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Prima edizione nella collana Gli Archi gennaio 1991
]99] Rollati Boringhieri editore s.p.a., Torino, corso Vittorio Emanuele 86
I diritti di memorizzazionc elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o par-
ziale con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati
Stampato in Italia dalla Novalito di Torino
CL 61-9545-8 ISBN 88-339-0592-6
Titolo originale
Tiichter der Sanne
1944 Rascher Verlag, Ziirich
Traduzione di Francesco Barberi
Copertina di Luisa Conte
Figlie del Sole I Karoly Kernyi. - Torino Bollati Boringhieri, 1991
141 p. ; 22 m. - (Gli Archi)
Rist. anast. dell'ed., Torino Einaudi, 1949
L KERENYI, Karoly
l. MITOLOGIA GRECA
CDD 292.08
(a cura di S. & T. - Torino)
Indice
Prefazione di A. Brelich
II padre e il re
li dio che si rinnova ogni giorno
II Titano
La ricerca della regina
La maga
L'assassina
La met
L'aurea
Finis initium
La cretese figlia del Sole
Nota finale
9
23
41
61
79
97
115
133
139
Prefazione
Il nome di Karl Kernyi gi da tempo familiare, anche in
Italia, agli studiosi della religione classica: instancabile peUe-
grino delle regioni mediterranee, conoscitore d'ogni angolo della
nostra penisola, Kernyi ha sempre tenuto a far arrivare la sUI!
parola agli italiani, fidando forse in quella comprensione istin'
tiva e quasi inconsoia che deriva da recondite rispondenze ed
affinit, pili di quanto potesse fidarsi della raffinata educazione
intellettuale dei paesi di cultura germanica. per questo che
oltre ad alcuni saggi apparsi su periadici strettam'ente stolico
religiosi italiani, oltre a diverse conferenze tenute a Roma,
egli ha fatto pubblicare in Italia e in itaNano La religione antica
nelle sne linee fondamentali (Zanichelli, Bologna, 1940) - sin-
tesi delle nnove ricerche salla particolare forma dello spirito
antico nelle sue due grandi espressioni: la religione greca e
quella romana -, uno dei primi tentativi seri del nostro secolo
di trovare la propria chiave per la comprensione del mondo
antico, di gettare le basi del proprio umanesimo.
Da qualche anno per l'interesse suscitato dallo studioso
ungherese pare stia evadendo dalla cerchia ristretta della gente
di mestiere , filologi, archeologi, storici della religione. tut
t'una classe intellettuale - numericamente forse non mettQ
lO Prefazwne
ristretta di quella degli specializzati, 11U> notevolmente pia com-
pusita e culturalmente in certo qual modo pia importante sw
fJppunto per la sua variet che per la sua posizione d'avanguar-
dia - che oggi comincia a tener conto di quel nome, guidata
<lal vago ma non per questo meno significativo intuito che le
ricerche del Kernyi coinvolgano qualcosa di pia di quanto
d"bbll interessare unicamente i filologi.
lJn forte lavoro sul romanzo greco-orientale, pubblicato in
letesco a Tubinga nel 1927, ha valso a Kernyi la libera docenza
imit't!rsitaria come pure le p11ime critich'e ostili dei 'colleghi.
La sua audacia di prendere sul serio i motivi religiosi nella let-
,erafunl, decadente) dell' ellenismo, ha segnato sin da questo
primo passo la direzione della sua attivit ulte1'iore e, in [X1ri
lempo, la reazione deUa scienza ufJiciale .
Ma solo dopo un periodo di silenzw e di preparazione che
le posizioni di Kernyi prendono una piu robusta consistenza.
In quel periodo ha luogo un avvenimento, importante di per
. nel campu degli studi storico.religiosi e particolarmente
importante per l'evoluzwne spirituale di Kernyi: la pubblica-
zione, nel 1929, del volume Die Gotter Griechenlands di Walter
F. Otto (traduzione italiana: Glidi della Grecia, Firenze, 1941).
L'incontro con l'opera deU'Otto reca a Kernyi la liberazione,
/ .. conferma, la consapevolezza delle proprie tendenze e vedute.
Die Gotter Griechenlands la prima presentazione del mondn
rt>ligioso greco in cui appaiano in pie1W sia l'autonomia di valori
.ia la profonda e intima realt della religione ellenica. Non si
Irattava piii di considerare questa religione come un complesso di
credenze largamente superate dall'umanit moderna, piu
luta l); n di giustificarla con una teoria generale della
JJtentalit prelogica) o mitica : si trattava di ritrovare in
f:ssa la forma greca, la maniera di vedere, vivere ed affrontare
I" realt, maniera propJ1ia al popolo che ha creuto la nostra
Prefazwne
Il
civilt. Al contatto di un simile punto di vista, la religlne greca,
anzich rimanere un curioso fenomeno storico, si rivelata COme
limpida e perfetta espressione di valori spirituali di cui non
possiamo disinteressarci se non a prezzo di disinteressarci della.
nostra stessa esistenza.
L'opera di Otto il punto di partenza delle nuove ricerche
di storia religiosa classica, ispirate a Un maggiore rispetto e a
una seriet pia profonda di fronte all' antichit, di quanto non
distinguesse 'la scuola storico-filologica razionalista e, coscien-
temente o inconsapevolmente, evoluzionista. Contemporanea-
mente alla cosidetta scuola di Francoforte)) (F. Altheim,
C. Koch ecc.), anche Kernyi, in questo suo perwdo, muove
dall'opera di Otto, per illuminare, con i rimwvati criteri 'e con
profonda penetrazlne, sempre nuovi settori della religwsit
antica. Nascono cosi Dionysos und das Tragische in der Antigone
(1935), i saggi del volume Apollon (1937), Orphische Seele
(1936), Pylh.agoras und Orpheus (1937) ecc. Ci che per gi
in questo periodo distingue Kernyi dagli altri rappresentanti
del nuovo indirizzo stonro-religioso, una maggiore ricchezza
di pensi'ero, una originalit che, in fondo, consiste in una
maniera piu essenziale d'impostare i problemi, in un riferimento
pia deciso e radicale alle ultime questioni dell' esistenza umana.
L'accoglienza da parte degli studiosi della scienza ufficwle ))
in questo periodo piu che mai ostile e negativa. Si rimprovera
a Kernyi un' esagerata fantasia, soggettivit, arbitrio e, soprat ..
tutto, troppa filosofia. Quegli studiosi parlano facilmente di
arbitrio e di costruzione, non appena qualcuno osi abbandonare
le loro categorie di pensiero, le quali in sostanza non sono che
l'eredit di costruzioni arbitrarie sorrette da una filosofia
triviale. Essi non si rendono conto del fatto che il loro tanto
vantato bzwn senso, lungi dal coincidere con la 'verit
assoluta, la precipitazione inerte di queUa singolare esalta-
zione razionalistica che era ltn fenomeno storica,mente limitato
12
Prefazione
al tempo dei loro nonni e bisMnni, e cio che essi non SOTW
che depositari di idee arretrate e scheletrificate. La penetrazione
filosofica del materiale storico oggi indispensabile appunto per
rimlWvere le costruzioni morte e per ritrovare il contatto vitale
con la realt. forse fatale, in conseguenza delle dure necessit
della specializzazione, che oggi gli studiosi siano gli ultimi a
portarsi al livello dei tempi. Kernyi non esita a confessare, in
una le';;era a Thmnas Mann, di aver imparato il piu, intorno alla
realt mitica, non dai filologi, bensi dai romanzieri contempo
ranei, come Thomas Mann stesso, i Powys, i Lawrence; e dalle
sue opere il lettore intuisce qlUlnto egli abbia imparato da
pensatori come Scheler, Heidegger, Huizinga, Ortega ecc. La
familiarit di Kernyi con i rappresentanti piii squisiti del
nostro secolo pu aumentare soltanto la diffidenza degli studwsi
chiusi fra le pareti delle categorie antiche; ma tale diffidenza
non che la controprova della sua netta posizwne di avano
glUlTdia.
Non solo per ragioni di intima qualit che Kernyi si
distingue dalla scuola di Francoforte e dai seguaci dell'Otto
in genere: arriva un momento in cui il suo interesse stesso si
sposta in modo fondamentale. La religione antica chiude una
fase dell' attivit di Kernyi: la fase aperta con Apollon, uel
segno de Gli di della Grecia.
Egli non pu fermarsi alla considerazione contemplativa
delle figure divine antiche e alla morfologia delle civilt clas
siche: intuisce che la chiave piI' segreta di quel mondo religioso
riposta nel mito; non in uno o nell' altro mito, nel significato
dei singoli miti, ma nella fun.wne stessa del mito, nella sua
struttura e nella sua genesi. Sulla mitologia scientifica mo';
derna, su questa disgregazione del mito in linguaggio e leggenda
senza contenuto spiritlUlle - scrive a Thomas Mann nel 1938 -
potrei fare una poesia. W. F. Otto, l'unica ecce.wne fra i filo
logi, piuttosto un teologo (nel significato fondamentale del
Prefazwne 13
termine) che non un mitologo, e la prima breccia l' ho battuta
anch'io, dieci anni or sono, verso questa specie di teologia.
Ci per cui io da piu di vent'anni raccoglievo il materiale
scientifico e per cui io gi nella mia gioventu mi occupavo, oltre
che dell' antichit classica, di indologia, civettavo con l'orienta-
listica e osservavo i mondi nordici ed esotici, quella cosa, alla
quale sano giunto adesso: la grande mitologia in genere .
da questo momento che Kernyi persegue una ricerca
essenzialmente nuova, finora mai tentata: egli il primo ad
affrontare con altrettanto di esattezza scientifica, quanto di seno
sibilit intuitiva e di duttilit di pensiero, quel fenomeno - il
mito - che da qualche tempo, sotto l'una o l'altra forma e per
ragioni, si pu dire, misteriose, riafJora con singolare insistenza
nella coscienza occidentale. Egli capisce la natura sui generis
del mito: in un autentico mitologema - dice nell'Einfiihrung
in da. Wesen der Mythologie (1941) , - il senso non qualcosa
che possa esser espresso altrettanto bene e completamente in
modo non-mitologico. Mitologia non una mera maniera di
espressione al cui posto potrebbe esser scelta anche un' altra
maniera, piii semplice e pia comprensibile ... Con ci tra-
montato il tempo delle povere interpretazioni mitologiche,
delle traduzioni traditrici - nel linguaggio degli studiosi da
- delle grandi immagini mitologiche. Da ci deriva
come atteggiamento giusto di fronte alla mitologia: lasciar par
lare i mitologemi per se stessi e semplicemente ascoltarli)l. Ma
il lavoro scientifico non viene in questo modo eliminato? Al con
trario: appena avviato. l miti, per natura loro, si presentano
sempre come tante variazioni su un tema ), ogni singola for-
mulazione di un mito gi una va",iazione, come ogni singola
esecuzione di un pezzo di mU$ica gi un'interpretazione unica
l Edizione italiana: Prolegomeni allo studio scientifico della mitologia,
Einaudi, 19'48.
14 Prefaziolle
e irripetibile; ora, tutte quest'e variazioni ci sono pervenute, per
giunta, in una forma estremamente frammentaria. Cercare a t t r a ~
verso i frammenti vari delle pi6 differenti variazioni il tema
stesso - attraverso le singole formulazioni mitologiche il ( mito-
logema e il suo ultimo e intraducibile senso - questo il
compito della nuova scienza che quindi, lungi dal concentrare
la sua attenzione su contingenze della piccola storia e dal voler
spiegare tutto con un povero meccanismo di influssi, delle
gettar luce su un' attivit primordiale dello spirito umano, sca-
turita e determinata dall' essenza stessa dell' uomo e della sua
posizione nel mondo.
Il contributo di C. Jung ai grandi mitologemi del Fanciullo
divino e della Fanciulla divina dimostra l'interesse che la psico-
logia contemporanea pu prendere a questo, genere di ricerche
(C. Jung-K. Kernyi: Einfiihrung ecc., 1941); ma la psicologia
del mito non afferra che un singolo aspetto della scienza mito-
logica perch la mitologia impegna qualcosa di pi6 in noi che
non la nostra psiche: impegna la nostra esistenza s t ~ s s a la
nostra umanit.
Dopo il preludio del Die Gebnrt der Helena (1939), l'Ein-
fiihrnng apre quindi la nUOVa fase dell' attivit scientifica del
Kernyi, che coincide con la guerra e il vowntario esilio in
Svizzera dell'autore. Hermes der Seelenfiihrer (1944) - una
monografia divilUl., ma non piu nella maniera statica e circo-
scritta dell'Otto -, Tochter der Sonne (1944) e Prometheus,
il mitologema greco dell'esistenza umana (1946) sono i frutti
di quella solitudine che spesso offre in cambio, per i perduti
contatti molteplici e superficiali con i singoli uomini, un con-
tatto profondo con l'umanit.
Figlie del Sole dunque un'opera della piena maturit del-
l'autore. Ci si rivela anche nella sua forma; non sow nella
solida e densa bellezza dello stile che cosi difficile rendere in
una lingua analitica come la nostra, ma anche nella presenta-
Prefazione 1.;
zione priva di quella massa di note che formano l'orgoglio delle
dissertazioni tedesche. Ma la mancanza delle note non significa
abbandono del solido terreno del materiale. I numerosi miti,
culti, raflgurazioni, espressioni poetiche citati non hanno una
importanza in s: essi sono altrettanti frammenti che ricevono
vita e luce pulsante unicamente dal senso integrale del mitolo-
gema solare. L'aderenza al materiale per Kernyi non piI'
l'attaccamento inutile ai dati atomizzati e senza significato auto-
nomo, ma la fedelt al senso che solo ravviva i particolari. L'eli-
minazione delle minuzie filologiche - di cui l'autore si dimo
stra padrone, ma alle quali d soltanto un valore strumentale -
non vuoI dire n arbitrio, n astrazione. Kernyi non intende
propriamente darci una filosofia del mito: egli si rende solo
interprete religiosamente attento e fedele di un fatto umano di
portata universale: il mito. In Figlie del Sole Kernyi non fa
altro che raccontare miti greci. Di fronte a questi miti ,wi
moderni, malgrado le nostre particolari forme psichiche e le
sovrastruttuTe della nostra coscienza, non possiamo non avvel.
tire nel nostro intimo una rispondenza profonda: questa rispon-
denza garanzia dell'autenticit del mito solo ora risuscitato.
ed garanzia della nostra umanit.
ANGELO BRELICH
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i ~ l
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i,
Dedicato al Poeta in Montagnola
e
al Filosofo in Brissago
L'Iperione di Hiilderlin contiene singolari pensieri segreti
del poeta intorno al Sole, un mistero nel senso in cui egli
usa tale parola.
Sii come questo! esclama A labanda e accenna al dio
Sole, che nella sua eterna giovinezza risorge sempre gioioso e
fresco. I figli della Terra vivono unicamente per virtU sua. Vi
sono per anche figli del Sole, anime piu libere , che egli'
educa. Un fratello di nome del Sole, del magnifico lperioae
del cielo , l'eroe del romanzo. Il Sole in lui. Quando ama,
l' lWmo generalmente un Sole, tutto gli si sco pre, tutto gli si
rischiara. Sotto l'influsso di Diotima si fa piu equilibrio nel.
l'anima d'/penone, e all'improvviso egli sente le proprie forze
disperse e vaganti ( raccogliersi tutte in un aureo centro. Egli
ha cercato la verit. Ma vero per Hiilderlin il Sole. Come
spirito 'e aria, cosi verit e luce solare sono essenzialmente
uguali. La verit, che tutto ed eterno tutto , la si ritrova
ad un tempo fuori dell'uomo, nel Sole, e dentro di lui, nel sUO
essere solare, come in un unico seme aureo , da cui germoglia
in eterno l'alIJero della vita.
Questi pensieri di un gramle poeta, che ho cercato di riassu-
mere in una nuova edizione dell'Iperione apparsa nel 1941,
"""HlII I/"i l'''''mlere il posto di prefazione: quasi parole di
NHII I"''''''J(II ,,,uwscenza del nucleo di un mitologema da lungo
I_mIH' "''''/lparso, che /Ielle pagine seguenti vuoi essere soltanto
,1I"o/H,IIO.
I
.
. '
Il padre e il re
p
Ove .sei tu? ebbra l'anima mi trasogna
d'ogni tua volutt; poich ascolto
come d'aurei suoni traboccante
l'incantevole giovinetto Eolare
il suo canto serotin'O su lira celeste suona;
eeheggiano intorno le selve e i poggi.
Ma lungi egli, .a popoli pii
che ancora l'onorano, fuggito.
HOLDERLIN

'I
i:
\;i
,
Il dio che si rinnova ogni giorno
Affinch il padre lo guardi! Non il mio, ma quello che
vede tutto ci: Helios! Con queste parole nel secondo dramma
dell'Orestiade di Eschilo il figlio dell'assassinato Agamennone,
reduce in patria, fa mostrare il manto insanguinato di suo padre.
Si dedusse da ci che la concezione di un dio Sole paterno deve
essere stata un tempo assai radicata in Grecia. Qui noi cogliamo
per l'appunto questo meno conosciuto aspetto paterno di Helios.
RivoIgendovi l'attenzione, ci dato accostarci alla comprensione
di quanto in Grecia sopravanza di una mitologia solare, che in
epoca preellenica dov essere probabilmente piti imponente.
Al paragone dell'esuberante ricchezza della mitologia solare
egizia e delle altre antichissime, l'ElIade sembra presentarci
solo qualcosa di frammentario. Anzitutto quell'altro aspetto pin
noto di Helios: il raggiante volto del dio dei ginramenti, che
tutto vede ed ascolta ed per tutti il testimone pin fido ...
Ascolta anche: non meno dello stesso Zeus egli possiede una
forma perfetta, degna di un dio greco. Il Sole non soltanto
un disco simile a un occhio. Tuttavia in questo suo piu evidente
aspetto egli ha una particolarissima relazione con gli occhi degli
uomini. Raggio di sole, tu multiveggente madre degli occhi,
invoca Pindaro. Infatti raggio in greco femminile, come
24 Il padre e il re
in tedesco il sole stesso. Gli occhi attingono il senso e la sostanza
del loro essere dalla luce solare. Il dio Sole il procreatore
padre degli acuti - cosi di nuovo lo chiama Pindaro -
per virt" del qi:ulle possibile sulla terra la vista. Egli, l'occhio
del mondo, che tutto vede, pu dire di s: Omnia qui video,
per quem videt omnia tellus, mundi oculus , - cosi Ovidio
ricapitola questa concezione ellenica.
Anche Oreste invoca Helios come testimone. Egli si rfchiam,a
al carattere oculare del Sole e lascia insieme apparire questo
carattere radicato nella sua paternit. TI procreatore gli
mone '. Il momento etico della qualit di testimone del dio Sole
ha nella sua procreativit una naturale radice. I due aspetti,
ai quali semhra principalmente limitarsi la mitologia solare
greca, Don si escludono a vicenda. Soltanto assieme essi formano
lutto un mondo intorno agli uomini. Un corpo celeste che irra- --
diasse luce e calore per conto suo non sarebbe ,ancora un mondo.
La duplice relazione del Sole con gli uomini, essa sola costi-
tuisce quel mondo in pari tempo delimitato dal Sole e per
mezzo di questa delimitazione anche definito, che il mondo
greco, un mondo soprattutto solare, bench non il Sole ma
l'uomo. sti.a al suo centro.
La prima delle due relazioni rappresentata dalla stessa
vista, la quale essenziale tanto per questo mondo, che si mani-
festa nella vista, quanto anche per gli uomini, che senza la
vista sarehbero imperfetti.
Se l'occhio non fosse di natura s'olare,
non potrebbe guardare il sole.
cosi Goethe espresse questa relazion,e, l'intima partecipazione
dell'uomo al Sole per mezzo dell' occhio. Egli parla anche di
quell'altra relazione, che sta a significare una partecipazione
1 Zeuge, testimone; zeugen,. generare (N. d. T.).


1,
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\1 1
Il dio che si rinnova
2.;
ancor piu profonda: la p.aternit del Sole. Nel suo ultimo col.
loquio, pochi giorni prima di morire, disse a Eckermann: Se
mi si domanda se appartenga alla mia indole di ad.are il Sole,
rispondo: senz',altro! Poich esso una rivelazione dell' Altis-
simo, e invero la piu potente che ci sia dato percepire, a noi
figli della Terra. lo adoro in lui la luce e la forza procreante
di Dio, in virtu della quale soltanto noi viviamo, ci muoviamo
e siamo, e con noi tutte le piante e gli anim.ali. Si tratta qui
della medesima partecipazione, che nelle parole di Oreste, in
Eschilo, viene ,ancor piu alla luce quando la paternit di Aga.
mennone riceve quasi un archetipo nella paternit di Helios.
L'essere dell'uomo e l'essere del Sole sono qui fusi in un unico
( contesto per mezzo della vista e della procreativit. In
questo contesto il Sole anzitutto un essere mitologico.
Lo si sciolga da questo ( contesto tr:aducendolo in pensiero:
rimarr un corpo celeste irradiante per conto suo luce e calore,
non sar piu il dio Helios. E neppure vi sar piu intoruD
all'uomo un mondo divino.solare.
A questa situazione siamo giunti per gradi. Da un.a periferia
che circoscrivev.a e definiv,a un mondo, dove in .alto era la
originaria luce degli occhi per tutti gli occhi e in basso, in una
sfera invisibile, il primo padre gener:ante, il Sole venne tratto
al centro. Questo si dovette a Platone. Fu lui che in sostanza lo
trasferi li, come immagine del sommo Bene, della sorgente
trascendente dell'essere. Quindi Helios gi nel terzo secolo
avo Cr., in seguito ana scoperta di Aristarco di Samo, l'antico
precursore di Copernico, risplendette anche come centro del
mondo degli astronomi. Anche allora, tuttavia, il Sole era ancora
piuttosto una divinit che non il mero dato fondamentale
di un'immagine eliocentrica del cielo. La scoperta di Aristarco
non penetr a fondo nel mondo ,antico, essa si muoveva troppo
sul piano della pura teoria. Il dio Sole mantenne la propria
posizione al centro di un vero vivente ( contesto cosmico.
26 II padre e il re
finch dov ritrarsi davanti a un altro dio: al Dio trascendente
rispetto al mondo, al Dio assoluto del cristianesimo.
nn singolare fenomeno nella storia della religione che poi
anche il Dio dei Cristiani si associasse elementi di culto della
mitologia solare, per potere occupare lo steSso centro. Soltanto
cosi il Sole venne rimosso dalla posizione spettantegli, e divent
nn quantum religioso difficile a manipolarsi. Poeti, teologi e
santi cristiani cercarono accortamente, con senso fraterno, di
ammansirlo e assegn.argli un posto. Demonizz.alo fu solo ecce-
zionalmente, al margine del cristianesimo, dove ci si sentiva
ancora esposti alla sua potenza. Al eentro torn di nuovo in
epoca moderna, totalmente spogliato della sua divinit - non
piu in un contesto l), ma in un sistema da cui il divino si
era ritirato. Questo nuovo ordinamento eliocentrico, che si
dimostr alla fin fine soltanto uno tra innumerevoli simili, ba
in s per noi moderni cosi poco di divino, che pot essere rico-
nosciuto perfino dalla Chiesa,appnnto come creazione del Dio
trascendente.
Nessuno descrive con tanta efficacia la nostra situazione ~ la
simazione di noi uomini ~ rispetto ,al Sole, come il poeta
inglese D. H. Lawrence. Dobhiamo qui venire in chiaro di tale
situazione, prima ancora che tentiamo di cogliere i tratti
paterni di Helios. mera presunzione, ei dice Lawrence,
poco prima della sua morte, nel commentario all'Apocalisse,
credere che noi vediamo il Sole cosi come lo vedevano le
antiche civilt. Tutto ci che vediamo al posto del Sole
nn piccolo corpo di luce fisica, un globo di gas ardente. ~ e i
secoli prima di Ezechiele e di Giovanni, il Sole era una snhlime
realt, si attingev,a da lui energia e luce e gli si restituivano
in compenso venerazione, offerte e azioni di grazie. Ma in noi
ogni legame spezzato, i centri corrispondenti sono morti.
TI nostro Sole qualcosa di completamente diverso dal Sole
{'osmico degli antichi, qualcosa di molto piu ordinario. Noi
Il dio che si rinnova
27
possiamo ancor oggi vedere quello che chiamiamo Sole, ma
Helios lo ahbiamo perduto per sempre, e ancor pili il grande
disco dei Caldei. Abbiamo perduto il cosmo allorch siamo
usciti dalla corrispondente comunione con esso: questa la
nostra piu grande tragedia. Che cos' il nostro meschino amore
per la natur,a - la natura a cui ei si rivolge come a una per-
sona! - al paragone di quel sublime viverecol.Cosmo ed eSsere
onorati.dalCosmo! ...
... Chi dice che il Sole non pu parlanni? Il Sole ha nna
grande ardente coscienza, e io ho una piccola ardente coscienza.
Se riesco a liberarmi dal laccio dei sentimenti e delle idee per
sonali e scendo giu giu fino al nudo essere solare che in me,
aUora il Sole ed io possiamo unirei ora per or.a, da una parte
e dall'altra pu scamhiarsi l'ardore; e mentre il Sole d a me
v j t ~ una vita solare, io mando a lui un piccolo esiguo fuoco
dal mondo del focoso sangue. Il gran Sole somiglia a un drago
cattivo che odia la personale, nervosa coscienza che in noI.
Ci dehbono meditare tntti questi moderni amici del bagno
solare, poich essi v,anno in rovina a causa del Sole medesimo
che li abbronza. Tuttavia il Sole, simile ,a un leone, ama l'igneo,
rosso sangue della vita e pu dare a esso un infinito arricchi ..
mento, purch sappiamo come riceverlo! Ma noi non sappiamo:
noi abbiamo perduto il Sole. Egli lascia cadere su nOI l suoi
raggi e ei distrugge: lui, drago dell'annientamento invece che
datore di vita l).
Oltrech descriverei la situazione odierna, queste parole
contengono ,anche una teoria, la qu,ale merita attenzione perch
scaturisce dalla spontaneit di un gr.ande poeta. Noi uomini
saremmo resi intimamente partecipi al Sole non solo per mezzo
degli occhi, che sono di natura solare, e della paternit solare,
ma anche in virtu della nostra propria solare intimit, della
nostra (( piccola ardente coscienza (little blazing consciousness) l),
perch anche il Sole ne ha una grande: a great blazing COI!'
28
Il padre e il re
sciousness l). Con la parola consciousness viene qui
mente intesa quella propriet del corpo, per cui esso non gi
percepibile all'esterno dagli altri, m,a all'interno esiste per s
ed ha coscienza di s, anche se non ne dia un segno particolare
neppure a se stesso. Esso arde per conto proprio e questo
suo ardere di nalur:a solare, mentre la personale, nervosa
coscienza (the nervous and personal consciousness) in noi l),
]a consta soltanto di ( sentimenti e idee personali l),
rimane qualcosa di .accessorio e non ha in s nulla di solare.
Per parlare con maggiore evidenza di questa relazione che
unisce gli uomini al Sole come a un essere dotato di grande
ardente coscienza, il poeta ricorre all'antico simbolo orientale
del drago, una v.ariante del simbolo del serpente. Egli paragona
il Sole rimosso dal suo posto ,a un drago cattivo l), a Wl drago
dell',annientam,ento, anzich datore di vita l). Egli fa ci piena-
mente consapevole del fatto che nella stessa simbolistica la
piccola ardente coscienza assume la medesima forma e mo-
stra ora un buono or.a un cattivo volto di dr,ago ...
L'evocazione del dr.ago come simbolo solare, il quale nel
significato che gli d Lawrence insieme il simbolo dell' aurea
fluente vita nel corpo , ci conduce non lontano dalla mitologia
solare greca. ( Serpente nato dal fuoco) vien detto una volta
Helios da Euripide, con una parola che pone in risalto lo
sguardo del serpente, ed anche foneticamente sta alla base della
p.arola drago in tutte le lingue occidentali. La nipote di
HeIios, Medea, ricevette dal suo avo un vero e proprio cocchio
di draghi: tirato da serpenti alati. Come poco greco appare
questo cocchio, subito a prima vista! Sembra scelto a causa
della provenienza orientale di Medea, la quale infatti di casa
nella orientale terra del Sole. Basta questa semplice ipotesi a
sottolineare la relazione con Helios. Il divino fanciullo di
Eleu5i, Trittolemo, aveva ,anche lui un meraviglioso cocchio di
Il dio che si rinnova 29
serpenti, noto a noi per mezzo della pittur.a vascolare del pin
puro stile ,attico. Trittolemo vola con esso su tutte le terre, per
recare agli uomini henedizioni e felicit col dono di Demetra.
Sta il suo cocchio a indicare che a lui come a tutti i rampoIli
divini proprio lo splendore del Sole nascente, e pertanto solo
i serpenti sono in rapporto con la sfer,a ctonia di Demetra?
Oppure il cocchio solare gi di per s indica sempre una rela-
zione ctonia, anche quando non sia tirato da serpenti o da
draghi?
I serpenti rimandano sicur.amente alla sfera ctonia - al
lato tenebroso dell'Essere, seppure non all'assoluto Non-essere.
Ma ci anche dei cavalli. Per Greci e Romani essi sono egual-
mente ,animali ctonii - a Roma il cavallo sacro a Marte, in
Grecia a Posidone, signore degli abissi. Sacrifici di cavalli Mnno
valore di sacrifici ctonii. Un tale sacrificio riceve Helios sul
Taigeto. Non dappertutto lo si onorava con eguale solennit.
