins inquiété pour ses positions
religieuses, ait été tenu pour vérité universelle à cette heure, est
et en tête des Commentarii in Epistolam Pauli ad Romanos, nous d'autant plus forte qu'il rencontre un autre courant, issu non plus de
lirons encore: "Sentiebat enim uterque nostrum praecipuam interpre- l'évangélisme mais à l'opposé des sermonnaires les plus traditionnels.
tis virtutem in perspicua brevitate esse politam". N'entend-on pas par la voix de Jacques de Vitry cet appel:
Cette poétique protestante^, loin de limiter son magistère aux
seules saintes écritures et à leur exégèse, convient à la pastorale Convertere debemus ingenium nostrum ad edificationem rudium
entendue dans son sens le plus large. L'usage d'un style congruant au [...] quibus quasi corporalia et palpabilia [...] sunt proponenda.
peuple, aux simples et peu savants, brebis nombreuses et convoitées, Magis enim moventur exterioribus exemplis quam auctoritatibus
se voit dans des ouvrages profanes comme les Chansons spirituelles de vel profundis sententiis.
G. Gueroult et, bien sûr, chez Bèze^o. Notons en passant que ce
dernier appartint, de conserve avec un homme comme Jacques Pele- Ce sentiment rejoint celui de Montaigne: "Le prescheur est bien de
tier du Mans lié sa vie durant, au cercle de Michel de Vascosan". Si mes amis, qui oblige mon attention tout un sermon" (III, 13)i3.
4
les Essais ne reprennent pas la visée apologétique qui justifiait chez
les prosélytes des idées nouvelles la restauration de la "simplicité rude Ce ne sont là qu'indices, encouragements à la quête, traces du-
et quasi agreste" voulue par Calvin, du moins peut-on tenir pour rables des leçons de jeunesse. Or voilà que Francesco Patrizi publie
assuré que, de Nicolas de Grouchy à Buchanan, nombre de maîtres a à Venise en 1562, Della Retorica dieci dialoghi di M. Francesco
su faire entendre ce message. Patritio: nelle quali si favella Dell'arte Oratoria con ragioni repugnanti
all'openione, che in tomo a quella hebbero gli antichi scrittori.
Autre indice de la profusion de cette attitude à la fin des années
L'auteur y fait traiter tour à tour par ses devisants, du parler, des
1540, ce développement tiré de VInstitution d'un prince chrestien de
matières oratoires, des ornements du discours, des parties de la
Qaude d'Espence qui a, affirme-t-il, assemblé au camp de "Boulongne
rhétorique, des qualités de l'orateur, de l'art oratoire, "della Retorica
[...] ces traicts", et
perfetta" et enfin "dell'ampiezza della Retorica". On connaît encore
124 M. Simonin l^eturei iteliennes de Montaigne 125

de lui une Poetica, qui se recommande selon nous par un souci l'architecture et de la grammaire, sans lien avec leur objet ("je trouve
constant et largement nouveau de la réception des textes, ainsi qu'une que ce sont les chétives pieces de la porte de ma cuisine") et propres
Amorosa filosofia, où il continue Ficin^^. seulement à séduire les esprits bas et vils ("Ce sont titres qui touchent
Chacun garde en mémoire le jugement de l'essai 1 , 5 1 : le babil de vostre chambriere"). Le champ politique et poétique
n'est pas épargné, puisque l'abus de langage suggère une analogie (une
L'eloquence a fleury le plus à Rome, lorsque les affaires ont continuité?) flatteuse pour notre temps mais désobligeante pour les
esté en plus mauvais estât, et que l'orage des guerres civiles institutions des Anciens, comme pour leur génie. Pourquoi flatter
les agitoit: comme un champ libre et indompté porte les herbes L'Arétin — dont les mérites sont précisément de préciosité - de l'épi-
plus gaillardes. Π semble par là que les polices qui dépendent thète réservée à Platon? Tout l'essai, dans sa primitive version — et
d'un monarque en ont moins besoin que les autres [...]. qu'on ne vienne plus affirmer que l'intérêt de Montaigne pour les
questions oratoires date du retour du voyage en Italie - , comme
Quoique Villey se soit ici gardé de toute annotation, il est clair
encore après les remaniements mesurés et toujours liés à l'édifice sur
que Montaigne subit l'influence du Brutus de Ciceron: "At in regum
lesquels ils sont greffés — trait notable —, dit non pas la vanité des
dominatione devinctis populis, dicendi cupiditas nasci non s o l e f i s .
paroles mais combien les paroles peuvent être vaines, que le temps est
Et qu'à l'opposé, il refuse et la leçon du Ciceronianus de Dolet et
pour quelque chose dans les vicissitudes de l'empire de l'éloquence
celle de tous ceux qui après lui, jusqu'à en faire un lieu commun,
et de quelle façon esquisser une prévention des "mots" vains.
loueront la monarchie française d'avoir par sa libéralité encouragé les
Ainsi un Patrizi ou un Muret avaient-ils pu observer dans l'Ita-
Belles-Lettres Mais subit-il directement cette influence ou lui
lie de la seconde moitié du XVI* siècle que dans les sociétés mo-
est-elle parvenue par un de ces intermédiaires abondants en lodi
narchiques modernes l'éloquence politique n'avait plus sa place, que
communes comucopieux où il avait pour habitude de se pourvoir?
le "Forum", comme le dit en mots heureux Marc Fumaroli, "n'avait
Voici ce que publiait, 18 ans avant cette leçon de 1580, Patrizi:
d'héritier que dans les églises". Faut-il penser avec lui toutefois
qu'"en retard d'un demi siècle sur la lucidité" de ces derniers, "l'huma-
A Rome [...] du temps des Rois, on ne cite pas le nom d'un
nisme français, de Robe comme d'Eglise, en est encore à croire que
seul orateur [...] quand les Rois eurent été chassés et que l'Etat
eut pris les meilleurs citoyens, il n'y eut pas besoin d'orateurs l'avenir de la prose se joue sur la plénitude, d'origine sacrale, de la
[...] Mais lorsque le peuple eut accédé au pouvoir [...] des grande éloquence publique"? . Si notre suggestion d'une influence
orateurs de valeur se firent à nouveau entendre. Plus tard, directe de la retorica sur Montaigne est fondée, il convient de s'inter-
une fois que les empereurs eurent établi leur autocratie, tant roger sur les raisons qui bornent son effort dans ce sens.
que subsista quelque trace de la republique antérieure, il sub- Elles tiennent à la rémanence chez Montaigne d'influences con-
sista aussi quelques pâles specimens d'orateurs. Avec le temps traires, plus anciennes, plus fortes, plus nombreuses. Ce que l'on a
leur race s'éteignit, et leur trace s'évanouit au cours des âges; appelé son goût, et qu'il donne pour tel, du "parler simple et naïf, tel
ils ne reparurent pas pendant des siecles et ne le feront pas sur le papier qu'à la bouche", déjà attesté dans le Phèdre, contre le
jusqu'à ce que les monarchies disparaissent et que les peuples sophiste, a été formé par une tradition présente dans les Divines
reprennent le pouvoir.
Institutions de Lactance, dont le chapitre "De vera sapientia" devient
dans les éditions postérieures à 1530, "De veritate et eloquentia" où
L'essai montrera donc, sur le patron fourni par Patrizi et avec ses
le Père pense démontrer que la vérité du message l'emporte toujours
expressions mêmes, le caractère à la fois accidentel et indigne de
sur la beauté du discours. On tient, de Ficin à Symphorien Champier,
Γ "eloquence"; il soulignera les monstruosités de son usage: burlesque
que "Res veritate predita simpliciter enuncianda est. Res vero ficta
d'une recherche formelle dans la bouche d'un maître d'hôtel, au
[...] quaedam fïgmenta et colores postulat". Une insidieuse répartition
service de "la police de ses sauces", indiscrétion des "gros mots" de
des fonctions tend à s'établir: à la rhétorique, les vaines fictions; au
126 M. S i m o n i n Itetujv tteliennes de Montaigne 127

langage simple, la vérité. Comme Montaigne rencontre dans le De Cour. "{.·.] les formes de parler, comme les herbes, s'amendent et
incertitudine et vanitate scientiarum de Cornelius Agrippa, dont on fortifient en les transplantant"20. La rhétorique, chassée comme art
sait qu'il l'a longuement pratiqué, une charge plus vive encore contre du dire, revient comme art du faire: "Comme à faire, à dire aussi, je
la rhétorique il n'y aurait déjà pas lieu, sur pareils fondements, à suy tout simplement ma forme naturelle: d'où c'est à l'adventure que
s'étonner de la sévérité de son jugement. je puis plus à parler qu'à escrire". On sait ce que vaut l'aune de cette
Il y a plus, et cette fois l'homme et le projet de son livre viennent "forme naturelle", son "parler informe et sans regle, un jargon
fortifier son attitude. Suivons Starobinski, qui lui même use au populaire et un proceder sans definition, sans partition, sans con-
passage de Freidrich: clusion, trouble [...]". Comme pour mieux réveiller notre vigilance et
souligner les ruses de son discours sur la rhétorique comme les pièges
Lorsqu'il s'agit d'opposer la solidité des actes à la futilité des de son écriture, Montaigne feint d'interdire leur glose: "Je sais bien
mois, Montaigne accepte la leçon de la morale traditionnelle, il quand j'oy quelqu'un qui s'arreste au langage des Essais que j'ayme-
opte pour les actes. Sa "prétention nobiliaire" (Freidrich) y rois mieux qu'il s'en teust [...]". Nulle part autant que dans les
trouve un appui apportun; un gentilhomme bien né répugne à matières oratoires, les Essais dérobent leurs substructions; aussi
donner la préséance au langage, à l'éloquence, aux séductions de longtemps qu'elle n'auront pas été mises au jour, une part de leur
la parole artificieuse [...] Dans l'ordre de la morale, la tradition- substance menacera de nous échapper ou, à tout le moins, encourra
nelle antinomie resjverha invite à opter pour la solidité des une pauvre lecture. G. Defaux a démontré naguère^i qu'il n'est pas
choses contre le vent de la parole i». jusqu'au projet de se peindre qui ne ressortisse aux préceptes de
l'ethopée donnés dans le Ciceronianus; que sera-t-il des autres lopins
Analyse recevable à condition qu'on l'anime par le dessein que lorsque les fouilles en cours auront donné leiurs fruits? Dans les
poursuit l'auteur. A quelles fins, cette écriture-là, ou plutôt comment semina dicendi sur Voratio gît le secret bien gardé des Essais. N'est-ce
s'articule cette disposition d'esprit avec le mode d'écriture qu'elle pas le lieu désormais solitaire et assiégé où les zélotes d'une lecture
élit? On l'a observé depuis longtemps, "Saint Augustin avait une ma- biographique se sont réfugiés?
nière de composer qiü répondait pleinement au goût (sic) de Mon- Après les sources italiennes à chercher, après celles qui sont
taigne"i9. Pascal le premier et le mieux a vu le lien que nous re- d'autant mieux dissimulées, nous l'avons vu, qu'elles interviennent à
cherchons; la manière d'un intermédiaire original, qu'en est-il du(des?) cas où
Montaigne lit de l'italien dans du français, sans le savoir? Notre ultime
Jesus Christ, Saint Paul ont l'ordre de la charité, non de l'esprit exemple sera aussi hommage à la recherche transalpine. On se sou-
[...] Saint Augustin de même. Cet ordre consiste principalement
vient de l'affirmation contenue dans Vlnstitution des en/ans:
à la digression sur chaque point qui a rapport à la fin pour la
montrer toujours.
De ma part, je tiens, et Socrates l'ordorme (ces quatre demiers
A ce point nos fils se nouent. On l'a déjà montré, la sprezzatura, mots ajoutés dans EB-var, du manuscrit: Socrates aussi l'ordon-
ne), que, qui a en l'esprit une vive imagination et claire, il la
"employée en la forme du parler" reprend, dans une perspective
produira, soit en Bergamasque, soit par mimes, s'il est muet" (I,
toute cicéronienne, la negligentia diligens recommandée pour le sermo XXVI, EM I, p. 219-Villey-Saulnier, p. 183).
humilis. Mais si Montaigne a remployé mots et préceptes entendus
dans sa jeunesse, loreque la génération de 1540 dominait le monde On a proposé de voir là un écho du Libro del Cortegiano:
intellectuel, ce n'est plus d'une chaire qu'il parle, "Gentilhomme [...]
le consuetudini sono moho varie, né è città nobile in Italia che
dressé à la façon d'un courtisan", il s'adresse de sa Librairie à des non abbia diversa maniera di parlar da tutte l'altre. Però non vi
lecteurs suffisant auxquels il découvre son jeu. Les Essais vont bientôt ristringendo voi a dechiarar qual sia la megliore, potrebbe l'omo
se vendre au Palais, chez L'Angelier et quêter l'approbation de la
128 M. Simonin lecture! itaiiénne» de Montaigne 129

attaccarse alla bergamasca cosi come alla fiorentina, e secondo Montaigne, Essais, I, XXVI, EM I, p. 218:
voi non sarebbe error alcuno. "Comparez, au bout de 15 ou 16 ans, à cettuy cy un de ces
latineurs de college, qui aura mis autant de temps à n'aprendre
La chose est probable, d'autant que le mot de "Bergamasque", simplement qu'à parler. Le monde n'est que babil, et ne vis
rare en fi^ançais avant le XIX® siècle selon le G.L.F., est attesté jamais homme qui ne die plustost plus que moins qu'il ne doit;
dans la traduction Chappuys qui a vu le jour en 1580, avec une toutesfois la moictié de nostre age s'en va là. On nous tient
dédicace datée du 1* décembre 1579: quatre ou cinq ans à entendre les mots et les coudre en clauses;
encores autant à en proportionner un grand corps, estendu en
quatre ou cinq parties; et autres cinq, pour le moins, à les
Parquoy ne vous restreignant point à declarer quelle est la sçavoir brefvement mesler et entrelasser de quelque subtile
meilleure, un homme se pourroit arrester à la Bergamasque aussi façon. Laissons le (var. de 1588: cela) à ceux qui en font
bien qu'à la Florentine, et selon vostre dire, ny auroit point profession expresse. [219] Allant un jour à Orleans, je trouvay,
d'inconvenient ny erreur. dans cette plaine au deçà de Clery, deux regens qui venoyent à
Bourdeaux, environ à cinquante pas l'un de l'autre. Plus loing,
Si Montaigne use au passage de Castiglione, "l'architesto di questa derriere eux, je descouvris une trouppe et un maistre en teste,
dichiarazione è nella sequenza discorsiva impersonata dai tre inter- qui estoit feu Monsieur le Comte de La Rochefoucaut. Un
locutori del Dialogo delle lingue", comme l'observe justement Gian- de mes gens s'enquit au premier de ces regents, qui estoit
carlo Mazzacurati22, provient non pas de Speroni mais de l'adaptation ce gentil'homme qui venoit après luy. Luy, qui n'avoit pas
qu'en a donné Du Bellay dans La Deffence et Illustration de la langue veu ce trein qui le suyvoit, et qui pensoit qu'on luy parlast
françoyse, ce qui toutefois ne signifie pas que l'auteur des Essais ne de son comp^non, respondit plaisamment; Il n'est pas gen-
soit pas remonté, à cette occasion, à l'original italien, d'autant plus til'homme; c'est un grammairien, et je suis logicien. Or, nous
que dans le dialogue, les propos qui ont retenu son attention sont qui cerchons icy, au rebours, de former non un grammairien ou
placés dans la bouche de Pomponazzi, "Peretto". On en jugera par la logicien mais un gentil'homme, laissons les abuser de leur loisir:
nous avons affaire ailleurs. Mais que notre disciple soit bien
conférence des versions:
pourveu (var. de 1588: garny) de choses, les parolles ne suivront
que trop [... 224]; Feu mon pere, ayant fait toutes les re-
cherches qu'homme peut faire, parmy les gens sçavans et
Speroni, Dialog delle lingue in Trattatisti del Gnquecento, a
d'entendement, d'une forme d'institution exquise, fut advise de
cura di M. Pozzi, Milano-Napoli, 1978, p. 621-622:
cet inconvenient qui estoit en usage; et luy disoit-on que cette
"Ma noi vani più che le canne, pentiti quasi d'aver lasciato la
longueur que nous mettions à apprendre les langues, qui ne leur
cuna e esser uomini divenuti, tornati un'altra volta fanciulli,
coustoint rien (ces cinq mots sont une addition d'EB), est la
altro non facciamo diece e venti anni di questa vita che imparare
seule cause pourquoy nous ne pouvions arriver à la grandeur
a parlare chi latino, chi greco e alcun (come Dio vuole) tosca-
d'ame et de conoissance (var. de 1588: à la perfection de
no".
science) des anciens Grecs et Romains".
Du Bellay, La Deffence et Illustration de la langue françoyse,
édit. H. Chamard, Paris, STFM, 1961, p. 65-66: Ainsi se trouve restituée la filiation qui court de l'humaniste italien
"Mais nous, qui ordinairement affectons plus d'estre veuz au bourgeois-gentilhomme.
scavans que de l'estre, ne consumons pas seulement nostre Plus profonde et plus profuse aussi qu'on ne tend à le penser
jeunesse en ce vain exercice: mais comme nous repentans d'ordinaire, Tinnutrition italienne des Essais attend encore son
d'avoir laissé l'espace de XX ou XXX ans ne faisons autre chose histoire Longue tâche, qui passe par l'inventaire des dettes con-
qu'apprendre à parler, qui Grec, qui Latin, qui Hebreu". tractées par nombre d'ouvrages de la seconde moitié du XVI® siècle
tenus encore, et à tort, pour originaux. Lorsque Montaigne puise dans
130 M. Simonin 131
Leeturei italienneê de Montaigne

la Suite des Diverses Leçons d'Antoine du Verdier, il s'adresse encore (10) Voir M. RICHTER. "La poetica di Theodore de Bèze e le Chrestiennes Médita-
à une compilation de Sansovino. L'origine première des Essais, la leçon, tions", Aevum, gennaio-aprile 1^64, p. 493-5.
la tradition des sylves et jusqu'à ces fournisseurs occasionnels qu'il (11) Voir L·. DROZ, "Notes sur Bèze", BHR, XXIV (1962), p. 589-610. η est inutile
feuillette en corrigeant l'exemplaire qui sera dit de Bordeaux doivent d'insister ici sur le rôle joué par Peletier du Mans, plus tard, auprès de Montaigne (voir
D M. FRAME, Montaigne. A Biography, San Francisco, 1984, p. 133).
beaucoup à la production italienne des XV* et XVI® siècles. Pouvait-il (12) Lyon, Jean de Tournes, 1548, p. 4-5 exemplaire à la Β. Mazarine 41993 (3). En
en aller autrement? Comment la plus originale des oeuvres françaises marge d'fcspence renvoie à la première épitre aux Corinthiens.
de la fin de la Renaissance aurait-elle pu négliger, des lettere à la (13) EM III, 415. Pour l'intelligence générale de cet essai, voir T. CAVE, TTie Cornu·
copian Text, p. 293-3 et surtout J. STAROBINSKY, Montaigne en mouvement, p. 169-222.
trattatisca et aux dialoghi, le lieu par lequel l'Antiquité avait transité, (14) Les travaux inspirés par Francesco Patrizi sont nombreux. Nous retiendrons: Cesare
restituant autour d'elle toutes bonnes lettres? Vasoli, "Linguaggio, retorica e potere secondo Franceso Patrizi" dans Le Pouvoir et la
Piume. Paris, CIRRl-Paris III, 1981, p. 285 sqq.; E. GARIN "Nota su alcuni aspetti delle
Retoriche rinascimentali e sulla Retorica del Patrizi" dans Testi umanistici sulla retorica,
Michel SIMONIN "Archiv, di Filosofia, 111, 1953; L. MEN APACE BRISCA, "La retorica di Francesco Patrizio
0 del platonico antiaristotelismo", Aevum, XXVI, 1952, p. 434-618; D. CANTIMORI,
"Rhetoric and Politics in Italian Humanism" dans le J. War. Institute, I, p. 83-102.
(15) Pour l'importance de ce texte, voir Κ. MEERHOFF, Rhétorique et poétique au
XVe siècle en France, Leyden, Brill, 1986, p. 41.
(16) Voir M. MAGNIEN, "Un écho de la querelle ciéronienne à la fin du XVIe siècle;
NOTES éloquence et imitation dans les Essais", BSAM cité, p. 85-99.
(17) L'Age de l'Eloquence, p. 433. Ce maître-ouvrage fait une place beaucoup trop
(1) Catalogue de la librairie Miraglia-Veyssière, Lyon-Tours, 1988, n. 1538. discrète à la Rhétorique de Patrizi qu'il date au reste par erreur de 1592 au lieu de 1562!
(2) Voir VILLEY, Sources, I, 147, où le savant montaniste, plutôt que d'admettre cette Faut-il ajouter que le traité de Patrizi était loué dans un livre aussi fondamental que le
origine, s'efforce en vain de croire à un recours aux fournisseurs de Fulgosius! D'une manière Teatro de Giulio Camillo?
générale, Villey ne veut pas que Montaigne se soit pourvu chez des "compilateurs". Ainsi, (ΧΖ) Montaigne en mmtvement, p. 26-27.
pour ne citer que cette suite d'exemptes, toute la fin de 1,2 dans l'édition de 1580, vient-elle (19) M. Dreano dans la BHR, XXIV (1962), p. 561.
de Ravissius Textor, Officina, "Veneno extincti", "Morte subita mortui" et "Casibus aliis (20) III, 5, 874 Β. Montaigne aime l'image: "raisons et inventions que je transpUnte en
diversis mortui" (édit. de Lyon, Gryphe, 1593, p. 72, 75-76 et 87. mon solage" (II, 10, 408 C).
(3) Voir l'introduction de l'édit. A. Greco des Lettere famäiari (Firenze, Le Monnier, (21) Voir dans Marot, Rabelais, Montaigne: l'écriture comme présence, Paris-Genève,
1957-1961, 3 vol.). Slatkine, 1987, chap. III.
(4) Voir G. BERETTI, Prefazione e polemiche, a cura di L. Piccioni, Bari, Laterza, (22) H Rinascimento dei moderni La crisi culturale del XVI secolo e la negazione delle
1911, p. 133. origini. Bologna, Il Mulino, 1985, p. 282-5.
(5) L'exemplaire de l'édition des Lettere amorose (Venise, 1587) conserve à la New
York Public Library (*KB 1568) comprend in fine des vers autographes de Torquato Tasso à
qui il a appartenu:

La carta, e il cor mi è lacerato, et arso/ Morte mi die chi me dorura la


vita/ Ne da voi, ne da lei più spera aita/ Ma sol da lui che per me il
sangui ha sparso/ Vostro son, ne d'Altra esser potrei/ Ung seul regret/
Chi nominar non oso.

J'ignore si ces vers ont été publiés.


(6) Nous suivons l'exemplaire de la NYPL.
(7) Voir dans le Bulletin de la Société des Amis de Montaigne, VII® série, n. 1-2 (juillet-
décembre 1985) les actes du colloque Réthorique de Montaigne.
(8) Sur cette question, voir l'importante étude de L. Sozzi, "Eloquence et vérité: un
aspect de la polémique anti-italieime en France au X V P siècle" dans les Annales de l'Univ.
Jean Mouliru Langues étrangères, t. II (1975, 2), p. 78 sqq.
(9) Voir M. RICHTER, " A ^ e t t i e orientamenti della poetica francese nel secolo XVI",
SF. 1975, p. 223-245.
A sauts et à gambades:
TArioste de Montaigne

Même s'il ne veut pas l'admettre, Montaigne admire chez l'Arioste


ce qui constitue un élément crucial de ses propres Essais: leur orga-
nicité, la pensée et l'écriture à pièces décousues, formant une certaine
globalité sémantique - une marqueterie - grâce à un processus
d'agglutination. Mais Montaigne distingue l'énonciation, ce qu'il dit de
l'Arioste, de l'éconcé, ce qu'il pense de l'Arioste, car il cite le Roland
furieux cinq fois et y fait allusion ainsi qu'à son auteiu* trois fois^.
Bien que cette fréquence quantitative révèle déjà relativement le
véritable statut de l'Arioste auprès de Montaigne, elle atteste surtout,
et à plus d'une reprise, une certaine réserve vis-à-vis de la culture
contemporaine pour mieux valoriser la culture classique, et de cette
façon, en ce qui concerne Montaigne, pour mieux rehausser ses
propres Essais, qu'il veuille l'admettre ou non. Du Roland furieux et
dans le contexte de ses Essais, Montaigne tire les notions suivantes:
l'amour inaccessible et l'obsession du désir, le combat existentiel et la
recherche de l'assiette, l'auto-déception voulue sur soi et sur les
autres, honneur et conscience, l'écriture et le silence. En somme, un
microcosme, en grande partie une mise en abyme, et du Roland
furieux et des Essais.
Il n'est pas insolite qu'on dénigre ce dont on veut se faire l'émule,
surtout s'il y a une similarité et un rapport étroits entre les deux
objets en question. C'est précisément ce qui a lieu entre Montaigne et
M. Te tel
X $aut$ et à gant badee: l'Aliotte de Montaigne 135
134

L'essayiste ne pourrait mieux se définir et en même temps recon-


l'Arioste; l'auteur des Essais reproche à l'auteur du Roland furieux ce
naître les mérites du Roland furieux et rendre ainsi hommage à
qui le typifie lui-même, notamment une écriture - une corn.position
l'Arioste; ses remarques sur le Roland furieux font donc partie d'une
- à l'apparence décousue^. Cette critique de portée auto-référentielle
rhétorique humaniste qui souvent, et faussement à bien des égards,
Montaigne la fait très astucieusement à deux reprises par le biais
avilit le passé immédiat (le Moyen Age) et se distancie jalousement
d'une comparaison de Virgile et de l'Arioste:
des contemporains^. En effet, l'Humanisme n'est pas exempt parfois
d'un certain terrorisme intellectuel vis-à-vis du passé immédiat.
S'ils se piquoient de cette comparaison, que dir oient ils [Virgile
Par ailleurs, le Roland furieux sert à Montaigne de référent
et Lucrèce] de la bestise et stupidité barbaresque de ceux qui
luy comparent à cette heure Arioste? et qu'en diroit Arioste pour circonscrire la femme et pour démontrer la vaine poursuite
luy-mesme? Ο seculum insipiens et infacetum! (II: X, 411) ... du désir amoureux. Il postule un double idéal féminin: Angélique,
en la comparaison de YAeneide et du Furieux. Celuy-là, on le la femme objet du désir et presque symbole sexuel, et d'autre part
voit aller à tire d'aisle. d'un vol haut et ferme, suyvant tous- Bradamante la guerrière, la femme masculine, à la fois émule et
jours sa pointe; cettuy-ci voleter et sauteler de conte en conte véritable compagne de l'homme. Située dans "De l'institution des
comme de branche en branche, ne se fiant a ses aisles que pour enfans" (i: XXVI), cette typologie de femmes manifeste le choix qui
une bien courte traverse, et prendre pied à chaque bout de s'offre à l'homme, et 1'essayiste/gouvemeur par le truchement de son
champ, de peur que l'haleine et la force luy faille. Excursusque disciple se garde bien lui-même de choisir entre les deux femires,
breves tentât (412A)3 mais la balance penche tout de même du côté de Bradamante puisque
Angélique est considérée molle et artificielle:
Personne ne contradira peut-être Montaigne quant à la supériorité
de Virgile sur l'Arioste. Néanmoins "l'alleure poetique, à sauts et à
Et quand il commencera de se sentir, luy présentant Brada-
gambades" (III: IX, 994B) qui ailleurs plaît tant à Montaigne est mante ou Angélique pour maistresse à jouir, et d'une beauté
en fait ce qu'il décrie chez l'Arioste. Par exemple, il se hâte de naive, active, genereuse, non hommasse mais virile, au prix
déclarer qu'il est attiré envers Sénèque et Plutarque, car "la science ... d'une beauté molle, affettée, delicate, artificielle; l'une travestie
y est traictée à pièces décousues" (392). Puisque la séparation ou en garçon, coiffée d'un morion luysant, l'autre vestue en garce,
distinction arbitraire entre fond et forme lui convient pour le mo- coiffée d'un attiffet emperlé; il jugera masle son amour mesme,
ment, il s'en sert. Donc, il sait très bien que le voltigement chez s'il choisit tout diversement à cet effeminé pasteur de Phrygie.
l'Arioste traduit une signification d'un univers inconstant et fragmenté, (161-62)
et une assertion de la fantaisie et de Torganicité sémantique.
Tout comme Montaigne, l'Arioste observe un savoir multiforme Aussi aujourd'hui dirait-on que si Montaigne devait choisir entre la
et variable au moyen de ces déplacements épisodiques abrupts que femme ménagère et la femme féministe, il préférerait celle-ci, tout du
résume une poétique de la rénovation et de la manipulation, frivole moin.s dans ce contexte et malgré ce qu'il déclare ailleiu-s à l'égard de
seulement en apparence, au moyen d'une matière déjà bien usagée: sa propre épouse.
notamment les prouesses de Roland et de ses paladins. Montaigne Cette référence à Angélique et Bradamante démontre encore chez
d'ailleurs n'hésite pas à d'autres reprises de s'exprimer honnêtement Montaigne un processus de lecture et d'interprétation partant d'une
au sujet de la validité exemplaire d'une poétique du détour sur abstraction, d'une emblématisation et cristallisation, et menant
laquelle se fonde essentiellenent les Essais: ensuite à une signification plus nette du texte lu grâce au nouveau
contexte dans lequel il figure; dans l'essai, l'opposition Angélique/
Je m'esgare, mais plustost par licence que par mesgarde. Mes Bradamante est clairement énoncée sans autre encombrement épiso-
fantasies se suyvent, mais parfois c'est de loing, et se regardent, dique, ce qui ne serait pas le cas dans le Roland furieux. C'est là une
mais d'une veue oblique (III: IX, 994B). différence essentielle entre une allégation globale non-textuelle, ici au
136 M. Tetel X §aut$ et à gombodet: l'Arioête de Montaigne 137

sujet de Bradamante et Angélique, dont Montaigne peut cerner une logique qui, à son tour, se rapporte à une métatextualité. On aboutit
interprétation et une opinion sur la femme, et, par contre, une donc dans ces instances à une osmose entre la condition humaine
citation textuelle qui exige, elle, de la part du lecteur/critique un accompagnée d'une certaine vie active, et d'autre part, la vie privée,
maniement intertextuel afin d'en saisir toutes ses réverbérations retirée, à laquelle s'ajoute le choix entre le parler et Je silence. Litté-
sémantiques. ralement la question se pose, pour commencer, dans "L'heure des
Bien que ce soit l'inaccessibilité de l'objet du désir qui, dans un parlemens dangereux" (I: VI) où l'on a le choix entre parlementer et
premier moment, fait rejoindre Montaigne et l'Arioste, le véritable combattre; le parlementer — le parler — est subverti, car il fournit
point de contact se révèle plutôt dans la triste réalisation du caractère l'occasion de trahison de la part de l'ennemi: pendant que l'on parle,
éphémère des relations affectives. Dans "De l'amitié," Montaigne cite l'autre peut en profiter pour attaquer. Par contre, le combat permet
le Roland furieux pour opposer les frustrations de l'amour à l'har- d'exercer un contrôle plus efficace — bien que l'issue ne provienne
monie de l'amitié; l'amant est le chasseur qui poursuit un lièvre pas toujours d'une cause humaine, et c'est ici qu'intervient l'Arioste:
sans cesse hors d'atteinte:
Fu U vincer sempre mai laudibil cosa,
Corne segue la lepre il cacciatore Vincasi ο per fortuna ο per ingegno. (29A)
Al freddo, al caldo, alla montagna, al lito;
Né più l'estima poi che presa vede, En fin de compte Montaigne opte pour le combat face à face, ce qui
E sol dietro a chi fugge affretta il piede. est souligné encore dans une assez longue addition de 1588 terminant
(I: XXVIII, 186A) l'essai®.
De leur part, les deux vers de l'Arioste commencent le deuxième
Dans le Roland furieux, ces vers (Χ, 7) font partie d'un long préam- chant du Roland furieux et valorisent également le combat, surtout
bule, de plusieurs huitains au dixième chant, qui préfigure l'infidélité s'il n'est pas sanglant. En outre, le protagoniste de cet épisode,
de Bireno envers Olimpia. Ensuite la plupart du chant décrira l'amour Agramante, saute un fossé pour pouvoir combattre et tout à coup se
idyllique de Bireno et Olimpia que le lecteur sait déjà ne va pas trouve face à face avec Charlemagne (X, 1-9). A ce moment, l'Arioste
durer; l'Arioste manipule donc encore sa narration afin d'en tirer interrompt cet épisode et revient à Astolfo; il contrôle et jongle ainsi
toutes les nuances ironiques possibles; cette manipulation et l'ironie avec son univers imaginaire. Il évite de cette façon un certain dogma-
qui s'y joint veulent faire ressortir, mais pas uniquement, les faiblesses tisme que l'essayiste débutant trouve encore nécessaire, car ces
de l'hcmme et son impuissance devant les forces contrôlant l'univers. interruptions ariostesques veulent représenter im univers arbitraire et
De sa part, Montaigne en citant ces vers dans un certain but rhéto- fragmenté que domine une simultanéité événementielle, ce qui ne
rique, pour valoriser son concept de l'amitié, ne s'éloigne guère en devait pas échapper à l'essayiste.
fait dans son essai, quoi qu'il prétende, de l'Arioste, car il y déplore Comment porter des armures lourdes constitue la matière du
la courte durée de son amitié avec La Boétie, et l'essai devient une discours dans "Des armes des Parthes" (II: IX), et ce sujet devient en
tentative de resaisir, de reconstituer, ce passé afin de lui conférer une fait la métaphore de comment supporter et se protéger contre les
permanence que le temps humain lui nie, Π se dégage, par conséquent, adversités d'une condition existentielle batailleuse. Autrement dit,
une ironie résultant du contraste entre le contexte montaignien comment transfermer lourdeur en légèreté, sans suivre l'exemple des
localisé dans lequel se situe rhétoriquement la citation de l'Arioste Parthes dont les armures étaient faites de plimies, mais au contraire
et le contexte et le sens global de l'essai. Tout comme l'Arioste fait que le fer soit la plume. On ne doit pas éviter la lourdeiu· mais la
semblant de déjouer le lecteur après l'avoir bien averti, Montaigne rendre le plus flexible possible au moyen de nouvelles habitudes, de
s'aligne avec l'Arioste tout en faisant semblant de s'opposer à lui. la maîtrise de soi, d'un engagement, et de l'imagination. Lorsqu'il cite
Les quatre autres citations du Roland furieux se situent et chez l'Arioste, Montaigne veut démontrer que porter les armures n'est
l'Arioste et chez Montaigne dans un domaine essentiellement onto-
138 M. Te tel
Λ saut» et à gambadee: l'Arfogte de Montaigne 139
qu'une habitude, et, en conséquence, leur lourdeur finit par ne plus
contexte limité où elle se situe chez Montaigne et dans le sens global
être remarquée:
de l'essai qui amalgame ontologie: une assiette ferme contre les
adversités de la fortune, et la vertu: le bien faire:
Or il n'est que la coustume qui nous rende insupportable la
charge de nos armes:
L'husbergo in dosso haveano, e l'elmo in testa, Credo che Ί resto di quel verno cose
Dui di quelli guerrier, de i quali io canto, Facesse degne di tenere conto;
Nè notte ο dì, doppo ch'entraro in questa Ma fur sin' a quel tempo sì nascose.
Stanza, gli haveano mai mesi da canto, Che non è colpa mia s'hor' non le conto:
Che facile a portar come la vesta Perchè Orlando a far opre virtuose,
Era lor, perchè in uso l'avean tanto. Più ch'a narrarle poi, sempre era pronto,
Il: IX, 405A) Ne mai fu alcun' de li suoi fatti espresso,
Senon quando hebbe i testimonii apresso.
Chez l'Arioste, cette citation se trouve dans un contexte de mysti- Il faut aller à la guerre pour son devoir, et en attendre cette
fication; Sacripante et Orlando sont dans le chateau enchanté d'Atlan- recompense, qui ne peut faillir à toutes belles actions, pour
te et, bien qu'ils ne portent pas leur heaume, ils ne sont ni vus ni occultes qu'elles soient, non pas mesme aux vertueuses pensées,
c'est le contentement qu'une conscience bien reglée reçoit en
reconnus par Ferrau lorsqu'ils le rencontrent.
soy de bien faire. Il faut estre vaillant pour soy-mesmes et pour
Π s'établit alors un rapport sous-textuel très étroit entre l'essai de
l'avantage que c'est d'avoir son courage logé en une assiette
Montaigne et le contexte de la citation. Chez Montaigne la lourdeur ferme et asseuré contre les assauts de la fortune. (II: XVI,
des armures n'existe que si on ne se dresse pas contre les contin- 632A)
gences de cette condition, et l'essayiste préconise que la volonté de
croire au fer transmué en plumes le rendra léger. De même chez
En fait, les deux derniers vers du huitain proposent que c'est à
l'Arioste, les ennemis ne se voient pas grâce à une force extérieure
certains d'agir et à d'autres de dire ipso facto, de représenter. De
enchanteresse et peuvent donc se tolérer. Or, cette citation de l'Arios-
plus, le contexte chez l'Arioste renforce et développe l'analogie
te chez Montaigne peut se lire dans son contexte immédiat: il est aisé
agir/écrire ou exploits/écriture par l'intermédiaire de la métaphore du
de porter de lourdes armures si on en a l'habitude; soit dans le
printemps. Dans le huitain suivant celui cité par Montaigne, l'Arioste
contexte global de l'essai: le pouvoir de l'imagination et de l'enchan-
fait coïncider le retour du printemps, accompagné d'un zéphir inspi-
tement pour transformer le lourd en léger — au sens propre et au sens
rateur, avec le renouveau des exploits de Orlando, analogiques, eux, à
existentiel. Le rapport oblique et implicit que révèle le deuxième cas la renaissance de la nature; il en résulte donc le concept d'une nature
s'avère peut-être le plus important et atteste, de la part de Montaigne, comme palimpseste du texte qui s'écrit, surtout puisque nous sommes
une lecture du Roland furieux bien plus que littérale, et des plus à la fin d'un chant:
sensibles, qui contrebalance et atténue la rhétorique à l'apparence
négative de l'essayiste vis-à-vis du poète ferrarais.
Passò il resto del verno così cheto
Pour l'homme d'action, le combat, c'est-à-dire le vivre en -îoi et
che di lui non si seppe cosa vera:
pour soi, s'entreprend pour le contentement de sa propre conscience
ma poi cheì sol ne l'animai discreto
et non afin de se glorifier. Cette proposition sous-tend "De la gloire" che portò Friso, illuminò la sfera,
(II: VI) et articule la nécessité d'une activité dans le cadre d'une e Zefiro tornò soave e lieto
auto-suffisance; et aussi déclenche-t-elle la citation de tout un huitain a rimenar la dolce primavera;
du Roland furieux. De prime abord, cette citation distingue le faire d'Orlando usciron le mirabil pruove
selon sa conscience du dire vain et vacueux, et s'intègre ainsi dans le coi vaghi fiori e con l'erbette nuove. (82)6
140 Af. Tetti ji taute et à gombadee: l'Arloet« de Monùiiene 141

II se produit, par conséquent, dans ces vere de l'Arioste, y com- englobant ces éléments se trouve dans VApologie de Raymond Se-
pris ceux cités par Montaigne, une équivalence entre exploits et texte bond, et, de nouveau, l'intertexte, en renvoyant à l'un et l'autre
qui n'échappe pas à Montaigne étant donné la consubstantialité du texte, fertilise et révèle leur signification au-dèlà des premières ap-
Moi et du texte sous-jacente les Essais. parences.
En effet, l'essai "De la gloire," tout en dissectant ce sujet pro et C'est en associant l'impossibilité de savoir et la corruption que
contra, finit par privilégier une sorte de solipsism e de la conscience; Montaigne cite l'Arioste. L'essayiste propose en outre, au moyen d'un
autrement dit, Montaigne défend ici sa vie de librarie, i.e. l'écriture exemple précédant la citation, que le manque de réussite dans la
des Essais, contre la gloire de la vie publique. Tout l'essai, d'ailleurs, poursuite du savoir peut aboutir au suicide, qui serait même un
se réduit à ce choix existentiel, tel que le démontre la dernière phrase suicide excusable (II: XII, 497B); l'argument ici serait-il plutôt
de l'essai, elle-même un dernier ajout: "Toute personne d'honneur rhétorique que de bonne foi. Montaigne se demande si la vie idylli-
choisit de perdre plustost son honneur, que de perdre sa conscience" que, naturelle, sans contrainte et sans lois humaines, n'est pas préfé-
(I, XVI, 614C). En plus de ses acceptions ordinaires, conscience ici rable aux soi-disant progrès et ordre institués par le système juridique
veut dire également le droit de faire un choix; la librarie, elle, et ses protagonistes incultes; et de citer tout un huitain du Roland
signifie la validité de ce choix que les autres, peut-être, ne com- furieux pour sembler se justifier:
prennent pas. Or, le rapport implicit entre ontologie et texte remonte
à l'incipit de l'essai: Di cittatorie piene e di libelli
D'esamine e di carte di procure,
Il y a le nom et la chose; le nom, c'est une voix qui remerque Avea le mani e il seno, e gran fastelli
et signifie la chose; le nom, ce n'est pas une partie de la chose Di chiose, di consigli e di letture:
ny de la substance, c'est une piece estrangere joincte à la chose, Per cui le facultà di poverelli
et hors d'elle (601). Non sono mai ne le città sicure;
Avea dietro e dinanzi, e d'ambi i lati,
La distinction que fait Montaigne entre le texte et son réfèrent Notai, procuratori e advocati. (497-98A)
sémantique, entre sa renommée actuelle et la vérité, s'insère évidem-
ment dans un discoure cratylique et dans une auto-dépréciation Or, chez l'Arioste cette citation se remarque dans un contexte
continue du texte, à la fois réelle et ironique, mais elle se résorbe opposant la discorde au silence, et ce discours s'effectue dans un
en convergeant sur les deux derniers vers de l'Arioste: "Nè mai fu domaine allégorique- Le huitain en question (XIV, 84) sert à décrire
alcun' de li suoi fatti espresso, / Senon quando hebbe i testimonii Discorde que rencontre l'Ange Michel parti à la recherche de Silence
apresso" (623A) En fin de compte, c'est à la postérité de juger, de vere lequel l'envoyait l'empereur Charlemagne pour faire venir si-
proclamer et fabriquer la gloire, par ses propres écritures et lectures, lencieusement à Paris les troupes arrêtées au large de la Picardie.
comme Montaigne lui-même le fait vis-à-vis des anciens et de ses Discorde commente que Fraude, étant une compagne de Silence,
contemporains. C'est là l'ultime et durable gloire. pourrait peut-être lui indiquer où Silence se trouve (cf. XIV, 86).
Malgré cette certitude, le doute persiste et se manifeste: 1) Donc, Silence n'a plus de connotation moralement négative mais a
par la recherche d'une assiette spirituelle (une ontologie défaillante), rejoint par contre des régions sémantiques plus éthérées et introuva-
2) par la négation du savoir (cette inscience épistémologique), et 3) par bles.
une débit verbal qui appelle le silence (le texte qui se nie); en somme, A leur tour, Montaigne et l'Arioste se rejoignent par l'analogie
ces composants du doute articulent une discorde et un branle perpé- qu'ils font à propos du dire, considéré ici comme une certaine écri-
tuel qui s'opposent au silence, à une situation idéale, utopique donc ture prolixe représentant ce qui est moralement corrompu ou dé-
inaccessible. Il n'est pas fortuit que la dernière citation de l'Arioste, cadent. Dans ces instances, le déversement verbal exerce une fonc-
tion didactique et correctrice, mais il est aussi réflexif: par son
X iOuU et à gambadet: l'Arlotte de Montaigne 143
142 Af. Tetel

NOTES
abondance même il constate en somme son insuffisance et propose la
solution idéale du silence, de la page blanche. D'ailleurs, chez Mon- (1) Dans ce contexte il suffit de rappeler la référence à l'Arioste dans le Journal de
taigne cette problématisation de l'écriture sous-tend VApologie de voyage: "Nous vismes en une eglise, l'effigie de l'Arioste, un peu plus pleine de visage qu'il
n'est en ses livres; il m o u r u t eagé de cinquante neuf ans le 6 de Juing 1533" (éd. Alessandro
Raymond Sebond; en effet, l'essai suprême sur le doute et les faibles- D'Ancona [Città di Castello; S. Lapi, 1 8 9 5 1 Ρ· 151). Ces remarques s'interrogent d'abord sur
ses de l'homme, le fulcrum des Essais, est à la fois le plus long. Quant le concept de la reptésentation. Quel portrait est le plus mimétique? Celui dans l'église
à la citation de l'Arioste dans VApologie, elle devient par conséquent fettaraise de S. Benedetto où l'Arioste f u t enterré ou plutôt ceux qui se trouvent dans les
éditions de YOrlando furioso. Qui est le véritable Arioste? Celui de ses livres ou celui qui a
emblématique, une réduction, une mise en abyme, d'une des ques- vécu et qui est mort? En outre, ce qui est remarquable et révélateur en ce qui concerne le
tions cruciales de cet essai, et des Essais, qui pénétre au coeur de la genre de relation que l'essayiste entretient avec le Ferrarais est le fait que le voyageur péri-
symbiose pensée/écriture: plus on doute, cherche, explore, plus on gourdin (même si c'est le secrétaire qui rédige) spécifie la date de la mort du poète qui
coihcide avec l'année de la naissance de Montaigne (ce dont le secrétaire devait être égale-
s'épanche verbalement, et plus on met en question ces écoulements ment conscient). Or, coincidence d'enchamement, de continuité: mort/naissance. Et Mon-
de la plume sans résoudre le dilemme — sauf par la persistence de taigne mourra aussi à l'âge de 59 ans...
cette symbiose. (2) Malgré un intérêt en Italie des plus heureux et des plus abondants sur Montaigne, les
Da sa part, si Roland poursuit Angélique, i.e. si l'Arioste poursuit rapports avec l'Arioste ne sont guère exploités; cf. notre article sur Montaigne et la critique
italienne: "Recent Italian Criticism on Montaigne (1880-1973)," Revue de littérature com-
un idéal, une perfection, fuyante et inaccessible, Montaigne, lui, parée, 52 (1978), 74-97. Cette contribution sur Montaigne et l'Arioste s'inscrit dans un
s'engage, à travers la lecture et sa relation avec les autres, à la quête travail plus ample sur Montaigne et l'Humanisme italien qui paraîtra p r o c h a i n ^ e n t .
d'un Moi également fuyant et inaccessible dû à son mobilisme. Si (3) Alexandre Cioranescu avait déjà insinué des doutes sur certains jugements de Mon-
l'Arioste au cours de sa poursuite devient sereinement conscient de la taigne: "Π est d'ailleurs évident que le grand moraliste a un faible pour le poème de
l'Arioste, malgré tout ce qu'il en dit" (.L'Arioste en France des origines à ïa fin du XVIII^
futilité et de la nécessité de sa condition, une des significations de la siècle [Paris: Les Editions des Presses Modernes, 1939^ I, p. 40).
pazzia di Orlando devant l'éclatement de sa raison d'être — d'un (4) Les citations des Essais sont tirées de l'édition Pierre VUley et V. L. Saulnier (Paris:
centre sans cesse déplacé, Montaigne de même recherche un équilibre, PUF, 1978).
(5) Faut-il rappeler la lettre de Gargantua à P a n t ^ r u e l : "Le temps estoit encore té-
son assiette au-delà de toute incertitude épistémologique, car, quo- nébreux et sentant l'infélicité et calamité des Goths, qui avoient mis à destruction t o u t e
tidiennement, il constate et déplore autour de lui, entre autre, le bonne littérature" (F. RABELAIS, Pantagruel in Oeuvres complètes. Collection l'Intégrale
déséquilibre tragique entre la Ragion di Stato et la Ragion di Dio et [paris: Editions du Seuil, 1973], ch. 8, p. 246).
souhaite leur harmonie à laquelle il contribue profondément, tout (6) Voici la citation de l'Enéide (X, 732) qui termine l'essai et subvertit fortuna et
ingegno:
comme le ferrarais vit, sans espoir d'issue, le démembrement forcé
de la péninsule italique. Atque idem fugientem haud est dignatus Oroden
Sternere, nec jacta caecum dare c u p i d e volnus:
Etant donné leur condition respective, il ne reste plus à ces
Obvius, adversoque occunit, seque viro vir
deux gymnastes de la plume et de l'esprit qu'à jouir et valoriser Contuüt haud furto melior, sed fortibus armis.
l'espace scriptural parcouru, non à pas pesants mais à sauts et à
gambades pour se soulager et se distraire, soit-il momentanément, du (7) Orlando furioso, éds. Santorre Debenedetti et Cesare Segre (Bologne: Commissione
poids lourd qui pèse sur la conscience du Ferrarais et du Périgourdin. per i Testi di lingua, 1960), p. 321.
(8) Cf. les remarques très fines de N. SAPEGNO:
Marcel TETEL
Anzitutto la struttura aperta e policentrica del libro, con la compresenza
e l'intreccio di diverse azioni parallele, che ritrovano la loro unità, non in
un estemo filo conduttore, bensì solamente nello sguardo equanime e
o n n i c o m p r e n ^ o dello scrittore

{Convegno Intemazionale Ludovico Ariosto [Rome: Accademia Nazionale dei Lincei, 1 9 7 5 1


P. 27).
i

Montaigne e i\ Principe di Machiavelli: i primi contatti

Mi pare necessario aprire questa comunicazione richiamando all'at-


tenzione la "diffidenza" con cui Montaigne ha sempre guardato alla
science politique, e, di conseguenza, anche agli scrittori che di quella
scienza hanno fatto l'oggetto delle loro ricerche: da Machiavelli
agU autori dell'epoca classica^.
Egli confessa di aver avuto fin dagli anni giovanili non poche
perplessità nei confronti di una scienza che, partendo dai dati parziali
e contingenti dell'esperienza, ο da aprioristiche costruzioni intellettua-
h, pretende di indicare soluzioni universalmente valide: per questo s'è
astenuto - dichiara - da ogni indagine in materia politica.

Cette si vulgaire considération m'a fermi en mon siège, et tenu


ma jeunesse même plus téméraire en bride: de ne charger mes
épaules d'un si lourd faix que de me rendre répondant d'une
science de telle importance [...] me semblant très inique de
vouloir soumettre les constitutions et observations publiques et
immobiles à l'instabilité d'une privée fantaisie^.

Un'affermazione così perentoria, se pur non deve e ^ r e presa


alla lettera - Montaigne, com'è noto, s'è a più riprese occupato
di politica — va comunque letta come un invito a procedere con
molta prudenza nelle ricerche che riguardano la storia del pensiero
Montaigne e il "Principt" di Machiaveni 147
146 M. Dal Cono

politico montaignano. Π mio intervento perciò, in linea con quel sugge- Qualche interesse presenta invece l'accenno degli Essais ai Discor-
rimento, sarà caratterizzato più dalla formulazione di ipotesi, suggerite si. Montaigne li chiama in causa per dimostrare una tesi che gli è
da curiosi riscontri, che dalla acquisizione di dati certi. cara: le considerazioni politiche fondate sull'esperienza non meritano
Il problema che deve esser affrontato per primo da chi si occupa molto credito. La testimonianza dell'esperienza è troppo contraddit-
dei rapporti Montaigne-Machiavelli, è quello di indicare, approssimati- toria per poter costituire un sicuro e valido metro di giudizio:
vamente beninteso, il periodo in cui il Bordolese ha avuto i primi
contatti con l'opera del Fiorentino. La questione non é oziosa. È ben L«s Discours de Machiavel, pour exemple, étaient assez solides
pour le sujet; si y a-t-il eu grande aisance à les combattre, et
nota infatti la radicale trasformazione che, nel volger di pochi anni,
ceux qui l'ont fait, n'ont pas laissé moins de facilité à combat-
ha subito Timmagine del Machiavelli presso i lettori francesi: da
tre les leurs. 11 s'y trouverait toujours à un tel argument, de
moralizzatore della vita pubblica e fustigatore della corruzione, come quoi fournir réponses, dupliques, répliques [...p.
lo presenta Jacques Gohory nella sua versione dei Discorsi del 15443,
a istigatore della strage di S. Bartolomeo e responsabile dei crimini L'evidente allusione ùVAnti-Machiavel del Gentillet, consentireb-
legati al dramma della guerra civile, come invece lo giudica il Gentillet be. a parere di alcuni studiosi^o, di stabilire che il primo contatto
nel suo Anti-Machiavel del 1576. Una trasformazione in cui, com'è de! Bordolese con le opere del Machiavelli è avvenuto tra il 1576 e il
noto, sono stati coinvolti non solo gli animi più faziosi, ma anche le 1580, l'anno della prima edizione degli Essais.
intelligenze più aperte ed illuminate. Basti pensare al solo Jean Bodin Un'ipotesi che non pare molto fondata se si considera il posto
e agli opposti giudizi espressi nei confronti del Machiavelli, presentato occupato negli ambienti intellettuaU francesi dal Segretario fiorentino
nella Methodus ad facilem historiarum cognitionem del 1566, come nel trentennio 1544-1576. Costantemente al centro dell'interes-
uno dei più grandi storici per l'obiettività e l'onestà del lavoro"*, e, se, egli ha riscosso un successo straordinario: tutti i suoi scritti
successivamente, nei Six livres de la République del 1576, accusato di politici sono stati tradotti, dai Discorsi (1544 e 1548) sXVArte della
aver posto a fondamento dello stato l'empietà e l'ingiustizia s. guerra (1546); dal Principe (1546, 1547, 1553 e 1571) alle Istone
In quale misura le circostanze che sono all'origine di questo fiorentine (parzialmente nel 1572, integralmente nel 1577), spesso
radicale cambiamento di giudizio abbiano influito su quanto è scritto ristampati (il Principe nel 1563 e nel 1571; ì Discorsi nel 1559 e nel
del Fiorentino negli Essais non è dato sapere. Non può tuttavia 1571), talvolta "imitati" {VArte della guerra nelle Instructions sur le
essere ignorato il fatto che il Montaigne, se ha conosciuto il Segreta- faict de la guerre del 1548), ο in parte "trascritti" (il Principe Les po-
rio fiorentino in tempi non "sospetti" (quelli delle prime traduzioni), litiques dAristote [...] di Louis Le Roy, del 1568), in un caso addi-
ha scritto di lui solo dopo la pubblicazione àtWAnti-Machiavel rittura oggetto di furto. Mi riferisco al clamoroso voi perpetrato,
I pochissimi accenni che vi sono nella sua opera ai testi machiavel- ai danni di Jacques Gohory, da Gaspard D'Auvergne n nel 1571.
liani non sono di alcuna utilità al fine della determinazione dell'epoca Quest'ultimo si appropriò della traduzione dei Discorsi fatta dal
in cui egli ha avuto i primi contatti con gli stessi. Un riferimento al Gohory nel 1548, e la pubblicò unitamente alla sua versione del
Principe, senza che l'opera venga esplicitamente citata, inserito soltan- Principe del 155312.
to nell'edizione degli Essais del 1595 — Montaigne prende le distanze Alle traduzioni, rifacimenti, furti si devono poi aggiungere, a
dalla tesi machiavelliana sulla "necessità" di compiere azioni ingiuste testimonianza dell'interesse suscitato dall'opera machiavelliana, le
purché di immediata efficacia sul piano politico^ — non è certo discussioni e le polemiche ch'essa ha sollevato. Basti pensare ai già
sufficiente a provare che egli ha letto il celebre opuscolo soltanto citati Bodin, Gentillet e Le Roy.
negli ultimi anni della sua vita. Ora, che quest'insieme di circostanze non abbia sollecitato Tint
Le allusioni dlVArte della guerra contenute negli Essais'^ e nel resse del "curiosissimo" Montaigne, pare assai poco probabile. Il su-
Journal^ non consentono di fare alcuna deduzione in proposito. primo contatto con l'opera machiavelUana è quindi quasi certar'er e
148 M. Dal Cono léontaigne e il "Principe " di Maehiaveüi 149

anteriore alla pubblicazione àçM'Anti-Machiavel. Potrebbe risalire l'amico aveva solo sedici anni quando compose l'operaci. Insomma, la
addirittura agli anni 1550-1555, quando fu inviato dal padre a Parigi Servitude sarebbe stata composta nel 1546 ο nel 1548. Il testo
per completare gli studi di dirittois. Non si dimentichi che proprio sarebbe stato poi rivisto, tra il 1550 e il 1553, e questo spiegherebbe
nella capitale venne pubblicata, nel 1553, per la prima volta, una gli accenni al Ronsard ed al rinnovamento della poesia francese.
traduzione francese del Principe, opera di Guillaume Cappelli, e che Ora, proprio intomo al 1548, il successo francese del Principe
il traduttore annoverava fra i suoi amici, oltre a Ronsard, Jodelle e subì una battuta d'arresto.
Dorat, anche Marc-Antoine De Muret, autore di due brevi composi- Riassumo i fatti. La prima opera del Fiorentino ad essere tradotta
zioni che compaiono fra le pièces liminaires del suo Prince e di in francese sono stati i Discorsi, nel 1544. Presentando, allora, la
quello concorrente di Gaspard D'Auvergne, pubblicato a Poitiers nello versione del solo primo übro, il parigino Gohory indica il Machiavelli
stesso anno. come "l'un des plus riches et opulans de l'Europe en la marchandise
Il De Muret, allora professore al "Boncourt", era stato, negli anni dont il se mesle", un moralizzatore della vita pubblica, un critico
1547-1548, professore di Montaigne al collegio "Guyenne" di Bor- spietato della corruzione^ì.
deauxes. Potrebbe essere stato proprio lui a far conoscere il Principe Un giudizio assai positivo, che non sembra risentire in alcun
all'è x-allievo. modo delle critiche che da qualche tempo si erano levate e si andava-
Molte circostanze portano tuttavia a ritenere che l'autore degli no diffondendo ovunque, nei confronti del Fiorentino.
Essais abbia approfondito la conoscenza delle opere del Fioren- A conferma dell'interesse suscitato dalla versione dei Discorsi,
tino a seguito dell'incontro con Estienne De La Boétie "son premier vi sono, a pochi mesi di distanza, due nuove traduzioni: quella del
guide en philosophie [...] et son premier maitre en poIitique"i6. Principe ad opera di Jacques de V i n t e m i l l e 2 3 , e quella àtWArte della
L'amicizia tra i due risale, com'è noto, al 1557-1558, dopo la guerra di Jean Carrier^^, entrambe del 1546. Delle due solo la secon-
nomina di Montaigne a conseiller del parlamento di Bordeaux i"?. da verrà data alle stampe, unitamente a L'estat et charge d'un lieu-
Ora, che La Boétie conoscesse le opere del Machiavelli, ο almeno tenant general d'armée di Onosandrò^s. A spingere il provenzale
alcune di esse, i Discorsi, il Prìncipe e VArte della guerra in partico- Carrier a tradurre in "vulgaire françois" l'opera machiavelliana, sono
lare, è ammesso da molti studiosi. Non tutti però concordano sul state, è scritto nella dedica, l'abilità e la competenza dell'autore.
ruolo che esse avrebbero avuto sulla composizione del suo Discours Il successo francese àtWArte della guerra è confermato anche
de la servitude volontaire. La tesi di Joseph Barrère (efficacemente dalla grande diffusione avuta dalle Instructions sur le faict de la guerre,
illustrata in Estienne De La Boétie contre Nicolas Machiavelli, apparse anonime a Parigi nel 1548, che altro non sono se non una
Bordeaux, Moliat, 1908; e L'humanisme et la politique dans le rielaborazione del testo machiavelliano^e.
Discours de la servitude volontaire, Parigi, Champion, 1923), secondo In quello stesso 1548 viene data alle stampe la traduzione comple-
cui la Servitude volontaire sarebbe, per taluni aspetti, una confuta- ta dei Discorsi, col primo libro il Gohory pubblica anche il secondo
zione dell'opera machiavellianai«, è stata respinta da studiosi, come ed il terzo. Nella nuova prefazione difende la validità del suo "la-
Luigi Negri ο Henri Weber^o^ per ricordare qualche nome. beur" e ribadisce l'importanza dell'autore che vuol far conoscere ai
È tuttavia vero che la Servitude volontaire, anche se non è una connazionali.
diretta risposta al Principe, ma solo una delle tante espressioni Ben diverso è il destino riservato al Principe. La traduzione del
della produzione umanistica d'opposizione al tiranno, ha singolari Vintemille, pronta ormai da tempo, non viene stampata, nonostante
punti di contatto con la fortuna francese dello scritto machiavelliano. le pressioni esercitate dal traduttore sul destinatario dell'opera: Anne
A cominciare dalla data di composizione. La principale fonte d'in- de Montmorencyi'.
formazione è Io stesso Montaigne, il quale dopo aver scritto, nell'edi- Ma la versione del Vintemille non è la sola. Ce η'è un'altra,
zione degli Essais del 1580, che la Servitude è stata composta dal pronta fin dai primi mesi del 1547. È quella di Gaspard D'Auvergne,
diciottenne La Boétie, si corregge, nell'ultima edizione, dicendo che che verrà pubblicata soltanto sei anni dopo. Lo rivela una nota
150 M. Dal Cono Montalgne e iJ "Principe " di Machiavelli 151

