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Università degli Studi Roma Tre

Dipartimento di Lettere e Filosofia

Storia della Filosofia

Prof.ssa Mariannina Failla

PARTIZIONE DELLO SPIRITO SOGGETTIVO E L'ANIMA NATURALE

Fiamma Tarola

Anno Accademico 2020/2021

© Università degli Studi Roma Tre, Dipartimento di Lettere e Filosofia, Corso di Laurea in
Filosofia, a.a. 2020/2021
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Tesina sui paragrafi 387-395

1) Introduzione alla partizione dello Spirito Soggettivo

Hegel introduce, nella Filosofia dello Spirito, tre forme di spirito,


soggettivo, oggettivo e infine assoluto, evidenziando come il processo dialettico
inizi con il primo (tesi), prosegua con il secondo (antitesi), e si concluda con il
terzo (sintesi). Nello spirito soggettivo vi è un’ulteriore divisione in anima,
coscienza e spirito come tale, di cui si occupano rispettivamente antropologia,
fenomenologia e psicologia. H. sottolinea che tali manifestazioni, o
determinazioni, della filosofia dello spirito sono momenti del suo farsi, del suo
divenire spirito, ovvero idealità; questi momenti dialettici non sono rigidamente
separati, infatti lo spirito soggettivo, momento tetico, nella sua soggettività è
ancora oggettivo, poiché soltanto negando l’immediatezza sensibile coglie il
proprio concetto. Ma è stato detto che lo spirito, afferma il filosofo, è innanzitutto
soggettivo e poi oggettivo. Fra i momenti del processo dialettico vi è continuità, e
nello spirito vi è infine unità di soggettivo e oggettivo.
Internamente allo spirito soggettivo vi sono le tre configurazioni citate, che
costituiscono momenti necessari del suo processo. Introduciamo dunque
l’oggetto dell’antropologia, lo spirito naturale, che non è idealità ma è ancora
corporeità, ovvero prigioniera della natura. L’oggetto dell’antropologia è al di
fuori dello spirito in questo momento della dialettica. Nell’antropologia dunque
l’anima è ancorata alle sue determinazioni naturali, come le differenze razziali.
L’anima si aliena da tale naturalità ed entra in opposizione ad essa, ed elevandosi
dalla sua corporeità avviene un innalzamento dell’anima all’identità ideale con sé
stessa divenendo coscienza, nella quale lo spirito è per sé. Siamo giunti al
momento della fenomenologia. L’io vuoto, soggettività astratta, pone come
estranee le caratteristiche dello spirito immediato e vi si rapporta come se fosse
un mondo davanti a sé. Non essendo effettivamente spirito, questo appare ma
ancora non è. L’io che riflette su di sé e si rapporta con l’altro costituisce
l’autocoscienza, la quale colmerà il suo vuoto, oltrepassando l’unilateralità della
sua soggettività e divenendo unità di oggettività e soggettività.
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Il terzo momento è quello della psicologia la quale studia lo spirito come tale. La
ragione è espressione della verità e idealità dello spirito stesso. L’autocoscienza si
pone soggettivamente come intelligenza che, attraverso la ragione, misura il
contenuto oggettivo al di fuori della prima e oggettivamente come volontà, la
quale trae il contenuto da sé stessa e riflettendosi su sé stessa lo paragona ad un
universale. Lo spirito giunge all’unità con esso stesso, le sue determinazioni non
sono più naturali ma concettuali.

2) Rapporto fra anima e corpo

Nella sezione dell’Antropologia H. dedica particolare attenzione


all’anima naturale e le sue determinazioni, alla complessa questione
dell’immortalità e dell’immaterialità dell’anima e il rapporto anima-corpo.
Per il filosofo l’anima “non è soltanto immateriale per sé, ma è l’universale
immaterialità della natura”1 Nell’Antropologia è evidenziata la passività dell’anima
che ne conferma la naturalità, infatti essa è in uno stato di sonno, è nous passivo,
adoperando un linguaggio aristotelico. Interessante da analizzare è il parallelismo
tra l’anima naturale e la monade dormiente leibniziana, che ha in sé tutto
l’universo nel modo più oscuro, come l’anima hegeliana “è già un tutto nella
versione passiva”2. Per quanto concerne l’immaterialità e il rapporto con il corpo,
il filosofo prende in esame sia la prospettiva fisica e biologica che quelle della
filosofia razionalista e infine quella materialista. Il problema dell’immortalità è
determinato, afferma il filosofo, da un rovesciamento del rapporto tra materia e
spirito. La materia non è il prodotto del movimento dialettico dello spirito, e la
verità non può essere trovata nella stessa, bensì fa parte di un momento del
processo dialettico la cui verità, inizialmente certa e immediata, deve essere
negata e oltrepassata per raggiungere l’idealità dello spirito, il momento sintetico,
che è la Verità. La sua tesi è sostenuta dalla fisica del tempo, nella quale la
materia si smaterializza in imponderabili, come luce, spazio, tempo, calore, i quali
non possiedono più corporeità e pesantezza. Facendo poi riferimento alla biologia
e in particolare alla vita, H. concepisce la natura come luogo di soggettività ma,
essendo in continuità con lo spirito, non priva di libertà. Come l’organismo
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organizza il materiale in prospettiva di un telos, l’anima organizza le sue