Il Greco faceva ci come figlio e cittadino del mondo solare,
rivolgendoglisi di solito col pin semplice segno d'amore: col
gesto della mano che lancia baci. A Rodi tuttavia, dove Helios
avev,a Wl solenn,e culto statale, si affogava in mare come sacri-
ficio, in suo onore, un tiro di quattro cavalli. Non potrehh'es-
sere posta in piu chiara luce la relazione' del cocchio solare
tirato da cav,alIi, cosi spesso rappresentato. Si tratta di una rela-
zione con gli Inferi. In una civilt anteriore, nella quale il
cav,allo non r,appresentava ancora una parte caratteristica, nel-
l'antica civilt mediterranea, il toro ,aveva una particolare rela-
zione col Sole. E continu ad averla ancora dopo, se nell'Odis.
sea si parla di buoi di Helios, se ,armenti sacri vengono allevati
in onore del dio Sole sul Tenaro, un famoso luogo di accesso
all'Ade, presso Gortina in Creta e presso Apollonia in Illiria.
Ma tali armenti li possiede normalmente il re degli Inferi, Ade.
Fino a qual punto tutti questi elementi della mitologia
30 Il padre e il re
solare greca avessero un loro valore espressivo gla In et pre-
ellenica e da allora se lo portassero, per cosi dire, con s, non
facile stabilire. L'unione di Sole e cocchio compare sicura-
mente non per La prima volta in Grecia. Essa si ritrova in un
ambito piu vasto ed forse connessa in generale con l'origine
del carro. Rivolgiamo solo per un momento il pensiero a tale
invenzione. La grande scoperta alla quale l'invenzione del carro
segui come spontaneamente, fu la ruota. Quanta genialit tecnica
ci volle perch si giungesse a questa macchina, grandiosa uella
sua semplicit! Seppure non abbia ragione Leo Frobenius di
ritenere che la sensibilit religiosa precede, nella storia di tutte
le civilt, lo spirito tecnico-pratico. poich in questo caso il disco,
che compie ogni giorno il suo cammino in cielo, avrebhe fornito
lo spunto a un'imitazione cultuale e quindi anche pratica. La
funzione dei dischi e delle ruote come simboli solari presso dif-
ferenti popolazioni preistoriche, anche italiche, rafforza questa
ipotesi. Fra i monumenti dell'antica civilt nordeuropea si cono-
sce il carro solare di carattere cultuale. Il carro porta il disco
solare come suo proprio e chiaro significato.
In Grecia il nesso tra Sole e carro semplice. Nel caso che
quest 'ultimo possieda generalmente ancora un valore simbolico,
esso appartiene, conformemente ,al significato, ad Helios vian
w
dante del cielo, il quale altrimenti costretto o ad andare a piedi
- come nell'Iliade e nel!'Odissea - ovvero a servirsi di altri
veicoli. Sarebbe stato concepibile anche un cocchio alato, simile -' '
,a quello di Trittolemo, ma senza animali ctonii. Bench dunque
il cocchio in s sia piuttosto solare l), anche Ade ne possiede-.
uno. Si attribuiscono a lui cavalli neri, all'opposto di quelli
bianchi di Helios: in tal modo risalta meglio il perfetto paralle-
lismo. qui evidente ci che il nome Ade soltanto oscuramente
pu esprimere. Hades suona nella lingua omerica ancora
A-ides , e significa colui che invisibile e rende invisibile,
Il dio che si rinnova 3l
appunto corrispondendo all'opposta caratterIstICa essenziale di
Helios: di colui, cio, che visibile e rende visibile. Giacch
presso Ade e nella sua dimora , il mondo sotterraneo dei
Greci, non si tratta ad esempio di un'invisibilit spirituale,
che potrebh' essere anche un elemento positivo, quasi nel sensO
di invisibilia non deei piunt , hensi della mancanza di quella
vista e visibilit, che il Sole dispensa. Ci che Helios dona, qui
tolto. Ma se noi domandiamo: chi pu secondo la propria
essenza togliere vista e visibilit, se non quegli stesso che le lar ..
gisce? e se riflettiamo: non viene forse rivissuta l'invisibilit di
Helios ogni notte, e con ]a morte non la si sperimenta in modo
definitivo? La risposta facile: colui che invisibile e rende
invisibile prohabilmente sempre Helios.
Ci a cui ci conducono intanto domande e ri1les.sioni quel
rivivere, che alla fine trapassa in uno sperimentare la morte,
lUl 'unit che lion stata ancora disso1ta d,a alcuna dom,anda e
riflessione: l'unit appunto di colui che dispensa vista e vita, e
di colui che le sottrae. Quest'unit viene presupposta anche dal
genere di espressione di quel verso al principio dell'Odissea,
dove si dice che i compagni di Ulisse hanno divorato i buoi
di Helios, e questi pertanto tolse loro il giorno del ritorno .
Che specie di giorno ha tolto qui Helios? Non gi un vuoto
giorno astronomico, in cui pu accadere ogni cosa, ma un dC('i ..
sivo giorno di vita dei compagni di Ulisse, un giorno carico del
loro destino. Non direttamente decide Helios del loro destino.
Egli non una divinit che influenza il destino degli uomini,
come nell'astrologia. Egli lascia sorgere il giorno di vita di cia-
scun uomo, con quel destino di cui sia carico. Ma pu anche
sottrarre i giorni di vita, e insieme la vista, la visibilit e la vita.
Da questo punto di vista non sembra tanto superficiale e
conforme soltanto all'apparenza sensibile la concezione secondo
cUi la porta del Sole viene considerata ingresso all' Ade,
'f
:12
II padre e il re
nell'ultimo canto dell'Odissea, Helios viene venerato presso
l'ingresso dell'Ade sul Tenaro, e infine il suo altare pu stare
persino in un recinto sepolcrale. Secondo la concezione egizia,
che vede l'apparenza piuttosto come qualcosa di m,aterialmente
oggettivo e COSI la inserisce nella mitologia, il dio Sole scende
nel regno dei morti e intraprende con la sua imbarcazione un
viaggio sotterraneo da occidente a oriente, dove di nuovo riap-
pare. alla superficie. Una tale concezione affiora in lardi testi
greci, ma rimane anche li egizia. Ascoltami, o Beato ), detto
in un'invocazione al Sole del grande papiro magico di Parigi,
io t'invoco, guida del cielo e della terra e del Caos e degli
Inferi, dove ,abitano le ombre degli uomini, che prima di noi
videro la luce: Ti prego or,a dunque, o Beato, immortale signore
del mondo, quando tu scendi nelle oscure profondit della terra,
nella dimora dei trapass.ati, mandami quel!' ombra)) ...
Nell'Odissea una tale concezione viene espressamente ripu-
diata come intollerabile. detto in quei versi, la cui vigorosa
espressione risale ,all'immediata intuizione dello stretto leg,ame
tra Sole e giorno - una concezione che pu venire espressa
anche usando la medesima parola per Sole e giorno, come nel-
l'ungherese nap -: Helios tolse il giorno del ritorno ai com.
pagni di Vlisse, Nel dodicesimo canto questa vicenda viene nar-
rata nella lingua della mitologia olimpica dominata da Zeu,.
Helios apprende da sua figlia Lampetie che i compagui di
Ulisse hanno ucciso i suoi buoi e dice:
Zeus padre, e voialtri beati di sempiterni,
punite i compagni d'Ulisse figliol di Laerte,
che i buoi m'ucciser-o, infami! dei quali io
prendevo diletto salend-o nel cielo stellato,
e quando di nuovo- gin in terra scendevo dal cielo.
Ch se per i buoi a me non daranno un degn-o compenso
.scender giu nell'Ade, e splender in mezzo ai defunti.
Il dio che si rinnova 33
Ci sarebbe intollerabile: Helios nel regno dei morti! Zeus
risponde:
Heli-o,s, risplendi pure in mezzo agli di immortali,
e agli uomini mortali sulla terra feconda:
io prest-o la nave veloce con folgore ardoo.te
colpendo in pezzi far in mezzo al mar scintillante.
Anche questo svolgimento ris.ale infine alla medesima conce
zione fondamentale, espressa nella frase sottrarre il di del
ritorno: Heuos risplende agli Immortali e agli uomini viventi,
non ai morti; ma per i suoi buoi divorati egli si prende in
compenso delle estinte vite umane. In questo prendere egli
come Ade. E il significato di questo particolare genere di
riparazione (che razza di ( compenso sono delle vite ui:nane
in cambio di buoi?) rivelato dal fatto che a Helios apparten-
gono precisamente tanti buoi quanti giorni ha un anno. Si tratta
di giorni, che per i mortali sono vita ...
In quanto prende giorni di vita, Helios Ade. Ma poi pro
prio nel sottrarIi e nel m,antenerli sottratti, egli non c' pili.
Li infatti c' Ade, non Helios. Il pitagorismo elude questa
contraddizione per mezzo di un mondo diversamente formato.
In esso il Sole gira gi intorno .alla terra sferica, solida, e mentre
qui sopra notte, come dice Pindaro, pu risplendere l sotto.
Nell',tnhito della precedente, immediata concezione rimane
clito quando dice che il Sole nuovo ogni giorno . Ma poi la
sua particolare spiegazione ( scientifica su come il Sole si
formi ogni mattino alI' orizzonte dal fiammeggiare di ignei
v,apori, trascura quella originaria concezione, e rimane per noi
aperto il problema, al quale la mitologia aveva risposto prima
ancora che venisse posto dai filosofi: di dove Helios risplende,
se non dai vapori ignei che si addensano al mattino?
Intanto anche Eraclito conosce un'altra opinione, che egli
deriva dalla mitologia solare greca e concilia con la propr5a
"-'v,
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.! ,;',,' '"
, '
"
,.
34
1l padre e il re
teoria. I vapori si raccolgono secondo Ini neIl' orhita del Sole D,
che va concepito come un vaso rotondo, una specie di seafa .
La sua evidenza questa mitologica imbarcazione di HeIios la
deriva dall' apparenza del Sole: non un verO e proprio hattello,
ma un calice o una coppa, come lo chiamano i poeti. Ma , cosi
possente che altre fonti parlano pili esattamente di un caIdaio.
In tal modo viene anche raffigurato in nna famosa pittura vasco-
lare, che mostra Eracle nella tazza del Sole D. Come Eracle
venisse a trovarsi in tale situazione lo narravano testi epici, che
per noi sono andati perduti. Egli percorreva nel favoloso vascello
di Helios il cammina verso l'isola di Oceano, dove Gerioneo
custodisce i suoi buoi - sicuramente i buoi del Sole.
Helios medesimo viaggiante in barca fu un tema volentieri
cantato dalla poesia arcaica fino alla pili antica tragedia. Lo
s'incontra per la prima volta in un'elegia di Mimnermo:
Poich .sulle onde lo porta l'amabile letto,
concavo, dalle mani di Efesto contesto,
d'oro prezioso, alato. Sulla sommit delle acque
lo porta in fretta, dormente, dalla regione delle Esperidi
alla terra degli Etiopi, dove il veloce eocchio e i cavalli
aspettano, finch giunga Eos, figlia del mattino.
Allora sale il suo carro il figliol d'Iperione.
TI cocchio pertanto il veicolo celeste, ed Helios lo sale
sotto il segno di Eos, dea del mattino. TI caIdaio, al contrario,
appartiene a quell'elemento che qui, agli estremi confini della
terra, non pili il mare, ma Oceano. Nell' aurea tazza)} ci
viaggia Helios verso il .cuore della sacra tenebrosa notte, versO
la madre, la sposa legittima e gli amati figlioli D. Cosi leggiamo
in Stesicoro, mentre in Eschilo detto in modo alquanto
diverso: Fuggendo l'oscurit della sacra notte coi suoi sacri
cavalli D. In cielo sale, stando snl cocchio, anche la dea Notte.
Helios fngge la sua tenehra e scompare nella sua profondit.
Il dio che si Tmwva 35
Un poeta si accosta alla medesima sitnazione da nna direzione,
un altro da una diversa. Qual' questa sitnazione?
II Sole in un recipiente rotondo, natante; noi ritroviamo
nel cnlto qualcosa d'identico, o quanto meno di assai simile.
C' un po' d'acqua conflnita in una cavit, e che la gente dice
sacra al Sole. Vengono mostrati Ii vicino anche due altari,
rivolti uno a occidente, l'altro ,a oriente D, cosi Dionigi di Ali-
carnasso ci rappresenta un luogo sacro al dio Sole nelle vici-
nanze di Roma, presso l'antica Lanrento. TI dio Sole qui chia-
mato Sol Indiges, con un nome esattamente rispondente al
padre HeIios D.Ma fn un errore credere che si trattasse di
un particolare culto solare itaIico. Come in tante concezioni
apparentemente originali della religione romana o paleoitalica,
anche qui si ritrova il grandioso prototipo greco. il rotondo
stagno cnltnale nell'isola di DeIo. A foqna di rnota , e quando
Apollo nacque nelle sne vicinanze, splendette d'oro tutto il
giorno , ci dice Callimaco nel suo inno a DeIo. Anche se Apollo
non fosse il pili solare di tutti i solari rampolli divini, e l'aurea
luce intorno alla nascita di Apollo non attestasse il Iato solare
dell'avvenimento, il rapporto dello staguo sacro col Sole sarehbe
pur sempre certo. Tutta una serie di arcaici leoni di pietra
stanno li accanto a lui: possenti statue dell'animale sacro al
Sole. Giacch il leone era tale non solo nella simbolistica del-
l'antico Oriente, ma anche nelle monete greche di Rodi, Cnido,
Samo e Cipro.
L'intera situazione che ahMamo potuto fissare - il Sole in
un tondo recipiente natante - viene per in luce innanzitutto
nel mitologetna della natante isola di Delo. Non una terra
ferma, e neppure nn'isola ferma dov costituire la scena della
nascita di Apollo, ma un minuscolo isolotto galleggiante. E a
quest'isoIotto appartiene lo stagno rotondo. Se crediamo alla
testimonianza dei due altari presso lo staguo solare di Lau-
rento, in essi venivano simboleggiati il tramonto e l'aurora,
36 Il padre e il re
apparentemente contrastanti. Secondo l'una, Helios abbando."a
nn meraviglioso stagno. la stessa parola che impiegano
anche Teognide e Callimaco per lo stagno solare di Delo.
Secondo l'altra locuzione e intuizione, Helios sorge da Oceano
dalle profonde correnti .
L'intuizione mitologica concilia appunto questa contraddio
zione. Un piccolo circoscritto specchio d'acqua sospeso, come
in una coppa o in una caldaia, sulle primordiali acque scorrenti
senza fine. Considerati in base a questo quadro, lo stagno cul-
tuale e il vaso cultuale rendono presente quello che altrimenti
era irraggiungibiIe: Oceano. (Nessun genere di recipiente ha
rappresentato nel phi .antico culto greco una parte cosi grande
e misteriosa colne il caldaio di bronzo). Uno stagno, in cui si
rispeechiano il tr,amonto e r aurora, ovvero un caldaio, anche
esso piccolo, rotondo e circoscritto, racchiudono il medesimo
evento, ,al pari dell'infinito Occano: il fuggire, l'inabissarsi e il
rinascere di Helios. Sembra quasi che si neghi il significato
della grandezza spaziale, dell'estensione, e anzi il significato in
genere del concetto di dentro e di fuori. Non troviamo qui forse
intorno allo stagno e in esso, dentro e mori, il medesimo ele-
mento, l',acqu.a? Analogamente avviene in quella situazione in
cui Helios fugge la notte e insieme ricerca la notte, dove egli
padre presso la sposa e i figli, figlio presso la madre. Stagno
solare e caldaio solare racchiudono il mistero di questa notte
- il mistero del rapporto di Helios con Oceano.
Un r:acconto, che in Grecia rappresenta, per cosi dire, un
masso erratico di una piu antica mitologia solare, ci permette
di parlare in senso assoluto di un mistero del caldaio, del
significato misterioso di questo arcaico arnese di culto. il
grande mitologema dell'eroe solare Giasone con la nipote di
Helios, Medea. In siffatti antichissimi mitologemi, il tema fon-
dalnentale appare risolto in diversi aspetti, allo stesso modo che
un tema melodico varia e si sviluppa nel drammatico giuoco.
Il dio ch'e si rinnova
37
A Delo, secondo la mitologia classica, doveva certo trattarsi
soltanto di una nascita solare , una nascita lavorata, per cosi
dire, col materiale mitico dell'aurora. Ma quando viene descritto
il nascere del Sole, la poesia omerica si serve di due espressioni
ddJ.e proprie variazioni. Giasone rappresenta qui l'aspetto eroico,
o piu esattamente viene rappresentato come una variazione
eroica, della melodia solare. Di essa la forma pili passiva
l'agnello d'oro, in questo mitologemail vello d'oro custodito dal
drago. E ci viene narrata un'impresa di arte magica della coa-
diutrice e vendicatrice Medea, nella quale si deve riconoscere una
azione sacr,a per il rinnovarsi del Sole. Medea si mostra grande
nello smembrare: essa s m e m b ~ sno fratello Apsyrtos, chiamato
anche Fetonte, che porta cosi nn nome di Helios, e ne getta
i pezzi in mare. Il preciso significato dell',azione diventa chiaro
in quanto Medea la compie come nna specie di sacrificio: in
quanto essa fa in pezzi un ariete e ne getta i pezzi in un calda io
ringiovanendo il vecchio animale sotto forma di agnello. Allo
stesso modo deve avere ringiovanito il vecchio padre di Giasone,
e anzi Giasone stesso.
Il destino dell'animale solare sacrificato - ariete o bue che
sia - ci rivela il mistero del calda io : esso nasconde il dio Sole
in quella tenebra del sonno, anzi del lento addormentarsi, che
solo rende possibile lo svegliarsi per un rinnovarsi ogni
giorno l). Dove questa tenebra persiste eternamente, cio nella
morte degli esseri di un giorno, dei mortali che vivono una
sola volta, li deve parlarsi di nn regno che viene costituito per
mezzo della poten.za di Helios manifestante,i nel proprio sot-
trarsi, cio per mezzo di Helios in quanto Ade: del regno dei
morti. Ma dove la sacra notte, durante il ringiovanente sonno
di Helios, nasconde pomi aurei avviluppati da draghi e vello
d'oro, tesori delle occidentali Esperidi e di Aiete colchico,
germi di Sole che si svilupperanno in giorni di vita, li trovasi
sicuramente un ,altro regno che al di fuori della vicenda dei
38
Il padre e il re
giorni e delle notti come la dimora di Ade - il regno di
Oceano.
Che cos' Oceano? La genesi degli di, anzi di tutto ci che
esiste, detto assai chiaramente nell'Iq{tUle. Se si volesse tra-
durre genesis con origine, bisognerebhe prescindere in
quest'ultima parola del carattere di zampillo e di lUUl sola vr>lta,
e rappresentarsi un continuo fluire, che scaturisce 'da un inin
terrotto processo generativo. Oceano in tanto la genesi di
tutto, jn quanto fu il primo procreatore, insieme con la sua
compagna, la prima madre in quest'umido elemento: Tetide.
Dalla circostanza tuttavia, che Hera pu pretendere nell'Iliade
di riconciliare tra loro i due primi genitori, segue che quel pri.
mitivo processo generativo cosmogonico non continua piu: il
mondo dell'olimpico ordinamento degli di non piti il
mondo della genesi, traboccante in forme nuovamente gene-
rate. Naturalmente Oceano col suo flusso primordiale, che
mantiene il prodotto del fiuire per entro il gi assicnrato perpe-
tnarsi di tutte le acque e i sncchi vitali, Oceano, nella sna
forza possente si trova, anche tale, ancora Ii. Hera pot
visitarlo nella sua dimora. Ella invita anche Helios, quando
questi indugia, a far ci. E il suo sciancato figlio Efesto, che
lei per vanit ha scaraventato lontano da s, ascolta nella caverna
dove lavora per le sue salvatrici, le dee del mare, lo strepito
della corrente di Oceano spnmeggiante l intorno e rifinente
senza fine. Poich costui scorre ormai pacato tornando su se
stesso. II resto si deduce dalla posizione della sua dimora )l.
Chi lo raggiunge - e ci impossibile agli ordinari mortali
- raggiunge i confini della terra. Ma li cessa ogni ulteriore
delimitazione e quindi anche ogni precisazione spaziale e teDi-
porale. La delimitazione ha valore soltanto verso la terra, la
quale ha anche un'estensione - fino ai confiui, che abbracciano
in cerchio essa e tutti i mari possibili e che sono Oceano. Giac-
ch questo significa l'espressione confini di Oceano)l. Una
Il dio che si rinnova 39
delimitazione di Oceano non esiste fnorch in rapporto alla
terra, che sola circoscritta e circoscrivibile. Dal Iato di Oceano
ogni estensione si annulla. Ci viene espresso per mezzo della
rapidit della corrente di Oceano. Helios deve soltanto salire
nella tazza D, e in vertiginosa velocit giunge da occidente
.a oriente. Ovvero l oriente ed occidente trapassano l'uno nel
l'altro. L'identit delle regioni orientali e occidentali stata
notata in un lavoro straordinariamente profondo sul Kosmos di
Oceano: Aia giace verso oriente, Aia giace verso occidente, e
tuttavia ambedue sono unite come sorelle in Aiete e Aiaia Circe,
geneticamente una cosa sola , scrive l'autrice,l e accenna al
racconto che Aiaia Circe aveva originariamente abitato col fra ..
tello Aiete nella sua Aia, e poi il padre l'aveva portata in occi-
dente. In tal senso viene lumeggiata anche la singolare sitna-
zione che si profila davanti a noi sia quando Odisseo nell' Aia
di Circe, che rivolta verso le tenebre, protesta inquieto di non
sapere dove Zophos e dov' Eos, dove Helios nasce e dove
.scende sotterra, sia quando poi si rende manifesto che in que-
st'Aia occidentale sono la dimora e i luoghi di danza di Eo. e
l'aurora del Sole.
Non qui, assolutamente necessario pensare a un trasferi-
mento di Circe da occidente a oriente, bench gi Esiodo lo
abbia fatto. Quando Helio. sale nella corrente di Oceano, l'ap-
parente incomunicabilit tra occidente e oriente si risolve in
una situazione che richiede le immagini dello scatnrire e del
fiuire. Cosi Eschilo parla delle sorgenti del Sole, che si po-
trebbero rendere ,anche mediante corrente del Sole . Tiepido
fluisce l, dice altrove, e racconta inoltre non di un fiume ma
di uno stagno, che tutto alimenta, su Oceano D. Soltanto in
modo contraddittorio pn essere descritto quel luogo fuori di
ogni luogo, dove Helios snlI'Oceano e insieme dentro la sna
, PAULA PHlLIPPSON, TheMolisc/w My.hologie (N. d. T.).
'40 Il padre e il re
corrente. Neppure il difuori)) in rapporto alla terra risulta
determinato da quella posizione. Poich tutto ci di cui si rac
conta che giaccia fuori dei confini della terra, avvolto nella tene
bra, come la casa di Ade, viene anche trasferito nelle profondit
della terra. Tenebra)) e profondit terrestre)) sono soltanto
espressioni diverse per dire che qui v' qualcosa al di fuori della
vicenda di giorno e notte, e quindi non soltanto fuori di ogni
luogo, ma anche del tempo.
Per giungere a una situazione come questa, il filosofo Par
menide, nella visione introduttiva de] suo poema didascalico,.
",le sul cocchio di Helios. Cosi egli crede, confermando invo
lontariamente l'intuizione fondamentale del mitologema della
tazza solare, di giungere, attraverso la porta della vkenda di
giorno e notte, a quello che per lui costituisce 1' ,essere )), ma i
cui attributi convengono largamente anche ad Oceano. Insieme
con Oceano appare tuttavia - espresso COSI facibnente in ter
mini di mitologia ci che in termini filosofici cosi indicibil.
mente difficile - la genesi stessa nella aspazialit e atempora.
lit dell'Essere assoluto. E di qui affaccia il suo splendente volto,
nuovo ogni giorno, il padre Helios.
Il Titano
Ogni mattino della nostra vita Helios rinasce, per donare
paternamente a tutti i mortali un giorno di vita. Il mistero della
sua rinascita non in primo piano nella mitologia greca: esso
rimane il segreto della sua tazza d'oro. Tuttavia le nascite di
rampolli divini, come quella di Apollo o del mistico fanciullo
divino di Eleusi, vengono abhellite con la perspicuit e lo splen.
dore della nascita del Sole. Ricaduto o tornato nell'Oceano,
presso la sposa e i figli e presso la madre, riunitosi con la COl"
rente della genesi, Helios solo or,a veramente paterno, e in-
sieme figlio. Non ci sorprende piu se al suo cocchio, ancora nel
chiaro cielo del giorno, sono attaccati gli animali ctonii che al.
ludono alla generazione. E se ora anche il suo tramonto di tutte
le sere nascondesse pei Greci una specie di mistero? Da ci che
ci stato reso noto dalla mitologia solare greca, siamo autoriz-
zati piuttosto a formulare una tale domanda anzich a supporre
affrettatamente che Helios sia per la sublime contemplazione
spirituale, con la quale questo popolo impar a vedere le divi.
nit della sua religione, troppo elemento per aver potuto impero
sonare una forma spirituale dell 'essere cosmico (ci che costi ..
tuisce l'essenza di una divinit prettamente olimpica), troppo
42 Il padre e il re
luce perch si potesse per mezzo suo esprimere il profilo fine
mente ombreggiato di una realt naturale vista da ogni lato.
Senza duhbio Helios rimane, non diversamente da ()ceano,
alla periferia del nuovo olimpico ordinamento di di divenuto
classico. Ma proprio in relazione .a ci, detto giustamente nel
Kosmos di Oceano: Oceano ed Helios, colui che col suo fluire
abbraccia tutto e colui che vola su tutto, il principio di tutte le
cose e colui che vede tutto, i due che non escono mai dal loro
tracciato, sono in questo aspetto del mondo i garanti della coe
renza e regolarit di questo mondo. E inoltre: con trasparente
evidenza i miti di questo cosmo di Oceano e di Helios rappre
sentano l'intuizione greca che luce e tenebra, giorno e notte,
auror.a e tramonto, tutte queste manifestazioni polari e i loro
correlativi - vita e m'Orte, nascere e morire, felicit e infeli.
cit - siano particolari fenomeni costitutivi di un unitario e
originario fenomeno divino, la cui forma primitiva si esplica
polarmente in questi fenomeni e in essi diviene manifesta. -
Poich essi sono UDa cosa sola, - dice Er,aclito di giorno e
notte .
Soltanto non va trascurato il fatto che Helios nella sua tazza
giunge oltre questo mondo, e ]e sue sorgenti preesistono a
questa polare esplicazione; che lui, analogamente a Oceano,
espresso filosoficamente un proteron, mitologicamente una pin
antica divinit di carattere primordiale, la cui irruente forza
non s'inserisce in modo del tutto evidente nel nuovo ordina-
mento del mondo. Il Sole uon oltrepasser la sua misura)),
dice Er,aclito. Ma aggiunge: Altrimenti le Erinni, ministre di
Dike, lo scopriranno)). Soltanto dopo la cessazioue del suo ori
ginario spiegamento di forze, Oceano pot divenire garante
della coerenza e regolarit di questo mondo)). Anche la mode
razione di Helios pu essere intesa solo come attenuazione delle
sue forze originarie. Ma questo mondo, secondo i racconti greci
intorno alla sua origine, viene per mezzo di quelle forze costi-
Il Titano 43
tuito non meno che per mezzo della moderazione. Se intorno a
lui desideriamo apprendere qualcos'altro di ancor pili esseno
ziale, dobbiamo tenere presente anche la sua funzione cosmo-
gonica.
In una cosmogonia un mondo si esplica attraverso un narra-
tore. Per solo uei limiti di certe possibilit della umana capa
cit espressiva, in h.ase alle quali vengono fissate insorpassabili
regole di stile. Un.a digressione necessaria per chiarire queste
regole, nel modo phi breve possibile.
Nessuna cosmogonia - nessun mitologema circa l'origine del
mondo, si tratti di creazione o di un sorgere spontaneo, di rac-
conto libero oppure canonico - pu rendersi indipen-
dente dal mondo che gi esiste e che comprende lo stesso narra
tore, n dalla sua pensahilit, in quanto questo mondo non
soltanto sensibile, ma anche concepibile, e pu schiudersi a un
essere pensante. Questo mondo si riflette in modo incancella-
bile nel patrimonio lingUistico. Pertanto anche un mitologema
circa 1'origine del mondo pu venire formato so].o nella materia
lingnistica di questo mondo, in parole che hanno un riferimento
al mondo gi formato e da quest.o tragg.ono il loro contenuto.
E il mitologema pu venire esposto soltanto nel modo in cui il
processo dell' origine del mondo si riflette nella coscienza di un
essere pensante. Da ci derivano due paradossi propri di ogni
'Cosmogonia.
Il primo paradosso questo: bench ogui racconto dell'ori.
gine del mondo abbia come punto di partenza il Nonessere
ancora di questo mondo, tuttavia esso deve parlare di questo
Non-essere-ancora, come se qualcosa gi ne esistesse. Il nulla
viene rappresent.2'to e perci vi gi qualche cosa, ad esempio,
in molte cosmogonie, l'acqua. Come paradosso proprio della
fonna di un mitologema cosmogonico si spiega la famosa diffi-
<oolt !!Tammaticale del Genesi biblico. Si dov dire: In prin.
-cipio Dio cre il cielo e la terra, e la terra era deserta ... Se-
44 Il padre e il re
condo il senso grammaticale c' qui per qualcosa di apparen-
temente assurdo: al principio della creazione della terra per
opera di Dio (in breve: al principio della creazione) la terra
era deserta .. Dunque la terra gi esisteva? Si, nel racconto. Il
nulla pu venire espresso in termini non filosofici, secondo lo
stile dei mitologemi, soltanto come se fosse qualche cosa: terra
o ,acqua, o tutt'e due - soltanto, deserte. Con la logica non ci si
pu avvicinare a questa forma del racconto mitologico, perch
essa semplicemente forma e, come tale, inevitabile.
