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L’etica del discorso:

Intro

- l’etica del discorso tra ragione strumentale per esprimere regole e la filosofia cognitivista che vede
la ragione come espressione dell’essere e della società
- da Kant prende l’imperativo categorico applicandolo all’agire comunicativo
- e farà uso della teoria degli atti linguistici per creare una situazione dialogica ideale dalla quale far
scaturire delle regole per costituire un discorso libero da condizionamenti

presupposti

- Stawson: Dialogo in cui A umilia B. B si indigna e risentimento non per l’interruzione del rapporto
quanto più perché A disattende le sue aspettative: interazione attiva da parte dei discutenti, e come
il discorso sia intriso di aspettative più o meno esplicite, reazioni emotive basate su criteri personali
- Toulmein: il bastone è curvo, se non è curvo allora B lo farà notare, aprendo un dibattito di
giustificazione di A e che B potrà accettare, criticare o scusare: sentimenti e emozioni che viaggiano
parallelamente, ciò ci apre alla critica alle ingannevoli esperienze quotidiane (opinioni o attese) e la
critica morale (giudizi o modi)
- White: discussioni strumento per affermare una soluzione X come unica o migliore

Principio U

- Etica non in concorso con la filosofia ma ha funzione descrittiva ed oggettivante


- Principio ponte che accorda le argomentazioni
- In una interazione comunicativa con piani d’azioni stabiliti ci sono pretese di validità che fanno da
garanzia coordinatrice e che il parlante accetta di soddisfare per convincere e continuare
l’interazione
- 3 tipi di pretese: verità (fondate sui fatti), giustezza (fondata sulle norme), veridicità (fondate sulla
coerenza di vita). I fatti sono circostanziali, le norme come vedremo sono precetti validi al di là del
discorso e che quindi garantiscono maggiore oggettività
- Le norme nascono dal desiderio di ordinare i rapporti sociali, quindi sono accettate socialmente pur
non essendo assolute ma criticabili
- Qui subentra l’imperativo categorico kantiano “agisci secondo norme che accetteresti come
universali”. Ne consegue che le norme, per essere valide devono essere universalizzabili da tutti e
non per la loro forma grammaticale o perché elette su votazione, ma dopo un consenso unanime
scaturito da un dibattito che porta alla luce anche le implicazioni e le conseguenze che nasceranno
seguendo quella norma
- Se le norme sono alla base dei principi di validità gli argomenti stessi dovranno essere loro soggette
per essere accettati come validi. Questo è il principio U che non regola il discorso ma le
argomentazioni del discorso
- Habermas immagina il dibattito con uno scettico che pone in essere una questione: se la morale
Kantiana possa essere assunta per fondare un principio universale visto che connotata nel tempo e
nella società
- Apel ci aiuta a capire che il principio U non è dimostrabile empiricamente ma non se ne può fare a
meno altrimenti si incorrerebbe in contraddizioni (cogito ergo sum)
- Sono ammissibili degli argomenti trascendentali, cioè che non possono essere sostituiti da
equivalenti funzionali, per non incorrere in discorsi vuoti o assurdi viene utilizzata l’analisi
trascendental-pragmatica che pone in essere i presupposti per un discorso coerente
- Il primo a provare a teorizzarli è Peters con l’equità e la libertà di opinione che però è smentito
dalla petitio principii (come io intendo il discorso: esempio dei proletari e dei padroni) e per il
pericolo di ritenersi liberi di parlare per il solo fatto di prendere parte al discorso
- Con Popper e Alexy avremo i primi cataloghi che daranno delle regole a livello logico-semantico
(non ci si può contraddire), retorico (bisogna credere in ciò che si afferma) e dialettico (non si
possono negare i diritti)
- Essi risultano essere regole inevitabili e tacitamente accettate

Principio D

- Se U regola gli argomenti preventivi, il secondo principio D regola le norme che scaturiscono da
discorso rendendo necessarie anche in questo caso che vengano accettate da tutti per essere valide
e comprovate, non giustificate momentaneamente
- Rifacendosi a Girberail, habermas distingue Know how (conoscenze) e Know that (l’esposizione
delle conoscenze), a cui si arriva ponendosi domande sempre più specifiche con un processo
maieutico di contraddizioni performative
- Riprendendo la figura dello scettico Habermas immagina che quest’ultimo rifiuti l’argomentazione e
il dialogo in preda all’esibizionismo, ma egli non può negare la sua implicazione sociale, l’eticità dei
suoi rapporti (la moralità sì) e la prassi comunicativa a cui tutti siamo soggetti
- Da qui scaturiscono due necessarie distinzione: la prima tra agire comunicativo (volto all’intesa) ed
agire strumentale (volto all’anticipazione ed alla coercizione), ma quest’ultimo può essere utilizzato
solo momentaneamente, non perennemente; la seconda tra etica (influenzata dalla società),
morale (universalizzabile) e virtù (parte della morale ma non oggettivabile)

