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HOMO RELIGIOSUS ET SYMBOLICUS

INTRODUZIONE:

 Optatam totius – conoscere, riconoscere e confutare


 Nostra aetate non rigetta le altre religioni e le altre forme di religiosità, ma è tenuta ad annunciare
Cristo:
- Induismo: attraverso miti e filosofia scrutano il divino e tentano di avvicinarsi ad esso attraverso
l’ascesi e la meditazione
- Buddismo: con i propri sforzi e l’aiuto dall’alto l’uomo si avvicina a Dio
 Dignitatis umanae: l’uomo ha il diritto alla libertà religiosa per la sua stessa dignità
 Adgentes: interesse storico-culturale e prossimità per capire anche i semina verba in esse
contenute
 Cost. Ap. Sapientia christiana: l’ecumenismo non sostituisce ma è parte importante della missione
cristiana
 Il concetto trinitario crea quindi distacco tra il cristianesimo e le altre religione, ma, attraverso la
conoscenza di esse ed il riconoscimento dei semina verba si può giungere a dei punti di
comunicazione ed al riconoscimento della presenza del Verbo in ogni credo
 Il fatto religioso in generale cerca di dare risposte alle stesse domande di senso (felicità e senso
della vita)
 Barth, Bonhoeffer e Tillich si muovono contro la religiosità e, più in particolare contro il
cristianesimo, riducendolo ad un fenomeno culturale
 Sacro: risonanza del divino nel nostro mondo, il sacro mette al centro l’uomo, essendo un elemento
della coscienza
 Santo: auto-comunicazione di Dio nella storia, il divino mette al centro l’iniziativa di Dio
 Dietro ogni forma di sacro si nasconde l’uomo come parte di una società, di una realtà culturale e di
attese diverse, per questo lo storico delle religioni deve confrontarsi con tutte le altre materie

CAP. 1 – UN’ESPERIENZA TOTALIZZANTE:

 La storia delle religioni centra la sua attenzione sulle ierofanie (manifestazioni di Dio) e di come si
tramandano e si diversificano tra credo e nel tempo
 Per Panikkar la religione offre la percezione più profonda di noi stessi e del senso dell’esistenza
 Il fatto religioso è il cammino ontologico che porta l’uomo a cercare la perfezione a cui solo lui, in
quanto essere pensante, può aspirare a raggiungere, passando per una percezione più profonda del
mondo e della società
 La religione coscientizza, guida l’uomo e gli fornisce gli strumenti per questa ricerca ascetica del
senso della vita e della felicità
 Essendo l’uomo un essere temporale, la religione ha una bivalenza strutturale temporale ed eterna
 Spencer vede la religione come un fenomeno che scompare nel momento in cui la coscienza umana
raggiunge uno stadio superiore
 Comte invece individua 3 stadi dell’evoluzione del pensare religioso nel corso della storia: stadio
teologico (legato all’immaginazione), stadio metafisico (in cui vige la riflessione), stadio positivo
(governato dall’esperienza). Questi 3 stadi sono legati alle religioni singole ed ai singoli territori,
non possono essere estesi all’umanità tutta
 Shmidt sostenne la tesi del pre-animismo monoteistico, per cui il bisogno di causalità, totalità e
personificazione abbiano portato allo sviluppo di un monoteismo primordiale, frantumatosi a causa
dello sviluppo sociale. Ma gli etnologi hanno smentito Shmidt evidenziando la presenza di un
politeismo, cui si pone un dio capo, ma affiancato da altri dei
 Petazzoni, influenzato da Croce, considerò la religione come un fenomeno storico, basato iniziato
con il politeismo
 Tra gli altri approcci ricordiamo lo strutturalismo (che guarda alla struttura del fatto religioso come
interdipendenza da altre discipline, analizzando i valori simbolici che prendono senso nella
struttura) e funzionalismo (che vede quali funzioni occupa una religione all’interno della società)

CAP. 2 QUALE DEFINIZIONE PER LA STORIA DELLE RELIGIONI?