Secondo paradosso: hench si parli dell'origine del mondo
come di qualcosa accaduto al di fuori di colui che lo pensa,
questo accadimento viene rappresentato COme un venir fuori
nella coscienza del pensante. Anche ci inevitabile. In tale
venir fuori la tenebra, conforme all'esperienza, precede la luce.
Se non si ponga di proposito la luce al principio come valore
piu alto, ve la ritroviamo, come chiarezza, gi nel momento
successivo, subito dopo la tenebra: la chiarezz,a su ci che nasce
nel pensante, cio il mondo. Non c' 'da stupirsi che non soltanto
luce e chiarezza in alcune lingue siano denominate con la mede-
sima parola, ma che anche il mondo possa chiamarsi allo stesso
modo. Cosi l'ungherese vilag ha tutti e tre i significati. Nel rac-
conto biblico della creazione Dio comanda: Sia la luce. E la
luce fu, prima ancora che fossero il cielo, il 801e e le altre
stelle. Nessuna cosmogonia pensabile senza che il mondo sora
Il")). Ed esso sorge non altrimenti che nella luce. S'intende, in
colui che pens.a: in una cosmogonia si dovrebbe naturalmente
dire come il mondo per la prima volta sorse fuori! Qui noi in
contriamo il secondo paradosso, formalmente necessario, di ogni
r.acconto cosmogonico. N il vasto mondo, n la coscienza umana
possono essere esclusi quali presupposti delle cosmogonie.
E qui si presenta un terzo paradosso. Un mitologema cosmo-
gonico, formato con materiale linguistico di questo mondo e
rivissuto dalla coscienza, ha esso stesso il carattere di creazione,.
Il Titfl1l{) 45
al pari di ogui creazione spirituale. Esso possiede tale carattere
come opera che ci afferra alla maniera dell'opera d'arte. AI
carattere di creazione appartiene anzitutto il paradosso della
corrispondenza. Un''Opera ha val'Ore di creazi'One e non di mera
compilazione soltanto quando corrisponde a ci che nel nostro
mondo reale. Nel caso di un mitologema cosmologico questo
parad'Osso cade. Avviene qui come in un' 'Opera musicale, la pre-
tesa della corrispondenza non si solleva nemmeno. Nella forma
del sorgere si ha appunt'O un unico processo, che possiamo se
guire, e nessun altro, al quale questo debba corrispondere. Al.
trimenti verrebbe seguito appunto quest'altro, questo reale ,
e cosi si avrebbe la cosmogoni.a propria)} che non potrebbe
essere confrontata con nessun processo p'li genuino . Un mi
tologema cosmogonico pu essere accettato soltanto senza con-
fronti, altrimenti si tratterebbe di una serie di ipotesi scientifi-
che, non di un mitologema.
Il terzo paradosso della cosmologia come tipo di racconto
consiste dunque nel credito dato al mitologema della creazione,
da accogliere spontaneamente, come si accoglie un'opera musi
cale. Al carattere di creazione appartiene cio anche il para-
dosso dell'autore. L'opera fatta di propria mano viene gi dal
suo autore - qualora si tratti realmente di creazione e non di
compilazione - accolta in tal modo, quasi giungesse a lui come
una specie di dono di una potenza pinalta, posta al di fuori
della sua coscienza. II narratore - lo sa benissimo - non era
presente alla nascita del mondo. Ci che egli racconta opera
sua. E tuttavia pu riferirlo in modo credibile, perch la sua
coscienza per prima lo accolse come rivelazione. In ci consiste
]' attestazione: lo si crede, perch lo credette anche quegli che
per primo lo udi - lo udi soltanto. Per esempio dalle Muse,
come Esiodo.
Che cosa udi Esiodo? Seguiamo la cosmogonia, che conte
nuta nel suo poema intorno alla genealogia degli di, la Teogo.
46 Il padre e il re
nl. Al principio di tutto nacque il Caos, il vuoto, l'abisso. Poi
la Terra, l'elemento solido. Questa la prima esplicazioue in
senso polare di quello che li comincia a svilupparsi. Ed Eros
fu il terzo elemento sorto con la prima emanazione, e causa di
emanazioni ulteriori. Dal vuoto abisso emanarono Erebo8 la
Tenebra, e Nyx la Notte; e dall'unione di questi due i loro
polari contrapposti: Aither la Luce celeste, ed Hemera il Gior
no. Quindi un 'ulteriore emanazione polare da parte del Caos
- di ci che abbraccia, come un abisso. la nascita della Luce
e del suo equilibrato riscontro con la Notte: la nascita del Giorno.
Entrambi: Giorno e Luce sono qui vuote, infeconde, mere nega
zioni della Notte gr,avida di una genia di larve, manifestazione
di un pensiero che ritrova la sua particolare chiarezza Del mon-
do, e che dotato di forte capacit di astrazione.
Dall'altro lato procede un'altra emanazione. E semplicemente
per il fatto che Mn viene tenuta presente la relazione temporale
di queste emanazioni - se accadano contemporaneamente e
con lo stesso ritmo, ovver(} se il loro rapporto sia diverso, -
cpita a questa cosmogonia di rimanere fino al principio del re
gno di Zena, fino al principio cio dell'emanazione del nuovo
ordinamento olimpico - del primo ordinamento in genere -,
totalmente fuori del tempo. Solo con l'assoggettamento dei Ti.
tani e il collocamento forzato di Atlante a mantenere separati
Cielo e Terra, solo con questi atti di fondazione di Zeu, venne
fissato un punto fermo, dal quale alla Notte e al Giorno fu pos-
sibile cominciare a divergere l'uno dall'altro e armonizzare il
loro alternarsi. Atlante sta li davanti, davanti ai Titani
scacciati, i quali rimangono dietro a lui, dentro la profonda
tenebra, definitivamente foori dal mondo ordinato di Zeus.
Davanti a lui - si pu gi dire, nel futuro - si avvicendano
Giorno e Notte. Nella loro combinazione compare gi un futuro.
Ma torniamo all'emanazione della Terra. Si tratta di un'ema-
nazione di paesi - mari e monti - ma anzitutto di un'esplica-
Il Titano
47
.ione polare. Come all' altro lato procede l'esplicazione polare
dell'elemento privo di sostanza, cosi qui quella dell'elemento
sostanziale. La Terra, la materna Gaia, genera il suo sposo, il
Cielo stellato Urano. Dalla loro unione feconda nasce tutta la
serie dei Titani, con Oceano alla testa. Costui apre la serie, e
con Tetide la enumerazione delle Titanidi si chiude. Titani "
Titanidi sono ugualmente compresi nel ciclo della primordiale
generazione, fin al pin giovane di essi, Crono, il quale ne provoc.a
con la forza la cessa'zione. Questa cessazione a,'veniva anche in
quell'altra cosmogonia accennata nell'Iliade, ma li per discordia
tra i primi genitori. Oceano e Tetide compaiono in Esiodo in-
sieme coi Titani, perch in questa cosmogonia si tratta qui per
la prima volta di qualcosa di pili che non una pura esplicazione:
cio di una genesi. Nessuno dei Titani ha un nome esplicito, lo
hanno piuttosto le Titanidi, che {( esplicano la prima dea Gaia,
e quindi il primo femminino.
I Titani hanno un nome enigmatico, in parte sicuramente
non Iperiore rappresenta forse un eccezione. l'tlBisB, eQ
non condIVlae la sorte viene
accolto nell'ordinamento"" dermoiIodi7eus." Eglr-"""hif'illm
--elipure"-'ft sostanza univoco, suona in
Om;;';ifd;;'ppio nome del Sole: HyperionEeHoi.-rr"nome-iii"-'-
nCO'TSempre al'priiiiOposto:"La che si presenta
accanto a questa, Hyperionide" accenna al fatto che Helios ap-
partiene a Iperione solo in quanto figlio. Ed a ci corrispon.1
anClelilTIiiea genealogica di E,l"'do. Co'n questo la misteriosa
unit non scompare dal mondo omerico. II carattere titanic?
appartiene alla piena dignit di Helios. Il sUo;;o;;;;;-iii-Tit;';;'
reIatlvamente -traspare-;;'te:"press'a equivalente al latino
stesso dio del Cielo. ".
--Dei Titani, che Esiodo nomina in serie Koios,
Krios, Japetos, il primo porta un nome che probabilmente non
greco, ma significa egualmente qualcosa di simile. Koios
48
11 padre e il re
la forma maschile di Koia, un vocabolo raro, proveniente pro-
babilmente dall' Asia Minore, e il cui significato si conservato.
Esso vuoI dire lo stesso che in greco sphaira, sfera; in que-
sto caso sfera del cielo. Per cui Koios sarebhe, come
Sphairos , dio del cielo. Con tale significato s'accorda anche
la serie genealogica che procede da lui. Sposa di Koios Phoibe,
loro figlie sono Latona e Asterie - questa con il nome tra'pa
rente di Stellata - e la figlia di Latona Artemide. La serie:
Phoibe-Latona-Artemide di carattere ,abbastanza lunare. Ac-
cantO.R questa corre la serie: Phoibe-Asterie-Ecate con una dea,
per nipote di Koios, forse ancora pili lunare. Il padre di Ecate
si chiama Perses, un nome di cui una forma collaterale por ..
lata da un eroe di antichissimi mitologemi solari e lunari: Per-
seo, l'uccisore della lunare Medusa e il liberatore di Andromeda,
ed esso stesso uno dei solari ram polli divini. Il significato dei
nomi Perses-Perseus e dell'altr,a forma di Perses, Persaios,
confermato dal fatto che il vocabolo perra, foneticamente
affine, in greco una parola straniera per Sole , Perses ,
insieme con Astraio, e Pallante - il dio alato del Cielo -,
figlio del Titano Krios, il quale per mezzo di tale prole (sep-
pure non gi per mezzO del nome, che ha lo stesso suono di
krios, ariete, in questo caso probabilmente ,ariete del
Sole) si dimostra parimenti dio del Cielo.
Iperioreha JUl..<keUrano, Egli porta
un nome"-che-"signffica press'a poco lo stesso. Suoi frateIii sono:
i di del Cielo Koios e Krios, la cui prole di nuovo dispiega
soltanto il Cielo. I suoi figli formano la trinit Helios, Selene,
Eos: Sole, Luna, Matiirio:-'I.a. su'-'sposa conosciuta
Eurypnaes!a, 'coreiche splende lontano,' tuttavia soltanto
__ a - che dell'omerico
Inno a Helios. In Esiodo questa Titanide, la madre di Helios,
no'; proprio: Ti.eia vnol .dire semplice-
mente la Divina. Shnilmente accade alla moglie di Helios,
Il Titano 49
che in Omero chiamata Perse, in Esiodo Perseis, figlia di
Perse. Ma quale? Una Perseis anche Ecate. Di Theia rivela
Pindaro che ha molti nomi, ma oltre a questo soltanto che ld
che rnae roio"preiioso.Da"Iideriva ci che beatificante
nello splendore, 'il quale appartiene nello stesso modo al Sole
e ,al metallo sotterraneo. Theia pu in questo avere relazione
tanto con gli Inferi che col Sole. Con Perse-Perseis unita me
diante il nome anche Persefone, la regina del rcino dei morti.
Il resto della parentela titanica rimane cosi tanto p1i univoco:
un-turhine di di celesti stellari, che non ha il suo uguale in
tntta la mitologia greca.
Una tale ridda I, guidata da Iperione insieme coi suoi fra-
telli Titani. Essi sono veri figli del padre loro: divinit celesti,
solari o stellari, nelle quali si esplica l'essenza dell'antico pro-
genitore, il dio Urano, meno per nella ricchezza di forme con-
cettualmente chiare, che non nella esuberanza di forza stella re,
per cosi dire di bruta solarit. Per l'interpretazione di Esiodo
non necessario stabilire se i Titani, come portatori di tale
forza, venissero onorati nei piu ,antichi culti greci e preeIlenici.
Una cosmogonia non vuole fissare la notizia di culti antiquati,
hensi le stesse potenze originarie che sono ancor sempre rag-
giungibili dalla memoria mitologica, e che possono mostrare
<:on altrettanta immediatezza anche il loro allontanamento.
A nessuno dei Titani 1' allontanamento si applica in modo
cosi conforme alla sna essenza come al piu giovane fratello di
Iperione: a Crono. Non divagheremo troppo dalla lista dei,
Titani esiodei e dalla genealogia della stirpe di Iperione Se
dedicheremo qualche parola a Crono.
Il nome Kronos non trasparente. L'attributo di Crono,
la spada-falce, e la mutilazione di suo padre, che prepara la
fine del primo processo generativo, lo pongono accanto alla
figura dell'assai primordiale eroe solare Perseo. Anche l'altra
.sua orribile azione, quella di divorare i propri figli, ce lo fa
50 Il padre e il re
apparire come un antichissimo dio mitologico. Del suo
tere solare testimoniano. il culto greco, e anche i Satumali ro
mani e le feste di Crono della tarda antichit. In Attica veniva
festeggiato in piena estate; in Olimpia nel giorno dell' equinozio
di primavera, mentre i Saturnali e feste posteriori cadevano nel
tempo del solstizio invernale. In Olimpia aveva inoltre anche
un altare in comune con' Helios. I suoi sacerdoti si chiamavano.
col Basilai, ci che non a caso nella sua radice, e certo anche
nel significato, corrisponde al vocabolo greco per re, basileus.
Crono il re, da cui suo figlio Zeus ha ereditato il diritto a tale
dignit. E il regno di Crono sussiste anche pili a lungo: sol
tanto, nel confino a lui caratteristico. A lui appartiene l'et
dell'oro, lontana nel tempo e nello spazio, ritiratasi nelle re
mote Isole dei Beati. Un presago poeta del nostro tempo,
Hofmannsthal, lo dice in modo del tutto corrispondente al senso
di questo antichissimo mitologema:
Nelle terre del s-ole- sopravvivono
gli antichi tempi sublimi
ancor sempre - ancor se,mpre laggiii.!
Fu il piu giovane figlio di Crono, il successivo re degli di,
Zeus, che lo bandi dapprima, insieme con gli altri Titani, nelle
profondit della terra, e quindi in quella oceanica distanza.
Crono aveva fatto qualcosa di simile col proprio padre, quando
allontan la generante forza di Urano e costrinse lui a ritirarsi
nella sommit del cielo. La lontananza del cielo e quella delle
Isole dei Beati di Crono non sono essenzialmente diverse. E
corrisponde all'idea di questo re di paesi lontani il fatto che gli
astrologhi greci designarono col nome di Crono il pianeta piu
remoto, pili fosco e tardo, che i Babilonesi chiamarono stella
del Sole)l, quasi un secondo Sole, piu piccolo e oscuro.
Una copiosa solarit, trasferita piu tardi a remota distanza,
risplende in quel momento dell'origine del mondo, in cui com
Il Titano 51
paiono i Titani. Nei suoi avi Helios, in Esiodo, si per cosi
dire moltiplicato in tutte le potenze del cielo. I poeti poste.
riori, che lo invocarono semplicemente COme il Titano, cono
scevano ancora intorno a lui qualche cosa di fondamentale. E
adesso che cosa ci dice di lui questo nome? Premettiamo che
la tradizione del carattere priapeo dei Titani coincide piena.
mente con la loro situazione nella cosmogonia esiodea. Auche
a questo riguardo essi sono soltanto figli dell'insaziabile pro
creativit del dio del Cielo, i portatori solari di una paternit
celeste, che i Greci avevano sott'occhio Don soltanto nel mitolo-
gema dell'iniziale unione di Urano e Gaia, ma anche nelle ripe-
tute fecondazioni della terra dall'alto. Essi vedevano il ripetersi
di qUesta situazione primordiale nella pioggia. Ma a Trittolemo
attribuirono il cocchio del Sole, con cui egli portava dall'alto
agli altri popoli la prosperit del seme di Demetra. Il mitolo.
gema della nascita di Perseo, rampollo solare cOSI titanico, nar
rava perfino di una fecondante pioggia d'Oro ... Ancor piu vigo.
rosamente di questi ridenti quadri, il nome Titano esprime
il celeste generarsi della nostra vita per virtu del Sole.
La p,arola titan sorse probabilmente nei Balcani, da, uno
stratoTinguistico neoossifrlamenUi:' 'u'q,tr-in-
doeUr(;peo'. Se ne pot con notevole sicurezza il signi-
fi;';;:;;; in <j1lanto una forma femminile, che foneticamente ,
tiene allo stesso ceppo' e's'avVicina del tutto al significato rivelato
dall'interpretazione, venne usata da poeti greci. Questuarola
ad e ,
giorno , e anche Per intenderlo appieno, do-
vremmo. rivolgere alcuni versi di Omero, come
Od. V 390, dove detto: Ma quando Eos, la dea dalle belle
trecce, porl il terzo giorno ... Nell'aurora c' quindi gi un
giorno intiero. Perci Tito significa ambedue le cose: Eos ed
Hemera, mattino e giorno. Il significato di giorno
spetta anche al nome dell'amante, o figlio di Eos, Tithonos >,
52 11 padre e il re
foneticamente affine. il confronto con la parola albanese per
giorno, dite, permise di ricollegare queste a una radice di
egnale significato, a una parola che nel carattere solare del Ti
tano poneva in rilievo l'aspetto del compimento del giorno.
Il giorno portato a compimento dal Tit'ano non pu in nes,
sun modo essere la vuota Hemera, piena soltanto di luminosit.
A questa Esiodo assegn nella cosmogonia un posto separato dai
discendenti di Urano e di Gaia. Se a lni si attribuisce con diritto
l'affermazione che figlio di Aither e di Hemera sia Brotos, il
Mortale, il predecessore e modello di tutti noi, ecco riem
pirsi d'improvviso anche la vuota Hemera, e diventare gravida
della nostra vita. Empedocle chiam anche Aither Titano)).
e con ci colse in esso il Iato solare. tuttavia ass,ai dubbio se
l'antore della Teogonia debba essere preso in considerazione per
tale dottrina. I (( giorni di vita , in contrapposizione ai giorni
astronomici e puramente astratti, si possono chiamare pin pro-
priamente giorni dei Titani che non giorni del Sole , e
appartengono qnindi al lato di Gaia e di Urano. A questo lato,
alla prole di questi due, appartiene anche l'intero olimpico
mondo degli di, e infine l'umanit.
Quella titanica una fase fondamentale di tutta questa me
ravigliosa fioritura. La sua impetuosit ed anche quel partico.
lare atteggiamento dello spirito, che Prometeo sostenne di fronte
a Giove, dovettero rimanere relegati nella lontananza, come
pure vi rimase la dolcezza di una vita realmente solare sotto
l'aureo regno di Cron-o. Aureo giorno! Esso non risplende
quaggiti mai come prima! Nessun titanismo, costituito sol.
tanto di forza e di astuzia, pot ricondurlo. Ma questa vita, che
i nostri giorni pur sempre contengono? Essa procede dalla pri-
mitiva coppia divina: da un lato da Gaia e da sua nipote De
metra, dall'altro da Urano, da costui per non pili direttamente,
bensl attraverso suo nipote Helios. Una preghiera per la vita i
Il Titano
53
poeti degli Inni omerici la rivolgono, oltre a queste due dee,
soltanto a Helios, e a nessun'altra divinit.
Helios comincia a cantare, o Calliope, figlia di ZeWi,
il fulgido, che Eurifaessa dagli occhi bovini
gener al figlio di Gaia e di Urano stellato!
infatti Iperione spos EuruaesF3 preclara,
sorella germana, che a lui partori dei bei figli,
Eos dalle rosee braccia, Selene che ha splendide trecce,
e l'instancabile Helio5, simile a un di'O,
che splende ai mortali e ai numi immortali,
quand' sopra il carro. Terribile guarda con gli occhi
dall'aureo elmo-. Fulgenti raggi da lui
brillano splendidi, intorn{) alle tempie i guanciali
dell'elmo lucenti dal capo rieoprQno il volt'O grazioso
che guarda lontano. E intQmo al corpo lampeggia un abito bello,
di fine lavoro, al soffio del vento. E solto 3 lui maschi cavalli ..
Qui il cocchio frenando dall'aureo giog'O, i cavalli
dirige, al tramonto, dal cielo, all'Oceano.
Salve, o Signore, benevolo dona una vita piacevole.
Incominciando da te canter la stirpe' degli uomini
semidei, le cui gesta gli di ai mortali mostrarono.
Cosi suona l'omerico inno al dio Sole. L'impetuosit dei
Titani non scompare del tutto neanche nello stile dell'olimpico
ordinamento del mondo.
Un altro tratto titanico della mitologia solare greca non
rientra certo nella visione omerica del mondo di Zeus, tuttavia
le sopravvive per molti secoli, fino ai nostri giorni. Eschilo no
min una volta una regina con un vocaholo arcaico, cio con la
forma femminile della parola Titano: Titene . Una forma-
zione dalla stessa radice di Tito per mezzo di quella desio
nenza, in s arcaica, che noi conosciamo per caso nel nome
Athene. Un 'altra derivazione, titax, ha in !llodo documentato
anche il significato di re . Si pu affermare che questo fosse,
se non l'unico, almeno uno dei significati anche di Titano .
L'aureo splendore dei grandi regni della storia mondiale sem
54 Il padre e il re
hra sempre, consapevolmente o inconsapevolmente, fondarsi
sull'archetipa relazione di Sole e re. Spiritualizzato come nel
Hvareno dei re persiani, ovvero in oro massiccio, nel metallo
che fa per cosi dire apparire il Sole nelle profondit della terra:
si tratta sempre dello stesso splendore. Di quello splendore, in
hase al quale si credette di poter intendere 1'essenza di Theia,
la madre di Helios: Essa il fnlgore, l'irraggiare essenziale,
]a Divina, della cui magnificenza testimonia il Sole, ed an-
che l'anima umana quando risplende nella heatitudine dell'at.
timo perfetto. Cio, in quell'unico incomparahile momento
in cui si re ). Questa appunto la caratteristica della ge-
nuina regalit. Un re che non rappresenti soltanto l'imitazione,
attinente al diritto puhblico, di quest'alta possibilit umana,
bensi la realizzi, possiede anche nell'infelicit quell'essenziale
splendore. Senonch alla pienezza della regalit appartiene la
felicit, qualit solare. Non senza fondamento veniva, ad esem-
pio, nella cerimonia di consacrazione degli antichi re indiani
dichiarato in modo particolare che il consacrato felice. Senza
dubbio anche re di questa terra, pervenuti alla pienezza delI.
loro dignit, possono direttamente riconoscere il proprio carat ..
tere solare. Il cerimoniale, la tradizione e la corte sorreggono
questo carattere; non possono sostituirlo. Ma anche il tardo
roi Soleil era ancora cosi consapevole di questa qualit, che
fece costruire in V ersailles la sua camera da Ietto rivolta a
oriente con gr.andi finestre, per poter fare la sua leve quoti-
diana in corrispondenza con la levata del Sole.
Intanto, che cosa conosciamo noi di una regalit nell'antiea
Grecia? Giacch quella che cominci col solare Alessandro non
ci possibile affrontarla: l'elemento titanico ci travolgerebbe
addirittura. Non possiamo neanche seguire l'aureo splendore
sparso dappertutto nell'antica Ellade, hench potrebb'esserri
di guida Pindaro, per non parlare di Plutarco... Limitiamoci
pertanto a ci che nella lingua greca riecheggia una piu n t i { ~
Il Titano
55
diguit regale, e consideriamo un po' piu da VICInO il nome
greco di re. A questo nome, basileus, corrisponde la denomina.
zione dei sacerdoti di Crono in Olimpia, basi/es _ fino alla desi-
nenza. Quest'ultima una forma maschile, una formazione in
s rara, che suggerirebbe l'esistenza di un piu antico femminile
basile, anche se di questo non vi fossero testimonianze. Basile,
una parola piu antica per basi/eia, regina, compllre come nOme
della regina deg,li Inferi in una figurazione attica del ratto di
Persefone. La terminazione eus di basileus si riscontra del resto
(oltre che in nomi propri poco chiari) soltanto in parole deri.
vate, per cui linguisticamente considerata la parola re
secondaria. Non cosi basite, la denominazione di regina,
linguisticamente primaria. Le testimonianze circa le condizioni
matriareali nelle antiche civilt mediterranee rendono anche
oggettivamente accettabile ci che lecito ammettere in base alla
formazione delle parole: che la regina rappresenta il fonda.
mento della regalit, o almeno lo rappresentava in quella
civilt preellenica, alla cui lingua non-indoeuropea appartiene
la radice della parola.
Una testimonianza relativa aIla regalit di Helios sussiste
ancor oggi. Quanto spesso ci cpita di vedere in Grecia un
contadino o un pastore, il discendente di tutte le civilt che fiori.
rono snl suolo dell'Ellade, guardare iI sole che per l'appnnto
tramonta e dire: Helios ora re! Perch, ci domandiamo,
proprio al tramonto? Perch soltanto per il sole che tramonta
vale quella locuzione convenzionale, il cui originario significato
nessuno piu conosce. Una singolarit della lingua greca mO'
derna: quando altri dicono del Sole che la soa corona cadnta,
qui si parla del suo grande atto regale! Ma forge comprendiamo
tutto ci riflettendo che questo il momento, in coi Titano
entra in Titene, la regina. Appnnto per qnesto e in questo egli
re .
Chi regina tra le dee? Prima di tntte le altre Hera, la
56
Il padre e il re
sposa del re degli di, Zeus. Saremmo propensi a credere che
essa ottenne la sna dignit di regina dal suo consorte. Platone
in ogni modo la pensa diversamente. Secondo lui la sovranit
viene non da Zens, ma da Hera. Sorprendente inoltre in quale
rapporto Zeus viene chiamato nel culto re . Accade general-
mente di rado, ma sempre in uno stretto rapporto con la grande
regina degli Inferi, che compare nel duplice aspetto di figlia e
di madre, ma nella parte di regina piuttosto in quello di figlia:
Persefone. Si deve qui supporre che si tratti generalmente non
dello Zeus olimpico, ma del Katachthonios, lo sposo della regina
degli Inferi. Secondo la legislazione di Solone, Zeus Basileus
il dio dei giuramenti accanto a Demetra, e appunto in questa
sua qnalit il suo aspetto infernale non pn essere dimenticato.
Hera, la dea, seduta sull'aureo trono cOJlle Eos )l,
solo in apparenza una figura puramente celeste. Neanche a lei
manca l'aspetto infernale, e la duplicit di Demetra e Per8efone.
Basti frattanto ricordare che la menzione di una regina l),
senza l'ulteriore precisazione per mezzo di un nom'e proprio,
allude sempre alla grande, misteriosa regina degli Inferi. La
giovane rapita, che vediamo nel rilievo del pireo, si chiama
soltanto Basile. TI tempietto nascosto nei vigneti dell'isola di
Thera , secondo quanto dice la sua iscrizione, dedicato .a
Basilea: gi la sua somiglianza con un edificio funerario ci vieta
di pensare a una dea diversa dalla regina dei morti. Il nome
della piccola localit Despoine nel golfo di Corinto conserva
l',altra eqnivalente denominazione Despoina per indicare la
dea dei misteri che non pn essere nominata. lo stesso divieto
sacrale del nome proprio che s'incontra in Eleusi, dove si parIa
soltanto di dea; ovvero come nel caso della Divina l), che
secondo Pindaro ha molti nomi, la sposa d'Iperione; e come in
quello della Perseis esiodea, la moglie di Helios, che come
figlia di Perses neppure lei porta un nome proprio. Il quale
in tal modo viene ripetutamente soltanto mascherato.
Il Titano ,)7
Non possiamo fare a meno di sospettare che sia un 'unica
grande regina che porta tutti questi nomi non propri. Da
lei Helios attinge la sua regalit, con lei padre. Ci troviamo
qui in realt di fronte a un mistero che tocca la sostanza della
nostra vita. Dove la regina degli Inferi compare sullo sfondo,
sia pnre soltanto per dar valore all'oro, si tratta dell'oro dei
giorni della nostra vita. Il notturno entrare di Helios in lei,
riferito al sole astronomico, non ha senso. Il sole senza notte.
Al dio Helios, al contrario, conviene quella denominazione, con
la quale una volta la parola padre stata resa da C. F. Meyer
in uno stile di sapore ,antico: l'uomo deve riconoscere in lui.
non meno che nel suo padre carnale, 1' Autore dei suoi giorni )).
L'Autore non soltanto dei giorni riferiti ai fisici corpi lumi.
nosi, ma in pari tempo di quelli riguardanti noi uomini, di
quelli vissuti da noi. E le notti? Esse sono in generale qual.cosa
soltanto in quanto riferite a noi, in relazione ai giorni della
nostra vita; riferite al sole esse sono la pura negazione, un vuoto
elemento negativo. In quel contesto, formato dall'uomo e
dal mondo che lo comprende, la notte certo una gran de .
Tuttavia, come condizione terrestre che ci comprende, riposa
su un'ombra: sull'ombra della terra e sull'esperienza d'ombra
dei suoi ahitanti. il nostro giorno di vita, al quale apparo
tengono anche delle notti, ed il nostro Sole che vi entra e
viene di nuovo partorito.
La notte ancor piu nostra di quanto non siano Sole e giorno.
Essa ombra intessuta alla vita di tutti gli esseri mortali come
a fili d'oro. Ma quest'oro la notte lo accolse dal Sole. Il mistero,
di fronte al quale noi qui ci troviamo, il segreto di questo
accoglimento. Nella dimora della dea Notte, o di Oceano, gen."i
di tutti gli esseri - poich sappiamo che vi sono parecchie
denominazioni per quel luogo extraspaziale dell'origine -, il
Sole della mitologia, il dio Helios, non si trova solo. Autore
dei nostri giorni egli diviene per ~ z z o di un ',autrice, intorno
58
Il padre e il re
alla quale nessuna astronomia, nessuna scienza pu conoscere
alcunch, ma solo e unicamente la mitologia, cio lo stesso t s ~
suto cosmico divenuto immagine e lingua. Seguiamone i fili:
forse torner di nuovo a manifestarsi il disegno dimenticato,
che accanto al padre e al re ci mostra anche la regina.