dell'editore, Enguilbert de Mamef, che compare in calce all'ultimo ti difficoltà economiche in cui versava il Paese, e di cui i banchieri
foglio dell'edizione del 1553. Il De Mamef fa riferimento al privilegio fiorentini, i concittadini di Machiavelli, erano ritenuti i r e s p o n s a b i l i .
concessogli da Francesco 1, il 7 marzo del 1547, di "imprimer et In ogni caso, le riserve nei confronti del Principe, si attenueranno
vendre le present livre intitulé le Prince de Nicolas Macchiavelli [...] nella primavera del 1553, ed il discusso opuscolo sarà pubblicato
tourné d'Italien en François'28. in ben due versioni.
Così, grazie a quella nota^«, sappiamo che ben due erano le Ora, in quel particolarissimo contesto di accuse e di critiche,
traduzioni del Principe pronte per essere date alle stampe fin dalla fu composto il Discours de la servitude volontaire.
primavera del 1547. Se a ciò si aggiunge che Estienne De La Boétie aveva conosciuto,
Sulle ragioni che ne hanno impedito la pubblicazione non si con tutta probabilità, le opere del Machiavelli, fin dal 1541-1546,
hanno indicazioni di sorta. Nessuno vi accenna, né segnala l'esistenza grazie al cardinale Nicola Caddi allora vescovo di Sarlat e amico della
di riserve nei confronti delle opere machiavelliane in quegli anni. famiglia La Boétie, e parente di quel Giovanni Gaddi al quale erano
L'esistenza di critiche al Principe è invece rivelata dal Cappel e dal stati dedicati i Discorsi^'' ; e che intratteneva rapporti d'amicizia con
D'Auvergne nelle presentazioni delle traduzioni apparse nel 1553. Il Dorat, De Baïf, ecc., insomma con quell'ambiente intellettuale che
primo infatti, dopo aver sottolineato Toriginalità degli scritti del ruotava intomò ai collegi "Coqueret" e "Boncourt"38, nel quale sono
Machiavelli — non si è dilungato in inutili speculazioni teoriche, ma maturati i progetti di traduzione del Principe, molti tasseUi sembrano
ha costruito la sua 'science politique' fondandosi unicamente sulla combaciare.
"maniere de gouverner de son temps et de son pais qui est quasi le È vero che il Montaigne indica la lettura di Plutarco come motivo
nostre"3o - accenna alle critiche di eccessiva severità e di irreli- ispiratore della Servitude^^ ,ed altri, come il De Thou, i tragici fatti di
giosità che gli vengono mosse. E si affretta ad assolverlo: le sue Bordeaux del 1 5 4 8 ^ , ο ancora, come il D'Aubigné, la reazione
"severe" regole politiche, proprio perché fondate sull'esperienza, sono stizzita di La Boétie contro un arciere che lo avrebbe colpito con la
una garanzia di stabilità e di prosperità per la societàri. Insomma, sua "hallebarde"'^!, e nessuno accenna, nemmeno indirettamente, al
Machiavelli è un benefattore. Machiavelli. Credo tuttavia che le coincidenze, certamente rilevanti
Cosi anche il D'Auvergne, il quale dopo aver evidenziato i meriti per numero ed importanza, se aggiunte alle considerazioni del Barrère,
del F i o r e n t i n o 3 2 , riferisce che molti i o accusano di tenere un linguag- evidenzino con sufficiente chiarezza i legami della Servitude col
gio hcenzioso e di non consigliare sempre la via della virtù. Accuse Principe.
che hanno del fondamento, è costretto ad ammettere — la sua versio- Che la Servitude sia stata alla base dell'amicizia tra Montaigne
ne apparirà iafatti censurata^^ —, ma dalle quali il Machiavelli va e La Boétie è lo stesso autore degli Essais ad affermarlo^ì. E che quel
assolto, aggiunge rasentando l'eresia, perché non fa che interpretare la trattato di ispirazione umanistica antitirannica abbia influito sulla
volontà di Dio, il qule concede al principe, suo delegato, una maggior formazione del giovane "conseiller" (anche se, a qualche anno di
libertà d'azione in campo morale, in considerazione delle sue alte distanza, il rifiuto di pubblicarlo con le altre opere dell'amico, e il
responsabilità34. tentativo di minimizzarne l'importanza, lasceranno trasparire una
Sulle ragioni delle riserve a cui accennano i traduttori non si presa di distanza da quel testo) è altrettanto certo. Da quell'opera di
hanno indicazioni precise. Si possono tuttavia formulare delle ipotesi: "rhétorique ardente et âpre", che ha fatto da filtro al suo approccio
dall'eco delle polemiche i t a l i a n e ^ « , alle aperte accuse di alcuni espo- al Machiavelli, il Montaigne ricaverà non solo un "invincible amour de
nenti del mondo ecclesiastico (si pensi all'inglese Reginaldo Pole ed la liberté" che "s'unira étroitement chez lui à une indépendance
alla sua Apologia ad Carolum V del 1539, ο alla De nobilitate civili et n a t u r e l l e , ma anche l'idea di una scienza politica i cui soli fonda-
Christiana del portoghese Osorio, del 1542); dall'indebolimento menti sono il sopruso e la violenza da una parte, la debolezza e
•momentaneo dell'influenza di Luigi Alamanni e di Caterina de' l'ingenuità dairaltra. Potrebbe essere stato proprio questo a raffred-
Medici, considerati i "naturali" protettori del Fiorentino, alle crescen- dare nel giovane parlamentare, l'entusiasmo per quella science di cu;
152 M. Dal Cono liontalene c il "Principe" dilUaehfaveUi 153

allora si andava proclamando il primate^ ^ e di cui l'opera del Fioren- Certo è che la "nuova" scienza politica, proposta attraverso un
tino era ritenuta una delle più significative espressioni. massimario di regole di comportamento, se avrà un ruolo rilevante
Più difficile è indicare in quale misura l'immagine del Machiavelli, nell'assoluzione del Machiavelli dalle accuse che gli verranno mosse
la cui rappresentazione dell'umana debolezza dovette senza dubbio (l'ordinamento politico da lui proposto, reso stabile da regole sicure
interessarlo, ha condizionato il giudizio che egli formulerà in se- perché fondate sull'esperienza, può dare un importante contributo
guito, nei confronti del Principe e dei Discorsi^^. Non v'è dubbio alla causa di un'umanità felice in una società ordinata), e garantirà,
tuttavia che l'alterna fortuna che caratterizza l'avventura francese del almeno in un primo tempo, il successo alle sue opere in Francia,
Fiorentino, prima la celebrazione: grande scrittore, moralizzatore accrescerà anche le perplessità nel giovane Montaigne che, nella
della vita politica, fustigatore della corruzione, difensore della religio- lezione dell'esperienza, vedeva solo dati incerti e contraddittori. E
ne; poi, a solo qualche mese di distanza, l'accusa di aver propugnato contribuirà, credo, ad orientarlo verso una differente visione della
l'immoralità e l'ateismo; infine, il ricupero, ma con non poche riserve, politica, dove le preoccupazioni di ordine superiore, ben presenti nelle
come divulgatore di una nuova scienza politica, non può non aver prime versioni, lasceranno il posto "'le esigenze di vita concreta,
dato al giovane bordolese la sensazione della grande opinabilità delle avvicinandolo cosi al vero Machiavelli più di quanto han fatto i primi
massime machiavelliane, e averlo convinto a leggerle con molta traduttori e più di quanto lasciano supporre certe sue prese di posi-
prudenza. zione.
C'è infìne un altro aspetto, a cui, prima di concludere vorrei
solo accennare, per il peso avuto, a mio avviso, sull'immagine che il Mario DAL CORSO
Montaigne s'è potuto fare dell'opera machiavelliana: la lettura ch'è
stata fatta del Principe in quegli anni. Il celebre opuscolo è stato
considerato da tutti, ammiratori e critici, solo come un massimario di
regole politiche. Una lettura - confortata anche dall'autorità eccle-
siastica che, autorizzando la pubblicazione dell'opera, sembra non NOTE
averne compreso, almeno in un primo tempo, la portata innovativa —
(1) Così si esprime nei confronti delle costruzioni politiche di Platone ed Aristotele:
che contribuirà a creare la leggenda del Machiavelli responsabile di
ogni eccesso della politica regia. Di questa lettura la traduzione di Certes toutes ces descriptions de police, feintes par art, se trouvent
Jacques de Vintemille è la prima testimonianza francese. Le fatiche ridicules et ineptes à mettre en pratique. Car grandes et longues alter-
cations de la meilleure forme de société, et des règles plus commodes à
del Cappel e del D'Auvergne non faranno che confermarla. nous attacher, sont altercations propres seulement à l'exercice de notre
Ora, l'efficacia di un massimario è legata alla chiarezza e precisio- esprit
ne. E il Principe, osserva il Vintemille, non sempre presenta queste
(MONTAIGNE, Oeuvres complètes, Parigi, Seuil, 1967, Essais, übro ΠΙ, cap. IX, p. 386).
qualità. Lo stile troppo conciso, rende spesso difficile la comprensio- (2) Jbid., Essais, libro I, cap. XXUI, p. 63.
ne del testo. È perciò necessario intervenire con aggiunte, precisazio- (3) Le premier livre des Discours de l'estat de paix et de guerre, de Messire NicfHas
ni, brevi commenti sui passi più "oscuri". Il risultato dei suoi inter- Macchiavegli [...] 1544. De L'imprimerie de Denys Janot [...J terzo f. non numerato, r^. Su
Jacques Gohory cfr. E. SALMAS, Saggi e studi sul Rinascimento francese, Padova, Liviana
venti non è felice. La prolissità, le inutili aggiunte, e qualche errore, Editrice, 1982, pp. 23-73.
oltre a mettere in risalto lo stacco stilistico che separa la versione (4) J. BODIN, Oeuvres politiques [...] par P. Mesnard, Parigi, P. U. F. , 1961, p. 129.
dall'originale, evidenziano anche la banalizzazione del testo, presenta- (5) Cfr. R. CHAUVIRE, Jean Bodin auteur de la République, Parigi, H. Champion,
1914, pp. 190-207; e G. CARDASCIA, Machiavel et Jean Bodin, in "B. H. R.", 1943, t. III,
to come un comune manuale sui "gouvernements des hommes", di
pass.
cui il traduttore non sembra nemmeno cogliere l'originalità. Quell'ori- (6) MONTAIGNE, Oeuvres complètes, op. cit.. Essais, libro II, cap. XVII, pp. 268-269.
ginalità legata all'importanza attribuita all'esperienza che metteranno (7) Ibid.. Essais, übro Π, cap. XXXIV, p. 300.
invece in rilievo il D'Auvergne e il Cappel. (8) Ibid., Jourrujl de voyage en Italie, p. 523.
154 M. Dal Cono
Montaigne e il "Principe" di Machiavelli 155
(9) Ibid., Essais, libro II, cap. XVU, p. 271.
(31) Id.
(10) Cfr. A. M. BATTISTA, Montaigne e Machiavelli, in "Rivista Internazionale di
filosofia del diritto", 1963, n. XL, p. 529, nota 3. (32) Le Prince de Nicolas Macchiavelli, op. cit., ff. ii, vo-iii, r®.
(33) "Les annotations que trouverez es feuilletz 4. 49. et 62. ont esté mises par le
(11) Su Gaspard D'Auvergne cfr. Les Bibliothèques Françaises de La Croix du Maine
depputez a visiter les Livres a Imprimer: affin que teîz endroitz soient leuz avec discretion et
[..•l Parigi [...l 1772, t I, p. 258; e R. PIANORI, Le Prince di Gaspard D'Auvergne, in AA.
jugement" {ibid.. f. 94, r<»).
W . , Stu<ü machiavelliani. Verona, Università degli Studi di Padova, 1972, pp. 81-101.
(34) Ibid., f.iii, ro.
(12) L'episodio è stato denunciato dallo stesso Gohory in Le Prince de Nicolas Ma-
(35) Cfr. fra gli altri, i saggi di Α. Panella {GU antimachiavellici, Firenze, Sansoni, 1943,
chiavel [...], A Paris, Pour Robert le Mangnier f...^ 1571, f. aüy, r®.
pp. 22 e sgg.) e di L. Firpo {La fortuna in Italia, in AA. W . , Machiavelli nel V^ centenario
(13) Cfr. R. TRINQUET, La jeunesse de Montaigne. Parigi, Nizet, 1972, pp. 537-585.
della nascita, "Terzoprogramma", 1970, pp. 58 e sgg.).
(14) Su Guillaume Cappel cfr. Les Bibliothèques Françoise, op. cit. t. 1, p. 318; E.
(36) Cfr. C. LEFORT, Le travail de l'oeuvre de Machiavel. Parigi, Gallimard, 1972, pp.
Β ALM AS, Un poeta del Rinascimento francese, Etienne Jodelle. La sua vita. Π suo tempo,
84 e sgg.
Firenze, Olschki, 1962, pp. 125-128; e D. BOVO, Π "Principe" di Guillaume Cappel, in AA.
(37) Oeuvres complètes d'Estienne De La Boétie [...] par P. BONNEFON, op. cit.. pp.
W . . Studi machiavelliani, op. cit.. pp. 53-79.
XIV-XV.
(15) Cfr. R. TRINQUET, La jeunesse de Montaigne, op. cit., pp. 460-466. {38) Ibid., pp. LXXIII-LXXIV e sgg.
(16) P. MICHEL, La Boétie, Montaigne et Machiavel, in "Bulletin de la Société des
(39) MONTAIGNE, Oeuvres complètes, op. cit., Essais, libro I, cap. XXVI, p. 77.
Amis de Montaigne", 3® série, 1962, η. XXI, p. 54.
(40) Historia, V, XII!, ed. del 1733, 1, p. 187 (cit. da M. Smith in E. DE LA BOETIE,
(17) Sarà Montaigne ad occuparsi, dopo la morte dell'amico, della pubblicazione delle
Discours de la servitude volontaire, op. cit., pp. 9-10).
sue opere. Cfr. Oeuvres complètes d'Estienne De la Boétie [...] Par P. Bonnefon, Ginevra,
(41) Histoire universelle, ed. De Ruble, IV, p. 189 (cit. da M. Smith in E. DE LA
Slatkine Reprints. 1967. Introduction, pass.: F. DF LA BOETTE. De la servitude volontaire
BOETIE, Discours de la servitude volontaire, op. cit., p, 11).
ou Contr'un. Edité avec introduction et notes par M. Smith, Ginevra, Droz, 1987, Intro-
duction, pass; R. TRINQUET, Montaigne et la divulgation du Contr'un. in R. H. L. F.", (42) MONTAIGNE, Oeuvres complètes, op. cit., Essais, libro I, cap. XXVIII, p. 87.
1964, η. LXIV, pp. 1-12. (43) P. MICHEL. La Boétie. Montaigne et Machiavel, op. cit., p. 56.
(44) Cfr. Le Prince de Nicolas Machiavelle [...]par G. Cappel, op. cit., ff. a«, yO-aiij, r®.
(18) Cfr. L'humante et la politique dans le Discours de la servitude volontaire, op.
(45) Sul problema dei rapporti Montaigne-Machiavelli esistono, com'è noto, profonde
cit., pp. 97-107. divergenze fra gli studiosi Da un lato vi sono i sostenitori di un machiavellismo montaignano
(19) L. NEGRI, Un preteso antimachiavellico della Rinascita. Stefano La Boétie e limitato nel tempo (Montaigne avrebbe accettato parzialmente il machiavellismo, ma solo in
Niccolò Machiavelli, in "Atti della Reale Accademia delle Scienze di Torino", Torino, 1918- un primo tempo, e l'avrebbe successivamente respinto con decisione); dall'altro coloro che
1919, pp. 761-780. vedono nell'opera del Bordolese un mat:hiavellismo senza restrizioni E ancora, da una parte
(20) H. WEBER, La Boétie et la tradition humaniste d'opposition au tyran, in A A. W . , chi nega l'esistenza di qualsiasi traccia di machiavellismo negli Essais, dall'altra chi ammette
Culture et politique en France à l'époque de l'Humanisme et de la Renaissance, Torino, la presenza di "concordanze" fra il pensiero del Montaigne e quello del Machiavelli, ma
Accademia delle Scienze, 1974, pp. 355-374. sostiene che si tratta di semplici coincidenze fra due scrittori assai diversi, i quali, seguendo
(21) MONTAIGNE, Oeuvres complètes, op. cit., Essais, libro I, cap. XXIX, p. 91. due distinti processi mentali, giungono alle medesime conclusioni Sulla complessa questione,
(22) Le premier livre des Discours de l'estat de paix et de guerre, op. cit., terzo f. non oltre ai già citati saggi del Bonnefon (di lui si veda anche : Montaigne et ses amis, Ginevra,
numerato, r®. Slatkine Reprints, 1969, t. I), del Barrère, del Negri, del Michel, della Battista (cfr. anche:
(23) Su J. De Vintemille cfr. L. DE VAUZELLES, Vie de Jacques, comte de Vintemille Direzioni di ricerca per una storia di Machiavelli in Francia, in Atti del Convegno Intema-
[...J Orléans, H. Herluison, 1865. zionale su: n pensiero politico di Machiavelli e la sua fortuna nel mondo, Firenze, Istituto
(24) Cfr. Les Bibliothèques Françaises, op. cit., t. I, p. 471. Nazionale di Studi sul Rinascimento, 1972) e del Weber, si vedano anche, fra gU altri, i saggi
(25) "A Paris, chez Jehan Barbé". di G- Lanson {Les Essais de Montaigne, Parigi, Mellottée, 1929), P. Villey (Les Essais de
(26) Cfr. l'introduzione di G. Dickinson a TTie instructions sur le faict de la guerre of Michel de Montaigne, Parigi, Molfère, 1932, e Les sources et l'évolution des idées de Mon-
Raymond de Fourquevaux [...], edited by G. Dickinson, University of London, The Athlone taigne, Parigi, Hachette, 1933), C. Aymonier {Les opinions politiques de Montaigne, in
Press, 1954 ; e G. PROCACCI, Studi sulla fortuna del Machiavem, Roma, Istituto Italiano per "Actes de l'Académie Nationale des Sciences, Belles Lettres et Arts de Bordeaux", 6® série,
l'età moderna e contemporanea, 1965, p. 127. XL 1937-1938), P. Moreau (Montaigne, l'homme et l'oeuvre, Boivin, 1939), H. Friedrich
(27) Le Prince de Nicolas Macchiavel Citoyen et Secretaire de Florence traduict en (Montaigne. Berna, Francke, 1949), P. Mesnard {L'essor de la philosophie politique au XVI^
Françoys, secondo f. non numerato, v®. La copia della traduzione presa in esame è attual- siècle, Parigi, Vrin, 1951), M. Rat {Montaigne et La Boétie, in "B.S. A. M." 2« série, 1955,
mente conservata al Musée Condé di Chantilly (ms. 315). n. XVII; e Montaigne politique et moraliste, in "B. S. A. M.", 3® série, 1957, n. II), A.
(28) Le Prince de Nicolas Macchiavelli secretaire et citoyen de Florence, traduit d'Ita- Nicolai {Le machiavélisme de Montaigne, in "B. S. A. M.", 3* série, 1958 n. IV-VU), J. De
lien en François. A Poitiers, de l'imprimerie d'Enguilbert de Marnef, 1553, f. non numerato Saint Martin (La Boétie adversaire de Machiavel, in "B. S. A. M.", 3® série, 1962, n. XXI),
(ma corrispondente al 96), v®. F. Brown {Religious and Political Conservatorism in the Essais of Montaigne. Ginevra, Droz,
(29) Cfr. -anche J. BARRERE, L'humanisme et la politique dans le Discours de la 1963), Y. Délégué {Liberté et servitude volontaires: Sebond et La Boétie, inspirateurs de
servitude volontaire, op. cit., pp. 197-200. Montaigne, in "Travaux de linguistique et littérature" publiés par le C. P. L. R. de l'Uni-
(30) Le Prince de Nicolas Machiavelle [... ] Traduict d'Italien en Françoys par Guillaume versité de Strasbourg, 1968, n. VI), P. Goumarre {Machiavel et Montaigne, tesi datt., Parigi-
Cappel, A Paris, chez Charles Estienne [...] 1553, f. aiiy, r®.
156 M. Dal Cono

Nantene, 1972; La morale et la potitìque: Montaigne, Cicéron et Machiavel, in "Italica",


1973, t. 50, n. W -, Machiavel et l'histoire, in "Culture Française", 1977, η. XXIV), I. Η.
Whitfìld (Machiavelli, Guicciardini, Montaigne, in "Italian Studies", 1973, η. Χ
χνΠΙ), Μ. Tetel (Montaigne and MachiaveüL Ethics, Politics and Humanism, in "Rivista di
letterature moderne e comparate", 1976, n. XXIX), E. M. Beame (The use and abuse of
Machiavelli: the Sixteenth Century french adaptation, in "Journal of the History of Ideas"
1982, XLHI, a 2), S. Schiffmann (Montaigne and the problem of MachiaveUism, in "The
Journal of Medieval and Renaissance Studies", 1982, ΧΠ, n. 1), N. Gotarbert (Pour une
lecture politique de la Servitude volontaire de La Boétie, in "Β. S. Α. M.", 1983, ηη. XIII·
XVD.

Montagne et les guerres d!talie

"Il y a le nom et la chose", écrit Montaigne dans un chapitre


fameux^. Cela est vrai aussi des guerres d'Italie qui ne s'appellent pas
encore ainsi à l'époque de notre auteur. Mais les contemporains
rapprochent volontiers les expéditions italiennes de Charles VIII,
Louis XII et François 1. Montaigne pour sa part a recoure à plusieurs
expressions, toutes attestées de son temps: "voyage au delà des
monts" (p. 68) et surtout "guerres de Milan" aussi bien pour des
épisodes des guerres de Charles VIII que pour ceux des règnes qui ont
suivi. La plupart des faits rapportés dans les Essais se situent pourtant
— et ce n'est pas un hasard — sous le règne de François I, qu'il s'agisse
de la mort de Bayard (1524; I, 3), du sac de Rome par les Impériaux
(1527; I, 18) ou de l'expédition de Charles C^iint en Provence (1536;
I, 47).
Force est pourtant d'avouer que s'il est question dans les Essais
des guerres d'Italie, il faut un oeil bien exercé pour les découvrir.
Privées de l'honneur des titres, elles fournissent surtout des exemples
et apparaissent sous forme des premiers Essais: I, 5, et I, 6, qui
forment couple, mais aussi I, 15, I, 18, I, 47 et la liste pourrait
s'allonger. Ces chapitres ont en commun d'avoir été écrits presque
tous entre 1572 et 1574, peu de temps donc après la retraite de
Montaigne, à une époque où, selon Villey, il s'adonnait à la lecture
des historiens et notamment, pour le sujet qui nous occupe, de
Guichardin2 et des frères Du Bellay3, L'explication serait là: les
166 D. Ménager

(23) Voix P. BONNEFON, Montaigne, l'homme et l'oeuvre, Bordeaux-Paris, 1983, p. 19


et surtout R. TRINQUET, La jeunesse de Montaigne. Nizet, 1972, p. 84 sqq.
(24) Le fait que personne n'ait trouvé ce journal prouve-t-il qu'il n'a jamais existé? On
peut se poser la question.
(25) Voir le jugement sur Thistorien italien en II, 10, p. 419.
(26) Nous supposons que la phrase célèbre: "Π n'est occupation plaisante comme la
militaire" (II, 13, p. 1096) n'est pas ironique, ce qui est aussi i'avis de J. Supple {op. cit., p.
169). Pour une opinion différente, voir G. NAKAM, op. cit., p. 129. Le désaccord des
interprétations peut trouver une solution si l'on remarque que r"occupation militaire" n'est
pas la guerre.
(27) Histoire d'Italie, éd. Chomedey, livre XIV, fo 323 v«.
(28) Thesoro politico cioè relationi, instruttioni, trattati, discorsi varii [...]. Montaigne,
selon Villey (I, p. 257), a fait plusieurs emprunts importants à cette riche compilation.
(29) I. 25, p. 143.
(30) Art de la guerre, VU, 17.
(31) Π, 11, p. 426.
(32) "Europe et théorie des climats dans la seconde moitié du XVI® siècle", La Con-
science européenne au XVI^ siècle, Paris, collection de l'Ecole Normale Supérieure de jeunes
fiUes, 1982.
Montaigne e Tassoni

Volendo affrontare il problema della relazione fra gli Essais


di Montaigne e i Pensieri di Alessandro Tassoni e, in particolare,
quello di un eventuale influenza degli Essais sui Pensieri, la cui prima
edizione è del 1608, si è costretti a prendere atto della mancanza di
prove certe che confermino ο invalidino Tipotesi della conoscenza
degli Essais da parte di Tassonii. Da un lato, mentre è difficile
determinare il grado di conoscenza che Tassoni ebbe del francese —
scarso, comunque, a suo dire^ — , nei suoi diversi scritti non trovia-
mo mai menzionati né Montaigne né gli Essais. Dall'altro, è poco
probabile che Tassoni non abbia avuto la possibilità di entrare in
contatto con gli Essais: esisteva la parziale traduzione italiana di
Naselli pubblicata a Ferrara nel 1590 ed egli frequentò inoltre am-
bienti culturali (Ferrara, Bologna, Roma) in cui è verosimile che
fossero conosciuti sia Montaigne che la sua opera. Ora, il problema
dell'influenza è già stato trattato da Giovanni Setti nel 1908 e da
Ferdinando Neri nel 1916 in due studi che pervengono a conclusioni
differenti^ : Setti lasciava intendere che vi fo'^se stata una influenza
degli Essais sui Pensieri, mentre Neri escludeva che Tassoni conoscesse
gli Essais. Non ci resta quindi che esaminare da vicino i due testi, in
particolar modo i Pensieri, per individuare gli elementi suscettibili
di risolvere il problema della relazione fra le due opere, tenendo
conto delle loro diverse edizioni e della traduzione di Naselli.
168 5. Cappello Montaigne e Tassoni 169

li nucleo iniziale dei Pensieri viene elaborato nei primi anni del constatiamo che Tassoni prende le distanze da Aristotele in quanto
Seicento a partire da alcuni scritti preparatori fra i quali tre sillogi di autorità, rifiuta in altri termini il principio d'autorità, ma senza
citazioni raccolte dallo stesso Tassoni^. Tra la prima edizione del rinnegare le concezioni aristoteliche, che anzi sovente recupera adot-
1608 intitolata Parte de' quesiti, che è una prima versione dell'opera, tandole proprio contro Cardano, Telesio ed altri autori''. Questa
e la seconda del 1612, Varietà di pensieri divisa in IX parti, il testo impresa, che è anche l'occasione per un vaglio critico di Aristotele, ci
subisce una profonda modificazione, che si conferma e come vedremo mostra in definitiva non tanto un Tassoni antiaristotelico, come
si accentua nelle edizioni che si susseguono dal 1620 al 1636 col spesso è stato invece definito, quanto semmai un Tassoni polemico
nuovo titolo di Dieci libri di pensieri diversi^. Se la prima edizione è contro gli "idolatri" di Aristotele, cioè i "peripatetici" ο "aristote-
costituita da un insieme disparato, vario, relativamente disordinato di leschi"8. Per quanto riguarda gli apporti fondamentali utilizzati nei
quesiti trattanti questioni diverse, con la seconda i quesiti, aumentati Pensieri per modificare il quadro aristotelico, ricordiamo che carda-
nel numero e ampliati al loro interno, vengono riorganizzati in un niana è l'eliminazione del fuoco dal novero degli elementi e che
insieme che comprende prima nove poi dieci libri distinti a cui telesiane sono la riduzione delle cause che agiscono in natura al caldo
corrispondono altrettante suddivisioni tematiche. I quesiti sono quindi e al freddo (caldo come forza dilatante e principio di movimento e
raggruppati per argomento: nel I libro troviamo quelli relativi a Caldo freddo come forza condensante e principio d'immobilità), la valoriz-
e freddo, nel II a Cielo e stelle, e via via a Sole e luna nel HI, Aria, zazione del tatto come senso principale e la concezione del luogo
acqua e terra nel IV, Accidenti e proprietà diverse nel V, Disposi- distinto dal corpo®. Queste modificazioni non sono secondarie,
zioni, abiti e passioni umane nel VI, Lettere e dottrine profane nel perché su di esse si basano molte delle risposte che egli fornisce ai
VII, Costumi di popolo e interessi di Stato nell'VIII, Cose poetiche, quesiti dei libri ad argomento fisico-naturale.
istoriche e varie nel IX, per finire col X libro Ingegni antichi e mo- Per venire ai rapporti fra l'opera di Tassoni e quella di Montaigne
derni possiamo constatare che la prima edizione è quella che per l'organiz-
Con questa opera Tassoni si propone di mettere a disposizione di zazione dell'insieme maggiormente s'avvicina agli Essais. L'accumu-
un pubblico di gentiluomini^ cognizioni enciclopediche sul mondo lazione di "pensieri", in genere brevi, distribuiti in un relativo disor-
naturale ed umano. Per quanto riguarda la materia, i Pensieri iniziano dine, nonché la varietà di argomenti trattati ed il fatto che ciascun
trattando problemi fisici e naturali e mantengono quest'ottica anche pensiero si costruisca in riferimento a testi ο ad aneddoti ripresi da
per la descrizione dell'uomo e dei fenomeni umani. Se ne staccano fonti diverse ed autorevoli, che costituiscono sovente il punto di
quando trattano problemi storici, politici e letterari. Limitandoci partenza, sono tutti elementi che la avvicinano più particolarmente
all'essenziale, si può affermare che Tassoni situi la propria impresa, alla pruna edizione degli Essais, hd è proprio questo elemento che ha
nel suo insieme e in profondità, rispetto ad Aristotele. L'operazione è portato in definitiva a porsi il problema di un eventuale influenza.
evidente soprattutto, come vedremo, nel campo fisico-naturale, dove Tuttavia, questa generica analogia dell'organizzazione discorsiva
gli altri suoi punti di riferimento teorici sono in particolare Telesio e d'insieme delle due opere non è sufficiente. Come già notava Neri,
Cardano. Esponenti della filosofia della natura rinascimentale italiana, "la somiglianza che si può trovare fra il Tassoni e Montaigne è
Telesio e Cardano contribuiscono a modificare e a spostare la pro- quella ch'essi hanno insieme con Pietro Messia e con tutti gli altri
blematica aristotelica attraverso un riesame critico delle concezioni di autori di Lezioni, di Adagi, di Dubbi e di Quesiti''^^^. Entrambi i testi
Aristotele, di cui mantengono tuttavia una parte dei presupposti e infatti hanno come punto di riferimento un tipo di discorso che
degli assiomi fondamentali. La loro operazione di trasformazione emerge all'interno della cultura umanistica e rinascimentale europea e
rimane dunque parzialmente condizionata dalla filosofia aristotelica. che, rifacendosi in parte a modelli antichi, risponde a bisogni culturali
Accade lo stesso in Tassoni che, per di più, per definire la propria specifici. Questo tipo di discorso, che può essere definito come un
posizione, utilizza sovente nei vari quesiti questi autori gli uni contro discorso rapsodico (per riprendere un termine, quello di "rapsodia",
gli altri. Nel campo fisico-naturale, come anche negli altri campi. usato sovente all'epoca per definire questo tipo di t e s t i ) " , è caratte-
170 s. Cappello Montaigne e Tassoni 171

rizzato dalla combinazione di due elementi: un prelievo da altri testi (VI, 8) — ed è costituito da una argomentazione che, appoggiandosi a
di segmenti che vengono riportati sotto forma citazionale, parafrastica citazioni, aneddoti ed esempi che vengono anche discussi e criticati,
ο allusiva, a cui si può accompagnare un commento esplicativo ο risponde ad una domanda. Si tratta di un ragionamento di tipo
critico di lunghezza variabile e una aggregazione ο composizione dei dimostrativo che vuole convincere proponendo un sapere certo,
segmenti prelevati in una disposizione frammentata in sottoinsiemi prodotto da un vaglio critico delle posizioni dei diversi autori antichi
testuali di varia dimensione. Le raccolte che si elaborano a partire da e moderni.
questi frammenti, selezionati e prelevati da testi classici (o da raccolte Una seconda differenza è costituita da un tentativo di aggrega-
precedenti) per essere messi a disposizione dei lettori, sembrano avere zione tematica dei quesiti. Questa prima edizione inizia con un
il loro fondamento nella pratica retorica della raccolta sistematica di gruppo di quesiti, una sessantina circa, il cui argomento è fisico-
exempla che si sviluppa in ambito pedagogico per la redazione dei naturale. Sono fondati in gran parte su Aristotele ed in particolare sui
libri locorum (quaderni di luoghi comuni) in cui frammenti di testi Problemi pseudoaristotelici. Molti di questi, una trentina circa, addi-
antichi vengono ripartiti in rubriche standardizzate (o luoghi). Queste rittura iniziano con una proposizione del tipo: "Aristotele nella
raccolte tendono ad acquisire, in particolare grazie ad Erasmo, uno settima parte dei suoi Problemi dice che". Vi sono inoltre sequenze di
statuto generico autonomo e ad avere come funzione quella di racco- quesiti che ricalcano le suddivisioni in sezioni dei Problemi. Questo
gliere e diffondere il sapere, organizzato per categorie ed eventual- significa che sono quesiti originati e ripresi dal testo aristotelico. Una
mente commentato, della cultura classicai2. I frammenti testuali riprova ne è data dal fatto che dopo un gruppo di quesiti dedicati a
prelevati, accompagnati ο meno da commenti, disposti secondo un questioni di poetica (67-73) in cui predominano i riferimenti a
ordine di successione casuale ο in raggruppamenti tematici, possono Plutarco e ad Aristotele, si ritoma a quesiti naturali riguardanti
essere costituiti da detti memorabili ο frasi celebri di personaggi fenomeni animali e umani diversi che già venivano trattati prima
illustri, da proverbi ο locuzioni proverbiali, da asserzioni esprimenti dell'interruzione, ma che hanno questa volta come punto di riferi-
concezioni morali e filosofiche ο da esempi, aneddoti e fatti storici. mento le Questioni naturali e le Questioni conviviali di Plutarco.
Questi aneddoti, detti, esempi, possono anche essere integrati in brevi Infine, dopo alcuni quesiti filologici (116-125), il volume termina con
capitoli autonomi in cui l'aggregazione del materiale si compie attor- quesiti di argomento politico e militare (128-149), dove predominano
no a nuclei tematici su modello ad esempio delle Notti attiche di i riferimenti agli storici romani, in particolare Tacito, ma anche a
Aulo GellÌo'3. trattati di Aristotele come VEtica. Sembra quindi verosimile che siano
I due elementi che caratterizzano il discorso rapsodico, il prelievo stati elaborati partendo dai Problemi e passando successivamente
intertestuale e la disposizione frammentata, li ritroviamo almeno nella ad altre fonti che consentivano anche una progressione tematica negli
prima edizione degli Essais e nella prima dei Pensieri, che possono argomenti affrontati. Si tratta unicamente di una tendenza che
essere quindi considerate come appartenenti a questo filone discorsivo emerge in maniera contraddittoria, ma che va sottolineata anche per
cinquecentesco che arriva a formare un genere a sé stante. Le due motivi che vedremo in seguito.
opere, pur nella comune appartenenza generica, presentano tuttavia A partire dalla seconda edizione la ridistribuzione dei quesiti
fm dall'inizio differenze significative ed evolvono inoltre nel corso e il loro raggruppamento in libri tematicamente omogenei allontanano
delle varie edizioni in direzioni fra loro divergenti, che fra l'altro le ulteriormente, almeno per quanto riguarda l'organizzazione discorsiva
allontanano entrambe dal filone rapsodico. d'insieme, questa opera dagli Essais. In particolare nei primi libri,
Una prima differenza risiede nella natura e nell'organizzazione quelli fisico-naturali, vi è la tendenza a trattare con un certo metodo
del singolo "pensiero" tassoniano, che è in realtà un "quesito". Ώ la problematica proposta dal titolo del libro. Ad esempio, il libro I
testo è costruito a partire da un quesito esplicitamente posto nel dal titolo Gildo e freddo è costruito a partire da un primo quesito Se
titolo - ad esempio Che cosa sia la luce (III, 1), Se l'ambizione sia ci sia l'elemento del fuoco, la cui risposta, negativa, costituisce la base
vizio (VI, 24) ο Perché gli uomini sieno più prudenti delle donne a partire dalla quale diventa possibile rispondere ai quesiti successivi
172 s. Cappello Montaigne e Tattoni 173

in cui viene portato avanti il ragionamento, seguendo le orme di In definitiva, si potrebbe dire che questa opera, i cui destinatari,
Cardano, Telesio ed Aristotele, sulle conseguenze della eliminazione designati da Tassoni nella prefazione, sono i "cavaglieri e signori" e
del fuoco dal numero degli elementi, ragionamento che tende a che è stata scritta in modo "breve e chiaro" perché "anco gli affacen-
configurarsi come una trattazione sistematica della problematica del dati potessero senza danno legger le cose mie" ("A chi legge", p.
caldo e del freddo. Il libro contiene poi anche una serie di quesiti su 371), tende a trasformarsi attraverso la progressiva sistematizzazione
casi concreti disparati che potrebbero far pensare ad una mancanza di della materia e del testo in una sorta di enciclopedia avente il trattato
omogeneità, se non fossero in realtà Γ illustrazione di effetti dei come punto di riferimento estemo ο Umite.
principi fisici esaminati nella prima parte. Questo vale anche per i Constatate queste differenze, resta da chiarire quali siano allora
iibri immediatamente seguenti sul cielo e le stelle (libro II) e sul i punti di riferimento rispetto ai quali si è elaborata questa specifica
sole e la luna (libro Ili). organizzazione dei Pensieri. Ora, fin dalla prima edizione abbiamo
Un caso particolare è costituito da due libri, il VII dal titolo visto apparire immediatamente citate quelle opere che, per le loro
Lettere e dottrine profane e il X dal titolo Ingegni antichi e moder- caratteristiche, possono esseme ritenute il modello discorsivo fonda-
ni, inseriti ex novo nell'insieme rispettivamente nel 1612 e nel 1620. mentale. Si tratta dei Problemi pseudoaristotelici e delle Questioni
Questi presentano particolari caratteristiche che accentuano quella naturali e Questioni romane facenti parte delle Opere morali di
tendenza alla sistematizzazione della disposizione della materia nell'o- Plutarcoi^. Queste opere sono delle raccolte di quesiti in cui alla
pera. Infatti ciascun libro è concepito come la risposta articolata e domanda iniziale segue un ragionamento dimostrativo, più ο meno
sistematica ad un unico quesito generale che è formulato nel titolo sviluppato, che fornisce una risposta. È da notare che anche le Que-
del primo quesito usato come una sorta di capitolo introduttivo. Il stioni conviviali di Plutarco, benché il ragionamento si articoli poi
libro VII, che risponde alla domanda Se le lettere e le dottrine siano attraverso un dialogo, sono costituite a partire da un quesito forman-
necessarie nelle repubbliche, è la ripresa e la trasformazione di un te il titolo. Anzi il tipo di quesito è quello che per la sua struttura
Discorso in biasimo delle lettere scritto da Tassoni nel 1608 e non presenta le maggiori analogie con i titoh tassoniani, essendo infatti
pubblicato che viene qui riarticolato e sviluppato attraverso tredici introdotto non solo da perché, come nelle altre raccolte citate, ma
quesiti che sono altrettante tappe di un ragionamento destinato a anche da se ο quale, che ritroviamo poi nei quesiti di Tassoni.
confutare in maniera sistematica gli argomenti adottati dai difensori Va notata inoltre nel De subtilitate di Cardano l'esistenza ai
delle lettere esposti nel quesito introduttivois. Il libro X, che rispon- margini del testo di indicazioni tematiche e di quesiti rinvianti all'ar-
de al quesito Se nelle dottrine e nell'arti gl'antichi prevalessero gomento trattato nel corpo del testo^o. Oltre a ciò troviamo, sempre
d'ingegno ai moderni, è invece ormai un trattato che ha poco a che nel De subtilitate, una suddivisione in hbri analoga, anche per quanto
spartire col discorso rapsodico. Si tratta di un Paragone degli ingegni riguarda in parte gli argomenti e la progressione, a quella dei Pensie-
antichi e moderni pensato e presentato fin dall'inizio come un insie- . Si può avanzare così l'ipotesi che il De subtilitate costituisca un
me airinterno del quale si procede con "metodo", poiché il paragone altro modello che si inserisce nella relazione ipertestuale fra i Pensieri
si svolge seguendo la divisione della materie in "contemplative, e le raccolte antiche e che nell'interazione con questi testi finisca per
attive e fattive'^®. Il libro, che è definito da Tassoni nel suo insieme apportare un contributo specifico riguardante l'organizzazione dell'in-
come un " r a g i o n a m e n t o " non è più suddiviso in quesiti ma in sieme, senza contraddire la scelta della forma "quesito". Questo
capitoli. Questo libro, che verrà inoltre scorporato dal resto dell'opera contributo consisterebbe nel raggruppamento tematico della materia
e conoscerà una fortuna particolare, è il prodotto di un giudizio in libri, nella loro progressione e nella tendenza alla trattazione
critico ormai autonomo, non più dipendente da autorità antiche ο sistematica delle problematiche evocate.
moderne, che rivendica esplicitamente questa autonomia anche Per quanto riguarda l'organizzazione d'insieme e le relazioni
attraverso l'affermazione della superiorità dei moderni sugli antichi, ipertestuali fondamentali, quanto precede, pur senza escludere la
con l'esclusione comunque di alcuni campi fra i quali il diritto, la possibilità che Tassoni abbia letto gli Essais ο che questi abbiano
storia ο l'oratoria 18.
174 s. Cappello Uontaigne e Tassoni 175

operato in qualche modo nella genesi dei Pensieri, mostra che le casi in cui vi è un riferimento ad identici aneddoti storici, ad identici
relazioni fondamentali si erano instaurate con altri testi e che i fenomeni naturali ο di costume, che Tassoni ha un accesso indipen-
Pensieri non avevano bisogno degli Essais come modello da imitare. dente ο alla stessa fonte di Montaigne ο ad una fonte diversa. Le
Da questo punto di vista possiamo invece constatare una analogia prove testuali sono costituite dal fatto che nel testo dei Pensieri
con la traduzione di Naselli, dove è inserita la Questione se il forestie- troviamo degli elementi presenti nella fonte e assenti in Montaigne e
re deve essere admesso ai governo della Republica, ο nò^'^, che è un che i Pensieri a differenza degli Essais danno quasi sempre l'indica-
ragionamento dimostrativo articolato e sistematico su un problema zione della fonte e sovente quella del luogo testuale da cui il prelievo
posto nel titolo analogo a quelli che troviamo in Tassoni. Inoltre è è stato operato.
osservabile in Naselli una tendenza, in verità debole, a raggruppare Limitiamoci a citare alcuni esempi non rilevati da Neri. Iniziamo
tematicamente quelli che definisce "discorsi" in un ordine che do- con le considerazioni sull'usanza di accogliere gli starnuti con auguri
vrebbe seguire l'indicazione data dal titolo Discorsi morali, politici e riportate in Des coches (III, 6, p. 899) e nel quesito 53 della prima
militari. Infatti il gruppo finale di quattro discorsi di argomento edizione dei Pensieri'^s, Entrambi i passaggi si fondano su Aristotele,
militare sono preceduti dalla Questione e da una sequenza in cui di cui riferiscono la spiegazione dell'usanza. Ma mentre Montaigne,
prevalgono i discorsi di argomento politico, i quali a loro volta scrivendo che "cette subtilité [...] est (dict-on) d'Aristote", lascia
seguono tutta una prima parte dove prevalgono i discorsi di argomen- intendere che ricorre ad una fonte intermediari, Tassoni presenta una
to morale. È interessante notare che questo tipo di raggruppamento citazione letterale del passaggio aristotelico e ne indica il luogo esatto
lo ritroviamo, come abbiamo visto, nella prima edizione dei Pensieri {Problemi, sezione 33). Questo accesso diretto alla fonte esclude
che termina con un insieme di quesiti politici e militari. Da notare la necessità di un passaggio per gli Essais di Montaigne. Un caso
ancora che il sottotitolo dei Pensieri presenta una parziale analogia analogo è quello del confronto della continenza di Alessandro e
coi titolo naselliano nel designare le materie trattate in "Naturali, Scipione, esempio trattato da Aulo Gellio e ripreso da molti autori
Morali, Civili, Poetiche, Istoriche, e d'altre facoltà". Avanzeremo una del Cinquecento fra i quali lo spagnolo Pietro Messia che gli dedica
ipotesi su tali analogie che potrebbero prefigurare un possibile ruolo una intera "lezione"27. Questo esempio viene rapidamente accennato
di un apporto naseUiano nella genesi dei Pensieri in conclusione. in Montaigne senza menzione di fonte in De la liberté de conscience
Esaminiamo ora se esistano nel campo delle relazioni intertestuali (li, 19, p. 669), mentre viene lungamente presentato e discusso da
le prove di una ripresa diretta di temi, aneddoti, riflessioni ο altri Tassoni nel quesito Qual delle due infrascritte azioni sia più degna di
elementi tematici. Setti e soprattutto Neri avevano individuato alcune lode con menzione esplicita di Aulo Gellio (IX, 1, pp. 735-755) e,
analogie legate a precisi luoghi testuali che avevano permesso di solo nella versione manoscritta intermedia, di Messia^». Vi è ancora
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operare un raffronto e valutare le possibilità di una influenza degh l'aneddoto della decisione del re spagnolo Ferdinando di non inviare
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Essais sui Pensieri, arrivando tuttavia a conclusioni diverse. Setti si era dottori in legge nelle Indie occidentali per evitare di introdurvi la
ì
limitato a rilevare generici accostamenti tematici che, dopo averli sventura dei processi, che viene riportata in termini simili nel saggio
1
definiti prudentemente "coincidenze ο i n t e r s e c a z i o n i " 2 3 , lasciava De Vexperience (III, 13, p. 1066) e nel quesito Se le lettere per
intendere essere "incontri" non " f o r t u i t i " " . A una conclusione • l'amministrazione della giustizia siano necessarie nella republica (VII,
1
opposta perveniva invece Neri il quale, dopo aver esaminato le analogie 8, p. 645). Ma Tassoni menziona il nome del governatore Pietro Arias
proposte da Setti, studiava altri casi di coincidenze da lui individuate. 1
che Montaigne invece non nomina. In questo caso la fonte diretta
i.
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A partire dalle indicazioni fomite da questi studi abbiamo riesa- di Tassoni è la Repubblica di Bodin, da cui riprende anche l'aned-
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minato a nostra volta l'insieme delle analogie, allargando l'analisi ad doto immediatamente precedente concernente Mattia Corvino, e che
ulteriori punti di contatto per giungere in definitiva alle medesime 1 è una delle fonti del brano delle Sérées di Bouchet da cui Montaigne
conclusioni di Neri. Infatti, l'analisi dimostra che non si va al di là di sembra aver tratto raneddoto29.
una generica analogia tematica degli argomenti trattati oppure, nei Vale la pena soffermarsi sul saggio Du dormir (I, 44) e sul quesito
Che cosa sia il sonno (VI, 16), già citati da Neri, il cui esame consen-
176 s. Cappello Monteisn* e Toêaoni 177

te di illustrare in maniera esemplare, proprio attraverso un caso di centrata su una spiegazione di tipo fisico-naturale, respinge una
analogia tematica, la distanza esistente fra le due opere. Montaigne definizione di Cardano per adottare una posizione telesiano-aristo-
inizia affermando che dormire non è disdicevole moralmente (poiché telica. Di questa risposta va notata la salda organizzazione argomenta-
il saggio può rallentare nel seguire la via della virtù) ed alcuni esempi tiva: inizia dando una definizione del fenomeno, proposta attraverso
(Alessandro, Ottone, Catone) gli consentono di sostenere che anzi, in un esame critico di altre posizioni, precisata poi e maggiormente
alcune circostanze, dormire è segno di coraggio e di animo elevato. articolata nel secondo paragrafo, e termina fornendo le cause del
Nella seconda parte del testo alcuni esempi di sonno disdicevole ο fenomeno. Da notare inoltre che nelle edizioni del 1620 e del 1627
comunque inopportuno (riguardanti Augusto e Mario), ma giustificato l'argomentazione viene ulteriormente rafforzata grazie all'introduzione
dalla fatica eccessiva, gli permettono di spostare la riflessione dal di due riferimenti — uno ad Alessandro d'Afrodisia e ad Averroé e
piano morale a un piano fisico-naturale, per arrivare alla conclusione l'altro ai platonici — che aumentano la credibilità della posizione di
che dormire è necessario alla vita, conclusione fondata anche sull'e- Tassoni. Vengono infatti utilizzati per appoggiare due punti in cui
sempio della morte del re Perseo. Ma aggiunge un'ultima proposizione assume in prima persona una definizione positiva, quella del sonno
avversativa che rimette in discussione e rende non più certa questa del primo paragrafo e quella della differenza introdotta fra il tatto e
conclusione, scrivendo che Plinio cita esempi di persone che hanno gli altri sensi. Nel passaggio da un'edizione all'altra vi è quindi,
vissuto per molto tempo senza dormire. Nell'aggiunta posteriore al contrariamente a quanto accade in Montaigne, un rafforzamento
1588 Montaigne provoca una ulteriore destabilizzazione dell'insieme argomentativo di un ragionamento che da questo punto di vista era
argomentativo citando il caso del saggio che dormì 57 anni di seguito. già ben costruito. L'unico punto di contatto avrebbe potuto risiedere
La destabilizzazione è dovuta al fatto che questi esempi contradditto- nella constatazione della necessità del sonno per la conservazione
ri sono semplicemente aggiunti senza che intervenga nessun commen- della vita, ma è proprio questa che Montaigne sembra porre in dubbio
to e quindi senza che venga tratta nessuna conclusione complessivaso. e contraddire attraverso l'introduzione di nuovi esempi.
Tassoni potrebbe aver avuto a disposizione questo saggio nella Per ben capire il quesito tassoniano va tenuto comunque presente
traduzione di Naselh, salvo naturalmente l'ultima aggiunta. Ora, la sua che viene introdotto solo a partire dalla seconda edizione, che è
riflessione è interamente centrata sul problema del sonno visto come l'edizione in cui tenta di prendere le distanze da Cardano per difen-
problema di tipo fisico-naturale. Inizia confutando una definizione di dersi dalle accuse di essere un cardaniano. Dunque, al di là della
Cardano, tratta dal De subtiìitate, del sonno come quiete degli spiriti generica analogia tematica, non solo nei due testi la materia è diversa,
vitali e del sangue ritenuta da lui "falsità più che manifesta" (VI, 16, non solo vi potrebbero essere punti di riferimento cornimi come
p. 585), per criticare in seguito la concezione di Aristotele colta Messia che in una "lezione" prende in considerazione entrambi gli
attraverso due passaggi del De somno et vigilia, proponendo infine aspetti, quello fisico-naturale e quello morale^i, ma è anche probabile
una sua definizione del sonno come "ritiramento degli spiriti sensitivi" che il quesito venga introdotto da Tassoni, proprio perché è basato
che nel pargrafo seguente scopriamo essere stata ripresa da Telesio. In sulla refutazione della definizione cardaniana, per rafforzare la presa
questo secondo paragrafo Telesio viene a sua volta criticato per aver di distanza da Cardano; il che potrebbe costituire uno spunto suffi-
affermato che "gli spiriti sensitivi si ritirano nel cervello". Secondo ciente per motivare la sua genesi.
Tassoni invece questo può essere vero solo per i quattro sensi vicini al Va comunque citato un caso dubbio già rilevato da Neri, quello
cervello ma non per il tatto, troppo distante, che quindi non può relativo al fenomeno del mal di mare. Montaigne scrive all'inìzio
ritirarsi che nel cuore. Nel terzo paragrafo, per spiegare la ragione di di Des coches che Plutarco attribuisce la causa del mal di mare
questo fenomeno e quindi la ragione del sonno, recupera Aristotele alla paura e lo confuta affermando che per propria esperienza perso-
per affermare con lui che la ragione di tutto ciò è la "conserva- nale sa che quella causa non lo tocca e che invece sono soggetti
zione dell'animale": conclude sostenendo che questa è comunque la a nausea sovente gli animali ed in particolare i maiali "hors de toute
volontà di Dio. Quindi la risposta al quesito "Che cosa sia il sonno", apprehension du danger" (III, 6, p. 899). Tassoni, nel quesito Perché
178 8. Cappello Montaigne e Taetoni 179

faccia nausea il navigar per l'acqua marina e non per li fiumi (IV, 21), mento, una elaborazione, che aveva punti di riferimento, modalità e
ricalcando in parte il titolo del quesito contenuto nelle Questioni obiettivi diversi da quelli degli Essais; in altri termini avrebbe con-
naturali^^, sintetizza invece fedelmente la posizione di Plutarco che tribuito a mettere in moto la redazione di un'opera che è andata in
attribuiva la causa del mal di mare non solo alla paura ma anche una direzione divergente rispetto a quella degli Essais.
airodore del mare. Ciò dimostra che Tassoni si rifà direttamente al Ma ci si potrebbe spingere allora ancora più in là con le ipotesi
testo di Plutarco di cui fra l'altro cita il titolo. Tassoni poi confuta e affermare che i Pensieri potrebbero essere in parte anche il prodotto
questa posizione adducendo come causa della nausea la "gagharda" di una presa in considerazione e di un rifiuto del modello discorsivo e
agitazione del mare, cioè il moto, e aggiunge che "anche gli animali della posizione filosofica degli Essais quali traspaiono fin dalla prima
irragionevoli alle volte patiscono nausee nell'agitazione del mare; e edizione. I Pensieri infatti costituiscono, come altri testi dell'epoca, il
l'ho veduto io per isperienza ne' cani ch'erano in tempo di fortuna su segno di una volontà, un tentativo di recuperare e proporre un sapere
le galee e su le navi" (IV, 21, pp. 508-509). Ora, questa riflessione positivo rinnovato sul mondo, che ricomponga un quadro più ο meno
sugli animali irragionevoli e i cani coincide con quella di Montaigne coerente e significativo del mondo e del sapere. Si tratta di una opera-
sulle "bestes" e i "pourceaux". Forse basta, a questo proposito, zione che rifiuta le rinuncie scettiche e le rimesse in causa radicali dei
affermare con Neri che "il riscontro non è peregrino: e potrebb'essere fondamenti del sistema, che vuol proporre delle risposte certe, con
spontaneo, se pure l'argomento non era già stato accolto da qualche punte anticonformiste ma non eversive, operazione adeguata a un
'ingegno speculativo', fra i numerosi repertori di dubbi e di quesiti pubblico di "cavaglieri e signori". Tra l'altro proprio nelle sue parti
'naturali"'33. In mancanza di ulteriori dati, ci sembre che difficilmen- più innovative (antipetrarchismo e difesa dei moderni) questo tentati-
te si possa considerare questa come una prova sufficiente della cono- vo verrà riconosciuto e adottato. È un'opera che si situa fra il testo
scenza, diretta ο indiretta, del brano di Montaigne da parte di Tas- rapsodico cinquecentesco, dal sapere disaggregato e frammentato, e
soni. l'enciclopedia secentesca, dalle pretese di ricostruzione totale e
In conclusione, l'analisi condotta mostra che per l'organizzazione metodica del sapere^^. Con questo non pretendiamo certo esaurire il
dell'insieme deU'opera, l'organizzazione intema di ciascun quesito e la senso complessivo e complesso dell'operazione tassoniana nell'ambito
materia, i Pensieri di Tassoni sono diversi dall'opera di Montaigne e della cultura italiana dell'epoca. Ma questo, se si ammette che Tassoni
che in essi non sono rilevabili tracce significative della presenza degli ha conosciuto gli Essais, ci permette di trasformare la relazione di
Essais. Le uniche identificazioni possibili sembrano essere quelle con differenza, esistente fra le due opere fin dall'inizio, in una operazione
alcuni elementi specifici introdotti da Naselli nella sua traduzione. di differenziazione che Tassoni avrebbe compiuto assumendo gli
Queste identificazioni, più che prove, sono indizi di una relazione Essais come un punto di riferimento (o se si preferisce un modello ο
con la prima edizione dell'opera tradotta da Naselli che tendereb- un ipertesto) negativo da cui differenziarsi.
bero ad avvalorare l'ipotesi che Tassoni abbia conosciuto almeno
questa traduzione, ma ritenendone unicamente il deformante apporto Sergio CAPPELLO
naselliano. Le analogie potrebbero essere delle coincidenze, ma
non è escludibile a priori la possibilità che gli Essais, conosciuti
tramite la traduzione, abbiano costituito una sorta di spunto ο
uno dei fattori che hanno determinato la produzione di questa
opera. Si potrebbe pensare ad esempio che l'esistenza di un modello
recente di discorso rapsodico abbia potuto costituire una spinta a
scrivere e a pubblicare un insieme disparato e disomogeneo di quesiti
quale quello della prima edizione. Quello che è certo è che anche se
la traduzione ha avuto questo ruolo, ha attivato poi un funziona-
180 s. Cappello Montaigne e Tononi 181

