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Il neo-tomismo napoletano del sec.

XIX (dalla Dispensa ad usum


discipulorum di Storia della Filosofia/2 parte b)

1. Neo-tomismo e cultura partenopea

La cultura napoletana ha conosciuto più volte momenti di grande


splendore, ma mentre alcuni di essi sono stati debitamente valorizzati, altri
sono stati, invece, ingiustamente trascurati.
Un esempio dei primi è costituito dall’illuminismo napoletano del
‘700, sul quale molto si è scritto, benché molto ci sia ancora da scrivere; un
esempio dei secondi è costituito dal movimento culturale di matrice
cattolica conosciuto col nome di “neo-tomismo napoletano”, sorto verso la
metà del secolo XIX, che non è stato ancora adeguatamente studiato1.
Eppure si tratta di una scuola che ha molto prodotto, che è stata
caratterizzata da una notevole originalità e che ha avuto la forza di reagire
con decisione ai tre orientamenti filosofici al suo tempo culturalmente
dominanti: hegelismo, kantismo e positivismo.
Lo stesso Benedetto Croce, che individua nell’hegelismo l’elemento
caratterizzante “il vivace impegno culturale” della Napoli all’indomani
dell’unità, indicherà tra le varie posizioni miranti a confutare Hegel il neo-
tomismo, anche se lo qualificherà reazionario, il che ci sembra molto
opinabile2.
A contribuire a una riscoperta della scuola napoletana, ha contribuito in
maniera notevole Pasquale Orlando3, il quale, oltre ad avere il merito di aver
fatto meglio conoscere aspetti finora oscuri del movimento, ha saputo cogliere
la portata squisitamente filosofica della scuola.
La Napoli in cui fiorisce il movimento neo-tomista è certamente una
Napoli travagliata, in cui la cultura stessa vive di riflesso gli sconvolgimenti

1
Per una visione generale del neotomismo napoletano Cfr. SESSA D., Il Neotomismo
napoletano del sec. XIX in “Nord e Sud” a. XXI (1984), pp. 101-117. Per un approfondimento
cfr. ID., Cultura cattolica dell’800 e rinascita neotomista a Napoli, Benevento 2013. Tra i più
significativi titoli sul neo-tomismo napoletano cfr. ORLANDO P., Il tomismo a Napoli nel sec.
XIX. La scuola di Sanseverino, Roma 1968; ID., Napoli nella storia del neotomismo del sec.
XIX, in Atti del Congresso Internazionale, vol. II: S. Tommaso nella storia del pensiero, Napoli
1976, pp. 159-168. Più recente è il contributo di CORETH E.-NEIDL W.-
PFLIGERSDORFFER G., La filosofia cristiana nei secc. XIX e XX. II Ritorno all’eredità
scolastica, ed. it. a cura di MURA G. e PENSO G., Roma 1994, con particolare riferimento
alle pp. 154-177. L’intervento ampio e circostanziato, oltre che storiograficamente aggiornato,
dà il suo contributo a una fitta schiera di stimoli culturali, resi rilevanti dalla fecondità del
filone e spinge a compiere ulteriori passi sulla via di un approfondimento della problematica.
Meno recente è NADDEO P., Le origini del neotomismo e la scuola napoletana di Gaetano
Sanseverino, Salerno 1940. Interessanti sono pure serie di articoli su questo tema apparsi
all’inizio del secolo come FERRANDINA A., La filosofia tomistica a Napoli. Sue origini e suo
svolgimento nel sec. XIX, in “Rivista di Scienze e Lettere”, VI (1905), pp. 89-110, 199-207,
287-306, 371-382, 438-460 (raccolti in volume unico con lo stesso titolo a Napoli nel 1905).
Ulteriori indicazioni bibliografiche verranno date nel corso della trattazione.
2
Cfr. CROCE B., La vita letteraria a Napoli dal 1860 al 1900, appendice a La letteratura
della nuova Italia. Saggi critici, vol. VI, Bari 1915, pp.231-319.
3
Cfr. ORLANDO P., Il tomismo a Napoli nel sec. XIX, cit. Pasquale Orlando (1921-2009)
è stato docente di Filosofia Teoretica presso la Facoltà Teologica di Napoli e può essere
definito ideale successore dei maestri della scuola neotomista napoletana, di cui egli stesso si
definisce “terza generazione” (Cfr. GIUSTINIANI P., Lettura dell’opera di P. Orlando, in
Frammenti di verità, Napoli 1981, pp. 7-28).
socio-politici che precedono e seguono il crollo di un regno e l’instaurazione di
un nuovo ordine politico e istituzionale.
Il crollo del Regno delle Due Sicilie è, quindi, un avvenimento che,
anche in questo caso, lo studioso non può trascurare, in quanto non si può non
tener conto dell’oscillare dei fermenti, anche culturali, tra reazione e
rivoluzione, in una diatriba di annose e problematiche situazioni, che non
agevolano certamente l’opera di ricostruzione storica4.
L’intersecarsi, infatti, di elementi storici, sociali, religiosi e politici, il
mutato clima culturale, il desiderio di dire parole chiare, guiderà la scuola neo-
tomista nell’impegnarsi in un lavoro propositivo, partendo, però, dalla
contestazione dei tre idòla che la cultura dell’800, in genere, esalta e che la
cultura napoletana tende a recepire.