La ricerca della regma
Dal cuore del mondo ella ascese,
ascese in alto, davanti aUo sguardo am-
mirato - e ascende, ascende nell'etero
nit come quella nelle cui mani spie-
tate sono consegnati paradiso e inferno.
G. HAUPTMANN
La maga
Se si volesse parlare di figli di Helios nell'antico significato,
bisognerebbe sempre narrare di lui, dello stesso dio Sole. Egli
medesimo gi figlio l>: Iperionide. E d'altro cauto si discorre
gi di lui quando viene nominato suo padre Iperione. Titanico
dov essere solo il padre, che porta questo nome di Titano. Lo ,
porta per anche Helios in Omero, allo stesso modo che la dea i
Atena porta l'altro suo nome di Pallade. Anzi, ancora Fetonte, I
il figlio di Helios deIIa mitologia postomerica, non altri che
suo padre, e come lui titanico. nota la sua caduta di Titano.
Egli sale il cocchio del Sole e oltrepassa la misura deII'ordi
namento post-titanico. Perci Zeus lo colpisce col fulmine, ed
egli precipita in un'antica corrente solare, l'Endano ... (( Fe
tonte ", lo splendente)>: cosi neII'Iliade e neII'Odissea vien
chiamato Helios medesimo, e al pari di Hyperion Eelios anch
eelios phaethon prova l'identit di padre e figlio.
Helios frattanto padre anche di figlie. Due figlie del Sole
custodiscono neII 'Odissea gli armenti di Helios: Phaethusa (cosi
suona la forma femminile di Phaethon) e Lampetie (ii nome
significa parimenti la splendente). Se si prende in conside-
razione anche il tardo racconto di Fetonte, le sorelle sono tre:
oltre Phaethusa e Lampetie, Aigle, la lucente, oppure la
62
La ricerca della regma
luce)l, ed anche altre. Esse piangono il loro fratello precI l'''
lato e nell'afflizione si tramutano in pioppi: in ,alberi di luce
sulla corrente solare, dai quali stillano dorate lacrime di ambra.
Tuttavia esse sono sempre li, servono il padre, sono le Heliadi,
che al filosofo Parmenideattaccano i cavalli del Sole. In loro
ci appare quella misteriosa femminilit, quel soccorrevole atteg-
giamento sororale e al tempo stesso quell'aureo aspetto donnesco
che i Greci percepiscono nel Sole, oltre la paternit di Helio .
A questo accenna anche il femminile tedesco: die Sonne. Gli
antichi Lettoni cantavano appunto ci nelle loro canzoni intorno
alla figlia del Sole e alla madre Sole. ({ Si, grande la mia
stirpe, dice la m,aterna dea Sole in uno dei canti, e quella
stirpe principalmente di sesso femminile.
Ci troviamo qui di fronte ,a un ,ingoIare fenomeno di l'nmI'
tiva intuizione del mondo. Accanto al mitologema della paterna
forza del Sole - ovvero, con,iderando da un altro lato, al puro
a'petto ,olare dell'origine maschile della vita - vi ,ono mito
logemi di donne solari. Noi qui intendiamo prendere con la
stessa seriet carattere solare e donna. Usciremmo dalla
mitologia, che ancora una volta va ascoltata come una lingua
intellegibile, e le diventeremmo estranei, se interpretassimo
donne solari soltanto come un'espressione presa a caso al
feIlllninile per indicare il Sole o la sua raggiante apparizione.
In qualche modo si parla qui del Sole e allo ste,so tempo auche
della donna. Sappiamo anzi che le dee lunari hanno col destino
della donna e con l'essere femminile un rapporto almeno altret
tanto ,tretto che con la luua stessa. Luna e donna sono elementi
di eguale valore nella ,toria della divina giovinetta che riap.
pare dopo essere stata rapita ..uccisa: nel mitologema, cio,
della regina degli Inferi Persefone '.
L'aspetto lunare nell'essenza delle dee greche ci familiare.
l JUNG e KERNYI, Prolegomeni ecc.
La lTUlga 63
il rapporto tra luna e donna corrente. Tanto piti enigmatiche
ci ,appaiono delle figlie del Sole, le quali hanno l'aria di aver
eredilato qualcosa della sostanza paterna, e hanno anche l'aria
di manife,tarlo. In corrispondenza a ci, ,econdo il genere di
espressione proprio della genealogia mitica, il significato della
loro qualit di figlie, del loro essere Heliadi, sarebbe quello di
mostrare 1'essenza di Helios sotto un nuovo aspetto, in una
particolare relazione. Ma dall'altro lato, non portano nulla con
s? Certo non a caso la madre di Phaethusa e di Lampetie porta
nell'Odissea un nome lunare: ella si chiama Neaira, la nuova ),
esattamente come in latino luno, una forma femminile di juvenis;
soltanto che l si pensa piuttosto a una giovane donna, qui piut.
tosto alla giovane luna.
Poniamoci sott'occhio di nuovo qnello che in Omero e in
Esiodo, e poi anche in relazione COn la storia di Fetonte, ci
viene tramandato delle madri che hanno partorito figli solari.
La madre delle figlie del Sole, che ne cn,todivano gli armenti,
venne chiamata col nome di Neaira. Una parte molto piti im-
portante rappresenta nell'Odissea nn'altra figlia del Sole.: C i ~ c e
Sua madre si chiama l Perse, cio con un nome che sta come
forma femminile primaria al piuttosto secondario maschile Per
se, o Persens, nello stesso rapporto in cui Basile sta con basi/eus.
Esiodo in lnogo di Perse dice Perseis, qua,i fosse lei la figlia di
Perse come Ecate, la piti lnn.are forse di tntte le dee greche
salvo Selene. Qnesta Persei, compare in E,iodo, per il quale essa
non s'identifica con la Persei, Ecate, nell'elenco delle figlie
di Oceano. Ma col suo nome primario di Perse ella sta li, per
cosi dire, nella Bua forma originaria. E vi sta non solo come
madre dei figli di Helios, che gi per Esiodo soltanto una
ninfa, una delle tante oceanine, ben,i come la sposa di Helios,
la regina, nella quale il dio Sole entra per diventare ancor piti
intimamente se stesso - pili intimamente padre, re e fors'anche
pin intimamente Sole.
64
La ricerca della regina
Il poeta dell'Odissea pu voler indicare coi nomi di Neaira
e Perse differenti donne divine, amate da Helios: tuttavia la
situazione mitologica rimane sempre la stessa. li dio Sole trova
l'accoglimento che conviene alla sua essenza, e che anzi porta
a perfezione il suo carattere essenziale di padre e di re. un
concepimento per mezzo di una donna e presuppone una conce-
pente. Quel concepimento dev'essere logicamente, non soltanto
rispetto a tutti i figli di Helios, ma anche rispetto allo stesso
Helios, padre e re, nn proteron, nn precedente. E gi apparo
tiene a Iperione, al Titano, per cosi dire, al pre-Helios. L'ori-
ginaria concepente, la Theia, non per necessario che sia un.a
pre-Per,e. Colei che concepisce e partorisce il Sole pu rima-
nere sempre la stessa. I differenti nomi accennano ai differenti
'lati della sua misteriosa essenza. E nessuno si adatta tanto a
quella misteriosa sua qualit, per mezzo della quale ella, secondo
l'espressione di Pindaro, d valore all'oro (il che vuoi dire:
carattere solare al Sole), quanto appunto il primario-femminile
nome solare Perse .
I nomi che sono tramandati in connessione ,alla storia di
Fetonte illuminano la sua essenza da un altro lato. Ovvero,
parlando con pili esallezza, gettano l'ombra l dove rispleude
il pili puro oro. Se la madre di quel giovane Helios che
Fetonte, figlio del Sole, si chiama Klymene, colei che esau-
disce (e questo nome sembra gi di per s convenire alla
Regina degl'Inferi), accanto a lei viene nominato come sposo
un re Merops, equivalente a primo uomo. Secondo una diffe-
rente tradizione ella medesima era Merope, la femmina della
specie umana, e il suo sposo, il padre di Fetonte, si chiamava
Klymenos, cio con un nome che si riferisce piuttosto al signore
dei morii che non al dio Sole. anzi lui che oocatus atque
nnn t'ocatus audit )): colui che sempre esaudisce. I nomi Merope-
Merops, Klymene-Klymenos, conservano nel carattere della
regina e sposa del Sole il lato d'ombra che conferisce mortalit.
La maga 65
E anche l'intuito poetico di Spitteler non ricollega torse \'in-
nata dignit regale di Hera con il fatto che ella conferisce
potenza, e con la mortalit? La mortalit della regina, dalla
quale Zeus medesimo ottiene la signoria del mondo, era noa sin-
golare profonda intuizione, in risonanza involontaria col mitolo-
gema di Klymene e di Persefone. Tnttavia la parola regina si-
gnifica per noi anche qualcosa di puramente umano, in cui non
pensiamo a ombra n a tenebra di morle. Vien in tale parola
espressa nna possibilit dell'essere femminile, forse una delle
sue forme primordiali, come in madre o vergine. Si
tratta sicuramente di qualcosa, che dev'essere presa con altret-
tanta seriet che carattere solare e donna. Finora sap-
piamo soltanto che i mitoIogemi delle figlie del Sole presnppon-
gono la misteriosa regina primordiale, allo stesso modo che
presuppongono il paterno, aureo Titano. Non rivelano forse i
discendenti qualche cosa di pili anche intorno all'essenza della
progenitrice?
Una figlia di Perse e di Helios era Circe, nn'altra Pasifae.
Circe dovremmo conoscerla anche dal nostro Omero. La cono-
sciamo realmente? Non troviamo sorprendente, all'udire il
suo nome, che come prima delle figlie del Sole incontriamo
nella letteratura ,greca la famigerata, malvagia incantatrice?
Cerchiamo, senza pregiudizi che risalgono gi ad antica
origine, d'imparare .a conoscerla interamente nel senso del.
l'Odissea. Il mitologema di questa donna solare ha il fascino del
favoloso. la storia di nna dea dalle belle trecce, terribile,
dalla voce umana , in virili del suo canto seducente e forse pili
stridulo che melodico. Se a questo proposito ci sovviene il
ricordo di nostre favole, ci avviene Wlic.amente perch rac-
conti relativi a figure divine preclassiche dei Greci solo in via
eccezionale trovarono accoglienza nella loro letteratura classica,
66
La ricerca della regma
ma poi furono avvicinate al sentimento di umanit diversamente
da quanto avvenisse di solito per i grandi Olimpici. L'elemento
arcaico affiora attraverso lo stile omerico-classico e ci trasporta
nell'atmosfera di un mondo selvaggio, senza tempo, proprio di
un'antichissima poesia di miti.
n luogo selvaggio qui letteralmente presente. La posizione
di questa Aiaie, l'isola di Circe, viene data nell'Odissea con
parole che - gi lo sappiamo - la trasportano oltre occi-
dente e oriente. Ascoltiamo ora questa precisazione del
luogo D,
o (',ari, poich non sappiam6 dov' aurora, dov' il tramonto,
n dove Helios che splende ai mortali discende sotterra,
n dove risorge ...
Cosi si lamenta Ulisse, bench abbia vissuto nell'isola gi
parecchie aurore e tramonti. Ebbe poi un suo particolare fonda-
mento - un fondamento nella concezione mitologica della
configurazione del paesaggio - quando i Greci credettero di
riconoscere l'isola di Circe,
dove di Eos
sono la casa e le danze e di Helios la splendida aurora,
davanti alle coste occidentali d'Italia: nell'odierno monte Ciro
ceo. Questo si unito alla terraferma mediante una pianura
paludosa - le scomparse paludi Pontine -, tuttavia antica-
meDte De era separato appunto da essa, in modo da formare
un'isola selvosa. In qnesto promontorio circondato dal mare e
dalla palude, ricoperto ancora di boschi quando io lo visitai,
in nn paesaggio che al chiarore lunare, come io l'ho visto,
sembra fatato, poteva benissimo avere la sua dimora quella
grande dea arcaica, di cui scopriamo le fattezze in Circe, se
leggiamo attentamente il decimo canto dell'Odissea.
Non c' da meravigliarsi che Ulisse, iI quale aveva gi visto
La maga 67
salire il flllno dall'abitazione della dea - i megara di Circe -
dietro fitte hoscaglie, uccida un cervo straordinariamente
grande: una fiera gigantesca . Anche l'incontro, affatto
rale, con un tale cervo caratterizza una sfera determinata: la
sfera della grande dea dei luoghi selvaggi. Ancor pili ci ricor-
diamo della potnia theron, della signora delle fiere )), quando i
compagni inviati in missione raggiungono il palazzo di Circe:
V'erano intorno a esso lupi selvaggi e leoni,
che Circe aveva ammaliato con filtri cattivi.
N invero assalirono gl uomini, ma alzandosi in piedi
le lunghe code festosi agitavano.
E come intorno al padrone che viene da mensa
i cani scodinzolano, ch sempre d ghiotti bocconi,
cosi intorno a quelli i lupi e gli unghiuti leoni
scodinzolavano; ma essi temettero vedendo quei mostri.
Sono fiere incantate, trasmutate per mezzo delle tristi arti
di Circe. Erano in origine degli uomini? Lo ,apprende piu tardi
Euriloco, dopoch i compagni di Ulisse, gi tramutati in porci,
furono di nuovo trasformati in uomini. Ma anche possibile,
e pili fedele allo spirito di tutto il racconto, che ai visitatori
di Circe riservata solo e unicamente la trasformazione
in porci. Non che Omero abbia voluto qui fare il moralista,
come gi opinarono certi suoi antichi esegeti. Egli descrive
soltanto le possibili forme di essere entro il dominio di Circe,
e questa divina incantatrice ha da fare anche con la sfera ctonia,
come Demetra e Persefone, i cui animali sacri sono i porci.
Nel segno di Circe, che seduce e in questo sedurre anche etra,
pu capitare all'uomo appunto quello che accadde ai compagni
di Ulisse: il trasformarsi e il conseguente perdersi in un'esi.
stenza porcina. Ma quelle fiere incantate possono essere state
in origine ordinari lupi e leoni. Ci che esse hanno imp,arato
neII'incantesimo, dice molto: esse si rizzano in piedi e si tramu-
68 La ricerca della regina
tano negli animali araldici cultuali della potnia theron. Di
fronte ai compagni di Ulisse esse mostrano un comportamento
da cani, che tuttavia, a fian{!o di una grande dea, non disdice
a delle fiere favorite.
Arcaiche raffigurazioni della grande signora delle fiere, fian
cheggiata dai suoi selvaggi favoriti, fanno da sfondo alla molto
piu umana descrizione omerica Noi Don siamo incappati, dietro
]' opera d'arte, in una mitologia con la quale la poesia di Circe
non abbia pili niente a che fare. Poich questa poesia ci comu
nica in maniera piti uman.a .ancor sempre il particolare incanto
dell'antica figurazione mitologica. Intorno a quella grande dea
la magia era ancora una forza direttamente divina, non era n
fattura, n malia. Cosi la confenna un'altra descrizione di stile
omerico, la quale insieme ci mostra che la vergiuale Artemide
non l'unica erede, che lutto riassume, della preolimpica
potnia theron. Un inno omerico descrive Afrodite come signora
degli animali selvaggi:
a lei dietro
scodinzolando grigi lupi e leoni dagli occhi brillanti,
orsi, pantere veloci di caprioli mai sazie,
mossero. Nel vederli gioi la dea ne] suo animo,
e ad essi nel petto ispir desiderio d'amore: insieme
giacqueI"o tutti a coppie dentro le grotte ombrose.
L'inno ci mostra Afrodite, con un tale seguito, in un elevato
prato montano dell'Ida ricco di sorgenti, dove ha dimora
Cibele, la gran madre asiatica degli di e signora delle fiere.
Qui anche Afrodite pu essere soltanto una forma del suo appa
rire, come Anchise, che Afrodite visita e rende felice, pu essere
solo l'umanizzazione di Agdistis, la met virile dell'.antica dea
dai molti nomi, che si chiama anche Cibele. Il destino di Agdi.
stis fn la perdita della sna virilit, affinch il Iato femminile
nella figura della grande dea risorgesse onnipotente. Nel culto
La maga 69
di Cibele qnesta .grande signora dei monti e dei lnoghi selvaggi
esige apertamente il sacrifici .. della virilit. Questo il pericolo
che minaccia tutti i suoi amanti, tntti gli Attis. Ma ascoltiamo
l'ammonimento di Hermes, quando munisce Ulisse di rimedi e
di consigli contro l'incantesimo di Circe::
Ella impaurita t'inviter a coricarti con lei:
n tu dovrai rifiutare il suo letto,
acci che i compagni ti liberi e di te prenda cura.
Ma ehiedile giuri col gran giuramento dei numi
di non tramarti qualche altro triste malanno,
affinch, spogliato, ti renda codardo e impotente.
In tale azione Circe l'erede di una dea ancora pili grande.
E il suo incantesimo anch'esso eredit, in quanto ogni incan-
tesimo pu seguire soltanto alla potenza immediata di un incan-
tesimo divino. Quale divino incantesimo originario si presenta
la potenza dell'amore che tntto trasforma. In un felice incontro
amoroso potenza e amore si equilibrano, e anzi l'una anche
l'altro. L'amore infelice genera qnello squilibrio, che si mani.
festa come magia d'amore, come volont di svegliare l'amore
per mezzo della forza, in luogo dell'impersonale destarsi dell'a.
more come forza che domagli amanti. Ogni altro incantesimo,
tutta quanta la magia, sta sotto il segno della -pura volont di
potenza, ,ed secondario rispetto all'incantesimo d'amore.
Secondo queste considerazioni, Afrodite dovette essere la prima
incantatrice. Nella mitologia greca prime incantatrici sono la
nipote del Sole Medea e, prima di lei, Circe. Ma costei simile
ad Afrodite (che l'inno. omerico mostra in amoroso connubio
con Anchise, e l'Odissea nel letto di Ares) anche in ci, che
essa fa come Hermes aveva predetto..
L'immediato trapasso della malvagia incantatrice nella donna
amante crea la pili grande difficolt al moderno lettore del canto
di Circe nell'Odissea. Qui appunto non si tratta n di donna
70 La ricerca della reg.na
n di femmina della specie umana, e neppure di una virago
ordinaria, ma di una Incantatrice, e questa fatta in tal modo
che, non appena vengono attraversati i suoi cerchi magici, una
essenza ,afrodisiaca avvolge coloro che del resto sono fatati, non
esorcizzati. Il cerchio, quella delimitazione essenziale nell'in ..
terno della quale la potenza incantatrice crea il suo particolare
mondo magico, per cOSI dire intorno ,al palazzo di Circe, e
anche nel suo stesso nome. Kirkos, foneticamente corrispondente
al latino circus, che sta alla base di circulus, si chiama in greco
un volteggiante uccello da preda, e anzi una volta una specie
di lupo aggirante in cerchio, in Omero un falco. Kirke ) ne
il femminile. Un nome adatto a una figlia del Sole, poich
circolare il moto del Sole. Nel che anche gli Egizi ricono
scevano senza dubhio il carattere solare del loro sparviero del
Sole. Nell'incantesimo d'amore i Greci impiegarono un piccolo
uccello con voce di sparviero: il torcicollo, che per nell'azione
incantatrice facevano volteggiare in cerchio. Ci indica donde
anche l'incantesimo d'amore voglia attinger forza, cio da
quella potenza accerchiante nella quale anche Circe, in quanto
figlia, radicata.
Come incantatrice Circe non ha bisogno di rinnegare la
pria origine solare. Ella stessa certo non accerchia, al modo che
poteva farlo la signora delle fiere nella sua forma alata. Anche
nello stesso Omero appaiono talvolta ancora un dio o una dea
setto forma di uccello. Ma Circe, dobbiamo tenerlo per fermo,
rimane in tutte le sue azioni umana. Umana quando con la sua
potente bacchetta magica colpisce i compagni d'Ulisse e li rin
chiude nel porcile:
Ed essi di porci avean testa, voce
e aspetto, ma la mente era quella di prima.
E come piangenti furon chiusi, ad essi Circe
gett da mangiare ghiande e corniole,
che sempre mangiano i porci che dormono in terra.
La maga
71
E umana anche quando canta intenta alla grande tela)),
bench a questo seducente canto ci ricordiamo sinistramente
della voce mortalmente incantatrice delle Sirene. Ma il tessere!
Quanto p1i questo avvicina lei a una reale donna umana, che
non faccia l'eterno pettinare della Loreley!
poi un'altra questione se questa domesticit di nna dea, la
figlia di Helios e di Perse, appartenga soltanto al piano di uma-
nit, ovvero, tutt'al piu, soltanto alle doti di un'ordinaria inc.an ..
tatrice. Dmero fa precedere espressamente le relazioni di paren ..
tela di Circe, ed esse non vanno dimenticate. Un.a sorella ger-
mana (autokasignete) del feroce Aiete , che vuoI dire? Aiete
, a giudicare dalla parte che rappresenta nel mitologema del
vello d'oro, un re degli Inferi, il lato Ade di suo padre. Il suo
nome connesso, secondo la medesima legge di formazione, con
aia, la terra , come ad esempio l'appellativo di Apollo, Ai-
gletes, con aigle, la luce)). Se iuoltre nella coppia fraterna
di Aiele e Circe debba esser passato in eredit anche il carattere
solare de1 padre, ne consegue che, oltre il Iato oscuro, sotter.
raneo, la coppia deve avere una met chiara, celeste. Questa
met Circe. Solo apparentemente la sua domesticit la porta
gin sulla terra. Dobbiamo considerar meglio quel grande tes-
suto ).
Nel fortemeute mitologico ambito culturale del Nord, nel
quale si sono conservate anche le canzoni lettoni del Sole e i
runi dell'epos mitologico del Kalevala, filare e tessere sono occu.
pazioni caratteristiche della numerosa discendenza della dea
solare. In un'antica canzone svedese detto:
Donna Sole sedette su una nuda pietra
e fil sulla sua conocchia dorata
tre ore, prima che il Sole sorgesse.
72
La ricerca della regina
Nel 41 runo del Kalevala l'effetto cosmico del canto sciama-
nico di Vajnamojnen viene descritto nel modo seguente:
Della luna la donzella
e del Sol la bella figlia,
..se ne stavan al telaio
ed alzavan le spolette
stoffa d'oro a ricamare
e d'argento ad adornare,
sopra l'orlo d'una nube,
sulla cima del grand'arco.
(trad. PAVOLINI).
Con questo viene indicato come loro luogo il margine
del cielo. E che cosa tessano, ce lo chiarisce una canzone estone,
in cui il tessere l'attivit dell'cc antico padre , dell' antico
sapiente : il Dio creatore.
Il rovescio fu tessuto al mezzogiorno,
la piega nella casa dell'aurora,
il resto nell'atrio del Sole.
Lavorato al telaio,
danzato al pedale
un abito d'oro tessuto alla Luna,
un velo fulgido al Sole ...
Sarebbero dunque fenomeni di luce, che vengono filati e
tessuti in tal modo. Mai per si tratta della spiegazione mitolo
gica di un fenomeno particolare, bensi, come espressamente
attesta la canzone estone, della creazione del mondo. Si fila e si
tesse continuamente il mondo. Luce pu essere qui altret-
tanto poco la luce astronomica, quanto poco sotto il segno di
Helios giorno) il giorno astronomico. In questa luce, nella
compagnia di questi fenomeni di luce, si svolge la vita. Conforme
allo spirito della mitologia solare greca si dovrebbe dire che cosi
vien filata e tessuta la vita, una vita aurea, argentea, piena di
La maga 73
luce. Ci in realt corrisponde all'occupazione delle Moire.
Omero le chiama esplicitamente anche Klothes, le Filatrici,
mentre d'altronde per lo pili soltanto la prima di esse chia.
mata Klotho. Il verho che si riferisce a questo nome ha indub-
biamente come oggetto non il puro vivere, ma un contenuto di
vita carico di destino, come lo press'a poco il ritorno di Ulisse.
Esse sono li fredde dispensatrici del destino, come figlie asso-
ciate Dra ana Notte, ora a Zeus e alla giusta Temi. E una di
loro dev'essere sempre quella che prende a filare. In Delfo se
ne riconoscevano soltanto due: la Moira della nascita e quella
della morte. Lo stame delle Moire greche sembra filato non di
luce solare o lunare, ma di misura e di morte. Che tuttavia,
contrariamente a questa apparenza, si tratti di un filo di ori.
gine celeste, ce lo rivelano gli Ateniesi celebrando in un'iBcri
zione Afrodite Urania come la piti antica delle Moire.
Di nuovo Mrodite, e precisamente quella Celeste, ci ri-
conduce a Circe. L'afroditica incantatrice anche tessitrice.
Certamente non essa sola nell'Odissea: il che, trattandosi di
un ovvio genere di occupazione delle donne antiche, nou ha in
s nulla di sorprendente. Frattanto Penelope, colei che in appa-
renza la tessitrice puramente umana dell'OJissea, a un tempo
quella che disfa il proprio lavoro. Il suo tessere corrisponde a
questo riguardo al filare delle Moire. Forse anche il suo nome
di uccello (penelops significa anatra) tradisce qualcosa della
sua condizione preomerica: la fignra dell'anatra, posta in risalto
con tutti i mezzi nei vasi protocorinzi, accenna presumibilmente
a una grande dea dell'origine della vita e della morte. Ma noi
non intendiamo ora svelare i segreti di Penelope. Che tessere )
possa esprimere il .generarsi della vita umana o del corpo, lo
dimostra il comparire della tessitrice nelle simboliche pitture
funerarie delle tombe romane, e la parola greca mitas che desio
gna il seme virile come filo da tessere, ed il nome dell'antico
fidanzato c.biro.
74
La ricerca della regina
Si deve forse relegare la luminosa figlia del Sole nelle oscure
profondit donde scaturisce la vita, dove nuovi esseri vengono
tessuti con due diversi fili? Circe non , anzitutto, UDa divinit
materna. vero che si ricordano figli di lei: figli e una figlia,
Cassifone. Secondo il nome questa sarebbe la fratricida
(quasi un altro nome di Medea, la quale in tal caso - cosi
potrebbe ricostruirsi questa variante del mitologema - sarebbe
la figlia della coppia di fratelli Aietes-Circe). Ma noi, nonostante
la digressione, restiamo fermi alla fignra della Circe omerica.
E questa, di certo, non materna. All'incantatrice appartiene
piuttosto l'elemento atmosferico che non quello sostanziale-crea-
tivo della maternit. Questo elemento atmosferico, che ella crea
intorno a s gi col suo cantare, va riconosciuto come proprio
di un'etra, anche nel senso della rappresentazione omerica.
Circe inoltre colei che indica a Ulisse il cammino verso gli
Inferi, e anzi ve lo manda. Anche senza di ci 1'etra ha una
relazione con la sfera mortale infera - per limitarci a ricordare
di nuovo le Sirene -; l'una e l'altra cosa unite legano forse
Circe alla profondit ctonia molto pili di quanto lo farebbe la
sola maternit ...
Nell'autica Italia lo stretto rapporto tra morte ed etra par-
ticolarmente palpabile. questa un'intuizione immediata, altret-
tanto libera da intenti moralistici quanto in Omero la metamor-
fosi dei compagni di Dlisse. Plauto rappresenta nel Poenulus
la casa di un ruffiano: Puoi tu vedere qui ogni spece d'uo-
mini, come se andassi nell'Averno . In un'altra commedia,
Bacchides, il pedagogo designa la porta di casa di due giovani
libertine come porta dell'Averno , e cita - staremmo quasi
per dire - Dante, comunque l'antico precursore italico del
Lasciate ogni speranza voi ch'entrate: Poich nessuno vi
entra se non ha perduto tutte le speranze di poter essere ancora
un uomo dabbene. Non si tratta di un 'esagerazione plautina
( stato opportunamente separato lo spirito plautino dal pro-
La maga 75
verhio originario, ci che si fa anche qui), ma del riscontro
complementare di quell'intuizione che faceva decorare le pareti
delle tombe etrusche con scene lascive. A qnesto riscontro si
accorda anche il fatto che l'etra viene in latino chiamata lupa,
mentre 1'Ade etrusco compare in una celebre pittura funeraria
come dio Lupo. In corrispondenza con questa intuizione si
dovrebbe riconoscere in Circe stessa la lupa aggirante , tanto
pili che nell'Italia anlica essa moslra, come progenitrice di
prische divinit latine, una discendenza lupesca.
Una dea che tesse e di nuovo scioglie nascite e morti
- 1'etra mortale che procura il piacere e divora gli uomini -:
queste sono le possibili forme di una mitologia preomerica
t
greco-arcaica e in parte caratteristica dell'antica Italia, forme
sorelle che la figura omerica sfiora per poi spiccare tanto di pili
su questo sfondo oscuro. Circe rimane al margine di tutta questa
sfera ctoni.: ella non accompagna Ulisse agli Inferi, ve lo
manda soltanto. Ella relega soltanto i compagni di Dlisse nella
condizione terrestre di porci, ve li tiene quasi in una specie
d'inferno, ma lei n condivide la loro condizione, n assume
una corrispondente forma animale. Essa ha da fare con tutto
ci poicb opera la trasformazione, come anche la dea della
morte opera trasformazioni - soltanto pi1i sostanziali. Quello
che Circe opera e tesse non attiene alla sostanza, lascia intatta
la ragione di coloro che sono slati trasformati, rimane al
margine del reale, come l'incantatrice medesima, la quale vive
ai confini del mondo, ma sempre a una giornata di viaggio dana
zona estrema: da Oceano, dall'eterna Notte, dalla dimora di
Ade.