NOTE 27 capitoli del X libro. L'autore voUe far credere che la prima edizione fosse stata pubblicata
senza la sua autorizzazione (cfr. nella prefazione "A chi legge" inserita a partire dal 1612:
(1) Le edizioni utilizzate sono quelle contenute rispettivamente in Les essais de Michel "non posso già approvai quegli abbozzi che, fatti allora improvisamente senza aver Ubri e
de Montale, édition confonne au texte de l'exemplaire de Bordeaux [...]par Pierre Vüley dappoi scarmigliati e scipati, per così dire, da chi che fosse, furon per altra mano contra il
rééditée sous la direction et avec là préface de V.-L. Saulnier, Paris, P. U. F., 1965, 1378 p. mio gusto e contra il dover pubblicati", A. TASSONI, Pensieri cit., p . 370). Sul problema,
e in Α. TASSONI, Pensieri e scritti preparatori, a cura di Pietro Puliatti, Modena, Edizioni cfr. P. PULIATTI, "Fonti, cit., in T. TASSONI, Pensieri cit., pp. 954-955 e H. NAEF, "Due
Panini, 1986, XJÜCXVI-1223 p.. Questo volume riunisce alcuni testi molto utili per la com- contributi alla storia dei 'Pensieri' di Alessandro Tassoni", in Prospetto degli studi della
prensione dell'opera quali la prima edizione, una versione intermedia rimasta manoscritta Sezione commerciale della /. R. Accademia di Commercio e Nautica pubblicato dalla Dire-
degli anni 1607-1609 e un Discorso in biasimo dette lettere probabilmente del 1608 pervenu- zione per l'anno scolastico 1910-1911, Trieste, Stab. Τ φ . L. Herrmanstorfer, 1911, pp. 3-48
toci anch'esso manoscritto. Su Tassoni e i Pensieri, cfr. r*'Introdu2Ìone" e la nota su "Fonti, (in particolare "I. Dai 'Quisiti' (1608) ai 'Pensieri' (1628)", pp. 3-22).
tradizione e costituzione dei testi" di P. Puliatti nell'edizione citata (pp. I-LXXXVl e 937-
(6) Cfr.: "D mio fine è di scrivere a' cavaglieri e signori che non sogliono darsi agli studi
996). Cfr. anche P. PULIATTI, Bibliografìa di A. Tassoni, Firenze, Sansoni, 1969 e 1970, 2
di lingue antiche" ("A chi legge", p. 371). A questo fine sono legate la scelta dell'uso della
w..
lingua italiana ed anche alcune caratteristiche che attribuisce alla sua scrittura come la
(2) Scrive ad esempio una piccola e generica Grammatica Itaio-Francese composta per brevità e la chiarezza (cfr. ibid.).
uno, che Italiano non parla più che tanto, ma Francese niente nella cui prefazione afferma (7) L'intera questione meriterebbe di essere approfondita con u n o studio particolareg-
che della lingua francese sa appena "dire alcune parole imparate di quà e di là per simplice giato che tenga conto delle diverse edizioni Per limitarci ad u n solo esempio, Tassoni sembra
praticaccia" e che desidera impararne tanto solamente da poter "senza saper scrivere, leggen- introdurre nella seconda edizione, atttaverso aggiunte e nuovi quesiti, dei riferimenti alle
do alla muta, quello che è scritto sicuramente intendere, ο quelle poche cose ch'io saprò dire posizioni di Cardano unicamente per confutarle e dimostrare così di non essere "cardanista",
assicurarmi di congniamente pronunziarle" (cfr. la trascrizione fornitaci in G. TIRABOSCHI, nonostante le accuse rivoltegli dopo quanto aveva scritto nella prima edizione. In un quesito
Biblioteca modenese ο notizie della vita e delle opere degli scrittori natii degli Stati del aggiunto nel 1612 riguardante problemi legati al calore e all'umidità, in cui ricone ad Aristo-
Serenissimo Signore duca di Modena [...], Modena, Società Tipografica, 1784, Tomo V, pp. tele contro anche i telesiani e Giulio Cesare Scagliero, scrive infatti: "So che Cardano scioglie
213-214). Probabilmente non la conosceva in misura tale da leggere correntemente le opere in altra maniera questo quisito; ma io non son cardanista, se bene alcuni per non aver lette le
francesi, come lo si può dedurre anche dal fatto che le opere dei pochi autori francesi che cose mie m'hanno appuntato per tale" (I, 10, p. 398). Si vedano anche l'aggiunta al quesito
cita nei Pensieri (quelle di Commynes, Muret ο Bodin) sono opere in latino ο traduzioni IH, 7 (p. 4 5 5 ) ο il quesito IV, 24 (pp. 510-511). Tuttavia, le posizioni criticate r ^ u a r d a n o
latine ο italiane dell'originale francese. punti secondari ed inoltre, sempre in quesiti introdotti nella seconda edkìone, Tassoni
(3) Cfr. G. SETTI, "Tassoni e Montaigne", in Miscellanea tassoniana di studi storici e difende a più riprese Cardano dalla critica di Scaligero, autore di un'opera dedicata alla
letterari pubblicata nella Festa della Fossalta XXVUJ giugno MDCCCCVIIII, a cura di Tom- confutazione delle posizioni espresse da Cardano nel De subtilitate (cfr. lulii Caesaris Scali-
maso Casini e di Venceslao Santi, Prefazione di Giovanni Pascoli, Bologna, Modena, A. F. geri exotericarum exercitationum liber quintus decimus. De subtilitate, ad Hieronymum
Formiggini Editore, 1908, pp. 227-242; F. NERI, "Tassoni e Montaigne?", Rivista d'Italia. Cordanum, Lutetiae, Ex officina typogiaphica Michaelis Vascosani, MDLVII). Si tratta di una
X K , 2, 1916, pp. 275-283 (poi in Fabrilia. Ricerche di storia letteraria. Torino, Chiantore, difesa di Cardano contio una critica ritenuta eccessiva ο ingiustificata (cfr. IV, 23 e IX, 2). Il
1930, pp. 105-116, da cui citiamo). Va ricordato anche un breve intervento sulla questione che fra l'altro dimostra, se si tiene conto che manca qualsiasi accermo a Scaligero negli scritti
di V. BOUILLER {La fortune de Montaigne en Italie et en Espagne, Paris, Champion, 1922, anteriori al 1612, che la lettura dell'opera polemica di Scaligero è posteriore alla prima
pp. 18-20) le cui conclusioni concordano con quelle di Neri. edizione e che gli f u probabilmente indicata in funzione anticardanista. In ogni caso, il
(4) Una omerica, una tecitiana ed una terza mista, Tunica ritrovata, comprendente 1288 problema del rapporto con Cardano sembra essere all'origine di una parte dei quesiti e delle
citazioni in latino distribuite in 63 sezioni tematiche e appartenenti a 4 3 autori diversi (29 aggiunte introdotte nel 1612.
antichi, 2 medievali e 12 moderni, tutti italiani), ma per 4/5 (1008 citazioni) proveiüenti (8) Cfr. in particolare il quesito III, 6, il IX, 35 ed il capitolo 5 del libro X.
dalle opere di Aristotele (cfr. A. TASSONI, Sentenze (1603-1608). in A. TASSONI, Pensieri (9) Sul problema del fuoco, del caldo e del freddo si veda tutto il primo libro, sul tatto
cit.,p. 1-71). si vedano i quesiti I, 10 (p. 397) e IH, 6 (p. 454) e sul luogo si veda il quesito II, 9 (pp.
(5) La prima edizione del 1608 è intitolata Parte de' quiriti del Signor Alessandro 4 2 6 4 29).
Tassoni (stampata a Modena da Giuliano Cassiani) e comprende 150 quesiti; le edizioni quasi (10) F. NERI, "Tassoni e Montaigne?" cit., ρ. 114.
identiche del 1612 e del 1613 (stampate a Modena da Giovanni Maria Verdi e dagli eredi) (11) Lo troviamo ad esempio nella prefazione alla traduzione francese degli a p o f t ^ m i
hanno per titolo Varietà di pensieri d'Alessandro Tassoni divisa in IX partì. Nelle quali per di Erasmo {Les Apophtegmes, ce est a dire, promptz, subtilz, et sententieux dictz de plu-
via di (pulsiti con nuovi fondamenti, e ragioni si trattano le più curiose materie Naturali, sieurs Roys, chefzs d'armées. Philosophes et autres grands personnages, tant Grecs que
Morali, Civili, Poetiche, Istoriche, e d'altre facoltà, che so^ìan venir in discorso fra cavalieri, Latins. Translatez de Latin en Francoys, par l'esleu Macault notaire, secretaire, et valle t de
e professori di lettere e comprendono 232 quesiti ripartiti in IX libri; mentre quelle del 1620 chambre du Roy, A Paris, Chez Nicolas du diemin, 1545, f. VIIr°), nella prefazione "Au
(pubblicata a Capri da Girolamo Vaschieri), del 1627 (pubblicata a Venezia da Marc'Antonio lecteur" del Théâtre du monde di Boaistuau (P. BOAISTUAU, Le Théâtre du monde (1588),
Brogiolo) e del 1636 (pubblicata postuma sempre a Venezia da Brogiolo) haimo la parte Edition critique par Michel Simonin, Genève, Droz, 1981, p. 47), negli Essais (I, 13, p. 48) e
iniziale e quella finale del titolo modificata come segue Dieci libri di pensieri diversi di nelle Diversitez di Camus {Les Diversitez de Messire Jean Pierre Camus Evesque et Seigneur
Alessandro Tassoni Ne' quali per via di Quisiti [... ] Aggiuntovi nuovamente il decimo Libro de Belley. Contenant dix Livres divisez en deux Tomes. Tome Second. Seconde Edition. A
del paragone de gl'Ingegni antichi, e moderni con altri varg Quisiti Corretti, ampliati e Paris, Chez Claude Chappellet, 1612, X, 12, f. 439vo e X, 17, f. 465vO).
arricchiti [... ] di nuove curiosità ed arrivano a comprendere 249 quesiti a cui vanno aggiunti i
182 5. Cappello
Uonttdgne e Toâêoni 183

(12) Su questa çotesi, cfr. M. BEAUJOUR, Miroirs d'encre, Paris, Seuil, 1980 (in (23) G. SETTI, "Tassoni e Montaigne" cit., p. 237.
particolare pp. 113-126 e 172-185). Cfi. anche P. PORTEAU, Montaigne et la Vie pédago- (24) Ibid., p. 238.
gique de son temps, Paris, Droz, 1935 (in particolare chap. XII, pp. 178-189).
(25) Cfr. A. TASSONL Parte de' quisiti (1608), in A. TASSONI, Pensieri cit., p. 129.
(13) Quest'ultima categoria comprende le opere appartenenti a quello che Villey aveva (26) Si veda l'uso della formula analoga "qu'on dit estre d'Aristote" per un prestito alla
chiamato "le genre des 'leçons'" (cfr. P. VILLEY, Les essais de Michel de Montaigne, Paris, Politica di Aristotele avente per intermediario gli Apophthegmes di Erasmo in De l'affection
Nizet, s. d., pp. 35-37). des pères aux enfants (11, 8, p. 390).
(14) Cfr. A. TASSONI, Discorso in biasimo delle lettere, in Α. TASSONI, Pensieri cit., (27) Cfr. La continenza usata da Alessandro, e da Scipione, e qual fosse la maggiore
pp. 73-95. (Selva di varia lettione di Pietro Messia φagnuolo, Da lui divisa in tre Parti: Alle quali s'è
(15) Un'altra particolarità del libro è che si tratta di un discorso paradossale in cui le agiunta la quarta di Francesco Sansovino; Nuovamente riveduta, et riformata con le postille
massime autorità (Plutarco, Aristotele, Platone, Cicerone) nonché 'Topinione e l'uso uni- in margine. Con Privilegio. In Venetia, Presso Giorgio de' Cavalli, 1566, II, 27, pp. 181-183)
versale, si può dire, di tutte le nazioni del mondo" (VII, 1, pp. 621-622) sono contraddette, e La continence d'Alexandre, et de Scipion: et lequel des deux est à preferer, pour icelle
come afferma Io stesso Tassoni, "solo per vivezza di spirito e per prova d'ingegno lussureg- vertu (Les diverses Leçons, de Pierre Messie, Gentilhomme de Sevile. Contenons la lecture de
giante che a guisa di guerriero voglioso di cimentarsi, non trovando battaglia contro i nemici, variables histoires, et autres choses mémorables: Augmentées du quatriesme livre: Le tout
si volge agli amici e gli sfida a giostra" (VII, 1, p. 623). mis en François, par Claude Gruget, Parisien, A Paris, Pour Vincent Sartenas, 1556, II, 27,
(16) cfi. X, 1, p. 842. fî. 189f°-190vO). La raccolta spagnola del 1542 fu tradotta e a più riprese riedita e ampliata
(17) Cfr. la frase conclusiva del libro: ' Έ qui sia il fine del nostro ragionamento" (X, nel corso del Cinquecento tanto in Italia (a partire dal 1544) che in Francia (a partire dal
27, p. 934). 1552).
(18) Su questo libro, cfr. H. NAEF, "Due contributi cit. (in particolare "II. L'impor-
(28) Cfr. A. TASSONI, Quesiti e risposte (c. 1607-1609), in A. TASSONI, Pensieri cit.,
tanza letteraria del X libro dei 'Pensieri'", pp. 2348) e G. MAZZACDRATI, "Alessandro
p. 237.
Tassoni e l'epifania dei 'moderni"'. Rivista di letteratura italiana, IV, 1, 1986, pp. 65-92.
(29) Cfr.. I sei libri della Republica del Sig. Giovanni Badino, Tradotti Di lingua Fran-
(19) Le edizioni utilizzate sono ARISTOTLE, Problems, "The Loeb Classical Library", cese nell'Italiana Da Lorenzo CONTI Gentil'huomo genovese Con due Tavole, una de' Capi, e
London, W. Heinemann Ltd, Cambridge, Massachusetts, Harvard University Press, 1961 e l'altra delle cose notabili Con privilegio Del Rè Catolico, e della Serenissima Repub. di
1965, 2 w , e PLUTARCH, Moralia, "The Loeb Classical Library", London, W. Heinemann Genova, In Genova, Appresso Girolamo Bartoli, 1588, V, 1, pp. 444-445. Non è probabile
Ltd, Cambridge, Mas^chusetts, Harvard University Press, 1960-1969, 15 w . . che la fonte utilizzata sia stata la versione latina dell'opera di Bodin poiché in essa, contra-
(20) Vi è almeno un caso di ripresa quasi letterale del quesito formulato a margine del riamente alla disposizione dell'originale francese e della traduzione italiana, l'ordine di succes-
testo cardaniano: è il quesito "Cur nulli animali pili virides" {Hieronymi Cardani Mediala- sione fra l'aneddoto di Mattia Corvino e quello del re Ferdinando è invertito. Inoltre la
nensis Medici De Subtilitate libri XXL Nunc demum recogniti atque parfecti. Basilae per trascrizione del nome di Pietro Arias, quale appare nella versione manoscritta di TASSONI, è
Ludovicum Lucium, Anno 1554, f. 135), che diventa nel titolo di Tassoni Perché non "Pedragnas", più vicino al "Pedranias" della traduzione italiana che al "Pedrariam" della
nascano peli verdi (V, 10). Introdotto nella seconda edizione, il quesito offre a Tassoni versione latina ο al "Pedrarias" dell'originale francese (cfr. Les six livres de la Republique de
l'occasione di criticare la posizione di Cardano sul problema, nonché quella di Scaligero, e di i Bodin ANGEVIN A Monsigneur du Faur Seigneur de Pibrac. Conseiller du Roy en son
propone una sua soluzione coincidente con quella di Alessandro d'Afrodisia. Conseil privé. A Paris, Chez Jacques du Puy, 1577, V, 1, p. 534 e IO. BODINI ANDE-
(21) Si tratta di un insieme di 21 libri in cui viene fornito un quadro generale, ampio GA VENSIS De Republica Libri Sex, Latine ab autore redditi, multo quam antea locuple·
ed articolato, della natura nei suoi vari aspetti. L'opera inizia con un libro che t i a t ^ dei tìores, Cum indice copiosissimo, Lugduni, Apud lacobum Du-Puys, V, 1, p. 511).
"principi delle cose", a cui segue un secondo sugli elementi, il loro moto e la loro azione e
(30) Cfr. M. TETEL, "Les fins d'essais: mise en question ou début du convaincre", in
continua con dei libri sul cielo (HI), la luce (IV), le materie composte (V), i metalli, le pietre
Rhétorique de Montaigne, Actes du Colloque de la Société des Amis de Montaigne (Paris, 14
e le piante (VI-VIII), gli animali (IX-X), l'uomo (XI-XII), i sensi (XIII), l'anima e l'intelletto
et 15 décembre 1984), réunis par Frank Lestringant, Préface de Marc Fumaroli, Conclusions
(XIV), per terminare con un gruppo di libri sulle sottigliezze incerte ed inutili (XV), le
de Claude Blum, Paris, Champion. 1985, pp. 191-199.
scienze (XVI), le arti (XVII), le invenzioni meravigliose (XVIII) e gli spiriti, gli angeli e
Dio (XDÌ-XXI). Sul De subtilitate e più in generale sulle concezioni filosofiche di Cardano, (31) Cfr. Selva cit., IH, 32, pp. 300-303 e Les diverses cit., III, 32, ff. 309rO-311vO.
cfr. A. INGEGNO, Saggio sulla filosofìa di Cardano, Firenze, La Nuova Italia, 1980, p. 390. (32) Cfr. PLUTARCH, Moralia cit., v. 11, XI, 914, pp. 176-177.
(33) F. NERL "Tassoni e Montaigne?" cit., p. 110.
(22) Cfr. Discorsi Morali, Politici, et Militari: Del Molto Illustre Sig. Michiel di Mon- (34) Sulla questione, cfr. C. VASO LI, L'enciclopedismo del Seicento, Napoli, Bibliopo-
tagna Cavagliere dell'ordine del Re Christxani&simo, Gentü'huomo ordinario della sua Camera, lis, 1978, p. 94. Anche da questo punto di vista i Pensieri sono ricollegabili all^opera dì
primo Magistrato e Governatore di Bordeos. Tradotti dal Sig. Girolamo Naselli dalla lingua Cardano e al suo particolare progetto di diffusione enciclopedica del sapere (cfr. A. INGE-
Francese nell'Italiana. Con un Discorso se il forastiero si deve admettere alla administratione GNO, Saggio cit., pp. 299-317).
della Republica. All'Illustriss. et Eccell. Sig- Don Cesare d'Este. In Ferrara, Per Benedetto
Mamarello. Con Licenza de' Superiori. MDXC, ff. 136rO-157vO. Su questa traduzione ed i
suoi rapporti con l'originale, cfr. R. CAMPAGNOLI, "Girolamo Naselli primo traduttore
italiano di Montaigne (1590)", Forme, maniere, manierismi. Scritti sul Cinquecento francese
(con un'appendice quattrocentesca), Bologna, Patron, 1979, pp. 167-188 e A.M. RAUGEL
"L'onesta infedele: ancora sulla traduzione degli 'Essais' di Girolamo Naselli", infiv.
Montaigne e la storia

1.

Le premier goust que j'eus aux livres, il me vint du plaisir des


fables de la Metimiorphose d'Ovide. Car, environ l'aage de sept
ou huict ans, je me desrobois de tout autre plaisir pour les lire;
d'autant que cette langue estoit la mienne maternelle et que
c'estoit le plus aysé livre que je cogneusse, et le plus accomodé
à la foiblesse de mon aage, à cause de la matiere^.

La lettura delle Metamorfosi di Ovidio sembra essere, stando alle


parole di Montaigne, l'inizio del suo intimo rapporto con il libro,
compagno sempre presente in ogni fase della vita dello scrittore, del
suo viaggio alla ricerca dell'uomo e di se stesso, nella sua qualità di
"meilleure munition... à cet humain voyage"^: non soggetto, a
differenza dell'uomo, "subject merveilleusement vain, divers et
ondoyant"^, a continui mutamenti di umore*, il libro accoglie
chiunque gli si accosti sempre allo stesso modo e, concretizzato nella
sua librairie, diviene, per Montaigne, l'elemento privilegiato delle sue
meditazioni, della composizione stessa degli Essais.
Non a caso, infatti, il periodo di più intensa lettura da parte
dello scrittore risale agli anni 1571-1580 e viene a coincidere con la
186 Bürdete Montaigne e la etoria 187

fase di preparazione dei primi due libri degli Essais, appunto forte- tenuto a farsi garante di una "vérité empruntée"i'': per questa ragio-
mente influenzati dai testi ai quali Montaigne si era venuto ad acco- ne dice di rifuggire dal cimentarsi con la scrittura della storia del
stare« . proprio tempo, nonostante la sua posizione di osservatore privilegiato
Tuttavia, come Daniel Ménager ha giustamente rilevato, la librairie dei principali accadimenti contemporanei "pour l'accez que fortune
di Montaigne, un isolotto all'interno di un pays sauvage, non costitui- (lui) a donné aux chefs de divers partis"i®.
sce solo un polo di attrazione per lo scrittore, ma diventa anche Tuttavia, anche se la storia contemporanea non si prospetta
stimolo alla nascita di un sentimento di diffidenza nei confronti del propriamente quale materia degli Essais, ci troviamo a concordare,
libro, potenziale generatore di malinconia^ : la librairie viene pertanto come è ovvio, con il parere della Nakam, secondo la quale essi affon-
ad assumere il duplice significato di possibilità di scrittura e di aper- derebbero le proprie radici nell'esperienza del loro autore, quindi
tura verso l'universo della vita dello spirito, non sempre appagante, anche nell'esame della storia della sua epoca, diventando, fra l'altro,
spesso triste e capricciosa', una vita che, costringendo, fra l'altro, il una miniera di informazioni sul Cinquecento. In particolare, vi si
corpo a restare inerte, contribuisce ancor più a renderlo incline alla trovano infatti scolpiti molti ritratti di contemporanei così come sono
tristezza». prospettate diverse e svariate realtà sociali e politiche dell'epocali, a
Fra il centinaio di libri pervenutici che, insieme ad altri novecento ulteriore riprova del fatto che a Montaigne non fanno difetto curiosi-
circa, formavano la biblioteca di Montaigne», almeno un terzo sono tà e interesse per le manifestazioni della storia del suo tempo: egli
libri di storia, storia classica e storia europea contemporanea io ; viene, in definitiva, a presenterei, sia pure non esplicitamente e
oltre una trentina di opere, non di rado arricchite dallo scrittore formalmente, in certa misura storico della sua epoca utilizzando la
stesso di annotazioni a margine e di brevi riassunti di impressioni storia a lui vicina, per la stessa ragione che gli ha fatto scegliere se
di lettura inseriti tra le pagine". Il libro di storia sembra quindi stesso, in quanto oggetto d'osservazione immediato, come materiale di
rappresentare per Montaigne, sempre coerente con il suo intento di studio. Una ragione di ordine sperimentale gli avrebbe quindi fatto
conoscere l'uomo, un mezzo di indagine particolarmente qualificato preferire "la proximité, la vue et la saisie directes", e diffidare di
άύϊ humaine capacité^'i e il fenomeno storico risulta di conseguenza intermediari in materia di conoscenza in generale e di storia in parti-
valutato dallo scrittore francese essenzialmente in funzione della sua colare 20 .
indagine primaria sulla reale essenza della natura umana (dunque in Non diversamente, in altro campo, numerose annotazioni di
funzione conoscitiva), anche se, nella sua qualità di figlio di un secolo scienza politica sono presenti nel corso degli Essais in maniera fram-
che ha scoperto la scienza storica, egli non tralascia di considerare chi mentaria, venendo a proposito, sia pure per inciso, degli argomenti
siano gli autori^^ del libro di storia come pure si sofferma a riflettere più disparati, senza rispondere ad uno specifico impegno programma-
criticamente sul tipo di lavoro che quest'ultimo comporta. tico. Nel suo interessante lavoro circa le origini del pensiero politico
libertino, A.-M. Battista ha avuto in proposito modo di sottolineare
2. Convinto dell'utilità della storia passata come sorta di chiave di come, benché il pensiero polìtico di Montaigne non appaia esposto
volta per accedere a quella presente e futura, Montaigne, pienamente in modo organico e sistematico, non vi sia in lui sostanziale assenza di
immerso nella vita del presente, sostiene che, mentre il fine di molti partecipazione ai problemi inerenti la vita collettiva, mancanza di
storici "c'est dire les événements" Π suo fine è "dire sur ce qui sensibilità per la fenomenologia politica. Pur nella sua apparente
peut a d v e n i r ' ^ i s , leggere, come accennavamo, il presente e il futuro disorganicità, il pensiero politico di Montaigne rispecchierebbe infatti
alla luce del passato. Partendo dal rifiuto dell'idea di "altérer jusques una sua intema logica, sarebbe l'espressione di uno spirito meditativo
aux plus legieres et inutiles c i r c o n s t a n c e s " , egli ritiene quindi assai e critico che non si appaga di definizioni acquisite, ma tende a
meno azzardato scrivere la storia passata, perché è venuta a crearsi costruire con coerenza il frutto delle proprie osservazioni, il risultato
una distanza tale da permettere allo storico di oggettivizzare, in certa di un processo mentale che si fonda sulla convinzione secondo la
misura almeno, gli avvenimenti, rispetto ai quali egli è comunque solo quale non è opportuno affidare alla valutazione soggettiva individuale
l'elaborazione di soluzioni che si proiettino sull'intera collettività21.
188 H. Burdeie Montaigne e la $toria 189

Analogamente, non ci sembra casuale la continua presenza negli gU storici che gU sono contemporanei, in modo particolare a Guicciar-
Essais di annotazioni relative alla storia contemporanea, malgrado dini, il quale, occupandosi di storia del presente, meglio di altri
il dichiarato proposito dell'autore di non farsi storico del suo tem- risponde ai canoni della possibilità di diretta conoscenza degli avve-
pori : gli Essais sono impregnati di storia perché Montaigne, in realtà, nimenti, della capacità di scelta di quelli degni di ricordo, della
non ci sembra affatto misconoscere l'importanza della storia contem- obiettività nella loro valutazione, fornendo in tal modo un materiale
poranea, ma semplicemente rifuggire dall'organizzare racconti storici adatto al tentativo di ricostruzione dell'umana natura.
in forma sistematica, temendo di cadere in congetture che verrebbero Ci si può tuttavia chiedere se e fino a che punto la conoscenza,
a sostituirsi ai dati oggettivi, convinto che il metodo storico esiga una diretta e/o indiretta, dell'opera di Guicciardini abbia potuto
aderenza rigorosa dei risultati rispetto ai dati. preventivamente incidere sulla formazione delle idee espresse da
In certo senso vittima, a nostro modo di vedere, dell'entusiasmo Montaigne in ordine alla storia, sulle quali si fonda la predilezione
rinascimentale per la scienza storica, del rinnovato interesse per di quest'ultimo per il primo.
le frontiere temporali, del nuovo significato che viene dato al divenire Che la lettura diretta dell'esemplare francese della Storia d'Italia
storico in un'età che si caratterizza per contrasto con il Medioevo e di cui Montaigne era in possesso e che ci è pervenuto annotato da lui
per analogia con l'età classica, Montaigne cade, a nostro parere, in in dettaglio^« abbia esercitato una qualche influenza sulla formazione
qualche misura almeno, nel dominio dell'astrazione quando sembra del suo pensiero storico, ci sembra estremamente probabile: anche se
auspicare una ricostruzione solo oggettiva dei fatti, presumere di Montaigne allude solo una volta, nel corso degli Essais, allo storiogra-
poter pervenire a una oggettività di risultati, non finalizzata a funzio- fo italiano27, già nei primi capitoli del primo libro dell'opera gli
ni celebrative ο di altro genere. Non tralasciamo tuttavia di rilevare argomenti storici trattati traboccano di esempi tolti a recenti letture
che a questo suo modo di sentire si affianca uno scetticismo dichiara- e, non di rado, ricalcano passi della Storia d'Italia di Guicciardini.
to non solo circa la validità della storia contemporanea ma anche E, d'altra parte, la Methodus ad facilem historiarum cognitionem
circa la percezione della dimensione del passato, dunque circa la di Bodin, nel quale l'autore apprezzava la severità del metodo adotta-
storia passata23, che ci perviene spesso anch'essa falsificata, sicché egli to da Guicciardini nel criticare le fonti e nel cercare di appurare i
propone sempre e comunque una metodologia di lavoro fondata sulla fatti più che di dimostrare una tesi, è punto esplicito di riferimento
prudenza nell'esame di testimonianze e documenti, convinto della per Montaigne in ordine alla raccomandazione di prudenza che ne
molteplicità di aspetti di ogni cosa, della diversità di approcci possibili deriva nell'esame delle testimonianze e dei d o c u m e n t i l e .
alle questioni. Pur trovando in qualche misura eccessivamente pessimiste le
Le "fines gens", egli scrive a tale proposito, sono solite alterare, conclusioni cui giunge Guicciardini circa l'uomo, sempre vittima
glossare, ampliare la storia anche se, grazie alla loro posizione di del proprio tornaconto, Montaigne apprezza perciò il suo spirito
privilegio, "(ils) remarquent bien plus curieusement et plus de cho- lucido, la metodologia adottata dall'italiano nel comporre la sua
ses"24. Maggior stima accorda agii storici "ou fort simples ou fort Storia.
excellens": ai "simples" perché non hanno motivi per alterare i dati Punto di arrivo di un lungo tirocinio di lavoro, dell'approfondirsi
oggettivi e lavorano, di conseguenza, accuratamente e diligentemen- del suo orizzonte storiografico, della ricerca di quel metodo che
te25 : agli "excellens" perché sono dotati della capacità di scegliere ciò Montaigne apprezzai®, la Storia d'Italia, al contrario delle Storie
che è degno di essere saputo, compito, quest'ultimo, arduo e delicato, fiorentine, primo saggio giovanile, è infatti tessuta su un sistematico
che pochi sono in grado di portare a compimento. fondamento di fonti documentarie e di critica, è un'opera ad ampio
respiro che abbraccia, oltre ai fatti dell'Italia, unità geografica già in
3. Lo scrittore incita, in definitiva, a non ragionare in teoria sé divisa fra multiformi realtà politiche, quelli di altre nazioni euro-
ma in rapporto ai dati di cui si trova in possesso, esorta alla modestia pee, estendendosi in alcuni punti anche al di là dei confini d'Europa.
anche in materia di storia e, non a caso, il suo apprezzamento va, tra Ed è proprio questo ampio respiro, unito al lavoro, che traspare fra le
192 R. Bürdete Uontotgne e la »toria 193

Anche sul piano del metodo dichiarato, quindi, e ancor più nel Cette occupation des livres est aussi penible que toute autre, et autant
ennemie de la santé, qui doit estre princçalement considérée... Les livres
suo reale operare, Montaigne mostra estrema lucidità di pensiero e
sont plaisans; mais, si de leur fréquentation nous en perdons en fin la
modernità di idee in tema di storia, insistendo sulla necessità per lo gayeté et la santé, nos meilleures pieces, quittons les.
storico di effettuare scelte oculate e valutazioni obiettive dei fatti,
senza peraltro rinunciare all'utilizzazione dei risultati del lavoro, così (7) Scrive, infatti, in proposito Daniel Ménager:
condotto, per scopi che rispondano agli interessi conoscitivi dello Le sqour de Montaigne dans la "librairie" ne baigne pas dans cette
storico stesso: esigenze di obiettività e istanze di soggettività che atmosphère tragique, mais il est l'occasion d'expériences toutes nouvelles.
vengono a costituire i poli opposti di una dialettica connaturata Celle de l'insatisfaction d'abord et c'est peut-être la première fois qu'un
intellectuel se demande quel est le sens d'une vie consacrée essentiel-
all'attività dell'interprete della storia umana. lement aux livres et à la pensée; mais aussi et surtout celle des difficultés
Abbiamo infine ritenuto di poter fare un'ultima annotazione, de la vie de l'esprit, parfois mélancolique, toujours capricieuse et inter-
esaminando il rapporto di Montaigne con la storia. Sulle orme della mittente...
visione critica e pessimistica di Guicciardini, pur considerata eccessiva
Cfr: D. MÉNAGER, op. cit., p. 394.
dallo scrittore francesej dall'impossibilità per lo storico di pervenire (8) Cfr. M. DE MONTAIGNE, op. cit., livre I, pp. 43-46.
ad una conoscenza se non solo incompleta e parziale della realtà (9) Stando a A. SALLES, Dans la librairie de Montaigne, in "Bulletin des Amis de
obiettiva, Montaigne finisce per ricavare la riprova di quel senso della Montaigne", deuxième série, n. 2, 1«* décembre 1937, ru 3, 1«' mai 1938.
(10) Cfr. A. MASSON, Notes sur Îa bibUothèque de Montaigne, in "B. H, R.", 1939,
relatività delle cose, di quella visione scettica della vita che sono pp. 483-484 e P. BONNEFON, La bibUothèque de Montaigne, in "Revue d'Histoire Littéraire
congeniali al suo spirito, ormai lontano dalle certezze del primo de la France" 1895, t. 2, p. 332.
Rinascimento36. (11) Cfr. P. BONNEFON, op. cit., pp. 329-332.
(12) Cfr. M. DE MONTAIGNE, op. cit., livre 1, p. 151 e livre II, p. 79:

Roberta BURDESE Je ne cherche uix livres qu'à m'y donner du plaisir par un honneste
amusement; ou, si j'estudie, je n'y cherche que la science qui traicte de
la connoissance de moy mesme, et qui m'instruise à bien mourir et à
bien vivre

e cfr. G. DEFAUX, Lectures de Montaigne, in "Saggi e ricerche di letteratura francese


ΧΧΠ", nuova serie, Roma 1963, pp. 73-75 e 77.
NOTE
(13) "Et, à ce propos, à la lecture des histoires, qui est le sujet de toutes gens, j'ay
accoustumé de considérer qui en sont les escrivains". Cfr. M. DE MONTAIGNE, op. cit.,
(1) Cfr. M. DE MONTAIGNE, Essais, Paris, Garnter-Flammarion 1969, livre I, p. 223.
livre I, p. 116.
(2) Cfr. M. DE MONTAIGNE, op. cit.. livre III, p. 43.
(14) Cfr. M. DE MONTAIGNE, op. cit., livre I, p. 151.
(3) Cfr. M. DE MONTAIGNE, op. cit., livre I, p. 41. Cfr. F. RIGOLOT, Les "visages"
(15) Cfr. M. DE MONTAIGNE, op. cit., livre I, pp. 151-152.
de Montaigne, in "La littérature de la Renaissance...", Genève 1984, pp. 357-370.
(16) Cfr. M. DE MONTAIGNE, op. cit., livre I, p. 152.
(4)
(17) "Je tiens moins hazardeux d'escrire les choses passées que présentes; d'autant que
... (le commerce) ... des livres,... est bien plus seur et phis à nous... Π me
l'escrivain n'a à rendre compte que d'une vérité empruntée". Cfr. M. DE MONTAIGNE, op.
console en la vieillesse et en la solitude. U me descharge du pois d'une
cil. livre I. p- 152.
oisiveté ennuyeuse, et me defïaict à toute heure des compaignies qui me
(18) Cfr. M. DE MONTAIGNE, op. cit., livre I, p. 152.
faschent...; Oes livres) me reçoivent tousjours de mesme visage.
(19) Cfr. G. NAKAM, Montaigne et son temps. Les événements et les Essais. Paris,
Nizet 1982, pp. 105, 221, 225.
CTr. M. DE MONTAIGNE, op. cit., livre III, pp. 42-43.
(20) Cfr. G. NAKAM, op. cit., p. 226.
(5) Cfr. N. TREVES, Le "moi" de Montaigne: personnage des Essais, in "Le Persormage
(21) Cfr. A. M. BATTISTA, Alle origini del pensiero politico libertino. Montaigne e
en question", Toulouse 1984, pp. 285-293 e P. BONNEFON, La bibliothèque de Montaigne,
Charron, Milano, Giuffré 1966, pp. 7-50.
in "R. H. L. F ". 1895, t. 2, pp. 313-316.
(22) Cfr. M. DE MONTAIGNE, op. cit., üvre I, p. 152.
(6) Cfr. D. MÉNAGER, Montaigne, la librairie et le "pays sauvage", in "Etudes seizié-
(23)
mistes offCTtes à V-L. Sauhüer", Genève 1980, pp. 383-394 e M. DE MONTAIGNE, op. cit.,
Je crains que nostre cognoissance soit foible en tous sens, nous ne
livre I, p. 297:
voyons ny gueres loin, ny guere arriéré; elle embrasse peu et vit peu.
190 R. Burdeie Montaigne β lattoria 147

righe, dello storico nella raccolta, nella critica, nella digestione delle dell'uomo alla scelta, all'osservazione e alla valutazione dei dati, per
fonti letterarie e documentarie, nelle molteplici redazioni e revisioni pervenire a formarsi un'opinione^^ : una sorta di metodologia che va
del testo, sono le "impalcature del cantiere guicciardiniano"30 ciie al di là dell'indagine storica e sfocia, in definitiva, in una visione
affascinano Montaigne, lettore di questa prima storia moderna, scettica della vita, nel senso della relatività delle cose, nel ricono-
opera che, a nostro avviso, non tralascia comunque di colpirlo anche scimento amaro dell'incapacità, da parte del singolo, di riuscire a
per il pessimismo di fondo che la pervade, quasi una risposta polemi- cogliere la realtà obiettiva e, quindi, a trarne insegnamento per
ca all'ottimismo umanista. modificare il corso degli eventi futuri.
La Storia d'Italia, innegabilmente pervasa da un profondo pessi-
mismo, è infatti il quadro drammatico della decadenza di questo 4. Ci è parso opportuno richiamare l'attenzione sulle sporadiche
paese e Guicciardini, testimone della crisi della sua civiltà, si fa in affermazioni di metodologia storica che si trovano negU Essais di
certo modo l'interprete in assoluto del declino della fiduciosa affer- Montaigne, come sull'analisi della metodologia da lui effettivamente
mazione rinascimentale della capacità costruttiva dell'uomo, conside- applicata in merito, di fronte allo scarso rilievo dato sino ad ora in
rando obiettivamente la natura umana, o, quantomeno, sforzandosi in dottrina al problema e in questo ordine di idee ci è sembrato parti-
tale direzione^i. E malgrado Montaigne, come abbiamo avuto modo colarmente significativo confrontare, sia pure a grandi linee, il pen-
di vedere, sembri stupirsi di questo atteggiamento dello storiografo siero e il modo di sentire di Montaigne con quello di Guicciardini, da
italiano, malgrado sembri trovarlo troppo drastico nella sua presa di lui espressamente considerato storico esemplare.
posizione32, sarebbe a nostro parere erroneo attribuirgli un giudizio Ne abbiamo innanzitutto ricavato l'impressione di una certa
nettamente negativo in proposito: ci sembra piuttosto che, almeno in contraddittorietà in esplicite prese di posizione di Montaigne in
qualche misura, lo scrittore francese venga a rispecchiarsi in tale fatto di storia, contraddittorietà che traspare anche tra queste sue
visione critica e pessimistica, non lontana dal suo scetticismo. posizioni e il suo concreto modo di operare.
Non solo, quindi, il rispetto per la realtà degli accadimenti, Infatti, se, per un verso, egli ritiene meno azzardato trattare
la sensibilità per il fatto concreto individuato in ogni sua connessione di avvenimenti passati anziché contemporanei, per la maggiore possi-
con gli altri fatti e sottoposto a rigorosa analisi, fanno sì che Mon- bilità di oggettivizzare in qualche modo i fatti lontani, assumendone a
taigne apprezzi Guicciardini, ma anche un più generale modo di porsi testimonianza gli storici che già se ne sono occupati, per altro verso,
di fronte all'uomo e al mondo, una capacità di penetrazione psicolo- non si esime dall'indicare, quah ottimi tra gli storici, Cesare fra gli
gica e la caratterizzazione intima dei fatti cui l'italiano giunge nelle a n t i c h i 3 5 e Guicciardini fra i moderni, entrambi autori di storie di

sue pagine di storia, intrise di una pensosa e amara visione della avvenimenti a loro contemporanei e direttamente vissuti ο conosciuti.
realtà. E allora, contrariamente alla prima impressione che si può Ancora, abbiamo avuto modo di constatare come egU stesso venga a
ricevere leggendo la pagina di Montaigne dedicata a Guicciardini, a presentarsi, in concreto, storico di fatti che gli sono contemporanei
una più attenta lettura degli Essais, e in particolare dei passi dove (malgrado affermazioni contrarie) assumendo in prima persona la
si imposta un discorso sulla storia, ci pare si possa anzi dire che responsabilità del loro vaglio critico e non rinunciando a discuterne.
Montaigne, fra i primi, abbia in realtà saputo apprezzare lo storico Cosi ancora, pur auspicando in astratto una ricostruzione obiet-
italiano, spesso in seguito misconosciuto e mal interpretatosi. tiva dei fatti da parte dello storico, non finalizzata ad una qualsivoglia
Convinto sostenitore dell'importanza della discrezione in materia funzione, Montaigne vede anche la storia quale strumento per raggiun-
storica, discrezione intesa come capacità di discemere, di analizzare, gere lo scopo primario di conoscenza della natura umana e sembra
di sviscerare ogni singolo fatto nelle sue sfumature, Guicciardini intuire come qualunque metodologia non possa mai essere solo uno
mette invero a nostro parere già in atto quella éducation du regard strumento tecnico e neutrale, predeterminato rispetto ai dati e alle
di cui parlerà Montaigne negli Essais e che costituisce uno dei più ideologie, sembra superare la tesi di una oggettività conoscitiva e non
affascinanti temi dell'opera, quello dell'educazione dello sguardo credere all'esistenza concreta di una verità storica.
Contributions italiennes aux mutations de la médecine selon Montaigne

Le dernier chapitre du second livre des Essais comporte une brève


histoire de la médecine dont on sait que Montaigne emprunte les
éléments à Pline et à Agrippa, en qui il faut sans doute reconnaître
"ce tresgrand medecin" (II, 37, p. 772 A) dont Montaigne allègue le
témoignage. Mais il a, en outre, le souci de conduire cette histoire
jusqu'à Tépoque contemporaine:

Depuis ces anciennes mutations de la medecine, ajoute-t-il


donc, il y en a eu infinies autres jusques à nous, et le plus
souvent mutations entieres et universelles, comme sont celles
que produisent de nostre temps Paracelse, Fioravanti et Argen-
terius: car ils ne changent pas seulement une recepte, mais, à ce
qu'on me diet, toute la contexture et police du corps de la
medecine, accusant d'ignorance et de piperie ceux qui en ont
faict profession jusques à eux. Je vous laisse à penser où en est
le pauvre patient! {ibid.).

Ce passage est souvent cité par les spécialistes de Montaigne, mais


sans que, semble-t-il, personne se soit particulièrement intéressé
aux trois personnages auxquels Montaigne rapporte les dernières
mutationes de la médecine. Seul parmi eux, Paracelse a arrêté quel-
ques critiques, d'autant que r"Apologie de Raymon Sebon", qui
marque une même méfiance à l'égard des "nouvelletés" doctrinales,
jette nettement le discrédit sur les prétentions de Paracelse:
230 J. céam Çfjntributionê italienneê aux mutationê de la médecine selon Montaigne 231

Combien y a-il que la medecine est au monde? On dit qu'un En assurant que ces deux médecins accusent "d'ignorance et de
nouveau venu, qu'on nomme Paracelse, change et renverse tout piperie" leurs prédécesseurs, Montaigne ne se trompe pas. Argenterie
l'ordre des regies anciennes, et maintient que jusques à cette ne craint pas d'intituler l'un de ses ouvrages: De erroribus veterum
heure elle n'a servy qu'à faire mourir les hommes. Je croy qu'il medicorum (Florence, 1553). A une époque où la doctrine de Galien
verifìera ayséement cela; mais de mettre ma vie à la preuve de domine la médecine. Argenterie ne cesse de l'attaquer, même si son
sa nouvelle experience, je trouve que ce ne seroit pas grand opposition n'est pas aussi totale que celle de Paracelse. Il suffit de
sagesse (II, 12, p. 571 A).
consulter l'Idex de ses Opera pour observer qu'un ou deux éloges
sont contrebalancés par des dizaines et des dizaines de critiques; les
De ces lignes on a seulement retenu que Montaigne n'avait sans doute
formules "Galenus notatur" et "Galenus damnatur" y reviennent sans
pas lu Paracelse et, de fait, le mépris que, par principe, Montaigne
cesse. C'est à quelques-uns des fondements mêmes du galénisme qu'il
voue à ce novateur décourage la recherche. Il n'est pas étonnant, par
s'attaque puisqu'il remet en question la pneumatologie des trois
conséquent, que les deux Italiens que, dans le dernier chapitre du
esprits, la physiologie des qualités élémentaires et l'humoralisme. Cet
deuxième livre, Montaigne adjoint à Paracelse, et qui n'ont certes pas
esprit de critique, il ne se contente pas de le mettre en œuvre, il le
une réputation aussi prestigieuse que lui, ne paraissent pas avoir
recommande: sa leçon d'ouverture à Naples, le 4 novembre 1555, est
sollicité l'attention et restent de simples noms que l'on cite, çà et là,
une expresse invitation à critiquer les doctrines reçues, où, dit
au courant de la plume2.
Argenterie, "multa mutanda, multa addenda, plurima resecen-
da"4.
Avant donc de chercher les raisons pour lesquelles Montaigne les
Quant à Fioravanti, il n'arrête pas de jeter le blâme sur tous ceux
nomme, il faut les présenter brièvement et définir leur place dans le
qui l'ont précédé. Il s'étonne qu'en honore Hippocrate, Galien,
mouvement de la pensée médicale du XVI® siècle.
Mesué et Avicenne comme des envoyés de Dieu bien qu'ils "ayent
Médecin, chirurgien et alchimiste, le bolognais Leonardo Fiora-
esté cause de la mort d'un milion d'hommes"®. Il soutient que toute
vanti vit encore au moment où Montaigne le nomme; il mourra le 4
la médecine ancienne est périmée, même si elle a compté quelques
septembre 1588. Il est l'auteur de nombreux ouvrages, fréquemment
bons médecins:
réédités, parmi lesquels on retiendra De capricci medicinali (Venise,
1561), Lo Specchio di scienza universale (Venise, 1564), Del regi-
Si nous autres Medecins modernes voulons observer en tout et
men to della peste (Venise, 1565),// Tesoro della vita umana (Venise,
par tout les reigles escrites par eux, je tiens pour chose certaine,
1570), Il compendio dei secreti razionali intorno alla medicina, que la plus grande partie des malades iroient en paradis: et ce
chirurgia ed alchimia (Venise, 1571). Il est encore l'auteur d'une pource qu'en ce temps là, l'experience n'estoit encores venue en
Fisica en quatre livres (Venise, 1582) et d'une Chirurgia en trois livres lumiere, et ne s'estoit raonstrée, comme elle a fait depuis, de
(Venise, 1582). nostre temps. Nous voyons que noz predecesseurs tenoient pour
Quant à Giovanni Argenterie, né en 1513 à Castelnuovo d'Asti, grands miracles les moindres experiences des laboureurs des
il étudie d'abord à Turin, puis à Paris, où il est reçu docteur le 22 champs: Hippocrate, Gallien et Avicenne ont escrit une infinité
juin 1534. Il exerce la médecine à Lyon, puis à Anvers, et, en 1543, de telles choses: mais s'ils estoient maintenant au monde, je
déjà célèbre, il rentre en Italie. Professeur à Pise, puis à Naples, puis à pense qu'apeine ils sçauroient pratiquer la medecine^.
Mondovi, il occupe, à partir de 1566, la chaire de médecine pratique
de Turin, où il meurt le 13 mai 1572. De ses nombreux ouvrages, eux On pourrait sans difficulté multiplier les citations; c'est presque à
aussi souvent réédités, on citera le De morbis (Lyon, 1548), le De chaque page de ses œuvres que Fioravanti, inlassablement, exhorte ses
somno et vigilia (Florence, 1566) et surtout ses In artem medicinalem lecteurs, comme il dit, à "renvoyer nostre Hippocrates, et Galen aux
Galeni commentarli très (Paris, 1553). Ses Opera ont été plusieurs vieux drapeaux".
fois réunis (1592, 1606-07, 1610, 1615)3.
232 J. Céard Contrtbutioru italiennes aux mutatiom de la médecine leion Montaigne Î33

Ces renseignements ne suffisent certes pas à caractériser les bles^'^, a été, on le sait, lu par Montaigne. Notons au passage que.
doctrines d'Argenterio et de Fioravanti. Mais, avant de les compléter, selon Wier, Solenander, en 1552, "exerçoit l'art de medecine aux
on doit noter qu'au moment où Montaigne écrit le dernier chapitre bains de Lucques"; son Apologia pour Argenterius, qui est datée de
du second livre des Essais, dans l'hiver 1579-1580, comme le pense Lacques, s'arrête à l'emploi des eaux de source, auxquelles il a, en
Villey, il dispose d'informations qui, à cette date, ne semblent pas outre, consacré un livre en 1558^3. Ainsi plusieurs voies convergentes
encore être sorties des milieux spécialisés. se trouvaient propres à signaler à Montaigne l'importance d'Argen-
C'est un peu plus tard que certaines œuvres de Fioravanti seront terius et de son œuvre. Ajoutons qu'au moment où Montaigne s'in-
mises en français. Le Specchio est traduit par le tourangeau Gabriel téresse à lui, sa réputation est suffisamment établie dans les milieux
Chappuys; le Miroir universel des arts et sciences est publié en 1584 médicaux français pour que le médecin François Le Thilleux publie,
et à nouveau en 1586. Quant aux Capricci, ils sont, en 1586, partiel- en 1581, à Nantes où il exerce la médecine, une Methodus di-
lement traduits par un apothicaire troyen, Claude Rocard, avec une gnoscendorum morborum qui, dès le titre, se recommande de l'auto-
dédicace à "M. François Vatepin, Chanoine de l'Eglise de Troyes", rité d'Argenteriusi^.
qui laisse deviner l'intérêt éveillé par la récente traduction du Miroir Il faut maintenant souHgner qu'en illustrant l'idée des mutations
puisque Rocard déclare vouloir ainsi satisfaire, dit-il, contemporaines de la médecine par les noms de Paracelse, de Fio-
ravanti et d'Argenterius, Montaigne, loin de désigner un peu au hasard
le désir que vous aviez de sçavoir, quels estoient les secrets des novateurs, retient trois personnages qui, à des titres certes divers,
remedes dont le Seigneur Fioravant faisoit mention en son comptent au premier chef dans l'histoire des idées médicales de la
miroir des sciences, nouvellement traduit en nostre langue, et Renaissance. Si ce fait est bien établi pour ce qui regarde Paracelse,
qu'il avoit amplement descrits en ses Caprices. dont l'importance est tout à fait recormue, il n'en va pas de même
pour les deux autres; aussi faut-il s'arrêter un instant à eux. Fiora-
Les années 1584-86 sont bien celles où Fioravanti se trouve, en vanti n'a droit, chez les historiens, qu'à de rares mentions qui ne sont
France, signalé à l'attention du public, mais Montaigne s'était dès pas à son avantage. Ainsi Malgaigne, étudiant l'état de la chirurgie en
avant avisé de son importance. Italie, la montre hésitant
Quant à Argenterius, il n'écrit qu'en latin, et aucune de ses
ê
œuvres n'à été traduite. Mais un ensemble de faits donne à penser entre le charlatanisme effronté, mais du moins ordinal de
que Montaigne a pu avoir des raisons particulières de le remarquer. Fioravanti, et la servilité classique, mais vraiment rebutante
Comme l'a noté Villey dans sa notice sur le dernier chapitre du d'Andreas della Croce, connu parmi nous sous le nom d'André
second livre, de La Croix 15;

la question de la valeur de la médecine venait d'être mise à c'est sans doute cette réputation de charlatan qui lui vaut de figurer
l'ordre du jour auprès de Montagne par un ouvrage du médecin dans le Dictionnaire infernal de CoUin de Plancy^^.
Laurent Joubert, publié à Bordeaux en 1578, chez l'imprimeur Quant à Argenterius, outre que très tôt, comme on l'a vu par
Millanges, qui allait prochainement imprimer les Essais^. Solenander, ses disciples durent prendre sa défense, Huarte, dans son
Examen des Esprits, que Montaigne a pu lire, répandit largement le
Or, Joubert avait été, en Italie, l'élève d'Argenterius, dont il fait bruit de son incompétence pratique:
l'éloge au début de ses Paradoxa^. Parmi ses disciples, Argenterius
comptç encore Reinerus Solenander (1524-1601), qui, du reste, avait Plusieurs grands Medecins ont creu que Jean l'Argentier, Mé-
publié à Florence, en 1556, une défense de son maîtrelo, et qui était decin de nostre temps, a de beaucoup surpassé Galien, en ce qui
lié avec Jean Wierii. Celui-ci, qui le cite plusieurs fois dans ses est de reduire l'art de Medecine en une meilleure methode; et
Histoires, Disputes et Discours des illusions et impostures des dia-
234 J. Céard
Contributions italienneM aux mutotionâ de la médecine selon Montaigne 235
neantmoins on raconte qu'il estoit si malheureux en ses cures,
que pas un malade de son pays et de sa connoissance, ne s'osoit s'il réfute sans cesse Galien. reste dans l'ensemble "sur le terrain de
abandonner à luy, tant on craignoit ses mauvais succezi"'. son adversaire"23 et c'est en se situant à l'intérieur de sa pensée qu'il
en opère la révision critique. Ainsi il ne rejette pas totalement le
Pourtant ces jugements défavorables ne doivent pas cacher l'im- physiologie des quatre qualités élémentaires, mais soutient seulement
portance véritable de Fioravanti et d'Argenterius dans le mouvement que des propriétés comme la dureté et la rugosité ne leur sont pas
des idées médicales tel que l'ont perçu les contemporains, mouvement réductibles: de même, s'il souligne la primauté du sang, il ne récuse
où la première place appartient sans conteste à Paracelse. Dans son pas globalement Thumoralisme galénique et reconnaît "l'importance
avis au lecteur, Claude Rocard, traducteur des Caprices de Fioravanti, des humeurs dans la santé comme dans la maladie''^-». Fioravanti, au
allègue Paracelse. Bien que Fioravanti lui-même ne semble nulle part contraire, repousse indistinctement toutes les doctrines médicales:
se recommander de Paracelse, il cite souvent élogieusement Raymond c'est, dans la pureté de cette dénomination, un empirique. Du reste, il
Lulle et Arnaud de Villeneuve; or, un Giordano Bruno discerne dans prend sans cesse la défense des empiriques et s'étonne qu'on ait pu
l'œuvre de Paracelse "une nette empreinte lullienne"'», comme le leur interdire d'exercer sous prétexte qu'ignorant la cause des mala-
note W. Pagel, qui remarque, d'autre part, que "de tout temps, la dies, ils ne pouvaient les soigner; en effet, explique-t-il, ce qu'on
tentation a été grande de rapprocher Arnaud de Villeneuve, une des soigne, ce n'est pas la cause de la maladie, mais la maladie elle-même.
figures maîtresses de la médecine médiévale, de Paracelse"^'. En Si une personne a reçu un coup, il me faut savoir l'importance du
mettant à son tour l'alchimie et la chimie au service de la médecine, coup qui Ta atteinte, nullement la cause pour laquelle elle a reçu un
Fioravanti pouvait passer pour un esprit parent de celui de Paracelse. coup! 25
L'idée a si bien fait son chemin qu'Octave Béliard comptait sans Des œuvres assurément dissemblables, en somme, mais qui, par
hésiter Fioravanti parmi les "disciples" de Paracelse "qui n'héritèrent leur dissemblance même, parcourent les deux voies par lesquelles
pas tous de sa conscience, mais qui monnayèrent son étrangeté"20. la médecine se trouve ébranlée: Tune la combat sur le terrain même
Ce sont d'autres raisons qui invitent à rapprocher Paracelse et de ses positions doctrinales fondamentales; l'autre, se plaçant à l'exté-
Argen terius; on peut toutes les réunir dans Γ idée d'antigalénisme. Si rieur, conteste l'idée même de théorie médicale. Montaigne n'a pas
celui de Paracelse est abondamment signalé, les meilleurs historiens de tort de dire qu'avec ces novateurs, c'est "toute la contexture et police
la médecine n'ont pas omis de mentionner, avec lui, l'antigalénisme du corps de la médecine" qui se trouve changée.
d'Argenterius. Déjà Kurt Sprengel, examinant le movement des idées
médicales à la Renaissance, considérait successivement Paracelse, Mais il faut maintenant se demander si Montaigne a lu les œuvres
Argenterius et Joubert^i. L'excellent livre de W. Pagel sur Paracelse de ces nouveaux médecins. Il est tentant de penser, sous bénéfice
consacre un développement à Argenterius, où il écrit: "On notera d'inventaire, qu'il ne Ta pas fait] du reste, quand il déclare qu'il ne
avec un intérêt particulier que celui-ci semble tout à fait indépendant tient pas à mettre sa vie à l'épreuve de la médecine de Paracelse, il
de Paracelse: ses principaux ouvrages ont en effet paru vers 1550, exprime une fois de plus sa méfiance à l'égard de toute "nouvelleté" :
donc avant ceux de Paracelse"^^. celle-ci ne pouvait guère l'encourager à lire Paracelse et ses deux
Ainsi, en réunissant les trois noms de Paracelse, de Fioravanti confrères. En outre, lorsqu'il ajoute leurs noms au tableau des muta-
et d'Argenterius, Montaigne paraît fort bien savoir qu'il est légitime tions de la médecine, ü prend soin d'accompagner cette addition d'un
de les rapprocher, mais que leurs entreprises suivent des directions "à ce qu'on me diet"; le présent ici employé autorise à penser que
parallèles et ne sont pas dépendantes l'une de l'autre. Ces remarques Montaigne s'est informé avec quelque détail, mais la formule récuse
sont nécessaires pour prévenir l'étonnement du lecteur qui, par- l'hypothèse d'une lecture personnelle.
courant les œuvres de Fioravanti et d'Argenterius sans information Pourtant, un passage qui ne figure que dans les éditions anté-
préalable, sera sans doute frappé par leur dissemblance. Argenterius, rieures à 1588 ébranle ces conclusions. Au même dernier chapitre du
second livre, dans un éloge de la santé, Montaigne avait écrit:
236 J- Céard Contribution» Italienne» aux mutation» de la médecine »elon Montaigne 237

Toute voie qui nous meneroit à la santé, ne se peut dire pour D'autres rencontres peuvent être remarquées. Quand Montaigne
moy ny aspre, ny chere. Mais j'ay quelques autres apparences note les fréquents désaccords des médecins, "i'âpreté de leurs con-
qui me font estrangement deffier de toute cette merchandise. testations" (II, 37, p. 770 A), "les controverses et inconstances de
Je ne dy pas qu'il n'y en puisse avoir quelque art; qu'il n'y ait, jugement qu'ils nourrissent et continuent entre eux" (p. 771 A),
parmi tant d'ouvrages de nature, des choses propres à la con- leurs dissensions quand ils sont plusieurs à soigner un malade "d'au-
servation de nostre santé. Cela est vraysemblable. Mais je dy tant qu'il leur advient de faire plus souvent mal que bien" (ibid.), on
que ce qui s'en void en pratique, il y a grand danger que ce soit
croirait entendre Fioravanti, qui, citant Caton d'Utique, écrit ces
pure imposture, j'en croy leurs confraires Fioravant et Paracelse
lignes:
(II, 37, p. 765).