2. Il Neo-tomismo e i tre “idòla” della cultura dell’’800: Kantismo,


hegelismo e positivismo

Certamente un motivo di emarginazione della scuola neotomista


napoletana fu il non aver aderito, anzi, l’aver contestato le tre scuole dominanti.
Si trattò di una contestazione radicale, dovuta a motivi sia d’ordine filosofico,
che d’ordine teologico, non disgiunti da preoccupazioni d’altra natura, ad
esempio politica.
Il kantismo che giunge a Napoli è quello della Critica della Ragion
Pura.
A titolo di curiosità val la pena ricordare che alla sua diffusione in Italia
contribuì un domenicano, Ottavio Colecchi 5 , al quale, secondo il fondatore
della scuola neotomista, Gaetano Sanseverino, sarebbero sfuggite le
conseguenze di portata teologica del genuino pensiero kantiano6.
Ora, la scuola neotomista, che, sul modello di S. Tommaso, pone al
centro della sua riflessione filosofica il problema metafisico, non poteva
certamente accettare l’impossibilità della metafisica come scienza, proclamata
dalla Critica kantiana.
In particolare i neotomisti napoletani colgono il pericolo della
predicazione equivoca dell’essere, che porta all’impossibilità di una teologia
razionale, aprendo la strada all’agnosticismo e alle teologie che fioriranno in
seguito, come quella barthiana, incentrata su un Dio inteso come ganz andere,
cioè “totalmente altro”.
L’inconoscibilità del “noumeno”, la presunta incapacità dell’uomo di
penetrare nei sentieri dell’essere, la proclamata centralità del soggetto e quella
sorta di idealismo gnoseologico che vengono recepiti come valori da una
cultura che ha già sperimentato la fede illuministica sulla ragione umana, sono
invece, considerati dal neotomismo napoletano come rischio, limitazione,
segno di un inaccettabile pessimismo gnoseologico7.
Il kantismo, infatti, dopo aver distrutto la possibilità di fare metafisica
come scienza e aver introdotto un agnosticismo teologico, superabile soltanto
col fideismo (cosa che fa lo stesso Kant), risolve la morale in mero imperativo

4
Cfr. DE MARCO C., Il crollo del regno delle due Sicilie, Napoli 19832, cap. I.
5
Cfr. COLECCHI O., Sopra alcune questioni, le più importanti della filosofia.
Osservazioni critiche, Napoli 1834.
6
Cfr. “La Scienza e la Fede” (d’ora in poi citeremo SF), VI (1843), pp. 174-194, 415-451; VII
(1844), pp. 265-299.
7
Cfr. SF VIII (1845), pp. 168-184, 241-260, 401-407.
2
categorico, non potendo in alcun modo fornire alla morale un supporto
ontologico.
E lo stesso formalismo giuridico, che corona la visione kantiana, se
viene accettato dai giuristi che condividono la formula malum quia vetitum,
lascia profondamente insoddisfatti i filosofi del diritto, che non rinunziano a
un’autentica fondazione metafisica della morale e del diritto8.
L’idealismo è ancor più di casa a Napoli e il caposcuola del
neotomismo lo conosce sia attraverso la mediazione di Victor Cousin 9 , sia
accostandosi alle fonti, contrariamente a quanto ebbe a sostenere Croce10.
Il capovolgimento della logica classica, operato da Hegel, è, per i
neotomisti napoletani non meno foriero di esiti negativi della stessa lezione
kantiana. Fermo restando, infatti, la possibilità di una riduzione materialistica
della logica hegeliana, ciò che appare inaccettabile per i filosofi della scuola
napoletana è la predicazione univoca dell’essere. Se, infatti, l’equivocità
kantiana portava all’agnosticismo, l’univocità hegeliana porta a conseguenze
teologicamente non meno gravi, quali il panteismo11.
Il metastorico tende, infatti, così a storicizzarsi, il trascendente si fa
immanente e tutto viene assorbito da uno storicismo relativistico destinato a
fagocitare il divino, fondendolo, fino a confonderlo, con l’umano12.
D’altra parte i filosofi del diritto neotomisti guardano con sospetto alle
conseguenze dell’hegelismo, in morale e in diritto, in quanto lo Stato, suprema
incarnazione dello Spirito, diventando fonte degli stessi valori, tenderebbe a
schiacciare la persona umana, che, non più intesa come centro, diverrebbe
corollario nell’orizzonte giuridico13.
Il positivismo, infine, costituendo la negazione di ogni costruzione
spiritualistica, viene recepito a Napoli, come segno di un trapasso epocale,
mirante a distruggere i residui culturali, politici e sociali di un passato ritenuto
qualitativamente inferiore al presente.
Per i neotomisti, invece, il positivismo non riesce a superare le
contraddizioni della moderna filosofia, cadendo invece in quello sterile
estremismo che consiste nell’ipertrofia del dato positivo14.
I filosofi del diritto neotomisti, inoltre, ne combattono la negazione del
diritto razionale, che, ribadito l’antico principio potestas facit jus riproporrebbe
gli antichi adagi assolutistici, reiterando il rischio antropologico connesso e lo
snaturamento del diritto che ne conseguirebbe15.
Cancellare ogni traccia di giusnaturalismo, disancorare la norma
dall’orizzonte metafisico, negare oggettività del malum e del bonum, legandoli

8
Cfr. PRISCO G., Principii di filosofia del diritto sulle basi dell’etica, Napoli 1872, pp. 61-
69. Sulla filosofia del diritto di Prisco cfr. il recentissimo SESSA D., La filosofia del diritto di
G. Prisco. Neotomista napoletano, Benevento 2011.
9
SF XXIX (1855), pp. 28-45, 105-131. Si tratta di un editoriale anonimo, certamente da
attribuirsi al Sanseverino, in cui il caposcuola scrive: “Frattanto le teoriche di Schelling e di
Hegel sulla storia passavano il Reno per opera di Victor Cousin, il quale, forse primo di tutti,
annunciò alla Francia il metodo di scrivere storia a priori” (Ivi, p. 105).
10
Sanseverino, ad esempio, citerà l’edizione berlinese della Logica, dell’Enciclopedia
delle scienze etc.
11
SANSEVERINO G., Philosophia Christiana cum antiqua et nova comparata, Napoli
1862, pp. 130-136.
12
Ivi, p. 136.
13
Cfr. ad es. PRISCO G., Principii di filosofia del diritto, cit., p. 137 e segg.
14
SF XXX (1870), pp. 31-40, 265-278 ecc.
15
Cfr. PRISCO G., Principii di filosofia del diritto sulle basi dell’etica, cit., p. 44 e segg.
3
alla mera norma, per cui non è il reale costitutivo di eticità, ma la norma posi-
tiva, vengono recepiti come elementi inaccettabili e rischiosi.
Il neotomismo napoletano, quindi, potremmo concludere che nacque
come reazione dell’intellighenzia cattolica alle conseguenze dei tre sistemi
sopracitati e nel risolvere i nodi problematici della cultura contemporanea,
scelse di percorrere la strada di un «ritorno» a S. Tommaso.