In contrasto con l'aspetto di lupa che divora, c' indubbia-
mente un altro modo di essere etra. Esso mostra di contro
all'antico italico, un aspetto greco di questa possibilit dell'es-
sere femminile. Non l'unico aspetto greco, ma appunto quello
che incontriamo nella sfera della celeste Afrodite. Afrodite "or-
76
La ricerca della regina
risponde proprio nella sua qualit di celeste, di Vrania, alla
grande dea orientale dell'amore, ed certo per questa ragione
che le sue ierodule, le etre del tempio, l'accompagnarono in
Grecia eome un'istituzione orientale. per altrettanto impor-
tante che gli Ateniesi riconoscessero in Urania la piu antica
delle Moire, e che il sno santuario sull' Acrocorinto - '1uesta
dtta'della celeste, sospesa in alto, che si doveva salire come
in pellegrinaggio per visitare le addette al tempio - entrasse
nel sistema dell'arcaico culto greco di Corinto. Arcaici sono
questi culti anche in d, che. il dio Helios nell'unione con Afro"
dite rappresenta una p,arte dominante. Oltre Rodi, Corinto,
insieme con le sue colonie, aveva la 'massima venerazione per
Helios. Rhodos, la dea dell'isola, era secondo Pindaro una figlia
di Afrodite. TI tempio di Afrodite sull' Acrocorinto fu fatto
costruire, secondo una tradizione, da Medea, una sovrana della
stirpe di Helios - e insieme di Circe - la quale, bench sol
tanto come nipote, prolnnga tuttavia la linea delle IIeliadi.
Tutto parla qui di nn' antichissima comunanza di culto che si
riflette anche nel fatto che Esiodo conosce, come custode del
tempio di Afrodite, quel Felonte che la dea slessa ha rapito con
s in alto. Senza il carattere solare nell'essenza di Urania, una
tale comunanza difficilmente sarebbe stata possibile. La giusti.
ficazione della presenza di simili etre in un santuario greco di
Afrodite -consisteva anch'essa soltanto in ci che esse esprime-
vano qualcosa di quell'essenza. A un ricco corinzio, che aveva
regalato cento di tali schiave sacre, Pindaro diresse un encomio,
che celebra esse, le schiave, in modo caratteristico con parole
che quasi descrivono un armento di mucche della dea. Il che
hen si accorda con la concezione mitologico-ier.atica. Difficile
sarebbe rendere in una traduzione il sentimento di venerazione
che nelle parole del poeta perfettamente intonato alla parli.
coIare situazione delle giovani donne sull' Acroconnto. Tuttavia
una cosa dobbiamo ancora tener presente prima di tornare a
La maga 77
Circe. Dopoch Pindaro ha descritto quella singolare forma di
esistenza, butta l queste parole: Noi abbiamo moslrato il vero
oro ...
Cogliere in Circe l'elra giuslificalo soltanto nel senso del
l'aurea esistenza acrocorinzia. E dobbiamo per di pin
trarci del fatto che in Circe s'incontra non il servire, l'imitare,
il rappresentare, ma l'essenza stessa. Ella mostra questa essenza,
quando rivolge a Vlisse le parole:
E quindi
saliamo sul mio letto, affinch mescolati
in amplesso d'amore, ci diamo fiducia.
in queslo punto non si parla pm In modo
particolare di riconciliazione, bensi di fidncia, di quel supremo
abbandono in un'aperta dedizione di se stessi (questo significa
la semplice espressione greca di fiducia) nella quale l'attributo
di vero D spetta anche al puro elemento corporeo - nel mede
simo senso in cui Holderlin chiama vero D il Sole. Appartiene
allo sfondo di Circe che essa possa essere anche falsa D, non
gi per riservatezza, ma in quanto ella si lascia andare oltre
la misura umana di Vlisse che si affida a lei, e lo annienla come
uomo. Perci ella deve anzitutto pronunciare il grande giura.
mento. Questo fa quando i cerchi della sua fattura magica sono
spezzali, ed ella ha soltanto se slessa. E noi vediamo la figlia
del Sole, dopo aver dalo il suo ultimo consiglio in spirilo di
verit, sollevarsi dal fianco di Vlisse nello splendore che le si
addice, indossare un manto argenteo
fine, grazioso, e cingere intorno ai fianchi una zona
aurea, bella e coprirsi la testa di un "elo.
L'assassina
Un 'incantatrice afroditica al margine del mondo - cosi
Omero ci descrive la prima delle figlie del Sole: Circe. Questa
anche la situazione vera di una Heliade dal punto di vista
della mitologia solare. Considerato mitologicamente il dio Sole
non gi il centro astronomico, ma la delimitazione del mondo,
che contesto dell'essere suo e di quello dell'uomo, ed ha
intorno a s uno sfondo di tenebre. Certo, questo sfondo
tenebra solo dal punto di vista dell'essere umano, ed esiste in
generale soltanto in questo contesto cosmico e non gi anche
per il sole astronomico. Se ci poniamo delle domande intorno
allo sfondo di tenebra, dal quale Circe emersa come figlia del
Sole e di una dea sconosciuta, se ci poniamo delle domande
intorno .a questa dea e allo sfondo di Circe medesima, tali
domande hanno un senso soltanto riguardo all'uomo nel mondo
e non gi anche all'astronomia. Ma in questo caso l'umano viene
di fatto concepito vasto quanto il mondo, sorpassante ogni indi.
vidualit, e spinto fino a quel margine dove Circe e Medea e
dee ancora piu grandi ci mostrano il loro volto. Seppure esse
realmente lo mostrino e non rimangano nella tenebra dello
sfondo ...
La posizione marginale di Circe pu intendersi anche nel
lIO
La ricerca della regina
.enso che dietro di lei sia da supporre anche una primordiale
madre ed etra, una dispensatrice di vita e di morte per noi
uomini, che per si risolva nella natnra afroditica della figlia
del Sole ., diventi qnalcos',altro, appunto un'incantatrice. Ci
sembr del tutto comprensibile che l'incantesimo in s possa
emanare dal carattere soIare-afroditico, l'intima essenza di Circe,
e che anzi, come effetto immediato, non come fattura , emani
unicamente da esso. Ma l'incantesimo della seduttrice Don era
,ema malvagit, era uno strumento della potenza e non del
]' amore, e dov essere spezzato da una forza piti grande, affinch
nella dimora di Circe potesse espandersi l'atmosfera della sua
essenza. Non si pu qui negare una oontraddizione. Vi qui
intorno a Circe un incantesimo malvagio, e appunto questo gli
antichi conoscevano come incantesimo ), Di dove proviene
esso, qual' la sua origine, l'origine della malvagit di una
Heliade? Come mai delle malvage incantatrici appartengono
alla stirpe solare, e Medea innanzitutto, che fu considerata la
pin malvagia?
Medea, la pin tenehrosa delle Heliadi, anzi di tutte le dee
greche in generale, non trov nessun grande poeta epico che,
in apertura di orizzonti vasta quanto il mondo di fronte alle
possibilit dell'essere, si avvicinasse a un Omero, il poeta di
Elena, di Calipso e di Circe, per non parlare qui delle dee
olimpiche. Tuttavia gli antichi lirici greci celebrarono ferma-
mente la divina figlia del figlio del Sole, Aiete. Per Pindaro
ella non affatto soltanto la straniera esperta d'incantesimi ,
bens! una dea e regina: la ( signora dei Colchi , che profetizza
con hocca immortale}). Thico e Simonide diffondono la fama
che Achille, ,assunto nell'immortalit, ottenesse in moglie non
gi Elena, ma Medea. nella omicida e vendicatrice del ciclo
mitico degli Argonauti, che smembra o fa smemhrare i suoi
persecutori o nemici, ci sembra appena concepibile, se quei
poeti non avessero conosciuto il senso originario dello smernbra-
L'assassina 81
mento: nel fratello fatto in pezzi il dio Sole che rinasce, nella
omicida colei che lo risveglia.
Una tale conoscenza non era impossibile ai tempi dei grandi
lirici; tuttavia ci non hasta a sciogliere questo che il pin
inquietante enigma della mitologia greca: l'enigma di una
divina omicida. Pensiamo per un momento non ancora propria ..
mente a Medea che uccide il figlio, della quale fu affermato
che sia una creazione di Euripide, ma soltanto alla fratricida.
Apollonio Rodio, il poeta epico ellenistico che non tratta pin
come m,ateria cosmica la spedizione degli Argonauti, similmente
a quanto Omero aveva fatto con l'avventura di Circe, ma la rie-
labora come soggetto letterario, per renderla accessibile al gusto
e alla comprensione di un puhhlico moderno: anche questo
che indora un oro originario, non pu allontanare dal
raggiante capo della verginale figlia del re l'oscuro velo dell' as-
sassina. Vi sono dati del soggetto mitologico, che penetrano a
forza anche nelle situazioni create da Apollonio. Ed egli non
pu fare a meno di costruire le sue nuove situazioni sugli antichi
dati, o di servirsi di questi come di materiale da costruzione.
un caso, ovvero un elemento di un antichissimo
di culto, quando nella descrizione degli inquieti pensieri del
l'innamorata Medea viene fuori d'improvviso il caldaio, nel
quale il Sole si rispecchia? A quel modo che il riflesso del Sole
rimandato dall'acqua del caldaio saltella qua e l - e cir-
cola! - nella casa, similmente faceva il cuore nel petto della
giovane. O non ha pili profonde radici nella mitologia il fatto
che la dea Luna - denominata da Apollonio Titenis, Ti
tanide - riconosca la propria sosia in Medea che di notte
ricerca il suo amato? Non solo io dunque ... comincia in
cielo il suo discorso la notturna Titanide, e con ci si affaccia
inevitabile la domanda se la figura mitologica della nipote di
Helios rappresenti in realt una bella e mortale variazione del
l'aurea melodia solare, ovvero, bench in stretta connessione
82 La ricerca della regina
col Titano del giorno, sia soltanto UJUl melodia argentea traUa
dal ciclo mitologico della luna. Ma il nucleo essenziale di Medea,
solare o lunare che sia, avvolto anzitutto da quella tenebra,
che le aleggia intorno anche in Apollonio.
II modo barbarico dell'uccisione, lo smembramento, il poeta
ellenistico lo tiene invero lontano dalla sua eroina, ed egli ne
mitiga la crudelt anche in questo, che nella sua descrizione
Medea si limita ad attirare il fratello, mentre Giasone ad uc
ciderlo. Ma poi Apollonio racconta la visita della coppia omi
cida a Circe. Gli Argonauti reduci in patria toccano anche quel.
l'altra Aia, l'isola Eea ( Aiaie ))) che in occidente. Li sor
prendono Circe nel momento appunto in cui lei si purifica in
mare dai sogni cruenti, che ha avuto come presentimento della
visita. Soltanto Giasone e Medea la seguono, gli altri eroi non si
lasciano sedurre dalle astute lusinghe della figlia di Helios. Ma
questi due si stabiliscono nella casa di Circe implorando prote-
zione. Medea si prende il volto neIIe mani, Giasone ficca in
terra la spada con la quale ha ucciso Apsyrtos.Fetonte. E sie
dono li, abbattuti, con gli occhi bassi.
Agli occhi e all'aureo sguardo di tutti i figli del Sole Circe
aveva riconosciuto Medea. Viene ora a conoscere anche la loro.
situazione e intraprende una grande cerimonia espiatoria, per
purificarli entrambi. Quanto volentieri ascolterebbe la lingua
della sua gente dalla bocca della giovane! La creazione di questa
situazione e la descrizione dell'incontro delle due donne discen-
denti dal ceppo solare colchico caratteristica in ApoIIonio.
Un'essenziale differenza originaria, conosciuta soltanto, non
creata da Apollonio, emerge in primo piano quando l'azione
sanguinaria di Medea non trova comprensione in Circe. Il rac
conto degli Argonauti ella lo ascolta, il fratricidio lo indovina.
E senza tener conto dell'avvenuta espiazione respinge dal suo
focolare e dalla sua casa colei che stata purificata. Del poste-
riore infanticidio non una sola volta si fa qui parola sotto forma
L'assassina
~
di profezia. Le due incantatrici di stirpe solare SODO divise da
qualcosa di essenziale: la differenza tra la rete e il coltello,
tra la seduzione e l'uccisione. anche se quest'ultima serva sol.
tanto al rinnovamento e al ringiovanimento dell'ucciso ...
Con la cerimonia purificatrice e la cacciata di Medea dal pa.
lazzo di Circe Apollonio delinea il problema che ha di fronte.
Una nipote del Sole dal mitologico Oriente - per Apollonio
la Titenis Aia, la terra dei T'itani - arriva in Grecia. Qui ella
viene onorata: in Atene, dove la si associa con Egeo, padre di
Teseo, il fondatore della citt, meno pubblicamente e piuttosto
nell'intimit di un culto familiare; in Corinto sulla rocca, nel.
l'ambito cultuale del puro dio Sole. Rrattanto ella arriv.a gi
macchiata del fratricidio, e tuttavia p u ~ a . La purificazione
presso Circe supera questa contraddizione e lascia che Medea
rimanga sempre l'omicida, con la quale la pura figlia del Sole,
Circe, anche dopo ]a purificazione, non ha niente a che fare.
Da Apollonio la fratricida conosciuta anche come infanticida,.
e certamente non soltanto attraverso Euripide. II gr.ande tragico,.
l'unico poeta in cui Medea trov un degno c,antore, avev,a gi
davanti a s lo stesso problema, ed egli non se lo rese piu facile
col porre in primo piano l'infanticidio.
Con questo Euripide si pose in contrasto con tutta la poste-
riore tradizione, la quale probabilmente gi prima di Apollonio
cerc di liberare la figura di Medea, oggetto di culto, dal peso
del suo passato omicida. Ma sarebbe stato possibile che lui per
primo imputasse 1'orrendo misfatto dell 'infanticidio a una dea,
che nel culto apparteneva alla luminosa sfera di Helios? Questa
ipotesi in s una mostruosit e non viene resa piu verosimile
dal fatto che il Giasone di Euripide scorga nel fratricidio la
preparazione deIl'infanticidio.
Poich salisti Argo bella.pr-ora,
ucciso al focolare tuo fratello.
Cominciasti di li ...
ll4 La ricerca della regma
Gi questo inizio rendeva difficile a comprendere come gli
Ateniesi potessero. accogliere nella loro citt santa la donna cosi
gravata di onta. Sarebbe stata assolutamente un'empia presun-
zione se Euripide avesse aggravato la sua eroina di 1111 nuovo
delitto, per poi farle domandare dal coro:
Come dunque la citt dai sacri fiumi,
e la terra che ospita gli amici
accoglier te infanticida,
tra tutti ]a piu empia?
E tuttavia avvenne cosi: il che costituiva una difficolt per la
comprensione logica e insieme religiosa, difficolt che poteva si
trovarsi in determinate situazioni di un culto tramandato da
tempi remoti, ma non poteva venire creata con la ragione.
Proprio la grandezza di questa difficolt deve avere attratto
Euripide. Alla fine della tragedia, quando Giasone cerca con la
spada la donna omicida, gli appare Medea snl cocchio tirato da
un drago, e accanto a lei i cadaveri dei figli:
Perch mai scuoti e sconficchi le porte,
dei morti in cerca e di me che li ho uccisi?
Non darti pena; se vuoi qualche cosa
da me, dillo: ma non mi toccherai.
Tal cocchio il padre di mio padre, Helios,
mi d in difesa da mano nemica.
Della sepoltura dei figli si preoccupa ella stessa:
a loro
con questa mano dar sepoltura
dentro il recinto di Bera, dea Aerea,
ch non li oltraggi un nemico e profani
le tombe. In questa di Sisifo terra
istituir una pia festa e mliile.:
per espiare quest'empio omicidio,
lo poi alla terra n'andl di Eretteo-,
e abiter con Egeo Pandionide.
L'assassina
&5
Anche per Euripide queste non sono soluzioni, ma dati della
mitologia e del culto, la cui natura problematica posta abba-
stanza in lnce nella replica di Giasone:
o donna odiosa, la piu detestabile
a me, agli di e a tutti gli uomini,
tu che trafiggere osasti i tuoi figli
e me uccidesti, privato di loro;
ancora guardi la terra e il Sole,
avendo osato l'azi.one piu empia?
E ancora piti acuto era questo prohlema, .accennato nel canto
col quale il coro cercava invano d'impedire l'infanticidio:
o Terra, e tu che tutto vedi
raggio di Sole, mirate mirate
la donna funesta, prima (:he la cruenta
mano getti omicida sui figli:
ch dell'aurea tua stirpe
sono germogli, e temo che sangue divino
sia versato da uomini.
Ma tu, .lu-ce divina, trattienila,
arrestala ...
In Medea infuria il gusto omicida di una Erinni. Come av-
viene che questo demone possa sussistere in lei accanto alla pura
forza solare? Tale la questione per Euripide.
La risposta si trova gi nelle prime parole della sua eroina
tragica. Ella chiama dall'interno, prima di apparire sulla scena:
o maledetti
figli di trista madre, possiate perire
insieme al genit-ore.
Questo possiate perire insieme al genitore si converte qui
in tragedia, in una manifestazione tragica della natura femmi-
nile, che non diminuisce la dignit di chi la compie. Al contra-
Hl>
La ricerca della regina
rio: colei che respinta dal suo uomo, colei che soffre la dura
separazione, ritrova, come per una spietata legge di natura, 5014
tanto in un separare ulteriormente e in un tagliare piu a fondo
quel complesso vivente, che un tempo era formato da lui, da lei
e dai figli, il proprio potere e la propria esaltazione. I figli, (che
prima esistevano per formare e continuare quel complesso vi
vente, non hanno piu senso per lei se non per servire a questo
potere, per venire sacrificati a questa esaltazione. E poich ap-
partiene a Medea iI gusto del sacrificio cruento, anche questo
sacrificio dev'essere cruento.
Essa parla deUe ragioni di questo fatto inevitabile, come
donna a donne:
Lui ch'era tutto per me - tu lo sai
rinse!, il mio sposo, il peggiore degli uomini.
Tra tutti i vivi e i pensanti noi donne
siamo la specie la piu disgraziata.
A grande prezzo d-obbiamo acquistarci
prima un marito e signore del corpo;
ma questo il peggio, e il maggiore pericolo:
buono o cattivo tenercelo. Infatti
non onorevole il separarsi
a donne, n ripud.iare il marito.
A nuove leggi e abitudini giunta
indovinar devi, ignara -da prima,
come il compagno convenga trattare.
Se ci r i e ~ i a fatica e lo ,sposo
non controvoglia sopporti il suo giogo,
degna d'invidia la vita; altrimenti,
meglio morire. Che quando poi l'uomo
si cruccia in casa coi suoi familiari,
mcito placa il disgusto volgendosi
a qualcbe amico o a .suoi coetanei;
noi invece abbiamo una !ODIa persona.
Qnesta descrizione pu nei dettagli dipendere dal gusto nel
tempo. Tnttavia la relazione deUa donna con l'uomo prescelto
L'assassina 87
neJl'amore porta con validit naturale alla medesima situazionf".
Di qui l'accentuazione della passione amorosa di Medea:
Travolgenti passioni
non dnno agli uomini
onore n virtu. Ma temperata
se giunga Afrodite, non ,altra dea
cosi gradita.
Giammai, o Signora, contro di me
scaglia dall'arco tuo d'uro uno strale
avvelenato di passione.
Me- prediliga temperanza,
il piu bel dono degli di;
n mai di litigiose ire,
di risse insaziabili
colpendomi Afrodite,
mi gelti su len altrui,
ma rispettando il pacifico coniugio
sorvegli accorta delle donne i talami.
All'appassionato attaccamento di una donna ,altera al vincolo
matrimoniale come a un dato di fatto naturale corrispondono le
trionfali parole cbe Medea rivolge a Giasone verso la fine:
Tu non dovevi, sprezzato il mio letto,
menar vita allegra e deridenni .
E cosi ella rimane in Euripide, nonostante l'infanticidio col
quale punisce lo sposo, e anzi proprio in virtli di esso, degna di
se stessa, dell'alta nipote di Helios. Ovvero, considerata da
un punto di vista puramente um,anO:
Nessuno creda me volgare e debole
e tranquilla, bensi di opposta indole:
grave ai nemici e agli amici benevola.
Solo di tali la vita onorevole.
Questa soluzione del problema di una Heliade che uccide i
proprii figli, un 'intuizione di Euripide. Una soluzione hen
S8
La ricerca della regina
efficace! Ma aveva essa un fondamento anche l, dove Medea
era infanticida prima che apparisse sulla scena, vale a dire nel
cnIto? Euripide stesso ricorda che la popolazione di Corinto
celebra ( una pia festa e misteri per espiare questo omicidio ),
e indica anche il luogo del seppellimento, dove quella celebra-
zione aveva luogo: il sacro recinto di Hera Aerea sull'Acroco-
rinto_ Una parola che egli qui impiega (tele). accenna a una
mistica festa. Un tardo scrittore, F'ilostrato neI suo H'erDikos,
la paragona con il lamento estatico nei misteri. Vien fatto una
volta perfino il nome di Adone, che veniva pianto in modo
simile.
Dello svolgimento della celebrazione sappiamo soltanto che
annualmente selte fancinIli e setle fanciulle venivano portati
nel santuario di Hera, e li dovevano passare l'intero anno,
come in esilio o nella morte. Il mitologema, sul quale ci venne
fondato, ci rimasto. Medea nascose i suoi figli, una volta nati,
nl santuario di Hera. Ella credeva - cosi ancora si aggiunge
nella tarda redazione, a noi tramandata, del mitologema - che
con ci i fanciulli divenissero immortali; ma Giasone, quando
scopri lo strano modo di agire di sua moglie, la ripudi_ Questo
rendere immortale nascondendo non era dunque un'innocente
azione di Medea. La ripetizione di quest'azione per mezzo di
quella simbolica offerta di quattordici fancinIli e fanciulle, il
mistico lamento e 1'esplicito carattere funerario di tutta la festa,
non lasciano presagire nulla di buono_ L'unico dato, col quale
si pu paragonare in suolo greco questa offerta, il sacrificio di
fanciulli e fanciulle ateniesi che, in numero pari a quello ei
corinzi, venivano spediti a Creta nel labirinto e divorati dal
Minotauro.
Si possono ricordare anche altre analogie mitologiche. Nella
precedente storia familiare della nipote di Helios era accaduta
gi una volta che un avo facesse scomparire i suoi figli appunto
dopo la nascita: era Crono, che divorava i propri figli. Azioni
, I
r
::
L'assassina 89
siffatte sembrano essere familiari nel medesimo ciclo mitolo
gico, al cui centro si trova il Sole. TI Minotauro - con altro
nome Asterios o Asterion, lo stellato)) -, che divorava i
figli degli Ateniesi, era figlio della figlia di Helios, Pasifae_ Al
labirinto legato anche il nome della figlia di Pasifae, Arianna,
la nipote di Helios. Ma la somiglianza, e a un tempo il contrasto.
tra la figura di Medea e quella di Arianna ce li sottolinea Apol-
Ionio Rodio, quando al suo Giasone fa raccontare della cretese
figlia del re e fa quindi pronunciare a Medea le piu impressio-
nanti parole del suo poema: lo non sono eguale ad Arianna!
Medea l'antiarianna, colei che riconduce i neonati alla
morte, non come Arianna i gi morti all.a vita. Al centro delle-
raffigurazioni del labirinto nelle monete cretesi si vede talvolta
in luogo del Minotauro, o della stella che accenna a lui, la falce
della luna. Il sette un numero lunare: sette giorni significano
un quarto della luna, due volte sette il crescere o il calare della
stessa. La ripetizione annuale della festa corinzia vieta, s'in-
tende, di pensare a una semplice imitazione della luna nel suo
declinare e occultarsi. Nel caso vi sia in ci un rapporto COli
l'oscura met lunare, esso dev'essere collegato anche con un
rapporto al Sole. L'aspetto mortale, che veniva posto sott'oc
chio nel santuario di Hera sull'Acrocorlnto mediante l i m i t a ~
zione della scomparsa dei figli di Medea, rientrava di sicuro in
una connessione phi complessa di quanto non fossero propensi a.
credere i sostenitori di una mitologia astrale. Nella stessa Medea
l'aspetto stellare e quello umano sono visibilmente intrecciati.
E noi non siamo ancora in grado di fissare il posto di lei in quel
grande contesto formato dall'essere del Sole e dall'essere
dell'uomo.
Nel culto corinzio essa era un'occultatrice di figli, ci ohe
soltanto un'espressione attenuata per dire infanticida. In questo
infanticidio accadeva come nel fratricidio: dopo la scompar;a
avveniva la ricomparsa. Nel segno di Medea o di un'altra dea?
9() La ricerca della regina
Noi l'abbiamo sempre incontrata soltanto nell'esecuzione di una
azione mortale, anche se questa - come nel caso del fraleUo -
serviva al rinnovarsi di colui che vive in eterno. Il suo posto
l dove ella riduce in pezzi, dove il vivente tagliato e spartito,
dove viene ucciso. Ma noi la incontrammo anche in connessione
con altre dee: suIl'Acrocorinto con Hera. Appunto l essa deve
aver fondato il tempio di Afrodite. Ad ApoIlonio Rodio eIla
appariva come sosia deIla dea Luna. Ed ella , per lui e per
tutta l'antichit, soprattutto una sacerdotessa di Ecate. Forse per
mezzo di queste dee, o di una o dell'altra di esse, possiamo ap-
prendere qualcosa di piIi intorno a Medea.
Ecate in tutta la sua essenza esprime qualche cosa di lunare,
e in Euripide la dea familiare di Medea. Ecate che la donna
ahbandonata supplica insieme a Temi con l'invocazione si.
gnora Artemis, come sue testimoni nel giuramento. La. lon
tana)) dea (tale il il significato del nome Ecate ))), colei che ha
scelto i crocicchi e i trivi per i suoi vagahondaggi e le sue appa-
rizioni, colei che accerchia a mo' di cane selvaggio, in casa di
Medea prende il posto di Hestia, la dea del focolare:
per la signora che onOTO .su tutte,
Ecate, e scelsi mio aiuto, e che abita
nei penetrali del mio focolare -
cosi giura Medea in Euripide. A ci fa riscontro in Apollonio il
fatto che ella dimor.a costantemente nel santuario di Ecate come
sua sacerdotessa. Ecate l'ha istruita, da costei Medea apprese la
scienza delle erbe magiche, la preparazione dei veleni e con-
travveleni. La magia di Medea piuttosto una scienza, quella
di Circe un',arte. A Ecate appartiene la non-apollinea scienza
segreta, in lei l'aspetto lunare mostra la sua esperienza delle
uscite e deIle entrate pili segrete, dello sbocciare e dello spe-
gnersi della vita.
Con ci si spiega la tradizione 'dominante intorno alla madre
L'assassina 91
di Medea. Sussiste la possibilit che la coppia fraterna Aiete-
Circe fosse in origine anche coppia coniugale e Medea, col nOUle
di Cassifone la fratricida , una figlia di Circe; tuttavia que-
sta possibilit non ha trovato posto nella concezione classica.
Sofocle conosce come sposa di Aiete Neaira col nome di Luna
nuova, ma forse soltanto come madre deIl'ucciso frateIlo
Apsyrtos-Fetonte. Anche in Apollonio costui ha una madre di-
versa da Medea. EIla si chiama Asterodeia, colei che vaga
intorno come stella o sotto le steIle . La madre di Medea
porta in tutta quella che divenuta la tradizione dominante il
nome univoco di Idyia o Eidyia, l'esperta. Un tale nome
conviene alla Luna, quando venga considerata sotto l'aspetto d
Ecate. Se una volta Ecate designata addirittura come madre
di Medea, ci supera soltanto nell'espressione queIlo che in so-
~ t a n z a gi da prima era certo.
Mrodite, che abbiamo parimenti incontrato nell' essenza in-
tima di Circe, s'impadronisce di Medea come dall'esterno: la
ammalia. Euripide e i poeti epici si servono di lei per spiegare
il legame passionale deIla loro eroina con Giasone. Ed una
significativa trovata quando in Valerio FIacco, il rifacitore ro-
mano della spedizione degli Argonauti, Afrodite appare nelle
sembianze di Circe. Ma non solo poeti pili tardi, bensi anche
Pindaro descrive particolareggiatamente l'intervento di Afrodite.
I tratti solari dell'incanto d'amore, che essa rivolge contro la
esperta vergine lunare, risaltano particolarmente belli nella rap-
presentazione di Pindaro: per ]a prim,a volta allora - cosi
press' a poco suona questo luogo della quarta ode Pitica - la
signora degli acutissimi dardi, ]a dea nata presso Cipro, port
daIl'Olimpo tra gli uomini il variopinto torcicollo, l'uccello
dell'amore delirante, incatenato in modo indissolubile al cerchio
di una ruota solare a quattro raggi, e insegn a Giasone l'arte
di supplicare, che era al tempo stesso uno scongiurare, per cui
Medea perde il rispetto dei genitori, e il desiderio deIl'ElIade
92
La ricerca della regina
flagella e sospinge lei, l'ardente, con la oferza di Peitho, ancella
di Afrodite e dea della persuasione ...
nn ,genuino mito lo gema sulle origini quello che pindaro
ci racconta. Afrodite port gin in terra l'incantesimo solare,
affinch la lunare nipote di Helios toccasse in sorte, in virtn
della sua forza ammaliatrice, all' eroe solare Giasone. Alle altre
cause del suo destino ci conduce tuttavia soltanto il legame di
Medea con la dea che anche presso Pindaro la promotrice
della spedizione degli Argonauti e - come i posteriori poeti
epici dicono espressamente - muove Afrodite: Hera. Gi
l'Odissea a conoscenza che Hera portava amore a Giasone.
