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Cristiani e buddhisti
Quale dialogo?
Il buddhismo un fenomeno religioso molto complesso e diversificato al suo interno, al punto che,
molto pi correttamente, bisognerebbe parlare di buddhismi. La vastit del campo dindagine ci
impone inevitabilmente dei limiti, per questo focalizzeremo la nostra attenzione sugli elementi essenziali. Il buddhismo si presenta, infatti, con un ricco e vasto corpus di scritti, composto da stra, insegnamenti e precetti, commentari,
aforismi, epistolari che sono giunti a noi in pli, sanscrito, cinese, tibetano, giapponese e che coprono larco di un millennio. Si presenta
anche differenziato in Veicoli e in numerose Scuole, con notevoli differenze dottrinali. Non dunque facile avere una visione sintetica.
Per questo, dopo una breve presentazione storica delle origini, concentreremo la nostra riflessione su quello che potremmo definire il
cuore del buddhismo, ossia quel nucleo intangibile dellinsegnamento del Buddha che ci interpella in modo particolare come cristiani e
come missionari. Prenderemo in considerazione due questioni fondamentali nel dialogo cristiano-buddhista: quella teologica, una religione
senza Dio; e quella cosmologica, il rifiuto dellidea di creazione, rimandando ad altra occasione laltrettanto rilevante questione antropologica, luomo-essere karmico. Si tratta di uno studio che mira ad un dialogo esigente con il buddhismo, nelle sue molte asimmetrie
con il cristianesimo, per non cadere in preconcetti o precomprensioni da una parte o in ingenui irenismi dallaltra.
di Maria De Giorgi
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Buddha
lasceta silenzioso
dei Sakya
S
Maria De Giorgi,
missionaria di Maria
(saveriana), dal 1985
in Giappone,
impegnata nel dialogo
interreligioso presso il
Centro Shinmeizan. Ha
conseguito il dottorato
in teologia
allUniversit
Gregoriana di Roma
con una tesi sul
rapporto tra
buddhismo della Terra
pura e cristianesimo.
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malati e anziani, vide defunti portati alla cremazione e infine incontr un monaco. Questa esperienza cambi radicalmente la sua vita. Lasci
la famiglia, abbandon la vita reale, e cominci
a cercare, come molti altri in quel tempo, la via
della liberazione dalle esistenze e dalle morti, il
cui susseguirsi senza fine imprigiona lindividuo. In quel tempo, infatti, era particolarmente
diffusa la credenza della trasmigrazione delle
anime e gli abitanti di questa zona vivevano nel
timore di rinascere tra i dannati, gli animali, gli
spiriti affamati, con la speranza vaga di giungere
ad una liberazione finale oltre la morte.
Dopo un periodo trascorso nel pi severo
ascetismo rischiando di morire di stenti, Siddharta si rese conto che quella non era la via per giungere alla liberazione. Abbandonate le forme estreme di ascesi, si concentr sulla meditazione (anapanasati) attraverso la quale scopr la via me-
Nei testi
che ci sono giunti,
la narrazione della sua vita
un misto di storia,
leggenda e mito
diana, un sentiero di moderazione tra i due estremi del piacere e della mortificazione estrema.
A trentacinque anni, mentre sedeva in meditazione nei pressi di Bodh Gaya, finalmente raggiunse la retta visione delle cose, emancipandosi dal ciclo delle nascite e rinascite. Siddharta
era ormai diventato un Buddha, un Illuminato.
Trascorse il resto della sua vita insegnando a tutti la via del risveglio che aveva scoperto. Attorno a lui, i discepoli che si riunirono formarono il sangha, lordine monastico. Secondo la tradizione, mor a 80 anni, nel 483, nei pressi di
Kushinagari.
Nei testi che ci sono giunti, la narrazione della sua vita un misto di storia, leggenda e mito.
La maggior parte degli studiosi attuali accetta
che egli sia vissuto, abbia insegnato e fondato
lordine monastico, ma sono critici sui dettagli
delle biografie antiche.
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Linsegnamento
del buddha
GENERAZIONE INTERDIPENDENTE
Il termine sanscrito prattya samutpda (pli,
patittya samuppada), comunemente tradotto con
generazione, produzione interdipendente, divenire causato o genesi condizionata, assai difficile da rendere nelle lingue occidentali perch
non trova in esse un corrispettivo adeguato.
