Scuola di Dottorato in Storia
Dottorato di ricerca in Storia medievale
I miracoli
nelle fonti agiografiche toscane
del basso Medioevo (XIIXIV secolo).
Una banca dati.
Daniela Bartolini
XXI Ciclo
Coordinatore
Chiar.mo Prof. Giuliano Pinto
Tutori
Chiar.ma Prof.ssa Giulia Barone
Chiar.ma Prof.ssa Anna Benvenuti
Settore disciplinare: Storia medievale MSTO/01
Firenze, esame finale 2009
2
3
INTRODUZIONE
Nel 1998 un convegno organizzato a Firenze dalla SISMEL ha fatto il punto sulla
situazione degli studi agiografici in Europa nell’ultimo trentennio 1; questa iniziativa,
congiuntamente alla rassegna dedicata all’Italia da Paolo Golinelli 2, ha documentato una
rinascenza degli studi del settore determinatasi a partire dagli anni Ottanta, quando la
presenza sullo scenario degli studi di André Vauchez 3 ed il suo ruolo all’interno della Scuola
Francese di Roma rendeva Palazzo Farnese uno dei poli propositivi della ricerca agiografica
italiana ed europea. A partire da questo fecondo periodo la città eterna diveniva così il punto
di riferimento per tutta una scuola di ricerca che di lì a non molto avrebbe coordinato i suoi
sforzi nell’ambito della Associazione Italiana per lo Studio della Santità, dei Culti e
dell’Agiografia (AISSCA) 4.
Focalizzata su una lettura comparativa e diacronica del fenomeno della santità, questa
“scuola italiana” si caratterizzava per un approccio storico decisamente innovativo rispetto
alle analisi prevalentemente letterariofilologicotestuali che si rifacevano ai capisaldi della
“agiografia scientifica” promossa e codificata dal secolare impegno della Société des
Bollandistes 5 e proseguita nell’impostazione di alcune importanti sedi di ricerca europee,
come l’Institut de recherche et d’histoire des textes (IRHT) di Parigi o la fiorentina Società
Internazionale per lo Studio del Medioevo Latino (SISMEL). Di questa prospettiva, che
spostava l’accento dai santi alla santità, evidenziando la natura fenomenologica dei processi
culturali che ne determinavano i caratteri e le morfologie storiche, costituiscono un esempio
importante sia la grande Histoire des saints et de la saintété chretienne 6 sia il più recente
1
Cfr.: Gli studi agiografici sul Medioevo negli ultimi trenta anni in Europa.
2
Cfr.: Bibliografia agiografica italiana.
3
Si vedano su questo punto Les fonctions des saints dans le monde occidental (IIIeXIIIe siècle); La religion
civique à l’époque médiévale et moderne (Chrétienté et Islam).
4
Cfr.: Culto dei santi, istituzioni e classi sociali in età preindustriale; Luoghi sacri e spazi della santità;
Bambini santi: rappresentazione dell’infanzia e modelli agiografici; Modelli di santità e modelli di
comportamento; SCHMITT, La fabrique des saints. Per un quadro generale della santità nuova e dei modelli ad
essa correlati cfr.: BARONE, Ideali di santità fra XII e XIII secolo; EAD., Nuove proposte per nuovi ceti; EAD., I
santi poveri, FRUGONI, The City and the «New Saints»; ORSELLI, Modelli di santità e modelli agiografici. Si
vedano inoltre: BROWN, Il culto dei santi; Agiografia nell’Occidente cristiano; http://www.aissca.it.
5
Accanto ai numerosi repertori e pubblicazioni specializzate si vedano le annate della rivista “Analecta
Bollandiana”, Paris – Bruxelles – Genève, 1882. Si vedano anche, per una panoramica sull’agiografia e gli studi
ad essa relativi: Hagiographies: histoire internationale de la littérature hagiographique latine; Scribere
sanctorum gesta; Hagiographie, cultures et sociétés.
6
Cfr.: Histoire des saints et de la sainteté chrétienne.
4
manuale di storia della santità realizzato da Anna Benvenuti, Sofia Boesch Gajano, Simon
Ditchfield, Roberto Rusconi, Francesco Scorza Barcellona e Gabriella Zarri 7.
Questo nuovo scenario convive, del resto, con la proposta storiografica “letteraria” 8.
L’agiografia, dunque, è cresciuta – così come i suoi numerosi generi interni, ormai percepiti
come sistema di fonti codificabile per tipologie narrative 9 – instaurando un rapporto
privilegiato con la storia sociale e religiosa 10 e liberandosi al contempo di certe suggestioni
classificatorie a metà strada tra tentazioni antropologiche e tardive influenze strutturalistiche
11
. È dunque all’interno di questa attenzione verso la produzione e la percezione della santità
nel contesto culturale delle molte società medievali che gli studi agiografici hanno ricevuto un
forte impulso negli ultimi decenni 12, generando una storiografia vasta ed eterogenea collegata
7
BENVENUTI, BOESCH GAJANO, DITCHFIELD, RUSCONI, SCORZA BARCELLONA, ZARRI, Storia della santità nel
cristianesimo occidentale.
8
Si veda in proposito l’ampio riferimento alla tradizione agiografica nei saggi de Lo spazio letterario del
Medioevo, con sottosezioni dedicate a: L’attualizzazione del testo, Cronologia e bibliografia della letteratura
mediolatina, La circolazione del testo, La produzione del testo (2 voll.), La ricezione del testo.
9
Nella collana Typologie des sources du Moyen Age Occidental, Turnhout, Brepols, 1972 sono dedicate alle
varie tipologie direttamente o indirettamente agiografiche i seguenti fascicoli: HUYGHEBAERT, Les documents
nécrologiques; FRANSEN, Les collections canoniques; COULET, Les visites pastorales; PHILIPPART, Les légendiers
latins et autres manuscrits hagiographiques; DUBOIS, Les martyrologes du Moyen Age latin; VOGEL, Les “Libri
paenitentiales”; DEROLEZ, Les catalogues de bibliothèques; HEINZELMANN, Translationsberichte und andere
Quellen des Reliquienkultes; FAVREAU, Les inscriptions médiévales; SOT, Gesta episcoporum, gesta abbatum;
RICHARD, Les récits de voyages et de pèlerinages; BREMOND – LE GOFF – SCHMITT, L’exemplum; VAN DIEVOET, Les
coutumiers, les styles, les formulaires et les “artes notariae”; GRABOIS, Chroniques, lettres et responsa; HUGLO,
Les livres de chant liturgique; MARTIMORT, Les ordines, les ordinaires et les cérémoniaux; VON DINZELBACHER,
Revelationes; BRISCOE, Artes praedicandi & JAYE, Artes orandi; MARTIMORT, Les lectures liturgiques et leurs
livres; METZGER, Les sacramentaires.
10
Gli studi agiografici italiani, specialmente quelli dagli anni Sessanta in avanti, sono stati oggetto di diverse
indagini più o meno recenti. Particolarmente rilevanti, tra gli altri, sono i contributi di Robert Godding, Claudio
Leonardi e Paolo Golinelli, accanto ad altre ricerche anch’esse di grande interesse storiografico. Si vedano:
GODDING, Italia hagiographica; ID., Italia hagiographica (II); ID., Italia hagiographica (III); LEONARDI,
L’agiografia in Italia; ID., Agiografia; GOLINELLI, Gli studi agiografici in Italia nell’ultimo trentennio; ID.,
Agiografia e storia in studi recenti; SCORZA BARCELLONA, Dal tardoantico all’età contemporanea e ritorno;
BOESCH GAJANO, Les recherches en hagiographie en Italie; EAD., Tra bilanci e prospettive; SPANÒ MARTINELLI, Le
ricerche agiografiche oggi in Italia: qualche riflessione. Da segnalare anche il saggio di Dolbeau sulla
storiografia francese, dove il boom degli studi agiografici si ha negli anni Settanta: DOLBEAU, Les travaux
français sur l’hagiographie médiolatine (19681998). Sull’evoluzione degli studi agiografici e i suoi diversi
aspetti e risultati esiste un dibattito decennale tra gli storici. Qui basti far riferimento alla sintesi di Paolo
Golinelli in: GOLINELLI, Gli studi agiografici in Italia, pp. 133135. Si veda anche: LONGO, La santità medievale.
11
Come ad esempio in GRÉGOIRE, Manuale di agiologia. Introduzione alla letteratura agiografica. Per un sempre
valido, ancorché “datato”, profilo d’insieme si vedano le osservazioni di Robert Godding in: AIGRAIN,
L’hagiographie: ses sources, ses méthodes, son histoire.
12
Tale sviluppo ha riguardato anche l’agiografia intesa come genere letterario particolare in cui si mescolano
realtà e fantasia e dove la dimensione terrena non è mai slegata da quella sovrannaturale. Non trattandosi di
biografie, sfuggendo alla temporalità e accordando numerose licenze alla fantasia, gli storici si sono chiesti quale
fosse il valore storico dei testi agiografici ed hanno concluso che le agiografie sono fonti storiche che in molti
casi forniscono anche elementi utili a conoscere la storia politica, sociale e religiosa dei periodi in questione.
Ovviamente non sempre è così, visto che non tutte le Vite narrano di personaggi reali, né sono state scritte
nell’epoca dei fatti narrati. Sofia Boesch Gajano sostiene che le scritture agiografiche costituiscono una fonte
estremamente importante per la storia religiosa, sociale, istituzionale, per lo più in riferimento alle epoche dove
la documentazione è più scarsa. In particolare nei primi secoli esse permettono di conoscere il processo di
5
ad altri ambiti di ricerca, come la religione popolare 13, le forme civiche e municipali assunte
dai culti 14, la liturgia in rapporto alla definizione della santità 15, lo spazio sacro 16 e la
predicazione 17, ma anche la simulazione della santità 18 e le incertezze di confine con l’ eresia
19
. Inoltre, per esemplificare questa moltiplicazione di ricerche su singoli settori, si dovrebbero
citare gli studi – non necessariamente riferibili alla metodica “di genere” (gender studies) –
relativi alla santità femminile 20, per lo più analizzata – oltre che nel suo registro tardo antico –
nella sua fioritura medievale, fortemente condizionata dalla fortunata pastorale muliebre dei
cristianizzazione, il suo impatto nelle comunità, le trasformazioni dell’area mediterranea, il radicarsi della vita
religiosa nelle città e nei monasteri e poi, progressivamente, il rapporto tra politica e religione nelle città
comunali, i mutamenti sociali e l’evoluzione della vita e dell’organizzazione cittadina. Inoltre, i racconti di
miracoli testimoniano le sofferenze e le speranze di persone di bassa estrazione sociale, emarginate dalle normali
fonti storiche. Cfr.: BOESCH GAJANO, La santità; VON DER NAHMER, Le vite dei santi; DELCORNO, Il racconto
agiografico; DEGL’INNOCENTI, Una «nuova» agiografia. Su agiografia e biografia cfr.: SAVIGNI, «Scoperta
dell’individuo»; Prosatori minori del Trecento; FROVA, Problemi e momenti della presenza della letteratura
agiografica.
13
I testi sulla religione popolare sono piuttosto numerosi, sia a livello generale sia nello specifico dei culti. Per
la situazione italiana occupano un posto di primo piano gli studi di Manselli. Si vedano tra gli altri: La culture
populaire au Moyen Age; MANSELLI, Il secolo XII. Religione popolare ed eresia; PAUL, Miracles et mentalité
religieuse populaire à Marseille; SCHMITT, Religione, folklore e società; ID., Le SaintLévrier; RIVERA, Il mago,
il santo, la morte, la festa; SAINTYVES, Essaies de mythologie chrétienne. Sul legame tra santità, agiografia e
religione popolare cfr.: MANSELLI, Agiografia francescana tra interpretazione teologica e religiosità popolare.
14
Sulla religione civica l’opera di riferimento è costituita dagli atti di un convegno internazionale tenutosi nel
1993 sotto la direzione di Vauchez: La religion civique à l’époque médiévale et moderne. Si segnalano in
particolare al suo interno i seguenti contributi: VAUCHEZ, Introduction, pp. 15; BENVENUTI, I culti patronali tra
memoria ecclesiastica e costruzione dell’identità civica, pp. 99118. Sul tema si vedano anche: Art, politics
and civic religion in central Italy, 1261135; BENVENUTI, Culti civici: un confronto europeo, pp. 181214; EAD.,
La civiltà urbana, pp. 15722; PEYER, Città e santi patroni nell’Italia medievale; “Sena Vetus civitas Virginis”.
Cattedrali, altari e culto dei santi nell’universo simbolico di una città medievale; GOLINELLI, Città e culto dei
santi nel medioevo italiano; DUBOIS–RENAUD, Influence des Vie des saints sur le développement des institutions;
BENVENUTI, Il sopramondo di Campaldino.
15
Santità, culti, agiografia; BENVENUTI, Anamnesi di un convegno, pp. 112.
16
Si segnala in particolare il censimento dei santuari italiani, un progetto di ricerca coordinato tra la Scuola
Francese di Roma, il CNR e buona parte delle università italiane, che ha prodotto numerosi studi e convegni
sulle realtà santuariali italiane. Riferimenti e notizie in: http://www.santuaricristiani.iccd.beniculturali.it/. Cfr.
inoltre: Per una storia dei santuari cristiani d’Italia; Luoghi sacri e spazi della santità.
17
Sul tema della predicazione in Italia studi importanti sono stati compiuti da Carlo Delcorno, che ha messo in
relazione predicazione e agiografia analizzandone connessioni e problematiche. Si veda a titolo di esempio:
DELCORNO, Il racconto agiografico nella predicazione dei secoli XIIIXV. In campo internazionale riveste un
ruolo centrale l’attività di ricerca dell’International Medieval Sermon Studies Society presieduta da Nicole
Bériou. Si vedano tra gli altri i seguenti contributi: BÉRIOU –D’AVRAY, Modern questions about medieval
sermons: essays on marriage, death, history and sanctity; BÉRIOU, L’avenement des maitres de la Parole. Si
segnala anche la grande attenzione alla “leggendaria nova” e le ricerche sulla Legenda aurea (unite ad una
riedizione critica dell’opera: IACOPO DA VARAZZE, Legenda aurea, compiute da Giovanni Paolo Maggioni:
MAGGIONI, Ricerche sulla composizione e sulla trasmissione della Legenda aurea. Sul tema fin qui poco trattato
dei santi nella predicazione si veda anche BENVENUTI, Le fonti agiografiche nella costruzione della memoria
cronistica.
18
Cfr.: ZARRI, Finzione e santità tra medioevo ed età moderna.
19
Gli studi sul mondo eterodosso e i suoi legami con l’ortodossia sono assai numerosi. Qui basti citarne alcuni,
tra cui:
L’eresia medievale (si segnala in particolare il saggio di Violante: VIOLANTE, Eresie urbane e eresie rurali in
Italia dall’XI al XIII secolo); MERLO, Eretici ed eresie medievali; ID., I movimenti religiosi, le chiese ereticali e
gli ordini mendicanti; BENVENUTI, La religiosità eterodossa; MANSELLI, Il secolo XII (in particolare Il miracolo e i
6
mendicanti 21 e contrassegnata dall’imponente dilatazione del linguaggio mistico 22.
Particolare attenzione è stata poi dedicata alla rappresentazione della santità dei laici 23, così
come alla percezione e fruizione della santità da parte della società in genere e al suo uso
politico 24. Discreta attenzione è stata prestata anche – specie negli ultimi anni – al culto delle
reliquie 25.
Tuttavia, nonostante l’indubbia crescita, negli studi agiografici restano ancora zone
d’ombra e terreni poco esplorati. Il miracolo è uno di questi, pur essendo già stato oggetto di
7
ricerca nel corso degli anni e pur non mancando studi incentrati su di esso 26. La questione
riguarda il metodo di ricerca e la sua collocazione temporale. È noto che lo studio della santità
offre allo storico diverse prospettive di indagine – con la possibilità di usufruire di fonti assai
eterogenee – e che questo vale anche per il miracolo. Tra le fonti letterarie è possibile
rintracciare miracoli nelle Vitae, nei Libri miraculorum, nei testi di inventiones e traslationes,
nei processi di canonizzazione e nei dossier ad essi collegati 27, in testi liturgici, epigrafi
commemorative e intitolazioni di chiese. Non solo: notizie sui santi e sul loro culto possono
23
Gli studi più importanti sui laici e il loro rapporto con la santità sono stati compiuti da André Vauchez e
riguardano per lo più l’Italia, dove tra XII e XIV secolo si afferma una categoria di santi laici di provenienza
popolare assente nelle altre zone d’Europa. Cfr.: VAUCHEZ, La sainteté en Occident aux derniers siècles du
Moyen Age d’après les procès de canonisation et les documents hagiographiques; ID., La sainteté du laïc dans
l’Occident médiéval: naissance et évolution d’un modèle hagiographique; ID., Une nouveauté du XIIe siècle: les
saints laïcs de l’Italie communale (dove l’autore mette in evidenza la peculiarità della santità laica italiana, che
non è appannaggio della nobiltà e delle stirpi regali come nel resto d’Europa, ma appartiene al “Popolo”, alle
categorie produttive medioalte e a figure borghesi); ID., Les laïcs au Moyen Age; ID., Yves Congar et la place
des laïcs; ID., Between Virginity and Spiritual Esposals; CONGAR, Laïc et laïcat; ID., Les laïcs et l’ecclésiologie
des Ordines; ID., Laïcat au Moyen Age; I laici nella «societas christiana» dei secoli XI e XII; CHENU, Moines,
clercs et laïcs; BENVENUTI, Regularis familia: il laicato alla ricerca della vita perfetta.
Si possono ricondurre altresì a questa categoria di ricerca gli studi di Jacques Le Goff su San Luigi e di altri
storici su altre figure laiche della santità occidentale (si veda a titolo esemplificativo: LE GOFF, Saint Louis,
Gallimard, Paris 1996).
24
Cfr.: Les fonctions des saints; Faire croire. Modalités de la diffusion et de la réception des messages religieux
du XIIe au XVe siècle. Sull’uso politico della santità cfr. anche: VUOLO, I “Libelli miraculorum” tra religiosità e
politica (Napoli, secc. IXXII).
25
CANETTI, Frammenti di eternità: corpi e reliquie tra antichità e medioevo; HEINZELMANN, Translationsberichte
und andere Quellen des Reliquienkultes; GEARY, Furta sacra: thefts of relics in the Central Middle Ages.
26
La voce “miracolo” è contenuta sia nei dizionari enciclopedici del Medioevo sia in quelli teologici e religiosi.
Si veda la voce nei principali: VAUCHEZ, Miracle, in Dictionnaire raisonné de l’occident médiéval; Miracle, in
Dictionnaire Enciclopédique du Moyen Age (voce a cura di PierreAndré Sigal per l’Occidente e Vincent
Déroche per l’Oriente); MICHEL, Miracle, in Dictionnaire de théologie catholique, X, coll. 17981859;
Dictionnaire de droit canonique, III, coll. 3133 (la definizione del miracolo, a cura di Naz, è qui inserita
all’interno della trattazione generale delle cause di canonizzazione e beatificazione); TERNANT, Miracle, in
Vocabulaire de Théologie Biblique. Per una presentazione delle tematiche legate al miracolo si vedano:
Miracoli. Dai segni alla storia (in particolare si segnala il seguente saggio: BOESCH GAJANO, Dalla storiografia
alla storia); Apparitions et miracles; Epopées, légendes et miracles; FINUCANE, The Use and the Abuse of
Medieval Miracles; HARDON, The Concept of Miracles from Augustin to Modern Apologetics; Histoire des
miracles; KELLENBERG, Miracle; Les miracles miroirs des corps; Miracles, prodiges et merveilles au Moyen Age;
Miracle. Cambridge Studies in Their Philosophy and History. Diversi contributi si occupano del miracolo
biblico, studiati sia in sé sia come modello per il miracoloso successivo, che in esso trova i propri modelli, che
variano nel corso dei secoli ed evolvono in direzione neotestamentaria. Cfr: DE GROOT, De Bijbel over het
Wunder; GROTTARELLI, I miracoli di Elia ed Eliseo nei libri biblici dei Re; SABOURIN, Les miracles de l’Ancien
Testament; LATOURELLE, Miracles de Jésus et théologie du miracle; Les miracles de Jésus selon le Nouveau
Testament; SIBALDI, I miracoli di Gesù e la tecnica dei miracoli nei vangeli canonici; LÉONDUFOUR, Les miracles
de Jésus selon le Nouveau Testament; DE GAIFFIER, Miracles bibliques et Vies de saints; GUARDINI, Miracoli e
segni. Si veda anche: MOSETTO, I miracoli evangelici nel dibattito tra Celso e Origene. Esistono poi studi
specifici su singoli settori del miracoloso. Per la santità femminile il contributo principale è costituito da:
GIANNARELLI, Women and Miracles in Christian Biography. Si veda anche: GOUGUENHEIM, La sainte et les
miracles. Guérisons et miracles d’Hildegarde de Bingen. Su miracolo e Ordini mendicanti è emblematico il
seguente contributo: PACIOCCO, Tra miracolo e virtù morali. Alcuni aspetti della santità francescana intorno alla
metà del Duecento. Per quanto riguarda le raccolte di miracoli, attualmente quella più nota e analizzata è
costituita dai Miracoli della Vergine di Gautier de Coinci: GAUTIER DE COINCI – GONZALO DE BERCEO – ALFONSO X
EL SABIO, Miracoli della Vergine: testi volgari medievali. Particolare attenzione è rivolta anche ai miracoli
eucaristici, per i quali si veda, tra i diversi contributi: ALLEGRI, Il sangue di Dio: storia dei miracoli eucaristici.