Outre qu'il a remplacé "vraysemblable" par "certein", Montaigne, On voit tous les jours, icy entre les Philosophes et medecins, de
grandes contentions et disputes, sur la cure des maladies, et
qui pourtant supprime rarement, a effacé la dernière phrase. Avec
l'application d'une medecine pour l'autre: et ce qui est le pire,
elle, c'est le témoignage de Fioravanti et de Paracelse qui se trouve
quand l'on faict ce qu'un medecin ordonne, et l'autre conseille,
raturé. Il est permis de se demander si, ne parlant pas ici en général, on voit le pauvre malade souffrir et le plus souvent mourir;
mais sur un sujet médical précis, Montaigne n'a pas voulu éviter de de maniere que leur dispute n'est touchant la guarison des
donner à penser qu'il avait pu lire de tels auteurs. maladies, mais touchant la medecine la plus propre pour tuer le
La mention de Paracelse, dont l'influence est alors aussi diffuse malade 30.
que répandue, et sur une idée qui lui est chère26, est de toute façon
plus attendue que celle de Fioravanti. Or, il faut noter que cette idée Certes cette satire n'est pas nouvelle et, depuis Pline, elle n'a cessé
est fondamentale pour ce dernier. C'est même sur elle qu'il assoit son d'être reprise. Mais Montaigne, prenant "la peine de plaider cette
rejet de toute la "théorique". Il ne cesse de redire que ce n'est pas cause que, dit-il, j'entens assez mal" (II, 37, p. 785 A), se sentait sans
Esculape, mais Dieu, qui a inventé la médecine en communiquant aux doute encouragé à remettre à jour le vieux réquisitoire de Pline
choses, au moment de la Création, les vertus dont elles sont douées puisqu'il en trouvait les éléments et le ton même chez un médecin
encore aujourd'hui^?, π y insiste à nouveau à l'occasion précisément moderne. Le non-spécialiste qu'il était rencontrait chez un spécialiste
d'un éloge de la santé: tous les attendus de l'acte d'accusation qu'il entreprenait de dresser
contre la médecine. Plus encore, mieux que dans Pline ou dans
La santé, écrit-il, est une si grande chose que pour l'obtenir et Agrippa, il trouvait dans l'œuvre de Fioravanti l'idée que les variations
la conserver, il est nécessaire d'être très attentif et vigilant et de memes de la médecine sont la preuve de la vanité de cette discipline
savoir la connaître pendant que nous la possédons^® ;
et condamnent toute prétention à élaborer une doctrine médicale.
Brûlant ici des auteurs qu'il lui arrive ailleurs d'honorer, Fioravanti
c'est pourquoi, continue-t-il dans le même livre, Dieu lui-même a
écrit, en effet:
voulu créer la médecine

pour le salut de ses créatures, en infusant les vertus aux eaux, C'est follie d'aller se rompre la teste et alambiquer le cerveau
aux plantes, aux herbes, aux pierres et aux paroles, afin après les œuvres d'Hippocrate, Galen, Oribasius, Paul AEginete,
qu'avec toutes ces choses les hommes pussent se soigner et, d'AEtius, d'Avicenna, Raymond Lulle, Amauld de Villeneusve,
ayant recouvré la santé, le servir. et autres autheurs tant anciens que modernes, lesquels ont escrit
si diversement de la medecine que c'^est merveille, les escrits
Aussi, conlut-il, est-ce "chose religieuse et nécessaire que de pourvoir desquels suffiroient pour embrouiller je ne diray pas un monde,
à la santé c o r p o r e l l e " ^ « . Si Ton excepte l'idée du service de Dieu, mais plusieurs, s'il y avoit plus d'un, veu la varieté de leurs
opinions aussi grande qu'il y a de testes et noms d'autheurs^J.
Montaigne tient à peu près le raisonnement de Fioravanti.
Contributionê italienneê aux mutatiom de Ια médecine selon Montaigne 239
238 J. Céard
petite raison, et si force est de le croire en voyant clerement
Outre ces généralités, quelques thèses de Fioravanti ont pu agréer Teffect. j'ay veu une infinité d'experiences estranges et sans
à Montaigne, s'il l'a lu. Quand Montaigne récuse les prétendues aucun terme de raison, qui se sont monstrees merveilleusement
belles36.
compétences des médecins qui n'ont aucun moyen "qui leur découvre
nostre cerveau, nostre poulmon et nostre foye" (II. 37. p. 774 A), il
rencontre une idée chère à Fioravanti: "Il est impossible de sçavoir ce On pourrait ajouter que la notion de quintessence, dont Montaigne
qui est faict à l'intérieur de nos corps: et plus difficile est-il encore critique vigoureusement le mystérieux contenu, est fondamentale
de sçavoir ce qu'en particulier il souffre"32. Quand ailleurs Montaigne pour Fioravanti, dont les remèdes sont très souvent constitués à partir
estimera qu'il n'y a manière "où les malades se puissent mettre mieux de l'abstraction de la quintessence des simples.
en seurté qu'en se tenant quoy dans le train de vie où ils se sont Chez Montaigne, cette critique introduit l'examen des trois
eslevez et nourris" (III, 13, p. 1085), et récusera toute "diète" sortes d'expériences auxquelles les médecins rapportent l'invention
prescrite par les médecins, il pourrait encore s'autoriser de Fioravanti des médicaments (II, 37, p. 782). On peut se demander si Montaigne
qui déconseille d'"estenuer et affaiblir tant le malade avec ces dietes n'en a pas trouvé les éléments dans l'œuvre d'Argenterius. Mais il faut
tant cruelles, au lieu qu'on luy devroit bailler de tresbonnes viandes, tout de suite dire qu'autant l'œuvre de Fioravanti est accessible à un
et prinçipallement de celles qu'il appette le pJus"^^. non-spécialiste — même si le détail de la composition des remèdes
Est-ce à dire que Montaigne se révèle ainsi être une sorte de peut lui échapper —, autant celle d'Argenterius réclame une compé-
disciple de Fioravanti? Il serait bien inexact de conclure de la sorte. tence et une patience dont Montaigne ne disposait guère. S'il a eu
En dressant un tableau des variations de la médecine, Fioravanti veut cette œuvre entre les mains, peut-être l'a-t-il feuilletée, sans la lire
substituer à toutes les doctrines son refus de toute doctrine qui, en vraiment, utilisant à l'occasion les index, heureusement abondants,
un certain sens, est encore une doctrine. L'empirisme qu'il recom- qui i'accompagnent37.
mande — il ne se lasse pas de vanter l'expérience, "mère de toute Toujours est-il que c'est au cours d'un examen des "mutations"
chose" — n'est pas à la portée du premier venu: il y faut le "grand de la médecine — c'est son mot — qu'Argenterius définit et caracté-
jugement" dont il est un des rares personnages qui en soient capables; rise la médecine empirique.
et, pour l'exercer, il faut avoir étudié et être "un gran litterato"^;
Claude Rocard, son traducteur, déconseille, du reste, à celui qui n'est L'empirique, écrit-il, ne cherche pas quelle maladie révèlent tels
symptômes, mais seulement si se manifestent les accidents qui
pas expérimenté d'utiliser les recettes de Fioravanti. Quand Montaigne
appellent l'emploi d'un remède expérimenté ou semblable à un
ajoute à la liste des mutations de la médecine celle dont Fioravanti autre remède expérimentées.
est l'auteur, il l'inclut, lui et son empirisme, dans son rejet global. De
fait, lorsque Montaigne s'amuse du recours aux "vertus occultes" et Après quoi, il énumère les classes de médicaments utilisés par les
des drogues des médecins dont le choix est "aucunement mystérieux empiriques. Montaigne, on s'en souvient, distingue, généralement
et divin", "le pied gauche d'une tortue, l'urine d'un lezart, la fiante parlant, les médicaments enseignés par l'expérience inspirée, ceux
d'un Elephant, le foye d'une taupe" (II, 37, p. 770 A), il pourrait dont les preuves "se tirent des choses qui, pour autre coonsideration,
fort bien illustrer son propos par l'exemple de Fioravanti, qui, "pour tombent souvent en nostre usage" et ceux qui résultent "des autres
rompre la squinance", dit utiliser une dent de sanglier pulvérisée: ce experiences à quoy ils disent avoir esté conduis par la fortune et
remède est très efficace, "mais pourquoy cète dent guérit une telle n'avoir eu autre guide que le hazard". Les historiens des Essais ne
maladie, je n'en sçay pas rendre la raison si ce n'est par sa vertu signalent aucune source de ce développement. Ce pourrait être la page
occulte"3s. Et, un peu plus loin: d'Argenterius qui distingue les médicaments fortuitement découverts,
ceux qui sont faits à dessein et sont, par exemple, enseignés en rêve,
Je demeure bien souvent esmerveillé quand je voy une belle et
et ceux qui sont trouvés, pour ainsi dire, par tâtonnement^^.
vraye experience, de laquelle il ne se peut rendre une seule
240 J. Céard Contribution» itaHennee aux mutations de la médecine telon Montaigne 241

Ce n'est peut-être pas le seul développement d'Argenterius auquel l'organisme tout entier qui est malade: l'importance qu'il accorde à la
Montaigne a pu s'arrêter. Avant d'en signaler quelques autres, il faut notion venue sans doute de Fernel, de "morbus totius substantiae"
marquer que, de toute façon, Montaigne ne se souciait certainement autorise à lui reconnaître cette intuition. D'autre part, au lieu d'op-
pas de mesurer la place qu'ils occupaient et le rôle qu'ils tenaient poser la santé et la maladie comme des contraires, Argenterius écrit:
dans la pensée du médecin piémontais. Toutefois, lui qui s'intéresse à "Santé et maladie différent, non pas spécifiquement et formellement,
la fois à la mort, à la maladie et à la monstruosité et qui se préoc- non par une véritable contrariété, comme le blanc et le noir, mais
cupe de les considérer par rapport à l'idée de nature, il a pu noter seulement en degré, par le plus et le m o i n s " ^ . C'est là une thèse où
qu'Argenterius examine conjointement ces trois sujets quand il étudie Montaigne pouvait reconnaître sa propre pensée.
les idées de nature, de "praeter naturam" et de "contra naturam"'»o.
Mais c'est sur la question de la maladie qu'il est le plus tentant de Voilà, à défaut de preuves formelles, quelques indices qui portent
lire chez Montaigne quelques échos d'Argenterius. Quand celui-ci se à penser que Montaigne a pu parcourir les oeuvres de Fioravanti
demande si la médecine est une science ou un art, qu'il lui refuse le et d'Argenterius. C'est parfois sur des points très précis qu'on observe
nom de science et doute même qu'elle soit un art, c'est parce que, si des ressemblances, qui pourraient donc n'être pas fortuites. N'objec-
l'on retient la définition aristotélicienne que le principe de l'art est tons pas que les Essais, en tout cas, se montrent peu soucieux de
dans l'artiste, alors il faut observer qu'il existe des cas où le malade se donner une idée des doctrines principales de ces auteurs. Si Mon-
soigne lui-même, "par altération, par concoction ou par d'autres taigne les a lus, il l'a fait, comme toujours, à sa façon, à la fois
actions naturelles qui sont en nous et prennent de nous-même le précise et négligente, pénétrante et lacunaire.
principe de leur mouvement"'*^. Ailleurs Argenterius précise l'idée de Du reste, même pour traiter d'un sujet aussi spécialisé que celui
"morbus salutaris"'*2, comme Montaigne dira qu'il y a des "maladies de la médecine et de ses mutations, Montaigne continue à affecter
médicinales et salutaires" (III, 13, p. 1091). Parmi ces maladies, l'ignorance de bonne compagnie qui lui est propre. N'en soyons pas
Argenterius cite précisément les calculs et rappelle le mot d'Hip- dupes. Il y a, dans le dernier chapitre du deuxième livre comme dans
pocrate selon qui "ce genre de maladie accompagne les vieillards à la le dernier du troisième, trop de signes d'une information précise pour
mort". On croirait entendre Montaigne: que nous devions prendre ses déclarations au pied de la lettre. Le seul
fait d'attacher à l'idée des dernières mutations de la médecine les
La cholique est souvent non moins vivace que nous, il se voit noms de Paracelse, de Fioravanti et d'Argenterius prouve déjà la
des hommes ausquels elle a continué depuis leur enfance jus· valeur de son information et nous autorise donc à en examiner
ques à leur extreme vieillesse, et, s'ils ne luy eussent failly de davantage la qualité et l'ampleur. Les premiers résultats encouragent
compagnie, elle estoit pour les asssister plus outre (III, 13, p. à poursuivre l'enquête.
1091-1092). f
f
Jean CÉARD
La définition même de la maladie qu'élabore Argenterius met en
œuvre quelques idées qui ont pu attacher Montaigne. Ainsi le mé-
decin piémontais indique qu'on ne peut simplement caractériser
la maladie par ses causes, que la maladie a une spécificité, étant
proprement "passio viuentis"«. Malgré l'archaïsme de la démonstra-
tion, se fait jour ici l'idée féconde (et moderne) selon laquelle le
patient ne se contente pas d'avoir une maladie, qu'il est malade. A
cette conception déjà existentielle de la maladie, Argenterius adjoint
l'idée que, quel que soit le point d'application de la maladie, c'est
Τ '
242 J. Céard Contributions italiennet aux mutation$ de la médecine selon Montaigne 147

NOTES (26) Voir, par exemple, Paracelse, Oeuvres médicales, trad. Bernard Gorceix, Paris,
ΡΛ'.Ι··, 1^08, p. l u / .
(1) "Les deux mentions de Paracelse dans les Essais sont vagues et ne permettent pas de (27) FJORAVANTl, Dello Specchio di scientia universale, Venise, éd. 1572, fo 12.
conclure que Montaigne Ta lu", écrit H. FRIEDRICH, Montaigne, trad, française, Paiis, (28) FIORAVANTI. De caprìcci medicinali, IV, proemio, éd. cit., f® 230.
P.U.F., 1968, p. 414, n. 267. (29) F10RAVANΉ, ibid., IV, 5.
(2) Voir, pai exemple, J. STAROBINSKl, Montaigne en mouvement, Paris, P.U.F., (3U) HUKAV AN 11, Miruir univenci des arts et sciences, éd. cit., Ill, 3.
1982, p. 196-197. (31) FIORAVANTI, ibid., I, 3, p. 25.
(3) On trouvera, sur Argenterio, des renseignements très complets dans Tarticle que lui (32) FIORAVANTI, ibid., p. 24.
consacre F. MONDFLLA, in Dizionario Biografico degli Italiani, Enciclopedia Italiana, Roma, (33) FIORAVANTI, ibid., p. 466. Voir, de même. De caprìcci medicinali, éd. cit., f® 45
IV (1962), p. 114-116. a'
(4> ARGI-NTFRIO. Opera omnia. Venise. 1606-07. troisième partie, début Il mutar del cibo era gran nocumento à gU ammalati, e che sia il vero,
(5) FIORAVANTI, Miroir universel des arts et sciences, trad. fr. G. Chappuys, 2® éd., noi veggiamo, che à sani il mutar del cibo fa lor gran danno: et questo si
Paris, Cavellai, 1586, 111, l i . vede di continuo per esperienza. Se adunque noi veggiamo, che la mu-
(β) FIORAVANTI, ibid., III, 3, p. 445. t a t o n e de cibi nuoce à sani, non debbiamo noi credere, che tanto più
(7) FIORAVANTI, Les Caprices touchant la medecine, trad. fr. Claude Rocard, Paris, nocerà à gli ammalati?
Cavellat, 1586, p. 43.
(8) Voit J. CÉARD, "Paradoxe et erreur populaire: le projet de Laurent Joubert", in Le (34) FIORAVANTI, Dello Specchio, ed. cit., II, 16:
Paradoxe au temps de la Renaissance, sous la direction de M.-Th. Jones-Davies, Paris, Touzot,
1982, p. 125-142. Saria bene, che tutti noi altri apresso quello, che havemo studiato,
(9) L. JOUBERT, Paradoxorum decas prima atque altera, Lyon, 1566, fol. cercassimo di bavere alcune belle esperientie, che accompagnassero
(10) En réponse à Julius Alexandrinus a Neustain, auteur d'un livre intitulé Antargente· il metodo et la scientia. Et in questo modo la medecina saria gloriosa. 0
rica pro Galeno (Venise, 1552), Solenander réplique par une Apolcgia, qua Julio Alexandrino che bella cosa, et di grande honore apresso un gran litterato, è haver
responde tur pro Argenterio (Florence, 1556), qui lui vaudra, de son adversaire, une riposte ancora grandi esperimenti, in varie et diverse infermità?
intitulée Antargentericorum suorum defensio, aduersus Galeni calumniatores (Venise, 1564),
(11) Voir I. BLOCH, "Der rhenische Arzt Solenander und die Geisteskrankheit des (35) FIORAVANTI, Les Caprices, trad. Claude Rocard, 1586, p. 40.
Herzogs Albrecht Friedrich von Preussen", in Klin-Therapeut. Wschr., 1922, n. 17-18. (36) FIORAVANTI, ibid., p. 41.
(12) Voir la rééd. fr. de ce üvre, Paris, 1885, t. I, p. 584 et 621. (37) Par commodité, nous utilisons ici Téd. déjà citée de 1606-1607.
(13) SOLENANDER, De Caloris fontium medicatorum causa, Lyon, 1558. On observera (38) ARGENTERIUS, ibid., 1, p. 22.
un même intérêt de Fioravanti pour les eaux thermales {De capricci medicinali, éd. Venise, (39) ARGENTERIUS, ibid.:
Lodovico Avanzo, 1563, I, 9 sqq.).
(14) Methodus dignoscendorum morborum, primum quidem tradita ab Argenterio, Caetcrum remedia, quibus utuntur ad curationem in triplici possunt esse
deinceps autem exemplis multis ex veteribus medicis, et recentioribus desumptis adaucta. differentia. Quoddam enim dicunt esse fortuitum, aliud imitatorium:
Authore Franci"!co Le Thielleux. Andino doctore medico, apud Nannetes medicinam faciente. ioituitum vocant quod aliquis, ut cupiditati obsequeretur, nouit pro-
Nannetibus, ex off. loannis Gaudin, 1581, p. lim. +54 p. •table. desse: consulto factum remedium dicitur, quod aut insomniis hortan-
(15) J.-F. MALüAlGNL, intxod. a Ambroise Pare, Oeuvrea compleètes, Paris, 1840- tibus, aut aliunde expertum fuerit: imitatorium autem definiunt cum
1841, t. I, p. CCLXXXV. rursum in iisdem affectibus, ad ea experienda ducuntur medici, quae aut
natura, aut fortuna, consultoue profuerunt, aut obseruunt.
(16) J COLLfN DF PLANCY. Dictionnaire infernal 6« éd.. Paris. Pion. 1963. p. 275
(17) J. HUARTE, L'Examen des Εψηΐε, chap. 15, trad, fr., Paris, Jean Guignard. 1661,
p. 335-336. (40) ARGENTERIUS, ibid.. p. 99 sq.
(18) Voir W. PAGEL, Paracelse, trad, tr., Paris, Arthaud, 1963, p. 254. (41) ARGENTERIUS, ibid., p. 25.
(19) W. PAGEL, ibid., p. 257. (42) ARGENTERaiS, ibid., II, p. 22.
(20) O. BÉLLARD, in Histoire générale de la médecine, sous la direction du Pr. Laignel- (43) ARGENTERIUS, ibid., I, p. 104:
Lavastine, Paris, A. Michel, t. Il (1938), p. 139.
(21) K. SPRENGEL, Versuch einer pragmatischen Geschichte der Arzneikunde, 3® éd., Sanitas mediocritas quaedam est, morbus immoderentia, causae autem
Halle, J.J. Gebauer, 1801, t. III, p. 235-231 (Paracelse), 237-245 (Argenterius), 246-251 ipsae moderantiam, et immoderantiam efficiunt, nulla autem illarum
(Joubert). moderantia aut immoderantia sunt. Nec materiae quidem vitia, sanitas et
(22) W. PAGEL, op. cit., p. 309. morbus esse non possunt: nam sanitas et morbus formae quaedam sunt,
(23) Selon la formule de Pagel, ibid., p. 310. quae materiae propinquae suis qualitatibus iam praeditae accedunt. Nec
(24) PAGEL, ibid., p. 311. vero communis instrumenti mala, morbi erunt: quia morbus passio est
viuentis, non eorum, quae in nobis sunt non viuentia.
(25) FIORAVANTI, De caprìcci medicinali, éd. cit., f° 37.
(44) ARGENTERIUS, ibid., p. 100.
252 G. Nieoletti

Per usare se non una sentenza una locuzione, si potrebbe con-


fermare che Facit Indignatio Versum, - se l'indignazione non fosse
del tutto assente dagli Essais.

9. Infine, se non mancassero spazio e tempo, come nell'atto critico


accade sovente occorrerebbe ora cominciare l'mdagine della Postilla m
senso diverso ma complementare di dantesco contorno dell'immagine
riflessa. Sempre letica risulterebbe l'immagine, — un universo di
relative e ingannevoli sicurezze - sempre antitetico il crescere della
postilla, il suo divagare fra aneliti smorzati dal concreto, dal ricono-
scimento di un'impotenza conoscitiva, in un organigramma mai
provvidenziale. Bisogna dire che Montaigne non aveva alcuna pro-
pensione storiografica, non per un qualsiasi rifugiarsi nell'ideale bensì
per l'annoso insulto del reale, - e se ne può dedurre quanta strada sia
stata percorsa, — verso la luce ο l'ombra non si sa - fino alle ma- Avantage à Montaigne
gnifiche sorti progressive.
Una parola ovvero un'idea permette talvolta di meglio intendere Il est amusant que la notion d'avantage n'ait pas retenu l'attention
una complessa problematica. La Postilla cosi considerata sembra de ceux qui s'intéressaient à la Fortune et au hasard dans la pensée de
consolidare meglio (o è impressione soggettiva?) il materiale degli l'auteur des Essais, ou qui analysaient son goût pour r"occupation
Essais. La Postilla va pura colta nella metafora di un percorso fino militaire"!. Voilà pourtant, de Froissart à Alexandre Dumas, sans
all'orlo della cateratta che disgiunge l'essere dalla sua mancanza. Certa oublier notre presse quotidienne et nos jeux, l'une de ces notions
durezza metodica, in Montaigne, se è un dato di fatto, enuncia nel souterraines qui touchent autant au comportement qu'à la pensée
contempo la difficoltà esistenziale. rationnelle, et qui survivent d'autant mieux qu'elles ont travaillé avec
D'altronde i tempi che correvano restano come sfondo. La Postilla l'inconscient et le grand nombre, plus qu'avec la raison et l'élite
non fu iscritta in acque nitide e tranquille, ma così profonde che i intellectuelle. Assurément, son registre et ses implications militaires,
fondi erano persi. ainsi que ses relations avec le jeu, ont été parfaitement sensibles aux
contemporains de Montaigne - et à lui-même-. L'analyse permettra
Gianni NICOLETTI peut-être de comprendre davantage (si j'ose dire...) et de l'intérieur, la
manière dont la pensée de Montaigne reste attachée à des compor-
tements militaires, mieux que ne le font ses propres récits et ses
déclarations d'allégeance à ces idéaux, déclarations toujours suspectées
de complaisance ou d'ironie par la critique moderne. Elle permettra
NOTE
aussi, sans doute, de retrouver avec une relative précision le modèle
(1) Cfr. C. BLÜM, Ecriture et Système de Pensée; 1580: l'Histoire dans les "Essais", in du jeu auquel s'affronte sa longue réflexion sur les échanges verbaux.
Montaigne et les Essais, Paris-Genève, Champion-SIatkine 1983, p. 4. L'avantage est en effet le moyen par lequel la réflexion pratique
accepte l'existence des inégalités naturelles, les affronte pour les
aménager et les oi^aniser, ou tenter de les détourner et subvertir.
Autre point: lié profondément au XVI® siècle à la vie du corps
et à ses activités, l'avantage a toutes les raisons de paraître sans
254 id. M. Fontaine AvaniVe « Montaigne 255

importance, et d'en avoir d'autant plus d'effet. Toute réflexion sur duction par pericolo chez NaseUi); à plus forte raison que celles de
l'avantage porte sur les donnés originels et sur la mise en place de ce disparité où à'inégalité, même si ce dernier terme figure dans le titre
qui précède l'action, car le terme désigne toujours un objet ou un fait d'un chapitre (I, 42 De Vinequalité qui est entre nous), ou plus ou
qui, d'avance, assure une supériorité à celui qui le possède ou s'ar- moins ouvertement dans l'ensemble d'un autre (III, 7, De l'incom-
range pour en profiter. Du fait que cette supériorité n'est pas due à modité de la grandeur). En tout cas, dans l'environnement "ce TOt
votre mérite, mais à votre naissance (les avantages du prince, les de fortune", comme dit Montaigne en se référant à la censure du
avantages de la beauté, de ia torce, de l'adresse, etc.), ou à des Sacro Pallazzo*^, l'avantage joue toujours dans le texte avec le hasard,
circonstances fortuites (les avantages du temps, du site, du vent, du l'inégalité, la disparité, et de façon générale évidemment — avec
nombre, etc.), tout l'effort porte sur leur détermination, leur con- tout ce qui désigne les rapports de force dans un destin humain. Il
trôle, ou — mieux encore, et dans toute la mesure du possible leur apparaît clairement dans ce relevé que l'emploi du terme d'avantage
reproducrion. Mais, dans les faits, on ne peut que biaiser avec le est très largement militaire, soit directement, soit métaphoriquement,
hasard, et cela par tous les moyens, y compris par les conduites et notamment, dans ce dernier cas, lorsque Montaigne aborde les
superstitieuses qut Montaigne n'oublie jamais d'analyser avec un conditions de la parole dans une société donnée il. 10. Du parler
humour un peu tendu lorsque, par elles, les princes et k's puissiints prompt et tardif), ou les échanges de VArt de conferer (III, 8).
tentent de poursuivre leur avantage, ou qu'il les reconnaît chez 11 est tout à tau remarquable que la notion est le plus largement
Il ιΓοί pa^ quoslioti de rolcv^'r κι les Iniits do siiporstition représentée dans le premier jet de sa pensée: le texte A pour les
qui le concernent2. Mais pour les avantages cultivés superstitieusement deux premiers livres, Β pour le troisième. Les additions font in-
par les chefs de guerre, notamment lorsqu'ils accordent un pouvoir tervenir l'avantage, non pour des corrections rapides, mais Ursque
posthume aux corps des grands capitaines, rappelons le petit cata- Montaigne introduit massivement une réflexion nouvelle, comn'e en
logue que Montaigne en dresse très tôt et qu'il enrichit au fil des il. 27 ÎB. pp. 696-697) où il s'agit, comme on le verra, da is un
ans (I, 3, pp. 17-18 A et B): Nicias, au contraire d'Agésilas, perdit chapitre initialement voué à la Couardise mère de la cruauté, de
ainsi l'avantage; dans les cas de Bartolomeo d'Alviano, d'Edouard développer en 1588 l'ensemble de sa pensée sur le duel: l'addition
d'Angleterre, de Jean Zischa et de "certains Indiens' ou "d'autres joue alors le role de i'improvisation et du premier jet.
peuples de ce monde", les ossements sont "traîn[és...] pour servir de L'avantage est donc une des strates de sa pensée: non chrono-
bonne fortune et d'encouragement"; Edouard d'Angleterre (cela logique, mais géologique; l'une de ces bases dont il part toujours, sans
doit venir de Froissart) a expérimenté "combien sa présence donnoit la contester - ou bien peu par la suite. On aurait d'ailleurs souvent
d'avantage à ses affaires". Montaigne accumule beaucoup d'autres intérêt à réfléchir sur Montaigne ainsi: non dans les termes d'une
exemples de ce type dans les Essais, et l'on peut rapprocher ces évolution, mais dans ceux d'une structuration obligatoire à partir de
comportements des superstitions qu'il concède à ses interlocuteurs quelques points de départ simples dont il ne sait se passer, à quelque
angoissés de perdre l'avantage, dans VArt de conferer (III, 8, date que ce soit. De là vient aussi, sans doute, qu'il ne perd jamais
923 Β). son fil.
Entrer ainsi en matière par les superstitions nous fera accuser Son affrontement à la pensée de l'inégahté originelle supporte
de prendre notre "argument sur une mouche", mais les mouches de peu de corrections à la notion d'avantage. Seuls deux emplois du
Montaigne, on le sait, sont de quelque conséquence: le relevé, chez terme disparaissent en C (et non en B...) de l'état initial de 1580, à
lui, des emplois du terme et de ses dérivés - avantageux, avantageuse- l'intérieur du même chapitre De la presumption (II, 17): "Le juge-
ment, s'avantager, désavantage, désavantageux^ - nous révèle bru- ment doit tout par tout maintenir son avantage" devient sigr·'']-
talement que les occurrences en sont plus fréquentes que celles de cativement "maintenir son droit", légitimant ainsi plus prudemment
hasard et de ses dérivés (qui, d'ailleurs, se situent toujours, eux aussi, une confiance initiale trop grande, et. accessoirement, séparant ces
dans le domaine du risque physique, comme l'indique bien la tra- deux notions de jugement et d'avantage, assez étrangères l'une à
256 Λί. M. Fontaine Avantage à Mont<ügne 257

l'autre. De même, plus loin, cette remarque si importante pour nous, tages que pouvait procurer le recours à un stock d'expériences
"c'est à l'aventure que j'ay plus d'avantage à parler qu'à escrire", pratiques et de réflexions théoriques aussi complet et varié que
demeurera après 1580 une réflexion sur sa "forme naturelle", mais possible
plus complaisante à la puissance qu'à l'origine fortuite de ses dons
lorsqu'il la modifiera ainsi: '"Je puis plus à parler qu'à escrire"«. Ces Alors que la notion n'existait ni en latin, ni en grec, où l'on se
corrections minuscules ne manquent en tout cas pas de sens. contentait de réfléchir sur la supériorité tactique et stratégique^, sans
On ne montrera pas comment Montaigne respecte la notion, avoir de terme pour sa mise en place initiale, le mot avantage ne pose
souvent pour mieux tenter de la subvertir - comme le fera derrière aucun problème aux traducteurs européens du XVή siècle. Tout
lui Pascal - . On se contentera d'exposer comment elle ne parvient à naturellement, Naselli et Canini, en traduisant Montaigne, écrivent
lui que par les pratiques, et à travers trois types de textes bien avanfaggio ou vantaggio, et Naselli ne fait disparaître le terme que
distincts qui la pensent et la formalisent au XVI® siècle, textes dans un cas sans conséquences ; Florio reproduit lui aussi invariable-
auxquels Montaigne rattache lucidement et ouvertement sa démarche: ment advantage. Π y a de bonnes raisons à cette fidélité: si l'étymo-
les traités d'art militaire (qu'ils soient le fait de capitaines véritables logie proprement dite n'est pas très mystérieuse en français®, les
ou de savants à leur service), les traités sur le duel O'uridiques, mili- philologues nous assurent qu'en italien comme en anglais, le terme
taires, philosophiques ou mondains) et enfin, moins apparents mais vient du français. Ce ne serait pas la première fois que les Italiens
tout aussi réels, les textes sur la pratique du jeu de paume (à partir produiraient à la fin du Moyen Age et au cours du XVI® siècle les
des textes pédagogiques et du traité que Scaino dédie en 1555 à textes théoriques qui formalisent des pratiques en grande partie
Alphonse d'Esté). étrangères, lorsqu'elles sont parvenues sur leur sol: la très grande
C'est là aussi qu'intervient l'Italie dans la pensée de Montaigne. majorité des traités concernant les sujets cités est en effet italienne.

La notion d'avantage est, au même titre que le duel dont elle Or les Essais montrent une totale maîtrise dans les domaines
participe, l'une des nombreuses inventions du Moyen Age; elle de la réflexion militaire, quelles que soient les dates de rédaction
appartient au comportement des armées, et trouve sa codification des passages concernés. Beaucoup de preuves en ont déjà été don-
dans la trattistique militaire et juridique médiévale, mais elle persiste néesio, mais je voudrais en indiquer d'autres, reclasser certains faits
simultanément avec plus d'ambiguïté dans les conduites prudentes et qui me semblent plus significatifs, et montrer le rôle qu'ont peut-être
superstitieuses des soldats et de leurs chefs, affrontés aux hasards des joué ici des textes italiens que Montaigne a sans doute été amené à
guerres et des duels au sein de l'armée. Contre l'idée reçue d'un connaître. D apparaît en effet que sa curiosité pour les questions
Moyen Age dont l'art de la guerre aurait été très imparfait et primitif, militaires est ancienne, permanente, voire obstinée. Elle se manifeste
Philippe Contamine rappelle justement que dans des entretiens qu'il a lui-même provoqués dès sa jeunesse; elle
est corroborée par les intérêts de La Boëtie, par les goûts de son père
divers travaux récents ont montré que la réalité était plus et de ses frères, enfin par ce que lui apprit le voyage en Italie.
compliquée et qu'il n'était pas impossible: 1° de repérer quel- Il faut certainement faire remonter cette curiosité précise pour
ques principes très généraux de la tactique médiévale; les comportements guerriers et la stratégie au moins jusqu'à l'obscure
d'observer des camp^nes dont le déroulement implique une période (essentiellement parisienne?) de 1552-1556 étudiée par Roger
certaine idée directrice, autrement dit une stratégie; 3° d'in- Trinquet et Géralde Nakam, et situer peut-être vers ces dates, ou dès
ventorier une gamme assez large de solutions et de procédés Toulouse sinon vers 1561, les entretiens dans lesquels il provoque
utilisés, en fonction des circonstances, lors des batailles rangées; sciemment Adrien Tumébe sur le sujet des guerres, s'étonnant de la
4° d'admettre qu'au niveau des attitudes mentales les gens de
compétence du grand philologue, et prouvant par là-même qu'il était
guerre du Moyen Age avaient une claire conscience des avan-
alors apte à en jugerai :
258 M. M- Fontaine A vantage à Montaigne 259

Je Tay souvent à mon esciant jette en propos eslongnez de son tenti. Lui era in termine di far un libro di questo suggetto.
usage; il y voyoit si der, d'une apprehension si prompte, d'un Quanto al fatto di guerra, spregia assai l'artiglieria: e in questo
jugement si sain, qu'il sembloit qu'il n'eut jamais faict autre mi piacque molto. Loda il libro della guerra di Machiavelli, e
mestier que la guerre et affaires d'Estat. (1, 25, 139 A) segue le sue opinioni. Dice, che di questa sorte d'uomini che
provvedono al fortificare, il più eccelente che sia, si trova
Ce type de discussion a dû se prolonger avec La Boëtie, étant adesso in Firenze al servizio del granduca Serenissimo .
donné l'iinportance que prend Xénophon pour les deux écrivains.
En tout cas, le point de départ de Tessai De la punition de la couar- Les remarques sur Tescrime et ses exercices "non seulement
dise (I, 16, 70 A), que Naselli place à juste titre dans les discorsi inutiles, mais contraires plutost et dommageables à l'usage du combat
militari à la fin de sa traduction, consiste en propos de table échangés militaire" sont d'ailleurs poursuivies par Montaigne lui-même en 1588,
chez "un Prince et tresgrand Capitaine" (on peut penser à Guise ou comme s'il voulait écrire dans l'essai de la Couardise mère de la
Montmorency): on traite devant Montaigne du cas du Seigneur de cruauté^^ l'ouvrage projeté par son hôte florentin.
Vervins, condamné à mort en 1544 pour s'être rendu et n'avoir pas Un autre entretien, dont on ne sait s'il se situe en France ou en
su résister à sa "lascheté de cœur": Montaigne approuve alors la Italie, puisqu'il apparaît dans l'édition posthume φ€ la cruauté II,
clémence qu'aurait préférée ce "grand capitaine". La présence de 11, p. 426 C) le met en présence, sur le sujet des guerres, d'un seigneur
Montaigne dans ce genre de repas et de débat n'est certainement italien. "Au desavantage de sa nation", l'Italien oppose les tempé-
pas rare, mais le fait qu'il le rapporte, qu'il en fait le motif d'un petit raments respectifs des Italiens, des Espagnols, des Français, des
essai, prouve assez la permanence de sa réflexion sur ces sujets, et Allemands et des Suisses devant le danger - considérations tradition-
surtout le lien qu'il établit entre la rédaction des Essais et cette nelles chez les condottieres, et que reprend Machiavel.
finalité. A ces quelques entretiens disséminés sur plusieurs années, qui
Dans une scène qu'il faut situer beaucoup plus tard, le Journal ne peuvent avoir existé sans beaucoup d'autres et sans que Montaigne
de voyage rapporte les propos tenus sur les armes par Silvio Picco- se soit fait une réputation sur ces questions, il faut ajouter sans doute
lomini, quand Montaigne le rencontre à Florence, en juin 1581, l'influence qu'ont dû avoir la pensée et le travail de La Boëtie sur
La précision et la longueur du compte-rendu, faisant suite à l'éloge du l'inégalité et l'avantage, non tant dans le Discours de la servitude
maître d'armes de Cosme de Médicis lors du premier passage dans volontaire que dans ses poèmes et sa traduction de Xénophon. L'essai
cette ville, laissent supposer que Montaigne a voulu mener l'entretien I, Du parler prompt ou tardif^*, qui analyse les "avantages"
très loin et qu'il avait peut-être souhaité et organisé cette invitation: de l'improvisation sur la préparation (le mot apparaît à trois reprises
dans ce texte bref et essentiel aux développements ultérieurs de VArt
s de conferer), et qui établit ce que l'improvisation doit aux "occasions
D lunedi fui a desinare in casa del signor Silvio Piccolomini
molto conosciuto per la sua virtù, et in particolare per la estrangeres, présentes et fortuites", est manifestement provoqué par le
scienzia della scherma. Ci furono messi innanzi molti discorsi, vers de La Boëtie cité en exergue,
essendoci buona comp^nia d'altri gentiluomini. Dispregia lui
del tutto l'arte di scherniate delli maestri italiani, del Veneziano One ne furent à tous, toutes graces données,
di Bologna, Patinostraro e altri. Et in questo loda solamente un
suo criado ch'è a Brescia, dove insegna a certi gentiluomini t qui clôt un sonnet des Vers François publiés en 1571 par Montaigne.
questa arte. Dice, che non ci è regola, né arte in l'insegnare La Boëtie y louait les qualités de sa dame, et notamment sa parole,
volgare: e particolarmente accusa l'uso di spinger la spada # et considérait comme un avantage, ou plutôt "une grâce", de pouvoir
innanzi, e metterla in possa del nimico; e poi, la botta passata,
di rifar un altro assalto, e fermarsi; perché dice che questo è del
tutto diverso di quel che si vede per esperienza delli combat- I, les comprendre. D est donc clair que Montaigne rattache la pensée sur
l'avantage à celle de la "grâce", malgré la différence des registres...
260 M. M. Fontaine j^vantaee à Montaigne 261

Mais c'est surtout dans sa traduction de la Mesnagerie de Xé- alors de l'homme d'armes, ces aspects moraux, intellectuels et phy-
nophon que La Boëtie introduit la notion d'avantage, comme le fait siques allaient toujours de pair, et l'on en aurait de nombreux té-
également Amyot dans les passages de Plutarque où il est question de moignages.
stratégie. A un moment où Xénophon compare les différences que Les autres hommes de la famille Montaigne n'ont d'ailleurs
l'on constate entre les laboureurs - qui ne mettent pas un soin et un pas plus froid aux yeux, et partagent avec Pierre Eyquem un véritable
savoir égaux dans leur besogne - à celles qui existent entre les courage physique: le capitaine Saint-Martin meurt d'un coup d'esteuf
généraux, La Boëtie éprouve le besoin de préciser la pensée grecque à la tempe dans une partie de jeu de paume qui n'a pu être que
sur les différences entre individus par l'addition de l'avantage: passionnée20. Quant à Matecolom, l'addition Β de l'essai II, 27
sur le duel est faite pour lui, et montre asssez à quel point il
Les laboureurs estans differens les uns des autres, ils font aussi prend au sérieux son engagement physique lorsqu'il seconde un
leur besogne differente: et non pas pour avoir trouvé l'un ami à Rome dans un combat contre un autre gentilhomme de
plus que l'autre quelque grand secret en ce sçavoir. Et les sa connaissance: Montaigne, qui avait en partie fait le voyage
capitaines mesmes en prou de choses qui sont du devoir d'un d'Italie pour l'installer dans l'apprentissage de rescrime2i, rappelle
chef d'armes l'un est meilleur, et l'autre pire, non pas pour qu'il a dû faire intervenir le roi pour régler cette affaire. Or elle
avoir en cela diverses opinions, mais clairement ce qui donne à a précisément posé la question des avantages dans le duel, auquel
l'un l'avantage, c'est le soing et la diligence: car les choses que
les rois français s'intéressaient de plus en plus depuis le début du
tous les capitaines sçavent bien qu'il faut faire, et plusieurs
mesmes qui ne le firent onques, les uns des chefs le font, et les règne de Henri II. Que Montaigne déplore tous ces faits, l'âge venant,
autres non: comme en cecy tout le monde entend bien qu'il est ne l'empêche pas d'avoir pratiqué tous ces jeux et exercices, en
meilleur quand on passe en terre d'ermemy, de marcher en rane, d'autres temps^î.
et ordonnances [...]. Chacun donc le sait bien, mais les uns le
font ainsi, les autres nonis. L'implication de Montaigne dans la réflexion sur l'avantage
est en tout cas profonde sur le terrain des guerres. Et lorsqu'on
De fait, tout juriste — comme La Boëtie et Montaigne — était à revient vers les Essais à partir de la littérature militaire — bien rare-
même d'utiliser constamment la notion d'avantage, parce qu'elle ment lue, il est vrai —, on n'a aucun doute sur la manière dont il s'y
intervenait dans toute une série de questions, notamment à propos insère et dont elle structure déjà l'appel aux exemples antiques et
d'héritage mais surtout parce que les grands textes juridiques modernes qui lui sont le plus chers, à commencer par son César, sur
l'abordaient longuement à propos du duel. En France, d'autres lequel il note: "C'est le livre qu'un général d'armée devrait con-
juristes, comme Estienne Pasquier, usent volontiers du terme, avant et tinuellement avoir devant les yeux pour patron, comme faisait le
après Montaigne^^. maréchal Strozzi qui le savait quasi par cœur et l'a t r a d u i t " " . Cet
n semble qu'à côté de son intérêt original pour les choses mili- attrait pour les choses militaires avait frappé en 1911 un bon ca-
taires, de l'influence de La Boëtie et de sa formation de juriste, Pierre pitaine d'infanterie, J.F. Revol, qui n'avait certes pas lu la trattistique
Eyquem joue aussi son rôle, non seulement par l'existence de son renaissante, mais qui savait qu'on ne peut aborder, comme Montaigne,
"papier journal" des guerres d'Italie, mais encore par sa vaillance et sa les différents domaines de la stratégie, de la tactique, de la discipline
compétence, croquées en peu de lignes efficaces dans l'admirable et de l'art de commander sans en avoir une bonne connaissance
portrait qui est fait de lui sur le tardas, et qui correspond exactement préalable24, D semble bien que situer le débat dans une opposition
aux principes et aux habitudes des hommes d'armes du début du entre les armes et les lettres (certes traditionnelle alors chez les
siècle: scrupuleux et adroit, galant et guerrier, et n'ayant pas perdu, humanistes, comme l'a confirmé John Supple) risque de nous égarer
à plus de soixante ans, l'habitude de pratiquer les exercices tradi- pour comprendre Montaigne, car c'est de la logique interne à la
tionnels aux soldats des guerres d'Italiei». Dans l'idée qu'on se faisait pensée militaire qu'il faudrait maintenant partir pour tirer du savoir
147
262 M. M. Fontaine Xiientefe à Montaigne

même de la Renaissance les comportements et les règles les plus humaniste à la fois, dans lequel l'avantage est abordé pour la stratégie
représentatifs de l'homme de guerre, et les voir se réfléchir dans la militaire et pour le duel. De son côté, le duc d'Urbino Francesco
pensée des Essais. Maria della Rovere, dont la réputation de brillant homme d'armes a
Dès la fin du XV® siècle, en Espagne, des hommes comme Valera commencé du temps de Castiglione et a traversé tout le siècle, fournit
ont été capables de faire appel de façon prolongée et cohérente encore le prétexte à des entretiens militaires portant essentiellement
aux exemples antiques tirés de Tite Live, de César, de Salluste, sur la stratégie, et notamment sur le calcul des avantages et des désavan-
éteins, mais c'est surtout la trattistique itaHenne, au service des tages, comme l'indique le titre d'une édition ferraraise de 1583:
princes et condottieres, qui Ta fait le plus largement, le plus logique- Discorsi militari dell'eccellentissimo Signor Duca d'Urbino Fr. Maria
ment, et dans le plus grand esprit de compétition, pendant le Quat- II Vecchio. Ne i quali si discorrono molti avantaggi, e disavantaggi,
trocento et toute la Renaissance: pour la famille de Montefeltre della guerra, utilissimi ad ogni soldato.
d'abord avec Valturio; pour les Este, les Gonzague, les Famé se, Mais tous ces auteurs ne sont pas des hommes d'armes, et depuis
Rangone et Frégose ensuite; pour le marquis du Guast, pour Fran- le début de la trattistique militaire italienne interviennent des huma-
cesco della Rovere, pour le duc de Savoie... et pour François I®', puis nistes, voire des philosophes. Ce sera le cas de Francesco Patrizzi,
surtout Henri II. On offre aux princes-capitaines leurs propres prin- qui finira sa vie avec un gros ouvrage dont on ne parle plus jamais,
cipes, leur propre expérience, leur tactique, illustrée à la fois par mais qui était encore cité avec éloge au XVII® siècle: les Paralleli
l'histoire antique et par l'histoire contemporaine italienne. Avant que militari, pesante somme érudite et antiquisante, voisine des efforts de
Montaigne n'en fasse l'usage que l'on sait, ces auteurs exploitent tous Mercurialis, écrite à Venise et publiée en 1594-1595, après \QS Essais
- pour organiser leur pensée autant que pour l'illustrer - Tite Live, par conséquent. Ecrire de l'art militaire était donc devenu une tâche
César, Plutarque, Suétone, Flavius Joséphe, etc., comme Sabellico, particuUèrement noble dans cette fin de siècle.
Guichardin, Bembo, Jove, Varchi, et autres historiens italiens con- Avant Patrizzi, le Florentin Cosimo Bartoli, le traducteur réputé
temporains. Les exemples qu'ils puisent chez ceux-ci leur permettent d'Alberti, d'Oronce Finé et de Boèce, membre de l'Académie floren-
de dégager progressivement leur propre démarche de celle des théori- tine et savant ami de Vasari, après avoir écrit une vie de Frédéric
ciens latins — Végèce, Frontin, Aélian, Modestus, Varron et Juhus Barberousse (1559), publie à Venise, où il sert comme agent de
Africanus —, sans bouleverser en apparence la stratégie antique, mais Cosme de Médicis, un ouvrage considérable, les Discorsi historici
en la complétant en fait par tous les apports de l'armement et de la universali (1569). Malgré l'hostilité manifeste de BartoH à l'égard de
tactique modernes. Ils font intervenir notamment la réflexion sur les la France, Gabriel Chappuis - signe des temps — en traduit en 1586
avantages, considérablement développée par la sophistication des les dix-sept premiers chapitres au moment même de la rédaction des
armes et armures, et par leur modification constante et rapide, au Essais'^T. Cet ouvrage très bavard a beaucoup d'intérêt: sa démarche,
point qu'aucun historien italien soucieux des guerres ne peut se passer assez dialectique, reproduit volontiers le raisonnement du pour et du
de réfléchir sur l'avantage en général, et l'avantage des armes en contre propre aux condottieres, et introduit des modèles de conduite
particulier26. morale nuancés, qui ont un très grand sens du bien de la cité. Se
La récolte de ces textes militaires est si abondante qu'aucune servant de tous les historiens anciens et modernes, et particulièrement
bibliographie n'est actuellement à jour. On peut néanmoins isoler de de Plutarque et de Jove, il peut travailler sur un exemple en le
cette masse considérable d'auteurs, presque tous italiens, et assez reprenant plusieurs fois, un peu comme dans un plan d'essai. Son art
renommés alors, quelques écrivains militaires qui ont plus longuement militaire a pour sujets, outre la stratégie proprement dite, le bon
fait intervenir l'avantage. Ainsi Giulio Ferretti, de Rimini, qui s'était et le mauvais usage du soupçon, de la magnanimité, du courage, de la
mis au service de l'Espagne après la dévastation da sa ville par les clémence, de la colère, de la peur, de l'envie, de la cruauté, de la
Français, a écrit pour Charles Quint en 1538 un énorme De Antiqua, rapidité..., la manière de saisir les occasions, de calculer les avantages,
Illustrata et Instaurata militia, très catholique, très technique et très etc. Il n'est pas rare que ses sources et ses réflexions puissent être
Τ"
M. M. Fontaine M.M.FontaineAvantage à Montaigne 267
266

rapprochées des Essais: rien ne s'oppose à ce que Montaigne ait lu cet La Popelinière au Vidame de Chartres, Jean de Ferrières
homme, réputé en Italie, et dont le style peut parfois faire penser au
Monseigneur, le mérité de vos Vertus vous dedie ce Discours
sien28.
guerrier. Discours qui ne vous peut aporter qu'un singulier
Un autre ouvrage de grande qualité, augmenté à plusieurs reprises plaisir: veu le mente de Toeuvre et naturel vostre simbolisant au
par son auteur, est traduit dès 1571 par La Popelinière et paraît sujet d'iceluy. L'invention y est gentiment acomodée au temps:
avec u n titre qui est à lui seul un programme, les Imprese, stratagemi ia beauté des exemples qu'anciens que modernes, et les graves
et errori militari de Bernardino Rocca^^: sentences raportées aux mœurs et façons de faire de nos con-
temporains, l'enrichissent de sorte, et luy donnent telle grace,
que les heures desrobées de vos continuelles occupations ne
Des Entreprises et Ruses de guerre: et des fautes qui par fois vous suffiront pour fournir au contentement que la lecture
surviennent es progrez et execution d'icelles: ou le vray pour- vous en promet. Vous y verrez le trafic des armes et conduite
trait d'un parfait general d'armée: tiré de l'italien du sjeur de ^erre si bien représentez, qu'il ne reste que marcher, pour
Bernadin Roque de Plaisance, par le Sr de la Popelinière, toucher le but des beaux et asseurez desseins de cet Italien.
Lancelot du Voesin. Ici sont donnez les moyens de bien faire la Mais sur toutes les actions gentilles qu'on y peut remarquer, la
Guerre: soit pour façonner les soldats à la devotion du chef, Vertu et Fortune font evidentes preuves de leur puissance
pour assieger ou defendre une place, pour regier, conduire, et merveilleuse. Vous ne doutez de ceste cy: veu qu'elle ne se fait
faire camper une Armée: soit pour emporter Vavantage tant cognoistre en chose de ce monde si variable et inconstante
es escarmousches, surprises, rencontres, que batailles assignées. qu'au maniement des Armes, soyent publiques, soyent par-
Le tout enrichi de si graves sentences et notables exemples ticulières. C'est pourquoi ce bon Romain disoit: quelque avan-
anciens et modernes, que le discours n'en peut estre moins tage que nous moyenne la Vertu du soldat, le bon sit, la bonne
profitable que plaisant à celuy qui en fera la lecture campe, le secours de nos confederez, l'armée navale, l'équipage
et suffisantes provisions à toute l'armée, cette aveugle femme
neantmoins, commande à tout et s'approprie les plus beaux de
On voit que Rocca, relu par La Popelinière, a les mêmes finalités nos actes guerriers.
que Bartoli, mais son ouvrage est plus curieux: technique, savant
La vertu se fait signaler es commencements et progrez de noz
et littéraire à la fois. Mettant en scène des personnages imaginaires -
entreprises: quand nous les initions avec si juste occasion:
Pandolfe l'Italien (une sorte de condensé de Gonzalvo de Cordone, du ou (si quelque occurence nous fait entraverser le droit chemin
marquis de Pescaire et du marquis du Guast, voire de Francesco Maria de Vertu) les asseurant en sorte par moyens et expediens, que
della Rovere) et Georges l'Allemand - , il narre dans chaque chapitre la fin n'en peut estre qu'heureuse. Surtout elle s'esgaie de
un cas fictif, une "entreprise", présentée comme un cas réel con- contr'ester au malheur, l'envie et disgrace duquel est en fin
temporain et comparée aux exemples antiques. Dans le commentaire surmonté par la constance de l'homme vertueux.
qui fait suite à chaque "entreprise", il analyse "les fautes", juge la
tactique du passage et ses erreurs. L'ouvrage est vif et précis, et crée La Popelinière à la noblesse de France
une sorte de romanesque militaire. La notion d'avantage y figure
constamment dans les sous-titres et les sommaires, expliquant souvent ... Vous qui retournez en France triomphants des coups ou
l'ensemble d'une "entreprise". Le traducteur en a été tout à fait despouilles de l'Espagnol, n'avez engraissé les Cimetières d'Italie
de vos pauvres coφs. Vous aussi qui pour vostre foible jeunesse
conscient et dédie successivement au Vidame de Chartres et à la
n'avez eu l'heur de faire en Piémont et Lombardie vostre
Noblesse de France deux préfaces qui méritent d'être citées large-
apprentissage d'armes: si vous desirez sçavoir quelles ont esté les
ment, tant elles annoncent à cette date (1571), la pensée de Mon- attaques, Surprises, Escarmouche, Rencontres, Batailles, Sièges,
taigne jusque dans son vocabulaire: et Deffences de Ville, Passage d'armes: Prinses de places et tant
266 M. M. Fontaine Avantage à Montaigne 267

de notables Ruses que vous ou vos Parens et amis ont pratiqué dans le Bas-Poitou, mais appartenaient aux camps opposés. A-t-il
en Italie depuis le Roy Lois onze, Charles, Lois, François et pu lire cette traduction, le premier travail imprimé de ce gentilhom-
Henry Treschrestiens Monarques de France, jusques à la Paix et me, originaire de Guyenne comme lui? Rien ne s'y oppose.
Alliance qui fut faite entre les Majestez Treschrestienne et
Reste le plus important: à cette date, en France, on voit se
Catholique sous les Sieurs de Bourbon, Lautrec, Amiral Bon-
nivet. Marquis de Saluces, Comte de Saint Pol, Amiral Chabot. développer toute une littérature militaire de très grande qualité,
Montmorency, d'Annebaut, Du Bellay, Prince de Melphe, qui commence par la connaissance et la traduction des textes techni-
Brissac, etc. contre Propere Colonne, Charles de Launay, Mar- ques italiens, eux-mêmes marqués par une lecture intensive des
quis de Pescaire, Francisque Sforce, Antoine de Leve, Marquis historiens antiques et contemporains. Si Ferretti, Della Rovere, Rocca
du Guast, et autres pour l'Empereur, ce discours ne vous ou La Popelinière, pour ne citer qu'eux, étaient des hommes d'armes,
promet autre chose et vous les représente si au vif (hors les ce n'étaient le cas ni de Bartoli, ni — certes! — de Patrizzi. On a donc
noms qu'on a voulu taire pour certaines occasions) que ceux bien évidemment affaire à une mode, issue lentement, et même avec
qui y ont sué sang et eau n'y trouveront que redire: et se retard, de la combinaison entre l'humanisme et la réalité des guerres
persuaderont aisement rajeunir en ceste autrefois tant remar- d'Italie, ce que dit bien La Popelinière, et que prouve l'exemple
quable Escole d'armes d'Italie, en laquelle ces braves Lieutenans combiné de Montaigne et de son père. Cette mode ne se répand
Généraux pour les Majestez Françoise et Imperialle vous font
vraiment en France qu'à partir du moment où la guerre est sur le sol
plusieurs doctes leçons, sous le nom et masque de Pandolfe
d'Auphin, s'il vous plaist les escouter comme ils le meritent. 11 français, c'est-à-dire avec les guerres civiles. Si l'on excepte en effet
y en a d'autres, qui ne sont gueres mieux sensez: lesquels les premières traductions de Michel d'Ambroise, de Gruget et d'An-
donnant l'avantage en la cognoissance de la Discipline militaire toine Chappuis, le traité plus himianiste que technique de Qaude
aux vieilles nations, aux Grecs, mesmement es Romains, se Cottereau (soutenu par Dolet), le texte essentiel de Fourquevaux-
persuadent que la pratique seule du soldat luy pourra moyenner Langey, et quelques manuscrits dédiés à François V dans les années
le tiltre de Chef accomply et vray conducteur d'Armée. De fait, 1540, il faut attendre Sorbin en 1578 ou René de Lucinge en 158831
je voy cette fière ignorance, avoir jusques là gaigné entre nez pour voir s'écrire en France des œuvres originales. A plus d'un titre,
gens d'armes, que la commune opinion porte, qu'un Chef ne se Montaigne se présente donc comme l'un des premiers penseurs fran-
doit enquerir des façons et portemene de ses devanciers. D'au- çais qui imprime sur ces sujets. Sciemment, nous semble-t-il, et
tant que la Guerre, disent üs, se fait à l'œil: le sit du lieu, le peut-^tre en continuant un dessein que se serait fixé sa jeunesse
naturel du pais, et humeur de ceux avec et contre qui vous
parisienne. Comment comprendre en effet autrement cette remarque
combattez: joint la nécessité (en laquelle la Guerre vous en-
fonce à tous propos pour vous faire ouvrir les yeux de l'enten- qui figurait dans les éditions des Essais du vivant de Montaigne?
dement) et mille autres occurrences fournissent assez d'occa-
sions au vif et prévoyant chef de bien faire ses besognes, sans [...] j'ay voulu retirer ce passage de son autheur, ayant pris
mandier le secours de l'Art Romain. Je suis fort marry qu'un autresfois la peine de dire bien amplement, ce que je sçavois
sujet de plus rare étoffé me denie le loisir de bien rembarrer ces sur la comparaison de nos armes, aux armes Romaines: mais ce
grosses testes. Aussi que l'entreprise est de longue haleine, et lopin de mes brouiilars m'ayant esté desrobé avec plusieurs
qui doit estre recherchée de plus loing. J'avois donné com- autres... (II, 9, p. 405, note 11)
mencement à un discours expres à cela, que je vouloy mettre en
queiie de ce livre, si un grave personnage ne m'eust prié de me Que dire de son goût constant pour la physiognomonie non
distraire ailleurs. prognostique, si l'on ne se souvient pas qu'elle participe aussi aux
traités militaires depuis Végèce, dans leur section De militum ele-
Il est difficile de savoir si Montaigne a connu La Popelinière: ctione? Sans vouloir vainement rattacher une fois de plus l'invention
en 1574, ils participaient activement tous deux aux guerres civiles de r"essai" à un genre qui le préfigurerait, les ambitions visibles de
268 M M FontaÌn4 266M.M.FontaineAvantage à Montaigne 267

Montaigne, telles qu'elles ont été lues alors en France et en Italie, le fallu de bien peu que les Essais ne choisissent la première voie, à
relient donc néanmoins aux finalités des préfaces de La Popeiinière et leurs débuts. Qu'on en juge par tel passage de l'essai De l'inconstance
insèrent de fait les Essais... dans la littérature militaire italienne. de nos actions:
Ü n'est pas, bien sûr, question de reprendre ici de ce point de vue
la totalité des Essais, ni le seul livre 1, le plus concerné par ce projet Encore que je sois toujours d'avis de dire du bien le bien,
initial; mais on peut être certain que les réflexions de Montaigne sont et d'interpreter plutost en bonne part les choses qui le peuvent
le résultat d'une longue fréquentation de ces questions, dans les faits estre, si est-ce que l'estrangeté de nostre condition porte que
nous soyons souvent par le vice mesmes poussez à bien faire,
et dans les livres, que nous confirment amplement quelques exemples.
si le bien faire ne se jugeoit par la seule intention. Parquoy
L'essai Si le chef d'une place assiégée doit sortir pour parlementer (1,
un fait courageux ne doit pas condurre un homme vaillant:
5) montre successivement le désavantage et l'avantage de sortir pour celui qui le seroit bien à point, il le seroit tousjours, et à toutes
parlementer, exactement comme le faisait Cosimo Bar toll en énonçant occasions. Si c'estoit une habitude de vertu, et non une saillie,
le pour et le contre d'une même tactique, ou Rocca en analysant les elle rendroit un homme pareillement résolu à tous accidens, tel
profits et les erreurs d'une seule "entreprise"32. Montaigne fait état seul qu'en compaignie, tel en camp clos qu'en une bataille:
de deux sources différentes pour le même cas - celui de Guido car, quoy qu'on die, il n'y a pas autre vaillance sur le pavé et
Rangone - : ses chers Du Bellay, et Guichardin. Mais quel goût pour autre en camp. (II, 1, p. 336 A)
les études de cas et quelles précautions suppose cette simple com-
paraison entre deux sources, l'une italienne, l'autre française^s ! Ou encore:
Montaigne est d'ailleurs loin d'adopter ici une position morale et il se
montre soucieux de respecter exclusivement les règles de la guerre Et s'il ne l'estoit [d'amoindrir la douleur par la patience],
("Quant à nous, moins superstitieux, qui tenons celuy à l'honneur de qui auroit mis en credit parmy nous la vertu, la vaillance, la
la guerre, qui en a le profit..."), rappelant aussitôt que cette "reigle force, la magnanimité et la resolution? [...] S'il ne faut coucher
est dans la bouche de tous les hommes de guerre de nostre temps". sur la dure, soustenir armé de toutes pieces la chaleur du midy,
se paistre d'un chevai et d'un asne, se voir detailier en pieces, et
Sans doute sait-il bien que la justification de la déloyauté n'est pas
arracher une balle d'entre les os, se souffrir recoudre, cauterizer
une invention de Machiavel, mais une "ruse de guerre" - selon le et sonder, par où s'acquerra Vavantage que nous voulons avoir
mot de La Popeiinière traduisant stratagemi - constante chez les sur le vulgaire? [...] Et à cette cause il a esté impossible de
condottieres de la fin du XV® siècle ou dans les Chroniques de persuader à nos peres que les conquestes par vive force, au
Froissart. Plus tard, dans l'essai De l'utile et de l'honneste (III, 1, p. hazard de la guerre, ne fussent plus avantageuses, que celles
797 B, mais voir encore II, 34, p. 737 A), une trahison peut encore qu'on faict en toute seurté par pratiques et menées. (I, 14, p.
devenir avantageuse, et l'on multiplierait facilement ce type d'exem- 56-57 A)
ples. Vices et vertus sont souvent traités par Montaigne, notamment
dans les titres, avec les mêmes principes que par la trattistique mili- Beaucoup de notions, comme l'avantage, restent bien militaires
taire, même si l'imbrication des exemples antiques (tirés de Plutarque, chez lui dans leurs fondements-mêmes et sont ainsi lues par une
de César ou d'autres) et modernes a pu paraître, à tort, l'en éloi- bonne part de ses contemporains. "Quelle escole de guerre et d'estât
gner: ainsi de la "constance", de la "gloire", de r"honneur", de la est-ce que ce livre?", s'écrie M®'^ de Gournay dans la préface de
"vertu", du "courage", de la "magnanimité", etc., et de leurs con- l'édition de 1595.
traires "couardise", "peur", "colère" ou "cruauté". Où se situe On trouvera donc tout naturel que Naselli donne à sa traduction
exactement la marge entre un ouvrage militaire qui les a pour objet, partielle des Essais, en 1590, le titre de Discorsi morali, politici,
et un ouvrage "moral" qui reprend à son compte la pratique militaire, e militari, qu'il n'oublie pas de signaler que l'auteur est chevalier de
sinon dans la seule manière définitive d'écrire? Il s'en est souvent l'ordre de Saint Michel, ordre militaire par excellence (accordé à
270 M. M. Fontaine jivantage à Montaigne 271