determinazioni fondandosi su uno scopo interno ad essa. L’anima è dunque
radicata ad un corpo e le funzioni più complesse dello spirito hanno come
materiale le sensazioni del corpo stesso. Anima e corpo sono dipendenti tra loro
in un rapporto biunivoco, la mente non può esistere fuori dal corpo.

La proposta di Hegel è la denaturalizzazione della natura, ovvero di una natura


che nega sé stessa realizzandosi, e la naturalizzazione del soggetto. Questione che
consegue da quella dell’immaterialità del corpo è infatti il rapporto corpo-anima.
L’obiettivo di Hegel è quello di risolvere un problema linguistico, un’errata
categorizzazione che ha consolidato la prospettiva di un corpo e una mente divise
e indipendenti, frutto di una filosofia intellettualistica e non autofondativa, nella
quale sussiste un dualismo ontologico fra pensiero e realtà (materia). H. compie
un excursus della storia del problema nella filosofia occidentale, ponendo in
evidenza due posizioni, quella del dualismo ontologico che sostiene
l’impenetrabilità di corpo e anima, e le soluzioni di Cartesio, Leibniz, Spinoza e
Malebranche, nelle quali Dio è identità dei due termini. H. critica tali soluzioni
poiché l’identità è soltanto astratta in Spinoza o creatrice come la monade delle
monadi di Leibniz, “non riuscendo ad approdare al sillogismo vero, assoluto,
capace cioè di stabilire un’unità sostanziale”3. Il merito di H. è di aver introdotto
una terza prospettiva, non spiritualistico-idealistica o materialista-naturalista,
lungamente dibattute nel corso della storia della filosofia. Per H. il mistero del
rapporto tra corpo e mente non era stato effettivamente risolto né
dall’intenzionalismo cartesiano, né dall’occasionalismo di Malebranche, né dai
parallelismi (dai monismi) spinoziani e leibniziani. H. propone di oltrepassare i
riduzionismi spiritualisti e fisicalisti concependo il legame mente-corpo non come
causa-effetto, ma pensando “l’azione della mente, dello spirito, sul corpo come
quella di una soggettività vivente incorporata”4. Possiamo affermare che H.
anticipi la teoria dell’emboddied mind. In antitesi ad una prospettiva riduzionista
dunque la soggettività è connessa alla corporeità e la natura viene denaturalizzata
nel processo di negazione da cui emerge il sé. In conclusione, Hegel sostiene che
l’attività della mente sul corpo non funzioni secondo regole di cause effetto ma
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come soggettività vivente incorporata. L’organismo è una forma, un concetto che


si realizza attraverso la mutevolezza della materia (organizzata).

3) L’anima naturale e le sue determinazioni

L’anima naturale è ulteriormente suddivisa in tre sezioni;