8
essere rintracciate anche in documenti che apparentemente non hanno niente a che vedere con
la santità: annali, cronache, statuti cittadini, testamenti, ma anche poesie popolari, opere
letterarie, canzoni e proverbi e, soprattutto, atti notarili 28.
La storiografia nel corso degli ultimi trent’anni si è interessata al miracolo, ne ha fatto
oggetto di studio a livello europeo 29 e si sono confrontati con questo tema i maggiori storici
del settore, da PierreAndré Sigal a Paolo Golinelli, da André Vauchez a Sofia Boesch Gajano
30
. Le lineeguida dell’indagine storica sul miracolo sono sostanzialmente due: una grande
attenzione per l’alto Medioevo e una predilezione per le opere incentrate sui singoli santi,
sulle singole città o sulle singole fonti 31. Gli studi, infatti, si concentrano su un tempo che va
Degli studi specifici sull’alto Medioevo si parlerà in seguito.
27
I processi di canonizzazione sono stati magistralmente studiati soprattutto da André Vauchez, che ha dedicato
loro numerosi interventi. Il più importante è senz’altro: VAUCHEZ, La sainteté en Occident, dove traccia un quadro
della santità e dei suoi diversi modelli attraverso i secoli in una sintesi che abbraccia l’universo agiografico nella
sua totalità. Sui processi di canonizzazione come fonte per lo studio della santità cfr. anche: ID., Culture et
sainteté d’après les procès de canonisation des XIIIe et XIVe siècles; ID., L’influence des modèles
hagiographiques sur les représentations de la sainteté dans les procès de canonisations (XIII eXVe siècle); ID.,
Les représentations de la sainteté d’après les procès de canonisation médiévaux (XIII eXVe siècles); BARONE, La
santità nei processi di canonizzazione del ‘300; GOLINELLI, Un’agiografia per la storia; RENOUX, Une source de
l’histoire de la mystique moderne revisitée: les procès de canonisation. Sui criteri di canonizzazione si veda:
MOLINARI, Criteri di canonizzazione; PAPA, Le forme di canonizzazione.
28
Cfr.: VAUCHEZ, La santità; ID., Les représentations de la sainteté; BOESCH GAJANO, La santità. Sui documenti
notarili si rimanda agli atti di un seminario di studi organizzato a Roma dall’AISSCA, dal Consiglio Nazionale
del Notariato e dall’Istituto storico italiano per il medioevo: Notai, miracoli e culto dei santi, sul cui contenuto si
dirà nel dettaglio in seguito.
29
François Dolbeau rileva che la storiografia francese nutre un certo disinteresse per il miracolo fino alla fine
degli anni Sessanta, per poi cominciare a produrre studi, convegni e contributi di vario genere sull’argomento.
Cfr.: DOLBEAU, Les travaux français sur l’hagiographie, p. 50. Raimondo Michetti individua nell’opera di March
Bloch sui re taumaturghi (BLOCH, Les rois thaumaturges) il momento di svolta della storiografia in direzione del
miracolo, fino ad allora sostanzialmente ignorato, forse anche a causa della sua problematicità. Cfr.: MICHETTI,
Presentazione, in Notai, miracoli e culto dei santi, pp. 1113.
30
Per la citazione dei contributi offerti alla ricerca agiografica di questi studiosi si rimanda alle note tematiche
presenti nel seguente studio.
31
La grande attenzione all’alto Medioevo non si limita al miracolo, ma riguarda in generale l’intero ambito degli
studi agiografici, che privilegiano i secoli fino al XII. L’alto Medioevo è protagonista indiscusso delle ricerche di
Sofia Boesch Gajano, autrice di diverse opere sull’agiografia altomedievale nei suoi diversi aspetti, di sintesi
generali e di studi specifici su casi particolari, riguardanti anche i miracoli. Oltre ai testi già citati in precedenza
si veda anche, sull’analisi specifica del miracoloso: BOESCH GAJANO, La tipologia dei miracoli nell’agiografia
altomedievale; EAD., Uso e abuso del miracolo nella cultura altomedievale; BOLOGNA, Natura, miracolo e magia
nel pensiero cristiano dell’alto medioevo; VAN UYTFANGHE, La controverse biblique et patristique autour du
miracle. Per quanto concerne le ricerche sui singoli santi e i loro miracoli, i più studiati sono Agostino,
Bernardo, Gregorio Magno e Martino di Tours, sui quali si sono prodotte diverse ricerche (e per i primi due si è
studiata anche la dottrina del miracolo attraverso i loro scritti). Si vedano a titolo di esempio: BOESCH GAJANO,
Verità e pubblicità: i racconti di miracoli nel libro XXII del “De civitate Dei”; BOGLIONI – PICARD, Miracle et
thaumaturgie dans la vie de saint Bernard; BOESCH GAJANO, Demoni e miracoli nei «Dialogi» di Gregorio
Magno; BOGLIONI, Miracle et merveilleux religieux chez Grégoire le Grand; DELEHAYE, Quatre miracles de S.
Martin de Tours; DE VOOGHT, La notion philosophique du miracle chez saint Augustin; ID., La théologie du
miracle selon saint Augustin; ID., Les miracles dans la vie de saint Augustin. SAXER, Reliques, miracles et récits
de miracles. Di particolare interesse, infine, BARONE, Une hagiographie sans miracles e ARGENZIANO,
L’iconografia dei santi e beati senesi.
9
dalla tarda antichità (e talvolta anche dall’età precedente 32) al XII secolo, mentre dal
Duecento in avanti si fanno molto meno numerosi 33. I risultati conseguiti dalla ricerca
altomedievistica sono di grande valore, senz’altro utili anche a chi si confronta con l’epoca
successiva, ma pur sempre circoscritti ad una precisa situazione storicodevozionale destinata
a mutare nel tempo insieme al concetto stesso di santità e, con esso, al ruolo rivestito al suo
interno dal miracolo, che da semplice evento prodigioso che sfugge all’umana comprensione
si fa prova necessaria al riconoscimento della santità stessa.
Dagli studi emerge che miracolo e meraviglioso fanno parte della cultura medievale e
della storia della società e si insiste sulla necessità di studiare le fonti e di guardare con
attenzione al processo di costruzione del miracolo come evento sovrannaturale: un processo
dove si intrecciano la dimensione privata e quella pubblica, il personale e l’istituzionale. È
necessario certificare il miracolo e provarne la realtà perché non lo si possa mettere in
discussione e sia fondamento di un culto che in esso esprime la sua istanza di sovrannaturale e
al tempo stesso il legame privilegiato con l’uomo in difficoltà, che attraverso il miracolo tocca
con mano la presenza del santo nella propria vita e, per suo tramite, di Dio, vero autore dei
prodigi.
La grande attenzione verso l’alto Medioevo si giustifica probabilmente in virtù di una
situazione documentaria favorevole allo storico, cui offre Libri Miraculorum ricchi e ben
strutturati, la cui articolazione – e conservazione – si complica nei secoli successivi. Nel corso
del tempo, infatti, cambiano non solo il concetto e le tipologie di santità 34, ma anche quelle
32
Esistono studi sul miracolo in età classica e nella Roma pagana, dove secondo gli storici è presente il
miracoloso, la cui distanza con il cristianesimo non è poi così abissale. Si vedano a titolo di esempio i seguenti
studi: GIANMARCO, Segni e miracoli. Riflessioni sulla Grecia classica; GEORGE, Miracoli nel mondo ellenistico;
CRACCO RUGGINI, Il miracolo nella cultura del tardo impero: concetto e funzione; IANNICELLI, Deus operatus est.
Per quanto riguarda l’epoca romana e il primo cristianesimo si vedano anche: FRIDRICHSEN, Le problème du
miracle dans le christianisme primitif; SAXER, La figura del santo nell’Antichità cristiana; Pagani e cristiani da
Giuliano l’Apostata al sacco di Roma; IANNICELLI, Il miracolo in Paolino di Nola; FLUSIN, Miracle et histoire
dans l’oeuvre de Cyrille de Scythopolis; BONA, Un episodio di guarigione miracolosa; ROUSSELLE, Croire et
guérir; ID., La guérison en Gaule au IVe siècle; VAN DAM, Saints and their Miracles in Late Antique Gaul. Si
vedano anche, per l’epoca immediatamente successiva: BERTOLINI, Istituzioni, miracoli, promozione del culto dei
santi; GIORDANO, Sociologia e patologia del miracolo in Gregorio di Tours; Miracles et Karama; ROUCHE,
Miracles, maladies et psychologie de la foi à l’époque carolingienne; ROUSSET, Les sens du merveilleux à
l’époque féodale; SAINTYVES, En marge de la Légende Dorée; SIGAL, L’homme et le miracle dans la France
médiévale. Per la Toscana costituiscono un esempio in tal senso, tra gli altri: GRÉGOIRE, La prima
cristianizzazione della regione di Pisa; ID., L’agiografia lucchese antica e medievale. Oltre tale epoca si vedano
ID., Liturgia ed agiografia a Lucca; LICCIARDELLO, Agiografia aretina altomedievale.
33
Tra gli studi dedicati ai miracoli nei secoli del basso Medioevo si vedano: GONTHIER – LE BAS, Analyse socio
économique de quelques recueils de miracles; GOODICH, Violence and Miracle in the Fourtheent Century;
CANETTI, Forme di autenticazione e criteri di veridizione; PAUL, Le “liber miraculorum” de saint Louis d’Anjou;
LE GOFF, Les miracles de Saint Louis; Le culte des saints aux IXeXIIIe siècle.
34
Sulle fonti antiche del miracolo si veda: DELEHAYE, Les premiers Libelli miraculorum; ID., Les recueils
antiques des Miracles des saints, pp. 585, 305325; PHILIPPART, Martirologi e leggendari. Per il percorso
evolutivo della santità e dei suoi modelli cfr.: VAUCHEZ, La sainteté en Occident; BENVENUTI, BOESCH GAJANO,
10
relative alla sensibilità verso il miracolo e, soprattutto, la metodologia della registrazione,
nella quale vengono assumendo un ruolo crescente i notai. Il miracolo non è più una
narrazione letteraria, ma è inserito in un atto giuridico che lo convalida ufficialmente di fronte
al popolo e alle autorità religiose conferendogli lo status di verità ufficiale e incontrovertibile,
fonte formale di memoria veridica e pubblica 35.
D’altro canto, l’ufficialità si rende necessaria anche per via delle trasformazioni
concettuali del miracolo stesso, che, come detto, si trova ad essere uno degli elementi
necessari al riconoscimento della santità, pur nel mantenimento dell’aura di ambiguità che lo
caratterizza in quanto confine di un’incerta discretio fra la natura divina e quella diabolica 36.
Con il definirsi della canonizzazione pontificia e il progressivo perfezionamento della sua
procedura, fino all’istituzione del processo vero e proprio dalla fine del XII secolo 37, si ha la
necessità di stabilire con certezza quali siano da considerarsi prove per riconoscere la santità,
fino ad allora giudicata per evidenza senza bisogno di essere dimostrata. Ecco allora la
necessità di compiere indagini e di registrare le prove della santità, non necessariamente in
vista di una canonizzazione, ma anche semplicemente per legittimare a livello locale la
venerazione di un personaggio ritenuto santo.
Tornando alla storiografia, si è detto che esistono trattazioni generali sul miracolo, ma
manca una indagine approfondita sul miracoloso dal XII secolo in avanti e, inoltre, i pochi
studi che sono stati prodotti si riferiscono ad aree non italiane 38. Il miracolo in Italia tra XII e
XIV secolo è oggetto di studio in modo piuttosto settoriale e manca una sintesi organica che
ne riassuma modalità, manifestazioni e protagonisti in modo completo, con un’ampia
DITCHFIELD, RUSCONI, SCORZA BARCELLONA, ZARRI, Storia della santità.
35
Sul ruolo dei notai nella registrazione dei miracoli e nella loro memoria si veda il paragrafo 5.2 del presente
studio, in questa sede basti citare una rassegna bibliografica sull’argomento. Cfr: MICHETTI, Presentazione, pp. 6
10, 1422; BARTOLI LANGELI, «Scripsi et publicavi»; BARTOLOMEI ROMAGNOLI, Agiografi e notai. Due stili a
confronto tra Vite e processi di canonizzazione; VOLPATO, Pubblicità del miracolo e certificazione delle
testimonianze (secoli XIIIXIV). Sull’argomento si rimanda anche a: PACIOCCO, Per un “carisma” del diritto.
Canonizzazioni, procedura processuale e agiografia (secoli XIXIII). Per quanto riguarda il miracolo come
prova si veda: KLANICZAY, I miracoli e i loro testimoni. La prova del soprannaturale.
36
Sulla natura ambigua del miracolo e la sua possibile origine diabolica, nonché sulla storia del rapporto tra
Chiesa e miracolo e sulle sue diverse concezioni nel corso dei secoli si veda la sintesi di André Vauchez in:
VAUCHEZ, Saints, prophètes et visionnaires, pp. 3956.
37
La canonizzazione pontificia debutta nel 993 per volontà di Giovanni XV, è perfezionata nei secoli successivi
da Gregorio VII e Alessandro III e si afferma definitivamente con Innocenzo III. Sulla nascita e lo sviluppo del
processo di canonizzazione e la relativa struttura si veda l’analisi articolata proposta da André Vauchez in:
VAUCHEZ, La sainteté en Occident, pp. 375399. Sui processi di canonizzazione si veda anche il paragrafo 1.2.3
del presente studio.
38
La realtà meglio studiata è quella francese. Basti citare in questa sede gli atti di un importante convegno in cui
vengono analizzati in miracoli nel sud della Francia attraverso i testi agiografici bassomedievali, e ricordare la
presenza di studi anche su altre regioni per l’epoca che va dal XIII al XV secolo: Miracles, prodiges et
merveilles. Anche l’Europa centroorientale è stata oggetto di ricerca. Cfr.: KLANICZAY, Raccolte di miracoli e
loro certificazione nell’Europa centrale.
11
argomentazione e un livello scientifico adeguato, lontano dalla mera divulgazione 39. Esistono
monografie su singoli santi – al cui interno normalmente è contenuta una sezione dedicata ai
miracoli – ma si tratta spesso di un resoconto statistico su malattie e miracolati, senza
approfondire l’indagine sul miracolo in quanto tale e senza inserire il caso analizzato in un
contesto più ampio. Talvolta il miracolo è oggetto di studi riferiti a un singolo santo o a un
particolare contesto, ma in entrambi i casi la ricerca non è esaustiva, anche perché,
specialmente se il testo riunisce più situazioni, non va oltre un elenco di prodigi e una serie di
numeri, con poche osservazioni di collegamento 40. Mancano, insomma, studi relazionali che
mettano a confronto figure eterogenee e casistiche differenti, così da tracciare un quadro più
ampio del manifestarsi del miracoloso al di là delle singole figure e delle specifiche narrazioni
ad esse riferite.
39
La quantità di opere divulgative o meramente devozionali che hanno per oggetto la santità è assai numerosa. I
testi riguardano aree geografiche, singole città o singole figure di santi, al cui interno a volte trovano spazio i
miracoli, ma come semplice narrazione popolare e non come oggetto di indagine storica e scientifica. Per la
divulgazione di santi e miracoli in Toscana si veda, a titolo di esempio, BATINI, Beati loro. Vita, morte e miracoli
di santi e beati della Toscana.
40
Il quadro che emerge è connotato da profonde differenze sugli studi: santi canonizzati e santi “popolari”, santi
legati ad ordini religiosi e figure estranee ad ogni inquadramento istituzionale, santi tradizionali e santi “portatori
di novità”. Alcuni personaggi – per i quali di norma anche lo stato delle fonti è particolarmente positivo –
emergono tra gli altri e sono oggetto di un maggior numero di ricerche, dando vita ad un vero e proprio dibattito
storiografico intorno alla loro figura (è il caso, ad esempio, di Caterina da Siena, forse la più nota tra tutti i servi
di Dio presi in esame nel presente studio). Per quanto riguarda lo studio specifico di miracoli di un singolo santo
si veda: IOZZELLI, I miracoli nella «Legenda» di s. Margherita da Cortona. Sullo spazio riservato al miracolo
all’interno di uno studio monografico dedicato a un santo specifico cfr.: ZACCAGNINI, Ubaldesca, una santa laica
nella Pisa dei secoli XIIXII, dove in alcune pagine si analizzano i miracoli compiuti dalla santa e inseriti nella
sua agiografia. Per fare invece un esempio di breve rassegna su più santi e relativi miracoli si segnala: GOLINELLI,
Un’agiografia per la storia. Da ultimo, si noti come anche là dove non siano presenti santi nuovi e fonti ad essi
relative in grado di narrare miracoli sia comunque presente un certo interesse storiografico per la santità e i temi
ad essa correlati. A titolo esemplificativo si vedano i seguenti studi: RAUTY, Il culto dei santi a Pistoia; GAI,
Testimonianze iacobee e riferimenti compostellani nella storia di Pistoia; PISANI, Santi, beati e venerabili nella
provincia di Grosseto.
12
13
Capitolo 1
LA DOCUMENTAZIONE AGIOGRAFICA
1.1 Fonti, metodologia e strumenti di analisi
Partendo dallo stato degli studi, quello che emerge con evidenza è una sostanziale
asistematicità storiografica nell’analisi del fenomeno “miracolo”: mancanza in larga misura
dipendente da una sorta di sguardo parziale con cui se ne è affrontata la lettura sia quando se
ne è inteso evidenziare i caratteri generali nella prospettiva della antropologia religiosa, sia
quando lo si è utilizzato in chiave più propriamente storica, ricercando in esso aspetti della
vita quotidiana e materiale o la conferma ‘reale’ alla diffusione e alla fortuna dei culti. In tutti
i casi la storiografia che si è fin qui concentrata sul problema ha prodotto stimoli interessanti e
significativi ma allo stesso tempo disomogenei, trascurando di rilevare l’utilità di una
repertoriazione sistematica dei dati trasmessi sia dalle testimonianze scritte, sia da quelle
figurative. La qualità e la quantità dei miracoli, così come la molteplicità delle fonti che ce li
trasmettono, se da un lato hanno consentito dunque analisi settoriali, dall’altro non hanno
incoraggiato l’elaborazione di una metodica nella raccolta dei dati idonea ad assicurare quella
sistematicità nell’informazione indispensabile a garantire esaurienti ipotesi interpretative del
fenomeno.
A fronte di questa esigenza, quella cioè di affrontare la composita morfologia del
miracolo con una strumentazione che consenta una raccolta omogenea ed una razionale
organizzazione dei dati è parso opportuno concentrarsi sulle tipologie della repertoriazione
identificando la strumentazione più idonea in quella digitale. Dal unto di vista contenutistico
si è scelto di avviare la campionatura con un case study abbastanza ampio ma nello stesso
tempo controllabile, in relazione al tempo a disposizione. Essendo stato impostato come un
database relazionale, il prodotto della ricerca consisteva principalmente nella metodica di
organizzazione della informazione (architettura della scheda) e nelle interrogazioni (variabili)
cui essa poteva essere sottoposta, secondo un articolato sistema di query di difficile
14
restituzione in forma narrativa. Il tentativo di fornire una esemplificazione testuale delle
possibili relazioni tra i vari campi/argomenti nei quali è stata organizzata la materia genera
inevitabili replicazioni dei dati qualora li si voglia rendere discorsivi; una ripetitività che può
rendere faticosa la lettura, con il suo fitto corredo di esemplificazioni, ma che è riprova della
capillarità della schedatura. Si sarebbe reso necessario un ulteriore momento di riflessione
nell’elaborazione dell’informazione raccolta, dato che il tempo disponibile per la ricerca si è
pressoché esaurito nel progressivo adeguamento della scheda alle varianti dell’informazione
disponibile; tuttavia ciò che stava più a cuore era appunto l’affinamento dello strumento (la
sempre più articolata struttura della scheda e le sue relazioni interne), le cui potenzialità di
interrogazione restano affidate alla consultazione diretta della banca dati. L’esempio di
elaborazione qui fornito non rende dunque l’idea della elasticità e della dinamicità di questo
tipo di organizzazione informativa e della sua sfaccettata interrogabilità, offrendo specifiche
analitiche utili a disparati interessi disciplinari (penso ad esempio alla onomastica, grazie alla
possibilità di richiamare dalle schede i nomi propri, o le tipologie professionali o le malattie
specifiche, etc.) 41. Ai fini dell’esperimento che ci eravamo riproposti (la creazione di una
scheda di rilevamento dei miracoli che potesse prestarsi a raccolte di dati quantitativamente
rilevanti) possiamo dirci soddisfatti dei risultati raggiunti. Il numero dei record (1383)
elaborato costituisce un campione significativo per valutare la funzionalità del metodo
impiegato che consente di accumulare ordinatamente una quantità importante di informazioni
strutturate. Dipende poi dall’interesse e dalle specifiche esigenze del fruitore impostare le
domande e i filtri di interrogazione della banca dati.
Per quanto attiene alla definizione contenutistica del campione si è scelta una
astrazione di tipo geografico amministrativo come quella rappresentata dall’attuale regione
Toscana ed un ambito cronologico, i secoli XII e XIV, genericamente rispondente allo
sviluppo di una nuova fisionomia della santità nelle aree urbane o nei centri più dinamici. La
selezione delle fonti utili per l’indagine ha presentato non poche difficoltà e ha costretto ad
una serie di scelte dettate dalla fedeltà agli assunti originali della ricerca stessa. Il dossier
documentario costruito e preso in esame è composto dunque da testi agiografici relativi a santi
coevi della tradizione locale e contenenti al loro interno la narrazione dei miracoli riguardanti
“terzi”: non si sono cioè compresi nella schedatura quei segni prodigiosi (come il suono
spontaneo delle campane che annunciano la morte del santo) che non abbiano uno o più
41
Per quanto riguarda le potenzialità di interrogazione del database si vedano alcuni esempi elaborati in forma
schematica nell’Appendice II di questo stesso studio.