Andrea Dona, à Francesco Gonzague ou à Francesco Maria Della breuse^"^. Or - curiosité amusante - Gracian finit précisément son
Rovere, chers aux mémoires italiennes), et qu'il le précise à nouveau livre du Héros, en 1630, par ce personnage qui ouvrait Essais. La
quand le texte de Montaigne reste ambigus^. Les entretiens avec Della pensée de Gracian ne nous apparaît que comme le raidissement
Rovere s'intitulaient Discorsi militari en 1583, Bartoli parlait de et l'appauvrissement cynique, flagorneur et superstitieux, non seule-
Discorsi historici universali. Rocca a préféré en 1582 Discorsi di ment de celle de Montaigne (auquel pense à juste titre le traducteur
guerra à ses Imprese. Quant à la traduction de Naselli, elle a, comme français du XVIII® siècle), mais encore de tous les traités de la
on sait, d'autant mieux justifié le titre de discorsi militari qu'elle Renaissance sur le sujet: les rapports que Gracian établit entre l'avan-
regroupait en fin de volume des essais d'inspiration militaire (II, 34, tage - présent dans plusieurs titres - , la fortune et le jeu, dans la
et I, 5 et 6, 15 et 16). Pour les discorsi politici, on restait dans la fabrication du héros mi-roi, mi-capitaine, doivent tout à la Renais-
longue tradition introduite en Italie par Egidio Colonna et son traité sance, sauf l'esprit de vaillance qui inspirait Montaigne et ses modèles.
Du Prince, qui avait inauguré à la fois les traités médiévaux de péda- La réflexion sur l'avantage y subit en tout cas une évolution com-
gogie princiêre et les traités militaires en reprenant très largement parable à celle que l'on vérifiera chez Pascal: un calcul de plus en
Végèce. En fait, Naselli avait classé comme "politiques" des essais plus précis des chances. Gracian fait de l'existence un jeu où le
qui auraient aussi bien pu prendre place dans des ouvrages "mili- maximum de règles peut contrôler le maximum d'événements pos-
taires", y compris par leurs titres, et le plus souvent en entier, comme sibles. Montaigne avait trop de prudence, d'humour et de chaleur
les essais 1, 3, H . 12, 14, 18, 44, 45 du livre I, dans leur état de pour décider aussi brutalement des avantages de la fortune; et puis,
1580. Il aurait pu y insérer aussi les essais 24, 41 et 48 du même livre, comme son siècle, il appréciait davantage, dans le destin des grands
qu'il n'a pas traduits. Mais, malgré la recomposition un peu indé- capitaines, la valeur que la réussite. Mais sa pensée, attirée comme
cise de son recueil, Naselli nous force à lire les Essais du point de vue celle de tous les hommes d'armes par l'apprentissage du hasard, est
de la littérature militaire et politique italienne, et ils s'y prêtent! D bien à l'origine de celle de Graciants.
dédiait en outre ce travail au membre de l'une des familles les mieux
dotées en dédicaces de traités militaires, et une famille politiquement Ces quelques jalons nous permettent de saisir, dans la pensée
proche de la France: les Estess, de Montaigne sur l'avantage, la trace profonde de son attachement
Situer ainsi les Essais dans la littérature militaire n'était donc pas aux préoccupations et aux finalités militaires. NaselU, Florio ou
un contresens, et c'était, de surcroît, observer la hiérarchie que Gracian ne sont que des preuves annexes et secondaires en com-
Montaigne instaure en 1580 entre les "plus notables hommes" en paraison du célèbre éloge de r"occupation militaire", ou des deux
plaçant en tête les capitaines: le duc de Guise et Piero Strozzi, propositions bien connues et pas trop éloignées, sinon dans le temps,
auxquels il adjoint plus tard avec lyrisme le duc d'Albe, Mont- d'un seul syllogisme dont la conclusion est simple et souvent répétée
morency et La Noue^ô. L'on ne peut oublier que la première page dans les Essais: 1. "Quant aux entreprises militaires, chacun void
des Essais s'ouvre sur les exemples d'Edouard d'Angleterre, cher à comment la fortune y a bonne part" (I. 24. p. 127, A). 2. "Rien de
Froissart, et du condottiere albanais Castriota Scanderberg (bien noble ne se faict sans hazard" (ibid., p. 129 C).
connu des historiens italiens des guerres du Quattrocento, et notam-
ment de Sabellico), dans un chapitre tout dévoué aux considérations Mais on sera peut-être plus surpris de voir Montaigne faire auto-
sur les chefs d'armées - les futurs "héros" de Baltazar Gracian - . La rité en matière de duel, comme il apparaît chez deux bibliogra-
liste des capitaines cités par Montaigne serait impressionnante, mais il phes des sciences militaire et cavalleresque, Naudé et Maffei, qui ne
nomme à plusieurs reprises Scanderberg, condottiere exemplaire en connaissaient pas encore BrantômeS'.
vertu, force et vaillance, qui lui revient à l'esprit lorsqu'il songe aux Gabriel Naudé
blessures dont protège, ou ne protège pas, la Fortune, ou lorsqu'il
évoque le calcul sur l'avantage et le désavantage d'une armée nom- Quanquam nondum plane constet apud multos qui singula
quaeque majori prudentia et acumine dijudicant, utrum ad
272 Af. M Fontaine Avantage à Montaigne 273

bellorum usus magis conducat, artem ipsam exercere quae per Auguste ou Frédéric Barberousse notamment) sont en effet, à
tot cursus et recursus; per omnem corporis habitum; per Ion- l'exception de quelques textes espagnols, écrits par des juristes italiens
gam, et disparem oculorum manumque fallaciam. hominum du Nord ou de Naples: Baldo à Pérouse, Bartolo de Sassoferato, Giovan-
robur atque constantiam frangit; quam si nativae fortitudini, et ni de Legnano à Bologne, Paris de Pouzzoles à Naples, etc. Quant au
industriae totum discrynen permitteretur, ut fieri debere cen- XVI® siècle, on voit pulluler en Italie des textes de nature très différen-
suerunt Plato in Lachete, et homo multum apud nos acrioris te, très contradictoires selon qu'ils sont écrits par des capitaines, des
judicii laude commendatus Michael de Montagnes^, quorum ea niaitres d'armes, des juristes, des théologiens, des humanistes ou des
mens est, quod veluti dedita opera nullus unquam eorum qui
"philosophes". Hn France, comme nous l'avons dit, et si l'on excepte
similibus se in ludis exercent illustris admodum in bello evaserit;
les traductions, presque rien: même si les gentilhommes français
quasi umbratilis ista pugna metus, ac periculi secura, verae
officerei; diffîcilisque transitus esset ex nullo in proximum se sont battus en duel pendant les guerres d'Italie sur le sol i t a l i e n ^ s
mortis pericuîum; maxime in hominibus plerumque timidis, et - où ils allaient, d'ailleurs, apprendre l'^escrime italienne" — le
minus animo quam huic industriae pugnandi confisis... (suit une développement des duels est plus tardif, puisque Henri II, après
allusion au duel de Corbis et Orsua) ... François I®', les repousse hors de sa juridiction, tout en essayant,
... Non desini infiniti alii, qui ex occasione tractandi de variis avec beaucoup de soin, d'y appliquer les règles des juristes huma-
rebus, eandem quoque veluti per transennam attigerint, ut nistes. Le texte de Montaigne nous confirme surtout que les pratiques
Canonerius, Michael Montanus, et caeteri qui jam antea à me étaient différentes dans les deux pays, et ce n'est pas le moindre
enumerati sunt. (pp. 209 et 539) intérêt de cet essai, qu'il faut analyser de plus près.
En 1580, l'essai opposait la cruauté et le désir de tuer propres
Scipione Maffei (pp. 200-201): aux "guerres populaires" contemporaines, à la juste vengeance:
celle-ci cherche un châtiment qui obéisse à l'honneur, mais le désir de
...a Michael di Montagna L. 2. c. 174i sembrava nuovo e strano meurtre n'obéit qu'à la peur de voir survivre l'adversaire. L'essai se
di vedere gli Antichi darsi Mentite senza entrare perciò in concluait par la condamnation des tortures (reprise de II, 11, p. 431
querela. Seneca dell'ira scrivendo, introduce oratoriamente il A), qui a encouru la censure du Sacro Pallazzo: "tout ce qui est
suo lettore a dire: è grave soffrir l'Ingiuria; a che rispond'egli
au delà de la mort simple me semble cruauté". L'élément déter-
Tu Mentì, Ub. 3. (pp. 200-201)
minant, en 1580, et qui a provoqué à cet emplacement l'allongeai!
Le chapitre que citent Naudé et Maffei, De la couardise mère de sur le duel, résidait dans l'analyse de la vengeance du temps de "nos
cruauté, raisonne en effet de façon très dense et contemporaine pères": elle avait "quelque degré", elle procédait "par ordre" (p. 694,
sur les duels et sur les avantages. Il semble bien le premier texte 695); on passait de l'injure au démenti, du démenti au coup. Cet
conséquent écrit en France sur cette pratique, beaucoup plus que la ordre même situait la vengeance comme un juste châtiment dans les
lamentation de Sorbin sur le duel des Mignons. De fait, Montaigne a affaires d'honneur; observant les règles, elle procurait le plaisir vif et
été amené à parler du duel pour des raisons techniques et pratiques, légitime de la réparation'*^: un plaisir spectaculaire dans lequel l'in-
non pour des considérations morales générales ou pour plaire au roi. dividu était satisfait sous le regard de la société. Cette pensée est
Cette réflexion est une longue addition de 1588, qui n'a donc pu d'autant plus diffìcile à saisir pour nous qu'elle était déjà en pleine
concerner Naselli. Or, à ce moment, la littérature italienne du sujet mutation au XVI* siècle. Montaigne, en 1580, n'accepte pas de voir
atteignait le délire en quantité et en arguties, et essaimait en tra- l'honneur de "nos pères" déchoir vers la cruauté des lâches dans un
ductions dans tous les pays e u r o p é e n s ^ ^ , Les premiers textes sur le système dont il ne reconnaît plus r"ordre". Sa position va devenir
duei, qui théorisent les pratiques des hommes de guerre et continuent encore plus complexe après 1580, surtout du fait qu'il n'accorde
les règlements des rois et empereurs français ou germaniques (Philippe jamais de valeur à r"adresse" obtenue par exercice et par art, quel
que soit le domaine concerné, et parce que l'honneur reste toujours.
274 M. Jtf. Fontaine Avantaee à Montaigne 275

selon lui, du côté de la valeur, conçue comme initiale et naturelle^s ^ tages et de l'honneur dans la nouvelle situation créée par les seconds
et donc dépendante de la fortune. (696 B): ce n'est pas un avantage (stratégique) de s'en remettre de
L'expérience italienne, les conversation avec Silvio Piccolomini son honneur et de sa vie à une tierce personne, si l'on est assuré à la
à Florence, et surtout le duel romain de son frère, ont dû pousser fois de son propre droit, et de sa vaillance; le second ne peut pas en
Montaigne à lire de nombreux ouvrages spécialisés italiens — s'il ne les effet être supérieur sur ces points à celui qui est concerné au premier
connaissait pas encore —, en particulier pour assurer la défense de son chef. Ce n'est bien sûr pas non plus un avantage (tactique) de devoir
frère à Rome et auprès du roi; ils ont aussi provoqué l'argumentation se battre seul contre deux, voire trois, si le second, voire le tiers, ont
plus serrée qui apparaît dans l'édition de 1588. Il est difficile de été battus. Ce désavantage peut même être considéré comme une
savoir ce que Montaigne avait lu alors: on lisait beaucoup en France mauvaise ruse de guerre — "une supercherie" —, puisqu'il rend le
la traduction des Dialogues d'honneur de Posse vin, qui défendait le combat inégal d'avance'^®. Inversement, ce désavantage injustifié
duel, ou celle du volumineux Duello de Muzio^ qui était lui-même devient réellement un avantage légitime si c'est vous qui l'avez gagné
un ouvrage très conscient des mutations rapides des usages et règle- par votre valeur dans le combat en éliminant seul l'adversaire. On ne
ments. Mais rien n'empêchait Montaigne de connaître d'autres textes peut donc discuter d'avantage, d'égalité ou d'inégalité, qu'en con-
en Italie, et peut-être deux ouvrages remarquables écrits contre le sidération de la situation initiale. Le reste appartient "à la fortune".
duel: les Tre libri., della ingiustizia del Duello que Giovanni Battista Ces combats actuels ne se font plus dans les conditions du duel
Susio avait dédié et offert à Henri 11^7, et le Contra l'Uso del Duello d'honneur de nos pères, mais dans celles de la guerre (ce qui était le
d'Antonio Massa*^, dans lesquels Montaigne pouvait trouver une point de départ du raisonnement de Montaigne, au début de l'ad-
argumentation originale, dans un genre qui ne réservait généralement dition): dans ce cas, "la nature de la société porte [...] que la multi-
pas de si grandes surprises. tude de chaque part n'est considérée que pour un homme seul".
Quoi qu'il en soit, la réflexion de Montaigne, dans les ajouts de 4. Les nouvelles réglementations des duels provoquent la recher-
cet essai, est trop complexe, il envisage en trop grand nombre des che d'un nouveau type d'avantage: celui que l'on s'acquiert, non par
questions trop spécialisées pour qu'on ne suppose pas, à cette date, le courage, mais par la technique, la "science" de l'escrime que l'on
beaucoup de lectures et de discussions. Il aborde successivement les apprend auprès d'un maître (p. 697 B-698 B). Montaigne oppose avec
points suivants: persévérance la valeur à la technique, considérant cette dernière
1. L'évolution de l'ancien "duel" ou "combat singulier" vers la comme un art de la ruse — "un mestier de subtilité" —, une qualité
"bataille" générale: Montaigne considère que l'usage d'introduire des surajoutée, qui ne vous appartient pas, et donc ne vous honore
seconds, des tiers et des quarts est motivé par la lâcheté des duellistes passo. C'est à rapprocher, à tous points de vue, de tel autre passage
qui craignent l'assaut solitaire (695 B). Autrefois, ces tierces person- Des Cannibales
nes n'étaient que des "témoins" nécessaires à l'arbitrage du combat: Assez d'avantages gaignons nous sur nos ennemis, qui sont
"pour tesmoigner" (695 B-696 C). En s'engageant comme elles le avantages empruntez, non pas nostres. C'est la qualité d'un
font maintenant, elles diminuent d'autant l'honneur du duelliste. portefaix, non de la vertu, d'avoir les bras et les jambes plus
Brantôme aura évidemment la même position. roides; c'est une qualité morte et corporelle que la disposition;
2. Mais une fois qu'un règlement est reconnu et adopté, il faut le c'est un coup de la fortune de faire broncher nostre ennemy, et
suivre, si mauvais qu'il soit: le témoin qui, maintenant, ne veut être de luy esblouyr les yeux par la lumière du SoleilSi; c'est un
que spectateur, sans seconder, se déshonore là où, autrefois, il aurait tour d'art et de science, et qui peut tomber en une personne
honoré le duelliste (696 B). En même temps qu'il analyse l'évolution lâche et de néant, d'estre suffisant à l'escrime. L'estimation et
des règlements, Montaigne confirme donc la position qu'il a toujours le prix d'un homme consiste au coeur et en la volonté; c'est là
où gist son vray honneur; la vaillance, c'est la fermeté, non pas
soutenue: quand une règle existe, "il est raison" qu'elle soit suivie.
des jambes et des bras, maw du courage et de l'âme... (I, 31,
3. Montaigne s'attaque alors longuement à la question des avan- p. 211 A)
τ
276 M. M. Fontaine 266M.M.FontaineAvantage à Montaigne 267

5. En outre, l'apprentissage technique du duel nuit à la pratique Tel n'est pas le cas lorsque l'enjeu change de registre et qu'on aban-
guerrière (698 B): c'est l'argumentation déjà développée par Silvio donne le terrain des guerres pour celui de la conversation: l'enjeu de
Piccolomini et relevée par Naudé. la vie pour l'enjeu de la parole — orale ou écrite d'ailleurs, puisque
Montaigne a donc abouti à deux paradoxes: le duel ressemble de l'essai de VArî de conferer, inauguré sur l'échange parlé, se conclut sur
plus en plus stratégiquement à la guerre, mais il lui nuit techni- les livres et le jugement qu'on en a. C'est alors beaucoup plus au jeu
quement et psychologiquement. Par ailleurs, s'il est vrai qu'il faut de paume que la notion d'avantage fait référence, même si les deux
observer les nouvelles réglementations du duel, elles se font cependant précédents registres lui servent encore de métaphore. La situation est
"contre les loix et la justice", en inversant "l'image des combats" de d'autant plus intéressante que le nouveau duel français, dont Mon-
nos pères. C'est précisément à propos du duel que Montaigne s'était taigne déteste les règles, a peut-être beaucoup à voir avec ce jeu dans
déjà préoccupé des "doubles loix", dans l'essai De la coustume et de l'organisation des seconds, et que le système des avantages n'a nulle
ne changer aisement une loy receüe (I, 23, p. 118 A). La différence part une codification aussi précise que dans le duel et la paume
des pratiques entre l'Italie (où l'on ne seconde pas à deux contre un) réunis. Mais les relations entre la paume et le duel sont une autre
et la France (où la règle le stipule) a provoqué, à la faveur du combat affaire...
de son frère, cette longue discussion sur l'avantage et le duel: Plus on avance dans les Essais, plus ils rapprochent l'art de la
parole du jeu de paume, depuis le simple "nous pelotions nos décli-
La courtoisie que vous pouvez et certes devés faire à vostre naisons" (p. 174 A)52, ou le célèbre "les Historiens sont ma droite
ennemy, quand vous l'avez réduit en mauvais termes et à baie" (p. 416 A), jusqu'à des pages entières de VArt de conferer, cher
quelque grand desadvantage, je ne vois pas comment vous la à Pascal, qui ne peuvent se comprendre sans le vocabulaire et les
puissiez faire, quand il va de l'interest d'autruy, où vous n'estes pratiques de la paume 53:
que suivant, où la dispute n'est pas vostre. Il [Matecolom]
ne pouvoir estre ny juste, ny courtois, au hazard de celuy La parole est moitié à celuy qui parle, moitié à celuy qui
auquel il s'estoit preste, (p. 697 B) l'escoute. Cettuy-ci se doit preparer à la recevoir selon le branle
qu'elle prend. Comme entre ceux qui jouent à la paume, celuy
Son frère n'a pas été courtois de se porter en second contre qui soustient se demarche et s'apreste selon qu'il voit remuer
un homme avec lequel il était en bons rapports, et n'a pas été juste, celuy qui luy jette le coup et selon la forme du coup. {De
selon les règlements italiens et selon la raison, d'avantager celui qu'il l'experience III, 13, p. 1088 B)«
secondait par un combat inégal d'avance en forces', mais selon les
abominables règlements français, son frère était juste de se porter au Pour cerner la réflexion sur l'avantage dans un tel contexte,
secours de celui qu'il secondait, puisqu'il n'avait pas le droit de le il faut rappeler quelques éléments essentiels de ce jeu, pratiqué
laisser encourir seul un risque physique, le "hasard" du combat. Tout alors avec passion par toute la société française, depuis le plus petit
l'ensemble du raisonnement est d'une grande subtilité en considé- clerc de notaire jusqu'au roiss. Jeu physique, la paume est aussi un
ration de la trattistique contemporaine sur le duel. jeu d'argent, où l'on parie à la fois le prix de revient de la partie, qui
est coûteuse, et la récompense. Jeu d'argent: jeu de hasard. Π faut
Pourtant, malgré cette subtilité, la pensée de Montaigne sur donc préparer la partie avec beaucoup de soin, pour égaliser d'avance
l'avantage n'a jamais été obscure ni contradictoire dans les deux les chances des deux camps grâce au système des avantages. C'était en
domaines que nous venons d'aborder (l'art militaire et le duel). Et effet, comme le duel, un jeu pratiqué le plus souvent à six joueurs:
aucune autre référence de son texte ne remettrait en cause la simpli- trois dans chaque équipe, comme on le voit dans les textes des
cité fondamentale de cette conception des inégalités originelles, des pédagogues antérieurs à Montaigne. La nature des avantages à accor-
inégalités circonstancielles, et de la manière d'en user dans l'action. der aux joueurs a été longuement décrite dans les traités techniques à
Ύ'
278 M. M. Fontaine
266M.M.FontaineAvantage à Montaigne 267

partir du Trattato del giuoco della Palla que Scaino offre en 1555 à comme le premier texte à l'avoir systématisée. Mais Montaigne ne fut
Alphonse d'Esté, en tenant compte des usages français, qui font pas le premier! Sans doute faut-il y voir la conséquence de l'extrême
grosso modo autorité en Europe. Si l'on analyse de près ce jeu, très attention que les pédagogues y ont apportée dans les deux premiers
élaboré dans ses règles, très technique, et demandant beaucoup de tiers du siècle, imposant d'y parler latin, et provoquant assurément
pratique, de contrôle sur soi et d'adresse, on comprendra vite qu'il ne chez leurs disciples un intérêt accru pour les termes employés, né de
peut pas être facile de décider des a v a n t a g e s s é , que ces décisions l'effort et de la plaisanterie écolière. En 1555, Estienne Pasquier, qui
mettent en cause la connaissance profonde que l'on a préalablement affectionnait ce jeu, lui fait représenter les plaisirs de la parole mon-
du joueur, de son caractère, de ses compétences. On ne s'étonnera daine dans le Monophile^^ :
pas non plus des contestations qui marquent l'arrangement initial des
parties, évoquées par Rabelais et Mellin de Saint-Gelais à la fin du En bonne foi, ma Damoiselle, vous ne devez esconduire ce
Gargantua. Jeu de hasard, jeu d'argent: jeu où l'on enregistre les Gentilhomme, pour vostre honneur, en requeste si favorable,
mises, les points, les dettes. C'est tout le comportement d'une société qui vous est autant qu'à luy avantageuse. Et pour mon regard,
devant le contrôle du hasard qui s'est marqué ici dans son jeu phy- si je pensois ma compagnie vous estre en ceste partie agreable,
sique le plus sophistiqué, en même temps qu'elle pouvait y trouver je foumirois de bien bon cœur d'un tiers, non pour tenir jeu
une école du fair-play, comme nous l'avons soutenu ailleurs. Scaino ou seconder, ains pour naqueter sans plus, ou bien marquer les
ne disait-il pas déjà que le jeu de paume est une école pour les bons propos, que je pense que vous tiendrez premier que vous
capitaines qui y apprennent à disposer leurs armées, à organiser départir.
une bataille, à attaquer, défendre et se retirer à temps? que ce jeu - Je vois bien (respondit Charilée...) que j'auray beaucoup plus
apprend à contrôler l'excitation, l'espoir, la peur, la colère, le sen- à''acquest, vous accorder à tous deux du premier coup ce que
timent de victoire, etc.? qu'il enseigne le courage, la persévérance? desirez, que voulant user de trop longues contestations estre
neantmoins contrainte à la parfin condescendre à vos volontez.
enfin que chaque coup de raquette est comme un coup de la Fortune
Vous serez doncques et l'un et l'autre par moy en cet endroit
et que la promptitude du jeu, sa vivacité, arment le gentilhomme
obéis: non toute-fois quant à vous, seigneur Ghaphire, pour
contre le hasard? naqueter comme vous dites, ains pour m'ayder et deffendre
Il n'est donc pas étonnant que Montaigne fasse appel à lui. encontre le seigneur Philopole, là où il pretendoit joüer ses
Depuis le XV® siècle, le jeu de paume a "moralisé" les âges de la vie, jeux, comme il est bien bon coustumier, etc.
la justice, la religion, les relations sexuelles, la solidarité des buveurs,
et continuera à le faire jusqu'à la fin du XVIII* siècle, après avoir Montaigne et Pasquier appartiennent au même milieu; leur langage
symbolisé encore les échanges amoureux, les relations entre les états, obéit aux mêmes codes, si leur usage peut différer. Certes, dans
voire les échanges économiques: il a toujours fourni, avec le jeu des beaucoup de passages des Essais dans lesquels intervient le terme
échecs, le modèle le plus élaboré et le mieux connu de l'intégration d'avantage à propos de débat de parole, il est parfois difficile de
des activités individuelles à une société réglée. Logiquement, quoique trancher entre le vocabulaire militaire ou le vocabulaire du duel d'une
paradoxalement, et contrairement au jeu d'échecs que les mora- part, et celui du jeu de paume de l'autre. Cette hésitation est d'autant
lisations utilisent plutôt pour exposer le caractère belliqueux des plus justifiée que, dans les textes sur le jeu de paume - dans Scaino
échanges57, le jeu de paume vise généralement à représenter une notamment - , l'amateur du jeu utilise souvent pour le décrire le
solution heureuse des relations individuelles au sein de la société, vocabulaire du duel, de l'escrime, voire, parfois, du dressage du
parce qu'il en marque le contrôle. Quant à la métaphore des échanges cheval, si bien qu'il arrive que le jeu soit plus présent quand il n'est
verbaux, où le jeu de paume a été si exploité que son vocabulaire en pas nommé... En fait, on est en droit de penser au jeu dès que
est demeuré presque exclusivement dans ce domaine en français Montaigne n'engage que la conduite des échanges; quand il est assuré
moderne, elle est si conséquente dans les Essais qu'ils apparaissent de la gratuité relative de ces échanges; quand ils contribuent à calmer
266M.M.FontaineAvantageà Montaigne 267
280 M. M. Fontaine

faut surtout contrôler ses passions.


et contrôler les passions, non à les susciter; quand leur but est d'ex- Si l'on compare les remarques de Montaigne sur ce sujet à celles
périmenter l'autre et soi-même sur un parcours délimité qui prendra des premiers traités sur la paume ou des textes pédagogiques de la
fin lorsqu'on le souhaitera, et non sous l'effet d'une nécessité exté- Renaissance sur ce jeu, on est frappé par les relations qu'ils entre-
rieure. C'est ainsi qu'il examine les "avantages" respectifs des trois tiennent de façon étroite: il y a d'ailleurs chez Montaigne une sorte
commerces, la conversation amicale, l'amour et les livres (III, 3, p. de contraste entre le caractère tendu des propos par lesquels il évoque
827 B). le contrôle des passions dans les débats, et l'atmosphère de jeu dont il
De fait, le premier souci de Montaigne, comme de tout orga- les encadre, en particulier dans l'essai De mesnager sa volonté. Il
nisateur de parties - et de tout pédagogue qui cherche à les contrôler témoigne alors de plus d'impatience dans les jeux et les conversations
- , est de choisir l'interlocuteur afin qu'il soit plus un partenaire que dans les occasions où sa vie et son honneur furent en question:
qu'un adversaire et qu'il ne force pas le jeu. La "contagion" qui se
répand par Je "continuel commerce et fréquentation ... des esprits bas Les débats contestez et opiniastrez qui doneroyent en fin
et maladifs" (p. 923 B) est le terme même par lequel Vivès exprimait avantage à mon adversaire, l'issue qui rendroit honteuse ma
sa crainte des mauvais partenaires. Les plus longues pages de VArt de chaude poursuite, me rongeroit à l'avanture bien cruellement,
conferer tracent le portrait des sots, des impatients, des pédants (p. 1004 B)
injurieux aux avantages ridicules (p. 927 B). Montaigne relève une Considérez, qu'aux actions mesmes qui sont vaines et frivoles,
longue hste (p. 930-932 et 935 B) de ces avantages illusoires que au jeu des eschets, de la paume et semblables, cet engagement
aspre et ardant d'un désir impetueus jette incontinent l'esprit
prodigue la société, mais il rappelle ici, comme ailleurs dans l'essai De
et les membres à l'indiscrétion et au desordre: on s'esblouit,
l'incommodité de la grandeur^9 ^ que ces avantages mêmes se retour-
on s'embanasse soy-mesme. Celuy qui se porte moderéement
nent contre leurs détenteurs. Certes il n'est pas facile de décider des envers le gain et la perte, il est tousjours chez soy; moins il se
avantages avant d'engager la partie, et Montaigne redoute par dessus pique et passionne au jeu, il le conduict d'autant plus avanta-
tout les sots qui peuvent retourner l'avantage en leur faveur: geusement et seurement. (p. 1009 B)
Je veux que Vavantage soit pour nous, mais je ne forcene point
Ne les secondez pas, laisses les aller: ils manieront cette matiere s'il ne l'est, (p. 1013 B)
comme gens qui ont peur de s'eschauder; ils n'osent luy changer J'aymois autresfois les jeux hazardeux des cartes et dets; je
d'assiete et de jour, ny Tenfoncer [...] Or si vous venez à les m'en suis deffaict, il y a long temps, pour cela seulement que,
esclaircir et confirmer, ils vous saisissent et derobent incon- quelque bonne mine que je fisse en ma perte, je ne laissois pas
tinent cet avantage de vostre interpretation, (p. 937 B). d'en avoir au dedans de la piqueure. (p. 1015 B, la relation
est faite avec l'ensemble des jeux de hasard)
Inversement, Montaigne accepte "toutes sortes d'atteinctes" Nous plastrons le faict: nous sçavons comment nous l'avons
pourvu qu'elles soient "de droict fil" (p. 925 B) et l'essai est scandé diet et en quel sens, et les assistants la sçavent, et nos amis, à
par l'admiration qu'il éprouve pour le bon jouteur auquel il rend les qui nous avons voulu faire sentir nostre avantage. C'est aux
armes, lorsqu'il se révèle le maître du jeu. Il accepte d'ailleurs faci- despens de nostre franchise et de l'honneur de nostre courage
lement la contradiction d'autrui, puisqu'il accepte bien les con- que nous desadvouons nostre pensée [...] Nous nous desmentons
tradictions de sa propre imagination, qui est un interlocuteur autre- nous mesmes, pour sauver un desmentir que nous avons donné,
ment inventif (p. 924-925 B). (p. 1019 B, Montagne rejoint ici le vocabulaire du duel)
Aussi le seul véritable avantage de la conversation est-il celui de la
Cette même impatience scande les pages de VArt de conferer^^,
conduite: le choix du moment, du propos, de son interruption,
et le contrôle des passions y figure d'une manière d'autant plus vitale
ou la gestuelle qui impose l'autorité - "un mouvement de teste, un
que Montaigne préfère depuis toujours l'improvisation {Du parler
sous-ris ou un silence" - (p. 936 B). Mais pour gagner la conduite, il
282 M. M. Fontaine
Avcntage à Montaigne 283
prompt et tardif), et qu'il considère dès 1580, comme nous le rap-
pelions précédemment, qu'il a "plus d'avantage à parler qu'à escrire" U n'en est pas autrement de la conversation, qui obéit aux mêmes
{De la presumption). Or comment peut-il à la fois accepter l'état désirs et aux mêmes règles que les Essais, puisqu'elle est aussi peu
originel comme le meilleur, et souhaiter organiser ses avantages de la préoccupée de son sujet et que son seul but est la victoire - la
façon la plus favorable, eu égard aux passions, sinon par l'idée qu'il reconnaissance —, fût-on Socrate:
se fait des "affections": éléments surajoutés et fortuits, mani-
festations désordonnées de l'individu devant le hasard? Il faut donc H me chaut peu de la matiere, et me sont les opinions unes,
porter tous ses efforts, non sur l'acquisition de pratiques et de savoirs et la victoire du subject à peu près indifferente, (p. 925 B)
11 empoigne la premiere matiere comme celuy qui a une fin plus
nouveaux (dont il a horreur), mais sur l'élimination de ces affections
utile que de l'esclaircir. assavoir esclaircir les esprits qu'il prend
pour gagner par sa maîtrise même, à l'état pur, contre le hasard, dans
à manier et exercer, (p. 927-928 C, à propos de Socrate)
ce nouveau jeu de hasard qu'est Îa convereation.
Ainsi, pour Montaigne comme pour Socrate, la vérité se retrouve,
C'est imprudence d'estimer que l'humaine prudence puisse
remplir le rôle de la fortune [...] Il ne fut jamais plus de cir- elle ne se cherche pas:
conspection et prudence militaire qu'il s'en voit par fois entre
nous: seroii ce qu'on craint de se perdre en chemin, se reser- Quelle plus grande victoire attendez vous, que d'apprendre à
vant à la catastrophe du jeu^ Je dis plus, que nostre sagesse vostre ennemy qu'il ne vous peut combatre? Quand vous
mesme et consultation suit pour la plus part la conduite du g a ^ e z Vavanta^ de vostre proposition, c'est la vérité qui
hazard, (p. 934 B)6i gaigne; quand vous gaignez l'avantage de l'ordre et de la con-
duite, c'est vous qui gaignez. (p. 927 B)

Et pourtant, comme dans le jeu, cette "conduite" qui est si Socrate est donc l'exemple même de celui qui a toujours l'avanta-
soumise au hasard après l'avoir été aux passions, est aussi tout l'enjeu ge de l'ordre, et donc la victoire, puisque "l'avantage ayant à tomber
de la partie, car le but de la conversation n'est pas d'apprendre quoi certainement de son costé". il accepte les contradictions comme
que ce soit, mais de se révéler devant un autre, qui doit de son côté "matiere de nouvelle gloire" (p. 925 B).
se révéler lui-même, sinon la partie est sans intérêt. Puisque tout vient Que cet accent mis sur les joueun, les avantages, l'ordre et la
du choix initial et de votre capacité à le maintenir en votre faveur, victoire, aux dépens du sujet traité et finalement de la vérité, ait
l'avantage se dédouble évidemment en avantage du sujet traité, et toutes les caractéristiqes du jeu, qui n'a lui, à débattre que de la
avantage de la "conduite" (c'est le mot qui désigne la charge des conduite et de la victoire, matérialisée en gain et perte, Montaigne
condottieres, et il est précisément repris dans ce sens p. 933 C): la l'accepte et le réclame. Il s'amuse même à inventer les conséquences
stratégie du jeu. Or l'avantage du sujet traité est peu de choses aux du pari, du gage et de la perte au jeu de la parole; il faut miser et
yeux de Montaigne. Il l'a déjà dit à propos de l'improvisation dans payer. Les pédagogues le savaient bien, lorsqu'ils acceptaient que leurs
l'essai Du parler prompt et tardif, et répété à propos de la conduite élèves misent quelque argent au jeu de paume, sauf à ruiner tout
des Essais eux-mêmes: l'intérêt du jeu. Montaigne en pratique avec humour les conséquen-
ces62 :
Là il [l'essai] fait son jeu à eslire la route qui luy semble la
meilleure [...] Je prends de la forme le premier argument. Π seroit utile qu'on passasi par gageure la decision de nos
Es me sont également bons [...] Toute action est propre à nous disputes, qu'il y eut une marque materielle de nos pertes, affin
faire connoistre. {De Democritus et Heraclitus, I, 50, p. 301- que nous en tinssions estât, et que mon valet me peust dire:
302 A et note 4). D vous costa l'année passée, cent escus, à vingt fois, d'avoir
esté ignorant et opiniastre. (p. 924 B)
284 M. M. Fontaine Avantage à Montaigne 285
n est alors très proche de ces mêmes pédagogues humanistes dont encore rapproché la réflexion de Montaigne sur l'avantage de sa pensée sur le hasard et la
il ne pensait pas que du bien, et qui ont utiHsé les jeux pour former guene. Nous montrons ailleurs que l'emploi de l'avantage est pourtant très majoritairement
militaire au XVe siècle, et qu'il appartient, en second lieu, au jeu de paume, à l'exclusion
la manière de leurs élèves, non la matière de leur enseignement: quasi totale de tout autre sens, sinon, bien évidemment, dans les emplois métaphoriques,
"nous sommes sur la maniere, non sur la matiere du dire" (p. 928 B). toujours senàbles.
(2) D. MARTIN, op. cit., p. 60, remarque "un brin de superstition" dans l'usage que
Montaigne fait du mot Fortune. Rappelons simplement que lui-même note avec crainte qu"'il
Certes, il ne s'agit ici que de la mise en place de la conversation semble que la fortune se joüe à nous prendre au mot" (II, 25, p. 689 A). Nous citons les
et l'essai ne se réduit pas à cela. Mais il est clair que la paume, ou le tssais dans l éd. Villey-Saulnier.
duel, sont plus que des métaphores: des modèles logiques et techni- (3) Voir en appendice le relevé des emplois du mot avantage et de ses dérivés, ainsi que
ques à Tintérieur desquels Montaigne persiste à penser la société et ses la fréquence des mots hasard, inégalité et disparité. Le relevé a été fait à l'aide de la Con-
échanges, de même qu'il n'a jamais quitté les principes qui gouver- cordance des Essais de Montaigne, de R. E. LEAKE, Genève, Droz, 1981, complétée par la
reproduction de l'édition de 1580 pub. par Daniel Martin, Siatkine, 1976.
naient l'homme d'armes. L'avantage appartient aux deux, et il
(4) Voir D. MARTIN, Montaigne et la fortune, op. cit., et R. CAMPAGNOLI, Forme,
importe peu de savoir si Montaigne aimait ou n'aimait pas la paume maniere, manierismi, ch. 7, "Girolamo Naselli primo traduttore italiano di Montaigne
et le duel, quand il en accepte la présence comme une nécessité. (1590)", p. 181, note 49: "...Je suppliai (le Maestro del Sacro Palazzo) qu'il suivît l'opinion
Ce n'est pas raidir sa pensée que de lui reconnaître les cadres de celui qui l'avoit jugé, avouant en aucunes choses, come d'avoir nsé de mot de fortune...".
logiques et pratiques qu'il a fait siens en toute conscience, et de saisir Voir Journal de voyage, éd. Fausta Garavini, p. 222, "du mot de fortune"; il faut certaine-
ment préférer "de", qui permet d'envisager la totalité du champ sémantique de fortune.
dans les références à ces autres techniques et disciplines l'intensité et
(5) Pour L pp. 632 et 638: voir l'éd. de 1580. pp. 432 et 442 (ces textes de 1580 ne
ia précision de sa réflexion sur un monde dans lequel il veut agir. Ce sont pas reproduits dans l'éd. V-S). Dans l'esprit de la seconde référence, on peut noter
n'est pas non plus s'éloigner des fmaUtés qu'il affiche dans les titres ce passage du Journal de voyage (éd. Garavini, p. 468 du texte it., 297 du texte fr.): "Non
de nombreux essais, ni de l'ordre qu'il adopte dans leur dévelop- ci vedeva veruna facultà straordinaria (d'ingegni e discorsi): anzi maravigliarsi e far troppo
pement, puisque certains nous laissent parfois deviner les premiers conto di queste piccole forze nostre": il est significatif que, faisant le chemin inverse de
Montaigne, Querlon traduise "forze" par "nos petits avantages", et que F. Garavini, cor-
desseins militaires, et d'autres, en cernant les enjeux de Timpro- rigeant ce passage, maintienne le même mot: "Je ne voyais chez eux aucune faculté ex-
visation essentielle, montrent que sous la liberté relative du jeu, rien traordinaire (d'eqjrit et de raisonnement)·, au contraire, je les voyais s'émerveiller et faire
ne s'écrit, rien ne se dit sans que Montaigne veuille contrôler ce trop de cas de nos petits avantages" (note 743, p. 445).
hasard même qu'il redoute et qu'il aime, sans qu'il veuille mettre en (6) P. CONTAMINE, La guerre au Moyen Age, Nouvelle Collection Clio, PUF, 1980, p.
place des règles, et surtout gagner successivement — et avec autant 353. P. CONTAMINE est naturellement amené à employer le terme ^'avantage (que nous
d'élégance! —, dans une partie toujours fondamentalement impré- soulignons) dans cette réflexion sur l'art militaire et les attitudes mentales des hommes de
guerre. On peut se demander, à ce propos, si ce n'est pas une erreur que de rabaisser a priori
visible, l'avantage et la victoire. la valeur tactique et stratégique du combat singulier dans la guerre médiévale. En tout
cas, les premières formalisations de Vavantage appartierment au domaine du combat singuUei,
Marie Madeleine FONTAINE ou duel fle certamen singulare des traités), comme une preuve supplémentaire des relations
entre combat singulier et bataille au Moyen Age.
(7) Comme on le verra plus loin à propos de la traduction de Xénophon par La Boëtie
(note 15) et comme on peut le constater dans l'oeuvre de Végèce et les autres traités mili-
NOTES taires latins repris au Moyen Age et à la Renaissance. Amyot, comme La Boëtie, introduit le
terme à^avantage dans ses traductions pour parler des positions militaires.
(8) En I, 11, 42 (1580, pp. 45-46), "à l'advantage de l'Empereur Charles cinquiesme et
à nostre des-advantage"; est traduit par Naselli (f. 9v®) "in favore dell'imperatore., e contra
Je dédie ces pages à M. le Professeur Robert Aulotte, responsable de ce retour à Mon- #
Francesi". Partout ailleurs, avantage est traduit par vantaggio ou ovantoggio, ou des mots de
taigne. même racine (ff. 6 (2 ex.), 14, 16, 18, 24, 26, 29, 46, 47, 50, 59, 62 (2 ex.), 63, 73, 74,
(1) Voir D. MARTIN, Montaigne et la Fortune, Paris-Genève, Siatkine, 1977: J. SUP- 117, 119 (2 ex.), 166). La traduction de Naselli est d'ailleurs d'une très grande fidélité, et se
PLE, Anns versus letters, The Müitary and Literary Ideals in the Essais of Montaigne, Oxford, montre particulièrement exacte f. 37 sur le duel (I, 23, 118 A) et i. 168-169 (l, 15, 68, On
Clarendon Press, 1984. Aucun de ces ouvrages ne relève le mot avantage. P. VILLEY, Lexi- est puny pour s'opiniastrer à une place sans raison), comme dans tous les passages traitant de
que de la langue des Essais, éd. Municipale, Bordeaux, 1933, t. V, relève s'avantager (I, 359, sujets militaires ou proches de la guerre.
II, 66) et avantageux, qu'il définit ainsi: "qui a l'avantage, supérieur" (III, 181) et "hautain"
(9) 0 . BLOCH et W. VON WARTBURG s^nalent le m o t avantage à partir du XII® siècle,
(III, 394). E. MARCU, Répertoire des idées de Montaigne, THR LXXV, Genève, Droz, 1965,
issu de avant ((abante), désavantage 1290, avantager ΧΠΙ® siècle, avantageux 1418, désavanta-
ne relève qu'un exemple à'avantage (III, 9, 214) associé à la notion de profit. On n'a paî
Avantage à Montaigne 287
286 M. M. Fontaine
(13) En il, 27, p. 698 Β n o t a m m e n t Voir plus loin, p.21-24.
geux XVe siècle (Commynes), d'avantage XIV-XV« siècles {Froissait), désavantager 1507. Du (14) Voir sur lui l'étude si perspicace de B. BOWEN, "Speech and writing in the 1580
Cange, sous les rubnques avantagium et advantagUtm, venant du fr. avantage, signale son text of Du parler prompt ou tardif. Actes du colloque international Montaigne (1580-1980),
emploi au Xn^ siècle dans ie tiaité de fauconnerie de Fiédénc II, à partii du XIII^ siècle pubi. p. Marcel Tetel, Paris, Nizet, 1983, p. 54-74. P. 58, "Béroalde de VervUle points out,
dans des textes juridiques (poui les conditions favorables d'héritage, et des prérogatives et for instance, that "il faut estre p r o m p t " to be a good player at jeu de paume''; p. 62, "A
Privileges divers), et dans le sens concret d ' " o u v r ^ e en saillie" ou "en avancée". Le Trésor key word in the second sentence is advantages, which recalls don at the beginning of the
de la langue française indique pour le XII® siècle, dans Wace, les sens de "ce qui produit une first sentence, and graces in the epigraph... The comparison between these two dons and the
différence" et de "ce qui avance, ce que l'on a en plus d'autrui". et dans Chrestien de physical advantages of women, reinforces the assimilation...".
Troyes celui de "profit". Mais tous les dictionnaires citent abondamment des textes des XV« (15) La Mesnagerie, trad. d'Etienne de La Boétie, 1571, 63vO-64rO. Cli. 26 (Ed. Belles
et XVI« siècles où le contexte et le sens müitaire ne font aucun doute, notamment chez Letres, XX, MO). En grec:
Froissart (que Montaigne possédait, et qu'il cite et utilise souvent). Pour l'origine du terme,
et le sens à'avantage comme "pièce de l'armure en saillie sur la cuirasse" dans l'armement /cat' ol OTparriyoi 'éoTiv kv o'tç TCOV σ τ ρ α τ η γ ι κ ώ ν έ ρ γ ω ν οϋ γ ν ώ μ ΐ } òiatpépovre^
militaire, voir l'article de F. BUTTIN, "La lance et l'arrêt de cuirasse", Archeologia or άλλι^λων ο ι μ^ν olBè xeipovet; eïaw, άλλά σα\ρώ<: έηιμβλβίμ
Miscellaneous Tracts relating to Antiquity, pubi, par The Society of Antiquaries of London,
XCIX, Oxford, 1965, pp. 77-178 et 201-205 (notamment pp. 157 sq.).
Outre cette addition de l'avantage, il faut remarquer que La Boëtie intervient pour
L'apparition du mot au XII® siècle chez Wace et Frédéric Π permet de penser à une varier constamment dans le passage sur le mauvais laboureur la traduction de 'emueXeia
origine normande ou germanique de la pratique. Le problème d'origine est le même que pour successivement "il n'a point de cœur", "ü n'a point le soing", "il ne met pas ordre", "c'est
le duel: de nombreux traités italiens des XV® et XVI* siècles (dont Antonio Massa) donnent le soing et la diligence".
une origine germanique à la pratique du duel, codiflée ensuite par les Lombards; voir encore (16) Voir note 9, les références de Du Cange.
cette tìièse dans Scipione Maffei au XVIII® siècle. Della scienza chiamata Cavallaresca,
(17) Nous reviendrons plus loin sur l'usage métaphorique qu'en fait Pasquier, (joueur de
Rome. 1710. éd. 1790 p. 145 et sq.
jeu de paume évident, comme tous les étudiants en droit...) à propos des échanges verbaux
En tant qu'il est lié au jeu de paume, le mot apparaît très fréquemment à partir du XV® comparés au jeu de paume.
siècle (mais pas toujours bien repéré au niveau métaphorique par les dictionnaires). (18) En II, 10, p. 343-344 C.
Hasart apparaît au ΧΠ® siècle ( arabe az-zahr, "jeu de dés"; hasarder hasardeux (19) Par exemple les tours acrobatiques et les tours de voltige que Pierre Eyquem
XVI® siècle (Amyot) (M. Α.: hasardeur). Inéqualité, inéqual XIV® siècle, Inégal 1503. Parité pratique, comme il est normal, sur une "table", mais aussi la course, le saut, et les exercices
XIV® siècle, rare avant XVI®. avec instruments (cannes plombées, b a n e , pierre, semelles plombées). Ici, Montaigne oublie
(10) Cette évidence en a frappé plus d'un. Voir surtout J. SUPPLE, op. cit., pp. 49-59 de critiquer les exercices mêmes de préparation à l'escrime, qu'il ridiculise dans l'essai II,
et chap. IV; du même, "D n'est occupation plaisante comme la militaire": "l'ironie" de 27...
Montaigne", B.S.A.M., 5® série, n. 31-32, 1979, p. 9-25; J. B. ROBERTSON, "La moralité (20) Voir I, 20, p . 85 A.
du conflict militaire dans les Essais de Montaigne", B.A.S.M., 5® série, n. 10-11, 1974, p. (21) Journal, éd. cit., p. 351.
79-82; M. CITOLEUX, Le vrai Montaigne théologien et soldat, Paris, 1937. G. NAKAM, (22) Montaigne n'est pas hostile au jeu de paume, qu'il préférerait pour son écolier à un
Montaigne et son temps, Paris, Nizet, 1982, et Les Essais de Montaigne, miroir et procès de mauvais enseignement du grec et du latin (L 25, p. 138 A, "...j'aymeroy aussi cher que mon
leur temps, Paris, Nizet, 1984 (rappelons l'importance qu'accorde G. NAKAM à VEphemeris escoüer eut passé le temps à joiier à la paume; au moins le corps en seroit plus allegre").
historica de Michel Beuther offerte à Montaigne par son père en 1551 et annotée par Mon- D'ailleurs, être moyen au jeu de paume, comme il l'a été. reste une preuve qu'on l'a pratiqué
taigne, ainsi que l'hypothèse d'un petit répertoire historique des faits militaires modernes (II, 17, p. 642 A), et si, avant de partir pour l'Italie, il est "nul à l'escrime" (ibid.), le
relevé par Montaigne). On redira plus loin la justesse du livre du capitaine d'infanterie J. F. Journal prouve qu'il en est curieux dans toutes les villes traversées, et qu'il y est compétent
REVOL, Montaigne et l'art militaire, Paris, Librairie militaire R. Chapelot, 1911. dans la discussion avec Piccolomini II faut en effet faire le partage entre le goût qu'éprouve
(11) Rappelons que Tumèbe est mort en 1565. Montaigne ^ n o r a i t encore de quelle l'amateur très compétent pour un spectacle, et la pratique proprement dite, qui n'est plus le
utilité il serait pour Mercurialis dans le De arte gymnastica de 1569 et 1573... fait d'un homme de son âge. Montaigne emploie assez fréquemment des termes du jeu de
(12) Ed. (jaravini, p. 474 pour le texte it. et 309 pour la trad. fr.. Pour l'éloge pré- paume et de l'escrime: voir, pour l'escrime, L 4, p. 22 A; I, 12, p . 45 A, etc.
cédent de Piccolomini, "le plus suffisant gentilhomme de notre temps à toute sorte de (23) Cité dans l'orthographe donnée par Villey, éd. V.S., p. XLV, note 1. Voir aussi R.
science e t d'exercice d'armes", voir p . 184. Pour les autres allusions à l'escrime et au duel, AULOTTE, "Les Romains dans les Essais de Montaigne", Actes du IX^ congrès de l'As-
voir pp. 126, 160, 172, 351. sociation Guillaume Bude. Paris, 1975. II. p. 645-650.
Voici le témoignage rapporté par Naudé sur Silvio Piccolomini, dans une page où il (24) Sur J.F. REVOL, voir note 10. H y a eu, dans les années qui précèdent immé-
vient précisément de parler de Montaigne: diatement la Première guerre mondiale, toute une vogue pour un Montaigne militaire, qui
s'est répercutée jusque dans l'éloquence de la Chambre des Députés avec Jaurès... L'ouvrage
... multosque se vidisse refert Scipio Claromontius, cui viro tutius certè de Revol reprend, sans le savoir, les têtes de chapitres de bon nombre de traités militaires de
quam oraculo credideris, ut Sylvium Piccolominaeum et Pandulphum la Renaissance.
Spranium istius artis peririssimos, qui constanti quadam audacia, et (25) Pour la lecture des historiens antiques dans u n but militaire pratique, au cours du
periculorum contemptu praeclarae virtutis, et egregiae fortitudinis ex-
petimentum quoties opus fuit, in periculis exlubuete....
288 M. M. Fontaine Avantage à Monta/fne
289
Moyen Age, voir P. CONTAMINE, op. cit., p. 353-361, et la bibliographie de cet ouvrage, aux entreprises de la guene. D'autant que celuy qui a la cc^noissance
notamment pour les adaptations de Végèce par Egidio Colonna et Christine de Pisan. de son avantage, le sçait prendre, et seconder le temps, ... et n'est oc-
(26) Voir, parmi bien d'autres exemples, le discours mis dans la bouche de Trivulzio par casion autre chose qu'une opportunité, que le temps plus par accident,
Guichardin [Storia d'Italia, IX, 14, éd. Garzanti, 1988, ρ. 9δ4): "Noi trattiamo di andare a que par prévoyance nous apporte, etc. (68 vO)
combattere con gli inimici; e io ho sempre veduto essere fondamento immobile de' grandi
capitani, il quaie io medesimamente h o con Ye^erienza imparato, che mai debbe tentare la 69rO, et:
fortuna della battaglia chi non è invitato da molto vantaggio ο stretto da urgente necessità".
Cf. encore Guichardin (II, IX, p. 210). Voir aussi Machiavel, par rapport à Végèce 1, 9, Arte le Turc...jouant si bien... qu'il demeure sur l'avantage comme arbitre, et
della Guerra, éd. p. Sergio Bertelli, Feltrinelli, il, p. 372, sur l'avantage de l'armement: "ogni de la paix, et de la guene, poursuyvant toujours ie cours de ses desseings
piccolo vantaggio è di gran momento"; et Commynes, Mémoires, II, 2, "les piques longues, avec un avantage trop grand, indigne et préjudiciable aux Princes Chres-
qui sont bastons advantaigeux". Pour la question de l'avant^e dans l'armuie, voir l'article de tiens... (79rO)
François Buttin cité note 9.
Pour la lecture des textes d'art müitaire par Montagne rappelons qu'il possédait un (32) G. NAKAM a montré, à propos des essais I, 1 et I, 24, la valeur de symétrie des
exemplaire d'une édition de 1536, qui regroupait, de façon courante, Végèce, Frontin, Aélian exemples et contre-exemples, et le schéma qu'elle en donne prouve à quel point ces deux
et Modestus. essais sont d'essence militaire, dans "Emeutes urbaines dans les Essais: de l'événement au
(27) Conseils militaires fort utiles et nécessaires à tous les generaulx, Colonnels, Ca- texte", Récit et Histoire, Université de Picardie, PUF, 1982, p. 53-60.
pitaines et soldats, pour se sçavoir deuëment et avec honneur acquiter de leurs charges en la (33) Montaigne a pris l'habitude de se méfïer de la source Du Bellay, trop "à nostre
guerre: ornez et confirmez de singuliers exemples tirez de plusieurs excettens Historiographes, avantage", selon lui Π le regrette d'autant plus que "c'est t o u j o u r s plaisir de voir les choses
tant anciens que modernes, Paris, Lucas Breyer, 1586. Dédié à Du Bouchage. Chappuis s'est escrites par ceux qui ont essayé comme il les faut conduire" (II, 10, p. 419 A).
intéresse à la traduction d'ouvrages militaires, et rappelle à Du Bouchage sa traduction, à (34) En II, 7 Des récompenses d'honneur, lorsque Montaigne parle de "notre ordre".
partir de l'italien, de l'autetir espagnol Urrea. Naselli traduit par "l'ordine di San Mkihele" (1580, p. 62; Naselli, f. 73 ν«).
(28) Voir par exemple dans l'édition italienne de Gênes, 1582, p. 14 (trad. Chappuis f. (35) Pour ne pas quitter le terrain des traducteurs, sans doute peut-on rappeler que le
22 r®, à propos de Timoléon: premier traducteur anglais de Montaigne, Giovanni (John) Florio, montra du goût pour
l'escrime et les maîtres d'armes. Voir J. D. AYLWARD, The English master of arms from the
Et ayant estimé et jugé, comme il fit, que la liberté vaUoit mieux, 12th to the 20th cent.. Londres, 1956, pp. 35, 54, 60, 69.
il ne devoit depuis monstrer en avoir repentance, comme il demonstra, (36) IL 17, p. 6 6 1 A, B, C.
élisant un volontaire exil, et une vie solitaire. Car certainement, bien (37) II, 16, p. 622 A et Π, 34, p. 741 C (après les exemples de Cyrus et Bajazet). Selon
qu'en toutes ses actions, il ait esté louable, 0 perdit néanmoins, en ceste ViUey, Montaigne puise dans VHistoire de Georges Castriot surnommé Scanderberg, de
cy, beaucoup de réputation et de credit. Jacques Lavardin, Paris, G. Chaudière, 1576. Pour plusieurs taisons, le condottiere de la fin
du XV® siècle faisait un héros très convenable pour la Contre-Réforme.
Ailleurs, comme Montaigne, il tire de Plutarque, de Tite Live, de Jove et de Guichardin, la (38) V. BOUILLŒR, La fortune de Montaigne en Italie et en E^agne, Paris, 1922, a,
justification de lever le camp de nuit quand on se trouve à son désavantage. seloTî nous, éliminé trop vite le lapprochement entre Montaigne et Gracian, mieux vu par
(29) Lancelot du Voesin de La PopeJinière, Des entreprises et Ruses de guerre..., Paris, AZORIN, qui discerne chez Gracian l'influence de Montaigne, de Descartes et de Hobbes.
N. Chesneau, 1571. La Popelinière ne traduit que la première partie de l'œuvre de Rocca, (39) Voir, pour les références, les notes 9 et 12.
proposant au Vidame de Chartres, Jean de la Perrière, à qui il la dédie, de poursuivre sa f40> Essais, 11, 27. On a vu que ce passage relevé par Naudé est aussi celui qui nous
traduction. Rappelons que La Popelinière, gentilhomme de Guyenne tôt rallié à la Réforme, semble en continuité avec les idées de Süvio Piccolomini, cité en même lieu par Naudé (voir
est un soldat des guerres de religion, et l'historien original que l'on connaît après cette note 12).
première publication. Voir sur lui La France Protestante; Geoffroy Atkinson, Les Nouveaux (41) Pour 11, 27, avec, semble-t-il, un contresens sur le sens de l'essîti (p. 695 A), mais
Horizons..., p. 425-428, et Frank Lestringant, Dictionnaire des Littératures de Langue fran- un sens précis des rapports entre Montaigne et Sénèque.
çaise, Bordas, 1984, à l'art. La Popelinière. (42) Voir les remarquabre bibliographies de G. E. GELLI et J. LEVI, et, parmi les
(30) C'est nous qui soulignons le mot avantage dans l'ensemble de ces citations. travaux les plus récents, F. ERSPAMER, La biblioteca di don Ferrante. Duetto e onore nella
(31) A. SORBIN, Exhortation à la noblesse pour les dissuader et destoumer des duels et cultura del Cinquecento. Rome. Bulzoni. 1982: et F. BILLACOIS. Le duel dans la société
autres combats, contre le commandement de Dieu, devoir et honneur deus aux Princes, Paris, française aux XVI^ et XVII^ siècles. Essai de psychosociologie historique. Ed. de
1S75 (cet ouvrage est l'une des consequences du duel des Menons de Henri III). R. de ΓΕ.Η.Ε.8.8., 1986 (portant essentiellement sur le XVII« siècle français).
LUCINGE, De la naissance, durée et cheute des estats, où sont traitées plusieurs notables (43) Il y eut des duels fort célèbres, exploités dans un e ^ r i t national par les historiens
questions sur l'establissement des empires et monarchies, Paris, Marc Orry, 1588. Π s'agit italiens, espagnols et français.
pour la plus grande partie, d'un traité militaire classique. Pour Vavantage dans Lucinge, lié à (44) F. GARA VINI s'est amusée, à propos de l'essai De la cruauté (II, 11), de cette
sa réflexion sur la nécessité de saisir Voccasion, voir en particulier. étrange critique du meurtre qui s'appuie sur le plaisir qu'on prend à la vengeance, et l'a
rapprochée de II, 27 ("AUongeails ou pansements, La fonction des ajouts dans le texte de
...entre toutes les actions des hommes, il n'y a rien de plus recom- 1588", Actes du colloque "Montaigne 1588-1988" pub. par Robert Aulotte, R.H.L.F.. 88«
mandable, que de sçavoir user bien à propos de l'occasion, mais surtout
290 282 M. M. Fontaine
Avantege à Montaigne
291
année, n. S, sept-oct 1988, p. 909-922), p. 918: "Montaigne prend des voies obliques et ne
souscrit pas aux arguments qu'il utilise". paume: 923 Β "mouvement languissant et foible qui n'eschauffe poinct... exerce en un
(45) Voir encore la relation entre "avantage" et "valeur naturelle" dans III, 6, p . 909 coup". 924 Β "gageure... marque materielle de nos pertes". 925 G "Socrate recueiüoit... sa
B: "l'avantage de nostre valeur et forces naturelles". force... l'avantage ayant à tomber certainement de son costé... acceptoit". 925 Β "toutes
sortes d'atteinctes qui sont de droict fïl". 926 Β "cettuy cy frappe,·... il se descouvre...
(46) Le combat de Mutio.... avec les repenses chevaleresques, traduit par Antoine
î'advanta^e de sa voix". 927 Β "gagnez i'avant^e". 928 Β "ce n'est pas à qui mettra de-
Chapuis, Lyon, Roville, 1561. Possevin fut traduit dès 1557 par Gruget; mais il avait déjà
dans, mais à qui fera les plus belles courses" (commun au jeu de paume et à la course de
provoqué une forte opposition en Italie.
bague). 929 C "nos raisons es matieres controverses sont... contoumables vers nous", "reculé
(47) Vertise, Gabriele Giolito de' Ferrari, 1555. L'exemplaire relié aiix armes de Henri II
sur soy". 936 Β "tous les mots qui nous semblent bons ne doivent pas incontinent estre
est actuellement à l'Ambrosierme, et d'Annunzio y a glorieusement signalé sa lecture de
acceptez". 936 Β "anticiper... prevenir". 937 Β. "Ne les secondez pas, laisses les aller; ils
1926.
manieront cette matiere comme gens qui ont peur de s'eschauder; ils n'osent luy changer
(48) Contra uso duelli, Rome, V. Dorico, 1554. Trad, it., Venise, Michele Tramezino, d'assiete et de jour, ny l'enfoncer (...] Or si vous venez à les esclaircir et confirmer, ils
1555. vous saisissent et derobent incontinent cet avantage de vostre interpretation". 938 Β "cette
(49) Le duel est alors illégitime comme sont illégitimes, dans les règlements sur le duel outrecuidance de langage et gayeté de v U ^ leur donne gaigné à l'endroit de l'assistance, qui
auxquels pense évidemment Montaigne ici, un combat entre un homme initialement blessé et est communément foible et incapable de bien juger et discerner les vrays avantages". 938 Β
un homme sain, et un combat entre deux hommes initialement armés différemment. Sui "les devis pointus et coupez". 939 Β "Il y a d'autres jeux de mains, indiscrets et aspres, à la
cette "supercherie" d'un usage illégitime des avantages, voir exactement le même raison- Françoise, que je hay mortellement... j'en ay veu en ma vie enterrer deux Princes de nostre
nement en n , 37, Z)e la ressemblance des enfants aux peres, p. 764 A (2): "Qu'ils ne me sang... Π faict laid se battre en s'esbatant". 939 Β "L'ouvrage, de sa propre force et fortune,
prennent point à cette heure à leur advantage , qu'ils ne me menassent point, atterré comme peut seconder l'ouvrier... et le devancer".
je su^: ce seroit supercherie". La métaphore de ce dernier texte n'est pas bien comprise pai
Villey (note 10). D n'est d'ailleurs pas facile de décider, dans cet exemple, si Montaigne
pense au duel, auquel "atterré" semble faire référence, ou au jeu de paume, auquel font - duel et escrime: 924 Β "m'y rends alaigrement, et luy tends mes armes vaincues". 925 Β
davantage penser les termes suivants: "j'ay assez gaigné sur eux par mes exemples domes- "la victoire que je gaigné... en l'ardeur du combat... plier sous la force... U victoire que je
tiques, encore qu'ils s'arrestent là". gaigne sur luy par sa foiblesse". 926 Β "cettuy cy frappe, ... il se descouvre... l'advantage...".
(50) Estienne Pasquier s'amuse à reproduire le même raisonnement hostile à la so- 626 C "s'arme... cherche querelle... presse". 927 Β "un homme avantageux... en con-
phistication technique, mais à propos du jeu de paume, dans "Jeux de Paulmes, Bonnets duite... i son escrime". 927 Β "victoire... ennemy... combattre". 929 C "nos raisons es
ronds". Recherches de la France, Paris, 1607, IV, 13, p. 588-590; il s'agit alors de l'avantage matieres controverses sont., contoumables vers nous, et nous enferrons de nos armes",
des raquettes: "reculé sur soy". 936 Β "ceder... combatre à escient, ou se tirer arriéré... nous nous enfer-
rons, et aidons au coup... l'ay autrefois anployé à la neces^té et presse du combat des
revirades qui ont faict faucée... anticçer... prevenir". 937 Β "Vous leur prestez la main... Ne
tel se moquera de telles recherches, comme trop basses, qui peut-estie
les secondez pas, laisses les aller: ils manieront cette matiere comme gens qui ont peur de
en communs propos ne seia marri d'en faire son profit [...] Quelques uns
s'eschauder; ils n'osent luy changer d'assiete et de jour, ny l'enfoncer [... j Or si vous venez à
depuis plus fins, pour se donner quelque advantage sur leurs compaignos
les esclaircir et confirmer, ils vous saisissent et derobent incontinent cet avantage de vostre
y mirent des cordes et tendons, afin de jetter mieux et avec moins de
interpretation". 938 Β "s'en retournant toujours du combat plains de gloire et d'all^esse...
peine la basle.
cette outrecuidance de langage et gayeté de visage leur donne gaigné à l'endroit de l'assistan-
ce, qui est communément foible et incapable de bien juger et discerner les vrays avantages.
Pour d'autres exemples, voir notre article "Le jeu de paume comme modèle des échanges: 938 Β "les devis pointus et coupez". 938 Β "L'ouvrage, de sa propre force et fortune, peut
quelques règles de la sociabilité à la Renaissance", Sociabilité, Pouvoirs et Société, Actes du seconder l'ouvrier... et le devancer".
colloque de Rouen Novembre 1983, réunis par F. Thélamon, Publications de l'Université
de Rouen, n. 110, p. 143-153.
(51) Cet avantage, qui consiste à placer l'adversaire en face du soleil, est toujours signalé - dressage du cheval: 923 Β "... un roide jousteur, il me presse les flancs, me pique à gauche
dans les textes sur le dueL et à dextre, ... eslancent..". 925 C "si haut à la main... estrive"; 925 "s'ûs se détraquent.,
les devoyent.. suit son cours", "à la main d'un maistre si impetueux". 926 Β "qui n'a pas
(52) Il désigne réchauffement (gratuit et heureux pour Montaigne) par échange de
ny alleure qui vaille... il est engagé en sa course... foible de reins". 928 C "manier et ex-
balles avant d'engager sérieusement la partie. ercer". 929 Β "refrein, qui fouete...". 937 C "Ce sont apprentissages qui ont à estre faicts
(53) Nous reprenons ici les idées que nous avons abordées, poiu la pédagogie renaissante avant la main".
et pour Montaigne, dans notre article "Le jeu de paume comme modèle des échanges",
(54) Le branle désigne toutes les composantes du coup: sa rapidité, mais aussi les e^ets
cité note 50.
donnés à la balle par la nature du coup de raquette· Soustenir: recevoir le service. Se de-
Voici un relevé nécessairement approximatif des vocabulaires techniques respectifs de la marcher·. chatter de marque, d'emplacement sur le soL
paume, de l'escrime et du duel, et du dressage des chevaux que l'on rencontre dans l'essai
(55) On sait que ce fut, entre autres, une spécialité des étudiants en droit à Orléans
III, 8. Certaines expressions, comme le mot "exercice" lui-même, souvent répété ici, ap-
comme à Poitiers, mais tous les étudiants y jouaient partout.. La thèse d'un jeu de paume
partiennent à deux domaines, et nous refusons dans ce cas de choisir, Montaigne considérant
strictement aristocratique ne tient évidemment pas devant le nombre des documents de la fin
(comme son temps) ces domaines liés entre eux:
du XV* et du XVI® siècle qui prouvent le contraire; en fait, ce qu'il faut opposer ici, c'est le
Τ"
292 M. M. Fontaine Avantage à Montaigne
293
jeu d'une société urbaine tout entière aux jeux pratiqués dans la campagne. Les gentils- APPENDICE
hommes ont exporté dans leurs châteux un jeu qui s'était incroyablement développé dans les
villes - Bordeaux et Toulouse comme Paris - et qui occupait tout le monde, tout le long
de Tannée. Voir sur ces points, notre ait. cit. note 50, et sa bibliographie. Montaigne lui-
Relevé des emplois du mot avantage
mêmes a noté (I, 54, p. 311 A et B) que les mêmes termes de politesse et les mêmes jeux
appartenaient aux pôles extrêmes de la société. Fréquence du terme avantage et de ses dérivés {avantageux - au sens presque
(56) Depuis les points donnés d'avance, jusqu'à l'inégalité des instruments de jeu, exclusif d"'avantagé" - , avantageusement, s'avantager, désavantage, désavan-
puisqu'un bon joueur pouvait être amené à jouer avec un battoir, voire à main gantée, contre tageux): 127 occurrences. Nous ne tenons pas compte de la locution d'avantage,
un adversaire pourvu de raquette. quoique son étymologie soit souvent perceptible dans le texte de Montaigne, et
(57) Rappelons demère François Rigolot que Montaigne n'aime pas ce Jeu qui "esbat que son sens n'aille pas toujours de soi dans ses 37 emplois.
trop sérieusement": F. RIGOLOT, "Les jeux de Montaigne", Les jeux à la Renaissance, p.p.
Ph. Ariès et J. C. Margolin, Paris, Vrin, 1982, p. 324-341.
(58) Voir Le Monophüe, éd., préf. et notes d'Enea Babnas, Milan-Varèsc, Cisalpine, Répartition par Hvres: Livre I: 49 (A, 36; B, 8; C, 5). Livre Π: 47 (A 31- B 9-
1957, p. 67-68 et note correspondante. Naqueter signifie arbitrer, à la fin du XVI® siècle, il C, 6). Livre ni: 33 (B, 30; C, 3). ' ' '
y a un naquet de chaque côté de la corde pour vérifier les coups. Pour d'autres références,
voir note 50. Pasquier fait encore un usage métaphorique du jeu de paume pour les relations
sexuelles dans les Ordonnances d'amour, qu'on lui attribue. Il en utilise constamment les Répartition par niveaux de texte: A, 68; B, 46; C, 15.
termes dans les Recherches de la France.
(59) Répartition des emplois par champ sémantique (références dans l'édition Villey-
( ^ i ne participe pas au hazard et difficulté, ne peut pretendre interest à Saulnier, à l'exception des occurrences de 1580 non reproduites par cette édition,
l'honneur et plaisir qui suit les actions hazardeuses [...] Ont ils affaire au et citées ici dans l'édition en fac-simûé donnée par D. Martin, sous la forme
plus sot de leurs sutqects, ils n'ont aucun moyen de prendre advantage 1580, p...).
sur hiy [-..] Comme on leur cede tous avantages d'honneur, aussi con-
forte l'on et auctorise les deffauts et vices qu'ils ont (p. 919 C). Tactique et stratégie mUitaires: Livre I, A, 26, 216 (2), 274, 281, 284 285
(1), 285 (2). B, 29, 274. C, 26, 45, 227, 284, 289. Livre Π, A, 739, 742, 768. C
(60) Voir les pages 923-925, et notamment: 741.
Domaine militaire autre que stratégique: Livre I, A, 18, 42 (1), 42 (2) 210
Leur tumulte et impatiance ne les devoye pas de leur theme [...] Mais
quand la dispute est trouble et desreglée, je quitte la chose et m'attache
211 (1), 211 (2 et 3), 216 (1), 220, 256,272. B, 17, 18. Uvre Π, A, 458,'727^
à la forme avec despit et indiscretion, et me jette à une façon de dé- 737. B, 696 (1), 696 (2), 696 (3), 697 (1) et (2). Livre ΙΠ, B, 1061, 1100. C
battre testue, malicieuse et impérieuse, dequoy j'ay à rougir après (p. 1042.
925 C et B). Emplois métaphoriques du domaine militaire: Livre I, A, 86, 90, 91, 181,
234. Livre Π, A, 768. B, 504, C, 636. Livre ΙΠ, B, 797, 866, 927 (î), 927 (2)'
Et: "... et pourtant j'accuse mon impatience, et tiens premièrement qu'elle est également 927 (3), 937, 1004, 1013, 1019.
vitieuse en celuy qui a droict comme en celuy qui a t o r t " (p. 928 B).
(61) Montaigne rejoint ici ses remarques si nombreuses sur le pouvoir de la Fortune Références à des domaines matériels autres que militaires: Livre I, A, 39, 50,
dans les activités humaines les plus raisonnables en apparence: voir entre autres l'essai La 219, 223. B, 63. Livre Π, A, 460, 640, 656, 707, 762, 764 (1), 764 (2: méta-
fortune se rencontre souvent au train de la raison (I, 34). Voir aussi phore du jeu). Livre ΠΙ, B, 826, 926, 1009, 1031, 1058.
Références à des domaines abstraits (avec ou sans métaphore militaire): Livre
On s'aperçoit ordinairement aux actions du monde que la fortune,
pour nous apprendre combien elle peut en toutes choses, et qui prend I, A, 39, 40, 55, 57, 86, 90, 91, 138, 149, 179, 181, 205, 234, 280. B, 122
plaisir à rabatre nostre présomption, n'aiant peu faire les malhabiles 265. Uvre Π, A, 373, 383, 384, 419, 450 (1), 450 (2), 455, 460, 485, 494, 558
sages, elle les fait heureux, à l'envy de la vertu. Et se mesle volontiers à 569, 623, 632 {1580, p. 432), 638 {1580, p. 442), 656, 726, 727 764 (2)
favoriser les executions où la trame est plus purement sienne... L'issue 768. B, 427 (1 et 2), 442, 504. C, 426, 452, 504, 557, 592, 636. Livre ΙΠ, b'
authorise souvent une tresinq>te conduite φ . 933 B). 797, 827, 863, 866, 877, 909 (1), 909 (2), 916, 919, 927 (1), 927 (2), 927 (3)
937, 938, 963, 1004, 1009, 1013, 1019, 1031, 1090. C, 896, 925.
(62) Que le jeu soit conséquent, ou sans grand enjeu, comme avec sa femme et sa fûle,
Montaigne a pris l'habitude de "tenir compte" aux cartes pour les "doubles" comme pour les
"doubles doublons" (I, 23, p. 110 C), ainsi qu'on le faisait alors pour tous les jeux, et Chapitres concernés par la présence du terme avantage (sont indiqués par Tita-
notamment, à la cour des rois, pour la paume. Voir sur ces point notre art. cit. note 50. Hque les chapitres traduits par Naselli en 1590): Livre I, ch. 3, 5, 6, 10, 11, 12,
316 C. Vinti