Espressa dapprima con termini quali nidna,
paccaya (condizione), hetu (causa, condizione
precedente), samudaya (origine), lidea di
unorigine reciprocamente condizionata in virt di un funzionalismo cosmico (R. Panikkar,
Il silenzio del Buddha, Mondadori, Milano
2006, p. 108) trov progressivamente espressio-
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In alto, a sinistra:
Kunagari (India), tempio
buddhista edificato nella
localit dove, secondo la
tradizione, mor il Buddha.
Sopra:
Bodh Gaya (India), grande
statua del Buddha.
A pag. 18 (da sinistra):
Kathmandu (Nepal),
monastero buddhista
Shakya;
Isola di Giava
(Indonesia), tempio
buddhista Borobudur,
bassorilievo raffigurante
(al centro) il principe
Siddharta Gautama
mentre si rade i capelli.
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Le quattro
nobili verit
Le Quattro nobili verit sono: Dukkha (tutto sofferenza, impermanenza);
Samudaya (il sorgere o lorigine di dukkha); Nirodha (la cessazione di
dukkha); Marga (il sentiero che conduce alla cessazione di dukkha). Il
Buddha, ormai convinto, si rivolse allora ai cinque asceti che erano stati
suoi compagni e, nel Parco dei Daini a Benares, per loro diede avvio alla
ruota del Dharma predicando le Quattro nobili verit e insegnando la
pratica dellOttuplice sentiero. Cos facendo, il Buddha cerc di rendere accessibile e comprensibile a tutti la difficile dottrina di pratitya samutpada. Le Quattro nobili verit, infatti, non sono altro che la verit fondamentale del buddhismo, ossia la dottrina della generazione interdipendente, riformulata e predicata alla gente comune. Sappiamo che i cinque asceti ascoltarono il sermone del Buddha, lo misero in pratica, ne verificarono la veridicit, raggiunsero l occhio del Dharma (cio il livello
di conoscenza che permette di percepire il principio della generazione dipendente) e, quindi, lilluminazione.
Dukkha
Dukkha viene normalmente tradotto con sofferenza, ma il termine
riduttivo. Scrive W. Rahula in proposito: La parola pali dukkha (in sanscrito duhkkha) nel senso ordinario significa sofferenza, tormento, dolore o miseria, come opposto alla parola sukha, che significa felicit,
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piacere o tranquillit. Ma il termine dukkha come prima nobile verit, che rappresenta il punto di vista del Buddha sulla vita e sul
mondo, ha un significato filosofico pi profondo e un senso enormemente pi ampio. Esso include anche idee pi profonde come quelle di imperfezione, vacuit, insostanzialit. Quindi difficile trovare un vocabolo che
comprenda tutti i concetti racchiusi nel termine dukkha in quanto prima nobile verit
e pertanto meglio non tradurlo, piuttosto
che fornire unidea sbagliata traducendolo
con sofferenza o dolore (Linsegnamento
del Buddha, p. 18). Secondo la filosofia buddhista, lio non che una combinazione di
forze o energie mentali e fisiche che cambiano continuamente e che possono essere divise
in cinque aggregati: a) ruphakanda o aggregato della materia; b) vedanakkhanda o aggregato delle sensazioni (fisiche e mentali); c)
sannakkhandha o aggregato delle percezioni;
d) samkharakkhanda o aggregato delle formazioni mentali; vinnanakkhanda o aggregato della coscienza. Ci che, dunque, chiamiamo essere o io non che un nome convenzionale dato alla combinazione di questi
aggregati. Essi sono tutti impermanenti e in
continuo cambiamento. La nobile verit di
dukkha, dunque, insegna che non c una sostanza immutabile, non c nulla dietro le cose che possa definirsi come un s permanente
(atman), unindividualit, niente che possa
realmente chiamarsi io. I cinque aggregati
Samudaya
La seconda nobile verit riguarda lorigine di
dukkha, ossia tanha, la sete, il desiderio che
produce la rinascita e il ri-divenire e che si alimenta: a) della sete del piacere dei sensi; b)
della sete di esistenza e di divenire; c) della sete della non-esistenza.
questa sete, questo desiderio che, manifestandosi in vari modi, d origine a tutte le
forme di sofferenza e alla continuit degli esseri. Non tuttavia una causa prima perch
tutto relativo e interdipendente. Anche tanha, infatti, obbedisce alla legge della generazione interdipendente e a, sua volta, dipende
dallapparizione di qualcosaltro, dalla sensazione, dal contatto ecc.