15
destinatari diretti. L’identificazione delle fonti idonee a illustrare il campione spazio
temporale adottato è stata più complessa di quanto ipotizzato agli inizi del lavoro, soprattutto
per la carenza di informazioni riguardanti gli autori, i luoghi e i tempi di scrittura, con la
conseguente incertezza relativa alle coordinate cronicogeografiche della fonte stessa, dato
difficilmente risolvibile, talvolta, anche attraverso il contributo storiografico sull’argomento:
ad esempio incerta è l’attribuzione spaziale della Legenda Patris Nostri Beati Philippi di
Filippo Benizi, di autore anonimo – identificato senza alcuna certezza in Lamberto da Prato –
che potrebbe essere stata redatta sia a Bologna sia a Cortona 42, così come oscilla la
collocazione cronologica della Hystoria e della Vita di Torello da Poppi, attribuite in modo
contrastante dagli storici ora al XIV ora al XV secolo 43. Di difficile soluzione anche i dubbi
relativi alle Revelationes et Miracula di Margherita da Faenza, redatti da un certo Joanne,
presbitero faentino sul quale scarseggiano ulteriori informazioni, che scrive forse a Firenze o
forse nella sua terra di origine 44. Costituisce infine un caso a sé ed è da considerarsi del tutto
particolare la documentazione relativa a Caterina da Siena, inserita nella tradizione toscana
pur essendo la documentazione agiografica che la concerne per lo più prodotta al di fuori
della Toscana, fatta eccezione per una vita fiorentina dal titolo I miracoli di Caterina di
Iacopo da Siena. Le scritture dei Mendicanti sono difficilmente riconducibili ad ambiti
geografici particolari e comunque esprimono istanze legate alla specificità culturale
dell’Ordine di appartenenza: ne è esempio, a proposito della Benincasa, la scrittura itinerante
Raimondo da Capua o la relativa utilità (nel nostro caso) di una collocazione spaziale della
redazione del processo di canonizzazione della santa a Venezia, sede dei suoi principali
“allievi” spirituali, a cominciare dal senese Tommaso Caffarini 45.
42
Sulle questioni relative al dibattito tra gli storici riguardante la Legenda Patris Nostri Beati Philippi e i suoi
possibili autori e luoghi di composizione si rimanda al paragrafo 1.2.1 del presente studio. A titolo informativo si
specifica che il presente studio evita a livello generale di addentrarsi in questioni specifiche relative alla
tradizione manoscritta o editoriale moderna, ad attribuzioni o a notizie spaziotemporali, là dove esse non siano
funzionali alla selezione della fonte stessa.
43
Bicchierai e Ricci, seppur con grande cautela, datano le due agiografie di Torello all’inizio del Quattrocento,
in contrasto con gli storici del passato. Sulla datazione della Vita, collocata a cavallo tra XIII e XIV secolo da
GorettiMiniati e all’inizio del Quattrocento da Bicchierai, e il relativo dibattito cfr.: BICCHIERAI, Il contesto
storico, pp. XXIXXXXIII; Vita: Vita di S. Torello da Poppi, parte II, pp. 117118; Le «Vite» di Torello, pp. 17
18.
44
È invece scritta certamente a Firenze la Vita di Margherita scritta dal francescano fiorentino Pietro, confessore
della santa e testimone della sua vita virtuosa e delle sue esperienze mistiche. Tale testo – pubblicato in AA.SS.,
Aug., V, pp. 847854 – non rientra tuttavia nel corpus documentario selezionato per il presente studio in quanto
non contiene narrazioni di miracoli.
45
Cfr.: Il Processo Castellano, pp. VIVII.
16
Pur con queste riserve l’insieme dei testi agiografici identificati come utili allo
sviluppo della ricerca include quarantadue agiografie di cui trentaquattro Vitae, sei Libri
miraculorum e due processi di canonizzazione 46.
1.1.2 La scheda e le sue articolazioni
L’organizzazione del dossier agiografico ha comportato l’elaborazione di un’apposita
scheda per l’ordinamento dei dati che fosse utilizzabile sia per tutte le tipologie documentarie
a disposizione – Vitae, elenchi di miracoli e processi di canonizzazione – sia per tutti i tipi di
miracoli, le relative dinamiche, i protagonisti e le modalità, riducendo al minimo la
dispersione di informazioni e ottimizzando al tempo stesso la loro consultazione e fruizione,
nonché una corretta rielaborazione dei dati stessi. Il progetto sottende una ambizione di
esaustività nella schedatura delle fonti e nella totale valorizzazione del loro contenuto che le
sottragga alla variabile episodica della ricerca e ne consenta una fruibilità polisemica a largo
campo. La banca dati relazionale permette infatti di accedere all’informazione sia da punti di
vista sia da fruitori/interlocutori differenti, consentendo ogni volta l’impiego esaustivo (a
tappeto, come si diceva un tempo) della documentazione censita. In altre parole, solo per fare
qualche esempio utile a comprendere meglio le potenzialità di questo strumento, è possibile
interrogare il database per sapere quanti miracoli avvengono per contatto diretto con le
reliquie dei santi che li operano o quanti a distanza, quanti in aperta campagna o quanti in
città, quanti riguardano contadini o artifices, ma anche la percentuale di richiesta di prodigio
tra i sessi, l’impiego di notai nella registrazione dei prodigi e via di seguito.
La scheda elaborata è composta da nove campi, ognuno dei quali si specifica poi
mediante una serie più o meno numerosa di sottocampi che precisano l’informazione
disaggregandola ma al contempo prestandosi a successive riaggregazioni. I campi nei quali si
articola la scheda, per i cui sottocampi si rimanda alle slides del database contenute
nell’Appendice I, sono i seguenti:
Fonti agiografiche. Descrizione critica della fonte contenente la narrazione del miracolo.
Cronologia. Definizione temporale del miracolo.
46
I santi ai quali si riferiscono le quarantadue fonti inserite nel dossier (e dei quali si forniscono informazioni
documentarie del paragrafo 1.2 del presente studio e biografiche in quello 2.1) sono: Agnese da Montepulciano,
Agostino Novello, Alberto da Colle Val d’Elsa, Allucio da Pescia, Ambrogio Sansedoni, Andrea Gallerani, Bona
da Pisa, Caterina da Siena, Filippo Benizi, Fina da San Gimignano, Francesco da Siena, Galgano, Giovanna da
Signa, Lucchese da Poggibonsi, Margherita da Cortona, Margherita da Faenza, Pietro Pettinaio, Ranieri da
Borgo San Sepolcro, Ranieri da Pisa, Torello da Poppi, Ubaldesca da Pisa, Umiliana dei Cerchi, Umiltà da
Faenza, Verdiana da Castelfiorentino e Zita da Lucca.
17
Tipologia. Natura del miracolo: taumaturgico, apotropaico, cratofanico, spirituale o
punitivo.
Destinatario. Informazioni sull’oggetto del miracolo, sia esso persona fisica singola o
collettiva, soggetto naturale o inanimato.
Modalità. Come avviene il miracolo e quali sono le forme della richiesta e i suoi attori.
Luoghi. Dove avviene il miracolo.
Attestazione. Registrazioni e testimonianze del miracolo.
Memorie. Cosa avviene dopo il miracolo, ovvero le forme e i protagonisti del rendimento
di grazie.
Corrispondenze. Localizzazioni delle diverse narrazioni di uno stesso miracolo all’interno
di due o più fonti inserite nel dossier.
Operativamente, l’inserimento dei dati ha presentato una serie di problemi connessi
alla natura stessa delle informazioni, spesso scarne e approssimative e poco idonee alla
strutturazione in categorie ben precise, con la conseguente difficoltà di implementazione di
tutti i campi previsti nella scheda. Per quanto riguarda le fonti, oltre alla disomogeneità
relativa alle informazioni sugli agiografi e sulla loro opera 47, ha presentato qualche ostacolo
anche la quantificazione dei miracoli, operazione solo in apparenza semplice, ma in realtà
complicata dalle asistematicità nella tassonomica del miracolo trasmessa dai documenti 48.
Va da sé che resta estremamente difficile ridurre ad omogeneità dati che non ne hanno
all’origine: tuttavia restiamo convinti che questo progetto di repertoriazione possa prestarsi
utilmente alla creazione di un motiv index utilissimo nello studio morfologico e
fenomenologico del miracolo, sottraendo l’importante riserva di informazioni storiche che le
fonti trasmettono nella esemplificazioni dei prodigi forniti dai pur meritori ma parziali e
relativi esiti di ricerche non sistematiche.
1.2 Tipologie documentarie
1.2.1 Le Vitae
47
Gli autori sono i meglio definiti, mentre i committenti compaiono assai raramente. La datazione è assente nella
maggior parte dei casi, così come il luogo di composizione, anche se il campo più difficile da riempire è
l’occasione di composizione, quasi mai dichiarata nelle fonti.
48
Se, infatti, in alcuni casi i miracoli sono raccolti tutti insieme e addirittura divisi in sezioni tematiche e
numericamente ordinati, in altri sono sparsi nel corpus dell’intera opera senza alcun riferimento oppure
raccontati con formule e termini generici che non permettono di capire quanti essi siano in realtà e a chi si
debbano ricondurre, creando così una serie di problemi relativi anche alla schedatura del miracolo stesso, per i
quali si rimanda al paragrafo 1.1.2 del presente studio.
18
La Vita beati Alluccii confessoris 49 narra vita e miracoli di Allucio da Pescia, laico
morto nel 1134 50. Quest’opera è stata rinvenuta nel 1344 nel corso di una ricognizione
nell’ospedale di S. Allucio volta alla ricerca delle reliquie del santo e di “prove” del suo
antico culto 51, ma non se ne conoscono né la data di composizione né l’autore, anche se si
ipotizza risalga al XII secolo 52. La Vita Allucii contiene undici miracoli, quattro dei quali
compiuti dal santo mentre era ancora in vita e raccontati nella maggior parte dei casi con
dovizia di particolari.
La Vita Sancti Rainerii 53 e il De Uenerabili uiro Raynerio pisano 54 trattano la vita e i
miracoli di Ranieri da Pisa, morto nel 1160. Entrambe le opere sono attribuite a Benincasa,
contemporaneo del santo identificato dalla tradizione con il canonico pisano arcivescovo di
Pisa 55, che le avrebbe redatte nei primi anni Sessanta del Trecento 56. Della Vita esistono due
redazioni, una più lunga e una più breve, dipendenti tra loro e contenenti lo stesso racconto
della vita del santo, ma formulato in due versioni differenti 57. L’agiografo riporta i miracoli
compiuti in vita da Ranieri e quelli post mortem relativi al primo anno successivo alla sua
49
Cfr.: BHL, 304. Pubblicata in: GRÉGOIRE, Temi tipologici, pp. 2023 e in: AA.SS. Oct., X, pp. 226239. Nel
presente studio si fa riferimento all’edizione di Grégoire.
50
Su Allucio da Pescia e le sue vicende storiche cfr.: BS, I, coll. 877878; DHGE, II, coll. 627628; SPICCIANI, La
realtà storica di sant’Allucio, pp. 335343, 349351; 356357; GRÉGOIRE, Temi tipologici, pp. 15, 3739.
51
La ricognizione del 1344 è ordinata dal vescovo di Lucca Guglielmo e affidata al domenicano Paolo Lapi, che
al termine della sua indagine – rogata da un notaio e sottoscritta da quattordici testimoni pesciatini tra cui il
rettore dell’ospedale di S. Allucio – dichiara di aver trovato un pergamena contenente la vita e i miracoli del
santo. Fra’ Lapi consegna al vescovo il manoscritto, che viene trascritto negli atti dell’inventio. Cfr.: SPICCIANI,
La realtà storica di sant’Allucio, pp. 331334. Gli atti sono pubblicati in: GRÉGOIRE, Temi tipologici, pp. 1732;
per le edizioni precedenti cfr.: SPICCIANI, La realtà storica di sant’Allucio, pp. 331332.
52
Spicciani ipotizza che la Vita Allucii sia stata scritta nell’ambito della fraternità legata al santo prima del
passaggio dell’ospedale di S. Allucio agli Ospedalieri, quindi entro la fine del XII secolo, sia perché al suo
interno mancano i tratti propri della spiritualità giovannita (ad esempio il culto della croce) e sono invece
evidenti quelli della penitenza e dell’eremitismo sia perché gli interessi a perpetuare la memoria di questo
personaggio erano molto maggiori all’interno della sua comunità che non tra gli Ospedalieri e, infine, perché
contiene elementi riconducibili alla realtà storica del Duecento. Il termine post quem per la redazione della Vita
potrebbe essere invece il 1173/1175, anno in cui è rettore dell’ospedale Rustico, protagonista di un prodigio
compiuto dal santo narrato nella Vita stessa. Cfr.: ivi, pp. 347349.
53
Pubblicata in AA.SS. Junii, III, pp. 423465. A tale edizione si fa riferimento nel presente studio. Si fa inoltre
notare che è in corso una riedizione di tale fonte ad opera di Zaccagnini.
54
Pubblicato in ivi, pp. 421422 e in GRÉGOIRE, San Ranieri da Pisa, pp. 2022. All’edizione di Grégoire si fa
riferimento nel presente studio. Cfr.: BHL, 7085.
55
Grégoire è piuttosto scettico relativamente all’identificazione del Benincasa autore della Vita di Ranieri con il
canonico poi arcivescovo pisano, ma in base alle informazioni contenute nel testo afferma che si tratta senz’altro
di un pisano, compagno e amico di Ranieri (alla cui morte diventa custode della tomba), forse un religioso.
Sull’identità di Benincasa cfr.: GRÉGOIRE, San Ranieri da Pisa, pp. 8594.
56
In base ad elementi contenuti all’interno del testo la datazione dell’opera è compresa tra il 1160 e il 1190, ma
volendo identificare l’autore col canonico Benincasa la finestra si restringe al 1167. Cfr.: ivi, pp. 9598.
57
Cfr.: ivi, pp. 13. Sulla tradizione letteraria e manoscritta delle due recensioni della Vita di Ranieri da Pisa cfr.:
ivi, pp. 1326. Sui rapporti tra le due versioni della Vita cfr.: ivi, pp. 2738. La versione breve della Vita è
pubblicata da Grégoire in ivi, pp. 101254. Per le notizie relative al manoscritto contenente questa redazione cfr.:
ivi, pp. 1314, 99100. Tale scrittura non viene tuttavia presa in considerazione nel presente studio.
19
sepoltura e nel complesso i miracoli tramandati dalle due stesure sono centoquaranta. Il De
Uenerabili uiro è invece un compendio scritto probabilmente a fini liturgici e contiene un
elenco delle tipologie dei miracoli operati da Ranieri, senza specificare i casi specifici, ad
eccezione di cinque miracoli narrati però in modo assai sommario.
Due Vitae latine scritte tra il XIII e il XIV secolo narrano le vicende storiche e i
miracoli di san Galgano 58, eremita morto a Monte Siepi, nel senese, nel 1181 59. Si tratta di
testi prodotti a Siena e Firenze nell’ambito di tradizioni religiose differenti, collegati tra loro e
dipendenti in modo più o meno diretto dalle testimonianze rese nel processo di
canonizzazione del 1185 60. La Vita beati Galgani 61 è scritta a Siena tra il 1326 e il 1342 62 da
un anonimo agostiniano 63, e inserita in una raccolta di Vitae di agostiniani, mentre la
Legenda santi Galgani confexoris 64 fa parte di un Leggendario composto nel primo Trecento
da un anonimo fiorentino, presumibilmente un monaco vallombrosano 65. La Vita ripropone –
58
Le due Vitae cui si fa riferimento nel presente paragrafo non sono le uniche fonti esistenti su Galgano, ma le
sole in cui siano contenuti i suoi miracoli. Al Trecento risale anche la Leggenda di santo Galgano, primo
volgarizzamento di una Vita latina, il cui testo è edito in: CARDINI, Leggenda, pp. 101111. L’agiografia
galganiana prosegue poi anche in età moderna, attingendo alle fonti antiche, ma senza citarle con precisione,
come fa Lombardelli, autore di una Vita di Galgano poi ripresa e rielaborata da Razzi nella sua antologia
agiografica toscana. Cfr.: LOMBARDELLI, Vita del gloriosissimo san Galgano; RAZZI, Vite de santi, pp. 216232. Per
una panoramica sulle biografie di Galgano cfr.: SUSI, La Vita Beati Galgani, pp. 318319; ID., L’eremita cortese,
pp. XXIIXXVI; ID., La memoria contesa, pp. 5761.
59
Sulla data di morte di Galgano esistono versioni contrastanti da parte degli agiografi: la Vita cistercense indica
il 30 novembre 1181, mentre il Martyrologium Romanum riporta il 3 dicembre 1183. La tradizione ha accettato
questa seconda data, mentre gli storici preferiscono la prima, individuando nel 3 dicembre la data della depositio
e non del transito, avvenuto nel 1181. Sulla questio relativa al dies natalis di Galgano e i relativi studi cfr.:
CARDINI, Leggenda, pp. 1112; BS, VI, coll. 36.
60
Sul processo di canonizzazione di Galgano si veda in questo stesso studio il paragrafo 1.2.3. Quanto alle
relazioni tra le Vitae di Galgano, il processo e una ipotetica Vita antiqua alla quale si rifanno tutte le
composizioni redatte in epoca successiva cfr.: SUSI, La memoria contesa, pp. 4751; DEGL’INNOCENTI, La leggenda
di s. Galgano, pp. 141149.
61
Pubblicata in: SUSI, La Vita Beati Galgani, pp. 331340. A tale edizione si fa riferimento nel presente studio.
Per la descrizione del manoscritto e le informazioni relative ad esso cfr.: ivi, pp. 329331.
62
Sulla datazione del testo cfr.: ARBESMANN, The three earliest, p. 7; SUSI, La Vita Beati Galgani, pp. 319320.
63
L’autore di quest’opera all’interno di un’altra Vita, quella di S. Agostino – contenuta nella medesima raccolta
e scritta precedentemente a quella di Galgano – dice di essere priore del convento di Santo Spirito a Firenze, ma
secondo Susi la vita di Galgano è prodotta in ambito senese. Cfr.: SUSI, La Vita Beati Galgani, pp. 320324;
ARBESMANN, The «Vita Aurelii Augustini», pp. 331 e ss.; SUSI, La memoria contesa, pp. 5254. Anche la
tradizione cistercense produce una versione della vita del santo, la Vita sancti Galgani, redatta a Siena nel
Duecento da un autore anonimo dell’abbazia di San Galgano, ma si tratta di una redazione da cui viene esclusa
totalmente la narrazione dei miracoli. Tale Vita è pubblicata in: SUSI, L’eremita cortese, pp. 185213. Per
approfondimenti sulla storia dell’opera e la sua tradizione manoscritta cfr.: ID., La memoria contesa, pp. 4647;
ID., L’eremita cortese, pp. XXIIXXIII.
64
Pubblicata in: DEGL’INNOCENTI, La leggenda di s. Galgano, pp. 153159 e in Un leggendario fiorentino, pp. 47
52. Alla prima edizione si fa riferimento nel presente studio.
65
Tale Leggendario contiene una serie di vite di santi venerati in Toscana rielaborate dall’autore ed è stato finito
di scrivere non prima della metà del Trecento, mentre la data di inizio della composizione può risalire anche alla
fine del XIII secolo. Cfr.: DEGL’INNOCENTI, Agiografia toscana, pp. 106108; Un leggendario fiorentino, pp. IX
XXVI. L’autore del Leggendario è stato identificato da alcuni storici – tra cui Bertagna e Susi– con Biagio, abate
vallombrosano, ma Antonella Degl’Innocenti, autrice di uno studio sul Leggendario che contiene il testo in
questione afferma che tale identificazione non è certa, preferendo parlare di un religioso fiorentino di prestigio
20
seppur con qualche differenza stilistica e dedicando loro spazi diversi – gli stessi miracoli
registrati nel corso dell’inquisitio in partibus, mentre la Legenda santi Galgani confexoris
aggiunge alla lista un nuovo miracolo del santo di Chiusdino di cui beneficia un monaco di
San Salvatore a Settimo 66.
La Legenda B. Alberti Archipresbyteri Collensis 67 e la Vita Beati Alberti Confessoris
Archipresbiteri Collensis suis Post mortem miraculis 68 raccontano vita e miracoli di Alberto
da Colle Val d’Elsa, sacerdote morto nel 1202. Si tratta di due copie cinquecentesche di una
scrittura anonima più antica, redatta nei primi anni del XIII secolo subito dopo la morte del
santo 69, il cui manoscritto originale è andato perduto 70. Il contenuto dei due testi è grosso
modo il medesimo anche se la Vita è più curata e più ricca di particolari, ed entrambi
presentano la stessa serie di diciassette miracoli nella parte finale, con qualche variante
lessicale e morfologica e l’aggiunta di un prodigio nella Vita rispetto alla Legenda.