 La religione è il rapporto dell’uomo con l’assoluto secondo la relisio ossia un legame che unisce
l’uomo con Dio
 Storia delle religioni: parte della scienza delle religioni che indaga con un proprio metodo le
ierofanie e i simbolismi che hanno caratterizzato la storia dell’uomo, guardando agli sviluppi interni
ed esterni facendo anche uno studio comparato, per considerare pienamente anche i dati socio-
politici e culturali della religione. Lo storico delle religioni deve attuare uno studio accurato delle
fonti in lingua originale, studiare in linea verticale (temporalmente), mantenersi neutrale,
specializzandosi spesso in una singola religione
 Sociologia delle religioni: si occupa del rapporto tra religione e società, anche per l’aspetto politico.
Tra i maggiori esponenti ricordiamo
- Marx che vede la religione come oppio dei popoli, felicità illusoria di un uomo che si proietta fuori
di se per poi pensarsi come pensato
- Durkheim che riprende Feuerbach e vede la figura di dio come proiezione delle aspirazioni
dell’individuo e la religione come un riflesso della società (totem australiano)
- Weber invece vede la religione come uno strumento per regolamentare la vita e stabilire un
rapporto col mondo, non tanto come un sistema di credenze che tendono solo ad essere
giustificazione di quel regolamentarsi
 La psicologia religiosa evidenzia 3 correnti di pensiero:
- La prima vede la religione come una forma di esperienza che deve essere definita tramite una auto-
osservazione metodica
- La seconda corrente vede la religione come una patologia. Ne sono sostenitori Freud e Shmidt, i
quali sostengono che il monoteismo deriva dal complesso di Edipo, visto il rapporto odio-amore
con dio; mentre il totemismo sarebbe una fase universale data dallo sviluppo e dal crescente
egoismo dell’uomo che va ad auto-limitarsi. Essi specificano che la religione non è un errore, ma
una illusione creata dalla condizione umana di ignoranza, che quindi non riguarda gli uomini colti
che sono visti come portatori di civiltà
- La terza corrente vede la religione come un fenomeno psicosociale
 La filosofia religiosa guarda alla struttura di pensiero ed all’interrogarsi dell’uomo che cerca dio e le
verità di senso
 La geografia religiosa indaga l’influsso dell’ambiente sullo sviluppo di una religione, l’influsso della
religiosità sulle trasformazioni dell’ambiente e l’influenza della religione sull’economia
 Simel distingue tra:
- Religione oggettiva: ciò che rimanda a dogmi e istituzioni
- Religiosità soggettiva: cioè la realtà a priori che aiuta l’individuo a costituire sé ed una visione del
mondo
 Il fatto religioso è inteso come esperienza organizzata del sacro (comunità, culto, riti), la religiosità,
invece, è il dato soggettivo che orienta l’agire dell’individuo in base anche alle emozioni e
concezioni che ha
 Rudolf Otto, ne “la fenomenologia delle religioni”, parla di esperienza vissuta e vissuta in una
comunità e tenta di descrivere i caratteri di questa esperienza detta numinose (esperienza di dio).
egli parla di un mysterium tremendum (sentimento di terrore davanti al sacro) che davanti alla
maiestas (grandezza del sacro) diventa mysterium fascinas.