Nirodha
La terza nobile verit lestinzione della sete,
la cessazione del dukkha, il nirvana. Il nirvana, indicibile perch al di l di ogni possibile
espressione, non n causa n effetto. la verit ultima al di l della logica e del ragionamento; vedere le cose come sono realmente,
senza illusione o ignoranza, sapendo che non
c nulla di assoluto nel mondo, che tutto relativo, condizionato e impermanente e che
Marga
Marga il sentiero di mezzo che d la visione e la conoscenza, che conduce alla calma, alla visione profonda, al risveglio, al nirvana; lOttuplice sentiero composto da: a)
retta comprensione; b) retto pensiero; d) retta
parola; e) retta azione; f) retta condotta di vita; g) retto sforzo; h) retta consapevolezza; i)
retta concentrazione. LOttuplice sentiero condensa in s tutto linsegnamento che il Buddha, per oltre quarantanni anni, propose a
tutti secondo le capacit di comprensione di
ognuno. La successione degli otto livelli non
cronologica perch tra essi vi simultaneit, luno aiuta lo sviluppo dellaltro e tutti insieme realizzano la disciplina buddhista di sila (moralit), samadhi (disciplina mentale),
praja (saggezza). Sila presuppone: retta parola, retta azione, retta condotta di vita. Samadhi presuppone: retto sforzo, retta consapevolezza, retta concentrazione. Praja presuppone: retto pensiero, retta comprensione.
Il sentiero dunque un modo di vivere che
pu essere seguito, praticato e sviluppato da
chiunque. una disciplina del corpo e della
mente, un autosviluppo che porta allautoliberazione.
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IL RIFERIMENTO A
Una religione
senza Dio? La
questione
teologica
li scritti buddhisti sono concordi nel tramandarci la reticenza del Buddha a parlare di
Dio e delle questioni metafisiche. Lungo i secoli, questo silenzio stato, per, oggetto di diverse interpretazioni: vi chi ha sottolineato la
dimensione terapeutica o pragmatica di tale silenzio, chi la dimensione contemplativa. R. Panikkar, da parte sua, ritiene che il Buddha non
soltanto tace, ma che la sua risposta il silenzio
e, ancora, che il Buddha non d alcuna risposta
perch elimina la domanda (Il silenzio del Buddha, p. 251).
Isola di Miyajima
(Giappone),
tempio Daishoin,
Buddha silenzioso.
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SILENZIO TERAPEUTICO
Nei stra primitivi, il Buddha spesso rappresentato come un medico che, diagnosticato il
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SILENZIO PRAGMATICO
La pi antica interpretazione del silenzio del
Buddha si trova probabilmente nella sezione
Maha-vagga del Samyutta-Nikaya del canone
Pli: Una volta il Benedetto soggiornava presso Kosambi nella foresta di simsapa. Quindi,
raccogliendo alcune foglie di simsapa nella ma-
no, chiese ai monaci: Che cosa pensate, monaci? Sono pi numerose le poche foglie di simsapa nella mia mano o quelle nella foresta dei
simsapa?. Le foglie nella mano del Benedetto
sono poche in numero, signore. Quelle nella foresta sono pi numerose. Allo stesso modo,
monaci, quelle cose che ho conosciuto direttamente ma non ho insegnato sono molte di pi
[di quelle che ho insegnato]. E perch non le ho
insegnate? Perch non sono connesse con la
meta, non si riferiscono ai principi della vita
santa, e non conducono al disincanto, al distacco, alla cessazione, alla conoscenza, al risveglio, allIlluminazione. Ecco perch non le ho
insegnate [...] (56.31). Secondo Takeuchi,
questa interpretazione del silenzio del Buddha pu essere intesa come: a) espressione della
fede dei discepoli nella sua onniscienza. Tale
fede li port a concludere che, mentre il Buddha
conosceva la soluzione di tutti i problemi metafisici, tenne loro nascosta tale soluzione perch non necessaria alla nobile ricerca; b) atteggiamento pragmatico del Buddha nei confronti del problema religioso e, per questo, indifferente ad ogni tipo di problema metafisico;
c) rifiuto della trascendenza: Da un punto di
vista puramente filosofico, lintenzionale silenzio del Buddha nei confronti di Dio, dellanima
individuale e del principio supremo corrisponde
ad una risposta negativa e ad un rifiuto di tale
trascendenza. Il netto contrasto tra il suo insegnamento dellantman e la dottrina delltman
propria delle Upanishad ne una conferma (Il
cuore del buddhismo, p. 39).