3. Il genuino “ritorno” a S. Tommaso

L’espressione “ritorno” a S. Tommaso potrebbe essere assunta con una


connotazione negativa, ma, come avremo occasione di dimostrare, alla luce dei
dati e della produzione della scuola napoletana, ciò sarebbe ingiusto,
occorrendo fare almeno due precisazioni.
In primo luogo, se è vero che il neotomismo napoletano è mosso
principalmente da finalità apologetiche, esso non sarà mai sterile e miope
difesa del dogma dagli attacchi della scienza e della cultura moderna, come
talvolta si è detto o si può pensare16.
I massimi esponenti della scuola saranno, infatti, aperti ai fermenti della
cultura europea e ne recepiranno molti motivi. Talamo, ad esempio,
distaccandosi dal tradizionalismo del Ventura, nell’analizzare i compiti del
neotomismo dirà che: “avveduto delle contraddizioni della moderna filosofia
(esso) ha fermo il proposito di risolverle e conciliarle”.
Escludendo la parte negativa delle opposte tendenze di quella, mira a
fondare la vera filosofia positiva e tiene, perciò, tra gli estremi del razionalismo
e del tradizionalismo, dell’empirismo e dell’idealismo “una via di mezzo, via
larga, via regia, in su la quale speriamo d’incontrarci con tutti e da buoni amici
stringersi cordialmente la mano”17.
L’apertura dialogica appare come l’attitudine fondamentale della scuola,
che tende a tematizzare in maniera positiva e propositiva il travaglio culturale e
la crisi dell’uomo e della cultura dell’epoca, certamente lontana, in Italia, dalla
stabilità o insensibile al travaglio socio-politico.
Una seconda precisazione riguarda il termine stesso di “tomismo”.
Il neotomismo napoletano nasce proprio nella città dove insegnò S.
Tommaso d’Aquino, professore nella giovane Università fondata da Federico II.
Ora, dopo di lui, la tradizione tomista continuerà con un progressivo degradare,
tuttavia, della sostanza del pensiero, che tenderà a formalizzarsi in formule
astratte, in concetti di concetti, mirando a risolvere problemi sradicati
dall’orizzonte esperenziale.
Questa forma di pensiero, che caratterizzerà molta parte della cosiddetta
filosofia scolastica è spesso estranea al tomismo genuino18.
D’altra parte è pure errata l’identificazione tomismo come sinonimo di
filosofia scolastica, in quanto esiste una scolastica non tomista (come, ad

16
Croce non fu tenero contro gli avversari dell’hegelismo, tra i quali primeggiavano i
neotomisti. Citando il barnabita Milone, ad esempio, così si espresse: “Confutò anche lui
Hegel dichiarando, tra l’altro, di non averlo mai letto per non trovarsi irretito nei sofismi
dell’empio tedesco” (CROCE B., La vita letteraria a Napoli dal 1860 al 1900, cit., p. 229).
17
TALAMO S., Rinnovamento del pensiero tomistico e scienza moderna, Siena 1878, p. 121.
18
A tal proposito cfr. (interessante studio di ORLANDO P., Verso un tomismo esistenziale, in
“Aquinas” XIV (1971), pp. 381-412, 531-569; XV (1972), pp. 338-381, 576-597; XVI (1973),
pp. 227-254. L’A. sottolinea l’estraneità dal genuino pensiero tomista di quelle forme di
eccessivo essenzialismo, vedendo nell’istanza di S. Tommaso relativa al primato dell’atto
d’essere, un esistenzialismo “ante litteram”.
4
esempio, quella scotista), né il neotomismo mira a un ritorno alla scolastica,
bensì alle fonti del pensiero di S. Tommaso, come maestro che fornisce gli
strumenti culturali per poter rigettare, in una philosophia perennis, gli attacchi
alla fede alla convinzione (e qui sta la sua perennità) che la retta ragione non
possa trovarsi in contrasto con la vera fede19.
Non meraviglierà, allora, l’arditezza di pensiero di molti neotomisti e le
peculiarità metodologiche, aliene normalmente da quel deduttivismo classico
della scolastica che caratterizzava talune costruzioni concettuali. Né riuscirà
sorprendente che il neotomismo si caratterizzi piuttosto sul piano delle istanze,
che nei singoli contenuti, benché non siano mancati tentativi di elencarne le
tesi fondamentali, in riferimento ai contenuti20.
È proprio su questo piano delle istanze che il tomismo trionferà nella
Chiesa, con l’enciclica Aeterni Patris, promulgata da Leone XIII nel 1879.
Come, però, spesso avviene, l’enciclica è stata preparata da un movimento
culturale che l’ha preceduta e non è temerario affermare che la rinascita del
tomismo nel senso indicato, debba moltissimo proprio alla scuola napoletana.

4. Napoli all’origine del neotomismo italiano

A proposito della priorità nell’inizio di una riscoperta organica della


filosofia di S. Tommaso e quindi della priorità di una vera scuola neotomista è
sorta una controversia tra gli storici, intorno a due possibili soluzioni del
problema. Per alcuni, come ad esempio il Dezza, il neotomismo in Italia ha
avuto origini nel settentrione e lo stesso Sanseverino, iniziatore della scuola
neotomista napoletana, in tanto sarebbe stato neotomista, in quanto convertito
al tomismo da due studiosi settentrionali, cioè il Sordi e il Liberatore.
Per Orlando, che ha studiato a lungo il problema, invece, Sanseverino è
il primo neotomista italiano e come tale merita di essere conosciuto. Il
neotomismo italiano, così sarebbe nato a Napoli.
La fonte cui attinge Dezza per suffragare la “conversione” al tomismo
di Sanseverino, grazie all’opera del Sordi, è riportata da un eminente storico
del tomismo, l’Abate Besse21.
Egli scrive che a Napoli, verso il 1840, Gaetano Sanseverino, allora
bibliotecario della Biblioteca reale, “che non amava a questo mondo altro che
due cose: la sua biblioteca e nella biblioteca le opere di Descartes”, ricevette la
visita di un gesuita di Reggio Emilia, il Sordi.
Il narratore, a questo punto, rileva come il Sordi “avesse per celeste” la
Summa di S. Tommaso e facesse notare quale sacrilegio commettesse
Sanseverino vivendo a contatto con Descartes (Cartesio) “di fargli
comprendere la gioia cristiana e santa che nasceva dalla lettura della Somma”,
e così conclude: “Che cosa avvenne nell’animo del Bibliotecario non si sa.
Credersi obbligato, per salvare l’anima e chiudere per sempre un libro amato