inizialmente abbiamo una sostanza dello spirito universale, immediata, priva di
determinazioni. Quest’anima acquista determinatezza nella forma della
naturalità. Le determinatezze di cui parliamo sono qualitative, interamente
universali, come le differenze razziali. Nel passaggio alla seconda sezione queste
determinatezze universali vengono singolarizzate, costituendo i mutamenti
naturali del soggetto individuale. La terza sezione è nel rapporto dei sessi, ovvero
l’opposizione dell’individuo con sé stesso, e l’anima passa da uno stato di sonno al
risveglio naturale. L’anima, da una singolarità universale in sé essente (tesi) è
giunta ad una singolarità effettiva per sé essente (sintesi), ovvero si è verificato un
passaggio dalla forma del sentire al cosa sentire, di cui tratta la seconda parte
dell’antropologia.
Partendo dall' anima naturale Hegel chiarisce il concetto di anima universale,
definibile non come anima del mondo bensì come sostanza universale che ha
soggettività nelle sue singolarità, idealità e libertà nelle sue determinatezze
naturali, o meglio qualità naturali, intrinseche ad essa. L’anima costituisce dunque
un microcosmo parallelo alla natura, che è un macrocosmo, ed è un “ponte” tra
natura e mondo della libertà etica. Hegel descrive le qualità naturali introducendo
il tema dell’indipendenza dell’uomo dai mutamenti naturali come l’alternarsi delle
stagioni o la varietà dei climi; secondo il filosofo le popolazioni che possiedono
una minore libertà spirituale e sono maggiormente guidate dalle sensazioni più
che dalla razionalità, sono più facilmente influenzabili da tali fattori e ne fanno
materia di superstizioni, inoltre, gli uomini dalla mente debole, come gli animali,
appaiono esserne sottoposti. Il momento della vita universale della natura, che è
anche vita dell’anima, va oltrepassato, poiché lo spirito domina le potenze
cosmiche e telluriche, sottomette il mondo al proprio pensiero ed è indipendente.
La vita universale della natura è la vita del sistema solare e del pianeta Terra, sulla
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quale la vita è individualizzata; Hegel evidenzia l’infondatezza dell’astrologia,


infatti i pianeti non possono influenzarci poiché sono corpi, sono lontani e la loro
vita si basa sul movimento, ovvero è determinata da spazio e tempo; nei pianeti
troviamo un movimento assoluto, libero e indipendente, e ancora di più
nell’essere individuale che ha un suo spazio e un suo tempo. Infine, lo spirito si
innalza sulle categorie spazio-temporali, le sue determinazioni sono più solide di
quelle astratte di continuità spaziale e successione temporale, l’uomo è libero da
fattori terrestri e cosmici; l’anima naturale è influenzata dai cambiamenti naturali,
come l’alternarsi del giorno e della notte, ma a livello conscio, ovvero
volontariamente, a differenza di piante e animali, infatti Hegel ribadisce come ad
esempio il legame fra religione e natura sia volontario e consapevole, inoltre la
vita pubblica è certamente influenzata dai momenti della giornata: le assemblee
popolari degli antichi si svolgevano il mattino, mentre i dibattiti parlamentari
inglesi di sera, fino a tarda notte, il filosofo osserva poi il rapporto fra spiritualità e
natura negli antichi Greci e Romani, i quali, non avendo una forte soggettività,
erano ancorati ai cambiamenti meteorologici e alla lettura delle viscere animali,
durante le battaglie confidavano nella forza fisica e nel coraggio del singolo; i
moderni invece prendono decisioni autonome, indipendentemente dalla natura;
la loro volontà soggettiva da meno spazio alla riflessione in favore dell’azione.
Dunque, nei popoli dell’antichità la dipendenza dalla natura trasformava le
determinazioni dell’esteriorità in quelle dello spirito.

4) La vita planetaria e le sue determinazioni

La vita planetaria dello spirito naturale si specializza negli spiriti


naturali particolari che costituiscono la molteplicità di razze. La diversità razziale è
causata dalle varietà geografiche del pianeta Terra, e la questione dell’origine del
genere umano da una o più coppie non è importante, poiché l’uomo è un essere
razionale e questo determina l’eguaglianza del diritto degli uomini. Hegel descrive
la conformazione dei continenti, introducendo la differenza fra nuovo e vecchio
mondo, per passare poi alle differenze spirituali e fisiche fra razze, ponendo
gerarchicamente in cima i caucasici, in particolare gli Europei, i quali credono in
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un Dio che non è soltanto Unità, ma anche Trinità, cioè ha in sé la dialettica


hegeliana dello spirito, in cui vi è opposizione e sintesi. L’europeo è
contraddistinto da una ragione indipendente e da una grande apertura e curiosità
nei confronti del mondo esterno. Le azioni degli Europei si fondano su principi
universali e la loro libertà si dispiega e si concretizza nel funzionamento dello
Stato. L’europeo riesce dunque a conciliare l’universale e il particolare, portando
ad unità sé stesso e il mondo esterno, dominandolo.