CAP. 3 IL CONTRIBUTO DI MIRCEA ELIADE

 Mircea Eliade (trattato di storia, delle religioni) è uno storico delle religioni vissuto tra il 1907 e il
1986 che ha incentrato la sua ricerca sull’oriente e sugli aborigeni e lateralmente sulle religioni
abramiste perché considerate a carattere storico e non cosmico.
 Per lui le ierofanie hanno una struttura paradossale che mostrano e camuffano al contempo la
sacralità, ne è un esempio l’incarnazione.
 Le ierofanie si camuffano nel profano, tanto che il sacro stesso non si oppone al profano. Le
ierofanie rivela una scelta che è associata ad una forza ed essa può essere intesa in modo personale
o impersonale, monovalente o polivalente, accrescendo la loro funzione formale. Alcune ierofanie
possono avere un carattere più locale, altre più universale. Lo storico delle religioni guarda la
ierofania e cerca di comprendere ciò che essa rivela in termini di culto e di società
 Eliade utilizza il metodo diacronico cioè guarda allo sviluppo e alle trasformazioni delle forme del
sacro nel tempo
 Egli pone quindi un contrasto tra il sacro assoluto ed il sacro relativo (sacro degradato)
 Nell’analizzare le strutture del sacro si evidenzia come il sacro sia il tentativo di dare senso al
mondo e come il sacro assoluto si manifesti in quello relativo
 Nel tempo le religioni si susseguono e mutano. Eliade cerca di evidenziare il passaggio da una
religione all’altra
 Divisione religioni storiche e cosmiche (le religioni storiche fanno uso del sacro degradato e
perdono il contatto con l’idea di cosmo)
 Il limite di Eliade è il passaggio da una analisi fenomenologica ad una storico critica, ne è un
esempio l’interesse solo per il cristianesimo primitivo
 Eliade si sofferma principalmente sull’uomo antico, in quanto sperimentatore del sacro in modo
ontologico, affermando anche che gli arcaici sono stati i primi che hanno colto la ciclicità
dell’esistenza osservando l’agricoltura, dando così importanza alla propria esistenza e ponendola in
questo ciclo, creando poi, con l’uso di simboli, ierofanie ben definite, alcune maggiori, altre minori.
 La sua analisi viene criticata per il fatto che egli più che la comparazione utilizza l’associazione di un
fenomeno religioso all’altro, utilizzando pochi termini di paragone/comprensione e soffermandosi
poco su religioni non asiatiche
 Eliade si sofferma su due concetti:
- Il mana, che per i malesiani è quella forza che hanno tutte le anime e che alcune persone ricevono
da esseri superiori
- L’oggetto simbolico è un prolungamento della ierofania stessa. Esso tende a ierofanizzare, cioè a
portare il sacro nel reale, rinviando a significati e valori che trascendono l’oggetto stesso
 Eliade critica fortemente l’uomo moderno che ha perso la capacità di vivere la vita organica come
sacramento e l’attitudine a vivere in modo vero, reale. Egli si scaglia anche contro il materialismo
storico e contro la psicoanalisi
 L’homo religiosus di Eliade è un uomo che, avvicinatosi al sacro e mediando con dei simboli, scopre
il senso di trascendenza accresce sé stesso, perpetuando le tradizioni, entrando nella storia, ma
restando al contempo trans-storico
 Ciò che è profano assume sacralità per una qualità interiore o per proibizione al contatto umano
CAP. 4 LA DIALETTICA DEL SACRO

 Come prima definizione il sacro è ciò che si oppone al profano e che è totalmente diverso da esso.
Attraverso le ierofanie (manifestazioni del sacro) ed i vari simbolismi l’uomo tenta di partecipare
alla potenza ed energia del sacro.
 Ci sono due modi d’essere nel mondo, essere in comunione con il sacro o essere profano. Nel
vivere la vicinanza al sacro si sono venuti a creare:
- Spazi sacri: la sacralità ha una sua dimensione spaziale che già dai tempi antichi ha preso una sua
omogeneità con la creazione di templi e chiese. Nei luoghi sacri, ove avvengono culti e riti, si crea
uno spazio di contatto certo con il divino, trascendendo dal chaos che c’è al di fuori di questi luoghi
e che all’homo religiosus crea timore.
- Tempi sacri: il tempo sacro è una categoria d’intensità che non può essere espressa come durata,
esso infatti non si limita al susseguirsi del tempo ma guarda all’eternità e ad essa punta. Lo capiamo
bene con il cristianesimo che valorizza il tempo storico ponendo una differenza tra Kairos (storia
della salvezza in cui Dio si rivel) e chronos (successione temporale). La storia quindi diventa sacra,
perché storia di salvezza in cui Dio c’è e si rivela
- Sacralità della natura: anche la natura nasconde in sé una componente sacra, in quanto creazione
del divino, per cui la semplice contemplazione della volta celeste già rivela la trascendenza. Con la
scoperta dell’agricoltura ci si inizia ad approcciare anche alla Terra – Madre, per cui l’homo
religiosus, presa coscienza dell’invisibile, lo concretizza con simboli, per cui, come sacro e simbolo,
così entrano in contatto l’homo symbolicus e l’homo religiosus

CAP. 5 LE FUNZIONI DEI MITI

 Bultmann afferma che la visione mitica è stata spazzata via dalla scienza moderna. Egli sostiene che
il mito è una rappresentazione narrativa di un evento razionalmente inafferrabile che perde quindi
la sua validità nel momento in cui viene tradotto in una sua esigenza antropologica, perdendo il suo
valore cosmologico
 Eliade, di contro, afferma che i miti possono mutare, degradarsi ma non scomparire, per cui anche
l’uomo moderno non può sfuggire al linguaggio mitico
 Il mito non può essere considerato solo una proiezione di un evento naturale, ogni mito riporta ad
avvenimenti avvenuti in un’epoca a-temporale, in una realtà aurorale o paradisiaca. Questi
avvenimenti possono essere rivissuti nella ritualità, permettendo all’uomo di prendere parte alla
storia primordiale ed all’eternità da essa generata, dando senso alla nostra origine, alla nostra
destinazione.
 Si riconoscono 6 proprietà: sacralità (origine del mondo in storia sacra con dei), realtà (rappresenta
una realtà allo stato puro), verità, espressione simbolica, partecipazione esistenziale (attraverso
riti), esemplarità
 Si riconoscono 6 funzioni: religiosa (parla del sacro), ontologico - metafisica (rivela la realtà
profonda), cosmologica (creazione e passaggio da caos a cosmos), culturale (è la base di una
cultura), assiologica (si rifà a valori assoluti), pedagogico-pratica (da esempi da seguire)
 Si classificano in 5 tipologie: cosmogonici, antropogonici, eziologici (destino e prime azioni
dell’uomo), soteriologici (salvezza da parte degli esseri divini), escatologici (destino del mondo)
 I miti cosmogonici, per Eliade, hanno generato tutti gli altri