19
TALAMO S., Rinnovamento del pensiero tomistico e scienza moderna, cit., p. 15 e segg.
20
Rilevante in tal senso il tentativo di Pasquale Orlando ne Il tomismo a Napoli nel sec. XIX.
La scuola di Sanseverino, cit., pp. 9-15. Per lo studioso napoletano gli elementi caratterizzanti
in filosofia della conoscenza sono l’astrazione, in antropologia l’anima quale forma sostanziale
del corpo, in cosmologia l’ilemorfismo e il principio della limitazione dell’atto nella potenza;
in filosofia morale il principio base, corollario, del resto della creaturalità dell’uomo, è la
dipendenza dell’uomo da Dio, per cui in Dio si fonda la stessa legge morale. Diritto e morale
sono, quindi, inseparabili e alla base dello stesso diritto positivo sussiste un diritto naturale.
21
BE SSE AB., Deux centres du mouvement thomiste, Paris 1903. Esso verrà utilizzato
largamente da DEZZ A P., Alle origini del neotomismo, Milano 1940.
5
ed aprirne un altro che ripugna, sono dei sacrifici che costano assai. Il buon
Sanseverino dovette soffrire assai, ma sembra che egli se ne consolasse, perché
dopo 20 anni di silenzio, di nuovi studi e di nuovo amore, svegliato
decisamente dal suo sonno eretico, pubblicò a Napoli sette volumi in ottavo,
intitolati Philosophia Christiana cum antiqua et nova comparata” 22.
Questa testimonianza riportata a base della “conversione filosofica” del
Sanseverino è, però, notevolmente inesatta, al punto da non poter neppure
essere presa in considerazione.
Tra le innumerevoli inesattezze non possiamo non ricordare che: a) Che
il Sordi è di Piacenza e non di Reggio Emilia; b) Che egli non editò mai opere
di S. Tommaso come, invece, afferma Besse 23; c) Che Sanseverino pubblicò
veramente a Napoli la sua Philosophia Christiana; c) Che, però, scrisse solo i
primi cinque volumi, essendo stati scritti i rimanenti da un allievo; d) Che
Sanseverino non fu bibliotecario della Biblioteca reale nel 1840, ma lo divenne
nel 185124.
Il racconto dell’abate Besse “sa di fiabesco”25 e lo stesso incontro tra
Sordi e Sanseverino a Napoli è assai in forse, poiché se è vero che il dotto
gesuita venne a Napoli, è pur vero che fu allontanato dall’insegnamento nel
1833, in seguito alla visita dell’inviato del generale della compagnia di Gesù,
Ferreri.
All’epoca Sanseverino, del resto, era ancora studente, sicché affermare
che l’influsso sia stato tale da far cambiare indirizzo filosofico per sempre o
causare addirittura una conversione pare non si possa affatto dedurre26.
Per quanto riguarda, invece, i rapporti del Sanseverino col Liberatore,
altro presunto operatore della conversione del sacerdote napoletano al tomismo,
ugualmente sono da farsi alcune discussioni, soprattutto perché il Liberatore
non fu affatto tomista.
Solo per una sommaria precisazione va detto che in cosmologia, circa
la composizione dei corpi, in gnoseologia, circa la specie, e in psicologia,
circa l’unione tra anima e corpo, Liberatore non solo non è tomista, ma
contrario al tomismo, fino a plaudire agli avversari del tomismo 27 e la sua
stessa opera fondamentale, le Institutiones28, da cui possiamo aver notizia del
suo pensiero fino al 1846, sono tali da far dire al Naddeo, altro studioso del
neotomismo, che “esse non contengono il tomismo né dichiarato, né
dissimulato”29.
All’epoca, invece, ben diverso era già il pensiero del Sanseverino che
nel 1849 fonda la rivista “La Scienza e la Fede”30, sin dal titolo rigorosamente

22
Ivi, p. 12.
23
Besse afferma che “si era fatto editore delle opere del Dottore angelico e aveva venduto
a Ficcadori, libraio di Parma, tutti i suoi manoscritti, che il pubblico ignorava” (Ivi, p. 12).
24
Si tratta dell’attuale Biblioteca Nazionale, all’epoca detta «borbonica», che fu fondata
nel 1804. Dalla documentazione non risulta che Sanseverino abbia avuto rapporti con essa
prima del 1844. Cfr. ORLANDO P., Il tomismo a Napoli nel sec. XIX. La scuola di
Sanseverino, cit., p. 16.
25
Ivi, p. 17.
26
Ivi.
27
L’opzione è, infatti, chiaramente atomista. Cfr. Ivi, p. 18.
28
Institutiones Logicae et Metaphisycae, Napoli 1842.
29
NADDEO P., Alle origini del neotomismo e la scuola napoletana del Sanseverino, cit., p. 15.
30
La rivista sarà mensile sino al 1860, quindicinale fino al 1888, anno in cui scompare.
Rinascerà col titolo “Rivista di Scienze e Lettere” nel 1900, interrompendosi nel 1909.
Riprenderà, infine, nel 1930 per definitivamente concludersi nel 1938. Essa fu la palestra dei
6
tomista. Si tratta del primo esperimento in Italia di una rivista che si proponga
la difesa della religione in campo strettamente culturale.
Non a caso il sottotitolo fu “Raccolta religiosa, scientifica, letteraria ed
artistica che mostra come il sapere umano renda testimonianza alla religione
cattolica”. Va per curiosità notato che nel 1850, con le medesime finalità,
nascerà a Napoli, ad opera dei Gesuiti, la “Civiltà Cattolica”, successivamente
trasferita a Roma.
Ancora a Napoli Sanseverino fondò l’Accademia di Filosofia tomista,
che fu nel 1846 prima in Italia e, sempre nello stesso anno, iniziò il suo
insegnamento nel Liceo Arcivescovile31.
Ora, in tutto quello che scrive, sin dal 1840, “S. Tommaso è il punto di
partenza e di arrivo, infatti, egli ritiene patrimonio imperituro la filosofia di S.
Agostino e S. Tommaso”32. Il suo stesso discepolo prediletto e continuatore,
Giuseppe Prisco, per definire il carattere della filosofia del Sanseverino e
dell’intero movimento, affermerà perentoriamente: “La scuola neotomista
napoletana ha esaminato e confutato la scienza contemporanea irreligiosa ed ha
ben compreso l’importanza della filosofia scolastica della dottrina di S.
Tommaso in special modo”33.
Con ciò non s’intende escludere la collaborazione di studiosi tomisti
non napoletani, in particolare appartenenti al clero regolare residente in Napoli,
ma ciò non può essere in alcun modo interpretato come dipendenza o
subordinazione.
Del resto il fatto stesso di stare a Napoli è significativo in quanto
nessuna città offre più favorevole opportunità di schierarsi per il tomismo.
Uno storico della filosofia molto attento a questo genere di problemi,
noterà, infatti, che “il tomismo aveva a Napoli una tradizione che si può dire
risalga allo stesso S. Tommaso d’Aquino” 34 , per cui - come osserva
giustamente Orlando - “il Sanseverino non aveva bisogno di mutuare da altre
fonti quel movimento di cui divenne il massimo assertore”35.
D’altra parte la cultura cattolica napoletana, pur non sviluppati nella
sistematicità di una scuola, può vantare due autorevoli precedenti neotomistici
risalenti al secolo XVII, in quanto verso il 1750 nelle “Scuole del Clero”
fondate dal Card. Spinelli si coltivavano studi tomisti36. La figura più eminente
fu quella di Giulio Torni, maestro di S. Alfonso, amico di Vico, seguace di S.
Tommaso, anzi “tomista purissimae aquae”37.
Da quanto detto, pensiamo di poter intendere che il neotomismo italiano
nasca, come scuola, a Napoli ad opera del Sanseverino e che il dotto sacerdote
napoletano possa essere indicato come il primo neotomista italiano, in quanto