La Vita latina originale di Ubaldesca da Pisa, morta nel 1206, è andata perduta, ma è
nota grazie ad una traduzione italiana del Cinquecento, la Uita della beatissima uergine
Ubaldesca, redatta da un autore anonimo su richiesta delle consorelle della santa 71. Quanto
alla Vita latina, risaliva al XIII secolo, era stata compilata probabilmente tra il 1262 e il 1263
probabilmente vallombrosano. L’attribuzione all’abate Biagio del Leggendario nasce dalla presenza nel
manoscritto della firma di un certo Blasius, che però non basta secondo la Degl’Innocenti a dimostrare che egli
sia l’autore. Cfr.: DEGL’INNOCENTI, Agiografia toscana, pp. 109112 (in particolare nota 19); Un leggendario
fiorentino, pp. XVIIIXXVI; BERTAGNA, S. Lucchese da Poggibonsi, pp. 115, 117118; SUSI, L’eremita cortese, p.
XXIV. Il Leggendario è pubblicato in: Un leggendario fiorentino, pp. (notizie sul suo contenuto anche in:
TOMEA, Agiografia vallombrosana, pp. 440442, nota 91. Tale articolo offre anche una panoramica sulla
storiografia vallombrosana). Riguardo alle fonti utilizzate dall’autore per redigere la Legenda di Lucchese cfr.:
Un leggendario fiorentino, pp. XXVIIIXXIX.
66
Legenda sancti Galgani confexoris, XVIII, 12.
67
La Legenda è pubblicata in PAVOLINI, I manoscritti, pp. 93100. A tale edizione si fa riferimento nel presente
studio. Una versione inedita della medesima Legenda è conservata presso la Biblioteca Comunale degli Intronati
di Siena (B.X.8, ff. 155r167v).
68
La Vita è pubblicata in ivi, pp. 100108. A tale edizione si fa riferimento nel presente studio.
69
La datazione della matrice unica di queste due trascrizioni è da collocarsi in epoca immediatamente successiva
alla morte di Alberto in quanto nel testo si parla al presente di un suo successore eletto dopo la sua rinuncia
all’incarico di arciprete per motivi di salute, ma prima della sua morte: Legenda B. Alberti Archipresbyteri
Collensis, c. 6r (PAVOLINI, I manoscritti, p. 96). Cfr.. BENVENUTI, Nel segno di sant’Alberto, p. 15.
70
La Legenda rimanda direttamente ad un testo più antico, dichiarandosi esplicitamente copia di un manoscritto
conservato dalla famiglia Tolosani di Colle. Cfr.: PAVOLINI, I manoscritti, p. 100. A manoscritti più antichi fanno
riferimento anche le Vite moderne di Alberto, per le quali si veda ivi, pp. 8992.
71
Una nota finale presente nel testo conferma che si tratta della traduzione della Vita latina: «Ora Pro me Beata
Ubaldesca quia precibus tuis monialium tuam sanctam Uitam ex latina lingua in uulgarem tradussi», Uita della
beatissima uergine Ubaldesca, 14. La Uita è pubblicata in: ZACCAGNINI, Ubaldesca, una santa laica, pp. 169175.
A tale edizione si fa riferimento nel presente studio. Gli Acta Sanctorum pubblicano una ritraduzione latina di
questo testo: cfr.: AA.SS. Mai, VI, pp. 854859. La vita antica latina perduta e tradotta a metà del XVI secolo
costituisce la base della redazione delle Vite moderne di Ubaldesca. Informazioni sulla tradizione delle Vite di
Ubaldesca e analisi del manoscritto cinquecentesco in: ZACCAGNINI, Ubaldesca, una santa laica, pp. 716, 165
168.
21
72
e l’anonimo autore dichiara di scrivere sulla base di testimonianze di persone anziane che
hanno conosciuto direttamente Ubaldesca o ne hanno sentito parlare dai genitori 73. La Uita è
assai povera di miracoli per scelta dell’agiografo, che dichiara: «Dio, per uirtu et preghi della
sua sposa santa Ubaldesca, rendeua il uedere a ciechi, l’andare a zoppi et a tutti gli infirmj
la pristina sanità. Ma perché sarebbe troppo lungo a tratare di ogni cosa, solo uno de suo
miracolj, di mille a suo honore, ho fatto pensiero di narrarui» 74. I miracoli esposti poi sono
tre 75, ma ne restano fuori un numero indefinito e, si suppone, molto elevato.
Intorno a Bona da Pisa, morta nel 1207, si sviluppano due diverse tradizioni
agiografiche 76, una canonicale e una monastica 77: la santa, infatti, è oblata dei canonici
regolari di S. Martino in Kinzica, ma è legata anche ai monaci benedettini pulsanesi di S.
Michele degli Scalzi, ai quali affida la gestione dell’Ospedale di S. Jacopo de Podio, da lei
fondato a Pisa 78. La Vita più antica, redatta probabilmente poco dopo la morte di Bona da un
certo Maurizio, monaco lucchese 79 che scrive basandosi sulla testimonianza diretta del suo
confratello Paolo 80, amico di Bona, monaco di S. Michele in Orticaria a Pisa e priore di S.
Jacopo de Podio, è andata perduta nella sua stesura originale. Questo testo tuttavia costituisce
la base sia della Vita sancte Bone virginis de civitate Pisana composta da un canonico di S.
Martino di Kinzica sul finire degli anni Cinquanta del Duecento 81 – che si serve anche della
testimonianza di un anziano confratello – sia delle nuove redazioni dei monaci pulsanesi, che
redigono a partire dalla Vita antica la Vita sancte Bone virginis 82. I miracoli occupano molto
72
Zaccagnini avanza questa ipotesi basandosi su elementi suggeriti dal testo, quali la presenza di un riferimento
ad un ponte cittadino costruito nel 1262 e l’assenza al suo interno di un miracolo della santa narrato in un
sermone sui santi pisani pronunciato da Federico Visconti nel 1263. Cfr.: ivi, pp. 2325. L’arcivescovo Visconti
assiste personalmente al miracolo che narra nel sermone e aspira alla canonizzazione di Ubaldesca e degli altri
santi pisani. Dalle parole pronunciate dall’alto prelato si deduce che nel XIII secolo vi fosse una discreta
documentazione sulla santa e sui suoi prodigi, poi andata perduta. Il sermone di Federico Visconti è pubblicato
in: Les sermons et la visite pastorale, pp. 966969.
73
Uita della beatissima uergine Ubaldesca, 1.
74
Uita della beatissima uergine Ubaldesca, 10.
75
Uno di questi, avvenuto tra la fine del XIV secolo e l’inizio del XV secolo, secondo Zaccagnini è stato
aggiunto alla Vita latina in un secondo tempo, risalendo a suo parere il testo al XIII secolo. Cfr.: ZACCAGNINI,
Ubaldesca, una santa laica, p. 17.
76
Per un quadro generale relativo alle fonti su santa Bona cfr.: ivi, pp. 915, 93109.
77
In linea di massima le informazioni relative alla santa fornite dalle due tradizioni agiografiche coincidono, vi
sono però evidenti discrepanze là dove i fatti in questione riguardano direttamente gli interessi delle istituzioni
religiose che si contrappongono una, S. Martino in Kinzica, antica e di consolidata tradizione, l’altra, S. Michele
degli Scalzi, nuova e in cerca di affermazione.
78
Cfr.: ZACCAGNINI, La tradizione agiografica, pp. 2526, 39.
79
Il monaco pulsanese Maurizio appartiene all’abbazia di S. Michele di Guamo, a Lucca. Cfr.: ivi, p. 15.
80
Sulla testimonianza diretta del monaco Paolo cfr.: ivi, p. 129.
81
Tale Vita di Bona è pubblicata in: AA. SS. Maii, VII, pp. 145163 e in ZACCAGNINI, La tradizione agiografica,
pp. 153210. Nel presente studio si fa riferimento all’edizione di Zaccagnini.
82
Pubblicata in: ivi, pp. 117148. Edizione di riferimento per il presente studio. Alla tradizione pulsanese si rifà
anche un altro testo, frammentario e privo di miracoli, la Vita sancte Bone virginis de civitate Pisana, edita in:
ivi, pp. 111115.
22
spazio in entrambe le tradizioni e sono narrati prevalentemente nella parte finale delle Vitae: i
canonici descrivono una quarantina di prodigi compiuti dalla santa sia in vita sia post mortem,
mentre sono nove i miracoli presentati dalla redazione monastica, tutti corrispondenti alla
redazione canonicale tranne uno 83.
La Vita sancte Viridiane 84 fa parte del Leggendario fiorentino compilato da un
anonimo autore vallombrosano 85 e tramanda le vicende e i miracoli di Verdiana da
Castelfiorentino, una cellana morta nel 1242. I miracoli narrati al suo interno sono dodici, due
in vita e dieci post mortem.
La Vita beatae Humilianae de Cerchis 86 narra le vicende terrene e i miracoli di
Umiliana dei Cerchi, terziaria francescana morta a Firenze nel 1246. La Vita è composta nello
stesso anno della morte della santa da Vito da Cortona, esponente di spicco dell’Ordine dei
Frati Minori e residente nel convento fiorentino di Santa Croce, dove si promuove il culto
della santa 87. Si tratta di un testo contenente nove miracoli, scelti tra i molti operati da
Umiliana sia nel corso della sua vita sia dopo la morte.
La Vita sancti Lucensis confessoris, tertii ordinis sancti Francisci redatta nel Trecento
da un anonimo monaco fiorentino e inserita in un Leggendario fiorentino di santi toscani 88 e
la Vita scritta nel 1370 dal francescano Bartolomeo de’ Tolomei da Siena 89 narrano le
83
Nella redazione canonicale i miracoli sono narrati nella parte finale dell’opera e suddivisi in due sezioni, una
che riporta i prodigi compiuti in vita e una quelli post mortem. La tradizione monastica invece descrive i
miracoli di Bona in due testi, la Vita sancte Bone virginis e un Liber Miraculorum, preso in esame nel paragrafo
1.2.2 del seguente studio.
84
Pubblicata in Un leggendario fiorentino, pp. 107111. A tale edizione si fa riferimento nel presente studio. Su
questa Vita di Verdiana, la sua tradizione e le sue fonti cfr.: ivi, p. XXXII. Vita e miracoli di Verdiana sono
narrati anche in un’altra Vita latina, erroneamente attribuita ad Attone (che la tradizione identifica a torto con il
vescovo di Pistoia, già morto al momento della stesura del testo) e opera invece di Lorenzo Giacomini,
domenicano e castellano compaesano della santa che scrive all’inizio del XV secolo, pubblicata in AA.SS. Febr.,
I, pp. 257263.
85
Sul Leggendario fiorentino e il suo autore si rimanda al paragrafo 1.2.1 del presente studio riferito a Galgano.
86
Pubblicata in AA.SS. Maii, IV, pp. 385403 (traduzione italiana in: Prosatori minori, I, pp. 723768). A tale
edizione si fa riferimento nel presente studio. Per quanto riguarda altre redazioni di Vite di Umiliana dei Cerchi e
la tradizione manoscritta e non delle agiografie della santa cfr.: BENVENUTI PAPI, Cerchi Umiliana, pp. 695696.
87
Vito da Cortona – secondo la tradizione vestito direttamente da Francesco d’Assisi e da lui nominato
provinciale di Romania – dichiara conclusa la sua opera nel 1246, ma si può ipotizzare che in realtà la revisione
del testo occupi più tempo e si prolunghi fino al 1248. Cfr.: EAD., Una santa vedova, p. 77.
88
Si tratta dello stesso Leggendario fiorentino contenente le Vitae di Galgano, Fina e Verdiana. Le fonti del testo
inserito nel Leggendario sono sconosciute: cfr.: Un leggendario fiorentino, p. XXXI. Su Lucchese cfr.:
BERTAGNA, S. Lucchese da Poggibonsi, pp. 115 e ss. La Vita del Leggendario è pubblicata in AA.SS. Aprilis, III,
pp. 59697, in BERTAGNA, S. Lucchese da Poggibonsi, pp. 11823 e in Un leggendario fiorentino, pp. 8184.
All’edizione di Bertagna si fa riferimento nel presente studio (Tale edizione è inoltre pubblicata in “AFH”, LXII,
1969, pp. 452457).
89
Pubblicata in: AA.SS. Aprilis, III, pp. 597609. A tale edizione si fa riferimento nel presente studio. La Vita del
Tolomei è parzialmente tradotta in italiano in MATTESINI, Le origini, pp. 4782 (manca interamente il quarto
capitolo, Reliqua Beati Luchesii Miracula). Bartolomeo è un miracolato del santo. Su questo punto vedi nel
presente studio il paragrafo 1.3.1.
23
vicende di Lucchese da Poggibonsi, terziario francescano morto intorno al 1250 90. Entrambi i
testi si rifanno ad una Vita latina più antica del santo, redatta da un autore anonimo alla fine
del XIII secolo ed andata perduta, contenente anche una breve raccolta di miracoli. Anche la
Vita di Tolomei è non ci è pervenuta nella sua redazione originale ed è nota attraverso la
trascrizione quattrocentesca di Bartolomeo da Colle Valdelsa 91. Per quanto riguarda i
miracoli, la Vita anonima ne descrive undici con precisione e questo elenco è ripreso e
aggiornato nella redazione del Tolomei, che arriva a narrare trentadue miracoli 92.
La Vita di Andrea Gallerani, che muore a Siena nel 1251, è scritta nel XIII secolo da
un autore anonimo quasi contemporaneo del santo, probabilmente un domenicano senese,
visto il legame di Andrea col convento cittadino dei Predicatori 93. Il manoscritto originale
dell’opera è andato perduto e la Vita è conosciuta attraverso una traduzione italiana
cinquecentesca, la Vita di beato Andrea de Gallerani da Siena 94, che cambia la struttura del
testo e la disposizione dei capitoli rispetto alla versione latina, ma ne mantiene inalterato il
contenuto 95. I miracoli presentati sono cinquantasette, raccolti nella parte finale e narrati in
modo veloce e piuttosto sommario, tranne qualche rara eccezione 96.
90
Lucchese muore secondo la tradizione agiografica nel 1260, ma in realtà la sua morte avviene almeno una
decina di anni prima, come dimostra la presenza di un testamento datato 4 dicembre 1251, nel quale un certo
Forzore, mercante di Poggibonsi, ordina di depositare, dopo la propria morte, cinque soldi sopra il sepolcro del
“beato Lucchese”, segno che in questa data il santo è già morto. Per il testo del testamento, in traduzione italiana,
cfr. San Lucchese nel testamento di un mercante, pp. 912. Alcuni scrittori – tra i quali Wadding, che si basa su
uno scritto di Mariano da Firenze (cfr. WADDING, Annales, III, p. 90) – hanno individuato nel 1241 l’anno della
morte di Lucchese. Cfr.: ZANOT, Lucchesio, Lucio, Lucchese, p. 161.
91
Le modifiche apportate da Bartolomeo da Colle rispetto alla versione originale riguardano la struttura del testo,
più che il suo contenuto. La Vita redatta da Bartolomeo de’ Tolomei è composta da sette capitoli ai quali vanno
aggiunti un prologo e un ottavo capitolo in cui si narrano i miracoli compiuti da Lucchese, mentre nella copia di
Bartolomeo da Colle la Vita si compone di un prologo e di quattro capitoli, l’ultimo dei quali dedicato ai
miracoli. A proposito della cronologia è lo stesso autore che nel Prologo spiega di non aver seguito l’ordine
cronologico per evitare confusioni: cfr.: AA.SS. Aprilis, III, p. 597. Sulla questione cfr.: BERTAGNA, S. Lucchese
da Poggibonsi, p. 137; GHILARDI, S. Lucchese, pp. 2 e ss.; MATTESINI, Le origini, p. 50. Secondo Zanot la Vita di
Bartolomeo da Colle è scritta per un pubblico conventuale e, dunque, modificata per esso: si veda ZANOT,
Lucchesio, Lucio, Lucchese, p. 166.
92
Cfr.: BERTAGNA, S. Lucchese da Poggibonsi, pp. 115, 117, 129,133137.
93
Andrea Gallerani è laico, ma viene sepolto nella chiesa dei Predicatori a Siena. Cfr.: BS, VI, col. 12; AA.SS.
Mart., III, p. 49, 51.
94
Per la Vita di Andrea cfr.: BHL, 450. La traduzione italiana che tramanda la versione latina andata perduta è la
seguente: Vita di beato Andrea de Gallerani da Siena, Siena 1528. A tale opera si fa riferimento nel presente
studio. Gli Acta Sanctorum propongono una ritraduzione latina del testo in AA.SS. Mart., III, pp. 5257.
95
La versione originale della Vita era divisa in ventiquattro capitoli, la traduzione italiana propone invece tre
parti. Cfr.: ivi, p. 52.
96
I miracoli narrati sono tutti post mortem. Questo elemento potrebbe rafforzare l’ipotesi che a scrivere la Vita di
Andrea sia stato un domenicano del convento senese, presso cui era il sepolcro del santo teatro della maggior
parte dei miracoli presentati.
24
La Legenda sancte Fine 97 di Giovanni da San Gimignano e la Legenda s. Fine
virginis 98 di autore anonimo e contenuta in un Leggendario fiorentino 99 tramandano notizie
su Fina da San Gimignano, giovane laica morta nel 1253. La Legenda di Giovanni è redatta
nei primi anni del 1300 su ordine di frate Goccio, rettore dell’Ospedale sangimignanese
intitolato alla santa 100 e l’autore dell’altra Legenda riprende questo testo, ne redige un
compendio – rielaborato rispetto all’originale 101 – e lo inserisce all’interno di un Leggendario,
composto in ambito fiorentino entro la metà del Trecento 102. Giovanni racconta ventitre
miracoli operati da Fina dividendoli in prima e dopo la sepoltura e dichiarando che accanto ad
essi ve ne furono altri 103; dei prodigi narrati da Giovanni la Legenda fiorentina ne riprende
quattordici, narrandoli in modo più succinto 104.
La Vita beatae Zitae virginis Lucensis 105 narra le vicende terrene e i miracoli di Zita
da Lucca, morta nel 1258. La Vita è scritta da un autore anonimo contemporaneo della santa
presumibilmente nel XIII secolo, forse su mandato della famiglia Fatinelli, presso cui Zita
prestava servizio come cameriera 106. Contiene una dissertazione sui numerosi miracoli
compiuti dalla santa, fa riferimento alle registrazioni del notaio Fatinello 107, e presenta i
prodigi per categorie, senza però scendere nel dettaglio, ad eccezione di una guarigione
operata a beneficio di un componente della famiglia Fatinelli e di due condannati a morte 108.
97
Cfr.: BHL, 2978. Pubblicata in AA.SS. Mart. II, pp. 235242. Nel presente studio si fa riferimento a tale
edizione.
98
Pubblicata in DEGL’INNOCENTI, Agiografia toscana, pp. 124128. A tale edizione si fa riferimento nel presente
studio. La Legenda è pubblicata anche in: Un leggendario fiorentino, pp. 8588.
99
Si tratta del medesimo Leggendario contenente anche le Vitae di Galgano, Lucchese da Poggibonsi e Verdiana
da Castelfiorentino.
100
Cfr.: AA.SS. Mart. II, p. 236. La datazione dell’opera all’inizio del XIV secolo si basa su elementi interni al
testo, quali le testimonianze di personaggi poi deceduti, ma non convince tutti gli storici. Cfr.: DONDAINE, La Vie
et les oeuvres, pp. 166167; DEGL’INNOCENTI., Agiografia toscana, p. 107 (nota 15); Giovanni da S. Gimignano, p.
155. Sulle figure di Giovanni e di Goccio si veda il paragrafo 1.3.1 del presente studio.
101
Sulle fonti della Legenda fiorentina cfr.: Un leggendario fiorentino, p. XXXI. Su analogie e differenze tra i
due testi cfr.: DEGL’INNOCENTI, Agiografia toscana, pp. 116121.
102
Si tratta dello stesso Leggendario fiorentino contenente le Vitae di Galgano, Lucchese e Verdiana. Cfr.: Un
leggendario fiorentino.
103
Cfr.: AA.SS. Mart. II, pp. 238242.
104
Cfr.: DEGL’INNOCENTI, Agiografia toscana, pp. 126128.
105
Pubblicata in AA.SS. Apr., III, pp. 499510. A tale edizione si fa riferimento nel presente studio.
106
Il manoscritto originale della Vita di Zita era conservato presso la famiglia Fatinelli. Per le notizie sulla
tradizione dell’opera cfr.: ivi, pp. 498499; BS, XII, col. 1484.
107
Per la presentazione della raccolta di miracoli realizzata dal notaio Fatinello si veda in questo stesso studio il
paragrafo 1.2.2.
108
Cfr.: AA.SS. Apr., III, pp. 508510.
25
La Hystoria beati Torelli de Puppio 109 e la Vita di Torello da Poppi 110 raccontano la
vita e le opere di Torello da Poppi, un eremita morto tradizionalmente nel 1282 111. Si tratta di
due testi anonimi dal contenuto corrispondente, con la Vita volgare più ampia e dettagliata
della breve Hystoria latina 112, che si collegano ad un nucleo biografico originario del santo e
la cui datazione risulta piuttosto problematica, sospesa tra XIII e XV secolo 113. Le due
redazioni contengono gli stessi dieci miracoli operati da Torello, sei in vita e quattro post
mortem, con la sola differenza che la Vita (dove il discepolo Pietro è testimone dei prodigi) li
descrive in modo molto più particolareggiato rispetto all’Hystoria, dove si narra anche un
prodigio supplementare. Anche in questo caso, tuttavia, l’elenco dei miracoli compiuti dal
santo non è esaustivo, poiché l’autore della Vita dichiara «De’ suoi miracoli ve ne diremo
alchuno» 114, lasciando così che si perda la memoria degli altri.