Ci viene completato dalla narrazione corinzia, che Zeus ,amava
Medea e costei lo distolse dalla fedelt a Hera. Tutto questo
legame delle due dee - un paranelismo nella loro relazione
con Giasone e una comunanza d'interessi che si manifesta liuI
1'Acrocorinto' perfino in una comunit di culto - deve avere
ragioni pin profonde che non quelle soltanto poetiche.
Una comunanza di culto, come quella di Hera e di Medea
sull'Acrocorinto, pensabile in generale solo sulla base di
un'intima affinit, dell'uguaglianza essenziale delle due dee,
ovvero della loro reciproca integrazione. A Hera, la cooperatrice
di Giasone e protettrice del matrimonio, corrisponde Medea
- la cooperatrice di Giasone, colei che vendica la violazione
del matrimonio con l'uccisione dei figli - proprio in quel punto
,",senziale in cui Euripide intui la soluzione del suo problema.
Egli la rappresent sotto il seguo della comunanza di culto
corinzia, vista parimenti attraverso Rera. Egli fece ci, senza
sottolineare in modo particolare il legame della barbarica
nipote del Sole con la grande dea olimpica. questo un rapo
porto assai singolare, il cui fondamento nell'essenza delle due
dee probabile dovesse anche rimanere segreto. Infatti dal
punto di vista della religione olimpica doveva sembrare strano
.:!l
L'assassina 93
che Medea l'assassina potesse rappresentare le leggi della
sublime sfera di potere di Hera.
La Medea di Apollonia faceva questo in modo meno crudele,
ma egualmente esplicito, che la Medea di Euripide. La situa
zione, che deriva dal fatto che le leggi di Hera debbono venire
attuate nella seduzione di Medea malgrado l'intromissione di
Afrodite, doveva produrre un effetto quasi ridicolo, se non fosse
stato da intendersi dal punto di vista della dea del matrimonio.
Medea non viene rapita come Persefone. Ella segue Giasone, cui
ha dato aiuto per amore. Quando poi gli Argonauti fuggitivi
vengono raggiunti dai Colchi nella terra dei Feaci, Medea sup
plica la regina dei Feaci Arete di non consegnarla agli inse
guitori e al padre. Arete cerca di persuadere in tale senso il
suo sposo, il re Alcinoo. Essi discutono confidenzialmente nella
notte la difficile contingenza. Alcinoo prende la decisione: nel caso
Medea sia gi moglie di Giasone, non verr restituita. Ma se essa
non sia ancora sposata, dovr tornare ad Aietes. Il re si addor-
menta con questa decisione. La regina sorge dal suo fianco e fa
pervenire a Giasone la notizia.
Soltanto in seguito a ci viene celebrata in tutta fretta la notte
nuziale di Medea. Non si tratta appunto n di ratto n di libero
connubio, ma di matrimonio, quello che avrebbe dovuto con
cludersi nella casa paterna di Giasone. Questa sarebbe stata
l'intenzione dei due. Ma ora Ii stringe la necessit: la decisione
di Alcinoo. La tirannia della situazione non pu venir superata
facilmente, bench il poeta facesse di tutto per farla dimenti.
care. L.a grotta di Makris, una divina nutrice di Dioniso, viene
scelta per la celebrazione delle nozze. Sul letto nuziale splende
il vello d'oro, il manto dell'ariete solare, il cui fulgore riempie
di dolce desiderio le ninfe, che si affrettano sul luogo. Esse
portano fiori, mandati da Hera. E gli eroi canlano il canto
nuziale, accompagnati dalla cetra di Orfeo. Cosi Hera onora il
94
La ricerca della regina
suo favorito e anche lei, insieme col suo mondo - il mondo
del matrimonio con le sue leggi -, vengono onorati.
La comunanza di culto delle due dee suI!' Acrocorinto sarebbe
dunque da intendere nel senso che Medea col suo tetro culto
trov accoglienza nel sacro recinto della moglie di Zeua come
una barbara rappresentante del mondo di Hera? Vi giUll:'\C
ella soltanto con la leggenda della spedizione degli Argonauti
e con Giasone, l'eroe favorito da Her.a? Giacch del carattere
barbarico del culto di Medea i Corinzi rim,asero sempre consa-
pevoli. Essi chiamavano semibarbari i figli di Medea, ono'
rati col sacrificio dei loro propri figli. Se quel sacro recinto fosse
appartenuto in origine soltanto a Hera, la maestosa dea olim-
pica, costoro avrebbero avuto scarse prospettive di esservi accolti
a causa del loro padre Giasone. Contro una tale ipotesi p.arlanl>
sia lo stretto rapporto di Medea - e non gi dell'olimpica
Hera - con Helios, la cui presenza determina l'atmosfera cul-
tuale dell' Acrocorinto, sia la slessa tradizione.
L'Ella de arcaica conosceva diversi mitologemi circa l'origi-
naria ripartizione del mondo e distribuzione dei domini e dene
regioni a diverse divinit. Soltanto poche di queste narrazioni
ci sono rimaste. Raccontano a noi uomini antiche leggende
- cosi suona un tale mitologema presso Pindaro - che qnand<>
Zeus e gl'immortali si divisero la terra, Rodi non fosse ancora
visibile snllo specchio del mare, ma !'isola stesse nascosta nelle
salse profondit. E poich HeIios non era presente, nessuno gli
assegn una parte. Cosi lasciarono lui, il dio puro, senza una
terra propria ... Quasi! Poich quando Zeu, per amore del"
dimenticato vuole intraprendere una nuova asse.gnazione, HeIios
vede emergere dalla superficie del mare nna terra, e la sceglie:
l'isola di Rodi.
Nessun altro racconto avrebhe potuto esprimere in modo pIU'
efficace di questo la posizione di Helios alla periferia del mon,!o
divino dominato da Zeus. I Corinzi avevano evidentemente-
L'assassina 95
un'altra immagine del mondo, nella quale il dio Sole aveva
una parte decisiva. Secondo una loro tradizione, riferita dal
poeta epico Eumelo e dopo di lui anche da un antico compo
nimento prosastico, Helios distrihui la sua porzione del mondo
in tal modo che uno dei suoi figli, Aiete, ottenne ci che per
i Corinzi rappresentava sicuramente il centro del mondo:
Corinto stessa. Soltanto pin tardi costni si sarebbe ritirato nella
Colchide, al margine orientale del mondo. per questo che sua
figlia Medea pot pin tardi con pieno diritto regnare in Corinto,
e Giasone soltanto ,8 causa di lei sarebbe stato riconosciuto
come partecipe della sua sovranit. Non il Greco condusse
- cosi sapevano i Corinzi - una barbara dall'Oriente introdn-
cendola come dea straniera nel mondo dei culti acrocorinzi, ma
la singolare figura di Medea, in quanto figlia di un figlio del Sole
e regina, vi era di casa e legittimava il suo sposo ellenico.
Questa tradizione signi:fic,a, tradotta in una concezione reli-
giosa immediata, che l'Acrocorinto ero considerato come l'Aia
di Aiete, come una terra del Sole - soltanto non al margine
del mondo, ma sospesa in alto. Ogni luogo del mondo antico,
dove diversi santuari vengono riuniti in un.a zona di culto che
come paesaggio omogenea, una terra mitologica: esso
esprime allo stesso modo un aspetto del mondo - talvolta molto
complicato, ma sempre significativo - come lo esprime un
mitologema nelle sue diverse variazioni. Sull' Acrocorinto fu
creato un sopramondo celeste, una sfera del Sole, extraspaziale
ed extratemporale, la quale poteva stare egualmente bene al
centro come essere trasferita al margine: un aspetto del mondo,
in quanto la totalit del mondo poteva venire guardata anche
dal punto di vista della sua genesi come da una sorgente origi-
naria fuori del mondo.
Il mondo acrocorinzio della genesi ci si mostrato, nella
considerazione intorno a Circe, sotto il segno dell' Afrodite
celeste. Ora vediamo che anche quel sopramondo possiede
96 La ricerca della regma
almeno ancora un altro aspetto, che parimenti connesso col
Sole e tuttavia molto meno solare che lunare. Sono qui visibili
due lati, che s'integrano a vicenda. Eppure non stanno, ad
esempio, da un lato la vita e dall'altro la morte, bensi qni Afro
dite e l Hera. Si tratta in ambedue i lati di ricchez'ze e misteri
dell'essere, che non si possono interamente esprimere con un'u-
nica parola, nemmeno con la doppia parola vita e morte .
Le civilt preelleniche credettero di poter afferrare tali
misteri senza dubbio piu per mezzo degli eventi celesti, per
mezzo dei destini delle stelle; i Greci, invece, piu per mezzo
<Ielle figure umane. Pei rappresentanti delle due diverse conce
zioni del mondo l'esistenza umana era radicata in un essere tra-
E-cendentale di natura stella re - per esprimerlo in greco: Urano
e Gaia. Essi potevano perci dire del Sole e di tutta la sua
parentela celeste quello che C. F. Meyer, o prima di lui Gian
giacomo Rousseau, diceva dei propri genitori: Tels furent les
auteurs de mes jours , questi furono gli autori dei nostri giorni.
Come figura apparve tuttavia ai Greci, in un mitologema che
esprimeva orribili misteri intorno all'origine ( dei nostri
giorni , non la Luna stessa in quanto dea, ma una Medea.
M,a nemmeno la Titanide, quale sempre rimasta Medea,
soddisfaceva l'esigenza greca di cosi elevate e pure soluzioni dei
problemi e dei paradossi dell'essere, quali li rappresentano le
figure delle divinit olimpicbe. Come il Sole, cosi anche la sua
nipote doveva inserirsi nell'ordinamento olimpico. Hera si pose
accanto alla sua precorritrice barbaric-a, o in ogni caso arcaica,
e l'avvolse della santit del suo proprio mondo. Ci avvenne
sulla base di un'effettiva affinit essenziale, che aiuta a sciogliere
l'enigma di Medea, allo stesso modo cbe il lato .afroditico nel
l'essenza di Circe facilita la comprensione di questa figlia del
Sole. Circe e Medea sono ambedue in certo qual modo soltanto
<lei gradi preparatori, e cosi dobbiamo intenderle. I gradi pili
elevati si chiamano Hera e Afrodite.
La met
Invano cercheremmo nella mitologia greca il male personifi.
cato, un essere che rappresenti la malvagit in s. La genealogia
esiodea presenta dal lato del Caos, della tenebra e della Notte,
tutta una serie 'di figure letali, o figure infonni, compreso
Thanatos, la Morte stessa. Ma mortale non ancora, in s, dia-
bolico. Gli di <lei destino e della morte, il Sonno e i Sogni, le
Esperidi e la Nemesi: questi figli della Notte sono di sicuro
non univocamente degli spiriti malvagi. I rimanenti di questa
serie di fratelli sono anch'essi piuttosto neutrali: necessit ele-
mentari, come Illusione, Amore e Vecchiaia, ovvero - come
Momos e Oizus : Biasimo e Affanno - punizioni, dalle
quali l'umanit viene colpita, forse per a proprio vantaggio.
Soltanto di Eris, la Discordia, dice Esiodo espressamente nelle
Opere e i Giorni, ve ne sono di due specie: una buona e una
cattiva. Cosi anch'essa non ancora in s diabolica, ma tra i
suoi figli la malvagit viene gi in primo piano: accanto alle
Piaghe, che in s possono essere senza malvagit e pur,amente
mortali, anche Phonoi e Androktasiai l), in una parola
J'Omicidio.
Letale non senz'altro malvagio: indnbhiamente malvagio
l'Omicidio. Dall'altro lato della genealogia esso presente
98
La ricerca della regina
per la prima volta con i misfatti di Crono. Ci non significa in
, ancora che Crono sia il Malvagio. Al suo nome persino
associata la felicit dell'et dell'oro, una felicit senza alcun
gusto concomitante del male. Le sue azioni omicide sono certo
cattive, ma non di un unico e dello stesso genere. U TI' azione
di queste era il separare: separare la primitiva unit generante
di Urano e della madre Gaia, e recidere le virilit del padre.
L'altra azione efa l'incorporare: il divorare i propri figli. Se
ci gli fosse riuscito di fare con tutti i neonati, avrebbe in un
certo senso ristabilito la felice condizione primitiva, in cui i
genitori erano uniti: avrehhe conseguito un non.progredire, un
eterno rimanere nella stessa felicit. Considerata dal punto di
vista del nostro mondo sviluppantesi nel tempo, sarebhe stata
una mostruosit - tuttavia soltanto la mostruosit dell'et del-
l'oro. Cosi la seconda azione sta contro la prima, e quella prima,
l'azione della falce che divide, omicida e cruenta, si rivela come
la prima propriamente malvagia ...
Il prohlema che si affacci dopo la considerazione SlI Circe
e che s'impone in modo assoluto dopo la conoscenza fatta di
Medea, concerne la malvagit. Di dove proviene la malvagit di
una EIiade? Questo dovevamo chiedere anzitutto in relazione
all'incantesimo di Circe, e ora chiediamo in generale circa il
sorgere del male in una dea. La magia di Circe era WlO stru-
mento di potenza, che toglieva alle vittime la loro libert e la
dignit della loro propria forma, che le divorava. La potenz,a
in s qualcosa che divora, il che rispetto a ci che prima era
fuori, certamente demoniaco: il secondo tipo di malvagit
nel senso del mitologema di Crono. Nello sfondo di Circe stava
nascosta anche l'Etra che divora, la Madre che tesse, la quale
in pari tempo colei che di nuovo disfa, colei che ringhiotte
ci che ha inghiottito. Soltanto, la sorgente della sua magia
era qualcosa, di cui nulla che vivo pu essere spossessato e
liberato: cio la sua natura solare, Helios in essa! La volont
La met 99
di divorare doveva venir dominata, affinch il male si risolvesse
in un'esistenza puramente solare e aurea.
Cosi Circe al margine occidentale del mondo attira con forza
t'olare nell'ambito del suo potere divorante gli esseri viventi, se
essi non sono alla sua altezza. E quelli che lo sono? Essi ritor-
llano attraverso il mondo degl'Inferi. forse in questo Circe
soltanto una copia di sua madre Perse, la misteriosa regina?
Dovremmo crederlo, giacch nelle generazioni divine, madri,
figlie, nipoti mai sono tra di loro del tutto dissimili. In questo
easo per noi ,abbiamo forse incontrato anche un' alt:r;a copia
della sposa del Sole. Medea, la figlia di re, al margine orientale
del mondo, la legittima regina della citt solare di Corinto,
caduta nell'incantesimo ,afroditico, che scaturisce dalla natura
solare. Ma la sua essenza e la sua magia sono lunari. Un essere
notturno, che tocca la malvagit di Crono in questo, che Medea
{( nascondeva i propri figli: quasi volesse trasmutare la notte
in una felice eternit, allo stesso modo che quello l'aureo giorno.
Anche Medea si muoverehbe nel cerchio del secondo tipo di
malvagit, della potenza che divora, se non fosse rivolta all'O-
riente, alla separazione. E cosi ella appare assai piu terribile
di Circe: come la vendicatrice del fallito divorare. forse la
cosa piu terribile e malvagia in genere: ammazzare perch la
propria potenza fallisce, uccidere come forma estrema del domi-
nio. E proprio questo nel segno della nobile e pura regina
degli di, Hera! Giacch, tuttavia, per entro l'antico ciclo della
mitologia solare Medea era forse soltanto colei che divora i
propri figli, e in ci non piu scellerata di Crono; e quando
faceva in pezzi il dio Sole - originariamente, di sicuro, non
piu persone, Apsyrtos, Giasone e suo padre Aison, bens! in una
stessa persona padre, sposo e fratello - ci faceva soltanto
perch senza separazione non viene ad effetto nessuna nuova
nascita, e anche l'azione piu malvagia, o m i c i d ~ solo malvagia
rispetto all'unit originaria ... Soltanto sotto il segno di Hera la
100
La ricerca della regina
omicida ci si presenta con un'azione della vera morte, e non
della vita che si rinnova, e potremmo dare alla nostra domanda
la formulazione virgiliana: Tantaene animis coelestibus irae?
l'ira cosi potente nell'animo dei celesti?
il problema di Hera che Virgilio rappresenta, ,anche se
egli la chiama col nome romano di Giunone. Noi parliamo in ogni
caso soltanto di Hera olimpica, figlia di Rea e di Crono, la
nipote di Gaia e Urano. Ma non dobbiamo in tal caso dimenti.
care del tutto che senza un'affinit essenziale ella non avrebbe
potuto essere identificata con la dea romana, e che Giunone
domina il periodo della luna nuova. Sappiamo infatti che il
suo nome equivalente a quello della madre dei figli di Helios:
Neaira. Enumerare gli altri suoi tratti lunari sarebbe facile:
tuttavia la premessa di una nuova ricerca intorno a Giunone
sarebbe quella stessa intorno ad Hera. La nostra ricerca deve
prestare attenzione all'aspetto lunare nell'essenza dell'olimpica
regina degli di, anche se la ricerca stessa non tenda a un 'inter*
pretazione mitologico*astrale di Hera e Giunone come divinit
lnnari nel senso di Mene, Selene o Luna. Per quanto riguarda
Hera, rimane abbastanza singolare che sua madre Rea nell' Asia
Minore rechi come Grande Artemide tratti prevalentemente
lunari e che a lei stessa venga attribuita per figlia anche Ecate.
La particolarit della situazione mitologica di Hera sta ora
nel seguente paradosso. Accanto allo Zeus olimpico, che non
affatto identico a Helios, essa Don pu essere una donna lunare
e una sposa del Sole, come quella misteriosa i cui tratti si sono
delineati nella figura di Medea, e ci nondimeno Hera pot, pro
prio nella sua relazione con Medea e nella sua qualit di regina
degli di, essere la regina ... D'altro canto Zens porta l'appel.
Iativo cultuale di re non in quanto olimpico ma in quanto
infero , katachthonios , e in questa qualit sembra apparo
tenere alla coppia ctonia di Demetra e Persefone come marito
della figlia, la lunare regina degli Inferi. SuIl'OIimpo egli
La met
101
padre degli uomini e degli di . In corrispondenza di ci
anche Hera porta il titolo di regina soprattntto nel culto, ma
sull'Olimpo essa la sposa, con un 'accentuazione e un rilievo
di questa dignit, che rende come snperflno il risaltare delle
altre. In Omero la regina rimane a tal punto nello sfondo
di un'immagine rappresentante semplicemente la cc sposa, che
alla fine c' da domandarsi in generale - e questo appnnto
il paradosso della situazione - se la regina titanica, la primi.
tiva realizzazione di questa possibilit dell'essere femminile, sia
d.a riconoscere in Hera la sposa, ovvero non venga in questione
a tale riguardo la fignra di nna dea tutta diversa. Medea era gi
solo 1m aspetto della sposa di Helios accanto all'afroditica
Circe ...
Le scene coniugali tra Hera e Zeus sono nell'Iliade prodotte
da uno spirito nient'affatto parodistico, ma da quello spirito
omerico che solleva anche la tragedia a un'altezza pur,a e serena
e fa risuonare il liberatore riso degli di sn ci che gli stessi
eroi piangerebbero. AI poeta preme a tal punto la raffigurazione
di una situazione coniugale elevata al piano extratemporale
dell'archetipo - non gi al piano di un paradigma morale! -
d.a subordinare, per cosi dire, gli di a questa situazione, e far
loro rappresentare la parte di coniugi, come sono; da farli
quasi giuocare e appunto con ci mettere in risalto l'idea di
sposo e di sposa . Solo nello spirito di questo ginoco
nel reguo di una validit extratemporale - dell'eterno. umano,
si potrebbe anche dire, ma riferito a un piano pin profondo, nel
quale giuocano delle forze che trascendono la vita indivi.
duale - diventa del tutto comprensibile la famosa scena coniu-
gale del primo. canto.
la dea Tetide, la figlia del vecchio marino Nereo, che pone
Zens ]n una penosa situazione. In uno degli avvenimenti titanici
102 La ricerca della regina
che sono sempre soltanto accennati, svoltisi nella vita familiare
di Zeus con Hera,
quando di legarlo gli altri Olimpici minacciarono,
Hera e Posidone e Pallade Atena,
la dea del mare dai piedi argentei port aiuto a colui che
era angustiato. Adesso lei sollecita da lui l'onore pel suo figlio
offeso, Achille. Ci poteva avvenire soltanto contro la volont
di Hera. Perci Zeus tace a lungo, seduto in disparte d.gli altri
sulla piti alta vetta del frastagliato Olimpo.
Tuttavia Tetide si stringe forte alle sue ginocchia.
Avvinta in tal modo gli stava, e ehiesegli ancora di nuovo:
- Sincero a me dunque prometti, rivolgimi un cenno di assenso.
ovvero un diniego (ch niente tu devi temere): ch'in sappia
quanto tra tutti gli di io SODO la piu disprezzata -.
A lei seccatissimo Zeus che aduna le nubi rispose:
- Ah, brutt'affare! con Hera mi spingerai tu a litigare,
allora che m'irriter con parole insolenti:
con lei, che anche cosi in mezzo ai numi immortali
sempre m'assale col dir che sostengo in battaglia i Troiani.
Ma .ora di nuovo allontnati, acci Don s' accorga
Hera j e di quanto dicesti avr cura, finch non ]0 compia -.
Egli giuoca , come se questa deliberazione potesse essere
tenuta segreta davanti alla moglie - ana]og,amente a quanto
avviene nei rapporti umani - ed egli stesso non facesse subito
tremare, col potente cenno del suo capo divino, tutto 1'00hnpo!
Anche Hera accetta il giuoco, come se non avesse notato
Tetide n indovinato la ragione dello scuotimento della sede
divina. alla mensa familiare a cui Zeus interviene non in veste
di re ma di padre, in compagnia degli altri di, che ella
comincia:
Quale dio dunque, o ingannatore, di nuovo con te ha concertato?
Sempre t' caro tenerti in disparte da me,
La met
nascostamente pensare, decider; n mai accondiscendi
a dinni una sola parola di quello che hai in mente.
103
Bench Zeus da parte sua insinui di nuovo per giuoco
che Hera non sa, tuttavia egli avverte chiaramente iI tragico
della sitnazione di lei, cui ella stessa ha accennato con le parole
~ in disparte da me D. la tragedia della distanza, del nOIl-
essere-uno, che sussiste tra uomo e donna anche allorquando
all'uomo non spetta, colne nel caso di Zeus, il piti elevato degli
di, una superiorit di rango:
Hera, non devi sperar di sapere i penslen mIeI tutti:
difficile sarebbe per te pur essendo mia moglie.
Ma quel che conviene si sappia, nessun.() per certo
dei numi l'apprender prima di te. nessuno degli uomini.
Di qnello che invece a parte dai numi mi piaccia pensare,
non devi ogni cosa tu chiedermi, n investigare.
Ma con questo cessa per Hera il tipico giuoco del non
sapere umano, e ne subentra uno esistenziale e insieme l ~
mentare. Ancor sempre un giuoco, giacch gli di giocano anche
quando si fanno ,guerra, tanto non ne va mai di mezzo la loro
esistenza. Ma in questo divino giuoco di forze si scontrano gli
elementi ({ Donna , Uomo , come due esistenze minac-
ciate, divino contro divino nella spietata nudit delle loro qua-
lit, e possono app,artenere ad esse, la potenza, come nel caso
di Zeu" o la simulazione, che si tradisce nelle parole di Hera:
- Tremend.() Cronide, quale parola dicesti!
Troppo, anche, son solita non chiederti n investigare,
e tu indisturbato decidi le oo.se che vuoi.
Ora per nel mio animo assai temo t'abbia sedotto
Teti dai piedi d'argento, la figlia del vecchio marino:
t'b mattutina a te accanto s'assise, ti prese i ginocchi,
e a lei ho in so,spetto tu abbia accordato sincera promessa
che onore ad Achille darai, e morte a molti Achei presso le navi -.
104
La ricerca della regina
A lei rispondendo parl Zem che aduna le nubi:
- Perfida, sempre sos.peui, n mai mi concesso celarmiti.
Comunque tu niente otterrai, se non che dall'animo mio
sempre piu lungi sarai: e questo per te sar peggio.
Ch se la cosa in tal modo, solo a me essa deve piacere -.
La distanza vine qui espressamente definita come spaven-
tosa per Hera, tanto piu spaventosa quanto piu grande diventa.
La minaccia che segue, difficilmente pu significare un di piu,.
dopo che il poeta ha gi prospettato il compimento della tra-
gedia di Hera: del suo sempre crescente allontanamento da
Zens. Anzi qnesta esplosione della potente natura titanica di
Zeus attesta la solidit della posizione di Hera. Malgrado la tra-
gica distanza, ella cosi saldamente unita a Zeus che a costui
non rimane contro di lei che un solo mezzo: le vie di fatto per
cavarsi d'impaccio.
Siediti dunque in silenzio, e prestami ascolto,
ch invano non diano a te aiuto gli di tutti d'Olimpo,
se a te m'avvicino un po' piO. e t'allung.o le mani invincibili.
Queste parole di Zeus spaventano Hera e diffondono sul-
rOlimpo un 'atmosfera di dolorosa depressione. Esse risvegliano
il ricordo di una precedente e piu remota lotta, veramente tita-
nica, della coppia divina. Efesto, il quale con la sua bonariet
intende sciogliere la tensione in un inestinguihile riso, rac-
conta anche di quell'evento titanico:
Pazienza, mia madre, e sopporta per quanto angosciata,
acci che, pur cara qual sei, coi miei occhi non veda
percuoterti; allor non potrei, sebbene accorato,
aiutarti: difficile infatti oppor.si all'Olimpio.
Ch gi un'altra volta, mentre tentavo difenderti,
presomi un piede mi scaravent dalla soglia divina:
precipitai tutto il giorno, e al tramonto del sole
in Lemno piombai quasi senza piu fiato;
e li, non appena caduto, m'accolsero nomini Sintii.
La met lO;
Dev'essere stato un mitologem,a preomerico intorno alla
punizione di Hera, nel quale Efesto, il lemnio dio del fuoco,
appariva come un sosia del Sole, partecip al volo della rnota
solare e - quasi un personificato segno di sv.astica, il simbolQ
del volo solare - rimase eternamente zoppo. Di ulteriori parti.
colari titanici c'informa Zeus, quand'egli si desta al principio
del XV canto, dopo l'inganno ad opera di Hera. Titanico qui
non soltanto ci che violento, ma anche ci che stellare,
l'immagine della Luna nel pendere di Hera, immagine che tra
spare in questa situazione nient'affatto classica:
Certo il tuo perfido inganno, impossibile Hera,
Ettore divo sottras.se al combattere, impauti le sue genti.
Ora io non so se della tua frode luttuosa
anche per prima godrai, e ti sferzer coi mIei colpi.
N on ti ricordi di quando pendesti dal cielo, e ai piedi
ti mi.si due incudini, e intomo alle mani gettai una catena
d'oro infrangibile? Nell'etere tu, tra le nubi
pendevi; fremevano i numi d'Olimpo,
ma non potevano scioglierti, stando vicini, e quel che afferrassi
gi dalla soglia scagliavo, finch non giungesse
a terra, sfinito.
Ci avvenne come punIZIOne a causa della persecuzione di
Eracle, l'eroe che Hera rese famoso (poich questo significa il
suo nome). La piu enigmatica relazione di tutta la mitologia
greca, una relazione che apparentemente deriva soltanto
l'odio e tuttavia largisce fama ed eternit ... L'odio di Hera si
trova certamente al1a base di ci, ma intanto quest'odio odio
e amore insieme, una condizione di continue lotte e ribellioni I
che per hanno sempre il medesimo oggetto, s.aldo come roccia:
Zeus. Un frutto della ribellione di Hera contro Zeus era Elesto
stesso, un figlio che ella, secondo Esiodo, ha generato e
rito in ira e in gara con Zeus, senza di lui, da se stessa. Senza
dubbio un figlio zoppo e brutto, che lei medesima, secondo un
mitologema, ha scaraventato via. Che lo abbia fauo forse non
106
La ricerca della regina
unicamente per ragioni di vanit, ma perch l'amore di Hera
sempre anche odio? Non ha essa all'amato Giasone fatto dono
di Medea?
Secondo un' altra descrizione degli antichi rapporti, Efesto
era il primo figlio di Hera e di Zeus. Un figlio mostruoso, nel
quale si personifica tutto il lato tempestoso e sismico di sua
madre - cosi ci narr,a l'inno omerico ad Apollo Pizio - era
Tifone terribile ooioso, flagello ai monali,
che partori Bera adirata eontro Zeus padre,
quando il Cronide dal capo Atena famosa
gener; e subito Rera sovrana fu presa da ira.
e in mezzo ai nomi immortali parl:
- U ditemi, di tutti quanti e voi tutte, dee,
come comincia a .sprezzarmi Zeus che aduna le nubi
per primo, lui ch'ebbe in me una moglie fedele;
.ora in disparte da me gener l'occhicerula Atena,
che eccelle tra tutti i beati immortali;
ma quello che io partorii, il figlio mio FJesto,
nacque tra tutti gli di il pia infermo, ai piedi deforme.
Presolo in mano lo .scaraventai giu nel ,mare;
ma Teti dai piedi d'argento, la figlia di Nereo,
l'accolse, l'educ insieme alle proprie sorelle.
Poteva un favore diverso recare ai beati!
Funesto orditore d'inganni, che altro- ora mediti?
Come da solo osasti generare Atena occhicerula?
Non c'ero io? lo ero chiamata tua moglie
tfa gl'immortali che hanno dimora nel cielo.
Bada ora, che dietro non mediti qualche malanno.
Si, adesso- io pure far che venga alla luce
da me un figlio, distinto tra tutti gli di,
senza macchiare il sacro tuo letto n il mio.