PER APPROFONDIRE
MARIA A. DE GIORGI
SALVATI PER GRAZIA
ATTRAVERSO LA FEDE
Emi, Bologna 1999
pp. 485; 21,00
presso:
libreria@saveriani.bs.it
In alto, a sinistra:
Dengfeng (Cina), tempio
di Shaolin, uno dei re
celesti che rappresenta
la protezione del mondo
e la liberazione
dalla sofferenza.
Sopra:
Hangzhou (Cina),
Amitabha Buddha
con i suoi assistenti
Bodhisattva
Avalokitesvara,
e Mahasthamaprapta
Bodhisattva.
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SILENZIO CONTEMPLATIVO
Il sorriso del
Buddha e il
suo silenzio
sono la stessa
e identica
cosa. Entrambi
sono una
comunicazione
immediata che
colma la
distanza che
separa
unesistenza
dallaltra
PER APPROFONDIRE
GIANGIORGIO
PASQUALOTTO
BUDDHISMO
Fattore R
Emi, Bologna 2012
pp. 158; 12,00
presso:
libreria@saveriani.bs.it
Una terza interpretazione quella contemplativa (dhyna, samdhi), sebbene non manchi di
punti deboli. A tal proposito vi una leggenda,
nota come Sermone del fiore, tramandata soprattutto dalla tradizione Zen che narra: Un giorno
mentre il Buddha era seduto con i suoi discepoli
si chin a cogliere un fiore di loto. Lo guard e
le sue labbra si aprirono al sorriso. Nessuno dei
discepoli fu in grado di cogliere il significato di
ci. Solo Kasyapa sorrise con lui. Il Buddha lo
not e disse: Sii, dora innanzi un messaggero
del cuore del buddhismo (questo sermone
narrato in un stra spurio la cui autenticit molto discussa, noto come Ta-fa-tien-wangfo-iching, la cui edizione pi antica risale allXI secolo). Il sorriso del Buddha e il suo silenzio sono
la stessa e identica cosa. Entrambi sono una comunicazione immediata che colma la distanza
che separa unesistenza dallaltra.
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dossier
l
irra
RETIREEDIARY.WORDPRESS.COM
Il silenzio metafisico
del buddhismo
ci interpella
dossier
dossier
AWANGTEH.BLOGSPOT.IT
I testi buddhisti
elencano quattordici
avyakrta-vastu o muki,
riducibili a quattro
problemi fondamentali:
leternit del mondo, la
sua finitezza, lesistenza
dopo la morte, lidentit
tra anima e corpo
Longmen (Cina),
statua di Vairocana
Buddha in uno
dei numerosi
santuari rupestri.
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ca attribuiti allo stesso Buddha: Esiste, o monaci, un non-nato, un non-divenuto, un noncreato, un non-formato. Se, o monaci, non esistesse questo non-nato, non divenuto, noncreato, non-formato non si potrebbe conoscere
alcuna via di salvezza [sottrarsi] da ci che
nato, divenuto, creato, formato. Ma, o monaci,
poich esiste un non-nato, un non-divenuto, un
non-creato, un non-formato si pu conoscere
una via di salvezza da ci che nato, divenuto,
creato, formato (in R. Gnoli, La Rivelazione
del Buddha, vol. 1, p. 698.). Commentando
LASTAMPA.IT
dossier
La mancanza
dellidea
di creazione La
questione
cosmologica
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re considerata come una variet dinterpretazioni dello spirito fondamentale della dottrina
della generazione dipendente del buddhismo
primitivo. Possiamo addirittura dire che ogni
paese ha sviluppato un proprio approccio in relazione ai propri retroterra etnici, dando cos origine alle principali scuole e sette conosciute (Il
cuore del buddhismo, p. 117).
VOANEWS.COM
dossier
PER APPROFONDIRE
MARIA DE GIORGI
LA VIA DEL T
NELLA SPIRITUALIT
GIAPPONESE
Uomini e profeti
Morcelliana, Brescia 2007
pp. 69; 7,00
presso:
libreria@saveriani.bs.it
Monaci buddhisti
pregano durante
la cerimonia inaugurale
della Conferenza
internazionale su pace
mondiale e buddhismo
a Mumbai, India.