Svizzeri, arrivando financo all'eccesso di condannale i viaggi e Io studio delle lingue, per
timore che ciò potesse contaminare la mitica purezza originaria.
(15) In verità, qtiando l'opera fu compktata, circa due anni dopo, von Muralt aveva già
abbandonato la primitiva idea, ma ammira ed approva il lavoro dell'amico italiano, ne parla
con Bodmer e, forse, con lo stesso Seigneux de Correvon, il quale poi lo pubblicherà nella
"Bibliothèque italique".
(16) P. CALEPIO, Descrizione de' costumi italiani.... cit., p. 35.
(17) Si badi bene, però, che alla ragione Calepio affida un ruolo importante. Nel Pa-
ragone, infatti, egli afferma di condurre il suo studio "non curando d'alcuna autorità che sia
scompagnata ragione" (p. 8). In realtà, oggetto della critica di Pietro Calepio è l'appli-
cazione del pensiero cartesiano in campo poetico, dove questo diventa la negazione stessa
delta poesia, decisamente ostile all'immaginazione e, al contrario, decisamente rispettosa della
ragione matematica.
(18) P. CALEPIO, Descrizione de'costumi italiani..., cit., p. XXXVIII.
0.9) Ibidem, p. 1.
(20) Ibidem, p. LXI.

L'influence du voyage sur les Essais:


ritalie dans les deux dernières éditions

C*est pendant son grand voyage de 1580-1581 que Montaigne a


découvert physiquement et géographiquement l'Italie, mais il n'avait
pas attendu cette date pour connaître ce pays intellectuellement et
imaginairement, non plus que pour fréquenter un certain nombre
d'Italiens, comme tout un chacun en France dans son temps et dans
son milieu. On le sait: culturellement, l'Italie était après l'Antiquité la
seconde nourrice des lettrés français.
Les Essais nous apprennent que Pierre Eyquem, le père de Mon-
taigne, s'était marié tard, à trente-trois ans, en 1528, "en retournant
d'Italie" (II, 2; 344 A)i : dès avant sa naissance, l'Italie hantait donc
le berceau du futur auteur des Essais. Au demeurant, la France
n'était-elle pas alors envahie d'Italiens (qu'on me pardonne ce mot:
l'idée est en tout cas du temps)? Seigneurs, gentilshommes, prélats,
banquiers, marchands étaient nombreux de ce côté des Alpes, au
point de susciter ce fort courant anti-italien qu'illustrent plusieurs
ouvrages fameux, comme ceux d'Henri Estienne — qui ne sont pas les
seuls2. La reine Catherine de Médicis avait sans doute joué à cet
égard un rôle considérable, mais la vogue italienne (et son corollaire,
la hargne anti-italienne) tenaient encore à bien d'autres choses, à
commencer par le prestige de la péninsule qui demeurait énorme à la
fin du XVI· siècle malgré les malheurs et les adversités nombreuses
318 y. Beilenger
L'influence du voyage iur les "BeeaW
319
dont ce pays était le théâtre (occupation espagnole et séquelles du
Prenons le chapitre Des livres. Dans l'édition de 1580, Montaigne
concile de Trente pour ne citer que le plus évident). Quand Montai-
cite parmi ses lectures favorites Boccace (comme un auteur plaisant
gne y alla, l'Italie demeurait le modèle de toute l'Europe dans
rangé aux côtés de Rabelais et de Jean Second)^, l'Arioste (avec
les arts, dans les lettres, dans les modes de vie même. Influence
Ovide) et Guichardin (entre César et Commynes)^. Mais, au contraire
- et contre-influence — de Pétrarque, de l'Arioste, de Castiglione, de
de Plutarque, Pétrarque n'était pas l'homme de Montaigne« : chose
Machiavel et de bien d'autres. Sans compter que, géographiquement
curieuse à propos de la poésie que Montaigne déclare tant aimer, il
au moins et sans doute un peu plus, la péninsule était aussi le terri-
n'y a dans ce chapitre Des livres le nom d'aucun poète italien, non
toire quasiment sacré où s'était épanouie la puissance inimitable et
plus d'ailleurs que de français (c'est dans d'autres pages d^s Essais, et
inoubliable de Rome.
fort chichement, que Montaigne fait un éloge rapide et incertain de
Certes, dans l'esprit des lettrés du XVI® siècle, et dans celui
Ronsard et de Du Bellay)6. En revanche, comme on sait, des poètes
de Montaigne en particulier, il y avait une différence bien marquée
latins en quantité. Mais pour en revenir aux Italiens, on remarque
entre l'Italie antique et la moderne, différence qui n'avantageait
l'absence du nom de Pétrarque, qui n'apparaît nulle part dans les
pas ritalie contemporaine - d'autant qu'on la jalousait fortement:
Essais, ni dans la première édition ni dans les suivantes. Un adjectif,
relisez La Deffence et illustration de la langue françoyse... Il n'empê-
dans ce chapitre Des livres, à Toccasion d'une pique contre le style
che: la filiation restait sensible. Il n'est que de voir comme Montaigne
pétrarqiiiste - j'irai jusqu'à dire: maniériste — à la mode:
raconte, avec un brin d'humour et toutes sortes de circonlocutions et
d'excuses, la satisfaction qu'il eut de recevoir "une bulle authentique
de bourgeoisie Romaine [qui lui fut] octroyée dernièrement qu['il y] Je voy que les bons et anciens Poètes ont évité l'affectation et
estoi[t]". "Niaise humeur", concède-t-il, mais il n'en recopie pas la recherche, non seulement des fantastiques elevations Espa-
moins son diplôme in extenso tant il en est content dans le chapitre gnoles et Petrarchistes, mais des. pointes mesmes plus douces et
plus retenues, qui sont rornement de tous les ouvrages Poéti-
intitulé (significativement) De la vanité, il est vrai (III, 9; 999 Β). Suit ques des siecles suyvans (II, 10; 412 A).
un mot de justification: "N'estant bourgeois- d'aucune ville, je suis
bien aise de l'estre de la plus noble qui fut et sera onques". "Bour- Toutefois, s'arrêter là serait insuffisant. A trois reprises, et sans
geois d'aucune ville": l'ancien maire de Bordeaux ne manque pas que soit mentionné de nom d'auteur (comme toujours dans les Essais)
d'aplomb! Mais cela montre à l'évidence combien, pour les intel- des vers du Toscan sont cités (cela, dès 1580):
lectuels de la Renaissance, VUrbs demeurait l'unique capitale de tous 1) "Chi può dir com'egli arde é in picciol fuoco". (Pétrarque,
les pays et de tous les temps, même si dans la réalité, en contemplant sonnet 170)
ce qu'il en restait, Montaigne déplorait de ne plus en trouver que le "()ui peut dire à quel point il brûle ne brûle que d'un feu médiocre"
"sépulcre" (/., 200). Puissance du mythe: c'était Rome qui, depuis (I, 2 ; 1 3 ) .
des générations, s'imposait comme la Ville vivante à l'imagination de 2) Et cosi aven che l'animo ciascuna
ces lettrés et de ces humanistes. Sua passion sotto el contrario manto
Ricopre, con la vista hor' chiara hor bruna.

Je souhaitais souligner par ce préambule qu'à propos de l'Italie, (Pétrarque, sonnet 102)
il n'y a pas, du moins à première vue, un avant et un après dans les
"Et c'est ainsi que l'âme couvre ses passions sous une apparence
Essais. Comme tous les hommes cultivés de son siècle, Montaigne
contraire, sous un visage tantôt joyeux tantôt sombre". (I, 38; 233)
maîtrisait bien la langue italienne (dans laquelle il a rédigé de sa main
3) "Vinse Hannibal, et non seppe usar' poi". (Pétrarque, sonnet
une partie du Journal de voyage) et il avait lu les principaux écrivains 103)
transalpins avant d'aller dans leur pays.
"Hannibal vainquit, mais il ne sut pas ensuite profiter de sa victoire".
(1,47; 281 A)
γ. Bellenger
320 L'Influence du voyage tur le» "B$$ett" 321

C'est peu, mais on observera que ces trois citations illustrent Ole non men que saper dubbiar m'aggrada. (Dante, Enfer, XI,
très directement chaque fois le titre du chapitre où elles figurent. 93)
Première citation: De ïa tristesse (I, 2). Deuxième citation: Comme Non moins que savoir, douter m'est agréable. (I, 26; 151)
nous pleurons et rions d'une mesme chose (I, 38). Troisième citation:
De l'incertitude de nostre jugement (I, 47). Trois chapitres au de- et
meurant dont les thèmes se répondent.
Cosi per entro loro schiera bruna
Façon subtile pour Montaigne de montrer qu'il ne confond pas S'ammusa l'una con l'altra formica
le maître avec ses épigones? Peut-être. D'autant plus qu'après le Forse à spiar lor via, e lor fortuna, (Dante, Purgatoire, XXVI,
voyage, deux nouvelles citations du Canzoniere viennent s'ajouter, 34)
en 1582, au texte des Essais, Tune que Montaigne présente comme un Ainsi, au milieu de leur noir bataillon, s'abordent entre elles
"proverbe Thoscan", dans VApologie de Raimond Se bond: des fourmis s'enquérant peut-être de leur route et de leur
butin. (II, 12; 458)
Chi troppo s'assottiglia si scavezza. (Pétrarque, canz. 105, ν. 48)
A trop subtiliser, on se perd. (II, 12; 558) Plus heureux, le Tasse est nommé une fois dans les Essais, au
chapitre Des boiteux, à propos d'une comparaison faite par le poète
L'autre dans le chapitre De la praesumption: (et sans rapport avec la poésie) entre les français et les Italiens: "Tor-
quato Tasso, en la comparaison qu'il faict de la France à l'Italie, diet
Ne si, ne no, nel carmi suona intero. (Pétrarque, sonnet 135)
avoir remarqué cela, que nous avons les jambes plus greles que les
Mon cœur ne me dit tout à fait ni oui ni non. (II, 17; 654)^
gentils-hommes Italiens, et en attribue la cause à ce que nous sommes
CJu'en est-il dans les rééditions postérieures au retour d'Italie? continuellement à cheval" (III, I I ; 1034 B).
Montaigne signale ici et là — rarement — le nom de quelques L'auteur de la Jérusalem délivrée est évoqué ailleurs, dans un
poètes comme Bembo, Equicola, Caro, Capilupi. Sur les deux pre- allongeail de 1582 à YApologie de Raimond Sebond, fort clairement
miers, après la réflexion qui, dans l'édition posthume, suscite l'excla- quoique sans être nommé, comme le poète de génie devenu fou:
mation fameuse: "Si j'estois du mestier, je naturaliserais l'art autant
comme ils artialisent la nature", on lit seulement (cela, en 1588): Qui ne sçait combien est imperceptible le voisinage d'entre la
"Laissons là Bembo et Equicola" (III, 5; 874). C'est peu. folie avec les gaillardes elevations d'un esprit libre et les effects
Capilupi (C^pilupus dans le texte) fait l'objet d'un bref éloge, d'une vertu supreme et extraordinaire? [...] Quel saut vient de
mais ses vertus poétiques y apparaissent limitées: il s'agit d'un passage prendre, de sa propre agitation et allegresse, l'un des plus
où Montaigne s'en prend à ceux qui se couvrent des centons comme judicieux, ingenieux et plus formés à l'air de cette antique et
centons. Ainsi de Capilupus pour son ouvrage intitulé Lelio Capilupi pure poesie, qu'autre poëte Italien aye de long temps esté? (II,
12; 492).
cento ex Virgilio de vita monacorum^. Quant à Hannibal Caro, c'est
comme épistolier qu'il est approuvé (i, 40; 253 B). Cela ne mène pas
Enfin un éloge chaleureux et une poésie qu'aime Montaigne! Les vers
loin dans l'appréciation de la poésie italienne.
du Tasse sont d'ailleurs cités en plusieurs endroits (et à plusieurs
Rien d'autre? Si: Dante et le Tasse. Voyons comment Montaigne époques) des Essaü: une citation dans le texte de 1580, deux dans
en parle avant et après le voyage. les ajouts de 1582 et trois dans ceux de 1588, mais plus aucun
Dante est moins bien traité encore que Pétrarque: jamais nommé, dans l'édition posthume. Tous ces vers sont tirés de la Jérusalem
cité — significativement à coup sûr - seulement à partir de 1582 et délivrée. Six citations: plus qu'aucun autre poète italien, mais bien peu
seulement deux fois: à côté de ce qu'on relève de Virgile ou de Lucrèce par exemple dans
les Essais.
322 y. Bellenger L'influence d u voyage MUT let "Eetaie" 323

Une citation du Tasse, donc, dans le texte de 1580, au début du Perche, dubbiosa anchor del suo ritomo.
chapitre De ne communiquer sa glove où dès le début les vers de Non s'assecura attonita la mente. {Ibid., XII, st. 74)
l'Italien donnent le ton: Car, encore incertaine de son retour, l'âme ébranlée ne peut
s'affermir. (U, 6; 373)
La fama, ch'invanisce a un dolce suono
Gä superbi mortali, et par si bella, Les deux autres sont beaucoup plus longues. L'une apparaît dans
E un echo, un sogno, anzi d'un sogno un ombra le chapitre Couardise mere de la cruauté pour décrire un combat,
Ol'ad ogni vento si dilegua et sgombra.. (Jérusalem délivrée, ce qui ne surprend pas dans ce contexte:
XIV, st. 63)
La renommée, qui enchante par douce voix les superbes mortels
et qui paraît si belle, n'est qu'un écho, un songe, que dis-je! Non schivar, non parar, non ritirarsi
l'ombre d'un songe qui, au mondre souffle, se dissipe et s'éva- Voglion costor, ne qui destrezza ha parte.
nouit. (1,41; 255) Non danno i colpi finti, hor pieni, hor scarsi:
To^ie Vira et il furor lïiso de l'arte.
Les citations ajoutés en 1582 - après le voyage d'Italie - sont au Odi le spade horribibnente urtarsi
livre IL Dans le chapitre De l'exercitation, deux vers de la Jérusalem A mezzo il ferro; il pie d'orma non parte:
délivrée sont insérés, comme une ponctuation musicale, dans le récit Sempre è il pie fermo, è la man sempre in moto:
que fait Montaigne de sa chute de cheval et de son évanouissement Ne scende taglio in van, ne punta à voto. {Ibid., Xn,st. 55)
fameux: Ή ne veulent ni esquiver, ni parer, ni fuir; l'adresse n'a point
de part à leur combat; leurs coups ne sont-point feints, tantôt
directs, tantôt obliques: la colère, la fureur leur ôtent tout
come quel ch 'or apre or chiude
usage de l'art. Ecoutez le choc horrible de ces épées qui se
Gli occhi, mezzo trai sonno é l'esser desto. {Ibid., Vili, st. 26)
heurtent en plein fer; ils ne rompraient pas d'une semelle:
Comme un homme qui tantôt ouvre les yeux et tantôt les
leur pied est toujours ferme et leur main toujours en mouve-
ferme, moitié endormi et moitié éveillé. (II, 6; 374)
ment; d'estoc ou de taille, tous leurs coups portent. (II, 27;
698)
Dans le chapitre De l'affection des per es aux enfants, les vers du
Tasse viennent illustrer une remarque sur la chasteté nécessaire à
L'autre est au chapitre Sur des vers de Virgile et vient illustrer une
l'homme de guerre:
confidence de Montaigne: "Tout asséché que je suis et appesanty, je
sens encore quelques tiedes restes de cette ardeur passée". Voici les
Ma hor consulto à giovinetta sp<xa,
vers du Tasse:
Lieto homtà de'figfi, era invilito
Ne gii affetti di padre et di marito. {Ibid., X, 39)
Mais alors, uni à une jeune épouse, joyeux d'avoir des enfants,
Quai l'alto ÀEgeo, per che Aquilone ο Noto
il avait amolli son courage dans les affections de père et de
Cessi, che tutto prima il vuolse et scosse.
mari. (II, 8; 390).
Non s'accheta ei pero: mal sono e1 moto,
Ritien de l'onde anco agitate è grosse. {Ibid., XII, st. 63)
Enfin, trois citations, toujours extraites de la Jérusalem délivrée,
Ainsi la mer Egée, lorsque l'Aquilon ou le Notus se calment
se glissent dans les Essais dans l'édition de 1588. La première se après l'avoir secouée et bouleversée, ne s'apaise pas pourtant
rapporte au même passage du chapitre De l'exercitation mentiormé tout de suite: mais elle demeure longtemps en mouvement et
plus haut: ses vagues restent encore agitées et grosses. (1Π, 5; 849)
324 γ. Beltenger χ^'Influence du voyage êur te» "Eeêoiâ" 325

Quelques nuances donc, des enrichissements sans doute, toujours arriva en Italie par le même chemin que son illustre prédécesseur. En
intéressants, toujours significatifs, mais en somme rien de décisif. 1600, l'héritier des Rohan se trouve à Trente, venant d'Allemagne.
Rien qui modifie le texte, rien qui traduise un changement d'avis, Il juge la ville sans intérêt, sinon qu'elle n'est déjà plus tout à fait
d'idée, de sensibilité chez Montaigne à la suite de la découverte allemande: ville "nullement agreable", écrit-il, "qui n'est renommée
de ritalie. Uauteur des Essais n'a pas pris goût pendant son voyage que pour le dernier concile qui s'y est tenu, et si ce n'estoit pour ce
aux "fantastiques elevations Petrarchistes". D a sans doute lu quel- qu'elle est à demy italienne, je n'en parlerais pas"io. Et de l'op-
ques nouveaux textes mais qui ne l'ont pas fait changer d'un iota. Sur poser avantageusement à la "petite barbarie" et à l'ivrognerie (que
ce point, l'expérience italienne a donc été à peu près sans effet. Rohan appelle d'une manière charmante "la buvette") allemandes! A
D'autre part, on le sait, ni sur îa peinture ni sur les arts, on ne côté de cela, voyons Montaigne. Pour lui comme pour Rohan, Trente
trouve grand-chose dans le Journal ni dans les Essais. Quant à la est une ville "non guère plaisante" mais - plus grave - "ayant du
fameuse allusion aux peintures grotesqus dont on a tiré sans précau- tout perdu les grâces des villes d'Allemagne" ( / , 149). Pas d'émotion,
tion tant de conclusions pour le moins hâtives ou imprudentes, pas de manifestation de joie en "entrant au langage italien" dans
elle ne résulte pas d'une impression personnelle rapportée d'Italie "cette ville [...] mi-partie en ces deux langues" (/., 150-151).
mais de l'observation d'un peintre au travail à Montaigne, avant le Et ce n'est pas fini. Voyez Montaigne à Venise: il est d'abord déçu
voyage'. par la ville qu'"il disait [...] avoir trouvée autre qu'il ne l'avait imaginée
et un peu moins admirable" (/., 162) et par les Vénitiennes chez qui "il
Ce n'est donc pas à propos du commerce des livres que la marque ne trouva pas cette fameuse beauté qu'on attribue aux dames de Veni-
de l'Italie s'imprime dans les Essa^ à la suite du voyage. Voyons ce se" (/., 163). (Cet avis n'est apparemment pas partagé par le secré-
qu'il en apparaît à propos du commerce avec les hommes ou de la taire-rédacteur. En arrivant à Florence, celui-ci fait par contraste l'éloge
fréquentation des lieux. de Venise: "Je ne sais pourquoi cette ville Florence soit surnommée
Première remarque: sur ce point, le Journal nous renseigne mieux belle par privilege, elle l'est, mais [...] sans comparaison au-dessous de
que les Essais. C'est par lui que nous savons que le premier contact Venise") (/., 180). Le premier contact avec Rome ressemble lui aussi
avec l'Italie fut décevant. Le secrétaire qui tient la plume dans la à une déception. On l'a déjà vu, c'est aux yeux de Montaigne plus
première partie du Journal n'écrit-il pas, même, que si Montaigne même que sa ruine, le "sépulcre" de VUrbs, et il n'en reste rien. Il le
"eût été seul avec les siens, il fût allé plutôt à Cracovie ou vers la dit (toujours par la plume du secrétaire) dans une phrase admirable et
Grèce par terre, que de prendre le tour vers l'Italie" (/., 153)? Phrase digne des Essais:
un peu incertaine: faut-il comprendre que Montaigne, sans dédaigner
d'aller en Italie, eût aimé voyager encore plus loin? ou que d'autres Le monde, ennemi de sa longue domination, avait premièrement
pays, l'Orient, voire la Barbarie (qu'on se rappelle les gentillesses brisé et fracassé toutes les pièces de ce corps admirable; et,
prodiguées sur la Pologne par les séides et autres courtisans d'Henri parce qu'encore tout mort, renversé et défiguré, il lui faisait
III!) attiraient Montaigne plus que le "Grand Tour" devenu déjà honeur, il en avait enseveli la ruine même (/., 200-201).
banal?
Toutefois, aucune de ces hésitations, de ces déceptions, de ces
Peu importe, mais il est frappant de constater l'intérêt sans
perplexités lors de l'arrivée ne passe dans les Essais, et on en igno-
équivoque de Montaigne pour l'Allemagne à une époque où ce pays
rerait tout sans le Journal, qui tient lieu d'une espèce d'"ins-
laisse indifférents à peu près tous les curieux et son hésitation — c'est
tantané" des impressions de Montaigne. Tant sur Venise et les
le moins qu'on puisse dire — en abordant l'Italie. Goût du paradoxe?
Italiennes que sur Rome, Montaigne cependant évoluera. Il y viendra
Sans doute, mais l'explication ainsi limitée reste courte.
peu à peu, et il y viendra bien. Comme Paris, Venise est devenue une
II est piquant de faire une comparaison entre la réaction de
"belle ville" dans le dernier ajout (qui date de 1588) au chapitre Des
Montaigne et celle du jeune duc de Rohan qui vingt ans plus tard
326 γ. Betlenger X'<n/lw«nee du voyage $ur hi "Eentk" 327

senteurs dans les Essais et Montaigne va jusqu'à parler de la faveur moderne comme ville où fut Montaigne se comptent sur les doigts
qu'il lui porte - même si c'est pour en dire le défaut: "Ces belles d'une seule main - largement. En 1582, Montaigne écrit: "Je me
villes, Venise et Paris, alterent la faveur que je leur porte par l'aigre recontray un jour à Rome sur le point qu'on défaisait Catena" (II,
senteur, l'une de son marets, l'autre de sa boue" (I, 56; 316 B). Sur 11; 432). En 1588, il note que 'Tescole de l'escrime en Romme [...]
Rome, c'est pendant le séjour même que Montaigne dit comment il a est pleine de françois" (II, 15; 613), que son frère, "sieur de Mate-
été peu a peu conquis par cette ville, où il n'avait pas trouvé d'em- colom, fut convié, à Rome, à seconder un gentil-homme qu'il ne
blée ce qu'un lettré en son temps venait y chercher. Il y est resté connaissoit guere" (II, 27; 696). Rien de bien caractéristique, rien qui
plusieurs mois, il a profité des plaisirs qu'offrait la ville, et pourtant il n'eût pu se passer ailleurs, à Bologne, à Ferrare ou à Florence. La
ville de la Renaissance, dont un Stendhal nous fait rêver, est absente
se rend compte alors qu'il va la quitter qu'il ne l'a connue que
des Essais.
superficiellement;
Quant aux Italiennes, si les Vénitiennes ont déçu Montaigne, il
Et puis argumenter par là, si j'eusse goûté Rome plus privé- ne tarde pas à les apprécier: quel voyageur français, au XVI* siècle,
ment, combien elle m'eût agréé; car en vérité, quoi que j'y aie n'est pas ébloui par les femmes de la péninsule? Même les paysannes,
employé d'art et de soin, je ne l'ai connue que par son visage dans ce pays, sont gracieuses comme des dames. Montaigne se trouve
public, et qu'elle offre au plus chétif étranger (/., 230) alors en Toscane:

N'entrons pas dans l'examen détaillé de ces remarques: peut-être


que la première déception a été celle de l'humaniste féru d'antiquité Ici, écrit-il, les paysans et leurs femmes sont habillés comme les
gentilshommes. On ne voit point de paysanne qui ne porte des
devant l'état lamentable des vestiges anciens. Qu'on se souvienne de
souliers blancs, de beaux bas de fîl et un tablier d'armoisin de
Du Bellay dans Les Antiquitez: couleur..., (J., 238).
Nouveau venu, qui cherches Rome en Rome, Si l'on suit l'analyse de Fausta Garavini dans l'introduction qu'elle a
Et rien de Rome en Rome n'aperçois... " donnée à son édition du Journal, ce type d'observation s'accorde à
une nouvelle humeur qui apparaît peu à peu pendant le voyage: au
Et peut-être que le goût pour Rome s'adresse davantage à la ville
fur et â mesure que Montaigne pénètre en Italie,
vivante, cosmopolite, elle-même un abrégé du monde, un théâtre
de l'univers qui devait séduire le citoyen du monde qu'était, que
se voulait Montaigne:
s'éteint la fièvre intellectuelle qui secoue les terres allemandes.
Ici le journal [...] s'italianise, et pas seulement dans la langue^^r
C'est la plus commune ville du monde [...] où l'étrai^eté et [...] le voyageur quitte sa robe de chercheur, de penseur sou-
différence se considère le moins; car de sa nature, c'est une ville cieux des graves questions d'histoire, de politique, de culture,
rapiécée d'étrangers. Son prince embrasse toute la chrétienté de pour ne garder que son habit de gentilhomme périgourdin, de
son autorité [...]. Le menu peuple ne s'effarouche non plus de hobereau qui se laisse alter à la douceur des lieux... (/., 21).
notre façon de vêtements, ou espagnole ou tudesque, que de la
leur propre, et ne voit-on guère de bélître qui ne nous deman- A ce propos, la commentatrice ajoute très pertinemment que l'en-
, de l'aumône en notre langue (/., 230-231).
semble du Journal ne fait que "confirmer une disponibilité" qui
incite Montaigne "à adhérer aux différents milieux et à prendre ce
Mais dans les Essais les allusions à Rome, qu'elles datent de la pre-
que chaque pays peut lui offrir pour la meilleure compréhension de
mière, de la deuxième ou de la troisième couche du texte, se rappor- Thomme et l'enrichissement de son moi" (Ibid).
tent presque toutes à la Rome antique. Les mentions de la Rome
328 γ. Beüenger ttnfluenee du voyage »ur le$ "EuaW
329

Disponibilité, sans doute, mais avec plus ou moins de naturel a justement recontré en Italie et, dans l'édition posthume, il confirme
ou d'effort, de rapidité ou de retard: l'ouverture à l'Allemagne avait par une addition marginale la haute opinion qu'il a de l'humaniste en
été immédiate, elle le fut moins à l'Italie. Mais, des influences diverses exil dans un ajout où le témoignage de l'opinion italienne vient
aidant, celle-ci fut peut-être plus durable: voyez l'affaire du page. appuyer la sienne: "...que la France et l'Italie recognoist pour le
Montaigne avait un page — en tout cas il en eut un après son retour meilleur orateur du temps" (I, 26; 174).
d'Italie — et ce page, mentionné dans les Essais, valut à son maître, Montaigne a vu à Rome l'exécution du voleur Catena (/., 197-
de façon posthume, quelques volées de bois vert de la part de com- 198). Dès l'édition de 1582, ce souvenir lui fournit quelques lignes du
mentateurs pointilleux sur la juste répartition des signes extérieurs de chapitre De la cruauté (II, 11) qui illustrent ce qu'il écrivait dès
richessesi3. Or ce page était "un page gentil-homme Italien" (II, 5; 1580: "Je conseillerois que ces exemples de rigueur, par le moyen
366 B); entré au service de Montaigne, peut-être, après l'épisode desquels on veut tenir le peuple en office, s'exerçassent contre les
italien? Quoi qu'il en soit, cela laisse apercevoir que la curiosité et la corps [comprenez: les cadavres] des criminels (II, 11; 431 A). Cela à
sympathie pour l'infinie diversité des coutumes et des comportements la suite de la remarque célèbre: "Quant à moy, en la justice mesme,
humains, si elles ne datent pas du séjour en Italie, se voient confor- tout ce qui est au delà de la mort simple me semble pure cruauté"
tées par la connaissance et l'influence de ce pays. (ibid.). Le souvenir de l'exécution de Catena vient donc confirmer
Mais, si l'influence italienne s'exerce bien dans le sens où l'indique cette certitude:
Mme Garavini, elle ne modifie pas Montaigne et elle ne le marque pas
non plus de façon indélébile. "Italianisé'* au point de se comporter, Je me rencontray un jour à Rome sur le point qu'on defaisoit
plus encore qu'avant son départ peut-être, en gentil-homme plutôt Catena, un voleur insigne. On Testrangla sans aucune emotion
qu'en magistrat (voyez l'affaire du page), il reprend rapidement "sa de l'assistance; mais, quand on vint à le mettre à quartiers, le
robe de chercheur, de penseur soucieux des graves questions d'his- bourreau ne donnoit coup, que le peuple ne suivit d'une vois
toire, de politique, de culture" mais en s'occupant de ces problèmes pleintive et d'une exclamation, comme si chacun eut preste son
sérieux sans jamais aucune trace d'affectation doctorale, sans gravité sentiment à cette charoi^e (II, 11; 432 1582).
en somme. A vrai dire, ce n'est pas une "robe" que revêt Montaigne
Ailleurs, c'est le souvenir d'une conversation, d'une rencontre où
quand il se préoccupe de ces choses de l'esprit: son goût pour
l'humour n'exclut pas la profondeur. Chacun connaît la réflexion du
l'exercice de la pensée, son intelligence constamment en éveil, résul-
seigneur italien, dans le même chapitre De la cruauté, qui, dans la
tent d'un temperament - comme son horreur de la gravité empruntée droite ligne de la pensée de Montaigne, incite à s'interroger sur la
et de la lourdeur pédantesque. De sorte que, déconcerté apparemment confusion des apparences: quelle est la valeur d u courage, de la
dans ses premiers contacts avec les hommes et les usages de la pénin- fermeté d'âme, si "la faute d'appréhension et la bétise contrefont
sule, il ne tarde pas à céder au charme d'un mode de vie qui répond ainsi par fois les effects vertueux"? Voici l'anecdote:
si bien à ce qu'il veut être lui-même: un honnête homme, c'est-à-dire
un homme du monde en même temps qu'un esprit intéressé pour
tout ce qui se passe autour de lui, auprès et au loin. Un Seigneur Italien tenoit une fois ce propos en ma presence,
au desavant^e de sa nation: que la subtilité des Italiens et la
Après le retour, le souvenir de l'Italie apparaît ici et là dans les
vivacité de leurs conceptions estoit si grande qu'ils prevoyoyent
Essais par des réflexions, des anecdotes reliées à une pensée, à une les dangiers et accidens qui leur pouvoyent advenir, de si loin,
préoccupation profonde que d'autres s'évertueraient à dire pesam- qu'il ne falloit pas trouver estrange si on les voyoit souvent; à la
ment. C'est quelquefois la confirmation d'un jugement. En 1580, par guerre, piouvoir à leur seurté, voire avant que d'avoir reconneu
exemple, les Essais énumèrent quelques bons esprits qui enseignaient le peril: que nous et les Espaignols, qui n'estions pas si fins,
au collège de Guyenne où Montaigne fut placé enfant. En 1582 il allions plus outre, et qu'il nous falloit faire voir à l'oefl et
ajoute à la liste dressée en 1580 le nom de Marc-Antoine Muret qu'il toucher à la main le dangier avant que de nous en eiïrayer, et
r"
330 γ. Bellenger
L'influence du voyage $ur let "Essala" 331
que lors aussi nous n'avions plus de tenue; mais que les Alle-
mans et les Souysses, plus grossiers et plus lourds, n'avoyent le ques qui provue la faiblesse de l'esprit humain comme la diversité
sens de se raviser, à peine lors mesmes qu'ils estoyent accablez des dialectes montre la variété de la langue italienne. Nous sommes
soubs les coups (II, 11 ; 426). au centre de VApologie de Raimond Sebond. L'ajout de 1588 surla
méthode montaignienne d'italien sans peine vient illustrer plaisam-
Et Montaigne de conclure: "Ce n'estoit à Tadventure que pour rire". ment cette idée:
Mais ce rire-là en dit plus long que bien des discours moroses. I

Même chose à propos de la "montre" et de la "cérémonie". Je dis de mesme de la Philosophie; elle a tant de visages et de
Montaigne n'a pas attendu d'aller en Italie pour en dénoncer la variété, et a tant diet, que tous nos songes et resveries s'y
vanité. Mais il n'est pas impossible que le faste des cérémonies ro- trouvent. L'humaine phantasie ne peut rien concevoir en bien et
maines ait renforcé sa méfiance pour l'ostentatoire. Rappelons-nous en mal qui n'y soit (ibid.}.
par exemple la procession pontificale qu'il voit passer de sa fenêtre le
3 janvier 1581: deux cents chevaux, autant de personnages de l'en- Ailleurs, beaucoup plus sérieusement, il est encore question de la
tourage pontifical, le Saint Père "monté sur une haquenée blanche, langue italienne, dans un passage où Montaigne dit son goût pour un
harnachée de velours rouge, franges et passements d'or", puis trois langage "tout plein et gros d'une vigueur naturelle et constante" chez
cardinaux et cent hommes d'armes à pied. Superbe. Mais sans qu'il y les bons auteurs (Virgile, Lucrèce), à qui "il ne falloit pas d'aiguë et
ait d'allusion directe à cela ni à quelque autre cérémonie romaine, ne subtile rencontre" mais qui "sont tout epigramme, non la queue
peut-on penser qu'un tel spectacle a pu être à l'origine de l'exclama- seulement, mais la teste, l'estomac et les pieds". Montaigne anticon-
tion du II® Hvre, dans le chapitre De trois commerces: "L'ambition cettiste, une fois de plus. De là, une allusion à l'italien, souvenir
paye bien ses gens de les tenir tousjours en montre, comme la statue direct d'une expérience personnelle: "En Italie, je disois ce qu'il me
d'un marché" (III, 3; 828 C)? De même, dans le chapitre Des coches, plaisoit en devis communs; mais aus propos roides, je n'eusse osé me
lorsque Montaigne évoque la magnificence des jeux de la Rome fier à un idiome que je ne pouvois plier ny contourner outre son
antique, il est permis d'imaginer que le souvenir de i'"Arena" de alleure commune" (III, 5; 873 Β). Pas facile de préciser l'expression si
Vérone qui l'avait tant impressionné f u t autant que le Colisée à l'on sort de l'usage ordinaire dans une langue autre que la sienne. Or
l'origine de ce développementi^. s'il s'agit de "propos roides", "j'y veux pouvoir quelque chose du
Ce type de réminiscences foisonne dans les Essais. Sur le parler mien" (ibid.), écrit Montaigne. Sans l'expérience italienne, aurait-il
italien, par exemple. On connaît la page, présentée comme un souve- pris aussi clairement conscience de ces contraintes et de ces limites?
nir direct, qui a donné lieu à quelques malentendus sur le mauvais Si Montaigne n'apprécie guère dans les mots les "fantastiques
italien de Montaigneis : "Je conseillois, en Italie, à quelqu'un qui elevations Espagnols et Petrarquistes", il aime en revanche les maniè-
estoit en peine de parler Italien, que, pourveu qu'il ne cerchast qu'à res de ces deux peuples - Espagnols et Italiens - dans la pratique de
se faire entendre, sans y vouloir autrement exceller, qu'il employast la vie :
seulement les premiers mots qui luy viendroyent à la bouche, Latins,
François, Espaignols ou Gascons, et qu'en y adjoustant la terminaison L'amour des Espaj^nols et des Italiens, plus respectueuse et
Italienne, il ne faudroit jamais à rencontrer quelque idiome du pays, craintifve, plus mineuse et couverte, me plaist. Je ne sçay qui,
ou Thoscan, ou Romain, ou Venitien, ou Piémont ois, ou Napolitain, anciennement, desiroit le gosier allongé comme le col d'une
grue pour gouster plus long temps ce qu'il avalloit (III, 5; 880
et de se joindre à quelqu'une de tant de formes" (II, 12; 546).
Β).
Plaisanterie. Boutade. Mais la technique est la même que partout
ailleurs dans les Essais; l'anecdote introduit, rehausse ou commente la
Raffinement que les Français feraient bien d'adopter: "Apprenons
pensée qu'elle accompagne: ici, la diversité des opinions philosophi-
aux dames à se faire valoir, à s'estimer, à nous amuser et à nous
piper. Nous faisons nostre charge extreme la premiere; il y a tousjours
332 y . Bellenger L ' i n / I u e n c e d u voyage \et " E m s ì « " 333

de Timpetuosité françoise. Faisant filer leurs faveurs et les estallant en voir clairement le Journal et que confirment plusieurs récits de
detail, chacun, jusques à la vieillesse miserable, y trouve quelque bout voyageurs du XVI® siècle, c'est aussi l'impression de liberté procurée
de lisiere, selon son vaillant et son mérité. Qui n'a jouyssance qu'en la â tous ces voyageurs français par l'Italie Les auteurs de récits de
jouyssance, qui ne gaigne que du haut poinct, qui n'aime la chasse voyage, et Montaigne parmi eux, sont frappés par le climat de tolé-
qu'en la prinse, il ne luy appartient pas de ses mesler à nostre escole" rance (qu'on me permette ce terme anachronique), par l'hospitalité et
(880-881). par la bienveillance des Italiens à l'égard des étrangers, par le cosmo-
C'est dans ce passage que Ton trouve cet hommage rendu à politisme des grandes villes de la péninsule (Rome, Venise) — autant
l'Italie, maîtresse en matière d'amour et de séduction comme en tant de choses qui s'opposent presque terme à terme à ce que Montaigne a
de choses plus graves: "Ceux qui cognoissent l'Italie ne trouveront quitté en partant pour son grand voyage et qu'il sait qu'il va re-
jamais estrange si, pour ce subjet, je ne cerche ailleurs des exemples: trouver en rentrant, autant de choses qu'il exècre: la guerre, les
car cette nation se peut dire regente du monde en cela" (883). Cela: dissensions, la vanité chauvine.
en l'occurrence, la jouissance.
J'ai honte de voir noz hommes enyvrez de cette sotte humeur
de s'effaroucher des formes contraires aux leurs: il leur semble
En revanche, d'autres rencontres dont le Journal fait saisir l'im- estre hors de leur element quand ils sont hors de leur vilage. Où
portance ne sont pas reprises, du moins directement, dans les Essais. qu'ils aillent, ils se tiennent à leurs façons, et abominent les
C'est grâce au Journal qu'on sait que Montaigne est allé plusieurs fois estrangeres. Retrouvent ils un compatriote en Hongrie, ils
parler à des Juifs, visiter une synagogue, tant qu'il était en Italie — où festoyent cette avanture; les voylà à se ralier et à se recoudre
ensemble, à condamner tant de meurs barbares qu'ils voient.
cela était possible, contrairement à la France. Mais la "conférence"
Pourquoy non barbares, puis qu'elles ne sont françoises? (III, 9;
qu'il put avoir ici ou là avec des hommes dont la pensée, la situation, 985).
l'histoire, le fascinaient n'est pas sans effet sur sa réflexion, même si
aucune des remarques portant sur les Juifs dans les Essais ne se Ce que Montaigne a découvert en Italie, et dont les conséquences
rapporte à ces visites et à ces conversations d'Italie. C'est Donald passent incontestablement dans les Essais, c'est la joie de vivre dans
Frame, dans sa belle bibliographie de Montaigne, qui remarque à ce une perpétuelle ouverture à autrui, dans un mouvement incessant
propos que en rapport avec la diversité du monde et des hommes. Grande leçon,
qui est - dira-t-on - celle du voyage autant et et plus que de l'Italie;.
les premiers Ess^ ne laissaient pas deviner que Montaigne Peut-être, mais où l'Italie a sa part, qui n'est pas négligeable.
prendrait tant d'intérêt aux gens ordinaires [tous ceux qu'il Pourtant, si l'influence de l'Italie sur la formation intellectuelle de
avait croisé pendant son voyage: Suisses, Allemands, Italiens,
Montaigne est considérable, il semble qu'elle ne tienne guère au
Qûvinistes, Luthériens, Juifs, etc], mais pendant et après son
voyage, il le fît, et sans le moindre embarras, voyage dont les traces dans les Essais apparaissent médiocres pour peu
qu'on tente de les recenser quantitativement. En fait, c'est surtout à
que ces contacts renforcèrent "son sens de la solidarité entre les oser être lui-même, totalement, que ce pays a aidé Montaigne, à le
hommes" et qu'ainsi le voyage "fit de lui non seulement un citoyen transformer en un homme résolument moderne qui, désormais, ne
de Rome mais, au sens le plus plein , un citoyen du monde, un cessera de déconcerter ses contemporains. Il suffit de comparer à
homme représentatif, conscient de l'être et prêt à parler à tous et l'accueil enthousiaste réservé aux Essais de 1580 la perplexité de la
pour tous les hommes"*® plupart des l e c t e u r devant ceux de 1588 pour mesurer la nouveauté
Sans doute, l'expérience italienne n'est pas tout dans l'histoire de de Montaigne après son retour d'Italie.
la vie de Montaigne. Mais d'une certaine manière, ce que nous laisse
Yvonne BELLENGER
Γ
L'influence du voyage tur le* "Etsait"
γ. Bellenger
335
334
helped make him not merely a citizen of Rome but in the fullest sense a
NOTES citizen of the world, a representative man, aware of this fact, confident
and ready to speak to and for all men.
(1) Sauf précision contraire, je citerai les Essais dans l'édition Villey-Saulnier: le chiffre
romain indique le livre, le premier chiffre arabe le numéro de chapitre, le chiffre arabe après D, FRAME, jVionra^ne. A Biography, rééd. San Francisco, North Point Press, 1984, p. 222.
le point-virgule donne la page, et éventuellement les lettres À, Β ou C indiquent la couche du (17) Cette liberté ne laisse pas d'ailleurs d'en scandaliser beaucoup: un Villamont, qui
texte (1580, 1588, édition posthume). Pour le Journal, l'édition de référence sera ceUe de voyage à peu piès au même moment que Montaigne (il est en Italie en 1588 et en 1591)
Fausta Gaiavini, collection "Folio": le chiffre donne la page. grommelle à plusieurs reprises contre "la liberté trop grande" laissée imprudemment aux uns
(2) Je renvoie ici aux travaux de Lionello Sozzi sur l'anti-italianisme en France au XVI® et aux autres dans ce pays, notamment aux Juifs, Ce n'en est pas le seul exemple.
siècle.
(3) II, 10; 410 A. Cf. édition du texte de 1580 par Dezefaneris et Barckhausen (abrév.
D. et B.), t. I, p. 344.
(4) Ibid., 418 A. (D. et B., p. 356).
(5) "VoyJà pourquoy, en toutes choses, c'est mon homme que Plutarque", II, 10; 416.
(D. et B.. p. 351).
(6) . . .
Depuis que Ronsard et du Bellay ont donné credit a nostre poesie
Françoise, je ne vois si petit apprentif qui n'enfle des mots, qui ne reiige
les cadences à peu près comme eux (1, 26; 171).
Et;
Aux parties en quoy Ronsart [sic] et du Bellay excellent [c'est-à-dire, si
on lit bien, pas partout\ je ne les trouve guieres esloignez de la per-
fection ancienne \faut-il lire: "guierez esloignez" mais éloignés tout de
même?] (II, 17; 661).

(7) Cf. Du Bellay (à propos de l'esprit, à Rome); "Pour l'esmoudre trop, il l'envoie en
fumée". Regrets, sonnet 72.
(8) Voir Essais, éd. cit., p. 1242, n. de la p. 148.
(9) I, 28; 183 A.
(10) Duc De Rohan, Sur les choses advenues en France, depuis la Mort de Henry le
Grand... Ensemble le Voyage du mesme Autheur, fait en Italie, Allemagne... Fait en Van
1600., Paris, Compagnie des libraires du Palais, 1665, t. II, p. 219.
(11) Antiquitez de Rome, sonnet 3.
(12) Allusion au fait que Montaigne rédige le Journal en italien tant qu'il se trouve en
Italie.
(13)
H y a une affaire du page de Montaigne. La mention de ce page a attiré
sur Montaigne les foudres de Balzac, qui voit là une preuve de la vanité
de Montaigne. Π estime d'abord que Montagne, étant dormé sa situation,
ne devait pas avoir de page; qu'en second lieu, s'il en avait un, Q ne
devait pas en parler. Soiel (1664) prendra sur ce point la défense de
Montaigne; mais la Logique de Port-royal (1666) revient sur la question
et renchérit sur les critiques d e Balzac.

Pierre Villey, éd. cit. des Essais, p. 1150, rt de la p. 366.