Non verr piu nel tuo letto, ma stando lontana
da te, rimarr tra gli di immortali -.
Ella se ne va via di l piena d'ira e si ritira presso gli antichi
genitori, che qui sono, non come nell'Iliade, Oceano e Tetide,
ma Urano e Gaia. Essa comincia a preg.are:
La met
E batt con la prona mano la terra e preg:
- U-ditemi ora, Terra, e tu vasto Cielo di sopra,
e voi di Titani, che avete -dimora sotterra
nel Tartaro grande, dai quali ebber nascita uomini e di:
uditemi ora tutti e datemi un figlio
senza Zens, non meno gagliardo .di lui,
anzi piu farte, di quanto Zens piu forte di Crono
Detto- cosi il suol.a percosse con mano potente;
si scosse la terra nutrice; ed ella vedendo,
nel cuore gioi: pens infatti che tutto sarebbe avvenuto.
Da allora in avanti, fino alla fine dell'anno,
mai piu .5i acoost al letto di Zeus prudente,
mai piu al trono ornato di fregi, come una volta,
sedendo a lui presso, gli dava accorti consigli;
ma rimanendo nei templi assai supplicati
Hera sovrana dagli occhi oovini godeva dei riti.
E allora che il giro di notti e di gi.orni fu pieno,
e al l"olger dell'anno vennero nuove stagioni,
lei part-or1, dissimile a uomini e a di,
Tifone terribile odioso, flagello ai mortali.
107
Da1la sua propria natura, eredit.ata dall'ava Gaia, Hera par
tori un essere tellurico privo della calma della Terra, un funesto
dio vulcanico, che inghiotte e spazza via tempestosamente. In
realt eosi che Zeus pot far uscire da se stesso Palla de Ateno,
mentre Hera non avrebbe potuto partorirla. Qual il figlio,
che eUa secondo la concorde tradizione, omerica e esiodea, par
tori a Zeus? Ares, l'abbominevole dio della guerra, rispetto al
quale lo stesso padre si serve nel quinto canto dell'Iliade di
queste parole:
Per me il piu odioso sei tu, dei numi che stanno in Olimpo;
ch sempre discordia t' cara, e guerre e battaglie.
Tu hai da tua madre il furore sfrenato e implacabile,
da Hera, che .a stento addomestico con le parole.
:'\Ion senza ragione Virgilio mise la moglie del re celeste in
relazione con gli spiriti infernali e coni la famosa massima
108
La ricerca della regina
di Giunone: Flectere si nequeo superos, Acheronta nuwebo
(se non riesco a piegare i celesti, metter in movimento l'in-
ferno). di nuovo Zeus, che nell'ottavo canto dell'Iliade
accenna al fatto che Hera, quando si ritira, ricorre alle antiche
potenze titaniclie. E non solo con la preghiera, come nell'inno,
ma nel fatto che elIa condivide l'esilio sotterraneo degli antichi
di celesti. E se in quest'occasione Zeus la chiama cagna ,
ci da intendere piu nel senso di accanita e che sbrana, che
di ( svergognata ):
Dell'ira tua non mi curo,
neppur se agli estremi confini giungessi
della terra e del mare, l dove Giapeto e Crono
siedono senza godere n i raggi del SoIe-lperione,
n i venti, e profondo hanno il Tartaro. intorno;
neppure se l tu giungessi raminga, di te non mi euro
sdegnata, poich di te non c' niente piu cane.
Dalla superficie di una descrizione poeticotIplca siamo gJa
da un pezzo pervenuti a quelle forze delle profondit cosmiche
atelnporali, il cui giuoco che determina l'eterno-umano si ogget ..
tiva nei phi antichi mitologemi titanici e nei primitivi culti
divini. Le nltime parole di Zeus si riferiscono a quella condizione
di Hera, cui corrispondeva nel culto il suo appellativo Chera ,
colei che rimasta vedova, o qui forse pin propriamente
colei che rimasta sola . Queste parole esprimono un grande
sprofondarsi e quindi un rimanere sprofondato nella tenebra,
che sarebbe altrettanto facile riconoscere nelIa seconda met del
periodo lunare, quanto facile riconoscere nella prima met
le altre due fasi di Hera, indicate nel culto per mezzo degli
appellativi: la Pais , la fanc'iulla , e la Teleia , colei
che giunta a compimento . Ora il telas, il compimento di
cui qui si tratta, non certo sotto il segno di Hera un fenomeno
astronomico, hensi il matrimonio.
La met 109
tempo di prendere in seria considerazione il fatto che Hera
rappresentava per i Greci la dea del matrimonio. Per mezzo
della sna figura, quale abbiamo imparato a conoscerla, il matri-
monio non fu gi giustificato come un'istituzione morale o anche
soltanto vantaggiosa, bensi illuminato nella sua essenza. Illumi.
nato come una forma totale dell'esistenza, la cui validit di
natura in tutte le umane forme sociali viene dimostrata appunto
con questo, che Hera vi appare insieme al suo lato tenebroso:
che tali tenehre - il tragico allontanamento, le lotte e le ribel-
lioni - vengono comprese nel matrimonio e non lo smentiscono.
Il matrimonio anzi la premessa che rende tragico quelI'alIon.
tanamento, e possibili le lotte e le ribellioni. Esso costituito
da questa totalit di luminoso e di oscuro, e cosi viene ricono-
sciuto nel culto di Hera come dato di natura. Matrimoni umani
possono andare in rovina, urtando contro una simile totalit )):
Hera invece non soltanto si trova come teleia nel matri ..
monio, nta percorre il matrimonio come qualcosa di intero,
quasi un ciclo D.
Her. e Zeus sono nella mitologia greca la coppia, proprio
nel senso che soltanto il loro matrimonio mostra questa totalit.
Zeus stesso vi trova una pienezza. E.gli riceve in relazione alla
sua unione con Hera l'appellativo di teleios . Ma pieno
egli non gi come Hera, nel punto culminante di un ciclo,
che ha il suo significato soltanto ,alIo zenit; hensi in quanto inte-
grato dall'altra met - quella lunare e ctonia - ha nel suo
ampio potere il mondo intero. Quando Hera si ritira completa-
mente nella tenebra, proprio alIora Zeus possiede il mondo con
tutte le sue tenebre. Hera sempre soltanto in rapporto allo
sposo ci che essa : anche Chera, colei che rimasta sola. Ella
rimane compresa in un ciclo, che in ognuna delle sue fasi viene
determinato dalla relazione con Zeus. L'intera sna essenza si
esaurisce in una forma delI'essere, che per lei siguifica, anche
come pienezza, soltanto un esser la met . Ella pu avere
110 La ricerca della regina
intorno a Zeus UlI4 valta scienza, ma la potenza sta dal lato del
nipote di Urano, dell'erede del Cielo che tutto abbraccia. Il tra
gico ..cosa-sola con Zeue tiene Hera a distanza
da quel centro - l'essenza di Zeus - stando nel quale la
potenza rappresenta nn comprendere altrettanto ovvio quanto
l'essere compresi dalla luce del cielo.
Bench tutt' e tre gli appellativi delle fasi di Hera - Pais,
Tele;a, Chera - ci siano stati tramandati soltanto dall'arcadica
StinIalo, le fasi stesse vennero celebrate anche in altri luoghi
del suo culto. Esse corrispondono alle tre forme sotto cui appare
la divina fanciulla, la sposa che si mostra madre tenera nei
riguardi della propria figlia, ma piena d'ira nei riguardi d"Ilo
sposo violento, il rapitore. Come qui madre e figlia sono nel 101'0
nucleo essenziale identiche, cosi la figlia di Hera, Ebe, appare
essere soltanto la sosia di sua madre, anzi la sua propria forma
verginale, che conservava accanto a s, come accompagnatrice,
la grande dea ormai sviluppata, la Teleia. Ci voleva essere
l'espressione statico plastica di quello che si raccontava nella
forma mitologia corrispondente al ciclo: Hera che riemergeva
sempre vergine dal bagno nella sorgente Kanathos. Questa coro
rispondenza nello sviluppo delle forme delle due sorelle Hera
e Demetra - che diventavano qui Hera e Ebe, l Demetra
e Kore - viene confermata anche dal fatto che in un'iscrizione
di Paro Demetra designata come Hera, e in un'altra dello
stesso luogo perfino Demetra e Kore come Herai : Rere
al plurale. Come se in quell'isola Hera fosse in generale sol
tanto un titolo per indicare una signora e regina )} divina,
che l era Demetra.
Alla base della 'corrispondenza c' di sicuro la medesima
sostanza, un primordiale, altrimenti irraggiungihile, elemento
femminino e a un tempo lunare, che per mostra in Hera aspetti
diversi che in Demetra. La differenza non appare in nessuna
parte cosi acuta, come da un Iato nella Kore rapita e dall'altro
La met Ili
in Bera Paia o Parthenos, cio in Hera vergine. Il racconto,
che Hera riacquista la verginit per mezzo del bagno cultnale
- giacch veniva immersa la sua statua di culto - ci viene
mandato come un mitologema segreto dei suoi misteri )).
Questo racconto trae origine dall'mbito del santuario della
grande dea di Argo, Hera Argeia, quella che contava per gli
eroi di Omero. La sorgente Kanathos sgorga nei frutteti in vici
nanza di Nauplia, e rinfresca le ospiti di un piccolo chiostro
di suore. La stessa usanza con analogo significato si trovava di
sicuro anche in altri luoghi di culto, dove veniva onorata Rera
Parthenos, come in Ermione, e principalmente nella grande
isola di Hera, Samo, cbe si chiamava anche Parthenia.
La differenza essenziale tra una vergine tipo Kore come
Nemesi o Artemide, ed Hera che riemerge dal bagno cultuale
nella sua originaria verginit, consiste in ci che essa non viene
rapita, ma anzi la sposa volontaria. Ed Pais o Partheno.
solo in rapporto a Zeus, come in rapporto a lui era Teleia e
Chera. Il senso della riacquistata verginit sta appunto nel
sacrificarla a lui. Per la dedizione che la fanciulla faceva di
se stessa, Her,a rimaneva il modello. Ci che le accade non
n ratto n violenza, come fu il destino di Persefone, ma il
connnbio di una divina coppia di fratelli, nel quale la met
femminile ritrova quella maschile a lei strettamente affine. Il
tab" umano dell'incesto ha qui tanto poco valore quanto nel
caso di Kore Persefone, la quale fu rapita dallo zio, o in quello
della madre Demetra, che venne perseguitata e violentata dal
fratello. Le forze primigenie si mostrano in un libero giuoco.
L'Iliade nel XIV canto parla affatto apertamente della prima
unione di Zeus e Hera:
quando in amore si unirono la prima volta
recandosi a letto nascosti ai lor genitori.
Non si tratta qui, appunto, di vero e proprio Ietto matri.
112 La ricerca della regina
moniale, ma di un'usanza nota anche altrimenti e che era
diffusa nell'antichit, particolarmente a Samo. L si riferiva
quest'usanza, che precedeva lo sposalizio, ad Hera e Zeus, e Bi
pretendeva che la scena dell'unione divina fosse stata Samo.
Secondo una narrazione, dur trecent'anni. 11 suo frutto fu -
cosi si affermava, e in questo ci si scostava da Esiodo - Efesto,
il difettoso. A Ermione si sapeva che Zeus si era conquistata la
vergine Hera sotto forma di cuculo.
Tale, Hera Pais: n Artemide, n vittima, come la figlia
di Demetra, ma la compagna del giovane uomo, che godeva
d'accordo con lui. Forse accenna a questo il nome di colei che le
essenzialmente identica, Ebe - il fiore di giovinezza da
godere -, ma di sicuro vi accennava il piu drastico soprannome
di Pynna . Anche la moglie Hera fu nel giuoco erotico e nel
"ieno abbandono a Zeus rappresentata in un modo, che sarebbe
stato impossibile per qualunque altra dea. Le fonti letterarie
ardiscono menzionare questa scena che si vedeva nel rilievo di
un tempio, soltanto perch credono trattarsi di simbolismo
naturistico. M,a in fondo si tratta di un riattaccarsi al marito
un lattante alla propria madre, un estremo sforzo per
raggiungere un'unit originaria, perfetta.
L'impulso verso la primitiva unit e l'essere condannata ali.
distanza costituisce l'essenza dell'eterna avversaria e ribelle, e
l'essenza di qnella forma di essere che ne costituisce il fonda-
mento - il matrimonio - quale sussste in tutti i tempi sotto
il segno di Hera. Questa nipote di Gaia e di Urano ricevette
dalla iniziale unit degli antichi genitori la sna piu profonda
essenza, e insieme, dalla prima malvagia azione di Crono suo
padre, la ferita dena separazione violenta. Necessaria era l'a-
zione, necessaria la separazone. L'antica madre Gaia, che volle
partorire, l'ha provocata. E tuttavia la separazione rimane ci
che Holderlin ha espresso in nna poesia di qnattro versi in modo
La met
113
quasi altrettanto penetrante che
Mede.:
mitologemi di Hera o di
Volevamo dividerei, credev,amo fosse bello e ben fatto;
ma perch quest'azione' ci atterrisce, come un delitto?
Ahi, poco ci conosciamo,
giacch in noi comanda un dio.
Hera porta in s la separazione: separata dalla luce
del cielo, tenebra che inghiotte, collera titanica, malvagio pia-
cere di vendetta. Fin quando rimane nell'orbita luminosa di
Zeus, confinata nel suo proprio ciclo, tutto ci non la domina
in modo definitivo. L'impulso la tiene nel complicato rapporto
del conregnare nella vicinanza e del ribellarsi nella distanza.
Lasciata fuori e scacciata da nn tale cielo, Medea ha le qualit
di Hera, fondamentalmente identica a essa. Nel suo destino
si compie il distacco originario, che genera l'omicidio. L'origine
dell'omicidio ci si fa chiara, non per la sorgente di quella
dignit di regina, che rende possibile a Omero di chiamare Zeus
il tonante sposo di Hera, anzich pronunziare il suo nome.
Colei che partecipa della sovranit dell'Olimpo e che sempre
di nuovo si solleva ( sul trono aureo possiede, malgr:ado tutte
le tenebre dell',abisso, questa dignit: l'aureo mistero, che ci
attira oltre ...
L'aurea
Quell'aurea fattezza femminile che andiamo rintracciando in
qnesto studio, quelIa letificante qualit delI'intera stirpe solare
che sembrava emanare non soltanto dal paterno dio Sole, ma
anche dalIa natura regale delIa sposa del Sole e delIa madre
del Sole, l'abbiamo incontrata nelI'essenza della figlia del Sole,
Circe. Era il suo incantesimo afroditico. Uguale incantesimo
solare dov appartenere anche a Medea, sedurre lei stessa e
insieme circonfonderla, in quanto fu attratta e legata da Gia-
sone, e Giasone da lei. Se frattanto consideriamo questa nipote
del Sole sotto l'aspetto di Hera, una dea olimpica che mostra
meno il suo proprio sfondo titanico stelI are che non l'idea
intrecciata in forma umana, allora riconosciamo indubbiamente
anche un altro presupposto di quelI'aspirazione alI'unit e alla
vendetta, causate dall'esser separata, che sono caratteristiche di
Medea. Questo presupposto il carattere di met.
Appartiene alIe profondit delIa mitologia greca il fatto che
tra le sue figure appaia come dea anche questo fenomeno in
.apparenza esclusivamente umano, iI primitivo carattere di met.
Circa questa peculiarit di una grande dea si pensi non gi a
una casuale imperfezione, ma a una forma primitiva piena di
significato. In Hera l'essere femminile si mostra non come qual-
116 La ricerca della regina
cosa che soltanto per caso rimasto met. Questa primordiale
femminilit pu venire rappresentata nelle medesime fasi come
un'eterna forma dell'essere in s. Cosi nella Fanciulla che in
Demetra madre e rinasce di nuovo in Kore. Nel suo proprio
ciclo Demetra fu madre 80]0 per riapparire in sua figlia come
l'eterna indistruttibile Kore, la Fanciulla. Considerata sotto que
st'aspetto, perfino la maternit viene riferita alla femminilit
cOme a una forma dell'essere che possiede il suo valore e rango
in se stessa, e non gi in una funzione come la fecondit .
Attribuire a una dea la fecondit come significato esclusivo,
possibile solo nel Senso di un.a concezione che riconosce in
generale nella donna soltanto una funzione e non gi qualcosa
che ha una sua propria esistenza.
Anche il ciclo autonomo-femminile di Demetra non sta iso-
lato nel contesto cosmico di tutte le forme dell'essere. L'ele-
mento virile penetra in esso come una potenza nemica - come
assalitore, rapitore e violatore - e determina anche l'elemento
femminile pienamente riferito a se stesso. Sotto il segno di
Hera il medesimo ciclo rim,ane completamente chiuso e cionon-
dimeno manifesta il riferimento di tutte le sue fasi all'elemento
virile. Quel ciclo non si mostra come qualcosa d'imperfetto,
che in s e per s non pu avere nessun senso, ma COJ]le ( met
fornita ugualmente di significato. L'essere met significa in
questo caso il riferimento di un tuttO ad un altro tuttO
a esso corrispondente. Questo riferimento dell'esistenz,a fem-
minile vista come ciclo in Hera altrettanto esclusivo quanto
esclusivo il riferimento a se medesimo dello stesso ciclo nel
destino di Demetra e di sua figlia. Demetra divent m,adre per
essere di nuovo se stessa. Hera allo stesso modo si rinnov in
Ebe. In tutt'altro modo ella fu la madre di Efesto, Ares, Tifone.
Ci accadde in virtu non di una fecondit materna e disinteres-
sala, ma della sua essenza, che 1' essere met e appunto per
L'aurea
117
questo desidera quella potenza che ogni tuttO)} possiede in
se stesso.
N Medea n Hera sono regine in virtu del loro essere
mel. La regina degli Inferi, la rapita e ritrovata Demetra-Kore,
possiede questa dignit in una forma genuina, e tuttavia essa
non met. In Virgilio si chiama Juno inferna, essa
domina Ditis , la Signora di Dite ), ma costui viene desi-
gnato non come suo signore l), bensi come suo zio, patruus:
una r,elazione che risale a un ratto e indubbiamente a una
fondazione del regno. A una fondazione del regno, inquan-
toch il primo ratto di fanciulla fu anche la prima morte,
il primo presupposto del regno dei morti. Persefone e Ade
s'integrano ,a vicenda. Ambedue esprimono il medesimo l'e-
gno, Ade, molto piu impersonalmente che non la misteriosa
e tuttavia assai piu caratterizzata figur:a della sua regina.
Sappiamo anche che alla innominabile, inesprimibile fancinlla,
l'Arretos Kura dei m-isteri, ci si avvicina con un ramo d'oro,
nel quale essa riceve, per cosi dire, l'oro della nostr.a vita; 10
conserva, e certo, 10 restituisce anche... Ed essa, 1'accoglitrice
di tntto l'elemento aureo, che proviene dal padre Helios e che
senza di lei si disperderebbe come polvere priva di v,alore,
anche regina. Si manifesta forse qnesta forma primordiale del.
1'elemento femminile soltanto nell' accogliere che conserva, nel
tener saldo la polverizzante potenza titanica? Dove risplender
a noi !'idea della Basile, o Basi/eia?
Come una particolare persona divina Basileia compare in
un tardo raCCOnto mitologico, un 'invenzione di Dionigi Skyto-
brachion nel secondo secolo avo Cr. Il materiale per non li
inventato: n l'antico re Vr,ano, n sua moglie, l'antica madre
Titaia, pili tardi denominata la Terra l), n i loro figli, i
Titoni. Da Dionigi Skytobrachion proviene solo l'affermazione
che si tratti di racconti degli Atlantici intorno a dei loro re,
pili tardi considerati divinit. Fu indubbiamente anche lui che
118 La ricerca della regina
in q u ~ s t preistoria atlantica fece di una Titanide, la pm antica
dei figli di Urano e di Titaia, due persone: Basileia e Rea. Egli
descrive Basileia in tal modo, come se fosse lei la grande Magna
Mater dell' Asia Minore. Questa, la Rea Cibele, appartiene
infatti a quelle dee cbe nel loro culto venivano onorate come
regine . Tuttavia anche Dionigi rimane fedele alla forma pri.
mitiva di quella regina , verso la quale ci hanno portato le
nostre prime considerazioni, quand'egli racconta che Basileia,
la prima Titanide, sarebbe diventata moglie d'Iperione, e per
opera di lui madre di Helios e di Selene.
Non si pu dire neppure che la figura di Basileia risplenda
per la prima volta - ma piuttosto che affiori da una mitologia
popolare non classica - quando compare sulla scena dell'antica
commedia attica. Negli Uccelli di Aristofane Prometeo, il ne
mico degli di, che al corrente dei loro segreti, d a Pisthe
tairos il consiglio di chiedere in moglie Basileia all'imbarazzato
re degli di, Zeus. Per mezzo delle nozze con lei, la piti bella
fanciulla divina, si otterrebbe la signoria del mondo. La parola
Basileia significherebbe, con diversa accentazione, regno.
La scena finale delle nozze, l'incoronazione del nuovo signore
del mondo Pisthetairos, riposa frattanto non soltanto su un
giuoco di parole, ma sull'idea che riC<lnoscemmo alIa fine delIe
considerazioni intorno al padre Helios, che regno derivi dalI.
regina. Ascoltiamo come la coppia signora del mondo viene salu
tata dal coro aristofaneo:
In fila! Indietro! Scstati! Inchinati!
Sciamate intorno
al fortunato Co-D buon augurio.
Oh, oh, che grazia, quanta bellezza!
O tu che hai procurato alla citt
i felici sponsali!
Grandi immense fortune pioveranno
sulla stirpe de-gli ucceUi
grazie a quest'uo.mo.
L'aurea
Ma, onu, con imenei
e con canti nuziali ricevete
lui stesso e Basileia.
Con simile imeneo
un di le M-oire accolsero
insieme ad Rera Olimpia
il .signor degli di
dal trono etereo.
119
La situazione, nella quale la dea Basileia compare in carne
e ossa, quella della sposa che viene condotta a ca .. , la festa
in cui essa presente: le nozze. La Chiesa greca ancor oggi
nella ceritnonia nuziale incorona la coppia di sposi e allude in
quest'occasione al Cantico dei Cantici e ana sua prediletta. Co-
noscitori delle canzoni popolari siriache trovarono dei paralleli
a ci in canti nuziali nei quali ogni sposo appare COJlle re,
ogni sposa come regina, e questa dignit deriva direttamente
dalla felicit nuziale della propria esistenza. La perfezione
regnare, regnare in due non sui sudditi, ma in una regalit di
natura, sufficiente a se stessa ...
Pei Greci la sovranit di Zens sul mondo non altro che
l'ampliamento di una tale sovranit nuziale, e viene fondata per
mezzo di nozze solenni. Le prime nozze di Zeus, quelle C<ln la
dea Temi, la rappresentante di tntte le leggi primitive della
madre Terra, sono descritte in un inno di Pindaro: Dapprima
le Moire condussero su cavalli d'oro la .. ggia Temi celeste dalle
sorgenti di Oceano alla sacra pendice dell'Olitnpo per una strada
lncente, affinch divenisse 1'antica moglie di Zeus ... Ma le
nozze che suggellarono la signoria del mondo furono evidente-
mente quelle con Hera: quel prototipo delle nozze di Basileia,
al quale si richiama Aristofane, il prototipo delle nozze greche,
in quanto il tratto del rapimento non in esse prevalente. Hera
nella sna pienezza nuziale potrebbe quindi rappresentarci la
forma originaria della regina.
Come facesse, ce lo mostra Omero. Nel XIV canto del.
120 La ricerca della regina
l'Iliade la sitWlzione della battaglia per i Greci, protetti di
Hera, preoccupaute. Posidone, quello tra gli di che nutre per
Hera sentimenti fraterni, con premurosa assistenza infonde co
raggio agli sconfortati. Egli solo, peraltro, non potrebbe aiu
tarli. Entra in scena la moglie e sorella di Zeus. TI poeta dedica
quasi l'intero canto al suo operare e alla SWl epifania, la quale
nient'altro se non la preparazione e il compimento di un ma-
trimonio, la ripetizione delle sue sacre nozze con Zeus.
Come gli di stessi in Omero, cosi qui un dato momento
divino viene sciolto dali' ordinamento del calendario festivo, e
rappresentato in una forma indipendente. Dobbiamo leggere
l'intera aurea scena. Oso chiamarla cosi, giacch essa - sebhene
sia la phi grande scena di Hera - sta sotto il segno di qnella
che per Omero la dea aurea: Afrodite.
Hera dall'aureo trono guardava con gli -occhi
stando su in vetta all'Olimpo, e subit-o seorse
nella battaglia affannato, che gli uomini onora,
il fratello e cognato, e gioi nel suo cuore;
ma Zeus in cima dell'Ida che ha m,olte sorgenti
vide seduto, e l'odio riempi la sua anima.
Studiava poi Hera sovrana che ha gli occhi bovini
come ingannare la mente di Zeus egioco.
L'appellativo di Hera boopis, la dea dagli occhi ho
vini . Sacre mandre di mucche formano il possesso di tutte
quelle divinit greche che nei culti preellenici appartenevano
alla discendenza del Sole. Hera possedeva in Argo le sue mandre,
e in Omero guarda sempre ,ancora con gli occhi, che un tempo
si rivolgevano al toro solare.
E questo, pensando, le parve il migliore consiglio:
andare sull'Ida d,opo essersi bene abbigliata,
e se a lui venisse la voglia di stendersi accanto in amore
al corpo di lei, un sonno beato e soave
sulle sue palpebre infondergli, sull'animo accorto.
L'aurea
E s'avvi verso il talamo: il figlio lo aveva costrutto,
Efesto, e porte robuste ai stipiti aveva adattato,
con un chiavistello segreto, che nessun altro dio apriva.
Ivi ella entr, e chiuse le lucide porte.
Con linfa ambrosia dapprima l'amabile corpo
nett d'ogni macchia, spalm d'olio lene
balsamico ambrosio, che aveva odoroso,
e al solo agitarlo nel bronzeo palazzo di Zeus
in terra e nel cielo se n'effondeva il profumo.
Con esso- il bel corpo si unse, quindi le chiome
pettin, con le mani annod le splendide trecce,
belle divine, cadenti dal capo immortale.
o.opo, un magnifico peplo indoss, che a lei Atena
aveva tessuto, mettendovi molti ornamenti;
con auree fibbie se l'appunt sopra il seno.
Cinse una zona di cento pendagli contesta,
poi gli orecchini infil nei lobuli bene forati,
a tre gemme, lucenti: ne splendea molta grazia.
D'un velo sul capo s'avvolse la dea tra le dee,
splendid-o, nuovo, e bianco era, simile al .sole;
ai nitid4 piedi d'i sotto leg bei calzari.
121
Non un abbigliamento usnale quello che qui viene descritto.
Per poterlo apprezzare in tutti i particolari bisogna l'orlo
accanto alla corrispondente descrizione che si trova nel grande
inno omerico ad Mrodite. L l'innamorata dea dell'amore si
prepara per l'incontro conclusivo con Anchise.
Poich visto l'ebbe Afrodite che ha caro il sorriso,
s'accese d'amore, terribile l'animo prese una brama.
Venne a Cipro, nel tempio entr vaporante d'incenso,
a Pafo: vi a lei un luogo sacro e un altare odoroso.
Qui penetrata serr le lucide porte;
qui la lavarono e unsero d'olio le Cariti
ambro.sio, di quel che cosparge gli di sempiterni.
E tutte indossate abilmente le splend.4de vesti,
omatasi d'oro Afrodite che ha caro il sorriso
mosse su Troia, lasciata Cipro odorosa.
Sul monte Ida ella venne accompag=ta da fiere - ricor'
122
La ricerca deUa regina
diamoci di questa epifania - e cosi si present davanti ad
Anchise nelle sembianze di una vergine:
Vedendola, Anchise consider ammirato l'aspetto,
l'alta statura e le fulgide vesti.
Ch indossO' a lei un peplo splendeva piu ancora che raggio
[di fuoco,
aveva fermagli ricurvi, orecchini lucenti,
collane bellissime intorno al morbido collo,
d'oro, di vari colori: simile a luna
sul molle seno splendevano, prodigio a vedersi.
Ovvero abbigliata come quando, dopo la sua prima epifania,
]a sua nascita, viene fuori dal mare nei pressi di Cipro.:
le Ore delle aUl'ee bende
raccolserO' liete, l'avvolsero in veli divini;
sul capo immortale le posero un serto ben fatto,
bello, aureo; nei lobi forati
un fior d'oricalco e di .orO' prezioso;
il morbidO' collO' e il seno d'argento
ornaronO' intorno con auree collane ...
Hera indossa da sola il suo abito deUe epifanie e delle nozze,
non l'aiutano n le Cariti n le Ore, che altrimenti le sono
associate nel culto e nelle rappresentazioni cultnali. Tutto
cosi com'era nella solitudine primordiale, al di fuori del mondo,
dov'ebbero luogo le sue prime nozze con Zeus. Temi, la prima
sposa di Zeus, fu secondo Pindaro dalle sorgenti di Oceano
condotta alle nozze sull'Olimpo: per Hera caratteristico il
fatto che rimanga l sottO (vi sono, come sappiamo, diffe-
renti espressioni per quella posizione) all'Oceano -
il sacro termine
del cielo, che Atlante regge,
e fonti ambrosie sgorgano
presso il palazzo di Zeus,
dove la feconda divina terra accresce
felicit agli di.
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L'aurea 123
Cosi un coro nell'lppolito di Euripide abhellisce quel
luogo fnori del mondo. Anche un altro tratto di queElo
mitologema caratteristico: secondo questo, la Terra faceva
crescere per le nozze di Hera l'albero dei pomi aurei delle
Esperidi; ovvero Hera stessa presentava a Zena questo aureo
dono nuziale. Come se le antiche nozze si fossero svolte intera
mente nel segno del dio Sole tornato alla sua regina!