AP. 6 CHE COS’E’ UNA RELIGIONE?

 È difficile stabilire una definizione certa del termine religione, sicuramente possiamo dire che in
ambito fenomenologico è la percezione del “Totalmente Altro”, mentre in ambito antropologico è
la manifestazione di credenze in una cultura
 Il primo ad utilizzare il termine religione è Cicerone. Il termine religione può avere più derivazioni,
la più accreditata è dal latino religio (rileggere, ripercorrere, ma anche osservare scrupolosamente,
come ci dice Montanari)
 In greco viene tradotto threskeia, ossia timore
 Queste derivazioni ci fanno notare come il rapporto che c’era ai tempi dei greci e dei romani con
Dio, fosse da un lato di timore, dall’altro un do ut des con la divinità
 Riprendendo Cicerone possiamo dunque dire che la religione è tutto ciò che riguarda la
venerazione di un essere superiore “divino”
 Lucrezio pensa che il filosofo deve liberarsi dalla religione in quanto sottomette gli uomini con la
paura
 Nei primi anni della cristianità non si parla di religione ma di via, solo dal IV secolo si adottò
l’accezione di Lattanzio e si definì il cristianesimo come tale e come unica via di salvezza
 Ricordiamo San Tommaso che ci spiega che Dio è il fine e che la religione è una virtù morale che ha
per oggetto i mezzi per tendere a Lui
 Attualmente la religione non è considerata come limitata un solo credo, essa è ritenuta
un’esperienza del sacro che coinvolge tutta la persona, dalla razionalità alla concretezza
esistenziale, quindi non una semplice idolatria
 Il sacro, all’interno della religione, è percepito come superum (entità superiore) e prius (fonte della
creazione)
 Dobbiamo sottolineare delle differenze tra magia e religione. La prima assoggetta il mondo al
volere del mago che comanda per plasmare la natura, una forma di immanenza espressa da un
rituale chiuso. La religione si serve di preghiere e suppliche per chiedere ad una divinità che è
libera di concedere o no. Atteggiamenti magici e religiosi sono presenti in ogni uomo sin dai tempi
antichi

CAP. 7 CHI E’ L’UOMO RELIGIOSO?

 Il primo homo definibile come religiosus è il l’homo habilis che era già aperto ad un senso di
trascendenza. Con l’homo erectus e con il neolitico si vanno definendo i caratteri di questa
apertura. In particolare con l’erectus inizia il culto dei morti, nella speranza di dare sollievo ed
assistenza alle anime dei defunti. Con l’homo sapiens iniziano a crearsi le prime forme di ritualità
collegate ai morti, alla fertilità ed alla caccia. Successivamente nasceranno i primi santuari, per poi,
con Sumeri e Babilonesi, arrivare alle prime divinità definite
 Nel corso della storia l’uomo ha fatto uso di simboli e segni, fatti da esso stesso o presi dalla natura
circostante. Simboli e segni coesistono e sono in relazione, seppur ben distinti.
 Il simbolo (dal greco siunballein: unire) ha 3 funzioni: rendere partecipi della realtà richiamata in sé,
stabilire un rapporto tra il piano cosciente e quello subcosciente e premettere di aprirsi
all’archetipo divino compiendo una esperienza di sacro
 Il segno si compone di un significato (la realtà da scoprire) e di un significante (il visibile che
rimanda ad altro da sé). Esso può avere tre sensi: una percezione che giustifica un’asserzione, una
azione che simbolizza una volizione (vigile che alza la paletta per farti fermare), invitare a qualcosa
(segnale dei limiti di velocità). I segni possono essere arbitrari o allegorici