La Legenda Patris Nostri Beati Philippi 115 è anonima e narra la vita e i miracoli del
fiorentino Filippo Benizi, priore generale dell’Ordine dei Servi di Maria morto a Todi nel
1285. Si tratta di un testo controverso, di recente scoperta, sulla cui redazione permangono
diversi dubbi concernenti la sua datazione 116, il suo autore 117 e il luogo di composizione 118.
109
Pubblicata in: Le «Vite» di Torello, pp. 3144. A tale edizione si fa riferimento in questo studio. Per le
precedenti pubblicazioni e la tradizione manoscritta cfr.: ivi, pp. 929.
110
Pubblicata in: ivi, pp. 85152. A tale edizione si fa riferimento in questo studio. Per le precedenti
pubblicazioni della Vita cfr.: ivi, pp. 5381.
111
La data della morte di Torello accettata dalla tradizione e tramandata da autori moderni, il 1282, appunto, è
messa in discussione dalla Vita, che la situa invece nel 1232. Cfr.: Vita XXIV 3; Le «Vite» di Torello, pp. 5152.
112
Gli storici si sono interrogati sulla successione dei due scritti, ma risulta complicato stabilire se è la Hystoria a
dipendere dalla Vita o viceversa, vista l’assenza totale di informazioni in proposito nelle due stesure. Cfr.: ivi,
pp. 1721. Sui rapporti tra le due redazioni cfr.: RICCI, La Vita di Torello, pp. 204209, 213.
113
Sulla datazione della Vita, collocata a cavallo tra XIII e XIV secolo da GorettiMiniati e all’inizio del
Quattrocento da Ricci e Bicchierai, e il relativo dibattito, nonché sull’identità del suo autore e sul ruolo di Pietro,
discepolo di Torello cfr.: BICCHIERAI, Il contesto storico, pp. XXIXXXXIII; Vita: Vita di S. Torello da Poppi,
parte II, pp. 117118; Le «Vite» di Torello, pp. 1718, 50; RICCI, La Vita di Torello.
114
Vita di Torello da Poppi, XXII, 1.
115
Pubblicata in MONTAGNA, La «Legenda» arcaica, pp. 1329, già edita dal suo scopritore, Besutti, in BESUTTI,
La «legenda» perugina, pp. 104115. Nel presente studio si fa riferimento all’edizione di Montagna.
116
Besutti colloca la redazione di questa Legenda alla metà del Trecento, mentre Montagna retrodata il testo
all’inizio del XIV secolo (1305), ritenendo addirittura possibile che risalga addirittura alla fine del Duecento.
Secondo la datazione di Montagna questo testo è il più antico testimone della vita di Filippo e da esso dipendono
le Vite trecentesche scritte al di fuori della Toscana da Pietro da Todi e da Andrea da Faenza, anch’essi serviti.
Cfr.: BESUTTI, La «legenda» perugina, p. 101; ID., San Filippo Benizi, p. 10; MONTAGNA, La «Legenda» arcaica,
pp. 10, 4954, 61.
117
Mentre Besutti non cerca di identificare l’autore della Legenda e non avanza proposte in merito, Montagna
compie una serie di riflessioni in base alle quali afferma che si tratta di Lamberto da Prato, un servita del
monastero di Bologna. Cfr.: ivi, pp. 5560. Per una panoramica generale sulla biografia di Filippo e sugli studi
sui serviti, i loro santi e le loro Vitae cfr.: Le fonti per la biografia di san Filippo; DAL PINO, Spazi e figure, pp.
522526.
118
Besutti colloca nel cortonese la redazione della Legenda, propendendo per un’origine umbra, forse
influenzato dal luogo di conservazione del manoscritto, Perugia appunto. Montagna esclude invece l’ambiente
umbro a favore di un convento toscano o emiliano, forse Cortona, Cesena o Bologna, scegliendo infine Bologna
con l’attribuzione del testo a Lamberto da Prato. Cfr.: BESUTTI, La «legenda» perugina, p. 102; MONTAGNA, La
«Legenda» arcaica, pp. 56, 60.
26
Di certo a comporre la Legenda è un servita, come suggerisce il titolo stesso dell’opera,
probabilmente testimone diretto dei fatti narrati – come suggerisce la formula «quem oculis
nostris vidimus» 119 contenuta nel testo – e di certo aiutato nella loro ricostruzione da suoi
confratelli anch’essi legati a Filippo 120. La Legenda contiene quindici miracoli operati sia in
vita sia post mortem, alcuni presenti nel corpus della narrazione, altri elencati nella parte
finale. Non si tratta però di un elenco esaustivo dell’attività prodigiosa di Filippo, come si
deduce da questa affermazione finale dell’autore: «Multa quidam alia signa et prodigia
ubique Deus fecit meritis beati viri, que non sunt scripta in legenda ista» 121.
La Vita 122 e il Summarium virtutum et miracula 123 tramandano vita e prodigi di
Ambrogio Sansedoni 124, domenicano senese morto nel 1286. La Vita è un’opera collettiva
redatta alla fine del XIII secolo 125 da Gisberto di Alessandria, Recupero di Pietramala (di
Arezzo), Aldobrandino Paparoni e Olrado Bisdomini, quattro frati del convento di S.
Domenico a Siena contemporanei di Ambrogio, che scrivono per ordine di papa Onorio IV. Il
Summarium è scritto da Recupero di Arezzo nel 1318 ed è volto alla predicazione 126.
Entrambe le fonti danno ampio spazio alla narrazione dei miracoli di Ambrogio: la Vita ne
contiene sessantaquattro, alcuni dei quali rintracciabili in una serie di instrumenta notarili
conservati a Siena 127, mentre il Summarium riprende i precedenti e li aggiorna, arrivando a
presentare complessivamente al lettore ben duecentodiciassette prodigi.
119
Legenda Patris Nostri Beati Philippi, 14.
120
Anche su questo punto Besutti e Montagna sono in disaccordo: per il primo l’autore non ha conosciuto
direttamente Filippo, mentre per il secondo sì. Cfr.: BESUTTI, La «legenda» perugina, p. 100; MONTAGNA, La
«Legenda» arcaica, p. 39.
121
Legenda Patris Nostri Beati Philippi, 36.
122
Pubblicata in AA.SS. Mart., III, pp. 181201. A tale edizione si fa riferimento nel presente studio.
123
Pubblicato in ivi, pp. 210241. A tale edizione si fa riferimento nel presente studio.
124
BS, XI, coll. 629633.
125
La Vita è commissionata da papa Onorio IV, che muore nel maggio 1287, due mesi dopo Ambrogio, e si può
ipotizzare che sia stata iniziata a scrivere subito dopo la morte del santo. Sui tempi di scrittura non ci sono
informazioni precise, ma da quanto si legge nell’epilogus aggiunto nel 1301 – dove si fa riferimento alla
committenza pontificia, alla prematura scomparsa di Onorio e all’iter seguito dal riconoscimento della santità di
Ambrogio coi suoi successori – sembra che il testo sia stato redatto in breve tempo. Cfr.: AA.SS. Mart., III, p.
201.
126
Cfr.: REDON, Miracles authentifiés, p. 157.
127
Sull’elenco di questi atti notarili e le loro caratteristiche si veda il paragrafo 1.2.2 del presente studio.
27
La Vita del beato Pietro Pettinajo 128 è scritta nel 1330 da Pietro da Montarone 129, un
frate francescano senese contemporaneo del santo morto nel 1289, che ha vissuto insieme a
lui nel convento di San Francesco a Siena, ed è dunque testimone diretto della sua vita. Egli
dichiara di scrivere spinto dai confratelli e per mantenere viva la memoria di Pietro, facendo
appello sia alla propria memoria sia alle testimonianze di altre persone che hanno conosciuto
il servo di Dio 130. Il manoscritto originale latino della Vita è andato perduto in un incendio del
XVI secolo 131, ma ne conosciamo il testo grazie ad una traduzione italiana fatta a Siena nel
1508 da padre Serafino Ferri, agostiniano di Lecceto 132. Si tratta di un’opera piuttosto
imprecisa dal punto di vista cronologico, che per stessa ammissione dell’autore non segue il
filo del tempo, ma si suddivide in capitoli tematici 133, l’ultimo dei quali è dedicato ai miracoli
compiuti dal santo. Purtroppo in questa fase finale la fedeltà del traduttore al testo originale
viene meno e in luogo dell’elenco completo dei miracoli presente nella versione latina di
Pietro da Montarone si trova uno scarno resumé ridotto alla narrazione veloce e sommaria di
soli diciotto prodigi. Tale drastica riduzione nell’esposizione dei miracoli è giustificata da
padre Ferri nel modo seguente: «Per non generare ai Lettori, o Auditori fastidio nel replicare
spesse volte le medesime parole, non procederò secondo che narra la storia latina, ponendo
miracolo per miracolo, persona per persona, loco per loco con molte circostanze; ma solo
narrerò la diversità di alquanti Miracoli ricevuti per i meriti del predetto B. Pietro da diversi
stati di persone» 134.
128
L’esistenza, le vicende e il culto di Pietro sono documentati anche attraverso altre fonti di carattere giuridico,
religioso e letterario: numerosi documenti comunali, tra cui le deliberazioni consiliari, Laudi, ma anche opere
come la Divina Commedia di Dante Alighieri o l’Arbor Vitae del francescano Ubertino da Casale. Sulla
documentazione non agiografica riguardante Pietro Pettinaio cfr.: Vita del B. Pietro Pettinajo, pp. XIIIXXVIII;
CRISTOFANI, Memorie del B. Pietro, pp. 3546, 4950. Su Dante cfr.: Vita del B. Pietro Pettinajo, pp. XI, XV; Pier
Pettinaio, in ED, IV, pp. 49293; PASQUINI, La santità, p. 37. Su Ubertino da Casale, che nel prologo dell’Arbor
Vitae crucifixae Iesu scritto alla Verna nel 1305 cita Pietro Pettinaio tra i suoi maestri, cfr.: UBERTINO, Arbor
Vitae, f. 1v. Una Lode dedicata a Pietro è pubblicata in CHERUBELLI, Florilegio francescano, pp. 269271.
129
Non vi sono dubbi sull’autore, il cui nome è riportato in fondo alla traduzione italiana ed è confermato anche
da altre fonti francescane, primi fra tutti gli Annales di Wadding. Cfr.: Vita del B. Pietro Pettinajo, pp. VII, XIV,
118; BS, X, col. 719; CRISTOFANI, Memorie del B. Pietro, p. 34; WADDING, Annales, V, 43.
130
Pietro da Montarone nel proemio presenta la propria opera e le testimonianze sulle quali si basa. Cfr.: Vita del
B. Pietro Pettinajo, pp. 23.
131
Cfr. ivi, pp. VII, XIV; CRISTOFANI, Memorie del B. Pietro, p. 37.
132
Il volgarizzamento di padre Ferri è ripreso nel XIX secolo dal francescano Luigi de Angelis e nuovamente
pubblicato: Vita del B. Pietro Pettinajo, pp. 1121. A tale edizione si fa riferimento nel presente studio.
133
Cfr.: ivi, p. 3.
134
Vita del B. Pietro Pettinajo, p. 119. Scrive anche l’autore del volgarizzamento: «solo narrerò la diversità di
alquanti Miracoli ricevuti per i meriti del predetto B. Pietro da diversi stati di persone, le quali trovandosi nel
giorno del Transito suo, ed alcune di poi, gravate da diverse infermità, ed altre umane passioni, andando in
quel giorno a toccare quel Santo Corpo, ovvero stando in Casa, ed a Lui facendo voto, ovvero di poi con voti o
con presenziale visitazione andando al Santo suo Sepolcro in S. Francesco di Siena; meritarono esser liberati».
Cfr.: ibidem.
28
La Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae de Cortona 135 è redatta da Giunta
Bevegnati 136, frate minore cortonese già confessore di Margherita, morta a Cortona nel 1297,
che scrive su mandato di fra Giovanni da Castiglione – suo superiore e padre spirituale della
santa, figura di primo piano presente anche all’interno della narrazione agiografica 137 – e la
sua scrittura si colloca tradizionalmente a cavallo tra il XIII e il XIV secolo 138. Giunta
compone il testo basandosi sia sui propri ricordi personali sia sulle testimonianze di altri
religiosi e di persone comuni che hanno conosciuto Margherita e assistito alla sua vita
straordinaria e ai suoi prodigi 139. L’opera, poco attenta alla cronologia delle vicende terrene
della santa, ha un prologo e un’appendice e il suo corpus è suddiviso in undici capitoli,
l’ultimo dei quali dedicato interamente ai miracoli da lei compiuti sia in vita sia dopo la
morte, a loro volta ripartiti in sezioni tematiche, per un totale di ottantatre prodigi narrati.
La Beatae Iohannae de Signa vita et miracula 140 fornisce una scarna ricostruzione
biografica della vita di Giovanna da Signa, che in giovane età si rinchiude in un «romitorium
situatum ad pedes vallis Signae» 141 e vi resta fino alla morte, nel 1307. La vita è redatta alla
fine del XIV secolo da un autore anonimo, che gli storici ipotizzano sia un ecclesiastico di
Signa o della zona circostante, un uomo di Chiesa devoto della beata, forse lo stesso pievano
del luogo. Committenza e occasione di composizione della Vita sono ignote, così come la sua
data, di certo posteriore al 1383, anno in cui si verifica uno dei miracoli narrati all’interno 142.
135
L’edizione critica completa della Legenda è contenuta in IUNCTAE BEVEGNATIS, Legenda de vita et miraculis,
pp. 177478. A tale edizione si fa riferimento nel presente studio. La Legenda è pubblicata, seppur non
integralmente, anche in AA.SS. Febr., III, pp. 298357 e tradotta in: Leggenda della vita e dei miracoli. Per
quanto riguarda invece la tradizione del testo cfr.: IUNCTAE BEVEGNATIS, Legenda de vita et miraculis, pp. 149175.
136
Che Giunta sia l’autore della vita di Margherita è attestato anche da testimonianze esterne, prime fra tutte
quelle di Mariano da Firenze e di Wadding, citate in ivi, pp. 34.
137
Giunta dichiara sia nel Prologo sia nell’Appendice di aver redatto il testo su commissione di Giovanni da
Castiglione, «inquisitoris heretice prauitatis, qui erat confessor beate Margarite et pater»: Legenda de Vita et
Miraculis Beatae Margaritae, App., 23. Cfr. anche ivi, Prol., 78, 1013. Sulla figura di questo importante
personaggio e i suoi legami con Margherita cfr.: IUNCTAE BEVEGNATIS, Legenda de vita et miraculis, pp. 9, 6669.
Una volta redatta, l’opera riceve l’approvazione dell’autorità religiosa ed è visionata dallo stesso Giovanni da
Castiglione, insieme ad altri religiosi. Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, App. 410.
Sull’importanza di tale approvazione e le vicende ad essa correlate cfr.: IUNCTAE BEVEGNATIS, Legenda de vita et
miraculis, pp. 915.
138
La datazione della Legenda si basa su elementi contenuti al suo interno, che fanno risalire l’inizio della
stesura a prima del 1288, anno in cui muoiono alcuni religiosi che hanno visto il testo, e la fine nel 1311, data in
cui avviene uno degli ultimi miracoli narrati, ma in realtà tale datazione andrebbe anticipata, in quanto l’opera
viene iniziata a scrivere quando la santa è ancora in vita. Cfr.: ivi, p. 15.
139
Sulle fonti della Legenda cfr.: ivi, pp. 3638.
140
Edita in AA.SS. Nov., IV, pp. 283288 e in MENCHERINI, Vita e miracoli, pp. 378386. Nel presente scritto si fa
riferimento all’edizione di Mencherini. Notizie su Giovanna da Signa sono contenute anche in: BS, VI, col. 782;
Zimmermann, III, p. 283; Vies des Saints, XI, p. 286.
141
MENCHERINI, Vita e miracoli, p. 378. Sulla figura di Giovanna da Signa e l’eremitismo che caratterizza le sante
italiane del basso Medioevo cfr.: DALARUN, Jeanne de Signa, in particolare pp. 174198; BENVENUTI, «In castro
poenitentiae». Sulla questione dell’appartenenza di Giovanna al Terz’Ordine francescano o vallombrosano cfr.:
MENCHERINI, Vita e miracoli, p. 369372.
142
Cfr.: MENCHERINI, Vita e miracoli, p. 369.
29
Ai prodigi compiuti da Giovanna – ventisette in totale – la redazione dedica ampio spazio,
separando i sei in vita dai ventuno post mortem e fornendone una descrizione piuttosto ricca
di particolari 143.
La Vita di Agostino Novello 144 racconta le vicende del generale agostiniano morto nel
1309 a Siena. Scritta da un anonimo esponente del suo stesso Ordine e suo contemporaneo
nella prima metà del XIV secolo, contiene sette miracoli operati dal santo dopo la morte.
La Vita sancte Humilitatis abbatisse ordinis Vallisumbrose 145 e la Vita di Umiltà 146
tramandano la vita e i miracoli di Umiltà da Faenza, ovvero Rosanese Negusanti, badessa
vallombrosana morta a Firenze nel 1310. Si tratta di due testi indipendenti 147 redatti nel XIV
secolo, negli anni successivi alla morte della santa, la vita latina di certo prima del 1332, anno
in cui è autenticata da tre notai fiorentini 148, quella volgare nel 1345 149. La Vita sancte
Humilitatis, commissionata dalle consorelle di Umiltà, è anonima, ma in base alle
informazioni fornite dal testo si ritiene scritta da un monaco vallombrosano 150, alla stessa
famiglia regolare appartiene Silvestro Ardenti, al quale è attribuita Vita di Umiltà 151. I
Miracula elencati nella parte finale della Vita sancte Humilitatis appartengono forse ad un
autore differente rispetto a quello che compila la vita 152 e narrano ventotto prodigi compiuti
da Umiltà sia in vita sia dopo la morte. Anche la Vita volgare riserva ampio spazio ai miracoli
143
I miracoli occupano in realtà la quasi totalità della narrazione, essendo le notizie sulla vita limitate a qualche
riferimento approssimativo.
144
Pubblicata in AA.SS. Mai, IV, pp. 616621. A tale edizione si fa riferimento nel presente studio. Sulla Vita cfr.
anche: BHL 804.
145
Pubblicata in: Le Vite di Umiltà da Faenza, pp. 123. A tale edizione si fa riferimento nel presente studio.
Testo già pubblicato in AA.SS. Maii, V, pp. 205212. Per i riferimenti ad altre edizioni di epoca moderna si veda
Le Vite di Umiltà da Faenza, pp. XXI. Per la tradizione manoscritta e letteraria cfr.: Vita sancte Humilitatis, pp.
XIIXIII, XVIIXXIV.
146
Pubblicata in: Le Vite di Umiltà da Faenza, pp. 2561. A tale edizione si fa riferimento nel presente studio.
Per i riferimenti ad altre edizioni di epoca moderna si veda ivi, pp. XXI. Per la tradizione manoscritta e letteraria
cfr.: Vita sancte Humilitatis, pp. XIVXV, XXXIXLI.
147
Cfr.: Le Vite di Umiltà da Faenza, p. XLII. Accanto a queste due Vitae è presente un altro testo, ritraduzione
latina di una Vita volgare, probabilmente cinquecentesca e faentina. Inoltre, il redattore della Vita latina dichiara
di aver scritto la propria opera riassumendo un testo più lungo, di cui però non abbiamo traccia. Cfr.: ivi, pp. X
XI, XIIIXIV, XXIVXXXI; MAZZOTTI, Note per due manoscritti.
148
Cfr.: AA.SS. Maii, V, p. 212.
149
Sulla datazione delle Vitae di Umiltà e le problematiche ad essa correlate cfr.: Le Vite di Umiltà da Faenza, p.
XI.
150
L’autore si affilia alla badessa vallombrosana. Quanto alla sua identità, le due ipotesi avanzate dagli storici
sono l’abate Biagio e Giovanni da Faenza. Cfr.: LANZONI, Storia ecclesiastica, pp. 251252; GUIDUCCI, Vita e
miracoli di s. Humiltà, p. III; Le Vite di Umiltà da Faenza, pp. XI, XVXVI. Per un approfondimento si rimanda
nel presente studio al paragrafo 1.3.1. Sulla figura di Lanzoni cfr.: TAGLIAFERRI, Francesco Lanzoni.
151
Tale attribuzione si basa su una sottoscrizione dello stesso Ardenti riportata in un codice quattrocentesco e
ripresa da Zambrini nel 1849. Cfr.: Vita della beata Umiltà, pp. V, 65. Si veda anche nel presente studio il
paragrafo 1.3.1.
152
Sulla possibilità che vita e miracoli abbiano due autori diversi cfr.: Le Vite di Umiltà da Faenza, pp. XVI;
GRÉGOIRE, S. Umiltà, p. 86. Sulla tradizione agiografica su Umiltà cfr. anche: DEGL’INNOCENTI, Santità
vallombrosana, p. 450; SIMONETTI, Santità femminile vallombrosana, pp. 468470.
30
e ne presenta trenta, suddivisi tra in vita e post mortem, molti dei quali coincidono con quelli
esposti nel testo latino.