neotomisti napoletani ed ancor oggi fonte di enorme quantità di materiale solo parzialmente
studiato.
31
Il termine è ambiguo. Si tratta dell’equivalente dell’attuale Facoltà Teologica, in quanto era
costituita da un corso universitario di materie filosofico-teologiche, anche se il titolo
accademico in teologia non veniva conferito direttamente (di qui l’impossibilità di usare il
termine Facoltà Teologica), ma da un consiglio misto composto di professori dell’Università
degli Studi di Napoli e da membri del Collegio dei teologi. Solo successivamente la prassi fu
modificata, anche per le mutate condizioni politiche.
32
SF VI (1846), pp. 5-32.
33
SF IX (1849), pp. 161-199.
34
NADDEO P., Alle origini del neotomismo e la scuola napoletana del Sanseverino, cit., p.
30.
35
ORLANDO P., Il tomismo a Napoli nel sec. XIX. La scuola di Sanseverino, c it., p. 23.
36
Ivi.
37
Ivi. Giulio Torni, sacerdote napoletano, nacque nel 1672 e morì nel 1756.
7
educato e preparato a tale disciplina ed in quanto ogni sua opera ne è
genuinamente espressione38.

5. Il caposcuola: Gaetano Sanseverino

Il fondatore della scuola neotomista napoletana ripropone di scoprire


l’autentico pensiero di S. Tommaso, purificandolo dai vari inquinamenti della
tarda scolastica.
Non si tratta, dunque, per esso di ripetere pedissequamente un
movimento storico, ma di riscoprire il “valore perenne dei principi sostanziali
del tomismo, riconquistato attraverso la critica interna dei sistemi filosofici
moderni”39.
È significativo che il Naddeo, a tal proposito affermi: “Il mattino del
neotomismo sorge proprio a Napoli, in quel centro di studi promotore e
irradiatore del pensiero tomistico, che è la scuola del canonico Sanseverino”40.
Sanseverino partecipò attivamente, durante la sua vita 41 alle vicende
culturali napoletane, sia nell’ambito ecclesiale, che in quello civile.
Giovanissimo, partecipa al concorso per la cattedra di Storia dei Concili
all’Università di Napoli, senza peraltro poterla ricoprire, in quanto una lunga
malattia lo costrinse a un forzato riposo.
Già abbiamo ricordato alcune sue realizzazioni, quali la rivista «La
Scienza e la Fede» (1840) e l’Accademia di Filosofia Tomista, come il suo
insegnamento al Liceo Arcivescovile. Bisogna, tuttavia, sottolineare il fatto che
i suoi meriti non furono riconosciuti soltanto in campo ecclesiastico, ma anche
civile.
Dal 1851, infatti, fu “scrittore ordinario” alla Biblioteca Borbonica42 e
dal 1851 al 1860 professore sostituto alla cattedra di etica nell’ateneo
partenopeo 43 . Gli ultimi anni della sua vita li trascorse tra lo studio e
l’insegnamento, approntando l’opera sua fondamentale, cioè Philosophia
christiana cum antiqua et nova comparata44.
Scrisse anche su Cousin, moltissimo su Kant e sul razionalismo
moderno, su Spinoza, sulla dottrina politica in S. Tommaso, sulla logica, ma
non disdegnò interessanti trattazioni intorno alla letteratura, come ad esempio il
tema della speranza leopardiana45.

38
In tal senso si esprime pure GONZALES M., Histoire de la philosophie, Paris 1890, t.
IV, p. 427.
39
ORLANDO P., Il tomismo a Napoli nel sec. XIX. La scuola di Sanseverino, cit., p. 42.
40
NADDEO P., Alle origini del neotomismo e la scuola napoletana del Sanseverino, cit., p. 15.
41
Napoli 1811-1865. Sanseverino sarà sacerdote, canonico della Cattedrale, membro del
rinomato “Almo Collegio dei Teologi”. Per ulteriori dati biografici cfr. ORLANDO P., Il
tomismo a Napoli e la scuola napoletana del Sanseverino, cit., pp. 43-49.
42
Per ulteriori dati cfr. Ivi, p. 45.
43
Venne chiamato a sostituire il titolare Achille Melchionna, impedito a causa di salute, fino al
1860.
44
L’opera fu pensata da Sanseverino come compendio dello studio intorno al pensiero di S.
Tommaso, in riferimento ai problemi della cultura a lui contemporanea nell’ambito di quel
cenacolo che fu l’Accademia tomista da lui fondata. Circa la posizione del Sanseverino nei
confronti della cultura moderna cfr. SCANZILLO S. - GIUSTINIANI P., Intorno alla nascita
dello spirito moderno. Contributo di Sanseverino negli studi su Spinoza e Kant, in “Atti dell’VIII
Congresso tomistico internazionale “, vol. II, Roma 1981, pp. 320-339.
45
Per una bibliografia ragionata intorno alla produzione del Sanseverino cfr. ORLANDO
P., Il tomismo a Napoli nel sec. XIX. La scuola di Sanseverino, cit., pp. 49-90.
8
Merito fondamentale di Sanseverino non fu, però, solo quello di
scrivere, ma la tradizione filosofica che inaugurò a Napoli.
E come segno dell’incidenza che egli ebbe nell’ambito della cultura
europea, va ricordato il cordoglio che, alla sua morte, fu manifestato
specialmente in Francia e in Germania46.