Principio d

- Nell’ultima parte dell’opera U e D vengono applicati alle norme giuridiche attraverso l’uso del
diritto che scaturisce nel principio d, che quindi affermerà che le norme giuridiche sono legittime
solo se approvabili da tutti. Così l’etica del discorso trova nella politica la sua applicazione pratica

Friedrich Nietzshe:
- Nietzsche rappresenta la negazione del passato, il rifiuto di tutte le tradizioni, l’appello ad una
svolta radicale
- Riprende il concetto di accettazione totale della vita (nel bene e nel male) di Shopenauer, non
interpretandolo come un qualcosa di negativo
- Nasce come filologo, ma usa la filologia per interpretare il mondo occidentale scavando anche nel
passato e cercando rimedi per la società (questo metodo verrà adottato da molti successivi tra cui
Heidegger)
- È accomunabile a Freud per il loro mettere in discussione tutti punti più stabili della civiltà
occidentale
- Studia il passato per prevedere il futuro e, alla maniera marxiana, influenzarne il corso
- Se il sapere resta fine a se stesso perde di utilità
- Vitalismo: esaltazione della vita anche con i suoi tratti irrazionali
- Sostituzione del concetto di verità con quello di utilità: la vera filosofia non deve più domandarsi
cosa è vero, ma cosa è utile per la vita.
- Si avvale dell’aforisma in gran parte delle sue opere, non nel “così parlò Zarathustra” nel quale usa
il genere letterario della sacra scrittura con parabole e metafore per predicare uno stile di vita
opposto a quello di Cristo (protagonista = Anticristo)
- Egli finì la sua vita nella pazzia ritenuta da alcuni come il frutto della sifilide contratta in passato,
altri la vedono come il risultato della sua filosofia che spesso tende ad uscire fuori da ogni schema
- La nascita della tragedia (1871): si ripercorre la storia della tragedia greca filologicamente e
filosoficamente. Indaga la società greca non dal tipico punto di vista positivistico, ma scavando a
fondo con un pessimismo di fondo che vede un inizio di ottimismo con l’avvento dei grandi filosofi
Platone e Aristotele. Emergono dalla visione nitcheana del mondo greco un aspetto dionisiaco
(irrazionalità, disordine), mascherato da un aspetto apollineo (ordine e razionalità) che prima
dell’avvento della filosofia restavano antitetici e si alternavano nella storia, poi si sono iniziati a
mescolare (ne è un esempio il tempio geometricamente perfetto in opposizione al caos) ed a
causarsi vicendevolmente. La tragedia, in cui il tragico dionisiaco della vita si esprime attraverso
l’apollinea perfezione della messa in scena, è il momento di mescolanza apice dei due aspetti
antitetici, il tragico provoca piacere. Se Shopenauer vedeva anelava la morte come liberazione dal
caos, Nietzsche invece pensa che essa va vissuta a pieno. L’apollineo deve restare ancorato al
dionisiaco, se ciò non avviene c’è la disfatta (crisi del V sec. a.C.). Successivamente egli si domanda
se la storiografia sia qualcosa di positivo o negativo e ne evidenzia tre tipi: la storiografia critica
(critica il passato), monumentale (celebra il passato), antiquaria (venera il passato). Altro tema
importante che emerge da quest’opera è il vivere la vita secondo quelli che saranno i canoni di
D’Annunzio, ossia condurre la vita come un’opera d’arte, costruire valori e certezze. Infine il tema
della religione che egli, come la storia non vede come qualcosa di negativo in sé: egli critica la
religione del suo tempo in quanto fonte di freno per la vitalità dell’uomo, la religione antica con i
suoi miti invece è fonte di vitalità e fonte di quei valori e di quella arte che egli esalta tanto
- La genealogia morale e la gaia scienza (1887-81): se nei suoi primi scritti da valore e sottolinea
come fonte di salvezza l’arte, nei suoi scritti successivi da risalto alla gaia scienza, tanto permettere
di definire questa sua fase come “illuministica”. Ancora con la scienza ripropone lo stesso schema di
pensiero che vede la scienza non come positiva in assoluto, ma come positiva nella prospettiva di
liberazione dell’uomo dai propri limiti e nel caso di chimica e paleontologia, si pone nella
prospettiva di indagine dell’origine del mondo tramite un processo di smontaggio. Egli si propone di
utilizzare lo stesso metodo in ambito morale: egli la decostruisce, giungendo al cuore della morale
stessa, demitizzandola e scoprendo che le fondamenta di essa non sono altro che le realtà
sovrasensibili, quasi come se i principi morali fossero stati mitizzati nell’antichità e abbiano
accompagnato l’uomo fino ai giorni odierni. Così vede il cristianesimo come un platonismo
popolare che porta il piano metafisico dall’ontologico al temporale collocando la trascendenza nel
post-mortem. Il socialismo e la democrazia sono anch’essi frutto di questa mitizzazione di valori. In
sostanza questi ideali e valori divinizzati non risultano essere negativi ma egli vuole “denudarli”
portando alla luce la loro vera essenza non divina ma socio-umanistica (Umano, troppo umano). La
religione, la ricerca di bene e male, del vero e del falso sono riconducibili sotto il termine di morale.
Ma chi decide cosa sia bene e cosa sia male? I padroni. Ne consegue l’esistenza di servi che
anch’essi elaboreranno una morale detta del risentimento, perché volta a negare il diritto del più
forte, perfino i martiri commettono una forma di violenza perché cercano di imporre il loro modo di
pensare.
- Emerge così il nichilismo che Egli divide in attivo e passivo: dal passivo negativo si passa all’attivo
positivo attraverso la trasvalutazione dei valori diventando creatori di valori autoimposti e scelti,
non più subendo i valori divini. Così nasce l’idea del congedarsi da Dio, “Dio è morto”, non “non
esiste”, perché affermando ciò creerebbe una nuova verità e dove c’è verità universalizzata c’è Dio
- Morti tutti gli dei ora vogliamo che il superuomo viva o meglio oltreuomo: il superuomo non è un
uomo che supera l’umano, ma l’uomo del futuro che si è liberato dalle divinità. È l’uomo che mette
in pratica il così parlò Zarathustra che propone l’abbandono di valori vecchi a favore della creazione
di nuovi valori. Il superuomo è un essere libero che cerca di realizzarsi e rimane “fedele alla terra”,
cioè alla sua natura corporea e materiale, trasmettendo i valori da esso creati e la gioia della
propria realizzazione. Nietzsche vede la vita come un’opera d’arte e l’uomo come un artista che
non copia ma crea e rielabora il mondo in una tela unica e autonoma. La volontà di affermare dei
valori a danno di altri viene detta volontà di potenza, che non è un costringere o un affermare
l’esistenza, ma un affermare se stessi (i martiri non si fanno uccidere per esistere ma per
affermarsi)
- Ultima idea fonante di Nietzsche è l’eterno ritorno, cioè il riproporsi all’infinito degli eventi. Questa
teoria è basata sulle composizioni della materia che per quanto varie si esauriscono. Questa teoria
è spiegata bene dall’aneddoto del pastore e del serpente che dimostra che, chi vive in superfice,
pienamente da superuomo, non è tormentato dal continuo ritorno delle situazioni ma quasi ne
gioisce, a differenza di chi non vive pienamente e quindi ne è tormentato