(14) J , 158 (et n. de F. Garavini, p. 413).
(15) Cf. F. GARAVINI, "Montaigne écrivain italien?", in Mélanges Pierre Michel, 1984,
p. 118-129.
(16)
The eaïUer Essays had not suggested that he would like these ordinary
people so much; but he does, and quite unabashedly. [...] The t r ^
Montaigne e Tautonomia della Post Dia

1. È forse comprensibile che uscendo dal proprio territorio, toc-


cando contadi a lui assai meno noti, qualcuno cerchi di sperimentare
osservazioni fatte intomo a svolgimenti che vennero dopo; e pur
pensando che non sempre il senno di poi vale per meglio conoscere
il passato. - che per es., nella fattispecie, il settecento possa illumi-
nare il sedicesimo secolo, non fosse che per la pericolosità delle
sgambate storiche - forse è accettabile il ricorso a nozioni operative
di quello per indagare qualche angolo di questo. Non sarebbe quindi
improprio pensare che se nel settecento la meditazione quale viaggio
degli errores contribuì non poco all'analisi di una condizione umana,
matrice di spericolate scoperte successive, nel cinquecento un mac-
chinismo analogo, ο che può essere studiato analogicamente, portò
alla costruzione del grande sistema di Esperienze quale fu Topera di
Montaigne. Anche la "rêverie" di Rousseau, di altri prima di lui, si
fece strada e si articolò attraverso una dinamica di rielaborazione
accrescitiva; in Montaigne, come si sa, la rielaborazione, — la con-
taminazione? — agi secondo lo schema della Postilla, strumento
retorico più diretto, meno reticente, meno ambiguo, imbevuto di
classicità. Volle probabilmente mantenere un legame con il testo
postillato, proprio post illa verba auctoris, e non se ne disciolse mai
del tutto, come vagabonda ricerca che sempre debba dibattere sulla
possibilità di un ritomo. — C è da vedere, se si può vedere, in che
rapporto stanno il luogo citato da cui si parte, e il viaggio.
246 G. Nicoletti Montaigne e l'autonomia della Pott Illa
247

2. Non ê questa osservazione che non sia stata già approfondita. meno in seguito, avrebbe aiutato la crescita di sé con qualche ulte-
Ma anciie nei passi in cui è più agevole parlare di centone, non riore propulsione. D'altronde, come uscire da un linguaggio se non
è facile, forse non è possibile, scindere l'effetto della causa, lo scritto attraverso quel medesimo linguaggio?
dall'occasione. Questa ipotesi pecca di idealismo? Ο l'altra di positivismo?
Ma la scissione sarebbe fruttuosa? Soprattutto, sarebbe lecita?
Comunque si giudichi Toperazione scritturale di Montaigne, 3. Per altro Montaigne, parlando nel Primo Libro De la Force de
la prima scelta di un testo agente, di un autore da postillare, fu VImaginai ion, ha chiarito il suo pensiero ricco di problematiche
dettata da un moto di preferenza, fu il risultato di un vaglio. Per es. illazioni. Non solo dichiara che "les Histoires que j'emrunte" vanno
non è pensabile che abbia portato a termine, ο soltanto iniziato, una attribuite a coloro "de qui je les prens", per cui il discorso è senz'al-
riflessione sulla natura perché pilotato da Lucrezio ο da Seneca, che tro suo "par la preuve de la raison, non de l'experience", ma specifica
senza costoro non avrebbe potuto pensare che "inter se mortales di poter dubitare della sua scienza (le "Histoires"), non delia sua
mutua vivunt", che ognuno trasmette all'altro, "quasi cursores", il coscienza (il modo di esporle, connetterle e trarne conclusioni), di
fuoco della vita ("anche nei senso volgare della parola", aggiunge- voler raccontare quel che sa dire, "accomodant la matière" a ciò di
rebbe Balmas). Ogni selezione suppone un criterio di spogho. L'arbi- cui si sente capace, e insinuando non senza ironia che se fosse ob-
trio quale facoltà di operare secondo ragione implica l'alternativa, bligato a seguire qualcuno "ma mesure pourroit fallir à la sienne". Il
soffermarsi su un'articolazione, ideando ο figurando, implica ovvia-
quindi una cernita, l'elezione di un discorso deputato a manifestare
mente un prevalere del concepimento sull'esempio, appunto della
non il pensiero dell'altro, per "autore" che sia, ma il proprio pen-
capacità d'inferire, di desumere dalla citazione un incremento del
siero. A parte la difficoltà, che provoca una certa lentezza, di uscire
proprio "essayer".
da un "genere", non si vuole così escludere che la tecnica di una
scrittura, intesa come arco che congiunga i diversi momenti della La Post Illa, sia pure attraverso un garbo da cui traspare non
meditazione, non possa avvalersi dell'appiglio, e nemmeno sostenere solo gentilezza ma prudenza, include sempre perplessità, talvolta
che l'appiglio non abbia interferito per nulla nella meditazione stessa, attenuato rifiuto, e nel caso accettazione meditata. Nel medesimo
talvolta persino modificandola; si vuole affermare che il modo dell'ap- capitolo suWlmagination chiama in causa, quali inattesi predecessori
proccio fu primario, fu sforzo verso quella direzione così voluta, del "petomane", Sant'Agostino quando
decisa, programmaticamente impostata, fu precipuo fatto determi-
nante, non uno dei modi possibili ma il modo per eccellenza. Ne allégué avoir veu quelqu'un qui commandoit à son derrière
deriva che il testo non costituì ' l'ortopedia della postilla, bensì la autant de pets qu'il en vouloit, et que Vives, son glossateur,
postilla fu causa incausata del prelevamento di un testo riferito senza enchérit d'un autre exemple de son temps, de pets organizez,
titubanza, persino ostentato. Quasi epigrafe. suivant le ton des vers qu'on leur prononçoit,
Se ciò è esatto, salvo le eccezioni che indulgono a certa moda
e aggiungendo (1595) il caso di Claudio imperatore riferito da Sve-
dell'epoca, e pur tenendo conto di qualche incertezza dei primi
tonio, ma senza modificare, di fronte a tanta autorità, la propria
scritti di Montaigne, non risulta modificata la valutazione degli
opinione. - Ora, se il rilievo è esatto, se ne può arguire che in Mon-
Essais ma la loro dinamica. Non il Marginale è venuto crescendo
taigne l'esempio, ben lungi dall'essere elemento risolutivo della spe-
fino a rimuovere la sua origine, - il peccato d'origine - bensì l'ori-
rimentazione, costituisce la Tesi, ovvero l'argomento da svolgere e
gine si è progressivamente assottigliata. La differenza fra le due dimostrare, mentre la Post Illa ne sarebbe l'Antitesi, ovvero la dis-
ipotesi non è sofistica poiché nel primo caso la postilla non sarebbe sertazione vera e propria, enunciazione e discussione del problema.
dimentica di un terreno su cui poggiare il piede, di un porto cui Rimane da vedere se in tal modo si giunga alia Sintesi ο composizione
tornare a riprendere nuova lena per il viaggio, mentre nel secondo di assunti contrari.
sarebbe direttamente venuta da Montaigne il quale, più in principio e
248 G. Nieotetti Montaigne e l'autonomia della Pott Ula 249

È difficile negare agli Essais la drammaticità di ogni analisi della c'est plustost une teinture universelle qui me tache". Se si dichiara
condizione umana. La Sintesi avrebbe potuto esserne la catarsi. che in Montaigne l'ideale non è un'astratta libertà stoica ma una
condotta relativa all'umana condizione, com'è parso a qualcuno,
4. Drammaticità della condizione umana; della incerta vicenda di occorre pur sempre reperire in siffatta umana condizione un certo
vero e di falso; dell'alternanza contraddittoria di ogni valutazione; di grado di accettabilità, e un connesso consenso di Montaigne mede-
fremiti, speranze e scoraggiamenti; di trovate deludenti e verifiche simo, che invece sembra malcerto. Se sperimentare ("essayer") non
angosciose. Ogni sorta di razionalismo stoico ha il suo inevitabile significa risolversi, e se Montaigne non sente colpa di una macchia sua
correttivo. Persino l'antropocentrismo, in un'età notoriamente antro- particolare poiché ad imbrattarlo sarebbe una "tinta universale", la
pocentrica, entra in crisi. Non è difficile trarre da questo organismo sperimentazione pare giunta a un'integrale sfiducia. Ovvia la reazione
scettico e pessimista Timpressione di un dinamismo ipotetico del di Bossuet come quella, per quanto temperata, di Pascal. Montaigne,
discorso saggistico di Montaigne nel senso che la dissertazione se- con il suo libro "farouche et extravagant", non portò a termine una
guente la tesi conduce a conclusioni e corollari incompleti e imper- pistola morale, ma smascherò la creatura e il suo mondo cominciando
fetti. ovvero al rilancio di novelle e incessanti ipotesi. Il Pensiero si da sé quale oggetto da lui meglio conosciuto.
risolve in volontarie congetture e il congetturare in una scienza dei Perciò il metafisico c'è solo quale mancanza. Saggio fu non
limiti, in un andare da incertezza a incertezza che a posteriori rende accennare neppure a tutto quello che è al di sopra della questione.
non inutile ma inefficace lo stesso andare. Il famoso "Que sais-je?"
non si rasserena in socratico acquetamento ma nell'affermazione di 6. Ed ecco la Questione.
una congenita mancanza, persino d'indizi, da cui non si può non Se dir qualcosa di "nuovo" su Montaigne è impossibile, qualche
desumere l'umana impotenza non si dica a determinare ma nemmeno aspetto della vicenda interiore può esser posto in rilievo insieme alle
a delimitare l'ambito di una gnoseologia esistenziale. Ne scaturisce che sue conseguenze. Fra gli autori dei quali non certo subì l'influsso, ma
gli assunti contrari, fin quasi a una sorta di imbottigliamento cono- che ammirò di più, Guicciardini sembra, oltre per es. Tacito, non
scitivo, a un "bouchon" di idee e osservazioni insolute e insolvibili. tanto prevalente quanto indicativo: "il n'y a aucune apparence que,
- S e da un lato Montaigne può apparire quasi un terminale di prospet- par haine, faveur ou vanité, il ayt déguisé les choses", dice nel dodi-
tive precedenti, storicamente facili da enunciare, e da lui revisionate e cesimo capitolo del Secondo Libro. Aggiunge di aver notato "que
consunte, dall'altro è di certo un nodo in cui la domanda "cosa so" de tant d'ames et effects qu'il juge, de tant de mouvemens et con-
non si risana nel saper di non sapere, ed è un grido soffocato cui seils, il n'en rapporte jamais un seul à la vertu, religion et conscience,
nepppure Teco può rispondere. comme si ces parties là estoyent du tout esteintes au monde". Sic-
Con la parola Postilla ο s'intende che l'esperienza pojiicipata come precisa sul "suo" Guicciardini che "quelque langue que parlent
è un viaggio per identificare terre conosciute, ο è virtù che si affigge mes livres, je leur parle en la mienne", per dire che dato l'interro-
gativo altrui conta la sua risposta, c'è da vedere se è esatto desumere
nell'idea di nuove lande ignote.
dal discorso su Guicciardini che "dunque" Montaigne non persegue
5. A prima vista sembra che l'ignoto si risolva in placido riconosci- un sistema né un logico svolgimento del pensiero. - Ο piuttosto intese
mento della natura umana, nel conformarsi alle esigenze della vita instaurare una sorta di metodologia della qualità casuale ο fortuita,
secondo i ritmi di uno schietto godimento dell'esistere, all'interno ovvero dell'Accidente, rimanendo al di qua di ogni ricerca intomo
di limiti certi ma non sgradevoli. Cosi, per es., maturando la sua all'essenziale ο sostanziale?
riflessione, Montaigne dice nel capitolo sul Pentimento del Terzo Se cosi fosse, due cose sarebbero inevitabili. La prima consiste nel
Libro che la sua coscienza è contenta di sé. Ma aveva anche detto: rilevare che siffatto metodo, qui indicato sommariamente, implica una
"Si mon ame pouvoit prendre pied, je ne m'essaierois pas, je me priorità del Particolare che esprime, - per usare la terminologia
resoudrois"; e spiega meglio: "Ce n'est pas par macheure (= tache), aristotelica — solo inerenza ο non inerenza, e che alla larga comporta
250 G. Nicoletti Montaigne e l'autonomia della Poit Illa 251

la lode a Guicciardini. La seconda, più importante, suppone con solo per ricavarne qualche vantaggio, mentre gli uomini sono tutti
qualche fondamento che questa procedura gnoseologica fu per Mon- cattivi e buoni appaiono, di volta in volta, coloro che sono utili. Se
taigne non una trionfante scoperta ma un riconoscimento non privo tanta gelida freddezza, come fu detto, sa di lama d'acciaio, a buon
di rattristanti conseguenze. Non è credibile un uomo del cinquecento, diritto sia Guicciardini che Montaigne sono creature del Rinasci-
- secolo di grande vitalità inventiva e desideroso di organizzare un mento. La storia è regno del caso, e se in siffatta prospettiva si può
nuovo pianeta di scoperte e conoscenze - rassegnato a fermarsi, inserire il machiavellico concetto di Fortuna, a maggior ragione si può
volontariamente ο per naturale tendenza, molto prima di ogni tenta- considerare quello di Particolare. Indubbia fu la loro volontà di
tivo, molto prima di abbozzare il più piccolo sogno. Va detto una rimanere aderenti a quel che "realmente" accade, rifuggendo siste-
volta per tutte che se non c'è uno slancio di questa specie non c'è maticamente da qualsiasi regola ο norma.
speranza di scrittura. Si dica piuttosto che ogni qualvolta volle porre In tal modo il sistema riappare. Non fa meraviglia se l'ordine
la lancia in resta, la incappucciò di nuovo e la rimise a riposo perché della scrittura non può che essere un organismo.
sia la verifica iniziale del mondo che è, sia la verifica terminale, si
opponevano a qualsiasi volo, anzi a qualsiasi breve aliare. - Ma con 8. Una sia pure incompleta conclusione è possibile. Si tenga pre-
ciò chi può dire che Montaigne rifiutasse un sistema, se fu solo sente, fra l'altro, quanto ha accortamente rilevato Friedrich, e cioè
costretto a sistematizzare una necessitata assenza di sistema? che la pioggia di esempi, negli Essais, con il loro cumulo pone in
Con il che un'altra osservazione va desunta dal metodo di postil- rilievo "la confuse diversité des productions humaines", e sono la
lare le proprie letture, nient'altro che il compimento di un giro prova della loro "insignifiance" i. Infatti non solo Montaigne cercava,
intorno a questa ο quella sentenza per intendere l'altrui opinione e in verba auctoris, una certa quantità di cose, ma l'inconsistenza loro,
affinare il proprio sentire. La tesi dell'esempio è spesso smentita dalla quindi l'inutilità della stessa citazione. Ne desumeva l'ambiguità
dissertazione ο antitesi ο Postilla, e se forse almeno qualche volta, dell'Esistente. Inesorabile, escludeva ogni Essenza, per cui spicca di
come tutti, avrebbe preferito arrischiare qualche universale, inesora- questa, semanticamente, la grande Assenza.
bilmente quest'ultima confermava la varietà dei casi, la contrad- Di qui deriva l'atto liberatorio, - ο almeno superatorio — ovvero
dittorietà dell'umano, la vanità di leggi, norme, precetti esterni ο la Scrittura, che nell'ambito di queste osservazioni si identifica con la
interiori, quindi l'irresistibile violenza dell'immaginazione, che induce Post Illa, il verbo che non avendo alcun intento "positivo", bensì
alle maggiori stranezze e può condurre alla morte. teoretico, non può non essere considerato autonomo. Ma c'è di più. Il
Anche se le scienze matematiche oggi smentiscono il sofisma, nodo che lega fatti e Postilla è drammatico poiché questa si fonda
nell'ambito dell'esistenziale è difficile sostenere che Achille raggiun- sulla incoerenza di quelli; la libertà scritturale consiste nel negare una
gerà la tartaruga. La dicotomia è insuperabile. L'eroe non vince. qualsiasi logica della loro storia; dal dilemma emerge più che mai
l'antinomia fra meditazione e oggetto della meditazione. Si spiega
altresì il ripetitivo incalzare del discorso che rende la materia allun-
7. Non è difficile far discendere da ciò l'idea di storia secondo gabile a piacere, suscettibile di moltepHci inserimenti successivi che
Montaigne, che più per affinità elettiva che per libresca derivazione estendono ma non modificano mai, ovviamente, la sostenza della
è analoga, — ο può essere considerata analogicamente — all'idea del dissertazione. Contro la Tesi e sopra la Tesi, in modo precipuamente
Guicciardini: non sono gh uomini a determinare il corso degli eventi metalinguistico, l'Antitesi sì nutre delle dicotomie permanenti, e come
bensì un complesso di fatti e "cose" che danno origine a varietà di si diceva non giunge ad alcuna sintesi, — ma ora si può dire che nel
circostanze del tutto sottratte all'intendimento nei tempo in cui si non giungervi consiste la sua forza effettiva.
producono. Non c'è modo di attribuire "stati eterni" al presente Lo strano (ma è strano?) è appunto questo: Montaigne è riuscito
ο al futuro. La positività e non la teorica è produttiva. La società a trarre un ordine dal disordine, un conoscibile dall'inafferrabile, la
civile e cristiana recita la commedia di separare i buoni dai cattivi discussione di una tesi da una tesi indiscutibile. - Una scrittura dal
coacervo.
252 G. Nieoletti

Per usare se non una sentenza una locuzione, si potrebbe con-


fermare che Facit Indignatìo Versum, - se l'indignazione non fosse
del tutto assente dagli Essais.

9. Infine, se non mancassero spazio e tempo, come nell'atto critico


accade sovente occorrerebbe ora cominciare l'indagine della Postilla in
senso diverso ma complementare di dantesco contorno dell'immagine
riflessa. Sempre tetica risulterebbe l'inamagine, -- un universo di
relative e ingannevoli sicurezze - sempre antitetico il crescere della
postilla, il suo divagare fra aneliti smorzati dal concreto, dal ricono-
scimento di un'impotenza conoscitiva, in un organigramma mai
provvidenziale. Bisogna dire che Montaigne non aveva alcuna pro-
pensione storiografica, non per un qualsiasi rifugiarsi nell'ideale bensì
per l'annoso insulto del reale, - e se ne può dedurre quanta strada sia
stata percorsa, — verso la luce ο l'ombra non si sa - fino alle ma- Avantage à Montaigne
gnifiche sorti progressive.
Una parola ovvero un'idea permette talvolta di meglio intendere Il est amusant que la notion d'avantage n'ait pas retenu l'attention
una complessa problematica. La Postilla così considerata sembra de ceux qui s'intéressaient à la Fortune et au hasard dans la pensée de
consolidare meglio (o è impressione soggettiva?) il materiale degli l'auteur des Essais, ou qui analysaient son goût pour ^'occupation
Essais. La Postilla va pura colta nella metafora di un percorso fino militaire" Voilà pourtant, de Froissart à Alexandre Dumas, sans
all'orlo della cateratta che disgiunge l'essere dalla sua mancanza. Certa oublier notre presse quotidienne et nos jeux, l'une de ces notions
durezza metodica, in Montaigne, se è un dato di fatto, enuncia nel souterraines qui touchent autant au comportement qu'à la pensée
contempo la difficoltà esistenziale. rationnelle, et qui survivent d'autant mieux qu'elles ont travaillé avec
D'altronde i tempi che correvano restano come sfondo. La Postilla l'inconscient et le grand nombre, plus qu'avec la raison et l'élite
non fu iscritta in acque nitide e tranquille, ma cosi profonde che i intellectuelle. Assurément, son registre et ses implications militaires,
fondi erano persi. ainsi que ses relations avec le jeu, ont été parfaitement sensibles aux
contemporains de Montaigne - et à lui-même-. L'analyse permettra
Gianni NICOLETTI peut-être de comprendre davantage (si j'ose dire...) et de l'intérieur, la
manière dont la pensée de Montaigne reste attachée à des compor-
tements militaires, mieux que ne le font ses propres récits et ses
déclarations d'allégeance à ces idéaux, déclarations toujours suspectées
de complaisance ou d'ironie par la critique moderne. Elle permettra
NOTE
aussi, sans doute, de retrouver avec une relative précision le modèle
(1) Cfr. C. BLÜM, Ecriture et Système de Pensée; 1580: l'Histoire dans les "Essais", in du jeu auquel s'affronte sa longue réflexion sur les échanges verbaux.
M<mtaigne et les Essais, Paris-Genève, Champion-Slatkine 1983, p. 4. L'avantage est en effet le moyen par lequel la réflexion pratique
accepte l'existence des inégalités naturelles, les affronte pour les
aménager et les organiser, ou tenter de les détourner et subvertir.
Autre point: lié profondément au XVI® siècle à la vie du corps
et à ses activités, l'avantage a toutes les raisons de paraître sans
156 M. Dai Cono

Nanterre, 1972; La morale et la poUtique: Montaigne, Cicéron et Machiavel, in "Italica",


1973, t. 50, n. Il; Machiavel et l'histoire, in "Culture Française", 1977, η. XXIV), I. Η.
Whitfìld (Machiavelli, Guicciardini, Montaigne, in '^Italian Studies", 1973, η. Χ
ΧνΠΙ), Μ. Tetel (Montaigne and MachiaveüL Ethics, Politics and Humanism, in "Rivista di
letterature m o d a n e e comparate", 1976, η. ΧΧΚ), E. M. Bearne (The use and abuse of
Machiavelli: the Sixteenth Century french adaptation, in "Journal of the History of Ideas"
1982, X L n i , n- 2), S. Schiffmann (Montaigne and the problem of Machiavellism, in "The
Journal of Medieval and Renaissance Studies", 1982, ΧΠ, n. 1), N. Gotarbert (Pour une
lecture politique de la Servitude volontaire de La Boétie, in "Β. S. Α. M.", 1983, ηη. ΧΙΙΙ-
XVI).

Montaigne et les guerres d'Italie

"Il y a le nom et la chose", écrit Montaigne dans un chapitre


fameux 1. Cela est vrai aussi des guerres d'Italie qui ne s'appellent pas
encore ainsi à l'époque de notre auteur. Mais les contemporains
rapprochent volontiers les expéditions italiennes de Charles VIII,
Louis XII et François I. Montaigne pour sa part a recoure à plusieurs
expressions, toutes attestées de son temps: "voyage au delà des
monts" (p. 68) et surtout "guerres de Milan" aussi bien pour des
épisodes des guerres de Charles VIII que pour ceux des règnes qui ont
suivi. La plupart des faits rapportés dans les Essais se situent pourtant
- et ce n'est pas un hasard — sous le règne de François I, qu'il s'agisse
de la mort de Bayard (1524; ί, 3), du sac de Rome par les impériaux
(1527; I, 18) ou de l'expédition de Charles ( ^ i n t en Provence (1536;
I, 47).
Force est pourtant d'avouer que s'il est question dans les Essais
des guerres d'Italie, il faut un oeil bien exercé pour les découvrir.
Privées de l'honneur des titres, elles fournissent surtout des exemples
et apparaissent sous forme des premiers Essais: I, 5, et I, 6, qui
forment couple, mais aussi I, 15, I, 18, I, 47 et la liste pourrait
s'allonger. Ces chapitres ont en commun d'avoir été écrits presque
tous entre 1572 et 1574, peu de temps donc après la retraite de
Montaigne, à une époque où, selon Villey, il s'adonnait à la lecture
des historiens et notamment, pour le sujet qui nous occupe, de
Guichardin2 et des frères Du Bellay3. L'explication serait là: les
Montaient et let guerree d'Italie 159
158 D. Ménager

Montaigne a en tête le texte de Guichardin qu'il propose aussi des


guerres d'Italie s'inscrivent dans les premiers Essais parce qu'au exemples où la tromperie est le fait des Italiens: "afin que nous (= les
moment où il les compose, Montaigne lit des historiens qui les rap- Français) ne nous en allions sans revanche" (p. 29)9.
portent, français aussi bien qu'italiens. Avouons que cette explication Sa thèse est claire: le mal est partout; partout on manque à la
ne nous satisfait pas, car il faudrait encore expliquer pourquoi Mon- parole donnée, en Italie comme en France, peut-être même déjà dans
taigne lit ces auteurs justement à ce moment là. Sujet mineur en l'antiquité. Une lecture purement éthique de ce chapitre ne suffit
apparence, ces guerres possèdent, dans le texte, un enjeu qui les pourtant pas. Montaigne n'exclut pas en effet "que, en temps et lieu,
dépasse, et qui concerne le jugement de Montaigne sur la guerre, il [...] soit permis de nous prévaloir de la sottise de nos ennemis,
l'aventure des Essais où iJ s'engage et la situation intellectuelle de son comme nous faisons de leur lascheté" et admet que "la guerre a
temps, où Français et Italiens ont encore beaucoup à apprendre naturellement beaucoup de privileges raisonnables au prejudice de la
pour mieux se connaître. raison" (p. 28-29). Pour parler le langage du Neveu de Rameau, les
Frieda S. Brown remarquait demièrement^ que sur les 45 cha- guerres offrent toutes sortes d"'idiotismes moraux", celles d'Italie
pitres dont Villey place la rédaction en 1572-1574, plus des trois- comme les autres. Voilà pouquoi il arrive à Montaigne d'enregistrer
quart comportent quelques allusions à la guerre et à la politique, simplement la réalité comme dans ce chapitre 15 envahi lui aussi par
observation précisée par G. Nakam qui note de son côté l'importance, des exemples venant des guerres d'Italie: pas moins de troislo, chargés
dans le titre même des Essais de 1580, de la chose militaires. Deux d'illustrer l'idée énoncée par le titre: "On est puny pour s'opiniastrer
chapitres, parmi d'autres, illustrent ce point de vue: I, 5 ("Si le chef à une place sans raison". Héros (si l'on peut dire) de ces brefs récits:
d'une place assiégée doit sortir pour parlementer") et I, 6 ("L'heure le connétable de Montmorency, à deux reprisesiJ, et Martin Du
des parlemens dangereuse"). Bellay lui-même, qui massacrent sans scrupules excessifs ceux qui
osent leur résister dans de misérables "pouillers". Loi de la guerre,
Frieda S. Brown les rapporte à la propre expérience militaire de semble admettre le début du chapitre: "De cette considération est
Montaigne (dont il faut avouer que nous ne savons pas grand chose )6 née la coustume que nous avons aux guerres, de punir, voire de mort,
mais surtout à son discours éthique: guerres antiques et guerres ceux qui s'opiniastrent à défendre une place qui par les reigles mili-
modernes permettraient à notre auteur de prendre clairement position taires ne peut estre soutenue". Ce "nous" englobe tout le monde,
sur des questions à la fois classiques et actuelles: légitimité de la ruse, Français et Italiens, anciens et modernes. Il interdit le confort trop
respect de la parole donnée, droits des vainqueurs sur les vaincus. facile des jugements moraux, interdit même à l'historien de prétendre
Comment pourrait-on nier que Montaigne oppose des formes de à l'objectivité. Ce n'est pas un hasard en effet si Martin Du Bellay
guerre loyales, "vrayment romaines" (p. 25), à celles d'une époque lui-même apparaît dans ce chapitre, non plus seulement comme
dépravée, la sienne, qui se croit tout permis dans une ville assiégée? historien mais comme chef de guerre, aussi cruel que les autres: en
Dans le second de ces chapitres, en particulier, quatre exemples peu rapportant la manière dont il fit pendre le capitaine de Saint Bony
développés montrent le danger des "parlemens", dont deux con- coupable de lui avoir résisté, Montaigne montre comment il faut
cernent les guerres d'Italie. Le premier donne un bien vilain rôle aux considérer le témoignage historique, et que ceux qui écrivent l'histoire
Français qui s'emparent de Capoue en profitant des pourparlers l'ont parfois également faite et de la manière la plus contestable 12.
engagés avec le "Seigneur Fabrice Colonne, Capitaine de la Ville"; "C'est tougors plaisir de voir les choses écrites par ceux qui ont
et le second aux Italiens qui prennent la ville de Gênes à la faveur essayé comme il les faut conduire" (p. 419). Sans doute, mais à
d'une trêve''. La comparaison entre le texte de Montaigne et celui condition de ne pas confondre témoignage et vérité. Montaigne nous
de Guichardin, source du premier exemple, souligne la sécheresse aide dans cet exercice de difficile lucidité.
de la manière montaigniste, l'Italien profitant sans doute de la cir-
Les guerres d'Italie constituent aussi un spectacle qui retient
constance pour montrer la cruauté des Français, auteurs d'une "gran-
Montaigne pour des raisons qu'on osera appeler esthétiques. Tant
de boucherie" dans la ville de Capoue». Et c'est bien parce que
161 165
£>. Ménager Montaigne et le» guerrei d'Italie

d'événements, de revirements, de "changemens de fortune" (p. 53): substitue une véritable scène de comédie, s'amusant de l'embarras de
voilà une excellente pièce de théâtre. Pourquoi faudrait-il nier cette l'ambassadeur italien ("le pauvre homme!") devant François 1* dont
dimension de l'histoire puisque Montaigne lui-même, avec une belle finesse fait ici merveille.
honnêteté, reconnaît le plaisir qu'il prend "aux jeux tragiques de Nous retrouvons le roi dans une situation plus militaire, lorsqu'il
l'humaine fortune" (III, 12, p. 1046)? "Les bons historiens, ajoute-t-il se demande quel parti prendre, en 1536, devant la menace d'invasion
encore, fuyent comme une eau dormante et mer morte des narra- de Charles Quint: aller à sa rencontre ou l'attendre chez lui^^. Sujet
tions calmes pour regaigner les seditions, guerres, où ils sçavent que classique de tous les arts militaires de l'époque qui (Machiavelli,
nous les appelons" {ibid. Les guerres d'Italie représentent ce qu'on Guillaume Du Bellayis, Bodini») traitent de la stratégie à adopter
peut faire de mieux dans le genre. quand l'invasion menace. C'est l'instant du choix^o qui intéresse ici
Veut-on des héros? Voici Bayard, mortellement blessé, allongé au l'auteur des Essais, d'autant plus difficile que les exemples antiques et
pied d'un arbre "en façon qu'il mourut le visage tourné vers l'en- modernes peuvent illustrer les deux thèses. Plus intéressante peut-être
nemy" (I, 3, p. 18). A-t-on le goût des peurs paniques? Voici, au l'écriture même de ce chapitre, très bien commentée par G. Nakam:
siège de Rome, ce un chapitre "tout imprégné de la guerre, de son mouvement d'allées
et venues (on peut penser à des manoeuvres de cavalerie), de ses
port' enseigne [...] saisi d'un tel effroy à la première alamie que tactiques et de leurs critiques" et traduisant dans sa structure même

par le trou d'une ruine il se jetta, l'enseigne au poing, hors la r"incertitude et le "hasard" de ces combats" . Marches et con-
ville droit aux ennemis, pensant tirer vers le dedans de la ville tremarches, mouvement parfois titubant: n'est-ce pas, dans bien des
(1, 18, p. 75).
chapitres, l'allure même des Essais? La guerre n'est plus à l'extérieur
de ceux-ci, sujet parmi tant d'autres, mais logée dans son écriture.
Est-on curieux de savoir où peut mener l'héroisme du désespoir?
Qu'on lise alors au chapitre 14 ce qui est dit de ces "maitres de
Et ce n'est pas un hasard si elle s'installe au début du livre, au
maison" italiens, au nombre d'au moins vingt cinq, qui décident en
moment où Montaigne inaugure son métier d'écrivain. Pourquoi,
une semaine de mettre fin à leurs jours: exemple d'autant plus
finalement, ces guerres d'Italie, terminées depuis trente ou quarante
précieux que Montaigne le tient de son père lui-mémei^ (j'y revien-
ans, et non celles qui ravagent la France et la province de l'auteur?
drai). Les guerres d'Italie, ce sont aussi des trahisons, expliquées plus
L'expUcation est à chercher, du côté du père de Montaigne, Pierre
que jugées. Ainsi celle de
Eyquem, qui, dans l'enthousiasme de sa jeunesse, a fait le "voyage" au
delà des monts au service de François I®23. Pierre Eyquem avait tenu
François Marquis de Salusse lieutenant du Roy François en son là-bas, fait capital, un "papier-journal suyvant poinct par poinct ce qui
armée de là les monts [...] si fort espouvanté [...] par les belles
s'y passa, et pour le public et pour son privé" (II, 2, p. 344). Journal
prognostications qu'on faisoit lors courir de tous costez à
l'avantage de l'Empereur Charles cinquiesme et à nostre desa- perdu, ce qui est sans doute dommage, mais consulté peut-être par
vantage mesmes en Italie Montaigne, qui écrit les passages que j'ai cités, et bien d'autres en-
core, dans les marges, en quelque sorte, des écrits de son père. Autant
qu'il "se revolta et changea de party" (I, 11, p. 42). C'est donc que des fragments d'une histoire nationale, ils constituent des bribes
l'homme lui-même, infiniment divers et fragile, que ces premiers d'une histoire paternelle.
Essais tentent de suφrendre dans les guerres d'Italie. Non sans parfois Pierre Eyquem s'est éteint en 1569, trois ans exactement avant
un singulier plaisir. Rien de plus révélateur de celui-ci que l'histoire la retraite de Michel. Et les guerres vécues par le père surgissent sous
de Francisque Taverna largement contée au chapitre "Des menteurs" la plume du fils au moment où — activité si nouvelle dans sa famille
et empruntée encore aux frères Du Bellayis. Quelle différence de — il se met à écrire. Deux écritures entrent ainsi en dialogue: celle du
traitement pourtant! Au laborieux récit de ses modèles, Montaigne carnet de route, rempli des choses de la guerre, sans prétention
162 £>. Ménager Montaigne et le» guerrei d'Italie 165

littéraire (du moins peut-on le penser), éphémérides qui n'ont pas rencontre dans le Cortegiano de Castiglione (I, 43). Elle fait partie de
triomphé du temps mais qui ont J'immense avantage de "coller" à ces topoi qui tentent de définir le naturel des peuples et qui op-
une expérience que Montaigne n'a pas faite et ne fera vraiment posent, par exemple, l'Italien cultivé mais peu guerrier au Français
jamais; et celle des Essais qui commencent, nourris de lectures mais assez fruste mais meilleur combattent. Que Montaigne la place dans la
aussi, grâce au texte de ce père, d'une aventure interdite à l'écrivain. bouche des seigneurs de la suite de Charles VIII n'a rien de bien
Pierre Eyquem a manié à la fois les armes et la plume: privilège étonnant: elle traduit leur sentiment de supériorité. Mais cela veut
enviable pour un auteur qui fait l'éloge de ceux qui ont écrit leurs dire aussi qu'il ne l'adopte pas. On chercherait en vain dans ces lignes
propres actions: par exemple Guichardin^s. La figure du père domine et dans celles qui précèdent la moindre approbation des valeurs de la
donc, croyons-nous, les premiers Essais. II représente ce qui est guerre. Rappelons simplement cette phrase: "Les plus belliqueuses
interdit au f i l s ^ , dont la condition s'accuse par contraste. nations en nos jours sont les plus grossières et ignorantes"29. L'at-
On ne saura jamais si Montaigne a utilisé le texte de son père. titude de Montaigne est d'autant plus remarquable qu'il aurait pu
Nous pouvons penser que de toute façon ce texte à ses yeux n'était citer, au désanvantage de l'Italie, non plus des seigneurs français, mais
pas plus vrai qu'un autre. La vérité de ces guerres ne peut être pro- un italien illustre, Machiavel lui-même, qui déplore à la fin de l'Art
duite que par la confrontation de multiples sources: Montaigne a de la guerre l'attitude des nobles de son pays s'imaginant "qu'il
lu Bodin, et le sait bien. Il lui arrive de ne donner aucun avantage à suffisait [...] de savoir écrire une belle lettre, arranger une réponse
la version de celui qui était sur les lieux, comme on le voit dans un artificieuse, montrer dans ses discours de la subtilité et de la péné-
passage de I, 5 où il ne choisit pas entre le récit des Du Bellay et tration" pour tenir son rangso.
celui de Guichardin, témoin oculaire27. La parole du père est aussi C'est justement un italien bien subtil qui réfléchit, dans un
une parole située, ne serait-ce que parce qu'elle est française. Si autre passage, sur le courage militaire.
Montaigne n'a pas connu ce journal, il s'est trouvé d'autant plus libre.
Et s'il l'a lu, il a dû conquérir sa liberté. Un Seigneur Italien tenoit une fois ce propos en ma presence,
au desadvantage de sa nation: que la subtilité des Italiens
Cette liberté trouve aussi à s'exercer dans la manière dont il et la vivacité de leurs conceptions estoit si grande qu'ils
remet en cause les lieux communs de la psychologie des peuples. prevoyoyent les dangiers et accidens qui leur pouvoyent adve-
Les contemporains des guerres d'Italie se sont fatalement interrogés nir, de si loin, qu'il ne foUoit pas trouver estrange, si on les
sur les raisons des premières victoires françaises. Montaigne à leur voyoit souvent, à la guerre, prouvoir à leur seureté, voire avant
suite. Voici d'abord un jugement rapporté à la fin du chapitre "Des que d'avoir reconneu le, peril; que nous et les Espaignols, qui
livres" (I, 25): n'estions pas si fins, allions plus outre, et qu'il nous falloit veoir
à l'oeil et toucher à la main le dangier avant que de nous en
effrayer, et que lors aussi nous n'avions plus de tenue ; mais que
Quand nostre Roy Charles huictième, sans tirer i'espée du les AUemans et les Souysses, plus grossiers et plus lourds n'avo-
fourreau, se veid maistre du Royaume de Naples et d'une bonne yent le sens de se raviser, à peine lors mesmes qu'ils estoyent
partie de la Toscane, les segneurs de sa suite attribuèrent cette accablez soubs les coups. Ce η'estoit à l'aventure que pour ri-
inespérée facilité de conqueste à ce que les princes et la no- re3i.
blesse d'Italie s'amusoient plus à se rendre ingenieux et sça-
vants que vigoureux et guerriers (p. 144).
On ne peut critiquer plus habilement les clichés du sens commun.
Ce passage est tardif: il date de l'exemplaire de Bordeaux, et, selon Montaigne a peut-être bien inventé de toutes pièces cet Italien qui
Villey, Montaigne doit cette idée au Tesoro politico (1589)28. Elle est illustre si bien, par un brillant paradoxe, le génie de sa nation. Grâce
en fait bien antérieure à cette publication puisque Villey lui-même la à lui, il transforme le courage militaire en bêtise, et par une péné-
trante stratégie du soupçon, invite ses compatriotes et ses lecteurs à
164 £>. Ménager Montaigne et le» guerrei d'Italie 165

chercher au-delà des apparences. Mais il se garde bien de donner au NOTES

propos de l'Italien la lourde autorité capable de s'imposer. La finesse


(1) "De la gloire" (II, 16). Nos références renvoient toujours à l'édition Villey-Saulnier.
de sa remarque est requise en fin de compte par le désir d'expliquer (2) Pour VHisîoria d'Italia, Montaigne aurait possédé soit l'édition de 1564, soit celle de
ce qui reste gênant: le manque de courage. Le paradoxe et le lieu 1567: voir P. VILLEY, Sources et Evolution des Essais de Montaigne, Paris, Hachette, 1933,
commun restent face à face, ouvrant un espace libre où s'engouffre t. I, p. 159. C'est sur son exemplaire personnel (disparu) que figure la fameuse note sur
l'historien italien retranscrite à la fin du chapitre "Des livres" (II, 10). Même si Montaigne
l'intelligence. Ce n'est "a l'aventure que pour rire". Mais le jeu en lit le texte italien, rien n'interdit de penser qu'A utilise aussi la traduction de Jérôme Cho-
vaut la chandelle car la psychologie des peuples a la vie dure. Les medey publiée à Paris, en 1568.
efforts entrepris pour repenser les moeurs, les coutumes et les tempé- (3) Les Mémoires de Martin et Guillaume Du Bellay, souvent réimprimés par la suite,
raments des différents peuples — celui de Bodin, par exemple — se paraissent en 1569. Montaigne possédait sans doute cette édition (P. VILLEY, op. cit., p.
132) sur laquelle figurait aussi une note retranscrite en II, 10.
heurtent à la puissance des opinions reçues. La théorie bodinienne (4) "Si le chef d'une place assiégée doit sortir pour parlementer" and "L'heure des
elle-même, comme l'a bien montré F. Lestringant^î, sert à l'éloge ou parlemens dangereuse": Montaigne's political morality and its expression in the early Es-
à la critique de certains peuples. Si Montaigne lui-même prend ses says", Afé/an^es Z). Frame, Lexington, 1977.
(5) Les Essais de Montaigne, miroir et procès de leur temps, Nizet, 1984, p. 121.
distances par rapport à Bodin, c'est pour éviter les dérapages nationa- (6) Malgré les recherches de J. SUPPLE, Arms versus letters, Oxford, Clarendon Press,
listes et laisser à l'esprit critique tout loisir de s'exercer. La réflexion 1984.
sur les guerres d'Italie possède aussi cette dimension. (7) Mémoires de Martin Du Bellay, éd. Bourrilly, Paris, 1908, p. 238-239.
(8) Uvre V; éd. Chomedey, f« 11 vo.
(9) Il se peut que le choix de deux vers de l'Aiioste {Orlando Furioso, XV) impute
Ces guerres appartiennent à l'histoire. A ce titre déjà, elles intéres- malicieusement aux Italiens une légitimation de la ruse.
sent Montaigne qui n'a jamais considéré celle-ci comme le simple récit (10) Mémoires de Du Bellay, éd. Bourrilly, I, 324, ΙΠ, 430, et IV, 96.
des événements passés. Les quarante ou cinquante années de caval- (11) "Chef d'armée impitoyable", souligne G. Nakam {op. cit., p. 95). Rappelons
d'autre part que le connétable est mort à la bataille de Saint-Denis (novembre 1567), soit
cades magnifiques et de sièges languissants, de faits d'armes héroïques peu de temps avant la rédaction de ce chapitre: mort glorieuse sans doute et présentée
et de petites trahisons, Montaigne les consigne, par fragments, de la comme telle en II, 17. Mais la comparaison qui est faite dans ce dernier chapitre entre
manière la plus objective possible. Il n'y aura ni vainqueurs ni vain- Montmorency et le duc d'Albe ne laisse guère d'illusions sur la clémence du premier.
(12) Rien de plus laconique que le rapport de Martin Du Bellay: "Tous ceux de dedans
cus, le crime et la ruse auront été l'apanage de tous. Et la fortune [fuient] tués, hors mis le capitaine, qui fut pendu pour avoir esté si oultrageux que de
aura mené sa danse. Aucune fascination de Montaigne devant les jeux vouloir tenir une si mescnahte place devant le canon" (éd. Bourrilly, IV, 96).
de Mars et de Bellone. Plutôt le désir de surprendre les hommes (13) Là se trouve sans doute l'une des raisons du goût de Montaigne pour Tacite (voir
III, 8). Π est possible qu'une réminiscence du suave man magno de Lucrèce (II, 1) se trouve
quand le hasard les place dans des situations difficiles. Si la guerre est
dans cette phrase: les bons historiens, eux-mêmes à l'abri, aiment les tempêtes de l'histoire.
inconfortable, le discours de la guerre doit l'être également. L'esprit (14)
critique, c'est le talent de l'inconfort. Montaigne en a aussi besoin, à Pendant nos dernières guenes de Milan et tant de prises et récousses, le
titre personnel, au moment où s'ébauche la grande aventure des peuple impatient de si divers changemens de fortune, print telle reso-
lution à la mort, que j'ay ouy dire à mon père [...].
Essais. Les réflexions sur les guerres d'Italie tracent une route person-
nelle, courageuse, entre celles du père et celles des historiens. Mon- (15) Essais, l, 9, p. 37-38; M. DU BELLAY, Mémoires, éd. Bourrilly, IV, p. 221-225.
taigne nous montre en somme que la première condition de la liberté, (16) "De l'incertitude de nostre jugement". L 47.
(17) Discours sur la première décade de Ήte·Livre, II, 12.
c'est l'inventaire de l'héritage. (18) Instructions sur le fait de la guerre, II, 3.
(19) République, V, 5.
Daniel MÉNAGER (20) Montaigne se rapproche par là d'auteurs comme Guichardin qui valorisent la
qualité de discernement: voir M. CAGNEUX, "Idéologie et opportunisme chez François
Guichardin", in: Les Ecrivains et le pouvoir en Italie à l'époque de la Reruissance, Paris,
1973, p. 154-240,
(21) Montaigne et son temps. Les événements et les Essais, Nizet, 1982, p. 96.
(22) Montaigne en parle finalement assez peu dans les premiers Essais, à part bien sûr
quelques chapitres majeurs comme I, 45, II, 11 etc.
452 L. 3fonga

IV. CONDITIO HOMINUM Superiorum


Inferiorum

V. 1. Humina eaque aut AUabentia


Prope distantia
Deducta
2. Mare alluens, aut Portus
3. Montes
4. Sylvs, Nemora, vel si quid alius insigne

VI. OPERA & haec vel Publica Sacra Basilica


Monasteria
Tempia
Profana Palatia
Arces
Fora
Armamentaria Le /oumai de voyage de Montaigne:
Propugnacula
un "Essai" sur l'Italie?
Turres &
Ratio munitionis
Privata, ut quae in Civium Horti C'est un pont que j'aimerais jeter ici entre le Journal de voyage et
£dibus sunt insignia Picturs les Essais. Il ne prendrait pas appui sur certaines informations qui
veluti Fontes flottent quelque peu entre les deux textes, comme sont la visite au
Statuae Tasse "survivant à soy-mesmes" à Ferrare (II, 12^ p. 219) ou l'attri-
bution à Montaigne de la citoyenneté romaine (III, 9, p. 289), Pas
davantage sur les realia italiennes, cueillies tout au long du trajet, et
dont les Essais ont fait leur profit, ni sur la didactique du voyage
telle qu'elle a été consignée dans le chapitre neuf du troisième livre,
et dont les formules sont dans tous les esprits. Il s'agira plutôt ici
d'examiner dans quelle mesure et sous quelle forme l'écriture du
a) Publié à Nuremberg par Abraham Wagenmann en 1592, cet ouvrage connut plu-
sieurs éditions au XVI® et au XVII® siècle. Journal de voyage peut être rattachée à celle des Essais et éclairée par
elle.
On a coutume - et non sans raison — de voir en Montaigne
le premier de ces touristes modernes dont Stendhal incarnera plus
tard l'image exemplaire, et je voudrais m'autoriser ici d'une suggestion
de Michel Crouzet qui, étudiant lors de la rencontre de Grenoble sur
le journal de voyage la "rhétorique du naturel"!, voyait dans le
journal de voyage pratiqué au XIX* siècle une forme de l'essai. Le
Journal de voyage de Montaigne serait-il donc, en quelque manière,
un essai sur l'Italie?
455 459
M. Β idéaux Le "Journal de voy<^e" de Montaigne

des choses vues et des péripéties vécues par l'entreprise d'un esprit
Je restreindrai donc le propos aux pages italiennes du texte,
curieux qui va à la découverte d'un pays. Il n'est pas interdit, sans
excluant même celles qui sont postérieures au 7 septembre 1581,
doute, au voyageur d'écrire de temps à autre dans les marges, par le
lorsque Montaigne apprend son élection à la mairie de Bordeaux:
biais de transitions ou de coupes franches produisant un effet plai-
d'évidence, le retour précipité contraint à des notations hâtives
sant. Mais Montaigne va bien au-delà de cette liberté surveillée et
et le rythme du texte s'en trouve altéré. J'écarterai également les
semble obéir plutôt à une esthétique du discontinu qui n'est pas sans
pages dues à l'activité du secrétaire: non seulement parce que nous
rappeler celle des Essais. Je ne convoquerai pas ici les exemples
savons, depuis les travaux de Craig Β. B r u s h 2 et de Fausta Garavini^,
relatifs à la gravelle ou à tel "benefice de ventre" que peut provoquer
que le secrétaire, contrairement à ce que l'on a longtemps cru, n'écri-
l'usage des eaux. Non seulement parce que de tels exemples sont
vait pas "sous la dictée", mais tout simplement parce que ce secré-
d'une exploitation trop facile et que le nombre de leurs occurences
taire, en revanche, n'a pas publié à'Essais et que la question qui nous
écraserait les mentions relatives à d'autres registres. Mais surtout parce
occupe est, pour lui, sans objet. Dans quelle mesure, donc, les pages
que ces notations médicales constituent en fait un tout, qu'elles sont
écrites par Montaigne entre le 16 février et le 7 septembre 158 H
les éléments d'un mémoire (et d'une mémoire) de la maladie, et que
peuvent-elles constituer un essai sur l'Italie?
seul le hasard de la conservation et de la transmission textuelles n'a
pas permis, selon toute vraisemblance, de les dissocier du reste du
Procédés de subversion
Journal. Quelques exemples des rencontres incongrues auxquelles
expose ce récit si peu soucieux de la syntaxe narrative;
On perçoit l'objection: quelle relation de voyage en Italie Mon-
- (p. 218-219, à propos du marasme économique qu'il observe à
taigne pouvait-il bien subvertir puisque, hormis des guides et ouvrages
Rome et du manque de main d'œuvre): "C'est une ville toute cour et
cosmographiques s'avouant comme tels - S. Münster, Ch. Estienne,
toute noblesse; chacun prend sa part de l'oisiveté ecclésiastique":
L. Albertis - il n'existait pas en 1580 de récits de voyage en Italie
alerte extension au clergé romain de l'expression "vivre en gentil-
dont on puisse assurer qu'il les avait lus. Les rares spécimens du
homme" (ne rien faire).
genre, quand ils n'étaient pas manuscrits, ne faisaient guère que
consigner, comme un préambule vaguement indifférent, l'étape - (p. 237, le 15 avril, du "maitre del Sacro Palazzo et de son
italienne obligée d'un pèlerinage en Terre Sainte qui ne commençait compagnon", qui viennent de lui restituer, après censure faite, ses
véritablement qu'avec l'embarquement, à Venise en général. Essais): "Ce sont personnes de grande autorité et cardinalables". Puis;
"Nous mangions des artichauts, des feves, des pois, environ la mi-
Mais il existait à la même époque un corpus de relations de
mars".
voyages de découvertes (sans compter la tradition imprimée des
- (p. 230) Dans les jardins romains (les Vignes), on peut "aller ouïr
pèlerinages) dont les Essais (notamment ceux de 1588) montrent que
des sermons [...] ou des disputes de théologie, ou encore, parfois,
Montaigne les connaissait, et duquel pouvait aisément s'inférer comme
quelque femme des publiques". En chacune de ces occasions, ce sont
une vulgate de l'écriture du voyage, respectueuse en général, d'ail-
les princes de l'Eglise qui font les frais de la rencontre dangereuse.
leurs, des contraintes (espace, temps, événements) qui pèsent ordi-
- (p. 298) Très équitablement, au cœur du discours médical (le 12
nairement sur le genre. Relevons - entreprise à la fois aisée et édi-
juin 1581, aux bains de la Villa), "ce matin, je bus huit litres d'eau
fiante - quelques uns des écarts de Montaigne par rapport à ce
en huit fois", Montaigne insère: "Si Calvin avait su qu'ici les frères
modèle, potentiel ou réalisé, de la relation de voyage.
prêcheurs se nommaient ministres, il n'est pas douteux qu'il eût
donné un autre nom aux siens.
1. Les coq-à4'âne
Le mercredi, je pris huit litres d'eau en huit verres". Est-il interdit
de penser qu'ici nous saisissons sur le vif le cheminement de l'esprit
Soucieuse de signifier en même temps qu'elle consigne, l'écri-
de Montaigne, qui vagabonde tout en dressant le relevé consciencieux
ture canonique du voyage s'applique à ordonner et réduire la diversité
456 M. Β idéaux Le "Journal de voy<^e" de Montaigne 459

de ses consommations? On croit le faire à nouveau à propos de cette romaines, avant que Montaigne n'évoque sa rencontre du 15 mars
statue de la Vierge que Montaigne paraît découvrir dans le passage avec Monluc (le fils du maréchal) qu'il avait retrouvé déjà "le jour
que voici: avant". Montaigne ne rappelle pas ici qu'il l'avait déjà vu à Bologne,
et rien ne nous assure que le dîner avec l'ambassadeur eut lieu le 13
Le dimanche je me reposai. Le même jour un gentilhomme ou le 14 même mois. Au total, un tissu textuel passablement lâche,
nous donna un bai. tant en ce qui concerne le temps et les lieux que les personnes.
Le défaut d'horloges qui manquent ici et dans la plus grande — (p. 230-231) Un discours dépourvu de marques temporelles sur
partie de l'Italie, me paraissait fort incommode. les "commodités" de Rome se trouve interrompu par la mention "d'un
Il y a dans la maKon du bain une Vierge, avec cette inscription accès de colique" (ce qui ne prête pas à conséquence) mais aussi par
en vers [...] (p. 295). la narration de "l'aumône des pucelles" le jour de Quasimodo.
— Pour clore ce chapitre, observons qu'il note seulement le 27 avril à
Mais en cela, ainsi que l'observe Hugo Friedrich^, Tauteur du Journal
Senigallia (p. 254) une blessure maladroite qu'il s'était faite huit jours
de voyage rejoint celui des Essais:
plus tôt en quittant Rome.
En l'absence de chapitre synthétique, la comparaison faite des
La juxtaposition qui égale le grand et le petit, le fou et le
raisonnable, caractérise aussi les Essais. Il en résulte que la églises de Rome avec celles d'Italie, de France et d'Allemagne (p.
masse des faits non hiérarchisés du Journal correspond en tout 215) vient en son lieu. Mais que dire de cette totalisation erratique
à la manière de voir de Montaigne, et que le voyage est la intervenant à Lucques entre deux notations liturgiques: "Je n'ai
forme d'expérience appropriée à sa pensée. trouvé en Italie un seul bon barbier pour me raser et me faire les
cheveux" (p. 338)? Ailleurs, en revanche, comme il le fait dans les
Ce ne sont là que quelques uns des voisinages les plus spectaculaire- Essais, Montaigne confesse franchement ses distractions: "J'oubliais à
ment incongrus engendrés par le bric-à-brac narratif qui caractérise dire qu'à Ancóne, en l'église de san Ciriaco, il y a une tombe basse"
ce Journal, les cacophonies majeures d'un aimable désordre qui (p. 354). A Pistoia: "J'oubliais à dire que des salles de Poggio on voit
s'y laisse reconnaître de manière à peu près permanente'^. Florence, Prato et Pistoia, de la table" (p. 264). Nous savons gré au
touriste Montaigne de ces aveux comme des informations qu'ils
véhiculent».
2. Le désordre
3. Les censures méthodiques
L'itinéraire en zig-zag dont nous examinerons tout à l'heure
quelques étapes ne l'explique que partiellement. On le doit davantage Ce n'étaient là, sans doute, que d'innocentes fredaines narratives,
à l'organisation du Journal en carnet de notes. en un genre où se pratiquera volontiers le négligé coquet. Mais là ne
- (p. 213-214) Le 6 mars, Montaigne visite la Bibliothèque vaticane. s'arrête pas la désinvolture de Montaigne à l'égard du récit de voyage
Il y remarque tout particulièrement, comme il se doit, les Opuscules ordinaire. Au terme d'un séjour romain de plusieurs mois, il ne nous
de Plutarque. Cette visite est suivie de la mention, le 13 mars, de aura à peu près rien dit des églises romaines, ni des chantiers consi-
la rencontre du patriarche d'Antioche, qu'il connaissait bien, et qui dérables alors en cours. Pour l'une d'elles, une seule mention, bien
lui fait "présent d'une certaine mixtion pour le secours de sa gravel- décevante: "Il se voit à saint-Jean de Latran du marbre transparent"
le". Montaigne raconte ensuite comment, "dînant un j o u r " avec (p. 220). On a passablement débattu, depuis Stendhal et ChateaubriaiKl,
l'ambassadeur de France et Muret, il se mit à parler de la traduction de ce manque d'intérêt pour les beaux-arts^. Il semble plutôt qu'il
de Plutarque par Amyot, et il rapporte la discussion qui s'ensuivit. faille le rapporter ici au souci de ne pas marcher dans les traces
Vient alors - sans transition - un développement sur les églises de ses prédécesseurs. Le secrétaire — qu'il soit ou non en cela Tinter-
458 M. Β idéaux Le "Journal de voy<^e" de Montaigne 459

prète de son maître - nous fournit la clef de cette attitude. A Or on observera que ce voyage "à sauts et à gambades" ne sì
Vérone, description de l'amphithéâtre, sans doute, mais si nos touris- trouve mis en question que par la relation du secrétaire co -•.•.wa
tes ne trouvent dans les églises de la ville "rien de singulier", San si, par la suite, Montaigne ne s'estimait nullement tenu de donner au
Zeno, du moins, méritait peut-être mieux que la mention de ses lecteur la raison de ses changements de capi^: il nous les faut devin.r
orgues et de ses violons, ou de la "contenance étrange" de ses assis- entre les lignes, et cela est parfois malaisé^^.
tants (p. 157). Le secrétaire ne nous laisse pas ignorer pourquoi il
parle si peu de Venise: "Au demeurant les raretés de cette ville sont 5. "Alongeaiis"et condensations
assez connues" (p. 162). Même répugnance à Lucques où Montaigne,
pourtant friand d'inscriptions, ne rapporte pas celle qu'il voit gravee Bien sûr, les incertitudes pesant sur l'histoire du texte ne nous
sur une fontaine "parce qu'elle se trouve dans plusieurs livres impri- permettent pas d'assimiler tout à fait les digressions du Journal aux
més^o. Se refusant à répéter les écrits de ceux qui l'ont précédé, "alongeaiis" des Essais. D'autre part, dans une relation de voyage ne
Montaigne dédaigne en même temps une ressource très prisée de comportant pas de chapitres synthétiques, l'auteur se voit contraint
certains de ses contemporains^ : s'ériger en censeur de ses devanciers. de procéder ici et là à des rapprochements, de pratiquer des exten-
Nous en reparlerons tantôt. sions de son propos. Notons seulement que certaines de celles-ci ne
viennent pas au lieu où elles seraient les plus naturelles, ce qui les fait
4. L'absence d'un itinémire préconçu apparaître dans le récit comme des corps plus ou moins étrangers.
Ainsi Montaigne attend apparemment d'avoir été comme "forcé" par
Ici encore, il nous faudra solliciter le texte du secrétaire, dont on la courtoisie d'un de ses hôtes de Lucques pour découvrir, alors
devine bien qu'il ne fait que rapporter tout ce qui est advenu le long qu'il parcourt le pays depuis près d'un an, la supériorité de la "ma-
d'une route qui a été choisie par M. de Montaigne. Sans doute l'itiné- nière italienne sur celle de France" (p, 324). Nous retrouvons ici
raire n'est-il pas tout entier abandonné à !a fantaisie: Montaigne a la certains développements déjà rencontrés lors de l'étude du relatif
plus grande envie de voir Rome, il est déterminé à expérimenter au désordre du voyage: le commentaire sur la traduction de Plutarque
passage les plus fameux bains d'Allemagne et d'Italie; enfin, quand il par Amyot (p. 214) ou la poursuite du discours sur les "commodités"
se trouve à Innsbruck, il n'est guère d'autre voie que le Brenner pour de Rome (p. 235). Notons enfin que telles considérations sur la
gagner Venise. Mais le 10 octobre, en raison du beau temps, notre politique lucquoise, intervenant au beau milieu (p. 283) d'une longue
voyageur "se détourne d'une journée pour aller à Lindau" (p. III); séquence où Montaigne couche ses observations sur sa maladie,
quatre jours plus tard, il se repent d'avoir renoncé à un détour pour représentent moins une digression proprement dite qu'elles n'illustrent
voir certaines belles villes d'Allemagne" (p. 120). Le 19 octobre, le conflit entre le discours du curiste et le propos du touriste: com-
encore, il se "plaindra fort" de devoir quitter Augsbourg sans avoir ment loger le second dans le premier, alors que Montaigne, absorbé
fait un crochet par Ulm et Sauerbrurmen (p. 133). Enfin, c'est à par le relevé de l'effet des eaux sur son mal, reçoit la visite du colo-
Rovereto que le secrétaire nous livre cette confidence étonnante: son nel l'invitant à sa revue?
maître, s'il n'avait tenu qu'à lui, serait "ailé plutôt à Cracovie ou vers
la Grèce par terre, que de prendre le tour vers l'Italie" (p. 153). 6. Dialogue inter (et intra) textuel et rectification
Qu'était devenu alors cet ardent désir de voir le pavé de Rome?
Quand on l'interroge sur cette conduite, la théorie en est bientôt Il est piquant d'observer que ce voyageur qui, si l'on en croit le
faite: "il répondait qu'il n'allait, quant à lui, en nul lieu que là où il secrétaire, "fuyait fort de repasser par même chemin" (p. 134), s'est
se trouvait l·..] n'ayant nul projet que de se promener par des lieux vu contraint (ou a choisi) à plusieurs reprises de revisiter les mêmes
inconnus" (p. 153-154). lieux: Florence, Sienne, Lucques, Rome. On sait combien l'image
conservée de Florence par le touriste a bénéficié de cette deuxième
460 M. Β idéaux Le "Journal d e voy<^e" de Montaigne 459

visite; "Je ne sais pourquoi cette ville soit surnommée belle par de la lecture qu'il effectua sur le texte de son secrétaire. Celui-ci
privilège, elle l'est, mais sans aucune excellence sur Bologne, et peu s'était borné à rapporter, sans plus, le repas partagé par Montaigne
sur Ferrare, et sans comparaison au-dessous de Venise" (p. 180), avec M. de Ferrier, ambasssadeur de France à Venise (p. 162). Une
déclarait-il avant de la quitter en novembre 1580. Au mois de juillet note de Meunier de Querlon, confirmée par la copie Leydet, nous
suivant, il révisera son jugement: "Après tout, je n'ai pu m'empécher invite à rapporter à Montaigne lui-même le commentaire qui suit,
d'avouer que c'est avec raison que Florence est nommée la belle" (p. relatif aux sympathies calvinistes de Ferrier. Il en va de même de
310). Mais la seconde décision n'annule pas pour autant la précéden- deux mentions (p. 194 et 195) relatives au pape n'établissement des
te: Montaigne, ici comme dans les Essais, ajoute, mais ne retranche jeunes filles pauvres et sa conduite dans la direction de l'Eglise). A
pasi4. Il poursuit indéfiniment le dialogue, avec son propre texte Rome, à propos des eaux de senteur distillées à Vérone, il renvoie au
comme avec le discours de l'opinion. De la sorte, chaque proposition discours du secrétaire (p. 158). Enfin, il avait, sur un point de détail,
est exposée à une révision potentielle, partielle ou totale. Non que le il est vrai, complété le portrait que celui-ci avait fait du duc de Floren-
jugement demeure soumis chez lui à une suspension's qui n'aurait ce, ajoutant (si l'on en croit Leydet et Meunier de Querlon), que ce
pour dernier effet que de fortifier la décision qui tomberait ensuite. personnage était de sa taille (p. 179). Mais, au total, l'amplitude et la
Il n'hésite pas à le proposer d'emblée comme définitif, dès son entrée signification de ces retouches restent limitées, d'autant plus qu'elles ne
dans le pays, à Bàie, Constance ou Trente, qu'il porte sur le service sont pas le fait exclusif de Montaigne. Le secrétaire en use abondam-
de table, la qualité des maisons ou celle de la literie. Il peut rester tel ment pour son comptei?. H en est même dont l'attribution est indéci-
si nul désaveu n'intervient. Mais n'est-ce pas là, après tout, la démar- dable: ainsi de la mention à Munich (p. 135) des belles écuries vues en
che ordinaire d'un touriste? C'est affaire de géographe ou de sociolo- France et en Italie: elle est, de toute évidence, postérieure au retour,
gue que d'attendre, pour se prononcer, d'avoir tiré la somme. La mais rien n'assure qu'elle soit le fait de Montaigne lui-même.
rectification peut d'ailleurs être sensible au lecteur plus qu'au voya- D'une manière générale, la glose, inter - ou intratextuelle, est
geur lui-même. Ainsi de Rome: tout porte à croire que, lorsque donc bien loin d'être comparable à ces remises en cause qui viennent,
Montaigne se met en route, la visite de la ville représente pour lui comme des lames de fond, submerger le texte initial des Essais. Cela
l'acmé de son voyage. Met-il le pied en Italie, c'est semble-t-il, vers tient tout à la fois aux facultés de mimétisme d'un secrétaire épou-
Cracovie que le porteraient ses regards. Mais, on le sait, le 30 novem- sant si bien les complexions, les humeurs et jusqu'à la manière de son
bre, il montera à cheval "trois heures avant le jour, tant il avait envie maître, au statut propre de ce Journal, qui est moins un texte qu'un
de voir le pavé de Rome" (p. 187). A peine arrivé en Allemagne. assemblage de carnets (nous y reviendrons), à l'absence, enfin,
Montaigne change deux fois de propos. A Wangen, il "tourne tout en amont, de textes "autorisés" qui pourraient susciter chez Mon-
court vers Trente par le chemin le plus droit et ordinaire" (p. 115): taigne l'envie d'engager un dialogue polémique; et l'on se prend à
le mouvement de la phrase suggère une modification d'itinéraire regretter qu'il ne lui ait pas été donné d'écrire après Villamont
confirmée par la suite, puisqu'après Pfronten, deux jours plus tard, ou Misson. Du moins les repérages effectués en certains points cru-
"abandonnant le sentier des montagnes qui est le droit vers Trente" ciaux du texte nous permettent-ils de proposer comme un bilan des
(p. 120), il reviendra à son projet initial de "faire le détour de quel- différents modes d'écriture qui se croisent dans ce Journal de voyage.
ques journées pour voir certaines belles villes d'Allemagne", et se
repentira de la faute commise en route. Une écriture fragmentée et multiforme
Peu loquace sur le compte des voyageurs qui l'ont précédé
en Italie^^^ Montaigne se borne à regretter (il est alors à Lindau, p. Dans toute la partie du texte dont Montaigne assume la rédaction,
114) de n'avoir "un Munster ou quelque autre dans ses coffres". on ne voit guère qu'un lieu où se reconnaissent les traits ordinaires de
Nous ne savons donc pas quel dialogue il aurait engagé avec la Cos- l'écriture du voyage telle que la pratiquent ses contemporains: lors de
mographie du savant allemand. Du moins avons-nous quelques indices la deuxième visite à Florence. Nous y reconnaissons la relation
462 M. Β idéaux Le "Journal de voy<^e" de Montaigne
459
objective de l'âge classique, l'équilibre qu'elle se soucie de maintenir Mais il s'agit là de deux épisodes exceptionnels dans l'ouvrage.
entre le descriptif et le narratif. Les particularités (la gravelle) et les Ailleurs, Montaigne essaie, expérimente cette Italie dont l'entretien-
"rencontres" y sont admises, mais comme en retrait (ainsi de la ré- nent livres et contemporains. "Sur l'Italie", donc, il écrit, et jusqu'en
ception chez Silvio Piccolomini, p. 309). Le souci informatif de la rela- cet épisode des bains de la Villa, avant qu'il ne décide de tenir le
tion-guide (dont le modèle est Villamont) privilégie au contraire les registre médical que l'on sait. Les pages qui le précèdent possèdent
événements récurrents: ici, les festivités de la Saint Jean, longuement cette cohérence et cette souplesse à quoi se reconnaît une relation de
évoquées. A titre de repère, on notera que, lors du premier séjour à voyage canonique. Ici: une description précède la venue de l'hôte qui
Florence, le secrétaire, attaché aux pas de son maître et comme montrera les lieux dans lesquels s'ettectuera la cure. Puis la cure
soucieux de justifier la déception de celui-ci, était loin d'atteindre à elle-même, coupée par le récit d'une rencontre (celle du colonel
cette objectivité du voyageur qui rapporte à l'intention des autres. îucquois) et d'une anecdote (Giuseppe et les Turcs), sans compter
Un second mode d'écriture est représenté par la relation que l'irruption soudaine du souvenir dans le quotidien: l'écriture d'une
fait Montaigne de ses deux séjours aux bains de la Villa, et corres- lettre en France fait surgir l'image douloureuse de La Boétie, l'ami
pond aux périodes du 5 au 17 juin et du 15 au 30 août: deux blocs perdu... Devant l'écart considérable entre le spectacle observé a Pise
narratifs considérables, dans lesquels il n'est guère question, on le sait, (une ville en pleine décadence) et le vécu subjectif (Montaigne est,
que de la gravelle et des secours que Montaigne attend de ces bains. 11 personnellement, bien reçu en un lieu où les étrangers ne le sont
serait d'autant plus futile de lui reprocher la minutie et l'abondance ordinairement guère), le narrateur choisit d'interrompre sa description
de ces notations que le voyageur a pris soin, après s'être acquitté de de l'Italie pour ne plus tenir, pendant quelque temps, que la chroni-
ses devoirs de civilité en offrant un bal, de nous avertir de son projet que de ce qui lui est advenu. Attitude assez semblable à Rome,
présent: quoique pour de tout autres raisons: alors que le secrétaire, avare de
dates, ne s'intéressait qu'aux raretés de la ville, qu'il mentionnait dans
un ordre libre, Montaigne, dans la partie écrite de sa main, multipliait
Comme je me suis autrefois repenti de n'avoir pas écrit plus les indications chronologiques; elles intéressent moins la Ville elle-
particulièrement sur les autres bains, ce qui aurait pu me servir
même que l'aventure particulière du gentilhomme Montaigne, dont il
de règle et d'exemple pour tous ceux que j'aurais vus dans
tient chronique avec d'autant plus de fierté qu'il vient d'être fait
la suite, je veux cette fois m'étendre et me mettre au large
sur cette matière (p. 291). citoyen de Rome. Le secrétaire avait fait du journal de voyage un
roman de voyage dont le héros était Michel de Montaigne i». Celui-ci,
L'auteur, qui n'est pourtant pas prodigue d'indications de régie, incapable, certes, de poursuivre le roman, ne le redressera pas en
nous en fournira toutefois une seconde sur le même sujet, en con- journal de voyage, mais en fera un texte éclaté en de multiples
signant un retour du mal alors qu'il vient d'écrire, "le matin", cette directions, dont l'une touche à l'essai, ce genre dont il vient de livrer
partie de son journal. Nous sommes ici, à l'évidence, en présence la formule au public avant son départ.
d'un texte dans le texte, d'un mémoire médical auquel seules pro-
bablement les conditions de transmission du Journal n'ont pas permis L'Essai
d'accéder à la pleine autonomie, et dont la composition se trouve
favorisée par une pause dans l'activité du voyageur: s'adonnant à une Le mode — discursif et narratif — de l'essai se précise dès que
occupation exclusive, en un lieu clos, il se voit privé des spectacles Montaigne, sous la pression des circonstances, certes, s'empare de
comme des événements qui pourraient nourrir une narration: "ce l'écriture du Journal. Libéré de la contrainte de n'être qu'un objet de
n'est plus le journal d'un Voyageur", notait déjà Meunier de Querlon regard, voire le héros d'une aventure contée par un autre, le je de-
(p. 67), c'est "le Mémoire d'un Malade", un "Journal diététique". vient disponible pour l'anecdote et le commentaire. Ce statut nouveau
est perceptible dès la narration narquoise de l'exorcisme du "spirita-
464 M. Β idéaux Le " J o u r n a l de voy<^e" de Montaigne
459

t o " (p. 208): il se précise dès ie récit qui suit, de la "station à Saint Montaigne ou de l'obtention de son titre de citoyenneté romaine. Peu
Sixte", dont la relation se trouve éclatée pour permettre l'insertion de de dates dans le texte que le secrétaire consacre au séjour romain ,
deux anecdotes relatives à des courtisanes (p. 210-211): à leur pro- une chronologie beaucoup plus étoffée pour la partie écrite par
pos, Montaigne note d'ailleurs: "J'écris ici en liberté de conscience". Montaigne. Mais cette sujétion apparente au fait ne doit pas donner le
Confirmation encore avec l'épisode qui fait immédiatement suite à change: elle exprime l'attention accordée par Montaigne voyageur à
l'exorcisme: la visite du 6 mars à la Bibliothèque vaticane. Lorsque ses propres faits et gestes, beaucoup plus que la réalité romaine
Montaigne obtient la faveur (qui avait été refusée à l'ambassadeur de elle-même, fût-elle observée selon le rythme du calendrier. Quand
France même) de voir, comme il le "désirait infiniment", un livre de Montaigne donnera congé au secrétaire, la "belle besogne" qu'il
"Sénèque écrit à la main", c'est autant l'auteur des Essais que le découvrira alors cessera d'être un itinéraire préétabli pour devenir une
touriste privilégié qui note: variété d'essai largement ouverte à la subjectivité du voyageur-scrip-
teur.
Toutes choses sont ainsi aisées à certains biais, et inaccessibles
par autres. L'occasion et l'opportunité ont leurs privilèges, On voit assez tout ce qui sépare le Journal de voyage de Mon-
et offrent souvent au peuple ce qu'elles refusent aux rois. taigne de ses homologues contemporains, et plus encore de ce que va
La curiosité s'empêche souvent elle-même, comme fait aussi la devenir le voyage en Italie à l'âge classique que des relations dans
grandeur et la puissance, (p. 213) les terres neuves ou lointaines, pour lesquelles l'émoi de l'aventure
individuelle et l'appétit de merveilleux du lecteur solliciteront long-
Dans la suite de la narration, si l'on désire signaler un lieu dans temps encore les ressources de la sensibihté et de l'imagination^i.
lequel le moi de l'auteur se donne libre carrière aux dépens du récit Mais on forcerait sans doute la note à trop le rapprocher de la for-
lui-même, on le trouvera moins dans le mémoire médicaU' que dans mule qui sera celle de Stendhal. Montaigne n'a pas de tradition
le récit fait par Montaigne du bal qu'il offrit à la compagnie des bains littéraire à narguer. Peut-être le Heu le plus polémique de son texte, à
de la Villa: alors qu'il passe à peu près sous silence des réjouissances cet égard, concerne-t-il la descente du Mont-Cenis par la ramasse (un
similaires données à tour de rôle par les nobles hôtes de ces bains, il traîneau tiré par les guides locaux, des marrons). Alors que cette
est interissable sur celle qu'il organisa lui-même le dimanche 21 mai. pratique stimule infailliblement la verve des voyageurs et fait affluer
Un luxe de détails, et une attention à la figure du généreux amphi- les anecdotes, Montaigne note sèchement: "c'est un plaisant badinage,
tryon qui prête même à sourire. A chaque ligne ou presque transpa- mais sans hasard aucun et sans grand esprit". Encore le désaveu ne
raît l'égotisme de l'auteur des Essais, beaucoup plus préoccupé franchit-il pas ici, on le voit, la frontière de l'explicite. Autre écart,
ici de consigner ses moindres faits et gestes que de nous intéresser essentiel: Stendhal note quelque part qu'il franchit le Simplon "com-
aux circonstances extérieures. On dira: rien que de banal dans cette me un enfant"22, ailleurs, qu'il le franchit pour la vingtième fois. Le
intempérance du moi, et Montaigne n'aura été ni le premier ni le périple italien de Montaigne restera unique, tant pour l'âge auquel il a
dernier voyageur à se loger au centre de son récit. Ce qui l'est moins, été entrepris qu'en raison des fonctions qui retiendront désormais
c'est l'existence, pour cette narration, de cette rédaction à deux l'auteur à la mairie de Bordeaux.
mains successives qui rend plus manifeste, dans les juxtapositions de
cette seconde partie, ce que la première s'appliquait à distinguer: le Le statut mdécidable de ce texte, multiple et éclaté, ne facilite
guère son examen et peut expliquer partiellement les désaccords
regard du secrétaire, l'opinion de Michel de M o n t a i g n e ^ o ,
qu'il a suscités. Que n'avons-nous un "vrai" journal de ce voyage,
L'Italie est-elle encore au centre du propos? Notre-Dame de
écrit et publié par le seul Montaigne! Faute d'en disposer, nous ne
Lorette donne l'impression de n'exister que pour que l'auteur y aille pouvons porter notre regard que sur un texte inachevé (un ourson
accrocher son ex-voto. Rome elle-même y est d'abord l'objet d'une mal léché, diraient les contemporains), sur le sujet duquel on hésite à
somptueuse méditation personnelle, puis celui de rencontres qu'y fera tenir un propos plus assuré.