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ARCHIVIO SAVERIANI
IN GIAPPONE. Il Giappone eredit dalla Cina questo ricco patrimonio religioso e culturale che seppe assimilare e adattare dando vita a nuove sintesi. Lidea di jinen radicata nella visione buddhista
di engi ha plasmato profondamente la mentalit
giapponese ed uno degli elementi che rende difficile comprendere e accettare lidea di creazione,
SECONDO LA BIBBIA
come sintetizza con chiarezza Abe. Secondo questultimo, la retta visione del reale basata su engi (prattya samutpda) avvia un processo di
conversione della mente che presuppone un
fondamento logico. Abe individua questo fondamento nella cosiddetta co-dependent originatology. Con questespressione da lui stesso coniata,
Abe intende riferirsi alla struttura fondamentale
di prattya samutpda attraverso la quale sono rese possibili le varie forme di generazione dipendente. Una tale visione del reale sembrerebbe
porsi in diretta e irreversibile contrapposizione
con quella biblico-cristiana che concepisce il reale come espressione dellopera di Dio. Per dovere
di completezza, per, doveroso accennare qui
ad unaltra prospettiva che ci viene dagli antichi
testi buddhisti. Negli Udna, infatti, troviamo
lesplicito riferimento ad una realt non nata,
non diveniente, non composta che sembra andare oltre la relazione di generazione dipendente
(VIII,3). Questa tensione interna al buddhismo,
come le altre contraddizioni non risolte, lungi dallo svuotare di significato e di attualit il confronto
con lidea cristiana di creazione, rende tale confronto ancora pi stimolante e necessario.
dossier
Un primo dato di cui tener conto che narrando della creazione del mondo e delluomo
/donna, la Bibbia non intende descrivere la struttura o le origini delluniverso, n porre laccento
sulla sua genesi e relativa modalit. Intende,
bens, affermare che tutta la creazione dotata
di senso, ha una sua ragione ultima e un suo fine.
Per la Bibbia, il mondo e luomo/donna in esso,
non sono n natura n cosmo, n formano una
totalit chiusa che si genera e rigenera, ma una
radicale novit dellamore. A questo proposito,
mi sembrano stimolanti alcune riflessioni di E.
Levinas, per il quale il senso profondo della
creazione biblica va individuato nellintroduzione della paradossale alterit fra tutto ci che
esiste e Dio (cfr. Totalit e infinito, Jaca Book,
Milano 1990, p. 106). Un secondo dato di cui
temer conto riguarda la peculiare posizione
delluomo/donna in rapporto alle altre creature.
La creazione delluomo/donna si caratterizza, infatti, per una duplice eccedenza rispetto agli altri
esseri: a) luomo/donna non una parte del mondo, un prodotto della natura, ma il suo destinatario, per cui la creazione biblica e resta esplicitamente antropocentrica; b) luomo/donna
creato a immagine e somiglianza di Dio e come
suo corresponsabile nella gestione del creato (Gn
1,26-27). Per la Bibbia solo attraverso la creazione delluomo/donna si svela il senso ultimo e
Un primo dato
di cui tener
conto che
narrando della
creazione del
mondo e
delluomo
/donna, la
Bibbia non
intende
descrivere la
struttura o le
origini
delluniverso,
n porre
laccento sulla
sua genesi
e relativa
modalit
Centro di spiritualit
e dialogo Shinmeizan
(Giappone),
monaco durante
la cerimonia del t.
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Il buddhismo
ci provoca
a ripensare
la dimensione
relazionale
dellessere creato
dossier
nale dellessere creato per il quale la relazione a Dio e linterazione reciproca sono elementi costitutivi del suo stesso DNA. In particolare, lessere umano compreso sulla base della triplice relazione che lo costituisce
fin dallorigine: relazione a Dio, relazione uomo-donna, relazione al mondo. Come scrive
in Caritas in veritate Benedetto XVI: La rivelazione cristiana sullunit del genere
umano presuppone uninterpretazione metafisica dellhumanum in cui la relazionalit elemento essenziale (n. 55).