6. Le grandi figure del neotomismo napoletano

Nel novero dei neotomisti napoletani, dopo la figura del Sanseverino, è


da collocare quella di Nunzio Signoriello.
Giuseppe Prisco, altro eminente filosofo neotomista, così lo definirà:
“Fra i più illustri filosofi della scuola napoletana il prof. Nunzio Signoriello
può essere considerato come principe e questo onore gli si deve per molte
ragioni. Con alta dottrina accoppiata a profonda modestia egli va riordinando e
continuando i lavori lasciati dal Sanseverino”47.
Signoriello fu, infatti, collaboratore, successore e continuatore
dell’opera del caposcuola48.
Fino alla morte diresse “La Scienza e la Fede” e fu vicepresidente
dell’Accademia filosofico-teologica di S. Tommaso49.
Tra i temi da lui studiati spiccano la trattazione di Comte, i suoi studi
sulla deontologia e soprattutto sulla filosofia morale50.
Riteniamo, comunque, che vadano indicate specificatamente almeno tre
opere.
Il Lexicon Peripateticum Philosophico-Theologicum51, ampia silloge di
termini, distinzioni ed aforismi con cui l’Autore illustra un copioso materiale di
fonti tratte specialmente da S. Tommaso.
L’opera fu più volte dichiarata utilissima, se non addirittura
indispensabile per chi voglia comprendere adeguatamente “non solo il pensiero
filosofico della philosophia perennis, ma tutta la teologia cattolica nella sua
sistematica elaborazione nei secoli”52.
Occorre inoltre citare il completamento dell’opus magnum del
Sanseverino, con l’aggiunta alla Philosophia christiana cum antiqua et nova
comparata, originalmente redatta in 5 volumi, di altri due volumi, cioè
l’Anthropologia e la Theologia naturalis53.
Citiamo, infine, la Philosophia moralis54, con cui colmò una sorta di
lacuna nella produzione filosofica del Sanseverino, che si era prevalentemente
preoccupato di problemi teoretici. In quest’opera Signoriello si occupa dei
fondamenti della morale e, poi, in base a questi, tratta del diritto, sia
individuale che sociale.

46
SF XXV (1865), p. XIX; pp. 16-36.
47
SF XXXIII (1873), p. 299.
48
Nunzio Signoriello, sacerdote napoletano, nacque nel 1820 e morì nel 1889.
49
Per ulteriori indicazioni biografiche cfr. ORLANDO P., Il tomismo a Napoli nel sec. XIX.
La scuola di Sanseverino, cit., pp. 112-7.
50
Per una nota bibliografica ragionata cfr. ivi, pp. 117-141.
51
Napoli 18541, 1872 2, 18813.
52
ORLANDO P., Il tomismo a Napoli nel sec. XIX. La scuola di Sanseverino, cit., p. 121.
53
L’Anthropologia, Napoli 1868 e Theologia naturalis, Napoli 1870.
54
Editata in Napoli nel 1876.
9
II Signoriello ebbe a sua volta come collaboratore e continuatore
Salvatore Calvanese55.
Alunno del Sanseverino, redattore della rivista “La Scienza e la Fede”,
anch’egli insegnò logica e metafisica al Liceo Arcivescovile e fu il primo
professore nella Scuola di testo di S. Tommaso eretta nell’ambito
dell’Accademia di S. Tommaso d Aquino nel 187456.
Studiò moltissimi problemi, lasciando le sue riflessioni in vari articoli
intorno ad ateismo, rapporto tra cristianesimo e filosofia pagana, ontologismo,
filosofia morale e della politica, filosofia del diritto.
Personaggio di grande levatura, si segnala anche Giuseppe Prisco, che
diventerà Cardinale ed Arcivescovo di Napoli57.
Nel 1953, un articolo del prof. Libertini, ne seppe ben sintetizzare i
meriti, notando come egli “spinse la filosofia di S. Tommaso fuori del chiuso
ecclesiastico, la diffuse scrivendo in brillante italiano, la modernizzò con
aperture verso le correnti di pensiero contemporanee, la rese viva ed attuale”58.
Prisco fu giovanissimo professore di Etica e Diritto Naturale presso il
Liceo Arcivescovile e palesò sempre una speciale propensione per gli studi
giuridici. In casa propria, infatti, tenne una di quelle celebri scuole private,
insegnando le varie scienze giuridiche ai giovani iscritti alla facoltà di
Giurisprudenza dell’Università di Napoli59.
Gli venne conferito, inaspettatamente, il Cardinalato, soprattutto per i
meriti scientifici ben noti a Leone XIII, e lo stesso suo episcopato fu
caratterizzato dal desiderio di operare per promozione culturale della città. Nel
1899 fondò l’Accademia di Scienze e Lettere, nel 1909 la «Rivista di Scienze e
Lettere», nel 1900 l’Accademia di S. Pietro in Vincoli e nel 1912 la Rivista
che ne riportava gli Atti60.
Studiò moltissimi problemi: ontologismo, razionalismo, problemi
sociali e politici, rapporto tra filosofia e scienza, morale, diritto e politica 61. Tra
le sue opere basti citare Elementi di filosofia speculativa 62 , Principii di
filosofia del diritto 63 e Filosofia elementare64.
La sua produzione scientifica s’interruppe col Cardinalato, ma
l’altissima considerazione con cui era tenuto a Napoli aumentò sempre più e gli
stessi ambienti notoriamente molto poco ben disposti verso gli esponenti della
cultura cattolica lo stimavano sinceramente.