Michel BIDEAUX
466 M. Β idéaux Le "Journal de voy<^e" de Montaigne 459

NOTES (13) Pourquoi avoir voulu revoir Florence alors qu'il se soignait à Lucques, puisque
celte ville l avait deçu iors de son premier passage en 158U et qu'il n'avait lau. Je 3 mai
(1) "Le voyage stendhalien et la rhétorique du naturel", in Le Journal de voyage et 1581, qu'y passer une nuit? Pourquoi ce deuxième séjour à Rome, alors que ses concitoyens
Stendhal, Actes du Colloque de Grenoble (1978). Textes réunis par V. Del Litto et E. l'ont déjà appelé à la mairie de Bordeaux? Rien ne dit qu'il ait attendu dans la capitale les
Kanceff, Genève, Slatkine, 1986 (p. 147-180). L'auteur y écrit notamment; lettres des jurats, ni qu'il y eût laissé des effets personnels. Ce n'est pas davantage pour
profiter des bains de Viterbe, sur sa route, auxquels il ne consacre qu'une journée et qui,
Je me réfère avec intention, je dois l'avouer, à l'essai, c'est-à-diie à de toute manière, sont devenus pour lui bien improbables depuis son élection. Pur plaisir
Montaigne, inventeur du style naturel et du voyage, et ceci par une de la visite? Pourquoi ne pas le satisfaire plutôt à Venise, qu'il "avait à revoir", avait-il
analogie, dont Stendhal me semble l'illustration, entre l'essai et le vo- déclaré (p. 165)? Chaque tentative d'explication débouche, on le voit, sur une nouvelle inter-
yage: ils sont unis par le meme desaveu de l'intention [...J bssai et rogation.
voyage sont apparentés pai l'absence d'une finalité organisatrice et (14) Essais, m , 9, p. 240: "J'adjouste, mais je ne corrige pas".
démonstratrice, (p. 151). i l 5 ) Fn dépit de ce qu'affìrme H. FRIEDRICH (op. cit.. p, 266). à propos du texte
du Journal de voyage: "C'est la sécheresse d'une observation objective qui suspend provi-
Sur Montaigne "touriste", voir Ch. DÉDEYAN, Essai sur le "Journal de voyage" de Mon- soirement le jugement pour percevoir le donne aussi exactement que possible
taigne, Paris, Boivin, 1946, p. 33-39. (16) Contrairement encore à ce qu'écrit H. FRIEDRICH (ibid. p. 261): ^'11 vérifie
(2) '*La composition de la première partie du Journal de voyage de Montaigne", Revue partout l'exactitude de ce qu'ont rapporté les anciens voyageurs". Montaigne ne cite guère
d'histoire littéraire de la France, LXXI, 1971, p. 369-384. que Pline (à Naini, p. 240, à propos de la terre qu'amollit la chaleur) et (p. 242) "ce que
(3) "Montaigne e il suo biografo: doppia esposizione". Scritti in onore di Giovanni Servius dit sur Virgile" de Mutusca, fertile en oliviers.
Macchia, Milan, Mondadori, 1983, repris in Itinerari a Montaigne, Florence, Sansoni, 1983, p. (17) Notamment p. 109, 119, 139, 150, 152, 171, 174, 182, 184, 193.
101-118. (18) Sur cette perspective, voir F, GARAVINI, éd. Journal de voyage, p. 27.
(4) p. 208-336 de l'édition de F. GARAVINI, Journal de voyage, Paris, Gallimard, coli. (19) Le je n'y est guère que l'objet d'observations cliniques.
Folio. 1983. Cette édition, à laquelle sont empruntées nos références, modernise l'orthogra- (20) Une exception toutefois. Montaigne insère, entre les relevés cliniques des 24 et 25
phe et, pour la partie rédigée pai Montaigne en italien, reproduit la traduction de l'édition août, une méditation sur la douleur et sur la mort où se rencontrent des thèmes plus large-
originale procuree par Meunier de Querlon en 17 74. ment orchestrés dans les Essais II, 3 et 37 et III, 4.
(5) S. MÜNSTER. Cosmographie universelle, trad. fr. 1552 et. très augmentée, par (21) Charlevoix pourra écrire en 1744 encore:
Belleforest en 1575. C. ESTIENNE, Les Voyages de plusieurs endroits de France, et
encores de Terre Sainte, d'Espagne, d'Italie, et autres pays, Lyon, 1558. L. ΑΕΒΕΚΉ, De- Si une Relation est entièrement dénuée de merveilleux, on ne la lit
scrittione di tutta l'Italia, Bologne, 1550. Sur le voyage en Italie à l'âge classique, consulter L. point: c'est-à-dire qu'on exige d'un Voyageur qu'il nous amuse, même
SCHUDT, italienreisen im J 7. und lö. Jahrhundert, Vienne-Mumch, SchroU-V erlag, 1959. aux dépens de sa réputation: on veut le lire avec plaisir et avoir le droit
(6) H. FRIEDRICH, Montaigne, tr. fr. Paris, Gallimard, 1968, p. 268. de se mocquer de luL
(7) Ainsi du logement: il se félicite (p. 324) d'avoir toujouis été logé "agréablement" en
Italie, sauf à Florence et à Venise. Il avait certes trouvé un "très bon logis" à Vérone (p. (Histoire et description générale de la Nouvelle France, Paris, 1744, Nyon, t. I, p. 16).
157), mais s'était plaint dès Rovereto (p. 152-153) de l'hôtellerie italienne, doléance renou- (22) Voyage en Italie, éd. cit., p. 152 (à la date du 28 juillet 1817).
elée à Padoue (p. 160).
i8) On trouverait sans doute de «lemblables notations dans la plupart des récits de
voyage de l'âge classique (pour ne rien dire de Stendhal), dans la mesure où elles ne se
présentent pas comme un guide à l'usage des voyageurs à venir.
(9) STENDHAL, Promenades dans Rome, II. in Voyages en Italie, éd. V. Del Litto,
Paris Gallimaid, coll. Pléiade, 1973, p. 1052; CHATEAUBRIAND, Aiémoires d'OMir^-zornòe,
livie 30, ch. 7, éd. Levaillant et Mouliniei, Paris, Gallimard, coll. Pléiade, 1964, t. Il, p.
243-244. Pour un réexamen de la question, voir R. A. SAYCE, "The Visual Arts in Mon-
taigne's Voyage de voyage, in Ο un amy! Essays on Montaigne in honour of D.M. Frame,
Lexington, French Foium PubL, 1977.
llO) G. FRANCIOTTI (1552) et G. Β. DONATI (1580): voii éd. F. Gaiavini, η. 715.
(11) On pense ici tout paiticulièiement au cosmogiaphe Andié Thevet.
(12) Ajoutons cette contradiction entie les Essais et le Journal·, après avoii éciit dans
ce deiniei qu'il "fuyoit foit de repasser par même chemin" (134) et s'appliquait à ne pas
"letombei sui même voie et revoir deux fois même lieu" (p. 154), il déclaiera en 1588:
"Ay je laissé quelque chose derrieie moy? J'y letoume; c'est t o u j o u r s mon chemin" {Essais,
III, 9, éd. Villey, 1922, t. III, p. 270).
490 Λ. Bettoni

ultimo tempbim vestale, il fumo e il sapore degli intingoli acquistano


valore sacrale e lustrale e ripropongono il simbolismo trinitario di istinto,
natura e cultura e tutela della vera dimensione dell'uomo; come se
nell'alchimia cucinaria l'uomo "cuisinier" reinventasse il laboratorio
del2"io' e andasse alla ricerca della sua sempre più labile identità.

(46) A. GIDE, Préface a M. de MONTAIGNE, Essais /, Parigi, Gallimard 1962, p. 25.


(47) Ricordiamo, per inciso, il notissimo passo dei saggio De l'expérience, dove Mon-
taigne confessa di detestare "qu'on nous ordonne d'avoir l'esprit aus nues, pendant que nous
avons le corps à table" (III, XIII, in Oeuvres complètes, cit. p. 1087). Cfr. la nota 36 del
presente lavoro; ma, del resto, l'idea di un "filosofo seduto a tavola", suggerita dal testo di
Michel Jeanneret, là dove l'Autore precisa che il fine di Montagne era, in fondo, quello di
"ramener la philosophie sur terre" (M. JEANNERET, op. cit., p. 35), riconduce all'osserva-
zione, più volte rilevata dalla crìtica, di un uomo in ascolto del proprio corpo. Cfr. A.
THIBAUDET, Montaigne, op. cit., p. 522: "Montaigne ne se penserait pas s'il ne se pensait
pas, et il ne se penserait pas, s'il ne pensait pas son coφs", passo di cui giustamente Genette
ha sottolineato l'importanza (cfr. G- GENETTE, Figures, Parigi, Editions du Seuil 1966, p.
140); e, ancora una volta, cfr. l'acuta analisi di G. MATHIEU-CASTELLANI, Montaigne.
L'écriture de l'essai, op. cit., p. 219, dove l'Autrice precisa che "à qui accepte", come
Montaigne, di "se soumettre à la voix du corps [...] revient le cadeau des Muses, 'l'originel
langage des Dieux'"; o, fra numerose altre riflessioni di Mathieu-Castellani che vorremmo Paesaggi interiori nel "Journal de voyage"
ritenere, p. 171:

Cette volupté est aussi celle du lecteur Montaigne qui "rumine" un


1. Il Journal de voyage^ pare meritare qualcosa di più del ruolo
langage loui charnel, laisani d'abord passer les mots pai la bouche [...], di parentesi fortuita in una tensione intellettuale, di archivio farra-
Goûter, savourer, ruminer, tels sont les plaisirs qui comblent ce gour- ginoso d'interessi culturali, ο di episodio accessorio nella scrittura di
mand avide de friandise, et qui avoue que "ce n'est pas une fête peu
artificielle et peu voluptueuse qu'un bon traitement de table" [...]. Ou
Montaigne. La natura composita e, in apparenza, dimessa di questo
cet amoureux de la vie, soucieux de la "savourer et ruminer", en une testo suscita una iniziale perplessità: un diario dalla scrittura discon-
jouissance qui associe les sens comblés à l'âme ravie, tinua e mutevole, dove due mani si succedono e, di esse, quella che
dapprima registra, in un equilibrio instabile tra dipendenza e tenta-
p. 238: "Montaigne fait descendere la philosophie du ciel sur la terre", e p. 163: "comme
Socrate loué par lui d'avoir ramené la philosophie du ciel sur la terre, Montaigne définit
zioni di autonomia, interrompe poi il suo corso, sostituita da quella
une plénitude toute profane, une perfection toute hiunaine". del protagonista, che nella narrazione prende corpo, sino a trasmi-
grare, a sua volta, nell'autore, evadendo, in una certa misura, dalla
pagina. La lacerazione nel tessuto del resoconto non si limita al
repentino passaggio di consegne, visto che la trasformazione del
personaggio in scrittore non appaga la propensione alla metamorfosi
deirartefice. L'esposizione degli avvenimenti prosegue per circa tre
mesi in francese, quasi ad estinguere il debito contratto accettando
la eredità del Journal, mentre per il successivo periodo di cinque
mesi, mimetizzandosi con i suoni del territorio, assume le sembianze
dell'italiano, per mutare condotta e convertirsi al francese, sulla strada
del ritomo, non appena varcato il confine.
La composizione del Journal, costruito con incastri di generi
e modi, dove gli episodi sono al contempo incentivo e ostacolo
alla creazione, rivela un'ambizione di organicità diversa dalle ragioni
492 M. Majorano Paeêoggi interiori nel "JoumaJ de voyage" 493

di un'annotazione di cronaca. Allora, non è infondato chiedersi se vissuta, si scorgono i caratteri essenziali di Montaigne, definiti con
l'ordito di questo itinerario disegni una dimensione compiuta di opera acribia critica da Enea Balmas: "quel suo bisogno di ridimensionare la
letteraria. verità alla propria statura, di non vedere se non con i propri occhi, di
Rispetto ad un testo eterogeneo, in cui il vizio della scrittura non prendere le mosse altro che da se stesso e dalla sua facoltà di
si manifesta come frammento può risultare proficua una stategia giudizio"·^.
d'analisi per comparti, limitata al dittico affrescato da Montaigne in Il viaggio inizia a percorso inoltrato, ellittico sintomo di una
francese, modulando l'indagine non tanto sulla sequenza cronologica crisi in abitudini familiari e pubbliche occupazioni^, occasione di una
degli accadimenti, ο sulla catalogazione delle riflessioni, quanto sul archeologia pausata, di un'appagante frequentazione di un universo
rilevamento, attraverso le frequenze, degli esponenti referenziali nel letterario già contemplato nei libri. 11 Journal de voyage celebra un
tessuto linguistico, per ricavare alcune propensioni e qualità del investimento culturale, quando non una mitologia profana, i simulacri
discorso. tattili di una romanità introversa, interiorizzata in una ieratica e
Questa discriminante preliminare non deve sembrare tendenziosa, rasserenante perfezione, che all'esterno domanda la verifica di una
perché nel primo segmento del Journal la scrittura è mediata dalla constatazione soggettiva. A questa dimensione sacrale si adegua la
rielaborazione e l'enunciato si configura come adattamento di uno scrittura, resa asettica e scarnificata, dove ciascuna descrizione, per
spettacolo riferito ο visto. Sebbene nella seconda parte dei diario, nel quanto innocente, serba un interesse, indizio di una sensibilità che
passaggio dalla biografia all'autobiografia, l'assenza di interferenze non travalica il riscontro razionale e consegna alla pagina l'intimità di una
determini l'abbandono del veicolo linguistico originario, che ne studiata affezione^. Così, con digressioni appena percettibili si atte-
costituisce il filo di continuità, mutano le prospettive. Nella sezione nua, in questo registro di cronache intellettuali, la supremazia in-
italiana^, poi, il rapporto con l'oralità e l'osservazione s'inverte e condizionata dell'anima razionale, indotta a confrontarsi con gli occhi
Montaigne prosegue e simula il suo itinerario fuori dai confini in una e le viscere, alla ricerca di un'accettabile simmetria col corpo.
lingua ripresa con l'uso mimetico, accedendo ad una libertà di diva- Questa scrittura impassibile, refrattaria a suggestioni di ordine
gazione e di comunicazione inusuale: si dedica, infatti, ai colori decorativo, si attiene con modesta perseveranza alle pieghe del di-
dell'aneddotica, del divertimento e della socievolezza, con una dispo- venire, stemperando, con il trascorrere delle tappe, il controllo mo-
nibilità non consentita dall'autocensura operante sul versante francese. rale. La compilazione del Journal avviene in una zona franca, quella
Infine, l'epilogo, con un incalzante susseguirsi di tappe coese da dell'esperienza individuale, compiuta nel riserbo della coscienza di sé,
parsimoniose notazioni, traduce il distacco di un ritorno alle cure con una scrittura allo stato puro, non costruita per una lettura
consuete, compiuto sotto il segno di una inesorabile normalità, che si ufficiale, album di proporzioni e visioni mentali, inventario
esplicita anche in una incombente reintegrazione linguistica. fenomenico di un pellegrinaggio alle radici della civiltà e, in essa, di
Allorché Montaigne apre il Journal alle inclinazioni della sua una incontrovertibile identità.
tenace soggettività, si riconosce in una categoria morale, quella
del 'dovere della scrittura': "Ayant donné congé à celui de mes gens 2. Nelle due sezioni in francese compilate dal signore di Montaigne,
qui conduisait cette belle besogne, et la voyant si avancée, quelque una funzione di cardine, in una successione di visioni, spetta al verbo
incommodité que ce me soit, il faut que je la continue moi-même"^. voir. Il verbo della percezione visiva compare nel primo movimento
Una superflua necessità s'impone con il vincolo del testo sospeso, della memoria per ben 131 volte, variamente coniugato, mentre nei
mentre l'ozio letterario è la garanzia eccentrica di questa risorsa cenni sbrigativi sul ritomo figura in solo 4 occasioni, consegnando
provvisoria per una sopravvivenza intellettuale: alla scrittura ci si all'azione degli occhi il privilegio di una ragionata passione per un
rivolge ancor meglio in tempi di destini turbati, per cercare stabilità artistico retaggio, di cui l'Italia è provvido deposito. Solo a voler
almeno nei segni. Anche in questa esigenza temporanea di scrittura fornire un esempio dell'incidenza dell'azione, a Roma, nella giornata
del 6 marzo 1581, voir ricorre nel testo con 11 forme, di cui 7 al
Paetaggi interiori nel "Journal de voyage " 495
494 M. Malanno

su quattro, quasi che al ritomo in Francia venga meno l'urgenza di


passato remoto''. La persona verbale, poi, fornisce cospicue indi-
guardare.
cazioni per cogliere una gamma variegata di comportamenti: con la
Quando ci si addentra nella topologia del Journal si riscontra
prima persona singolare il verbo riunisce una serie omogenea di
una gamma di paesaggi globali (80), equamente ripartiti tra montagne
interessi, condensati soprattutto nelle prime pagine. Lo sguardo di chi
e pianure (24 ricorrenze per ognuna delle due categorie), cui seguono
prende queste note austere si sofferma nella librairie du Vatican^, su
le opere di connessione delle distanze, ovvero i ponti (15) e le strade
" u n lopin de l'ancien papyrus, où il y avait des caractères incon-
(11); completano questi rilevamenti i ruderi (11) e le acque disparate
nus"9, sul "bréviaire de saint Grégoire, écrit à main"io, su "un livre
di fiumi, mari e stagni (14 nell'insieme). Come dice Weber, in realtà,
de saint Thomas d ' A q u i n " " su "une Bible imprimée en par-
"Le premier aspect de cette nature subjective c'est d'abord sa mo-
chemin" su "l'original du livre que le roi d'Angleterre composa
bilité et la difficulté de la saisir"3o. La descrizione del paesaggio si
contre Luther"i3^ su "un Virgile écrit à la main''^^. Con il trascorrere
realizza per mezzo di alcuni termini polarizzanti: s'incrocia una
del tempo e il procedere del rasoconto, subentra un'attenzione
dovizia di vocaboh generici {arbres fruitiers, herbe, vergers) con
che, pur sempre alla prima persona, si sposta dall'interno all'esterno,
alcune voci specifiche {blé, cerises, châtaigniers, fraises, mûriers,
verso avvenimenti singolari e straordinari: "la plaie si vive"is sui corpi
oliviers, vignes), e tuttavia, accanto ad una vegetazione produttiva
dei flagellanti, la "cérémonie de l'aumône des pucelies"i6, "toutes
non ne manca una protettiva, con alberi "qui servent d'ombrage"3i.
ces inventions" l'artificioso "arc-du-ciel"i8. Infine, la percezione
dell'ambiente assume i contomi peculiari di un apprendistato com- Sovente la regione attraversata viene connotata, per la presenza
piuto nella scenografìa di un'architettura urbana e di un'arte deside- umana, come lieu habité, ma la definizione si rivela una lente che
rate: "plusieurs excellentes statues"^', "le dedans du palais du signor concentra sagome opache e periferiche in movimento. D'altronde,
Jean George Cesarini"2o, " i g d ò m e " 2 i , "le p o r t " 2 2 , "l'effigie au se gli abitanti di queste regioni sono confinati nella presenza offuscata
naturel de Picus Mirandula"23. e silenziosa di una formula, anche gU animali compaiono sulla scena
in forma di alimento oppure intesi come mezzo di trasporto e stru-
Lo spazio circostante, inciso con forza dalla visione soggettiva
mento di caccia. Quanto ai personaggi che si riconoscono nella
- più di un quarto delle ricorrenze di voir (36) è alla prima persona
scrittura del Journal, spiccano due gruppi di attori: i compagni di
singolare — è visitato con gli altri viaggiatori, attraverso la prima
questa ricerca avventurosa, aggregati in un calligrafico percorso corale,
persona plurale (20 casi): in questa circonstanza l'asse di osservazione
e i residenti, spettatori, partecipi di addotrinate e impervie itineranze.
si trasferisce su elementi dissonanti, comuni alle curiosità di un
Ciascuna comparsa, votata alla dinamica e alla stasi, si impegna a
gruppo di visitatori: a Ostia, la Rocca2«, "une colonne fort an-
comporre una subalterna coreografia unitaria, senza privilegi, intorno
tique"25, "une tête de colline plaisante", "un beau village"26, "un
al solo viaggiatore che narra. E tuttavia, il Journal de voyage, contro
grand are ancien"27, e ancora l'assenza di "belles femmes"28. La
le apparenze, raccoglie stati distinti di solitudine e la sola presenza
forma impersonale, quella che veicola la visione in quanto dato
amica è quella di una fratellanza perduta, che abita nella memoria:
oggettivo, interviene con ritmi non esorbitanti (51 luoghi), mentre il
"je tombai en un pensement si pénible de M. de la Boétie ... que cela
ricorso alla costruzione negativa è parsimonioso (14 occasioni) e, per
me fìt grand mal"32. Altri figuranti, sguarniti di un ruolo istitu-
di più, in due casi è impiegata con una fragile figura, mortificata nella
zionale, si affollano ai margini di questo cammino e nella devianza
sua bibliofilia, quell'ambasciatore di Francia, che non aveva avuto
degli spiritati, delle courtisannes e del fanciullo, già colpevole di
modo di appagare la propria passione, visitando come Montaigne la
assassìnio, aprono uno squarcio sulle umane miserie. Ogni individuo
biblioteca vaticana, venendo privato pertanto del privilegio di con-
incontrato in Italia costituisce un tentativo transitorio di estranea-
templare "ce Sénéque écrit à la m a i n " 2 9 . La misura della sensibilità
mento disincantato per il protagonista e ne fa fede, talvolta, il giudi-
si basa sul libro e su questo fondamento si definiscono processi
zio sulla gente che, per quanto perspicace, è meno indulgente di
d'identità e di estraneità. Quanto poi al segmento terminale del
quello sugli oggetti:
rendiconto, il verbo voir vi compare in costrutto negativo due volte
496 Λί. Majorana Peetaggi interiori nel "Journal de voyage" 497

Le plus commun exercice des Romains c'est se promener par les sicché il toponimo crea il luogo e, al contempo, la soglia imprescin-
rues, et ordinairement l'entreprise de sortir du logis se fait pour dibile d'ingresso nel racconto. Se il confronto si sviluppa all'interno
aller seulement de rue en rue sans avoir où s'arrêter33. del giardino d'Italia (fenomeno che si produce in 11 circostanze), a
prevalere sono considerazioni di ordine architettonico su avenues,
La raffigurazione delle località si articola secondo una dialet- bâtiments, églises, palais. Più variegato sembra il campionario degli
tica essenziale e, nella scansione del territorio, alle plaines succedono elementi di raffronto tra Italia e Francia: qui si riscontrano con-
le montagnes, come nei ritmi dei percorsi, gli chemins si alternano ai siderazioni sull'architettura ed ÌI paesaggio (13 luoghi), sugH alimenti
ponts. La visione dinamica del paesaggio naturale è vivificata (4), sulle attività, le misure, la religiosità (3 ricorrenze per ciascuna
dall'acqua e, sebbene Montaigne la raffiguri soprattutto quale liquido categoria), sul clima, le terapie e le usanze (2 occasioni per ciascuno).
quantificabile nel transito attraverso il corpo, ancor prima la rico- Si constata in tal modo che gli aspetti di "civilisation" prevalgono su
nosce mentre solca la carcassa della terra e la irrora, risolvendosi, nel quelli "naturali". Ad una riflessione documentata appare, dunque, che
nesso tra paesaggio e corpo, in una distante autobiografia. Una filtrata nel testo del Journal si rinvengono consistenti rinvi! paesaggistici
conoscenza della terra si compie con l'acqua, che, anche quando non piuttosto che dettagliate descrizioni, quasi che il modello francese
fluisce per purificare il corpo, per empatia, ricorre ai verbi che tra- venga a sovrapporsi a quello italiano, in similitudine ο i r differenza,
ducono una catarsi fisiologica·. "Cette rivière du Teverone la [Tivoli] e ne costituisca l'imprescindibile metro interiore. Da queste alternanti
lave"^ f "une rivière descendant des monts la [Senigallia] lave d'un valutazioni sui centri abitati dei due paesi si può ricostruire una
còté"35. mappa sotterranea degli affetti dello scrittore per "les bonnes villes de
Nella natura incontaminata, con la leggerezza dello sguardo, France"'«'.
Montaigne prova a rintracciare un geometrico paesaggio immaginario, Le strade di Roma procurano a Montaigne l'illusione di "être dans
un "locus amoenus", dai tratti così indistinti da potersi decorare, la rue de Seine ou sur le quai des Augustins à Paris"'*^ ; l'osteria poco
comunque, con quelle Antiquités che gli sono tanto care, per creare fuori Le van ella, apprezzato ritrovo per nobili incontri, gli rammenta,
una pausa da abitare con la mente. Sono rimossi dallo sfondo gli per l'ambiente, altre locande a lui familiari, "comme chez le More à
aspetti sconvenienti, l'inclemenza del clima, l'insicurezza della pere- Paris, ou Guillot à Amiens"42 ; Lucca gli appare "d'un tiers plus petite
grinazione, la povertà, la s p o r c i z i a ^ « . In qesto tracciato spoglio anche que ßordeaux"'^3. Malgrado la discrezione della scrittura, prevale su
i colori sono primari: spicca il bianco ed il nero delle pietre, il bianco ogni pudore l'affetto per Parigi, di cui negh Essais, al capitolo De la
ed il rosso delle acque, il verde della vegetazione, senza alcuna con- vanité, aveva scritto: "Je Vayme tendrement, jusqu'à ses verrues et à
cessione alle sfumature di tono. Lo scenario naturale nel Journal sta ses t a c h e s " ^ .
all'opera d'arte come il presente sta al passato, e il passato in queste La memoria latente e diffusa del proprio paese costituisce un
pagine è il presente. richiamo costante, che contrasta la pacificazione consentita dal
disimpegno di una pausa consacrata alla frequentazione del mito. Gli
3. Quando il quadro si precisa, ci si avvede di trascorrere da un scambi incrociati tra Italie, France e "ailleurs" si limitano ad impli-
sito in sé con chiuso a paesaggi in reciproca dipendenza. Tra questi care i territori conosciuti attraverso questo "viaggio con ritorno":
ultimi se ne riconoscono di tre tipi: il paesaggio italiano in relazione dalla Francia, attraverso l'Europa, verso l'Italia e di qui alla Francia,
ad un altro paesaggio italiano; il paesaggio itahano rispetto a quello toccando, dunque, {'Allemagne (2 volte) e la Suisse (I volta) nel
francese; il paesaggio italiano in rapporto ad un "ailleurs". raffronto del ricordo. Il paragone è complesso e si articola in cinque
Il nome della città costituisce non solo una tappa verso cui m ovimen ti : Italie-France·A llemagne. Frane e-A llemagn e- ' 'ailleurs ' ', Ita-
ci si avvicina ο da cui ci si allontana con ritmi canonici — "nous lie-Allemagne, Italie-"ailleurs", "ailleurs". Nel riconoscimento delle
vînmes coucher à..."37, "et nous rendîmes à dîner à..."38, "et me qualità obiettive di ciascun paese, nell'incrocio di equivalenze, nel
rendis à souper à ..."39 - , ma anche il titolo originale di un capitolo, trattamento imparziale riservato ai dati effettivi annotati in ogni
98 M- Mafomno
Faetaggi int«tiori nel "Journal de voyage" 499

contrada, si può ravvisare un aspetto dell'atteggiamento di autentica quello che si distingue oltre l'armatura del corpo, nell'opera estema e
apertura, da parte di Montaigne, verso ciò che gli è ignoto, sicché durevole dell'umana operosità. Il rapporto con la malattia, nonostante
persino l'insistenza della voce "ailleurs", che ricorre 8 volte, piuttosto il tormento, sembra centellinato, e quasi si potrebbe dubitare che da
che distillare una sistematica indifferenza, esprime un alacre "dé- essa il compilatore dell'anamnesi si attenda di guarire, forse perché da
tovuTiement de la réalité", implicita ammissione di un equilibrio una malattia "interiore", come da una certa maniera di osservare la
smarrito e, al contempo, ricerca di una perduta armonia^« vita, è difficile si possa salvarsi.
L'Italia ricostruita nella scrittura del Journal propone una ipotesi La gravelle assume qui una diversa dignità e acquista quasi una
di soluzione dell'enigma, la verifica concreta di un ritrovato "ailleurs" prospettiva scientifica e, per paradosso, non è più manifestazione di
interiore, che già abitava gli spazi della coscienza. Tra i fogli di questo una "caduta" morale, sintomo di un peccato, ma variante biologica
diario si rinvengono gli affidabili strumenti di orientamento per ed epocale degli umani condizionamenti, da cui, peraltro, ricavare
Montaigne: il libro e la sua garanzia, per circoscrivere la realtà, scrittura. All'espulsione di ogni calcolo, con l'analisi chimica appros-
coniugando il passato con il presente; la Francia, solido fondale simativa del frammento, Montaigne ricostruisce il paesaggio lunare,
cognitivo e misura del mondo; la malattia, alterazione dello spazio secreto dal corpo, dove la terapia si pratica tramite quell'acqua che
corporale, impedimento del tempo e espediente di una ulteriore rappresenta tanta parte del paesaggio, e che aggiunge al fluire imper-
consapevolezza dell'individuo. turbabile della natura e del mondo quello drammatico e speculare nel
corpo, dove drena un'infermità densa di tracce sensibili al tatto,
4. Nessuna malattia sembra grave sino a quando non priva la persona schegge di materia simile a quella delle statue tanto ammirate.
della possibilità di decifrare le carte della vita. Nel caso poi dell'auto- Delle ricorrenze del termine eau (51 ), alcune sono connesse alla
re del Journal, la malattia si confonde talvolta con l'identità del acqua come risorsa naturale della terra (12), altre (10) all'acqua
viaggiatore e la patologia, nobilitata dall'accettazione cogitativa nella in quanto espediente decorativo (jeux d'eau)^, una si riferisce al
terapia, cerca sì un sollievo momentaneo ma anche, e soprattutto, un mare, ma la parte più cospicua (ben 28) è dedicata ad illustrare
più solerte rapporto con la natura. Il male viene costretto da Mon- un uso terapeutico. Per vene sotterranee si insinua un'affinità tra la
taigne a coabitare con la conoscenza dei luoghi, con l'osservazione natura irrigata dall'acqua, il corpo dello scrittore percorso degli umori
scientifica e con l'amore dei classici, tenendo la sofferenza sotto e lo spazio della carta rigata dalla scrittura: liquidi analoghi, traspa-
l'arduo controllo della s c r i t t u r a ' » « . Quando la malattia travaglia il renti e opachi, che trascinano con specifiche densità grumi di una
viaggio, lo schema della diagnosi si riproduce invariato (data, sintomo, chimica testuale, che dà qualità alle acque ed una ragione ai giorni.
durata, intensità, esito) quasi a tentar di addomesticarla nel rileva- Per questi solchi la scrittura si trasforma in autentico paesaggio
mento scientifico. interiore e la mimesi dell'autore con la natura si compie nel "segno",
In questi itinarari itahani la scrittura delinea una paesaggio e lo costruendo su un caso clinico un caso letterario, che sfugge all'ar-
sottopone a verifica, impiegando un dato culturale, interno e storico, bitrio della medicina e alle costrizioni della filosofia.
e un raffronto oggettivo, esterno ed attuale. Tuttavia, questa non è
che una dimensione parziale della capacità di evocare un ambiente e 5. Se il Jounal de voyage è non solo e non tanto un deposito di
di catalogarlo: ad una tale facoltà si unisce una sensibilità corporale, temi cui attingere per una prova più severa, allora si può comprendere
restauratrice dell'integrità dell'uomo di questo scorcio del XVI secolo, la qualità inusuale di una scrittura decorosa e sottile, germinata dalla
o, per dirlo con le parole di Gisèle Mathieu-Castellani, "L'image du contraddizione tra aspettative culturali e verifiche quotidiane, di cui il
corps propre, qui structure l'unité du sujet au carrefour de l'ana- paesaggio, con i suoi segni ambigui, è riposta metafora. Queste cifre e
tomie, de la libido et de la relation à l'autre, donne ici corps à queste osservazioni costituiscono, dunque, appena il terreno preli-
rimage"47. In tal modo, con la gravelle e le pierres della malattia, il minare per un'indagine sull'intensità ed i modi di composizione de!
diario di viaggiatore consegna un paesaggio grigio e sassoso quanto paesaggio. Eppure, una linea di tendenza appare con discrezione.
500 M. Majonno Paesaggi interiori nel "Journal de voyage" 50

quella di una paesaggio della coscienza soggettiva, lacerata da dico- (28) JV, p. 255.
tomie, che nella leggerezza della anomalia, nello sguardo errante, con {29) JV. p. 2\i.
<30) Cfr. H. WFBtlR, A travers le seizième siècle, Π, Paris, Nizet, 1986, p. 169.
movenze singolari e ritmi discontinui, disegna i tratti di un viaggio nel (31) y»', p. 266.
teatro della parola. (32) JV, p. 277; in proposito, si veda J. STAROBlNSKl, Montaigne en mouvemenr,
Paris, Gallimard, 1982, p. 65: "La place de La Boétie était en Montaigne, lequel à son tour
Matteo MAJORANO s'était perdu en ta volonté de son ami".
(33) j y , p. 224.
(34) JV, p. 233.
( 3 5 ) / K p. 254.
(36) Cfr. R. MUCHFMBLFD, L'invention de l'homme moderne, Paris, Fayard, 1988,
pp. 15-82.
ODJV. p. 239.
NOTE (38) JV. p. 244.
( 3 9 ) / K , p. 252.
(1) Π Journal de voyage di Michel de Montaigne è citato nell'edizione curata da Fausta ( 4 0 ) / K p. 210.
Gaiavini, Paris, Gallimaid, 1983; d'ora in poi, pei quest'opera si utilizzeià la sigla JV. (41) JV, p. 219.
(2) Cfr. F. GARAVINI, Montaigne écrivain italien? in Etudes montaignistes en hom- (42) JV, p. 262.
mage à Pierre Michel, Paris, Champion, 1984, pp. 117-29. ( 4 3 ) / K , p. 266.
(3) Cfr. JV, p. 208; si veda, in proposito, F. GARAVINI, Itinerari a Montaigne, Firenze, (44) M. de MONTAIGNE, Essais, in Oeuvres complètes, Textes établis par A. Thibaudet
Sansoni, 1983, ρ. 117: "la frase sembra anzi indicare una certa sorpresa di fronte a un et M. Rat, Introduction et notes par M. Rat, Paris, Gallimard, 1962, p. 950.
manoscritto di cui gli era ignota l'estensione e l'accuratezza". (45) Cfr. M. BIDFAUX, La description dans Le "Journal de voyage" de Montagne,
(4) Cfr. E. BALMAS, Montaigne a Padova, Padova, Liviana, 1962, p. 24. in Etudes offertes à Monsieur le Professeur V.-L. Saulnier, Genève, Droz, 1980, pp. 417-18:
(5) (Jr. F. GARAVINI, Itinerari, op. cit., p. 101: "Inoltre, viaggiare significa allon-
tanarsi dallo spettacolo di miseria, corruzione e rovina che offre la Francia sconvolta dalle En imposant avec le terme comparant la présence d'un ailleurs, elle
guerre civili". introduit dans le discours du Journal une expérience antérieure (humaine
(6) Cfr. C.-G. DUBOIS, L'imaginaire de la renaissance. Paris, PUF, 1985, p. 223: "Le plutôt que livresque, et relative pour l'essentiel à des choses de France)
propre d'une matière livresque est de n'être point matérielle. Faite de mots, elle produit un ou même contemporaine (surtout à partir de Rome, où la confrontation
sens: l'entreprise de Montaigne est sémiotique par déflnition". s'effectue de plus en plus avec les êtres et les objets remarqués en che-
(7) JV, pp. 212-14. min), sans pour autant effacer - comme le ferait la métaphore - la
(8) JV. p. 212. réalité exprimée par le terme comparé.
(9) JV. ibid
(10) JV, ibid. (46) Cfr. M. BIDEAUX, La description, op. cit., p. 408.
(11) JV. ibid.
(12) JV, ibid. Le seul récit digne de ce nom pourrait bien être constitué par la notation
(13)/Κ, p. 213. obstinée des effets de la gravelle qui afflige le voyageur Montaigne et des
(14) JV. ibid soulagements que lui apporte l'usage des bains situés sur son itinéraire.
(ÎS)JV,p. 228.
(.16)71^, p. 230. (47) a r . G. MATHIEU-CASTELLANI, Montaigne. L'écriture de l'essai, Paris, PUl",
(17) JV, p. 234. 1988, p. 22.
(18) JV. ibid (48) M. TETEL, Journal de voyage en Italie et les Essais: Etude d'intertextualité, in
( 1 9 ) / Κ . p. 235. Etudes sur le XVI« siècle pour Alfred Glauser, Paris, Nizet, 1979, p. 176; "L'artificiel
(20) JV, p. 238. sert donc de lien, de pont, entre la nature et l'homme; c'est un moyen de communication,
(21) JV. p. 240. un conduit, qui délimite et limite les forces de la nature et les capacités humaines".
(22) JV, p. 251.
(23) JV. p. 258.
(24) JV, p. 212.
(25) JV, p. 240.
(26) JV, p. 244.
(27) JV, p. 254.
Montaigne et l'Italie antique

C'est M. Ch. Dédéyan qui, voici déjà une quarantaine d'années,


alors que j'étais étudiant à l'Université de Lyon, m'a révélé l'intérêt
du Journal de Voyage en Italie et je ne peux manquer de saisir cette
occasion pour lui exprimer publiquement ma reconnaissance, celle de
tous ses anciens élèves-
Vingt ans plus tard, dans une modeste publication de l'Université
de Tours, reprise quinze ans après, complétée et précisée, dans le
volume Iter Italicum, publié avec mon épouse sous les auspices
des Belles Lettres à Paris et du CIRVI - et c'est une occasion de plus
pour moi de féliciter et de remercier le Professeur Kanceff pour sa
féconde activité - , j'ai repris l'examen du Journal de Montaigne en le
considérant comme source pour l'archéologue. Je souhaite ne pas trop
me répéter et je me permets de renvoyer à ce commentaire archéolo-
gique du Journal.
Je me contenterai aujourd'hui, dans un premier temps, de rappe-
ler brièvement les multiples points de vue qui m'avaient alors intéres-
sé, mais en renvoyant à cette analyse pour la série d'exemples pré-
sentés. J'insisterai sur les motivations de Montaigne et la préparation
que constituait le voyage pour une réflexion plus approfondie, qui
aboutit à la seconde édition des Essais.
En dehors des allusions littéraires et historiques de pure érudition,
on trouve dans le Journal des notations précieuses pour l'archéologue,
sur:
574 R. Chevallier Montaigne et l'Italie antique 575

— les caractéristiques et les curiosités du paysage, souvent proche la graphie; du Regisole de Pavie, cette statue équestre impériale
du paysage antique, avant les grandes interventions mécaniques, détruite, mais dont la description par Montaigne, mise en série avec
notamment pour ce qui est du paysage compianté et humanisé de celles d'autres voyageurs, permet d'établir un portrait-robot; ou de la
la "cultura promiscua"; fameuse chimère d'Arezzo, conservée à Florence et dont le voyageur
- mais aussi parfois paysage transformé par la nature: je cite note que la découverte était entourée d'une "aura" folklorique: "Une
l'exemple caractéristique du port de Claude à Ostie, encore à l'état de figure d'un animal à quatre pieds relevé en bronze sur un pilier,
marécage à l'époque de Montaigne, représenté au naturel, d'une forme étrange, le devant tout écaillé et
D'autres remarques concernent: sur l'échiné je ne sais quelle forme de membre, comme des cornes. Ils
- les activités humaines traditionnelles, notamment les travaux disent qu'il fut trouvé dans une caverne de montagne de ce pays et
et les jours, qui trouvent un commentaire chez les agronomes latins; mené vif il y a quelques années".
— les conditions du voyage, qui n'avaient alors guère changé Enfin divers aspects de la vie quotidierme ont frappé le voyageur:
depuis l'antiquité: itinéraires, difficultés de la route, moyens de alimentation - on nous a parlé ce matin très joliment de la cuisine - ,
passage, ponts, gués et bacs, péages, guides, structure même des voies construction et habitation, dialectes, médecine populaire, moeurs et
antiques, comme VAppia ou la Flaminia, voies d'eau; coutumes, fêtes et manifestations du culte, existence administrative et
- les ruines de Rome et des environs: Montaigne développe peu politique. Tous ces domaines peuvent conserver le souvenir de situa-
les considérations philosophiques sur le thème de la grandeur et de la tions fort anciennes, par exemple à Rome une survivance étrange du
décadence et s'intéresse plutôt aux transformations de la topographie rite des Lupercales et de Vequus october.
romaine, pressentant la notion moderne de stratigraphie (ces passages Voilà qui va bien au delà des pages sans cesse citées sur les
fameux sont dans toutes les mémoires). L'auteur fournit aussi des ruines de Rome: "Ceux qui disoient qu'on y voyoit au moins les
observations précises sur la technique de construction romaine. ruines de Rome en disoient trop... Ce n'étoit rien que son sépulcre".
Il faudrait citer ensuite de nombreuses pages sur l'identification De la Rome antique, Montaigne, comme Du Bellay, ne reconnaît que
des sites antiques, parfois déplacés, la toponymie, l'étymologie, "le ciel sous lequel elle avoit été assise et le plan de son gîte".
l'état contemporain de la tradition, avec des remarques sur la mé- Ce trésor que nous livre le Voyage s'explique par un sens aigu de
moire collective des habitants et les traditions folkloriques, comme l'observation, une préparation philologique approfondie, une vive
celle qui s'attachent au passage d'Hasdrubal au Métaure; curiosité intellectuelle capable de s'intéresser à tout ce qui le mérite
— les relevés et déchiffrements d'inscriptions, une vingtaine, et, en dernière analyse, à une volonté véritablement humaniste de
dont le voyageur, grâce à sa culture humaniste, parvient le plus sonder et de comprendre les hommes.
souvent à décrypter les abréviations. Je ne retiendrai aujourd'hui Cette perspective est approfondie dans les Essais, notamment dans
que la mention de deux colonnes inscrites, près de Plaisance: elles le dernier livre: l'auteur, passant d'une observation des hommes en
étaient placées des deux côtés du chemin, laissant entre elles un situation, dans leur milieu, mais avec une attention toute spéciale
espace d'une quarantaine de pas: "sur la base est une inscription portée aux permanences, à une réflexion sur l'Homme eri général, ou
latine portant défense de bâtir entre elles, et de planter ni arbres ni si l'on veut sur l'essence de l'Homme.
vignes". Ces textes, hélas perdus, entrent en série avec des inscriptions Bien entendu, on trouve dans les Essais des notations concernant
comparables destinées à protéger des tracés d'aqueducs à Lyon, à les realia de l'Italie antique et la façon dont Montaigne s'y est inté-
Venafrum, dans la vallée du Vulturne, et avec des passages du traité
ressé et Ton connaît bien les livres qu'il a utilisés: G. du Choul,
de Frontin sur les aqueducs de Rome.
Gyraldi, Juste Lipse, Mauro, Munster...
Montaigne s'est intéressé aussi aux collections des princes et des Retenons d'abord deux pages de portée générale (elles ont déjà
particuliers, qu'il s'agisse des manuscrits du Vatican, qu'il a examinés été évoquées à Milan):
en parfait philologue, avec des observations précises sur le matériau et - I, 26:
576 R. Chevaitter Montaigne et l'Itiüie enMgfu« 577

A cette cause (l'apprentissage), le commerce des hommes y est — ils avoient des cuisines portatives, des poissons dans leurs
merveilleusement propre, et la visite des pays estrangers, non salles basses;
pour en rapporter seulement, à la mode de notre noblesse — quelle étoit chez eux la place d'honneur à table;
Françoise, combien de pas a Santa Rotonda (le Panthéon) ou la — s'ils se nommoient avant ou après ceux à qui ils parloient
richesse des calessons de la Signora Livia, ou comme d'autres,
ou écrivoient;
combien le visage de Néron, de quelque vieille ruyne de là, est
— leurs femmes se baignoient avec les hommes;
plus long ou plus large que celuy de quelque pareille médaille,
mais pour en rapporter principalement les humeurs de ces — ils payoient le batelier en entrant dans le bateau;
nations et leurs façons et pour frotter et limer nostre cervelle — de quelle couleur étoient les habits de deuil des dames ro-
contre celle d'autruy. maines;
— ils portoient même accoutrement les jours de deuil et les
jours de fête.
— et m , 9:
Montaigne s'intéresse beaucoup aux particularités et aux vertus
militaires:
J'ai eu connoissance des affaires de Romme, long temps avant
que je l'aye eue de ceux de ma maison: je sçavois le Capitole et
— pourquoi les Romains ôtoient aux peuples nouvellement con-
son plant avant que je sceusse le Louvre, et le Tibre avant la quis leurs armes et leurs chevaux;
Seine. Me trouvant inutile à ce siede, je me rejecte à cet autre, — ils combattoient à l'épée et à la cape;
et en suis si embabouyné que Testat de cette vieille Romme, — quelles étoient les armes d'un piéton romain;
libre, juste et florissante (car je n'en aime ni la naissance ny la — pour quelle raison les Romains se mettoient continuellement
vieillesse) m'intéresse et me passionne. Pourquoy je ne sçauroy en guerre;
revoir si souvent l'assiette de leurs rues et de leurs maisons, et — Rome étoit plus vaillante avant qu'elle fût savante.
ces ruynes profondes jusques aux Antipodes, sans que je ne m'y L'auteur, qui a exercé des responsabilités administratives, est
amuse. Est-ce par nature ou par erreur de fantaisie que la veuë attentif aux leçons de morale politique:
des places que nous sçavons avoir esté hantées et habitées par
— il cherche les secrets de la grandeur romaine;
persoimes desquelles la mémoire est en recommendation, nous
— se demande pourquoi les Romains rendoient aux rois leurs
esmeut aucunement plus qu'ouir le récit de leurs faicts ou lire
leurs escrits? royaumes après les avoir conquis;
— estime le sénat inexcusable d'avoir violé im traité qu'il avoit
Les observations des Essais sur l'Italie antique concernent des fait lui-même;
détails pittoresques de l'existence quotidierme, l'auteur considérant — recherche pourquoi les Romains ont refusé le triomphe à
ses vieux Romains d'un point de vue anthropologique ou ethnogra- des généraux qui avoient remporté de grandes victoires.
phique, comme il le fait pour les sauvages d'Amérique: L'Italie antique est vue dans les Essais surtout à travers ses grands
— les Romains prenoient des bains tous les jours avant le repas; écrivains. Voici le bilan des citations recensées: saint Augustin: 19
— ils se parfumoient tout le corps et se faisoient pinceter tout le citations pour 100 renvois; Catulle: 29; Cicéron: 180; Claudien: 12
poil; Quinte Curce: 7; Horace: 165; Juvénal: 50; Lucain: 37; Lucrèce
— ils aimoient à se coucher mollement et mangeoient sur des 109; Martial: 41; Ovide: 72; Perse: 23; Properce: 18; Quintilien: 11
lits; Sénèque: 91 pour 298 renvois; Suétone: 83 renvois; Tacite: 55
— comment ils témoignoient leurs respects aux grands; renvois (6 citations); Térence: 25; Tibulle: 8; Tite-Live: 38 (95
— à quel usage ils mettoient l'éponge; renvois); Virgile: 116.
" comment ils raffraîchissoient leur vin; Et Montaigne était conscient de l'étendue de nos lacunes, cf. II,
16:
578 R. Chevallier
Montaigne et l'Italie antique 579
Nous n'avons pas la millième partie des escrits anciens i; c'est la
ou la vie des grands hommes qui la font, c'est leur valeur exemplaire,
fortune qui leur donne vie, ou plus courte, ou plus longue,
selon sa faveur; et ce que nous en avons, il nous est loisible de
l'expérience que la réflexion peut en tirer à l'usage personnel de
doubter si c'est le pire, n'ayant pas veu le demeurant. l'auteur et de son lecteur, car "la vie de Caesar n'a poinct plus
d'exemple que la nostre pour nous; et emperière, et populaire, c'est
II n'est pas question de reprendre ici l'examen de la librairie tousjours une vie que tous accidents humains regardent". De là une
de Montaigne, de la chronologie de ses lectures, de sa méthode mise en exergue de nombreux dicta de César qui enchâssent dans
de travail (confrontation des sources, mais rôle de la mémoire). des sententiae des observations de psychologie ou de morale, cf. le
Nous nous bornerons à considérer l'exemple très représentatif de chapitre I, 53: "D'un mot de César": "Il se fait, par un vice ordinaire
César2 : 92 mentions d'après P. Villey, en fait beaucoup plus si l'on de nature, que nous ayons et plus de fiance, et plus de crainte des
tient compte des allusions et des passages où le dictateur n'est pas choses que nous n'avons pas veu, et qui sont cachées et inconnues".
nommé, mais désigné indirectement, notamment quand le verdict Une opinion de César sur la mort (la plus souhaitable est la moins
porté est négatif, par exemple "le brigand qui foule aux pieds l'an- préméditée) séduit Montaigne, mais il ne fait pas sienne la formule
cienne liberté de sa patrie". du dictateur préférant être le premier dans un village des Alpes que le
La centaine d'allusions à César ou de citations, parfois assez second à Rome.
longues, peut se classer selon quatre rubriques, par ordre de généra- La vie elle-même du Romain peut offrir des exemples à suivre
lisation croissante: et, plus souvent, à éviter. L'ambition césarienne est celle de la Nature
— portrait du dictateur, physique et moral, à la manière de humaine.
Suétone et de Plutarque; Montaigne a certainement été séduit par la personnalité et la
— César dans son contexte historique, allusions plus larges à carrière de César. Mais, en dernière analyse, son jugement est négatif
l'histoire romaine dont il est un représentant par exellence, en plus et sa préférence va à d'autres héros antiques: Epaminondas, Alexan-
d'allusions précises aux événements contemporains, avec des remar- dre, Pompée, Caton. En fait, son modèle idéal, c'est Socrate, bien
ques pertinentes sur: qu'il soit "plus aisé de parler comme Aristo te et vivre comme César,
. le rôle de l'éloquence à Rome; qu'il n'est aisé de parler et vivre comme Socrate" (III, 12).
. la grandeur romaine en politique étrangère; C'est à des conclusions semblables qu'aboutissent toutes les
. l'inutilité des ides de mars et sur l'enchaînement de ce que Tacite analyses — et elles sont nombreuses — qui ont été consacrées aux
appelait les fata imperii; autres sources antiques à partir desquelles Montaigne fait son miel.
. renvois, à propos de la guerre des Gaules, à tels aspects de Si l'on dresse le bilan des allusions aux héros de l'histoire ro-
la civilisation gauloise; maine, on s'aperçoit que près des deux-tiers (42) concernent des
—jugements sur César, homme politique, chef militaire et écrivain: morts singulières, mieux exemplaires, quelques-unes "délicates" et
c'est le point de vue de l'historien et du critique littéraire; "molles" (Héliogabale, Lucain, Pétrone, Tigellin), mais la plupart
— enfin César, persoimahté exceptionnelle et l'humaine nature, au courageusement supportées, des suicides individuels ou collectifs:
tribunal du moraliste. Aemilius Lepidus, Albucilla, les habitants d'Astapa, Atticus Pompo-
Nous laisserons de côté ici les premières rubriques. Le jugement nius, Aufidius, Bébius, Canius Julius, Caton le Jeune, Cornélius
de Montaigne sur César est nuancé: l'admiration pour le chef militaire Gallus, Cremutius Cordus, Fulvius, Julien, Labienus, Lepidus, Lu-
et l'écrivain est teintée de réserve face à l'ambition, à la violence du crèce, Ostorius, Othon, Paxea, Petronius Granus, Regulus, Scipion
dictateur. (beau-frère de Pompée), Sénèque, Sextilia, Subrius Flavius, Taurea
Mais ce qui intéresse surtout Montaigne dans ses lectures, plus Jubellius, Tuihus MarcelUnus, Vibius Virius, les saintes Pélagie et
que le détail érudit, autant que la connaissance générale de l'histoire Sophronie.

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