CONCLUSIONI

Benedetto XVI ci ricorda, nell’enciclica sull’ecumenismo “una parola comune tra noi e voi” che è necessario,
malgrado le differenze che si conviva in pace, armonia e concordia per costruire già ora il Regno di Dio. Egli
evidenzia come l’idea di creazione, della pari dignità di tutti gli uomini in quanto creature di Dio e della
necessità di formazione dei credenti nel rispetto del credo altrui, siano pilastri comuni ad entrambe le
religioni.
ISLAM IMAN

il termine Islam viene da “salama”, ossia abbandonarsi a Dio attraverso un atto di fede detto sahada. L’islam
guarda all’interiorità (iman) ed all’esteriorità (din) per costruire una comunità ideale basata su tolleranza e
pace. Il testo sacro è il Corano che prende forma in una serie di regole e leggi ben definite dette sari’a per
favorire l’interazione tra islam e iman, tra vita vissuta e vita di fede, ma anche tra islam e din, cioè tra vita
vissuta e obblighi di fedi derivanti da Dio stesso. Importante è anche l’ihsan, la retta buona condotta che
insieme a iman e islam, è stato rivelato dall’arcangelo Gabriele stesso. Questa triplice relazione trova
applicazione nello zhair (esteriore) che mette in relazione l’uomo e il mondo e nel batin (interiore) che
mette in relazione l’uomo e Dio. La comunità è definita umma con una accezione di casa. Il Profeta dice che
tutti nasciamo mussulmani, sono poi i genitori che decidono e ci indicano se essere cristiani o mussulmani o
altro. Abramo è ritenuto il fondatore della fede islamica come amico prediletto di Allah e fondatore della
mecca. In occidente l’islam era e spesso è ancora percepito negativamente perché spesso si tende a
slegarlo dalla situazione socio-politico e culturale dei paesi in cui nasce.

L’Islam nasce in Arabia tra il 600-700 d.C., in un territorio tutt’altro che ospitale in cui vigeva una
organizzazione in tribù dedite alla pastorizia ed all’agricoltura, che quindi organizzavano la propria vita a
seconda del passare delle stagioni. Due figure sorgono importanti: la prima sono i beduini, popolazioni
nomadi di guerrieri che, in cambio di viveri e pelli garantivano la difesa da parte delle popolazioni esterne.

Socialmente ogni tribù era vissuta come una famiglia allargata con un capo eletto con un consensus
omnium detto sayd che, oltre a regolare la vita della tribù era anche amir cioè capo militare.

Oltre allah e Maometto le tribù davano rilievo ai jinn, degli spiriti protettori che venivano invocati anche per
favorire gli spostamenti. Nell’Islam sono organizzati veri e propri pellegrinaggi rituali. È diffuso un certo
fatalismo.

Maometto è il profeta principale su cui si fonda la religione islamica. Della sua vita ci parlano il Kitab, il
Tarikhar, la Tabaqat (aspetto militare e politico), la sira (biografia) ed in parte il Corano che però evidenzia i
fatti della sua vita e della comunità in cui si inserì. Maometto nasce nel 570 d.C. di lunedì, già circonciso e la
sua nascita viene accompagnata da una grande luce, però perde i genitori da molto piccolo. Viene cresciuto
dal nonno e dallo zio ed impara ad essere un buon commerciante. Dopo il suo matrimonio avvia una
fiorente attività e le sue condizioni migliorano. Cresciuto nell’ascolto di Dio, nel 610 Maometto viene
chiamato da Dio e si ritira per un tempo di preghiera e meditazione, anche se la sua fede, incontra dei
momenti di difficoltà (fatra). I primi messaggi sono rivolti ad una cerchia di una trentina di persone, per lo
più familiari, i quali vengono colpiti dall’immediatezza e dai contenuti escatologici delle sue parole. I cardini
della predicazione sono l’onnipotenza di un dio misericordioso che ci invita alla conversione, in attesa di un
giudizio, il culto all’unico Dio contro il quale non bisogna rivolgersi, l’etica della generosità come preghiera e
la visione di lui come sigillo che completa e termina le rivelazioni anteriori.