55
Salvatore Calvanese nacque a Boscotrecase, in provincia di Napoli nel 1830 e morì in Napoli
nel 1916. Per ulteriori indicazioni bibliografiche cfr. ORLANDO P., Il tomismo a Napoli nel
sec. XIX. La scuola di Sanseverino, cit., pp. 187-197.
56
Cfr. Ivi, p. 163.
57
L’insigne studioso nacque a Boscotrecase nel 1833 e mori a Napoli nel 1923. Per ulteriori
dati biografici cfr. ORLANDO P., Il tomismo a Napoli nel sec. XIX. La scuola di Sanseverino,
cit., pp. 187-197. Cfr. pure, per uno schizzo biobibliografico SESSA D., La filosofia del diritto
di Giuseppe Prisco. Neotomista napoletano, cit., pp. 43-54.
58
LIBERTINI C., Antesignano del Neotomismo il Card. Prisco, in “Il Mattino”, lun. 17 agosto
1953, a. LVI, n. 246, p. 6.
59
Cfr. SBARRA A., Il pensiero filosofico del Card. Prisco, Napoli 1936, p. 86.
60
“Atti dell’Accademia Napoletana scientifico -letteraria di S. Pietro in Vincoli”.
61
Per una bibliografia ragionata intorno all’opera del Prisco cfr. ORLANDO P., Il tomismo a
Napoli nel sec. XIX. La scuola di Sanseverino, cit., pp. 197-228.
62
Editata in Napoli nel 1862-3.
63
Editata in Napoli nel 1872.
64
Editata in Napoli nel 1874.
10
Superfluo dire del profondo rammarico della sua morte avvenuta nel
1923 65 . A Sanseverino ugualmente deve la sua vocazione filosofica e
l’iniziazione alle dottrine tomiste Salvatore Talamo66.
Professore anch’egli al Liceo Arcivescovile, nel 1879 ricevette per
esplicita scelta di Leone XIII (che dunque molto dovette stimare questi
esponenti della cultura napoletana) la cattedra di filosofia del diritto presso
l’Accademia Giuridica di Roma. Nel 1880 sarà eletto segretario
dell’Accademia Romana di S. Tommaso d’Aquino e insieme con Giuseppe
Toniolo sarà condirettore e cofondatore della “Rivista internazionale di scienze
sociali e discipline ausiliarie”67, che dopo il 1918, anno della morte del Toniolo,
Talamo dirigerà da solo.
Per avere un’idea della considerazione in cui il Talamo era tenuto da
uno dei massimi esponenti della cultura italiana, basta citare ciò che disse di lui
Agostino Gemelli: “Se Toniolo aveva apportato nello studio dei fenomeni
sociali il contributo dello scienziato che tale si era rivelato nello studio dei
fenomeni economici della storia fiorentina, Talamo apportava, invece, il
contributo di quella filosofia scolastica della quale era stato uno dei più efficaci
e saldi rinnovatori”68.
Anche il “dottissimo Talamo”, come lo definisce il Saitta 69 ha
molteplici interessi. Affronta problemi come il rapporto tra pensiero moderno e
rinnovamento tomistico, tra evoluzionismo e scienza del diritto, tra origine del
cristianesimo e il pensiero stoico, tratta il concetto di giustizia in senso
giuridico e sociologico, la questione sociale in relazione al comportamento dei
Cattolici e altri interessanti problemi, come materialismo e schiavitù 70.
L’ultima figura su cui va fissata l’attenzione è quella di Gennaro
Portanova, allievo anch’egli della scuola del Sanseverino e del Signoriello71.
Come Prisco anch’egli diventerà Cardinale e sarà chiamato a guidare la diocesi
di Reggio Calabria nel 1888. Tra i suoi studi, tutti anteriori all’enciclica
Aeterni Patris del 1879, spiccano quelli dedicati all’evoluzionismo72.

7. Conclusioni

Il breve schizzo tematico, biografico e bibliografico che abbiamo


presentato al lettore vuole soltanto aprire uno squarcio sul mondo del
65
Cfr. ORLANDO P., Il tomismo a Napoli nel sec. XIX. La scuola di Sanseverino, cit., pp.
189-190 e IODICE V., Giuseppe Prisco e Benedetto Croce di fronte alla rinascita della
filosofia hegeliana in Italia, Napoli 1920.
66
Salvatore Talamo nasce a Napoli nel 1844 e muore a Roma nel 1932. Per ulteriori
notizie biografiche cfr. ORLANDO P., Il tomismo a Napoli nel sec. XIX. La scuola di
Sanseverino, cit., pp. 239-244.
67
Cfr. “Riv. Internazionale di Scienze Sociali e Discipline Ausiliarie”, a. I (1983), p. VII
(Programma).
68
Ivi, a. XXXVI (1927), pp. 1-8.
69
S A I T T A G., Le origini del neotomismo nel sec. XIX, Bari 1912, p. 251. Da notare
1’avversione del Saitta nei confronti del tomismo.
70
Per ulteriori notizie bibliografiche intorno alla produzione del Talamo cfr. ORLANDO P., Il
tomismo a Napoli nel sec. XIX. La scuola di Sanseverino, cit., pp. 244-252.
71
Gennaro Portanova nacque a Napoli nel 1845 e morì a Reggio Calabria nel 1908. Per
ulteriori dati biografici cfr. ORLANDO P . , Il tomismo a Napoli nel sec. XIX. La scuola di
Sanseverino, cit., pp. 265-267.
72
L’attività filosofica di Gennaro Portanova si riduce a cinque contributi, ma “il loro contenuto
le pone tra le opere maggiori della produzione di allora, anche se alcune si presentano di non
grande mole” (ORLANDO P., Il tomismo a Napoli nel sec. XIX. La scuola di Sanseverino,
cit., p. 269).
11
neotomismo napoletano, che riteniamo degno di particolare attenzione se si
vuole, come si dovrebbe, ricostruire il grafico della cultura napoletana tra otto e
novecento. È, infatti, indubbia la rilevanza degli influssi esercitata dai
neotomisti, in particolare a proposito della gnoseologia realista, della
distinzione reale tra trascendente ed immanente, della centralità della persona
umana, del diritto razionale ed anche della teologia73.
La cosa è da farsi con cura ed attenzione, perché l’ottocento fu avaro di
lodi, ma soprattutto di notizie, almeno per due motivi di fondo.
In primo luogo, le profonde vene di anticlericalismo propugnarono
giudizi molto poco sereni anche da parte di molti uomini di cultura che,
tacciato il movimento come reazionario, oscurantista e conservatore, in
sostanza non lo approfondirono a sufficienza e non ne valutarono criticamente
gli apporti alla crescita del comune patrimonio culturale.
In secondo luogo, non bisogna dimenticare come il movimento
neotomista, in quanto non allineato alla cultura dominante, potesse essere
considerato sovversivo nei confronti delle tre scuole principali, che, quindi,
non ne facilitarono la diffusione.
Il suo anticonformismo di fondo non contribuì certo a renderlo bene
accetto e gradito.
Vi è, tuttavia, un motivo più profondo per il quale il movimento
neotomista sembra degno di più attento studio, cioè l’apertura al dialogo e
soprattutto all’ascolto delle voci del mondo culturale moderno circostante.
Da buoni seguaci di S. Tommaso i neotomisti fecero precedere
1’acceptio rerum allo iudicium de rebus acceptis e, quindi, furono
estremamente attenti alle novità culturali, premurandosi di attingerle alle fonti
originali. Se è vero che spesso le conclusioni e le critiche sono forti e decise,
non è vero che lo studio è attento e sofferto e sempre sorretto da umiltà di
fondo.
La conoscenza del movimento è, comunque, doverosa, anche ai fini di
una ricostruzione storica di quelle componenti culturali napoletane che
certamente hanno subito l’influsso determinante del neotomismo. Occorre,
infatti, considerare l’incidenza della Chiesa napoletana su grandi masse di
persone e operatori culturali per l’uso attento di strutture e di mezzi di
comunicazione sociali, idonei a veicolare contenuti e istanze fatte proprie dal
movimento neotomista.
Che si tratti di un mondo da riscoprire e rivalutare sembra pacifico,
considerando gli argomenti trattati che spaziano dalla filosofa teoretica, alla
sociologia, dalla filosofia della politica e del diritto alla teologia e sono aperti
ai più scottanti problemi dell’epoca, già di per sé incandescente.
Notevole fu la stima che all’estero e presso la S. Sede godettero molti
esponenti del movimento, che furono chiamati ad incarichi di responsabilità in
seno alla Chiesa e, talvolta, anche nell’amministrazione civile, così come fu
notevole il contributo dato dal movimento alla rinascita del tomismo italiano,
col ritorno allo studio di S. Tommaso, attingendo direttamente alle fonti e