Martin Heidegger:
- La filosofia di Heidegger si basa sulla determinazione piena dell’essere, parte dalla domanda
parmenidea “Che cos’è l’essere?” e si sviluppa per delinearlo
- In essere e tempo (1927) pone un cercato (l’essere), un ricercato (senso dell’essere) e un
interrogato (l’uomo in quanto essere presente nel mondo). La fase preliminare è la fenomenologia
esistenziale cioè l’analisi del modo d’essere dell’esserci. Ne conseguono due caratteristiche
dell’essere l’esistenza (rapportarsi con l’essere in generale) e la possibilità d’essere (l’essere è
sempre la sua possibilità). L’esistenza dell’essere è quindi la capacità del singolo essere di ex-
sistere, di uscire fuori da sé per inserirsi nelle possibilità a partire dall’autenticità o inautenticità
- Attraverso la trascendenza e il progetto l’uomo si prende cura delle cose che gli servono,
identificandosi come parte del mondo, trascendendo la realtà e progettando come modificarla a
sua utilità
- Rispetto al prendersi cura degli altri si identificano due forme, autentica e inautentica: con la prima
l’uomo aiuta ad essere liberi ed assumere le proprie cure, con la seconda sottrae gli altri alle loro
cure, utilizza la chiacchiera, che si ferma all’apparenza, per generare equivoco (doxa fallace), ciò
porta all’esistenza autonoma (al si impersonale).
- Il poter essere alla base delle cose del mondo (deiezione) e la cura (dinamica esistenziale) quindi
sono la base dell’essere del mondo
- Per quanto riguarda l’esistenza autentica egli individua due dimensioni inscindibili: la morte, parte
dell’esistenza stessa e chiave per comprendere l’esistenza stessa, essa è causa di angoscia; la voce
della coscienza che richiama l’uomo a se stesso
- La cura è inserita in una dimensione di temporalità triplice composta da essere avanti a sé
(progetto), essere già in (momento), essere-presso (deiezione). Queste tre dimensioni non possono
essere separate pena l’essere inchiodati al passato o ad un presente inautentico
- Con l’introduzione alla metafisica Heidegger smentirà il pensiero portato avanti fino a quel
momento in quanto fondato su una metafisica antica che già da Platone ha perso la sua dimensione
di aletheia, rivelazione dell’essere, per interrogare gli enti riguardo le verità di senso, senza trovare
una vera e propria risposta. Di contro egli dice che la verità si disvela nell’essere stesso, tale
disvelarsi non è mai totale per cui l’uomo continua ad errare costituendo la storia e le epoche,
inoltre il disvelarsi non è mai diretto, ma condotto attraverso i quattro aspetti dell’essere (cielo
terra, divino mortale). Ne consegue che l’esistenza stessa diventa il disvelarsi dell’uomo e l’uomo è
pastore, guardiano dell’esistenza e della verità che in essa si rivela parzialmente. Il linguaggio che
da nome alle cose diventa la casa dell’essere perché in esso trova connotazione.
- L’uomo quindi può solo abbandonarsi all’essere, come anche alla tecnica che è parte della storia
dell’essere
Hans Georg Gadamer:

- Sebbene l’uomo si sia interrogato sempre su problemi di tipo interpretativo per dare ai segni il
giusto significato, solo con la modernità (rinascimento protestante) si giunge alla teorizzazione di
una ermeneutica che man mano verrà sempre più universalizzata ed estesa dal solo testo biblico a
tutti i testi. Questo concetto di ermeneutica espansa Heidegger lo associa alla struttura dell’esserci
in quanto rende possibile la comprensione della realtà e l’appropriarsi di essa da parte dell’uomo
- Heidegger stesso si rifà a Gadamer, il quale ritiene che la moderna nozione di scienza sia inadatta a
spiegare lo spirito e la verità e nella sua opera “verità e metodo” mette in risalto questa tesi
ponendo l’accento sul fatto che fino ad ora si era tesi a considerare l’interpretante come una tabula
rasa, senza considerare i pregiudizzi e le precomprensioni a cui esso è soggetto attraverso cui
l’interpretante accede all’interpretato creando una sorta di movimento circolare detto circolo
ermeneutico, che Heidegger considererà come unica maniera per accedere all’interpretandum. In
questa relazione si metteranno alla prova i pregiudizi per poi instaurare una progressiva
sintonizzazione.
- È importante sottolineare che per Gadamer i pregiudizzi sono parte dell’essere stesso, non
qualcosa di negativo ma dei semplici giudizi dati prima dell’analisi completa e possono essere
erronei o anche giusti. Così anche la tradizione è parte della storia dell’essere e non c’è senso nel
criticarla come facevano gli illuministi, piuttosto si può accettare o meno liberamente
- Ora Gadamer pone delle condizioni del comprendere che sono sostanzialmente familiarità,
estranetà e storicità: tra interpretante ed interpretato c’è una distanza temporale (estranetà),
mitigata dalla familiarità del far parte di uno stesso processo storico, e la distanza tra i due è
colmata dalla tradizione alla luce della quale l’interpretato è interpretato. Questo processo di
interpretazione secondo tradizione è detta storia degli effetti. A questo principio si affianca la
coscienza della determinazione storica, ossia la consapevolezza della nostra storicità che ci aiuta a
conoscere ma che ci da dei limiti
- Il linguaggio per Gadamer è la manifestazione stessa dell’essere, non è l’espressione di qualcosa
preventivamente conosciuto, ma parte stessa dell’esperienza dell’essere, come se la parola
appartenesse alla cosa stessa
- Infine l’arte è un’esperienza extra metodica di verità che similarmente ad un gioco apre il mondo ad
infinite interpretazioni. In questo gioco di conoscenza l’uomo è partecipante non signore.

Emilio Betti:

- A gadamer si oppongono alcuni appartenenti alla stessa ermeneutica, Betti è tra questi. In
particolare critica il soggettivismo, il relativismo e l’inesistente approccio metodologico ad una
teoria dell’interpretazione, inoltre lo accusa di smarrire l’autonomia e l’alterità dell’oggetto

Luigi Pareyson:

- Egli teorizza un personalismo ontologico che vede il rapporto essere-persona come verità-
interpretazione
- Per ciò che riguarda l’ermeneutica egli separa il pensiero espressivo, immagine del proprio tempo,
dal pensiero relativo, prolungamento del primo per rivelare la verità, radicando la libertà umana
nell’essenza stessa di Dio (compreso il male)

Paul Ricoeur:

- Insiste sul conflitto tra le interpretazioni, sostenendo una necessaria integrazione tra verità e
metodo, in quanto ogni volta che la filosofia ha interrotto il dialogo con la scienza è morta
Mounier e il personalismo:

- Alla base del personalismo c’è la visione della persona come valore assoluto
- Esso si configura come una filosofia ma non un sistema in quanto fissa delle strutture, ma la
persona alla base di queste strutture tende sempre ad andare oltre le strutture stesse
- Mounier tenta di tracciare una storia della persona, identificando una fase enbrionale che va dal
gnoti seauton di Socrate fino all’avvento del cristianesimo che vede l’essere umano come creato e
libero. Rischio grande fino a S. Tommaso è stato di non considerare come unità sostanziale anima e
corpo. Successivamente, con Cartesio la concezione idealistica ha dissolto l’esistenza nell’idea, per
poi dividersi in due correnti di pensiero: il soggettivismo di Kirkegard e la riscoperta di interiorità e
del cambiare il prorpio destino di Marx. Renouvier poi riprenderà queste correnti recuperando
l’unità precedentemente persa partendo dall’analisi dell’universo personale
- La prima caratteristica della persona è l’esistenza incorporata per cui il corpo e lo spirito suono
unite in una unità che si personalizza con l’esperienza e, attraverso il corpo supera il proprio
pensiero ed abbraccia il mondo, ne consegue che il personalismo non è spiritualismo perché
approccia alla realtà concreta
- La comunicazione è l’esperienza fondante dell’universo personale, l’uomo nella sua vita interagisce
con un tu in ricerca di un noi, nell’ottica non del possesso ma del dono reciproco attraverso il quale
trovare sé stesso, accrescersi e costruire la comunità non intesa come collettività ma come
relazione
- La conversione intima è il completamento di quel processo di appropriazione e accrescimento di sé:
l’uomo entrato in comunicazione rientra in sé stesso, si riscopre, si riafferma, trova la sua vocazione
all’unicità e scegli la sua vita in relazione. Comunicazione e conversione risultano quindi
complementari e si sostengono vicendevolmente
- L’affrontare è una ulteriore caratteristica della persona che entrando in relazione sceglie il sì o il no
nelle varie occasioni, il che vuol dire accettare la realtà ma anche staccarsi, protestare, creare
rotture che affermano l’esistenza personale
- Ogni persona è dotata di libertà, libertà che però è sotto condizione, cioè si può essere liberi a patto
che si integri questa libertà con tutta la persona. Essa parte da una iniziativa del singolo che si
scopre libero
- L’apertura all’altro genera nell’uomo una necessaria apertura alla trascendenza come tensione ad
un Altro presente nella profondità della coscienza e che è riassunto dei valori e Dignità Suprema
- Infine Mounier deduce una teoria dell’impegno attraverso la quale invita i cristiani a far prevalere
l’integrità della fede sui compromessi, purificando i valori per non dare scandalo
Franz Rosenzweig:

- Si interroga sul senso da dare alla propria vita


- Ebraismo e cristianesimo complementari: l’ebraismo evita la dissoluzione della rivelazione in
filosofia
- sente l’esigenza di un pensare universale che si fondi anche sulla fede, non più solo sulla ragione
- La prima esperienza è per Rosenzweig un’esperienza vissuta immediata che non avviene all’interno
dell’anima bensì consiste nel contatto tra l’essere umano finito e un Infinito che rimane esterno e
non è mai pienamente inseribile nell’orizzonte umano.
- Il pensare così sorge dalla fede e trova pieno compimento nel commento della Bibbia
- Similmente a Kierkegard l’uomo per il filosofo è essere concreto in continua relazione con il resto.
Egli è caratterizzato dalla sia trasitorietà ma non si arrende ad essa e non si lascia schiacciare
dall’universale, gridando il suo io sono qui, differenziandosi e facendo emergere le proprie
peculiarità. L’uomo risulta un singolo gettato in una immensità vuota, la sua volontà è sconfinata
quanto la potenza di Dio, ma non trova la stessa potenza, di fatto nella genesi troviamo la
concomitanza tra la potenza e la volontà divine proprio nell’atto creativo
- La distanza tra Dio e uomo si traduce anche in termini morali: dio è buono perché fa il bene, l’uomo
è buono perché desidera il bene
- L’esistenza umana si rivela un miracolo, che si rispecchia nel creato attraverso una serie di azioni:
l’azione nominale attraverso cui l’uomo costruisce un mondo che già esiste come creato
- L’uomo manifesta il sé in modo repentino e subitaneo difronte alle difficoltà della vita
- Rosenweig introduce il concetto di “empirismo assoluto”, volendo indicare il bisogno di concretezza
e il superamento degli schematismi per analizzare la realtà nella sua interezza
- In Stella della redenzione la stella di Davide diventa il simbolo del passaggio dall’ebraismo di
creazione (rapporto Dio-uomo) e rivelazione (rapporto io-Dio) al cristianesimo di redenzione
(rapporto Dio – uomo - altri)
- Egli pone la base per un pensiero idealistico secondo cui la paura della morte origina la filosofia che
nega la realtà della morte stessa
Martin Buber:

- Dialogo e relazione sono i cardini, infatti l’uomo è una fitta rete di relazioni (relazionismo
personalista)
- Duplice rapporto io-tu (rapporto tra persone) e io-esso (rapporto tra individui), dove esso esprime il
rapporto funzionalistico e superficiale. Da questi rapporti si costruisce l’Io autentico acquisendo
autocoscienza
- Il vero Dio quindi risulta essere quello della bibbia, non quello della teologia, un Dio quindi che
spinge l’uomo a testimoniarlo nell’agire quotidiano
- Buber evidenzia come il termine Dio sia stato abusato ed in parte privato della sua importanza,
criticando aspramente Nietzsche che asserisce che Dio è morto, egli parla di Eclissi di Dio e di un
suo ritorno
- Il dialogo è accettazione dell’alterità