Dobbiamo essere grati al buddhismo di provocarci a ripensare la dimensione relazionale cos essenziale dellessere creato. su questa base
che il dialogo con il buddhismo pu, infatti, rivelarsi particolarmente fecondo sia a partire
dai punti convergenti sia da quelli divergenti.
Nella visione biblico-cristiana la relazione che
lega tra loro gli esseri orientandoli come individui e come tutto organico a Dio, non una
legge inesorabile che si autoperpetua, una
ruota che gira su se stessa senza fine, ma un
rapporto filiale che ha il suo radicamento
nella relazione intratrinitaria sussistente di
Dio, ossia nel mistero della Trinit.
Una visione che deriva non dallintuizione
mistica, ma dalla rivelazione divina e che
presuppone unadesione di fede. Non a caso,
S. Tommaso scrive che la conoscenza (di fede) delle persone divine necessaria per avere unadeguata comprensione della creazione (Summa Theologica, I,32,I ad 3). A prescindere da questa conoscenza non possibile cogliere rettamente lessere delle cose, la
loro relazionalit e mutua interazione; il
senso e il destino ultimo del mondo e delluomo. Questa diversa conoscenza certamente lelemento discriminante tra la visione buddhista, basata sullintuizione, e quella
cristiana del mondo e delluomo, basata sulla rivelazione. Cionondimeno, la nozione
buddhista di pratityta samutpada una potente provocazione a rivisitare e approfondire aspetti della teologia della creazione ancora non sufficientemente esplorati, quali:
la solidariet cosmica di tutti gli esseri, il loro comune destino, la ricapitolazione di tutte le cose in Cristo; le implicazioni di una cristologia cosmica che riscopra, come gi auspicava Teilhard de Chardin, il ruolo cardine
di Cristo qui replet omnia, in quo omnia
constant; nel quale e per il quale tutto
stato fatto, nel quale tutto trova coesione e
compimento.
il misterioso dramma
della libert umana cui Dio
non ha temuto di sottoporre
la sua opera
IL PENSIERO CRISTIANO
Sebbene la teologia abbia impiegato secoli
prima di elaborare una dottrina della creazione,
gli insegnamenti veterotestamentari, arricchiti
dalla novit del Nuovo Testamento, appaiono
chiaramente nella riflessione teologica gi dai
primi secoli. La creazione, per altro, sempre
stata oggetto di un possesso sereno nella Chiesa
e non ha mai dato adito a difficili controversie,
come per altri argomenti dogmatici. Con lo sviluppo progressivo del dogma, vennero via via
evidenziate tre dimensioni dellazione creatrice
di Dio: la creatio prima, la creatio continua e la
creatio escathologica. In questo contesto mi limiter ad alcune riflessioni a partire dalla creatio prima sia perch essa a torto o a ragione
considerata laspetto che distingue la concezione cristiana del mondo da quelle delle altre
dossier
La creazione
sempre stata
oggetto di un
possesso
sereno nella
Chiesa e non
ha mai dato
adito a difficili
controversie,
come per altri
argomenti
dogmatici
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CHRIS BRITISH
dossier
Per non
concludere
n dossier non certamente sufficiente per approfondire
tematiche vaste come quelle da noi affrontate. Spero che
serva almeno per farci cogliere lestrema complessit del buddhismo. Le varie tradizioni buddhiste non sono riducibili a mere
tecniche di meditazione. Veicolano, infatti, una specifica visione
del mondo e delluomo di cui occorre essere consapevoli, proprio
in vista di un dialogo costruttivo e fecondo da ambe le parti.
Il grande teologo Romano Guardini (nella foto) scriveva gi negli anni Trenta: Non c che un personaggio che potrebbe dare
lidea di vicinanza a Ges: Buddha. Questuomo rimane un
grande mistero. Vive in una libert impressionante, quasi
sovrumana, anche se dotato di
una bont possente come una
forza cosmica. Buddha forse
lultimo genio religioso col
quale il cristianesimo dovr
confrontarsi. Nessuno ha ancora messo in luce il suo significato cristiano. Il Cristo forse
non ha avuto un precursore
solamente nellAntico Testamento, Giovanni, lultimo dei
profeti, ma un altro in mezzo
alla civilt antica, Socrate, e un terzo che ha detto lultima parola della filosofia e dellascetismo religioso dellOriente: Buddha. Egli libero, ma la sua libert non quella di Cristo. Forse
non che la conoscenza ultima e terribilmente liberatrice della
32
ARTHUR GRGER