5) Gli spiriti locali

Hegel introduce poi gli spiriti locali, i quali costituiscono le forme, o


particolarizzazioni della vita esteriore, ed in particolare è interessato al
comportamento, sia dal punto di vista intellettuale che etico, dei popoli.
H. sottolinea come infatti lo spirito naturale non si limiti alla differenziazione
universale bensì si particolarizza nelle e dalle sue determinatezze generali su
citate. La caratterizzazione dei spiriti locali appartiene parzialmente alla storia
naturale dell’uomo, che descrive la disposizione “del carattere nazionale, la
costituzione fisica, il modo di vita, l’occupazione, come i particolari orientamenti
dell’intelligenza e della volontà delle nazioni”5 e in parte alla filosofia della storia,
che analizza i popoli dalla prospettiva della loro storia universale, ovvero il
compimento, il raggiungimento spirituale, dello spirito della natura in ciascuna
nazione. Nell’Antropologia vengono trattati soltanto i caratteri nazionali, i quali
danno inizio al processo dialettico grazie al quale abbiamo la storia delle nazioni.
Hegel nuovamente connette le differenze, in questo caso di tipo nazionale con
l’ambiente e i climi, anche se la vicinanza al mare, ad esempio, nel caso degli
Indiani, non ha portato la libertà dello spirito. Le differenze nazionali, come quelle
razziali, per H. sono pressoché immutabili nel tempo e radicate profondamente
ad una certa popolazione, e dunque alla sua disposizione. Le differenze
determinate degli spiriti locali sono nulle fra gli Africani e molto scarse tra gli
Asiatici; in Europa l’astratto universale diviene particolarizzazioni compiute e
variegate. I popoli europei principali sono i Romani, i Greci e i Germani, i quali si
differenziano per il loro ruolo nella storia universale. Nell’Antropologia vengono
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indagate le differenziazioni all’interno dei tre popoli, e non le relazioni fra i tre,
che verranno analizzate dalla filosofia della storia. La trattazione delle
determinazioni fra i popoli greci-Lacedemoni, Ateniesi e Tebani- sarà trattata
brevemente dal filosofo, il quale afferma che un approfondimento su tali
differenze è da assegnare alla storia della filosofia. Maggiori differenziazioni vi
sono nei popoli cristiani, che sono gli Italiani, gli spagnoli, i Francesi, gli Inglesi ed i
Germani. Nei popoli meridionali, come gli Italiani e gli Spagnoli, domina
l’individualità che emerge nelle loro singolarità, meno in quelli settentrionali. Si
riscontra un’esaltazione del popolo tedesco, in particolar modo dal punto di vista
culturale, intellettuale e di interazione con il mondo esterno. Tali affermazioni sui
Germani sono da ricondurre ad un forte eurocentrismo, tipico dello spirito
romantico. Dobbiamo tuttavia riconoscere le influenze illuministiche in alcune
considerazioni antropologiche, come quella dell’univocità dell’origine dell’uomo e
dell’eguaglianza dei diritti di ciascun uomo, essendo creatura razionale.
Certamente Hegel fu condizionato da i dibattiti sull’origine della specie umana a
cui parteciparono filosofi del calibro di Kant e Voltaire. Egli ha una prospettiva più
vicina al primo, il quale sosteneva l’origine da un unico uomo, aderendo dunque
al racconto di Adamo ed Eva, e l’eguaglianza fra esseri umani. Voltaire propose
teorie poligeniste nelle quali l’uomo è stato generato da molteplici primi uomini
che hanno dato origine alle varie etnie presenti sul pianeta. Inoltre, H. fu
interessato agli studi medici sulla natura delle razze, nei quali si analizzava le varie
forme del cranio e del triangolo cranico che coinvolge la parte occipitale orecchio-
mandibola, dipendenti dalle differenti etnie.