Maometto si troverà a difendersi dalle accuse di essere allucinato o un fanatico, questo anche a causa dei
versetti satanici in cui si accettavano altre 3 divinità, versetti che saranno smentiti dall’arcangelo Gabriele
che appare al profeta. Nel 620, a seguito di violenze e pressioni, Maometto decide di andare a Medina,
avviene l’egira. Nel 622 il Profeta diviene capo degli abitanti di Yatrib e così nasce ufficialmente l’islamismo.
Dopo un tentativo di alleanza vengono espulsi come infedeli gli ebrei sul territorio, ma da loro viene presa
la pratica del digiuno (ramadan) e di seguito viene regolamentato il culto e l’elemosina. Nascono le prime
umma (comunità). Il passo successivo nel 630 fu la riconquista della mecca, poi nel 632 morì a Medina. Il
messaggio di Maometto non è incentrato sulla rivelazione di Dio nella storia, ma nel libro stesso del Corano,
egli quando parla di profezia intende la preconoscenza di Dio che viene donata al profeta come insieme di
dogmi e precetti da seguire. A seguito della morte di Maometto i califfi persero la prevalenza religiosa
incentrandosi sull’aspetto politico, quindi l’islam stesso acquisirà un carattere anche politico con una
pretesa universale.

Tre macro-gruppi si vennero a formare in questo periodo: i sunniti (ortodossi seguaci solo di Maometto), gli
sciiti (seguaci di Alì, quarto successore di Maometto) che si frammentarono col tempo e i kharijiti che
eleggevano il califfo e si posero in contrasto con gli sciiti, ma anch’essi si divisero in varie sette.

Il corano, testo sacro dell’Islam, non è scritto da Maometto ma una parte ad esso è comunicato dalla voce
dell’arcangelo Gabriele, viene però composto successivamente dopo una rielaborazione e revisione anche
in chiave socio-politica. Esso ha un linguaggio dinamico e guarda molto l’aspetto pratico della vita e l’etica.
È diviso in 114 sure, a loro volta divine in djdt classificati dalle sure più lunghe alle più brevi.

Le sure si dividono in due grandi blocchi:

- Le sure del periodo meccano (610 - 622): a loro volta divise in primo, secondo e terzo periodo
meccano in cui si evince in primis l’invito alla penitenza, poi la paura del giudizio, la resurrezione e
la unicità e onnipotenza di Dio
- Le sure del periodo medinese (622 – 632): trattano degli aspetti normativi, rituali e amministrativi.

Il titolo della prima sura è Al-fatiiha (l’aprente). Il termine sura viene collegato all’ebraico surah che significa
serie di versetti.

La sura 3 divide in versetti in chiari e oscuri, i primi dal significato certo, i secondi lasciati un po' alla libera
interpretazione in quanto solo Dio ne ha la conoscenza certa. Nel corano si afferma anche che Dio ha scelto
la chiarezza della lingua ebraica per rivelarsi.

Vari sono i generi letterari presenti nel Corano ma la prevalenza è quella degli oracoli, enunciazioni
pronunciate direttamente da Dio, oggetto di meditazione e spiegazione, non di interpretazione.

Il libro del corano è considerato testo sacro, toccabile solo dopo le abluzioni e non si può tenere sotto la
cintura, infatti si crede che gli unici puri degni di toccare il corano siano gli angeli. Questo testo sacro è
ritenuto come proveniente da Dio, ammonimento e fonte di angoscia per i non credenti e scritto su pagine
venerande. Ne consegue che non è nemmeno pensabile che esso venga modificato nella sua parte
dottrinale, diverso è per la parte giuridica che invece ha subito alcune modifiche nel passaggio dall’oralità
alla scrittura. Sono state create le leggi abroganti proprio per fare degli aggiusti, per ridurre le discrepanze
tra diritto e rivelazione e per valutare le nuove circostanze storiche.

Il messaggio coranico è volto a far conoscere Dio chiamandolo con i suoi 99 nomi che esprimono tutte le
sue qualità. Non è ammessa venerazione di alcun altro dio ma sono presenti degli spiriti a cui affidarsi (jinn)
e gli angeli che influenzano le azioni dell’uomo. Iblis, il disperato, è il nome del diavolo, colui che non volle
prostrarsi davanti ad Adamo e che poi tentò Eva. Il giorno del giudizio è visto come il momento in cui gli
uomini saranno accolti nel paradiso dell’Eden o andranno nel fuoco della geenna.