La Legenda Beate Agnetis de Monte Policiano 153 viene redatta negli anni Sessanta del
XIV secolo da Raimondo delle Vigne, più conosciuto come Raimondo da Capua, esponente
di spicco dell’ordine domenicano di cui diventa Maestro Generale nel 1380 154. Raimondo è
rettore delle suore di Montepulciano dal 1363 al 1366 ed è in questo periodo che scrive la vita
di Agnese, terminata tra il 1365 e il 1366 155, servendosi delle testimonianze di persone che
l’hanno conosciuta e hanno assistito ai suoi prodigi – tra cui alcune sue consorelle – e di una
serie di documenti notarili 156. La composizione di questa leggenda agiografica è sollecitata
dalla comunità di Montepulciano, che ha Agnese come patrona e che la venera fin dalla sua
morte (1317), e dai frati domenicani, che hanno interesse a ribadire il loro legame con la santa
e con il monastero da lei fondato e poi affidato ai domenicani 157. La Legenda di Raimondo,
tuttavia, non è l’unica vita di Agnese prodotta per perpetuarne la memoria: esisteva, infatti,
un’opera precedente ora andata perduta, citata dallo stesso Raimondo, forse un breve elenco
di miracoli di autore anonimo 158, un testo scarno, al quale si affianca questa nuova, ricca
composizione, suddivisa in tre parti 159. I miracoli di Agnese presentati sono cinquantuno,
scelti tra i tanti operati dalla santa, narrati lungo tutta la Legenda, suddivisi tra quelli in vita e
quelli post mortem 160.
La Legenda beati Francisci de Senis 161 narra le vicende del servita Francesco da
Siena, morto nel 1328. La Legenda è scritta nei decenni centrali del XIV secolo 162 da
153
Pubblicata in: RAIMONDO DA CAPUA, Legenda, pp. 1102 (traduzione italiana: RAIMONDO DA CAPUA, Sant’Agnese
da Montepulciano). A tale edizione si fa riferimento nel presente studio.
154
Su Raimondo da Capua cfr.: VAN REE, Raymond de Capoue; WALSHBERTOLINI, Della Vigna Raimondo. Sui
manoscritti della Legenda e la loro tradizione cfr.: RAIMONDO DA CAPUA, Legenda, pp. XXXIVL.
155
Tale datazione è suggerita da elementi contenuti nel testo, come l’affermazione da parte dell’autore che la
santa è morta da cinquant’anni o che sono passati tre o quattro anni da quando i miracoli narrati sono stati
compiuti, nonché dalla presenza fisica di Raimondo a Montepulciano. Cfr.: Legenda Beate Agnetis de Monte
Policiano, III, 2, 17; ivi, III, 8, 13, 17; RAIMONDO DA CAPUA, Legenda, pp. XIIXIII.
156
Legenda Beate Agnetis de Monte Policiano, I, Prol., 1011.
157
Sulla fondazione del monastero e il legame di Agnese coi domenicani cfr.: RAIMONDO DA CAPUA, Legenda, pp.
XVIIIXIV; BENVENUTI PAPI, Il secolo e il chiostro, p. 252.
158
Legenda Beate Agnetis de Monte Policiano, I, 14, 2; III, 9, 11. La leggenda antica di Agnese da
Montepulciano è stata attribuita a frate Iacopo da Laterino, ma tale ipotesi non sembra poter trovare conferma
nella documentazione. Su questo punto cfr. RAIMONDO DA CAPUA, Legenda, p. XIV, nota 13.
159
Legenda Beate Agnetis de Monte Policiano, I, Prol., 1316. Sull’architettura dell’opera e i suoi significati cfr.:
RAIMONDO DA CAPUA, Legenda, pp. XIVXVII.
160
La narrazione dei miracoli in vita ha inizio nella prima parte e prosegue lungo tutta la seconda, mentre quelli
post mortem sono riferiti nella terza parte e si spingono fino al 1364, anno in cui avviene l’ultimo prodigio
testimoniato a Raimondo da parte di una coppia di coniugi di Montepulciano che grazie ad Agnese vedono
sanato il loro bambino (cfr.: Legenda Beate Agnetis de Monte Policiano, III, 12, 2026).
161
Pubblicata in La Legenda beati Francisci, pp. 174195. A tale edizione si fa riferimento nel presente studio.
162
La Legenda non è datata, ma Soulier nell’introduzione all’edizione del testo tenta di localizzarla nel tempo,
affermando che dovrebbe essere stata scritta tra il 1330 e gli anni Sessanta del Trecento, sulla base di
31
Cristoforo da Parma, provinciale di Toscana dell’ordine dei Servi di Maria amico del santo 163
e ripresa, sul finire del secolo, da frate Benedetto 164, miracolato da Francesco 165, che
aggiunge all’opera il racconto della propria guarigione e un elenco di altri prodigi non
contenuti nella prima redazione, ma provenienti dal Liber miraculorum del santo 166. È lo
stesso Benedetto, inoltre, a fornire informazioni sulla precedente redazione della Legenda e ad
attribuirne la scrittura a Cristoforo da Parma 167. La Legenda di Francesco da Siena contiene
diciannove miracoli, compresa la narrazione del prodigioso risanamento dell’agiografo.
Revelationes et Miracula 168 è il titolo del testo agiografico che narra le vicende di
Margherita da Faenza – badessa vallombrosana che succede alla conterranea Umiltà alla
guida del monastero fiorentino dopo essere stata sua discepola – morta a Firenze nel 1330.
Autore dell’opera è il presbitero faentino Joanne, nipote e sostenitore della santa, che scrive
probabilmente nel XIV secolo e nel mezzo del racconto di numerose manifestazioni di
potenza divina di cui Margherita è protagonista riferisce tre miracoli da lei operati mentre era
ancora in vita 169.
La Vita Catharinae senensis 170 e I miracoli di Caterina di Iacopo da Siena 171 narrano
le vicende di Caterina da Siena, terziaria domenicana morta a Siena nel 1380. I Miracoli di
Caterina – che nonostante il titolo di fatto consistono in una breve vita corredata da un elenco
informazioni relative alla vita di Cristoforo da Parma, diventato provinciale di Toscana nel 1330 e morto qualche
anno dopo il 1360. Sulla datazione dell’opera cfr.: ivi, pp. 169, 171.
163
Sul rapporto tra Francesco e il suo agiografo, amico, consigliere e confessore cfr.: ivi, p. 169.
164
Benedetto dichiara di entrare a far parte dell’Ordine dei Servi di Maria nel 1352. Cfr.: Legenda beati
Francisci, 53.
165
Benedetto racconta di essere stato guarito da Francesco da Siena da una totale infermità nel 1328 all’età di
quattro anni. Portato sul sepolcro del santo, subito è sanato, come attestano i genitori in un atto notarile scoperto
dallo stesso Benedetto e riportato nel testo. Cfr.: ibidem.
166
Per le notizie sul Liber miraculorum di Francesco si veda in questo stesso studio il paragrafo 1.1.2.
167
Soulier attribuisce a Cristoforo da Parma anche la redazione della vita di Gioacchino da Siena, un altro servita
morto nel 1305, in contrasto con Tacci, che attribuisce invece la Vita ac Legenda beati Joachimi senensis a frate
Lamberto da Prato, autore secondo Montagna anche della vita di Filippo Benizi, priore generale dei serviti. Sulle
possibili attribuzioni ai diversi autori delle fonti servite cfr.: La Legenda beati Francisci, p. 168; MONTAGNA, La
«Legenda» arcaica, p. 58; DAL PINO, Spazi e figure, pp. 531532.
168
Pubblicata in: AA.SS. Augusti, V, pp. 851854.
169
Per un approfondimento sulla tradizione agiografica relativa a Margherita da Faenza e sul suo agiografo cfr.:
SIMONETTI, Margherita da Faenza tra storia e agiografia; DEGL’INNOCENTI, Santità vallombrosana.
170
Pubblicata in JUNGMAYR, Die Legenda Maior, vol. II (traduzione italiana in: RAIMONDO DA CAPUA, S. Caterina
da Siena). A tale edizione si fa riferimento nel presente studio. Sulla tradizione del testo cfr.: NOCENTINI, Lo
«scriptorium» di Tommaso Caffarini, pp. 127128. La Vita scritta da Raimondo da Capua è nota anche come
Legenda Maior, distinta dalla Legenda Minor, un suo compendio scritto a Venezia nel primo Quattrocento da
Tommaso Caffarini, discepolo della santa e autore di numerosi scritti su Caterina, nonché promotore della sua
causa di canonizzazione. Su Caffarini cfr.: THOMAS ANTONII DE SENIS «CAFFARINI», Libellus de Supplemento;
NOCENTINI, Lo «scriptorium» di Tommaso Caffarini. Per una panoramica sulle biografie e le opere prodotte su
Caterina a partire dagli scritti di Raimondo da Capua e dalla documentazione veneziana cfr.: Bibliografia
analitica; BS, III, coll. 996999.
171
Il testo è pubblicato in I miracoli di Caterina, pp. 125. A tale edizione si fa riferimento nel presente studio.
Sulla tradizione manoscritta e le precedenti edizioni di questo testo cfr.: ivi, pp. VXV.
32
finale di prodigi – sono redatti a Firenze da un autore anonimo 172 nel 1374, anno in cui la
santa si reca nella città toscana per essere esaminata dal Capitolo Generale domenicano 173,
come dichiara lo stesso autore al principio della sua opera, redatta tra il periodo di soggiorno
fiorentino di Caterina e l’ottobre dello stesso anno 174. Il testo raccoglie diverse testimonianze
dirette rese all’autore e contiene quattro miracoli. La Vita è scritta invece dall’illustre
domenicano Raimondo da Capua, padre spirituale e confessore di Caterina, già autore della
Legenda di Agnese da Montepulciano, tra il 1385 e il 1395 175, che scrive sia sulla base della
propria conoscenza diretta della santa sia delle testimonianze di diversi suoi discepoli. La Vita
di Raimondo contiene quarantasette miracoli operati da Caterina sia in vita sia post mortem.
1.2.2 I libri di miracoli
172
Il testo non fornisce informazioni utili a stabilire l’identità dell’autore, né vi sono sul suo conto indicazioni di
altro genere, salvo il fatto che egli – come dichiara nel corso della scrittura – conosce la santa, che si reca più
volte nella sua casa nel corso della sua permanenza a Firenze. Cfr.: ivi, pp. XXIXXII.
173
La Leggenda di Raimondo da Capua non fa alcun riferimento a questo viaggio a Firenze di Caterina, durato
circa un mese (il capitolo si tenne il 21 maggio e l’anonimo redattore dei miracoli dice che la santa ripartì da
Firenze il 29 giugno) e confermato invece da altre fonti. Su questo punto e sulle ipotesi del silenzio di Raimondo
cfr.: ivi, pp. XVIIXX. Sul rapporto tra il testo dei miracoli e la Leggenda di Raimondo cfr.: VALLI, I miracoli di
Caterina, pp. 15.
174
Scrive infatti l’anonimo redattore: «Venne a Firenze nel mese di maggio anni MCCCLXXIV, quando fu il
Capitolo de’ frati Predicatori, per comandamento del maestro dell’ordine, una vestita delle pinzochere di santo
Domenico, che à nome Caterina di Iacopo da Siena»: I miracoli di Caterina, I, 13. L’autore dichiara di scrivere
a più riprese dopo aver visto Caterina, fino al 10 ottobre. Cfr.: ivi, XXIX.
175
Raimondo inizia a scrivere la Vita di Caterina nel 1385 in occasione della processione da lui organizzata a
Siena in omaggio alla reliquia della testa della santa e presenta l’opera finita dieci anni dopo a Venezia. Cfr.:
THOMAS ANTONII DE SENIS «CAFFARINI», Libellus de Supplemento, p. 170.
176
Pubblicati in ZACCAGNINI, La tradizione agiografica, pp. 149152. Tale edizione costituisce riferimento nel
presente studio.
177
Sulla tradizione agiografica relativa a Bona da Pisa e le diverse redazioni della Vita si veda il paragrafo 1.2.1
del presente studio.
178
Pubblicati in AA.SS. Maii, IV, pp. 403407. A tale edizione si fa riferimento nel presente studio.
33
I Miracula 179 di Zita da Lucca, morta nel 1258, sono registrati dal notaio Fatinello per
ordine della famiglia Fatinelli, presso cui la santa prestava servizio come cameriera. Le
registrazioni sono ordinate cronologicamente e vanno da aprile (Zita muore il 27 e i miracoli
iniziano ad essere scritti subito dopo la sua morte) a dicembre 1278. I miracoli contenuti
nell’elenco sono novantotto, ma in realtà ne erano stati annotati oltre centocinquanta, in gran
parte andati perduti. Gli instrumenta originali, infatti, sono scomparsi e i documenti rogati da
Fatinello si conoscono grazie ad una trascrizione trecentesca che aggiunge un prodigio, ma ne
perde irrimediabilmente per strada altri 180.
I Miracula di Ambrogio Sansedoni, morto a Siena nel 1287, sono raccolti in una serie
di atti notarili 181 in origine piuttosto cospicua, poi ridottasi a ventinove nel corso dei secoli 182.
Si tratta di documenti rogati a Siena per lo più in Campo Regio presso la chiesa dei
Predicatori tra il 13 aprile e il 9 luglio 1287 183 per ordine del vescovo cittadino da diversi
notai 184. Su tale documentazione – in origine molto più ricca, dato che altri instrumenta simili
a questi sono andati perduti nel corso dei secoli – si basano gli agiografi di Ambrogio nel
narrare i suoi miracoli 185.
Il Liber Miraculorum di Ranieri da Borgo Sansepolcro 186, terziario francescano, è
compilato nel 1304, anno della morte del santo, da Cortonuzio Bentivegne di Perugia, notaio
179
Pubblicati in: AA.SS. Apr., III, pp. 510527.
180
Sulla registrazione dei miracoli da parte di Fatinello, il suo operato e le vicissitudini dei documenti da lui
rogati cfr.: ivi, pp. 497, 508.
181
Ventotto atti notarili in cui sono registrati i miracoli di Ambrogio Sansedoni sono pubblicati in AA.SS. Mart.,
III, pp. 201210. A questa serie di instrumenta va aggiunto un altro atto, rinvenuto da Odile Redon e da lei
pubblicato in: REDON, Miracles authentifiés, p. 182. A tali edizioni si fa riferimento nel presente studio.
182
Il vescovo di Grosseto Giulio Sansedoni, nel XVII secolo scrive una Vita del proprio santo antenato e fa
riferimento a questi documenti. Secondo quanto si legge negli Acta Sanctorum, ricorda di aver visto da bambino
moltissime pergamene raccolte nei sacchi nel Convento di S. Domenico a Siena, ma di averne poi ritrovate solo
ventotto in età adulta, mentre nel secolo precedente Sigismondo Tizio dispone di una quarantina di questi
documenti. Cfr.: AA.SS. Mart., III, p. 241; REDON, Miracles authentifiés, pp. 158, 163. Sulla tradizione dei
manoscritti e le loro trascrizioni, la prima delle quali viene compiuta nel 1318 per ordine del vescovo senese, e
pubblicazioni anche in epoca moderna cfr.: AA.SS. Mart., III, p. 201; REDON, Miracles authentifiés, pp. 159163,
166.
183
In alcuni documenti manca l’indicazione del luogo, pur trattandosi di Siena. Fanno eccezione due atti rogati a
Bolsena nel 1318, che riferiscono due miracoli operati da Ambrogio a Bolsena nel 1287. Quanto alle date degli
instrumenta, gli atti si riferiscono a miracoli avvenuti dal 20 marzo (giorno della morte del santo) al 5 luglio
1287, per cui le date degli atti – pubblicazione di testimonianze – non corrispondono a quelle dei miracoli. Cfr.:
ivi, pp. 158, 166167. Sul ruolo dei notai nella registrazione dei miracoli si rimanda all’introduzione del presente
studio.
184
Il mandato episcopale in realtà arriva dopo l’inizio delle registrazioni, il 9 maggio 1287, ma è comunque
significativo. Cfr.: ivi, p. 166. Per quanto riguarda invece i notai, il loro elenco completo è fornito in: ivi, p. 167,
nota 27.
185
Sulle corrispondenze dei miracoli registrati in questi documenti notarili con quelli presenti nella Vita e nel
Summarium di Ambrogio cfr.: REDON, Miracles authentifiés, pp. 161, 165, 173177, 179181.
186
Il Liber è pubblicato in Il Libro dei Miracoli, pp. 181 (traduzione italiana pp. 95169). A tale edizione si fa
riferimento nel presente studio. Per la tradizione manoscritta del Registro e le precedenti parziali pubblicazioni
cfr.: ivi, pp. XIIIXV; GATTA, De novo apparuit, pp. 4348; AMADORI TANI, Il libro dei miracoli, pp. 5159.
34
imperiale che per ordine del Capitano del Popolo biturgense trascrive le testimonianze sui
miracoli compiuti da Ranieri ricevute ed esaminate in sua presenza dal giudice Orlandino di
Borgo Sansepolcro 187. Il Registro dei Miracoli si compone di sessantatre 188 prodigi post
mortem operati dal santo e riporta in modo dettagliato sia la narrazione dei miracoli sia le
relative testimonianze da parte di terzi. Le registrazioni iniziano il 2 novembre 1304 – giorno
successivo alla morte di Ranieri – nel Palazzo del Popolo del Borgo e proseguono poi dal 3
novembre al 24 maggio 1305 presso la chiesa cittadina di S. Francesco, sede dei Frati Minori.
Il Liber miraculorum 189 di Francesco da Siena, servita morto nel 1328, viene redatto
dai notai senesi subito dopo la morte del santo. Il manoscritto originale è andato perduto, ma
resta una breve sintesi di questa raccolta di miracoli scritta da frate Benedetto, autore sul
finire del XIV secolo della Legenda beati Francisci, che inserisce nella parte finale del testo a
mo’ di appendice una serie di miracoli di Francesco «quae non sunt in legenda notata» 190, ma
sono stati autenticati in atti notarili, tra i quali ha rinvenuto anche il documento relativo alla
propria guarigione da una grave infermità avvenuta nel 1328 all’età di quattro anni 191. La
sintesi illustra in modo assai sommario diciassette prodigi operati da Francesco, scelti tra
quelli contenuti nella versione originale del Liber.
1.2.3 I processi di canonizzazione
Il processo di canonizzazione di Galgano, eremita toscano morto nel 1181, si svolge a
Monte Siepi, presso Siena, luogo del transitus del santo, dal 4 al 7 agosto del 1185 ed è il
primo che si celebra nella storia della Chiesa 192. L’inchiesta è ordinata da papa Lucio III, che
incarica dell’inquisitio una commissione composta da tre membri e presieduta da Corrado di
Wittelsbach, arcivescovo di Magonza 193. I commissari ascoltano venti testimoni parlare delle
187
È lo stesso Cortonuzio a fornire queste informazioni in una breve premessa iniziale alle trascrizioni dei
miracoli e nelle formule delle sottoscrizioni con cui si chiudono gli atti. Cfr.: ivi, pp. 1 e ss.
188
Il Liber riporta anche un sessantunesimo miracolo, aggiunto però nel 1537. Cfr.: ivi, pp. 8081.
189
La sintesi del Liber Miraculorum di Francesco da Siena è pubblicato in La Legenda beati Francisci, pp. 195
197. A tale edizione si fa riferimento nel presente studio. È lo stesso Benedetto a fornire notizia dell’esistenza
storica del Liber di redazione notarile: cfr.: Legenda beati Francisci, 52.
190
Cfr.: La Legenda beati Francisci, p. 195.
191
Per la guarigione di Benedetto cfr.: Legenda beati Francisci, 53.
192
Il testo del processo di canonizzazione, il cui originale è andato perduto e si conosce grazie alla trascrizione
fatta nel Cinquecento da Sigismondo Tizio che lo inserisce nelle sue Historiae Senenses (SIGISMONDI TITII,
Historiae Senenses, Biblioteca Apostolica Vaticana, cod. Chig. G I 31, ff. 300v305r). L’Inquisitio in partibus di
Galgano è pubblicata in: SCHNEIDER, Analecta Toscana, pp. 6977. A tale edizione si fa riferimento nel presente
studio.
193
Sul processo di canonizzazione di Galgano cfr.: SUSI, La memoria contesa, p. 40; ID., L’eremita cortese, p.
XXII.
35
virtù di Galgano, della sua vita irreprensibile e della sua capacità di operare prodigi e
registrano diciannove miracoli da lui compiuti. Il processo si conclude con la proclamazione
da parte di papa Lucio III della santità di Galgano, che così diventa il primo santo
ufficialmente canonizzato dalla Chiesa. Gli atti di questa inchiesta sono i documenti più
antichi del dossier agiografico di Galgano e costituiscono la base per i diversi scrittori che
negli anni successivi narrano la vita del santo e che attingono tutti, in modo più o meno
esplicito e diretto, alle deposizioni processuali.
Il processo di canonizzazione di Caterina da Siena, noto come “processo castellano” 194
si apre a Venezia nel 1411 per dimostrare la realtà della virtù di Caterina, legittimare il suo
culto e ottenere il riconoscimento ufficiale della sua festa commemorativa 195. L’inchiesta –
ordinata dal vescovo di Venezia Francesco Bembo e presieduta da Domenico d’Ascoli – si
compone di ventitre deposizioni 196, raccolte tra il 1411 e il 1416, data in cui il processo
termina con esito positivo. Testimoniano delle virtù e della santità di Caterina gli esponenti di
diversi Ordini religiosi e due laici 197, che riferiscono nel complesso trentotto miracoli operati
dalla santa sia in vita sia dopo la morte. Svolge un ruolo di primo piano nella promozione e
nello svolgimento dell’inquisitio che porta al riconoscimento della santità e del culto di
Caterina il domenicano senese osservante Tommaso Caffarini, seguace della santa e suo
agiografo 198.
1.3 Figure e spazi della produzione agiografica
194
Il testo del processo di canonizzazione di Caterina è pubblicato in Il Processo Castellano, pp. 1466.