6)L’anima singolarizzata a soggetto individuale e le sue determinazioni

Altro tema trattato è l’anima singolarizzata a soggetto individuale,


che si oppone a sé stessa, ma non appartiene all’essenza della coscienza, poiché è
una determinazione ancora naturale. L’anima individuale ha aspetti
molteplicemente infiniti e contingenti; le particolarità dell’uomo fanno parte di
una cattiva infinità che per H. ha poco valore. Ad esempio, nell’educazione del
bambino la sua individualità può essere tollerata dalla famiglia ma non dalla
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scuola con la quale egli si avvicina alla universalità della vita. Interessante notare
come molti filosofi successivi ad H. riprenderanno il concetto di individualità e
universalità esaltando il Singolo, l’esistenza individuale e concreta dell’uomo, che
si perde nella descrizione di un Assoluto come quello hegeliano. Un critico di
Hegel, considerato filosofo proto-esistenzialista, fu Kierkegaard per il quale la
ricerca della verità è una attività destinata al Singolo e ha come scopo quello di
comprendere il senso della vita e le proprie scelte. «La verità – afferma
Kierkegaard - è una verità solo quando è verità per me». La filosofia hegeliana si
fonda sulla categoria del necessario, mentre quella di K. sul possibile, ovvero le
scelte. Inoltre, la contraddizione, l’opposizione dell’anima individuale si dissolve
nella sintesi, secondo il processo dialettico hegeliano; per Kierkegaard Hegel ha
ridotto l’uomo ad animale eliminando la contraddizione come peculiarità
dell’uomo, il quale si differenzia dagli animali poiché il Singolo è superiore al
genere (negli animali avviene l’opposto). Alla dialettica hegeliana che culmina
nell’Assoluto, momento sintetico, K. contrappone i tre stadi dell’esistenza
individuale, estetico, etico e religioso. Tornando all’anima singolarizzata, il filosofo
introduce le determinazioni contingenti naturali, del temperamento e del
carattere. Fra le disposizioni naturali abbiamo il genio e il talento (il primo
comprende e va oltre il secondo), che devono essere sviluppati con rigore
“secondo metodi universalmente validi”6. La ragione ha un ruolo primario nel
dominio del talento; in filosofia, afferma Hegel, il genio non è sufficiente. Il
pensiero logico sottomette il genio, il quale diviene libero. La prospettiva del genio
come qualità naturale che deve essere coltivata e che si manifesti solo in uomini
di cultura è stata influenzata ed in parte ereditata da Kant, il quale nella sua
Antropologia pragmatica trattò anche di carattere, contrapposto ad ethos, e dei
quattro temperamenti. Inoltre, H. evidenzia come la virtù non dipenda dal genio,
non sia innata, ma vada pretesa universalmente da ogni uomo. Per quanto
riguarda il temperamento la definizione è più complessa; è indipendente
dall’esterno, dall’azione e l’eticità della sua natura e dalla passione. Il filosofo
precisa come una cultura più elevata contrasti i temperamenti, i quali sono tra
l’altro poco applicabili agli individui, che soventemente ne possiedono più di uno.
I temperamenti sono quattro, come le virtù cardinali: il collerico, il sanguigno, il
flemmatico e il melancolico. Le differenze fra i temperamenti dipendono dal
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rapporto intrattenuto con la Cosa e la singolarità, collerici e melanconici sono più


legati alla soggettività, i flemmatici e i sanguigni all’universalità. Un'altra categoria
di differenziazione è la mobilità e l’immobilità. Il carattere, in contrapposizione al
temperamento, differenzia gli individui al di là della loro educazione culturale. Per
H. con il carattere, al quale appartengono l’energia formale e un ricco contenuto
di volontà universale, l’uomo persegue la sua determinatezza e diviene un
riferimento per gli altri uomini, impressionati da esso. Realizzando grandi
obiettivi, che devono essere necessariamente giustificati, mostrano un’unità
formale e dunque una verità compiuta. La volontà diviene testardaggine se si
incatena ad una determinatezza, una singolarità vuota. Piu individuali sono le
idiosincrasie, sia quelle naturali che spirituali. Il filosofo mette poi in evidenza la
necessità che la determinatezza naturale si manifesti in queste tre forme;
incominciando dal genio e dal talento, immediati e fissi, per poi procedere con il
temperamento, che è mutevole: la sua differenziazione naturale si riflette
nell’anima individuale e non si relaziona con una differenza esterna; infine nel
carattere abbiamo sia l’unità del naturale che la mutevolezza dei temperamenti. Il
carattere non è immediato bensì deve essere forgiato dalla volontà, nonostante
esso abbia un fondamento naturale. Nell’antropologia il carattere non si dispiega
dialetticamente in modo compiuto, almeno fino al momento in cui toccherà la
sfera dello spirito libero.

Note

1. G.W.F. Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche, a cura di Alberto Bosi,


edizione Utet, Torino, par. 389
2. Resumé dell’introduzione alla partizione dello spirito e l’anima naturale, p.
1
3. Achella, Etica & Politica / Ethics & Politics, XIV, 2012, 2, p. 16
4. Ibidem, p. 24
5. G.W.F. Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche, a cura di Alberto Bosi,
edizione Utet, Torino, aggiunta par. 394
6. Ibidem, aggiunta par.395
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Bibliografia di Lavoro

G.W.F. Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche, a cura di Alberto Bosi,


edizione Utet , Torino

Resumé introduzione alla partizione dello spirito e l’anima naturale

Achella, Etica & Politica / Ethics & Politics, XIV, 2012, 2, pp 8-27

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