Il Corano fa una serie di riferimenti alla Bibbia Cristiana e prende in considerazione più personaggi:

- I vangeli e la figura di Cristo vengono molto citati, anche se con una accezione diversa. Vengono
ricordati miracoli di Gesù ed egli viene definito il portatore della parola di Dio, ma egli resta un
profeta tra gli altri profeti. Le parabole e gli apostoli assumono una rilevanza minima e la morte di
Gesù in croce è rifiutata perché Dio non abbandona i profeti
- Adamo ed Eva sono i primi uomini creati, vengono tentati entrambi dal serpente ed entrambi
additano il serpente come tentatore, chiedendo e ricevendo la misericordia di Dio.
- Caino e Abele sono citati in modo molto veloce ed anche qui Caino, nel Corano si pente e riceve
misericordia
- Noè è un rasul, un messaggero di Dio, egli costruisce l’arca e porta con se le spoglie di Abramo, ma
perde la moglie e il quarto figlio perché infedeli puniti da Dio
- Abramo è un hanm, un monoteista intransigente, un uomo giusto che si affida tutto nelle mani di
Dio e quindi riceve l’appellativo di amico di Dio. i suoi figli, Isacco e Ismaele, continuano la sua
azione profetica, Isacco come figlio della promessa, Ismaele insieme alla madre Agar saranno aiutati
dall’angelo alla Mecca a scoprire l’acqua della fonte Zamzam e non morire di sete.
- Mosè è definito la guida ideale e l’interlocutore di Dio, egli è considerato il rappresentante della
dimensione essoterica dell’islam come Aronne di quella esoterica
- Giuseppe sarà l’esempio lampante della misericordia e dell’amore di Dio. Dio non abbandona il suo
profeta ma lo guida con astuzia
- Davide e Salomone sono anch’essi figure di spicco che ricevono scienza e capacità dal Signore

Con il termine Kalam si indica la teologia mussulmana di stampo apologetico che utilizza l’aqida
(professione di fede), la filosofia aristotelica e la logica formale per definire e scendere nel profondo del
credo. Si identificano 3 correnti di pensiero: la prima dei qadaritii, che sostenevano il libero arbitrio
dell’uomo, la seconda dei jabriti che sostenevano il fatalismo e la totale impotenza dell’uomo davanti al
giudizio di Dio e la terza dei murjiiti che, nati in un periodo di conflitto, sostenevano la remissione a Dio di
qualsiasi giudizio e l’incomprensibilità di quest’ultimo.

Le scuole teologiche sono 3:

- I mutaziliti: essi sostengono fortemente il tawhid (unicità di Dio) e l’impossibilità di conoscere Dio
se non con la via remotionis. Per loro Dio è il giusto che agisce per il bene, premia e punisce e il
credente deve ordinare il bene e proibire il male. Il credente peccatore dovrà convertirsi o avrà la
dannazione eterna
- Asciariti: sorti nell’800 sono più moderati. Essi sostengono la predestinazione e l’impossibilità di
definire i caratteri d Dio
- I maturiditi: affermano che Dio crei la radice degli atti, ma che l’uomo, con la sua coscienza li
definisce come positivi o negativi.

La fede è un dono di Dio ed amplifica la conoscenza. La prima applicazione pratica è la giurisprudenza ed il


diritto, nel definire le regole da seguire. Cardine dell’islam è la liberta di professione religiosa. Il corano
vede la fede come imprescindibile dalla libera adesione proprio in virtù della libertà e della dignità con cui
Dio ci ha creati. L’iman infatti è quella fede libera e stabile di chi si fida e si affida profondamente a Dio e
che segue i 5 pilastri della fede: l’unicità di Dio, la preghiera, il digiuno, il pellegrinaggio e la missione di
Maometto; pilastri che non solo vanno professati, ma che vanno vissuti e incarnati nel quotidiano. Una fede
vissuta così apre alla salvezza e alla redenzione che Dio dona ai timorati che rispettano i pilastri e praticano
l’elemosina. Il Corano riconosce le altre confessioni monoteiste soprattutto rifacendosi alla sura 5 che fa
comprendere che se Dio avesse voluto avrebbe potuto unire tutte le confessioni religiose, se non lo fa è
proprio perché lascia libero l’uomo di trovare la verità nella rivelazione o di negarla. D’altronde con la sura
10 dei miscredenti Maometto prende le distanze appunto dai miscredenti senza entrare però in conflitto
con loro ma avvertendo del giudizio di Dio. Il non riconoscimento di Allah può dipendere dalla concessione
di Dio (egli può concedere o no la fede), la possibilità storica di seguire percorsi relativi o dall’incapacità
dell’uomo di cogliere i segni di Dio. Per gli apostati (ridda) la questione è controversa, ci sarebbe la pena
capitale, ma non viene mai o quasi mai rispettata questa regola, se non in rari casi più spesso legati a fattori
politici.
La sunna è una sorta di codice di comportamento degli islamici, il termine in sé vuol dire buon cammino. La
sharia è la legge che regola tutti gli atti umani, essa è una forma giurisprudenziale della sunna, creando un
corpus di leggi teologicamente centrata, essa trova la sua applicazione nel diritto. Entrambe trovano il loro
fondamento, oltre che nel Corano, negli hadith, i racconti riguardo il profeta Maometto, oggetto di studi da
parte di varie scuole di pensiero, essi costituiscono il nucleo della prassi giuridica e man mano hanno
acquisito sempre più valore normativo. Vi furono anche correnti contrarie agli hadith. Tra gli studiosi degli
hadith ricordiamo al-Bukari e al-Hajjaj. Nella scuola non c’è libertà religiosa. Socialmente l’avvento della
poligamia e della legge del taglione vennero viste come un progresso per uscire dalle mentalità beduine:
con la poligamia (fino a 4 mogli) si usciva dall’ottica del concubinaggio e della schiavitù femminile, con la
legge del taglione le famiglie e le tribù iniziarono a sentirsi più protette e sicure.