73
Si pensi, ad esempio, alla neo-scolastica e, comunque, ai filosofi che si sono ispirati ai grandi
temi del tomismo, come Olgiati e Maritain. Per quanto concerne il rapporto tra la filosofia
neoscolastica e la cultura internazionale cfr. il pregevole lavoro di OLGIATI F., Italian New
Scholasticism and its Relations to Other philosophical Currents in Present Thinkers and the
New Scholasticism, London 1926. Sulla figura di Francesco Olgiati cfr. COCCOPALMERIO
D., Francesco Olgiati. Metafisica e diritto, Napoli 1983.
12
purificandone il pensiero dagli inquinamenti della scolastica formalistica, che
ancor oggi ne vela il linguaggio agli occhi di uno studioso poco attento.
Considerato tutto ciò, riscoprire Tommaso non significa, come ha
insegnato il neotomismo napoletano, ripetere sterilmente formule ormai
inattuali, ma significa coglierne istanze e valori per una ridefinizione unitaria e
non “schizofrenica” della cultura, mantenendo sveglia l’attenzione dell’uomo
sulla necessità di essere sempre aperti alla novità. Come, infatti, dice il “dottore
angelico”, non è necessario che siano vere le ipotesi scientificamente proposte,
anche se sembrano spiegare i fatti, poiché può darsi che nuove ipotesi, non
ancora proposte, riescano a dare una spiegazione anche migliore74.
Non è, d’altronde, meno importante la riscoperta e la rivalutazione del
neotomismo di Sanseverino, Signoriello, Prisco, Calvanese, Talamo, Portanova,
specificamente per la storia culturale di Napoli, poiché il movimento ne ha
costituito dal punto di vista scientifico e culturale un momento saliente, sicché
sarebbe lacuna imperdonabile trascurarlo in tempi in cui si parla tanto di
valorizzazione della cultura meridionale.

74
S. T OMMASO D’AQ., In Lib. I Arist. De Coelo et Mundo, lez. 111.
13
8. Termini chiave

Acceptio rerum: Nell’epistemologia tomista è l’acquisizione del dato,


punto di partenza di ogni operazione intellettuale, che successivamente sarà
oggetto del giudizio (iudicium de rebus acceptis).

Agnosticismo: Dal gr. ά-γνϖστος (à-gnostos, con alfa privativa, cioè


“non conoscibile”). Concezione filosofico-teologica che, nella convinzione
dell’insuperabile limitatezza del conoscere umano, nega ogni effettiva
possibilità di pervenire alla verità, soprattutto relativamente al problema di Dio
e delle verità religiose, poiché tale ambito conoscitivo è ritenuto al di sopra
delle limitate possibilità di comprensione dell’uomo.

Cosmologia: Dal gr. κόσμος (kósmos, ordine) e λόγος (lógos, discorso).


Partizione della filosofia avente ad oggetto la struttura materiale e le leggi che
regolano l’universo, che, come si evince dall’etico, viene concepito come
insieme ordinato.

Gnoseologia: Dal gr. γνῶσις (gnosis, conoscenza) e λογία (loghia,


discorso). Partizione della filosofia, designata dal termine coniato da A. G.
Baumgarten (1714-1762), che indica la dottrina avente ad oggetto i processi
della conoscenza umana, analizzata nei suoi fondamenti, nella sua struttura e
nella capacità di giungere alla verità.

Iudicium de rebus acceptis: Nell’epistemologia tomista è l’operazione


intellettuale in cui si elaborano i dati acquisiti dall’esperienza, ricevuti
nell’acceptio rerum, per formulare giudizi.

Lexicon: Dal gr. λεξικόν (lexicon, lessico), neutro di λεξικός (lexikos,


“che riguarda le parole”). Genere letterario di trattazioni filosofiche che,
partendo dalla definizione dei termini, introducono al significato dei medesimi,
ricostruendo le dottrine dai termini stessi che le designano.

Neotomismo: Corrente filosofica che, partendo dal genuino pensiero di


San Tommaso, ne ripropone i temi debitamente attualizzati, proponendo
l’impostazione basata essenzialmente sul realismo gnoseologico, sul dualismo
di convergenza, sull’armonia tra fede e ragione e sull’apertura dell’uomo alla
dimensione di Dio.

Philisophia perennis: Definizione del tomismo data da Leone XIII


nell’enciclica Aeterni Patris (1879), volta a significare la rilevanza del
cotributo perenne dell’impostazione filosofica di San Tommaso, modello della
filosofia cristiana della Chiesa.

Psicologia: Dal gr. ψυχή (psiché, anima) e λόγος (logos, discorso),


quindi “discorso sull’anima”.Partizione della filosofia avente ad oggetto
l’anima dell’uomo, che nel neotomismo è concepita forma sostanziale
sussistente.

14

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