Emmanuel Levinas:

- In levinas etica e metafisica coincidono perché l’unica conoscenza possibile è quella riguardante i
principi primi dell’agire morale, quindi si propone di pensare al totalmente altro, al di là delle
categorie limitanti create fino a quel momento
- La sua filosofia nasce dallo stupore del silenzio di Dio verso le tragedie
- Nelle tragedie più che in altre situazioni si scorge il volto dell’altro ed il volto di Dio, se quel volto
non lo chiudo in categorie e pregiudizi, scopro la traccia di infinito che c’è dietro l’alterità. Questa
alterità non può essere ricondotta a me o ad esperienze del proprio ego ma va accettata come tale
- Esempi di alterità possono essere la paternità o l’eros in cui l’altro si sente parte di se pur avendo
coscienza della divisione che c’è
- La società sarà dunque non l’insieme di singolarità ma una relazione intersoggettiva in cui non si
abolisce l’altro ma si valorizza la traccia dell’infinito in esso racchiuso. Nel volto dell’altro scorgo la
luce di Dio ma non Dio stesso, per questo lo definisce assente
- L’etica della differenza è quindi alla base della filosofia di Levinas che da senso all’esistente solo in
relazione con l’altro, di cui non mi posso appropriare
- Bibbia e filosofia sono per Levinas accordabili ma non identiche perché la filosofia non si propone di
dare consolazione. Tuttavia la religione non può essere esclusa dal suo pensiero in quanto l’essere e
la realtà create sono di per se non senso, però con l’ingresso dell’uomo che si propone di esserci
(dasein di Heidegger) e la neutralità dell’essere è spezzata dall’uomo che avvia il confronto col
mondo e, avendo la possibilità di attuare, sceglie della propria vita e decide di comunicare se
stesso, conoscendo anche angoscia e solitudine. Esso però non può comunicare la propria
esistenza, al più può raccontarla
- Riflettendo sui generi egli evidenzia una virilità negativa di un essere che si chiude alla relazione, la
femminilità che apre alla relazione piena non di aut-aut ma di completamento dell’alterità senza
annullarla e una filiarità in senso lato come relazione tra esseri umani generica
- Il riconoscimento dell’altro è ricondotto alla fede, contrapponendo rivelazione biblica e ossessione
dell'essere ed è la prima a consentirci di riconoscere l'Altro come tale. Riconosciuto l’altro si accede
all’etica che ci guida all’azione verso l’altro volta alla valorizzazione: per questo è visto da molti
come il precursore del multiculturalismo moderno
Karl Popper:

- Popper incentra la prima parte della sua filosofia sulla critica a neopositivismo e neoempiristi che si
soffermano, a suo parere, eccessivamente sulle reinterpretazioni delle parole a discapito delle
teorie e dei ragionamenti
- In secondo momento passerà a criticare il metodo induttivo asserendo che esso non esiste: egli
smonta entrambi i tipi di metodo induttivo in quanto il primo per enumerazione ha la pecca di
credibilità perché la semplice costatazione di un fatto ripetuto non può portare ad una regola; la
seconda per eliminazione non è credibile perché essa tende a confutare le teorie sbagliate per
tendere a quella giusta senza considerare che il numero di teorie contrapposte è di per se infinito.
In conclusione per logica non si possono assumere per assolute delle asserzioni generali in quanto
c’è sempre la possibilità che siano confutate
- Successivamente Popper si sofferma sulla figura del ricercatore che dovrebbe avere la mente come
una tabula rasa, senza quindi pregiudizi, ipotesi e presupposti, per permettere al libro della natura
di rivelarsi. Purtroppo ciò non è possibile perché la mente umana è una tabula plena di pesieri e
contesti e se non fosse così ci si troverebbe difronte ad una mente vuota
- Ne consegue che la ricerca scientifica ha validità solo se fondata su problemi pratici o da teorie
bloccatesi davanti a difficoltà, che vanno affrontate attraverso ipotesi comprovabili che portino a
teorie falsificabili (cioè le cui conseguenze sono aperte al controllo fattuale). Di fatto ogni teoria
non è certa in assoluto, perciò va falsificata metodologicamente per migliorarla. Questo principio
non vuole essere un principio di verificabilità ma di separazione tra gli asserti empirici e non e quelli
che non lo sono non vuol dire che siano necessariamente insensati. Anzi le idee metafisiche sono
talvolta necessarie alla scienza, come in altre occasioni sono raggiunte dalla scienza stessa, la
questione nasce sulla loro criticabilità in quanto non sono asserzioni sciolte. Per questo Popper
professa un ritorno ai presocratici
- Popper critica apertamente anche marxismo, psicoanalisi e stoicismo partendo dal pensiero che
esse non sono sufficientemente falsificabili o rispondono alle falsificazioni con ipotesi di
salvataggio. Allo stoicismo critica anche il tentativo di dare un senso oggettivo alla storia che per lui
invece prende senso in base all’interpretazione dell’individuo, come critica l’aspetto totalizzante
che essi tendono a dargli facendo notare che per studiarla bisogna necessariamente sceglierne uno
o più aspetti. Per Popper attraverso la storia non si può prevedere il futuro proprio perché è l’uomo
stesso a dare senso alla storia, tra l’altro su base non di leggi ma di tendenze che sono affermazioni
storiche singolari
- In ultimo Popper allarga il suo pensiero alla società, identificandola come fondata sull’esercizio
critico della ragione e come non tollerante ma stimolante: la democrazia può risolvere i problemi
attuando continue riforme e attuando un controllo su chi comanda, dando risalto all’uguaglianza
difronte alla legge ed alla non violenza. Per questo è considerato uno dei massimi liberalisti
Ludwing Wittgenstein:

- Il Tractatus è un’opera kantiana volta allo poiché volto alla ricerca delle condizioni di possibilità e e
il limite di dicibilità delle cose, connotandosi anche nell’ambito anti-razionalistico
- Nella stesura del testo prende molto in considerazione Hussel, soprattutto per ciò che concerne la
rifondazione del sapere tramite nuove strutture universali, la credenza nella verità paradigmatica
della scienza, la considerazione della filosofia come strumento indispensabile pur ritenendola
impura e non rigorosa, la necessità 3di cogliere dei fondamenti del sapere al di là delle diverse
esperienze cognitive, il principio di un’analisi del sapere come linguaggio, l’esistenza di una
relazione tra linguaggio e mondo, la possibilità di ridurre mondo e linguaggio a determinazioni
semplici da cui è possibile riconoscere un sapere rigoroso
- Quanto si può dire, si deve dire chiaramente, diversamente è meglio tacere, perché si cadrebbe in
fraintendimenti dati dall’uso improprio del linguaggio. Da questa teoria base il tractatus si muove
su 7 enunciati di rimando spinoziano:
- 1) Il mondo è tutto ciò che accade;
- 2) Ciò che accade, il fatto, è il sussistere di stati di cose;
- 3)L'immagine logica dei fatti è il pensiero;
- 4) Il pensiero è la proposizione munita di senso;
- 5) La proposizione è una funzione di verità delle proposizioni elementari;
- 6) La forma generale della funzione di verità è: [p(x)N(x ) ];
- 7) Su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere.
- Il mondo si compone di fatti e accadimenti detti stati di cose che a loro volta sono connessioni di
oggetti semplici che sono la sostanza del mondo e si aggregano in varie configurazioni
- Per wittgenstein il pensiero è l’immagine logica dei fatti e viene espresso attraverso il linguaggio
organizzato, quindi dinanzi al mondo c’è il linguaggio che prende i nomi degli oggetti, li riorganizza
in proposizioni atomiche, per poi generare proposizioni complesse
- Nella seconda parte del Tractatus il filosofo si propone di spiegare il rapporto linguaggio/mondo e
come e attraverso il linguaggio si possa ricavare una immagine del mondo: egli prende in esempio
la proiezione tramite la quale una immagine tridimensionale, attraverso rapporti particolari possa
essere rappresentata in forma bidimensionale, così il linguaggio attraverso forme e mezzi propri
raffigura la realtà che sia effettiva o plausibile. Va quindi verificato se le proposizioni abbiano un
riscontro nello stato delle cose principalmente nelle proposizioni elementari anche se esse
compongono una proposizione complessa (proposizioni semplici come principio di verità)
- Esistono poi le tautologie, ossia proposizioni che non esprimono fatti, esse esprimono le proprietà
formali e il funzionamento di simboli e parole (logica), esse sono sostanzialmente sempre vere,
seppure con una validità debole
- Il linguaggio diventa espressione del mondo, governatore e datore di senso
- A questo punto nasce il problema della metafisica che non può essere sottoposta a verificazione o
falsificazione, di conseguenza risulta un problema insensato da porsi poiché inindagabile quindi
informulabile. Lo stesso vale per lo scetticismo
- Nell’ultima parte viene definito il concetto di ineffabile o mistico cioè ciò che pur non essendo
indagabile è comunicabile. Esso riguarda questioni teoriche e valori (es. il senso del mondo,
l’estetica, la morale)
- Wittgenstein pone ora l’accento sull’uso proprio delle parole che spesso non è univoco ma
pluralistico, il che apre le proposizioni non solo alla descrizione del mondo ma all’uso più svariato
(es. le esclamazioni)
La filosofia della mente:

- Neuroscienze come nuovo approccio della filosofia che vede al rapporto tra mente e corpo e
coscienza
- Vi sono diverse scuole di pensiero ma un interesse comune è cercare di determinare quale sia il
rapporto tra i fenomeni mentali e la realtà, ovvero l’uomo e il suo porsi nel mondo
- Già Cartesio e Aristotele si soffermano su queste problematiche. In particolare con Cartesio si
scinderanno la res cogitans dalla res extensa e saranno ontologicamente separate
- Le teorie recenti riducono la mente ad un insieme di enti osservabili ora sul piano fisico, ora
eliminando glli stati soggettivi e parlando di una coscienza come insieme di fatti mentali
- La teoria funzionalista vede invece gli stati mentali come corrispondenti ad uno stato funzionale
come un computer
- Per superare il dualismo si elimina la coscienza e si introduce l’intentio
- Bertano: fenomeni mentali con oggetto proprio verso cui muoversi
- Searle: il cervello produce l’esperienza qualitativa – i fenomeni mentali sono biologiciperchè
prodotti dal cervello in risposta a stimoli. Accomuna mente umana e computer
- Edelman: comprende la mente all’interno delle scienze naturali paragonando l’azione dei neuroni al
meccanismo della selezione. È contro la riproduzione della mente umana
Sartre:

- L’uomo è condannato ad essere libero in quanto inserito nel mondo e responsabile delle sue azioni
- Se Dio non esiste non c’è un bene apriori da perseguire quindi tutto è permesso, ma tutto è
responsabilità
- L’essenza precede l’esistenza, quindi l’uomo è libero di autodeterminarsi
- L’esistenzialista crede che l’uomo autodetermini le proprie passioni e non crede nei segni, ma che
l’uomo stesso interpreti i segni a proprio piacimento in un continuo inventarsi ed autodeterminarsi
attraverso le azioni che compie

Jasper:

- La filosofia di Jaspers è anzitutto reazione allo scientismo: la conoscenza scientifica delle cose non è
conoscenza dell'essere e non è in grado di offrire nessuna direzione alla vita
- Filosofare è cercare la partecipazione del singolo esserci (Dasein) all'essere (Sein).
- La comunicazione non è quindi possibile come presentazione di un sapere oggettivo e astratto, ma
solo come apertura personale all'altro che riconosce nel limite il contrassegno della situazione
concreta dell'esistenza. La verità è inoggettivabile
- L'essere è totalità infinita, non quindi somma totale degli aspetti finiti.
- Nell'uomo è essenziale e costitutiva la presenza dell'alterità, l'esperienza della trascendenza, e
questa non è accertata dalla filosofia sulla base della Rivelazione, ma sulla base della sua relazione
con l'esistenza stessa
- L'uomo nella filosofia di Jaspers è tenuto in sospeso con il continuo superamento di ogni
determinazione oggettiva

In che cosa possiamo sperare?

- L’uomo, in quanto cercatore di senso, ha in sé un marchio, che è quello dell’eternità. Tale eternità è
un bisogno così profondo che si svela in un’unica paura, quella della morte.
- Se l’uomo trova una condizione limite nella realtà della morte, questi può superarla nell’orizzonte
della Speranza certa di una realtà escatologica, quella della resurrezione di Cristo
Sulla Soglia:

- L’uomo di per sé è homo cogitans, è un “visitatore” del suo tempo e cerca di comprendere
quest’ultimo nei suoi molteplici aspetti
- Le domande, se genuinamente accolte nella riflessione, ci pongono in questione, diversamente
sarebbe un pensiero ozioso e destinato all’inefficacia
- La religione, infatti, è il rapporto tra l’uomo e l’Assoluto; la teologia, invece, per il credente, è la
riflessione critica della fede
- Il teologo necessariamente crede, il filosofo può non credere, ma entrambi dovranno tener conto e
stuzzicarsi vicendevolmente
- Negli ultimi tempi si è data particolare importanza alle domande di senso su esistenza e fede,
schematizzandole potremo distinguerle in domande su l’influenza o l’assenza di Dio nella storia, la
direzione verso cui si muove l’umanità e il destino del mondo nella sua totalità in un’epoca
dominata dalla tecnica

Chi ci salverà?

- Riguardando alla post-modernità in cui i macro-saperi sono denigrati, la profondità di


interrogazione è relegata ai pochi, qualcuno ha parlato di “tragedia del senso”, identificando con
questa espressione la crisi della filosofia metafisica e l’avvento di una cultura frammentata, senza
valori e policentrica, come fa notare Guittari paragonandola ad un rizoma
- L’unico valore sopravvissuto è la tecnica che è considerata come fine e non più come mezzo,
sottraendo alla religione la possibilità di leggere nel tempo un disegno, un senso, un fine ultimo
- Per Galimberti se il mito è ritenuto ricerca dell’origine, la religione diviene annuncio di salvezza e
redenzione ma, offrendo fiducia al libero agire razionale dell’uomo, ne rimane essa stessa vittima,
introducendo un nichilismo antropologico.
- Dio è visto come inesistente, al più possibile ma comunque inutile perché proiettato ad una visione
escatologica e valoriale lontana dalla odierna società

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