L’Islam comprende in sé aspetti giuridici e di fede, non slegati tra loro, se fossero slegati si ridurrebbe ad un
seguire delle norme e dei precetti. L’islam si fonda su sei pilastri:

- La professione di fede (sahada): professare la fede significa dire che Dio è uno ed unico, creatore
del mondo e controllore del mondo, manda bene e male, crea le azioni dell’uomo e l’uomo le
acquisisce, nell’ultimo giorno Dio giudicherà l’uomo con giustizia e misericordia. Dio ha mandato
messaggeri (rasul) e profeti (anbiya) di cui Maometto è il sigillo. Il Corano è parola di Dio, increato e
sacro. La fede prevede accoglienza nel cuore, proclamazione e attuazione della parola di Dio. il
credente, seppur nel peccato resta credente
- La preghiera (salat): la preghiera informa rituale è regolata dalla fase medinese in 5 momenti che
sono scandite dall’avanzare del sole durante la giornata, più le preghiere della notte che sono
raccomandate ma non obbligatorie. Lo sguardo deve essere rivolto a terra, orientato verso la
mecca, il vestiario sobrio e vanno effettuate le abluzioni prima di iniziare a pregare. Il venerdì è il
giorno della preghiera comunitaria (per differenziarsi dalle altre religioni e perché a Medina era
giorno di mercato in cui quasi tutti erano lì presenti e quindi era un momento propizio per ritrovarsi
ed ammonire i credenti). La preghiera del venerdì è divisa in due parti, la prima parte di lode e
professione di fede è in arabo, la seconda parte in cui si sviluppa un tema e si prega per i fedeli è in
lingua locale. Nella seconda parte si tiene una sorta di omelia da parte del khatib. Sono
contemplate anche preghiere particolari per momenti di paura, per le eclissi e per il seppellimento
dei defunti (abluzione, avvolgimento in teli, preghiera per il seppellimento, seppellimento con
pietra, costruzione di un muro) che verranno seppelliti con il volto rivolto verso la qibla. Il luogo di
culto è la moschea che ha delle parti fisse che sono il minareto, il mihrab che punta alla qibla, il
minbar e la fontana, nelle moschee più importanti si trova anche la dakka (piattaforma per i
muaddin che richiamano alla preghiera).
- L’elemosina (zakah): serve per la purificazione dei propri beni. Viene calcolata la decima da donare
con benevolenza e gioia. Essa è destinata ai poveri ed ai bisognosi
- Il digiuno: l’unico obbligatorio è il ramadan, ma sono contemplati anche digiuni penitenziali e
spontanei. Il digiuno inizia col sorgere del sole e finisce con l’arrivo dell’alba, dalla sera e durante la
notte è consentito mangiare e spesso si organizzano feste con rappresentazione delle sure. Sono
esenti dal digiuno coloro che per motivi fisici non possono effettuarlo, per loro è previsto il
recupero di questo digiuno o l’elemosina in riparazione. Il digiuno è definito sawn, ossia
l’astensione da cibo ed ogni piacere corporale. È proibito digiunare durante le feste.
- Il pellegrinaggio: è un obbligo almeno una volta nella vita. Esso segue un rituale specifico ed
estremamente articolato che prevede una preparazione di purificazione, una serie di preghiere, la
rasatura del capo.
- Il sesto pilastro è la jihad, non inteso come guerra santa ma come sforzo e tentativo di
miglioramento.

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