195
I seguaci di Caterina celebrano la sua festa senza che il culto della vergine senese sia ufficialmente
riconosciuto e scatenano così reazioni contrastanti sia nel mondo ecclesiastico sia tra i fedeli, non tutti favorevoli
a questa devozione. In occasione della festa della santa del maggio 1411 Bartolomeo da Ferrara pronuncia un
sermone a favore di Caterina che suscita reazioni molto forti tra i presenti e porta alcuni personaggi dell’ambito
veneziano a richiedere al vescovo di Castello Francesco Bembo un’inchiesta ufficiale sulla figura di Caterina per
stabilire se il suo culto sia legittimo. Cfr.: ivi, pp. VIVIII.
196
Le ventitre deposizioni – cui si aggiunge una lettera del cardinale Giovanni Dominici, già compagno della
santa, vengono prodotte tra il maggio del 1411 e il luglio del 1416 e sono divisibili in due serie. La prima serie si
compone di dodici testimonianze, cinque incentrate sulle virtù di Caterina e rese da testes oculari della sua
santità e sette volte a dimostrare l’opportunità della festa della santa, rese da religiosi che non hanno avuto però
in tutti i casi conoscenza diretta di Caterina. La seconda serie di deposizioni, cui vanno aggiunte la lettera di
Dominici e una nota rettificatrice di Bartolomeo di Domenico, si compone invece di undici scritti, nove dei quali
– prodotti tutti nel 1416 – si limitano a descrivere gli aspetti della santità di Caterina dandola per scontata, come
se già fosse stata riconosciuta di per sé. Per una descrizione più approfondita delle testimonianze che
compongono il processo cfr.: ivi, pp. IXX.
197
I religiosi che testimoniano della santità di Caterina da Siena sono sedici Domenicani, due Certosini, due
Benedettini, un Cistercense e un Francescano, alcuni dei quali hanno conosciuto direttamente la santa e sono
stati suoi seguaci. Cfr.: ivi, p. XI.
198
Tommaso da Siena, detto Caffarini, è autore di una Legenda minor di Caterina, basta sulla Vita prodotta in
precedenza da Raimondo da Capua e di un Supplementum agiografico. Cfr.: CAFFARINI, Sanctae Catharinae
Senensis Legenda minor; ID., Libellus de Supplemento Sulla figura di Tommaso, la sua attività letteraria e le sue
opere cfr.: NOCENTINI, Lo «scriptorium» di Tommaso Caffarini.
36
1.3.1 Produttori
37
natura letteraria o notarile. Si tratta di un atteggiamento che esprime la volontà da parte degli
scrittori religiosi di dare realtà credibilità e legittimità ai loro racconti, anche quando non ne
sono direttamente testimoni e non possono garantire in prima persona di quanto riferito al
lettore e, soprattutto, al fedele, al quale si sentono in dovere di assicurare di aver fatto un buon
lavoro nella ricostruzione della vita del santo di cui si occupano. Emblematico a tal proposito
è quanto scrivono gli agiografi di Ambrogio Sansedoni nella Vita: «diligenter de vita et
miraculis B. Ambrosij inquirerent, et quae vera de eo reperisssent scripto demandarent» 202.
Talvolta gli agiografi non sono compagni dei santi di cui narrano le vite o testimoni delle loro
esistenze eccezionali, ma miracolati dai santi stessi che danno ragione del prodigio di cui
hanno beneficiato sia come atto di ringraziamento sia per rafforzare la realtà dei fatti narrati.
A tal proposito, accanto agli agiografi rivestono un ruolo importante i notai, anch’essi
protagonisti del processo di pubblicizzazione della santità: sono questi professionisti della
memoria che conferiscono al miracoloso una connotazione di verità 203. I notai, infatti, sono
legati al riconoscimento ufficiale del miracolo in quanto la certificazione notarile è un atto
pubblico e come tale conferisce autenticità al prodigio, tracciando il confine tra ciò che è
realtà e ciò che è, invece, mera superstizione e invenzione. Sogni e visioni, guarigioni,
possessioni diaboliche, e quant’altro propongano le prodigiose azioni dei santi se autenticate
da un notaio hanno valore di autenticità. Il ruolo dei notai si fa sempre più centrale man mano
che la santità assume una connotazione ufficiale grazie al suo riconoscimento da parte della
Chiesa e si fa centrale con l’avvento del processo di canonizzazione, dove l’attestazione dei
miracoli operati determina il riconoscimento della santità 204. In età comunale, dunque, il
miracolo non è più solo una narrazione letteraria, ma è inserito in un atto giuridico che lo
convalida ufficialmente di fronte al popolo e alle autorità religiose conferendogli lo status di
informazione veridica 205.
202
AA.SS. Mart., III, p. 201.
203
Nel periodo tra il XII e il XIV secolo il notariato è al culmine del suo sviluppo, i notai hanno finalmente
conquistato la publica fides e redigono instrumenta publica. In questa fase tutto è soggetto al sistema notarile e
niente ha valore se non è autenticato e disciplinato da un notaio.
204
Per il riconoscimento della santità da parte della Sede Apostolica sono richiesti due requisiti fondamentali:
condotta di vita esemplare e capacità di operare miracoli. Cfr.: VAUCHEZ, La santità, pp. 489491.
205
Cfr.: Notai, miracoli e culto dei santi, in particolare i seguenti contributi: MICHETTI, Presentazione, pp. 610,
1422; BARTOLI LANGELI, «Scripsi et publicavi», pp. 5572; BARTOLOMEI ROMAGNOLI, Agiografi e notai, pp. 203
234; VOLPATO, Pubblicità del miracolo, pp. 423498; KLANICZAY, Raccolte di miracoli e loro certificazione, pp.
259288. Sull’argomento si rimanda anche a: PACIOCCO, Per un “carisma” del diritto. Canonizzazioni, procedura
processuale e agiografia (secoli XIXIII), “Studi storici”, IV, 1999, pp. 10091034. Per quanto riguarda il
miracolo come prova cfr.: KLANICZAY, I miracoli e i loro testimoni, pp. 367386; QUAGLIONI, La prova del
miracolo, pp. 97114.
38
Esiste uno stretto rapporto tra scritture agiografiche e notarili: spesso gli atti notarili
sono un sussidio per la composizione di nuove vite e leggende e gli agiografi li rielaborano
con aggiunte, tagli e riadattamenti, mentre più raramente sono i notai stessi che si fanno
agiografi. A volte non sono solo i miracoli ad essere autenticati, ma è la stessa leggenda
agiografica che viene sottoscritta da un notaio alla presenza di testimoni. Le tipologie di notai
coinvolte nella certificazione del miracolo sono molteplici e si può notare una differenza di
atteggiamenti nei confronti dell’evento registrato: ci sono notai testimoni del miracolo, notai
miracolati o notai scettici, che mettono in crisi testimoni poco credibili. In generale, si osserva
una rilevante perdita di informazioni in fase di rielaborazione agiografica dei documenti
notarili, dovuta sia alla differente natura di queste due tipologie scrittorie sia ai diversi
obiettivi che sottendono ad esse, come sottolinea Odile Redon affermando che si ha un
«appauvrissement d’informations sociologique et anthropologique au passage de
l’attestation notarile à la notice hagiographique» 206. Se, infatti, il documento notarile fa della
massima precisione il suo elemento identificativo, le Vitae spesso hanno finalità liturgiche o
didattiche che necessitano di esaustività, ma al contempo di sintesi. Come gli agiografi, poi,
anche i notai agiscono per ordine di un committente, in molti casi a noi sconosciuto, ma a
differenza dei primi essi sono sempre identificabili attraverso le sottoscrizioni con cui
autenticano gli atti e quindi mai anonimi, anche se conoscere i loro nomi non costituisce un
elemento basilare ai fini dello studio del miracolo. Il loro lavoro si svolge di solito nei pressi
del sepolcro del santo, dove avviene la maggior parte dei miracoli, o all’interno della chiesa
ad esso collegata, e da loro possono recarsi a testimoniare tutti coloro che sono stati
miracolati, anche in tempi precedenti e a distanza.
Di norma gli agiografi redigono le loro opere su commissione, ma non sempre negli
scritti resta traccia di questi ordini, né si riesce in tutti i casi a risalire all’identità del
committente, specialmente là dove le informazioni fornite sul loro conto sono molto scarse o
assai generiche. Tuttavia, anche se la committenza delle vite e degli altri testi agiografici non
sempre è nota, si può affermare che i committenti presentano alcuni tratti in comune con gli
agiografi, legati soprattutto all’appartenenza agli Ordini religiosi e alla contemporaneità con il
santo di cui intendono perpetuare la memoria, che a volte hanno conosciuto personalmente e
di cui hanno colto la fama di santità. A differenza degli agiografi, però, i committenti sono
206
REDON, Miracles authentifiés, p. 178. Sul rapporto tra scritture notarili e scritture agiografiche cfr.: BARTOLOMEI
ROMAGNOLI, Agiografi e notai, pp. 206208; REDON, Miracles authentifiés, pp. 177178.
39
quasi sempre personaggi importanti, esponenti di alto livello della gerarchia ecclesiastica, sia
essa secolare o regolare.
Passando in rassegna il dossier relativo alla documentazione agiografica sui miracoli
in Toscana in età comunale, la maggior parte degli scrittori redige le Vitae di personaggi con
cui ha una comune appartenenza religiosa e tra questi i più numerosi provengono dagli Ordini
mendicanti. Tra coloro che narrano le vicende di personaggi facenti parte del loro stesso
Ordine troviamo per quanto riguarda i Francescani Vito da Cortona e Ippolito da Firenze,
rispettivamente autore della Vita e redattore dei miracoli della terziaria Umiliana dei Cerchi,
appartenenti al convento fiorentino di Santa Croce che ne promuove il culto 207, Bartolomeo
de’ Tolomei da Siena, che redige la Vita di Lucchese da Poggibonsi, terziario francescano, poi
ripresa da Bartolomeo da Colle, anch’egli frate minore, Giunta Bevegnati, autore della Vita di
Margherita da Cortona, terziaria francescana di cui è anche confessore e Pietro da Montarone,
autore della versione latina originale andata perduta della Vita del beato Pietro Pettinaio.
I domenicani Gisberto di Alessandria, Recupero di Pietramala (di Arezzo),
Aldobrandino Paparoni e Olrado Bisdomini sono quattro frati del convento di S. Domenico a
Siena contemporanei del Predicatore Ambrogio Sansedoni, del quale redigono la Vita.
Raimondo da Capua, Maestro Generale dell’Ordine dei Predicatori dal 1380 al 1399 è autore
delle Vitae di Caterina da Siena e di Agnese da Montepulciano, la prima terziaria del suo
stesso Ordine e sua figlia spirituale, la seconda suora nel monastero di Montepulciano da lui
diretto dal 1363 al 1366. L’anonimo agiografo di Filippo Benizi, santo fiorentino priore
generale dell’Ordine dei Servi di Maria è anch’egli un servita, un frate che probabilmente ha
conosciuto il santo e ne è stato suo discepolo diretto, mentre Cristoforo da Parma è
provinciale servita di Toscana ed è il primo a scrivere la Vita di Francesco da Siena, suo
amico e confratello, poi ripresa da frate Benedetto, un altro servita.
I due biografi di Umiltà da Faenza, badessa vallombrosana, appartengono entrambi al
suo stesso ordine. L’anonimo redattore della Vita latina, che si rivolge alle monache
chiamandole sorores karissime e descrive la badessa come madre vestra et mea 208 secondo
Lanzoni è l’abate vallombrosano Biagio, al quale attribuisce anche il Leggendario fiorentino
contenente le vite di Fina, Lucchese, Galgano e Verdiana, mentre Guiducci crede sia il
monaco Giovanni da Faenza, autore anche della Vita di Margherita da Faenza 209. Silvano
207
Sul culto di Umiliana dei Cerchi e il convento francescano fiorentino di Santa Croce cfr.: BENVENUTI PAPI, Una
santa vedova, pp. 5998.
208
Cfr.: Vita sancte Humilitatis, I, 12.
209
Cfr.: LANZONI, Storia ecclesiastica, pp. 251252; GUIDUCCI, Vita e miracoli di s. Humiltà, p. III; Le Vite di
Umiltà da Faenza, pp. XI, XVXVI.
40
Ardenti, invece, autore della Vita volgare, è un monaco della badia di San Salvi a Firenze 210.
Un anonimo agostiniano scrive la Vita di Agostino Novello, Maestro generale dello stesso
Ordine. Un anonimo monaco vallombrosano fiorentino, identificato da alcuni storici con
l’abate Biagio sulla base di una firma presente nel manoscritto, ma sulla cui identità non si
hanno ancora certezze, tolta la sua appartenenza alle alte sfere del mondo religioso fiorentino
211
, compone un Leggendario nel quale trovano posto le Vitae di santi di varia provenienza, tra
cui Galgano, Fina da San Gimignano, Lucchese da Poggibonsi e Verdiana da
Castelfiorentino.
Tra i laici, Ranieri da Pisa ha legami con S. Martino di Kinzica e Benincasa, suo
agiografo, probabilmente è un canonico che lo ha conosciuto direttamente ed è stato testimone
dei suoi miracoli sia in vita sia post mortem e si propone di raccontarli in modo oggettivo e
fedele a quanto effettivamente successo, riferendosi agli atti e a quanto visto direttamente 212.
Fina da San Gimignano ha una Vita scritta da Giovanni da San Gimignano, esponente di
spicco dell’Ordine dei Predicatori, già priore del convento di S. Domenico a Siena e tra i
fondatori dell’insediamento domenicano sangimignanese nel 1329 213.
Alcuni santi, per lo più laici ed eremiti, sono oggetto di contesa per quanto riguarda la
loro appartenenza ad un Ordine o ad una istituzione religiosa e tali scontri danno spesso
origine a doppie tradizioni agiografiche sul loro conto. È il caso di Bona da Pisa, legata sia
alla chiesa di S. Martino di Kinzica sia al monastero di S. Michele degli Scalzi, ed entrambe si
preoccupano di perpetuarne la memoria 214. Non si conoscono i nomi degli agiografi, fatta
eccezione per Maurizio, monaco pulsanese dell’abbazia di S. Michele di Guamo a Lucca
autore della Vita antica andata perduta, scritta secondo la testimonianza di Paolo, abate dello
210
Francesco Zambrini pubblica la seguente sottoscrizione di Ardenti, ripresa da un manoscritto quattrocentesco
oggi scomparso: «Quello che ha scritto sempre col Signore Jesù Cristo scriva, don Silvestro Ardenti fiorentino,
monaco di Santo Giovanni Gualberto e professo della badia di Santo Salvio di Fiorenzia, fornita addì ventitrè di
marzo nel mille trecento quarantacinque»: Vita della beata Umiltà, p. 65.
211
Sull’identità dell’autore del Leggendario si è già detto nel paragrafo 1.2.1 del presente studio, al quale si
rimanda, in riferimento alle vite di Fina, Lucchese, Galgano e Verdiana. Qui basti citare DEGL’INNOCENTI,
Agiografia toscana, pp. 109112 (in particolare nota 19); Un leggendario fiorentino, pp. XVIIIXXVI.
212
Cfr.: GRÉGOIRE, San Ranieri da Pisa, p. 93.
213
Il domenicano Giovanni da San Gimignano nasce nella seconda metà del Duecento e muore intorno al 1333.
Nella sua carriera di religioso ricopre ruoli di prestigio (è priore a Siena tra il 1310 e il 1313) ed è un
personaggio importante nel panorama culturale del tempo, autore di opere omiletiche ed enciclopediche e, negli
ultimi anni della sua vita, di due agiografie (accanto alla Legenda di Fina scrive la vita di Pietro da Foligno).
Sulla figura di Giovanni da San Gimignano e le sue opere cfr.: Giovanni da S. Gimignano, pp. 724; DONDAINE,
La Vie et les oeuvres, pp. 128183. Cfr. anche: AA.SS. Mart., II, p. 236.
214
Nel complesso su Bona sono redatte quattro Vitae e una raccolta di miracoli. Oltre alla vita antica di origine
monastica andata perduta vengono scritte due vite in ambito pulsanese (di cui una priva di miracoli) e un libro di
miracoli e una vita dalla tradizione canonicale. Per maggiori informazioni si vedano i paragrafi 1.2.1 e 1.2.2 del
presente studio.
41
stesso monastero di Guamo 215, che ha conosciuto direttamente Bona. Tra coloro che
riprendono questo testo per stendere nuove versioni della vita della santa e un elenco di
miracoli ci sono anonimi monaci appartenenti a S. Michele degli Scalzi e un altrettanto
anonimo canonico di S. Martino che scrive basandosi anche sulla testimonianza di un
confratello più anziano, di nome Gerardo, che ha conosciuto direttamente Bona. Altra
memoria contesa tra due diversi ordini è quella di Galgano, per il quale esistono due tradizioni
agiografiche, una cistercense e una agostiniana, dove l’obiettivo degli anonimi scrittori è
quello di dimostrare il legame del santo col proprio ordine di appartenenza, sottolineando
episodi particolari della sua vita e omettendone altri favorevoli ai rivali 216. Giovanna da
Signa, invece, pur essendo contesa tra francescani e vallombrosani ha un agiografo anonimo
che è probabilmente un ecclesiastico locale a lei devoto e non un esponente dei due Ordini in
questione, forse perché la contesa nasce in epoca moderna 217. Stesso discorso vale per gli
anonimi agiografi di Torello da Poppi, un eremita rivendicato dai vallombrosani, i cui
miracoli descritti nella Vita di Torello da Poppi sono testimoniati dal suo più fedele
discepolo, Pietro, che per qualcuno è anche l’autore della biografia 218. Gli agiografi
miracolati dai santi di cui scrivono le Vitae sono invece Bartolomeo de’ Tolomei, francescano
autore della Vita di Lucchese da Poggibonsi, che nel 1343, di ritorno da Marsiglia, sede del
secondo capitolo generale dell’Ordine, si trova nel mezzo di un naufragio dal quale lo libera
proprio Lucchese 219 e Benedetto, agiografo servita di Francesco da Siena e da lui guarito
dall’infermità totale all’età di quattro anni 220.
All’interno del dossier agiografico selezionato per il presente studio non mancano
fonti prodotte o sottoscritte dai notai, con ruoli e interventi diversi a seconda delle varie
situazioni. Scendendo nello specifico, sono otto i casi che vedono coinvolti i pubblici ufficiali
nella produzione di documenti relativi al miracolo. Cortonuzio Bentivegne di Perugia compila
tra il 1304 e il 1305 il Liber Miraculorum di Ranieri da Borgo Sansepolcro per ordine del
Capitano del Popolo biturgense, trascrivendo in un Registro le attestazioni dei miracoli del
215
Su Maurizio, già monaco a S. Michele a Pisa e priore di S. Jacopo de Podio, e il monastero di Guamo cfr.:
ZACCAGNINI, La tradizione agiografica, p. 15.
216
Cfr.: SUSI, La memoria contesa, pp. 5253.
217
Cfr.: MENCHERINI, Vita e miracoli, p. 369.
218
È di questo avviso GorettiMiniati, che ritiene Pietro autore della Vita, scritta a suo parere tra XIII e XIV
secolo. Con tale datazione sono in disaccordo Ricci e Bicchierai, che collocano l’opera (e la corrispondente
versione latina) all’inizio del Quattrocento, escludendo così la possibilità che Pietro ne sia l’autore. Sulla
datazione della Vita, l’identità del suo autore e il ruolo di Pietro cfr.: BICCHIERAI, Il contesto storico, pp. XXIX
XXXIII; Vita: Vita di S. Torello da Poppi, parte II, pp. 117118; Le «Vite» di Torello, pp. 1718, 50.
219
Cfr. BERTAGNA, S. Lucchese da Poggibonsi, p. 123.
220
Cfr.: Legenda beati Francisci de Senis, 53.
42
santo raccolte in sua presenza dal giudice Orlandino di Borgo Sansepolcro 221. La
registrazione dei miracoli di Zita da Lucca è invece opera del notaio lucchese Fatinello che,
forse per ordine della famiglia presso cui Zita prestava servizio come cameriera, attesta i
prodigi compiuti dalla santa tra l’aprile e il dicembre 1258 222. A Siena nel 1287 una serie di
notai 223 sottoscrive i miracoli di Ambrogio Sansedoni e sempre nella città della balzana un
certo Benedetto, agiografo di Francesco da Siena, nel narrare la propria guarigione da una
totale infermità avvenuta durante l’infanzia ad opera proprio di Francesco, cita l’atto notarile
sottoscritto nell’occasione dai propri genitori 224.
Per quanto concerne invece la sottoscrizione delle Vitae da parte dei notai, esse sono
presenti nella Vita sancte Humilitatis abbatisse ordinis Vallisumbrose, sottoscritta da tre notai
fiorentini nel 1332 225 e nella Legenda sancte Fine, dove è presente una lunga lista di
testimoni e la sottoscrizione del notaio 226. La relazione sul riconoscimento delle reliquie di
Allucio da Pescia ordinata dal vescovo di Lucca è sottoscritta da un notaio che, oltre a fornire
informazioni sull’inquisitio e ad elencarne attori e testimoni, ne delibera le conclusioni
rogando un atto pubblico riassuntivo all’interno del palazzo vescovile lucchese in presenza di
testimoni provenienti dalle sfere religiose cittadine 227. I notai, infine, svolgono un ruolo di
primo piano nella raccolta delle testimonianze all’interno dei processi di canonizzazione di
Galgano 228, il cui svolgimento si basa proprio sulle registrazioni notarili delle deposizioni dei
testes.