Ma quanto pili freddo lo splendore dell'abito nuziale di
Hera che non l'abbigliamento di Afrodite! Uno splendore
argenteo come luna brilla intorno ai seni della dea cipria, che
certo erano scoperti come il petto delle donne cretesi. Appren.
diamo ora dagli inni omerici che questo singolare abbigliamento
presentava un'evidente relazione con la Luna. Peraltro Mrodite
carica d'ornamenti d'oro. Le fibbie di Hera, che le chiudono
l'abito sul petto, sono si anch'esse d'oro, ma il suo velo
bianco - cosi detto letteralmente - come il Sole. Anche
la sua cintnra non d'oro, come quella di Circe. I molto arti-
stici fregi - i daidala - del suo abito erano per lei egual-
mente caratteristici, poich da tale artistica materia prendevano
nome anche le quattordici bambole che in una sua grande
festa, i Daidala , venivano bruciate. (Quattordici anche
il numero delle ninfe di Giunone in Virgilio e il numero dei
fanciulli sacrificati a Medea). Il velo noi lo vediamo in nn
famoso rilievo di Selinunte, dove lo solleva Zeus nel!' atto di
avvicinarsi alla sua sposa.
E quindi, vestite le membra con ogni ornamento,
usci dal suo talamo. e a parte chiamata Afrodite
dal l'esito dei numi le disse:
- Vorrai tu ubhidirmi, mia figlia, in ci che ti dico,
o rifiutarti, avend.o rancore nell'animo
perch io i Danai, e tu sostieni i Troiani? -
Rispose a lei quindi la figlia di Zens Afrodite:
- Hera, dea eccelsa, che del grande Crono sei figlia,
di' quello che pensi: il cuor mi comanda di farlo,
124
La ricerca della regina
se pur posso. farlo e la co.sa pu essere fatta -,
Con ingannevole animo Hera sovrana le disse:
- Dammi ora l'amore, la brama con cui tutti quanti
domi gli di immortali e gli uomini m{)rtali.
Ch andr a visitare i confini della fertile terra,
Oceano padre dei numi e Teti la madre,
che nelle case IDro m'hanno. nutrito, educato,
avendomi presa da Rea, quando. Zeus loDante
pose Crono sot-terra e soUo il mare infecondo.
Andr a visitarli, a comporre le eterne contese:
ch infatti da molto stan l'uno. dall'altra divisi
di letto e d'amore, poich l'ira prese il loro animo.
Se con le parole riesco, persuasi nel cuore,
a farIi salire su] leno e UDire in amore,
sempre da loro sarei detta cara e pietosa -.
Rispose a lei quindi Afrodite che ama il sorriso:
- Non si pu, n conviene negar ci che chiedi:
giacch nelle braccia di Zeus altissimo dormi -.
Disse e dal petto si sciolse il cinto trapunto,
variopinto, dove tutti gli incanti teneva riposti:
ivi l'amore, la brama, il parlar lusinghevole,
la seduzione, che il senno .sottrae anche .ai saggi.
Lo consegn nelle mani di lei e disse chiamandola a nome:
- Ecco, ora, riponi nel fieno codesta cintura
variopinta, ove tutto fu messo: e ti dico
non tornerai senza fatto ci che nel tuo animo brami -.
Cosi disse, e rise Hera diva dagli occhi bovini,
e quindi ridendo la pose nel seno.
TI kestos himas, la cintura di Afrodite, variopinto come
il mondo, che agli amanti risplende di una profusione di colori,
altrimenti sconosciuta, piena d'incantevoli illusioni. L' ineante-
silno dev'essere qui inteso, in senso affatto naturale, come l'ori
ginario incantesimo d'amore, che anche l'incantesimo fonda-
mentale di Circe. Anche se illusorio col suo effimero splendore
- illusorio come la felicit, che per noi mortali ha delI'eterno
soltanto nella sua intensit e non nella sua durata -, quell'in-
cantesimo tuttavia caldo e schietto, come i raggi del Sole.
Sono iI calore e la schiettezza della passione che infiammano
L'aurea 125
l'essenza di Afrodite, come l'oro solare tutto iI suo semhiante.
Hera appare fredda anche sotto questo riguardo, bench non
sia neppur lei senza passione. Ma noi riconosciamo in lei, rah ..
brividendo, nn'altra calcolata passione. Hera sa di aver bisoguo
dell'incantesimo di Afrodite - di quel puro incantesimo atmo-
sferico che abhiamo imparato a conoscere in Circe - se essa
vuole celebrare le nozze, e regnare. Nessun matrimonio pro-
s p e r ~ nessuna regina si solleva da un puro essere met. Ma
Hera possiede adesso anche quaIcos 'altro. Ella prende al suo
servizio anche Hypnos, il Sonno, e passa dalla preparazione
all' esecuzione.
Ed Hera veloce sali verso il Gargaro, vetta
dell'alto Ida; e Zeus la vide, che aduna le nubi.
E come la vide, amore annebbi la saggia sua mente,
come allorch in amore si unirono la prima volta
recandosi a leMo, nascosti ai lor genitori.
E si ferm innanzi a lei, le disse chiamandola a nome:
- Hera, dove t'affretti giungendo qui dall'Olimpo?
Non hai n c-avalli n carro sui quali montare -.
Con ingannevole animo a lui disse Hera sovrana:
- A visitare mi reco i confini della fertile terra,
Oceano padre dei numi e Teti la madre,
che nelle lor case m'hanno nutrito, educato;
andr a visitarli, a comporre le ereme contese.
Cb infatti da molto stan l'uno dall'altra divisi
di letto e d'amore, poich !'ira prese il loro animo.
Ai piedi dell'Ida cbe ha molte sorgenti stan fermi i cavalli
che mi porteran sulla terra e sul mare.
Ma ora per te dall'Olimpo qui sono- venuta,
ch poi non ti adiri se io in silenzio
vado alle case d'Oceano dai gorghi profondi
A lei rispondendo parl Zeus che aduna le nubi:
- Hera, col si pu andare anche pin tardi,
ma ora, suvvia, godiamo sdraiati l'umore.
Ch mai come adesso la brama di donna o di dea
l'animo in petto mi avvilupp, soggiog,
neppure allorch m'infiammai della moglie d'IssioDe ...
126
La ricerca della regina
Comincia quindi il famoso elenco di Leporello del-
l'Iliade, quello che qui recita lo stesso Zeus. Non si creda che
con ci il poeta abbia di mira un particolare effetto comico.
(Ridere dobbiamo, nel senso di Omero, su l'intero giuoco
divino: ridere appunto perch lassu soltanto giuoco quello
che quaggiu procurerebbe a noi insanabili ferite ... ) la pas-
sione amorosa - non quella che lega ed legata a una persona,
ma l'oro di Afrodite che fluisce libero e impersonale da tutte
le reminiscenze d'amore - ci che parla per bocca di Zens,
incantato dalla meravigliosa cintura. Ed il lato paradossale
di questa passione che essa, nonostante quelle reminiscenze,
creda di essere nel momento attuale la piu forte:
- ... come ora amo te e una dolce voglia mi prende -.
Con ingannevole animo a lui disse Hera sovrana:
- Tremendo Cronide, quale parola dicesti?
Dunque ora in amore desideri tn qui giacere
in vetta dell'Ida, visibile da ogni parte?
Che cosa accadrebbe se alcuno degli di .sempiterni
dormir ci vedesse, e andando tra tutti gli di
lo riferisse? lo certo non tornerei alla tua casa,
alzata dal letto: sarebbe una cosa 'Odiosa.
Se proprio lo vuoi, e la voglia riempie il tuo animo,
il talamo hai, che fabbric iI caro tuo figlio
Eresto, e porte robuste adatt ai pilastri:
li andiamo a giacere, dacch t' venuta la voglia
A lei rispondendo parl Zeus che aduna le nubi:
- Bera, non devi temere che qualcuno ci veda,
o dio o uomo: t'avvolger d'una nube
d'oro, tal che attraverso neppur Helios ci vedrebbe,
del quale la luce la piu acuta a vedere -.
e iI figlio di Crono afferro tra le braccia la sposa,
e sotto di loro la terra divina produsse erba fresca,
e rorido loto, e croco e giacinto
morbido folto, che li tenea sollevati dal suolo.
Giacquero li e s'avvolsero di una nube
bella d'oro: e ,stillava brillante rugiada.
Immobile il padre dormiva cosi sulla vetta del Gargaro,
vinto dal sonno d'amore, e avea tra le braccia la sposa.
I
,
L'aurea 127
Proprio nella sua qualit di dea delle nozze Hera si chiama
anche Antheia , la dea dei fiori . Come tale, in Apollonio
Rodio spedisce ninfe con fiori alle nozze di Medea e Giasone.
Anche in ci nipote di sua ava, la Terra che dispensa fiori.
Essa d espressione al lato piu oscuro e freddo, il lato ctonio
dell'evento nuziale: quello piu chiaro e caldo appunto ci che
corrisponde all'incantesimo di Afrodite, quel lato passionale
che avvolge di auree nubi la coppia divina. Ci non ctonio:
infatti anche Mrodite una dea celeste. Appare come qualcosa
di regale in s, un regnare per s s'intende, sotto il segno
di Mrodite, mentre per Hera un mezzo per regnare e se
qualcosa, proprio questo il dono d'una regina ...
Afrodite altrettanto poco dea della fecondit che Demetra
o Hera. In Lesbo, dove trov in una grande poetessa, Saffo,
un 'adoratrice intimamente affine, un fiume prendeva da lei
il nome di Afrodisio. Le donne che vi si bagnavano, cosi si
contava, diventavano sterili. Certo, ella appare come dea del
matrimonio: ad ogni modo non in Omero, presso il quale dimo
stra piuttosto l'indipendenza costitutiva del suo essere,
stante con l'esclusivit del vincolo matrimoniale. Il poeta del-
l'Iliade non conosce, o non riconosce, il suo matrimonio con
Efesto. L 'Odissea rappresenta lei come violatrice del m,atrimonio,
ed Efesto nella posizione ridicola del marito ingannato, il quale
tenta di trattenere nella sua rete la sovrana inafferrabile, sfug.
gente come perla. Se nella disperata preghiera di Penelope
detto che Mrodite abbia voluto impetrare da Zeus per l'orfana
figlia di Pand.areos il compimento , il telos nel matrimonio,
essa fa ci come protettrice materna di quella fanciulla.
Il matrimonio appartiene alla sfera di Mrodite. Costei viene
anche invocata in generale come cc la dea nuziale delle fan.
ciulle )). Non invano fidanzate e le loro madri le offrono sacrifici
avanti le nozze. Ma con riferimento a ci essa reca in Sparta,
in modo affatto straordinario, il nome di un'altra dea COme
128 La ricerca della regina
soprannome che la circoscrive e definisce piu da VICIno: si
chiama AfroditeHera. La sconcertante domanda di Mimnermo,
se si dia in genere vita e godimento di vita senza l'aurea Afro-
dite , se senza di lei la vita sia ancora vita, vale in modo
affatto particolare pei matrimonio, proprio in quanto esso non
soltanto serve alla ({ fecondit l), ma pu essere per donna e
uomo il momento piu alto della vita. La parola afrodite pu
essere impiegata, come hephaistos per fuoco, demeter per
frumento l), dionysos per vino l), per indicare il piacere amo-
roso. Bisogna pensare anche a questo piacere quando Omero, e
presso di lui in modo del tutto particolare Paride, iI privilegiato
per i bramati doni di Afrodite, chiama aurea la dea,
ovvero quando Esiodo uon dimentica di nsare questo aggettivo
anche l dove col nome di Afrodite designa semplicemente una
feconda unione amorosa.
Poich nel segno di Afrodite non si tratta tuttavia di qualcosa
di cupo e telluricamente opaco, di un incosciente risolversi nel-
l'essere-uno, m,a di qualcosa di oltremodo luminoso e chiaro.
La figura dell'Anadiomene, di colei che emerge dalle profondit
marine, per cosi dire la trasparente purezza, divenuta visibilit,
del perfetto essereuno. Per mezzo di Afrodite il mondo intero
diviene trasparente, e cosi radioso e ridente appunto perch
ci che in esso vi era di pin contrario fu risolto in un'unit, e
quest'unit rivela a ogni essere vivente la possibilit della stessa
condizione, che noi oggi potremmo chiamare non proble-
matica , mentre in greco deUa simile alla calma del mare .
Secondo il mitologema della sua nascita dal mare, che Esiodo
ci riferisce, la primitiva unit, spezzata dalla cruenta azione di
Crono, si salv in Afrodite con i ~ che il reciso membro virile
trov accoglienza nel materno grembo del mare e di qui venne
fuori la grande dea dell' amore, quest'unica neUa generazione
dei Titani la cui madre non sia Gaia. Hera porta la ferita di quel
tragico antichissimo evento, Afrodite ne porta la guarigione.
I,
II
,t
l
!
L'aurea
129
In corrispondenza di ci il culto ciprio di Afrodite pre'
senta un tratto ermafroditico: la dea venne l onorata anche
come dio, come Aphroditos. Pare che in quel culto, in.ieme
ai raggi del Sole e della Luna, anche quelli di un altro a.tro
si unissero in quel contesto celeste"terrestre, che costituisce
per gli uomini 1'essere. La po.izione del pianeta Venere, che
nell'A.ia Minore era onorato al terzo posto, accanto al Sole e
alla Luna, corrisponderebbe esattamente alla situazione cuI.
tuale di Afrodite sull'Acrocorinto, ovvero anche alla sua pre
senza accanto e fuori dei veri e propri Titani e Titanidi, so
lari e lunari, in Esiodo. Ma per la religione greca, che si
molto allontanata da quello sfondo titanico.astrale, rimane
significativo che nella tarda antichit si sia voluto attribuire a
Hera l'a.tro di Venere, bench sia piu aureo e solare che aro
genteo e lunare. Nel mondo olimpico, dopo l'inobliata prima
coppia di Urano e Gaia e dopo la coppia titanica di Crono e
Rea, domina la costellazione Zeus.Hera: non identica al Sole
e alla Luna, e tuttavia per molti rignardi a essi corrispondente.
Tra l',altro anche per questo, che accanto a loro non pu su,
sistere, con pari diritti, un terzo astro dominante.
' gi secondo questo principio che Afrodite in Omero ap'
pare tra le figlie di Zeus. La dea, che essa ottenne per madre,
abbastanza misteriosa. Costei si chiama Dione, con un nome
che appartiene come forma femminile alla radice della parola
Zeus . In Dodon.a, un antichissimo luogo di culto di Zeus,
era lei la sua moglie. Foneticamente il suo nome non corri
sponde al latino Juno , ma piuttosto a Diana , e sembra
avere con la Luna la medesima relazione che hanno tutte que
ste dee: Diana non meno di GiunoneNeaira. In un elenco dei
Titani e delle Titanidi essa viene inserita accanto a Theia, la ma
dre di Helios. Quando piu tardi si pretende che sia la figlia di
Theia, allora naturalmente diventa sorella del dio Sole. An
tichi teologi sapevano bene del suo carattere lunare; ma nella
130 Da ricerca della regina
poesia essa si risolve nella sua grande figlia Afrodite, e diventa
uu altro nome della dea dell'amore.
Afrodite, un tutto maschile-femminile risplendente in
aurea purezza, fa impallidire ogni carattere di met . Essa
presente quando da una met nasce qualcosa d'intero e con-
trari risolti diventano indissolubile seme anreo della vita. In
questo somiglia pure - per quanto la sua essenza non sia di
carattere ctonio - a quella regina notturna, presso la quale
Helios ritrova e raccoglie per una nuova nascita la sua aurea
eSSenza sperperata. I tratti notturni di Afrodite sono profondi,
anche se la tradizione classica li passava sotto silenzio almeno
dove non si trattasse di notte d'amore, ma di notte di morte.
Cionondimeno ci viene una volta rivelato che in Delfi si ono-
rava anche un'Afrodite dei sepolcri , epitymbidia. Nella )ll"a-
gna Grecia meravigliosi monumenti ci mostrano direttamente
come la dea degli Inferi Persefone possa apparire afroditica e
come fosse inteso in modo sentitamente religioso l'insegnamento
dei Pitagorici che vi sono due Afroditi: una celeste e una sol-
terranea. Afrodite aveva anche il suo aspetto di Persefone e pre-
cisamente dove si sapeva questo, nella citt greca di Taranto, s
chiamava regina .
Fini. initinrn
the wells
Which boiI nnder OUf being's inmost cells,
The fountains -of (lUr deepest life, shall be
Confused in Passion's golden purity
As mountain-spnngs under tbe morning-sun.
SHELLEY
(le sorgenti
.che ribollono sotto le piO. intime cellule del nostro essere,
le fonti della nostra vita piO. profonda, saranno
confuse nell'aurea purezza della Pas.sione
come polle montane sotto il sole dell'alba).
La cretese figlia del Sole
Il tessuto mitologico privo di orli. Si potrebbe cominciare
da una profondit sempre maggiore, spingersi sempre pili in l,
e propriamente non finirla mai. Nella ricerca della regina ab.
biamo seguito dei fili, dai quali si poteva sperare che saremmo
stati condotti a quel disegno che ci mostra accanto al re Sole
anche la figura della sua vera compagna, avvolta dalla Notte piena
di lDistero. Circe, la figlia, Medea, la nipote, Hera, la lunare,
e Afrodite, che ha la sua propria stella rilucente nel cielo not-
turno, costituirono i fili che si perdettero al nostro sguardo -
non per in un'oscurit inesprimibile o in una mera figura d'om
bra - in quel punto dove potevamo attenderci l'apparire lumi.
noso della regina. Raggi d'argento e d'oro si uniscono l con
quelli del Sole, diventato notturno, quasi in una costellazione
generante e di nuovo partoriente.
Ci serviamo di un genere d'espressione astrologico per un
processo mitologico, soltanto allo scopo di renderlo pili acces-
sihile al pensiero astratto. I processi mitologici avvengono fuori
del tempo e sono fondamento e modello per l'intera esistenza
umana, indipendentemente dalla sua occasionaIe determinazione
temporale. Le costellazioni sono per l'astrologia soltanto un
diverso genere di espressione, senza dubbio piu ricco e mitolo-
134
Finis initium
gico, per esprimere la determinazione temporale. Nel senso della
mitologia come {{ modello vincolante del fondamento avveniva
in Grecia che gli uomini innamorati invocassero Helios, le donne
innamorate la Luna: cOSI era detto in uno dei perduti cori v r ~
ginali di Pindaro.
stato un ardimento, dal punto di vista della mitologia di
stile omerico ed esiodeo, gi soltanto di menzionare in generale
l'antica concezione orientale degli astrologi e la relazione, pili
asiatica che greca, di Mrodite col suo pianeta. Nella stella del
mattino e del vespero i Greci di Omero vedevano pin volentieri
due figure di adolescenti che non un 'unica possente divinit
astrale, la dea dell'amore degli Orientali. Eppnre Esiodo attesta
ancora qualcosa di pin che l'affermazione della relazione di quel.
l'astro dal chiaro splendore con Mrodite. Il figlio di Eos e di
Kephalos, la stella del mattino altrimenti detta Phosphoros, egli
lo chiama Phaethon, e con ci gli attribuisce un carattere solare,
e di questo secondo, pin piccolo Sole racconta che Mrodite lo
avrebbe rapito fancinllo e ne avrebbe fatto nn custode del suo
tempio. I santuari della dea dell'amore tanto in Grecia che nel
vicino Oriente stavano sotto la medesima stella.
Abbiamo dovuto osare tali scollfinamenti perch in realt
siamo giunti ai confini della grecit omerica. Se penetriamo an-
cora un poco pin a fondo in quel tessuto di miti seguendo un
filo aureo che si pu paragonare a quello di Circe, siamo nel.
l'antica Creta. L'altra figlia del Sole, di grande importanza mito.
logica, Pasifae, la sorella di Circe, er,a una regina cretese, un'as-
sai degua e nobile figura di donna, malgrado l'umanizzazione
che in lei assumeva il significato di un'indegna passione per un
animale. Ancora la pin tarda fonte letteraria, l'unica che ci
parli della sua morte, la racconta in questi termini: che, cac-
ciata e rinchiusa da suo marito, il re Minosse, mori di dolore
per la perdita della propria dignit di regina.
Questa dignit di regina proviene da una civilt preellenica.
-;-11
J
La cretese figlia del Sole 135
L'amore per un toro, che nel mondo olimpico appare cosi mo-
struoso, rimanda a un ordinamento preolimpico del mondo, nel
quale questo fatto orrendo era possibile e forse non era per
nulla orrendo, ma tale da provocare brividi, nel senso di quel
brivido religioso che ci prende davanti alla manifestazione del
divino. Ci che fa rabbrividire - originariamente in senso reli
gioso, pin tardi in senso profano - non l'apparire dell'amante
in forma di toro, nella storia di Pasifae. Quest'animale avrebbe
potuto nascondere in s, anche nella mitologia greca classica, un
dio olimpico, anzi il pin eccelso. Sotto forma di toro Zeus rapi
la madre di Minosse, Europa. Pasifae, moglie di Minosse,
cosi intimamente unita all'amante tanrino - e non gi soltanto
a uno che rappresenti la parte di toro per capriccio divino -
che gli partorisce un figlio simile: il Minotauro. Come donna e
madre, doppiamente raccapricciante, ella sali in un primo tempo
la scena attica, per poi apparire nella letteratura ellenistica come
infelice vittima di Afrodite.
Un antico dio cretese, al quale secondo una mitologia pri.
mordiale l'aspetto di toro apparteneva in modo preminente,
divent agli occhi dei rappresentanti di una pin tarda conce
zione del mondo un toro particolarmente bello, e la dea a lui
associata, una donna colpita da follia droditica. Furouo per
soltanto i poeti alessandrini e romani che spiegarono con la ven-
detta di Afrodite adirata questa storia d'amore, eccitante per
la sua innaturalezza. Euripide, che nell'lppolito descrive la
funesta passione amorosa di una figlia di Pasifae, la nipote del
Sole Fedra - la splendente -, dedic una tragedia, i Cretesi,
anche alla madre folle d'amore, ma faceva risalire la sna follia
all'ira di Posidone, che non aveva ottenuto il toro sacrificale a lui
spettante. Il poeta ateniese trov nella leggenda intorno alla
casa regnante cretese un'atmosfera anoditica cosi carica, che ebbe
bisogno soltanto di una motivazione piuttosto superficiale per
136 Finis initium
poter rappresenUire la regina e la figlia del Sole come esempio
di un'inaudita passione.
Quest'atmosfera era in origine intorno a Minosse, ovvero
intorno a Pasifae? Esiste un racconto, variato secondo il gusto
dei tardi mitografi, intorno alle arti magiche della regina, so-
rella di Circe, con le qn;Ili essa impediva l'unione di Minosse
con altre donne. Serpenti e scorpioni uscivano fuori dal re
qUand'egli voleva amare un'altra donna. Ma secondo una va-
riante anche la stessa Pasifae doveva subire questa qualit di
Minosse - antica qu.alit mitologica, in origine certo non ribut"
tante, di un amante ctonio che aveva aspetto di serpente. In
forma di serpente il Zeus sotterraneo dimorava presso la re-
gina Persefone per .generare con lei il mistico fanciullo Dio-
niso Zagreus, che i Cretesi D di Euripide veneravano in modo
particolare. Amori di serpenti e di tori presuppongono in Creta
appunto la regina come centro. Da lei procede nno splen-
dore afroditico che ricorda Circe, splendore che per i Greci
irraggia perfino dal suo nome.
Pasiphae pu in s nascondere una parola straniera, un
antico nome cretese per significare la regina; in greco significa
colei che risplende a tutti D. La forma maschile Pasiphaes
compare nell' orfico inno al Sole come attributo di Helios. In
Thalamai, sulla costa messeno-laconica del Peloponneso, vi era
un tempio alla dea Ino con un oracolo per mezzo di sogni.
Anche Pasifae veniva l ol/orata come dea degli oracoli, e Pau-
sania, che vide nel santuario l'immagine di Helios e di Pasifae,
spiega il nome come appellativo della dea Luna. C' inoltre
la tradizione di un 'Afrodite Pasiphaessa D: una denomina-
zione che permetterebbe di considerare la regina cretese addi-
rittura come una forma della dea dell'amore. La sua paredra
nel Peloponneso, Ino - altrimenti chiamata Leucotea, la
dea bianca D, e in Italia Mater Matuta, la madre mattutina D,
I
~

l
La cTetese figlia del Sole 137
- domina il sorgere del Sole. li suo regno l'alba, che prima
dello spuntare del Sole avvolge anche l'astro del mattino e la
Luna. Venne allora in primo piano nel mondo greco la Luna
come compagna di Helios. Ma la phi antica relazione non fu
del tutto dimenticaUi: Afrodite mantenne come aggettivo il
nome di Pasifae.
In CreUi PasHae congiunUi al mondo astrale anche per
mezzo del nome del suo figlio raccapricciante. Giacch costui
si chiama non soltanto MinoUiuro, ma anche Asterios o Aste-
rion, dimodoch egli un essere astrale. Antiche raffigurazioni
mostrano in mezzo al labirinto nn uomo dalla tesUi di toro
nella caratteristica posizione col ginocchio piegato - un
accenno arcaico al simbolo solare -, ma insieme anche la stella.
Egli per cosi dire un piccolo Sole, il dio Sole che appunto
rinato, ma ancora sprofondato nella notte. Pasifae era sua ma-
dre e sposa del grande dio Sole, che in Creta era tutt'uno col
dio-toro. La figura del toro viene espressamente attribuita a
Talos: cosi suona un nome cretese del Sole. E ci viene traman-
dato che il dio Sole appariva in Creta ai colonizzatori sotto
forma di toro per condurli alla fondazione di una nuova citt.
Il mondo cretese e anzi l'intero mondo mediterraneo del
culto del toro era, sembra, un mondo della religione solare.
Noi abhiamo raggiunto i snoi confini e non intendiamo proce-
dere piti oltre. Poich il modello ricercato pur sempre per
noi riposto nel contesto greco, quand'anche sia (cosi sem
bra) non solUinto dimenticato, ma - come tutto ci che si
riferisce alla regina degl'Inferi - anche occultato gi fin dalle
origini. Malgrado ci i contorni della Luna e di Venere comin-
ciarono a divenirci chiari. L'essenza afroditica della dea cretese
che risplende a tutti, la madre di Fedra, la riempie per cosi
dire di nn oro ancora piti caldo. La figura, che p<;>trebbe con-
durci ancora piti addentro in quesUi notte gravida di Sole, sa-
138
Finis initium
rebbe quella figlia di Pasifae, la cui corona brilla nel cielo
delle stelle greche: Arianna. Essa, la trasfigurata sposa di Dio-
niso, ci mostra la via che, se noi la percorressimo, costituirebbe
un nuovo inizio, l'ingresso, forse l'irruzione, nel regno di un
grande dio dei misteri.
~ I ;
~ t
Nota finale
Qnesto libretto deve finire nn poco brnscamente, al pari di
qnelle conferenze dalle quali nato e che, secondo il loro ca
rattere di libera ricerca e indagine, narrativo e asistematico,
non potevano. offrire nulla di conclusivo. Risultati definitivi
non ve ne sono, in generale, nello studio della mitologia, poi.
ch non vi sono. equazioni. Helios non il sole non-mitolo ..
gico, e in generale nessun eroe, nessun'eroina qualche cosa
di non-mitolo.gico. Un'equipar.azione siffatta non restituirebbe
ai mitologemi la loro comprensibilit, bens! li ricondnrrebbe a
qualcosa di diverso da ci che essi sono. Appunto per questo
nella nostra nuova esposizione interpretativa ogni fine per
noi soltanto un principio: finis initium.
La conferenza dal titolo Padre Helios fu tenuta il 5 ago.
sto 1943 al conveguo Eranos di Ascona, ed apparsa nella sna
forma originale, con note, nell' Eranos-Jahrbuch)l del 1943.
Ad essa corrisponde la prima parte del presente volume. Que-
sta conferenza venne proseguita negli Studi mitologici sulle dee
greche, che formarono 1'oggetto di un ciclo di conversazioni
allo Ziircher Psychologischen Club)l, nell'ottobre del 1943.
Essi costitniscono, alquanto completati, il resto di qilesto libro.
Alle note ho dovnto rinunziare. Gli eruditi troveranno i testi
1<W
Nota finale
e i monumenti che stanno alla b.ase della trattazione, e
ranno anche che talvolta le mie interpretazioni sono
nuove, ma: cl-Lap't"uP?V o3v cXs(8ro.
note ..
certo
Del modello vincoL.nte del fondamento parla con que,
ste stesse parole Thomas Mann, Esse si trovano nel discorso di
Ginseppe davanti al re Sole, e possono essere qui riportate nel
loro contesto: Ci che tramandato come modello proviene
dal profondo che sta sotto, ed ci che ci vincola, Ma l'io
da Dio, e appartiene allo spirito, che libero, Senonch la
vita civile consiste in quest,>: nel fatto che il modello che vino
coL. si riempie della divina libert dell'io, e non v' civilt
umana senza l'una e senza l'altra D.
Villino del Sogno. Ascona, 21 dicembre 1943.
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Chaos
I
Erebo - Nyx
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Aitber, Hemera
Albero genealogico della stirpe solare
illustrato nei suoi tratti principali secondo Esiodo
Gaia
I
Gaia URANO
I
Oceano, Koios, Krios, IPERIONE TREIA, Rea, Crono
I I I I-II
PERSE (i.) HELIOS Zeue - Hera
I I
ARIETE, CIRCE, PASIF AE
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MEDEA ARIANNA
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