Per quel che riguarda i committenti, Giovanni da Castiglione, che incarica Giunta
Bevegnati della scrittura della Vita di Margherita da Cortona è un frate francescano, superiore
di quest’ultimo, già confessore e padre spirituale della santa 229, mentre un altro francescano,
Bartolomeo de’ Tolomei da Siena, scrive la Vita di Lucchese da Poggibonsi spinto da
«Senensis Custodiae Fratrum senese, moltorumque nobilium virorum ac mulierum de
221
Sul Liber Miraculorum di Ranieri da Borgo Sansepolcro cfr. in questo stesso studio il paragrafo 1.2.2.
222
Sui miracoli di Zita, la loro registrazione e le problematiche ad essi collegate cfr. in questo stesso studio il
paragrafo 1.2.2.
223
L’elenco completo dei notai che sottoscrivono i miracoli di Ambrogio Sansedoni è fornito in: REDON,
Miracles authentifiés, p. 167, nota 27. Per la presentazione dell’elenco si veda in questo stesso studio il
paragrafo 1.2.2.
224
Cfr.: Legenda beati Francisci de Senis, 53. Per le informazioni relative alla Legenda di Francesco da Siena si
veda in questo stesso studio il paragrafo 1.2.1.
225
Sulle sottoscrizioni della Vita di Umiltà da Faenza cfr.: AA.SS. Maii, V, p. 212; Le Vite di Umiltà da Faenza,
p. XI.
226
Cfr.: AA.SS. Mart., II, p. 241.
227
Cfr.: GRÉGOIRE, Temi tipologici, p. 26.
228
Il processo di canonizzazione di Galgano è presentato nel paragrafo 1.2.3 del presente studio.
229
Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, App., 13.
43
Podiobonitii eiusque confinibus, nec non et Sancti hujus fervens incitasset affectus» 230. Anche
Pietro da Montarone, agiografo originario di Pietro Pettinaio, scrive su commissione dei
superiori francescani senesi, oltre che su richiesta dei confratelli. Frate Goccio è il
committente della Legenda sancte Fine scritta da Giovanni da San Gimignano ed è rettore
dell’ospedale sangimignanese intitolato alla santa, morta in giovane età dopo una lunga
malattia 231. Le consorelle di Umiltà da Faenza ne commissionano la vita ad un monaco
dell’Ordine vallombrosano, che esordisce citando queste sorores karissime e la madre
superiora, che lo hanno incaricato di riassumere in unum volumen una serie di testi dedicati
alla santa 232, mentre i discepoli senesi di Caterina da Siena pregano Raimondo da Capua di
redigere la Vita della santa 233.
Si è detto come nella maggior parte dei casi i committenti delle Vitae ricoprano ruoli
importanti in seno alle istituzioni ecclesiastiche, ma può capitare che a volere una scrittura
agiografica sia addirittura il papa: è Onorio IV in persona, infatti, ad incaricare i frati
domenicani senesi Gisberto di Alessandria, Recupero di Pietramala (di Arezzo),
Aldobrandino Paparoni e Olrado Bisdomini di redigere la vita e i miracoli di Ambrogio
Sansedoni, poiché «auditam famam miraculorum et sanctitatis B. Ambrosij Senensis, ipsum
Sanctorum catalogo adscribere curauerat» 234. E come si legge nell’epilogus dell’opera, si
tratta di una scrittura elaborata «de mandato summi Pontificis Domini Honorij IV» 235. Quanto
alla raccolta delle testimonianze sui suoi miracoli, è il vescovo di Siena a darne ordine, anche
se in realtà le registrazioni iniziano prima del mandato vescovile 236, segno di una devozione
popolare che esplode spontanea e alla quale in qualche modo l’autorità religiosa cittadina si
adegua cercando di appropriarsene e di trarne vantaggio.
Tra i committenti delle scritture agiografiche o, più in generale, di testi volti a
conservare la memoria dei santi, non vi sono solo religiosi: è il Capitano del Popolo di
Sansepolcro che subito dopo la morte del beato Ranieri ordina al notaio Cortonuzio
Bentivegne di Perugia di scrivere il Liber Miraculorum del santo, trascrivendo in un Registro
le attestazioni sui miracoli del santo raccolte ed esaminate in sua presenza dal giudice
Orlandino di Borgo Sansepolcro. Le registrazioni iniziano il 2 novembre 1304, giorno
successivo alla morte di Ranieri, nel Palazzo del Popolo del Borgo – ulteriore segno della
230
Cfr.: AA.SS. Aprilis, III, p. 597.
231
Cfr.: AA.SS. Mart., II, p. 236.
232
Cfr.: Vita sancte Humilitatis, 23.
233
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 305.
234
AA.SS. Mart., III, p. 201.
235
Ibidem.
236
Cfr.: REDON, Miracles authentifiés, p. 166.
44
volontà da parte della pubblica autorità di conservare la memoria del santo in modo ufficiale –
e proseguono poi dal 3 novembre al 24 maggio 1305 presso la chiesa di S. Francesco, sede
cittadina dei Frati Minori. Infine, è forse l’altolocata famiglia lucchese dei Fatinelli a volere la
registrazione dei miracoli e la redazione della vita di Zita da Lucca, affidata al notaio di
famiglia Fatinello.
1.3.2 Luoghi 237
I luoghi della narrazione agiografica sono i centri urbani e, al loro interno, le strutture
religiose: chiese, conventi e monasteri, spazi in cui vivono e prestano il loro servizio a Dio gli
autori e i committenti delle scritture stesse, appartenenti tutti al mondo religioso, fatta
eccezione per i notai impegnati nella registrazione dei miracoli. Tuttavia, non sempre la
scrittura agiografica si collega alla grande città di riferimento, restando invece in molti casi –
la totalità quando si tratta di raccolte di miracoli e non di Vitae – radicata nel territorio, con
molte biografie redatte là dove i santi che ne sono oggetto hanno vissuto e operato prodigi,
anche se si tratta di centri minori, come nel caso, ad esempio, della Vita beati Alluccii
confessoris, composta a Pescia (PT) o del processo di canonizzazione di Galgano allestito a
Chiusdino, nelle campagne senesi. Sono piccoli centri, pur rivestendo una certa importanza a
livello politicoeconomico, anche Signa (FI) – luogo di composizione della Beatae Iohannae
de Signa vita et miracula – Colle Val d’Elsa, San Gimignano e Montepulciano – cittadine del
contado senese dove si redigono le biografie dei santi locali Alberto (per il quale le opere
realizzate sono due) Fina e Agnese – e i borghi di area aretina Cortona, Poppi e Sansepolcro,
dove vengono scritte la Vita di Margherita, le due di Torello e il Liber miraculorum di
Ranieri.
La geografia delle fonti privilegia alcune zone a scapito di altre, in particolare l’area
senese e fiorentina e le città di Siena, Firenze e Pisa, dove vengono prodotte oltre la metà
delle scritture agiografiche selezionate nel dossier, anche in virtù del fatto che proprio da
queste città e dalle zone ad esse limitrofe proviene la maggior parte dei santi di cui Vitae e
Legendae narrano le vicende storiche e i prodigi. Tuttavia, vi sono anche casi in cui le vite dei
santi e le altre opere che ne tramandano le gesta vengono prodotte in luoghi diversi da quelli
di origine e di residenza, come accade per Caterina da Siena, canonizzata a Venezia e oggetto
237
Per la descrizione dei testi agiografici di seguito elencati e i loro riferimenti bibliografici si rimanda ai
paragrafi 1.2.1, 1.2.2 e 1.2.3 del presente studio.
45
di una scrittura agiografica fiorentina, I miracoli di Caterina di Iacopo da Siena. Anche per
Galgano, altro personaggio illustre dei dintorni di Siena, la redazione biografica è fiorentina,
con la Legenda sancti Galgani confexoris. Essa è composta da un anonimo vallombrosano
autore anche della Vita sancti Lucensis confessoris, tertii ordinis sancti Francisci, della
Legenda s. Fine virginis e della Vita sancte Viridiane, con Lucchese e Fina provenienti
dall’area senese e Verdiana dal territorio fiorentino. Sono scritte inoltre a Firenze le Vitae e i
miracoli di due sante fiorentine, Umiliana dei Cerchi e Umiltà da Faenza, cui sono dedicate
due opere ciascuna: la Vita beatae Humilianae de Cerchis e i Miracula intra triennium ab
obitum patrata narrano le vicende di Umiliana, mentre la Vita sancte Humilitatis abbatisse
ordinis Vallisumbrose e Vita di Umiltà riferiscono notizie della badessa vallombrosana.
Le vite redatte a Siena e Pisa hanno invece per oggetto santi cittadini e non personaggi
provenienti da luoghi diversi, con l’unica eccezione della Vita di Lucchese da Poggibonsi
scritta da Bernardo Tolomei nel convento francescano senese. Vengono prodotte a Siena la
Vita beati Galgani, la Vita di Andrea Gallerani, la Vita del beato Pietro Pettinajo, la Vita, il
Summarium virtutum et miracula e gli atti notarili relativi ai miracoli di Ambrogio Sansedoni,
la Vita di Agostino Novello e la Legenda beati Francisci de Senis, cui si collega il libro dei
miracoli del santo servita. Pisa è scriptorium per le due Vitae di Ranieri e di Bona, per la
quale viene redatto anche un elenco di Miracula, e per la Uita della beatissima uergine
Ubaldesca. A Lucca, poco distante da Pisa, si scrivono infine le due opere relative a Zita, la
Vita beatae Zitae virginis Lucensis e i relativi Miracula. Restano ovviamente esclusi da
questa analisi geografica i testi agiografici di collocazione incerta, ossia la Legenda Patris
Nostri Beati Philippi, le Revelationes et Miracula di Margherita da Faenza e la Vita
Catharinae Senensis, scritta in forma itinerante.
1.3.3 Obiettivi e dinamiche
Obiettivi e dinamiche della narrazione agiografica sono riconducibili a motivazioni di
tipo sia religioso sia politicoeconomico, che spaziano dal desiderio di conservare la memoria
del santo alla volontà di ottenerne la canonizzazione. Gli scontri che talvolta si verificano
nella rivendicazione e nella gestione del ricordo di alcuni di questi personaggi sono indice
della molteplicità degli interessi che confluiscono nella fenomenologia dei culti. Il motivo
principale per cui si redigono le scritture agiografiche, dunque, è legato alla trasmissione della
memoria dei santi a scopo cultuale, in Toscana come altrove, del resto, e non solo in età
46
comunale. Le scritture agiografiche, tuttavia, hanno anche finalità legate all’edificazione dei
fedeli, sono utilizzate dai predicatori per i loro sermoni e per le celebrazioni liturgiche e gli
agiografi sono consapevoli di produrre testi utili in tal senso: Benincasa, autore della Vita di
Ranieri, nel presentare la propria opera dichiara ad esempio di scriverla a scopo didattico e
catechetico 238.
La produzione agiografica sottende anche un desiderio di veridicità, che emerge sia
dallo sforzo degli autori nel dichiarare le proprie fonti sottolineandone gli stretti legami coi
santi oggetto della narrazione sia dalla presenza di certificazioni ufficiali delle opere stesse,
oltre che dal già citato coinvolgimento dei notai nella produzione agiografica. Alcune Vitae,
infatti, come già detto sono autenticate mediante la sottoscrizione di un notaio e di un elenco
di testimoni, come succede alla Legenda sancte Fine scritta da Giovanni da San Gimignano
239
, mentre altre vengono sottoposte all’approvazione dell’autorità religiosa, come nel caso
della Legenda di Margherita da Cortona, approvata dal cardinale Orsini, che ne ordina la
divulgazione 240.
Talvolta gli scritti agiografici diventano strumenti di consenso pubblico cui sono
sottesi conflitti e rivalità dove le istituzioni religiose combattono per accaparrarsi i santi e la
loro memoria, unitamente al prestigio e al potere che ne derivano. È il caso, ad esempio, di
Galgano e di Bona da Pisa. Su Bona da Pisa si è già detto dello scontro tra i canonici della
chiesa di San Martino di Kinzica e i monaci pulsanesi di San Michele degli Scalzi e delle due
diverse e contrastanti tradizioni agiografiche cui danno vita le due istituzioni religiose
cittadine coinvolte nella vicenda terrena e cultuale legata alla santa pisana 241. Quanto a
Galgano, le fonti agiografiche che lo riguardano sono piuttosto complesse e come si è visto in
precedenza presentano diverse problematiche, relative sia alla loro composizione sia
all’ideologia che le sorregge. Dopo la sua morte a Monte Siepi viene istituito un monastero
cistercense, ma non vi confluiscono tutti i discepoli del santo, alcuni dei quali si allontanano
dal luogo di origine e fondano una serie di eremi in territorio toscano intitolati al loro maestro:
si assiste così ad una duplice proposta religiosa in cui si sdoppia l’eredità di Galgano. Nel
1256 gli eremiti confluiscono nell’Ordine agostiniano 242 e proprio la nascita di questo nuovo
238
Cfr.: GRÉGOIRE, San Ranieri di Pisa, p. 88.
239
Cfr.: AA.SS. Mart., II, p. 241.
240
L’approvazione da parte del cardinale Orsini giunge al termine di un iter di controllo che coinvolge anche
altre istituzioni religiose, primi fra tutti i Frati Minori. Cfr.: IUNCTAE BEVEGNATIS, Legenda de vita et miraculis, pp.
1215.
241
Su Bona da Pisa, le fonti agiografiche relative ad essa, i suoi autori e committenti e lo scontro tra le due
istituzioni religiose pisane si vedano in questo stesso studio i paragrafi 1.2.1 e 1.3.1.
242
Sulla Magna Unio del 1256 e la nascita dell’Ordine agostiniano cfr.: SUSI, La memoria contesa, pp. 5152.
47
Ordine segna l’inizio della contesa tra agostiniani e cistercensi riguardo al santo e alla sua
memoria. A dare inizio allo scontro, combattuto attraverso la produzione di fonti agiografiche
“interessate”, sono gli agostiniani, che per motivi di prestigio tentano di appropriarsi di
Galgano e di farne il loro iniziatore, nonostante la presenza dei cistercensi a Monte Siepi.
Come afferma Susi a proposito della Vita beati Galgani scritta da un agostiniano: «L’evidente
intento dell’autore è certamente quello di presentare l’eremita di Montesiepi come un
precursore della spiritualità dell’Ordine Agostiniano, nonostante il fatto che, nello stesso
luogo in cui il santo di Chiusdino aveva vissuto la sua heremitica conversatio, fosse ben
presto sorta un’importante fondazione cistercense intitolata a Galgano, al quale i monaci,
seppur indirettamente, facevano risalire l’origine del loro cenobio» 243
. La reazione
cistercense a tale rivendicazione da parte degli agostiniani si esprime anche attraverso la
scrittura della Vita sancti Galgani, dove si accentuano invece i legami con il santo da parte
del monastero, intenzionato a difendere attraverso la memoria di Galgano – di cui si dichiara
legittimo erede e promotore del culto anche in virtù del possesso delle reliquie – la propria
posizione nel territorio e il proprio potere 244.
Accanto alla volontà di fare degli scritti agiografici dei veri e propri documenti, capaci
di tramandare notizie, ma anche di fondare culti e rivendicare diritti e memorie, le Vitae
presentano però anche numerosi punti deboli, alcuni dei quali coinvolgono direttamente la
narrazione dei miracoli e sono piuttosto gravi ed evidenti. In particolare, il problema riguarda
la perdita di informazioni nel corso della tradizione agiografica e, in alcuni casi, nel momento
stesso della sua istituzione. Nello specifico, si verifica una cospicua perdita di informazioni
unita ad un profondo impoverimento della narrazione non solo nel passaggio dalla scrittura
notarile a quella agiografica 245, ma anche nella tradizione della scrittura agiografica stessa, sia
che essa mantenga la lingua latina, sia che proponga la traduzione italiana del testo in
questione. In fase di riscrittura, infatti, il racconto dei miracoli spesso viene penalizzato
dall’agiografo e ridotto drasticamente a livello sia contenutistico sia numerico, ma anche in
seno alla scrittura originale spesso non vengono riportati tutti i prodigi compiuti dal santo: la
presenza di numerosi miracoli nell’esistenza dei santi non sempre è riportata fedelmente nelle
fonti, nemmeno nelle redazioni originali. La situazione si fa più critica riguardo a copie e
traduzioni, che a fronte di originali ricchi di narrazioni ampie e numerose nella maggior parte
243
SUSI, La Vita Beati Galgani, p. 321. Cfr. anche: ID., La memoria contesa, pp. 5253.
244
Sulla reazione cistercense alle rivendicazioni agostiniane cfr.: ivi, pp. 5457. La polemica prosegue peraltro
nel corso degli anni successivi e continua anche in epoca moderna. Cfr.: Ivi, pp. 5761.
245
Su questo punto e le relative discussioni e problematiche si rimanda al paragrafo 1.3.1 del presente studio.
48
dei casi si limitano a proporre scarni elenchi di nomi e malattie, per stessa ammissione degli
autori, che dichiarano in modo assai simile di ridurre all’essenziale la cronaca dei miracoli per
non annoiare il lettore e di procedere alla presentazione dei prodigi operati dal santo «brevius
quam potero», come rassicura frate Benedetto nell’apprestarsi a narrare i miracoli di
Francesco da Siena 246. Benincasa che nel presentare i miracoli di Ranieri da Pisa mostra
rincrescimento per l’impossibilità di registrali tutti, visto il loro numero impressionante e la
loro frequenza 247, è un caso isolato, visto che la maggior parte dei suoi colleghi si preoccupa
invece di sfoltire al massimo elenchi e informazioni, mantenendo sì invariate le tipologie dei
prodigi, ma riducendo il tutto a presentazioni collettive generalizzate. Solo per fare alcuni
esempi, è vittima di una cospicua perdita di informazioni relative ai miracoli compiuti Pietro
Pettinaio, di cui restano solo alcuni miracoli nella traduzione della Vita latina, ma lo sono
anche, tra gli altri, Ubaldesca da Pisa e Umiliana dei Cerchi nella redazione originale delle
loro agiografie.
La contestabile abitudine degli agiografi di decimare il patrimonio informativo relativo
ai miracoli, peraltro, se è comprensibile dal punto di vista letterario in quanto senza dubbio
snellisce il racconto e permette di evitare la ripetitività testuale, mal si concilia con il
crescente ruolo rivestito dal miracolo all’interno della concezione della santità e del
riconoscimento della stessa. Miracoli e vita esemplare hanno una valenza paritaria in materia
di canonizzazione, ma in sede di scrittura agiografica la vita viene tramandata con molta più
attenzione e precisione e, soprattutto, senza tagli, a scapito dei miracoli, trattati come se
fossero appendici quasi superflue, dunque riducibili a livello sia formale sia contenutistico. Le
motivazioni di questa tendenza riduttiva nei confronti della narrazione dei miracoli, sono
dunque tutto sommato piuttosto sfuggenti e misteriose, al di là dell’oggettiva ripetitività dei
testi e di una possibile volontà da parte degli scrittori, specie di chi riprende un’opera per
farne una copia o una traduzione, di velocizzare la fase di riscrittura. Ovviamente tali
considerazioni decadono qualora si scrivano estratti e compendi delle Vitae originali, dove è
tutto il testo a subire una sintesi e le informazioni si riducono anche sulla vita e non solo sui
miracoli, ma permangono in maniera forte in tutti gli altri casi.
246
Cfr.: La Legenda beati Francisci, p. 195.
247
Cfr.: Vita 14161425; GRÉGOIRE, San Ranieri da Pisa, p. 93.
49
50
Capitolo 2
I PROTAGONISTI DEI MIRACOLI
2.1 I santi
I santi di cui si raccontano i miracoli nelle fonti agiografiche toscane dei secoli XII
XIV costituiscono un gruppo variegato di uomini e donne, di laici e religiosi che si
distinguono per la loro vita esemplare e i loro prodigi e sono espressione del modello nuovo
di santità che si afferma nel basso Medioevo. Il XII secolo infatti segna, com’è noto, profondi
cambiamenti nel panorama della santità e ne definisce un quadro più complesso e articolato.
Si assiste ad un “boom della santità”, che vede da un lato il forte aumento del numero dei
santi e dall’altro il successo crescente della santità moderna, con la fioritura dei culti dei novi
sancti e la decadenza delle devozioni antiche. In Italia i nuovi santi sono religiosi e laici,
oggetto di culti ufficiali o di devozioni locali. Fra i religiosi dal Duecento in poi dominano gli
Ordini Mendicanti, complice anche l’affermazione della sequela Christi, del “seguire nudi il
Cristo nudo”, che si pone progressivamente al centro della vita religiosa e considera santo chi
imita Cristo nella sua povertà, umiltà, semplicità e sofferenza. Per quanto riguarda i laici, la
loro categoria rappresenta una novità del XII secolo 248 ed è oggetto per lo più di culti locali
249
.
I santi che operano miracoli nelle fonti toscane bassomedievali sono personaggi di
origine diversa, provenienti da tutti gli strati sociali e da diverse aree geografiche, ognuno dei
quali vive la propria santità in modo peculiare, pur presentando tratti in comune che
248
I laici fanno il loro ingresso nella santità ufficiale nel 1199 con la canonizzazione di sant’Omobono. Anche le
donne laiche possono diventare sante come penitenti e servitrici dei poveri, ma ben presto la loro santità si
evolve in senso mistico, fino a farle diventare, nel Trecento, le creature più inclini alla salvezza perché staccate
da ogni materialità e capaci di mettersi in contatto direttamente con Dio. Per un quadro generale cfr.: V AUCHEZ, Il
santo, pp. 367368; ID., La santità, pp. 85417; ID., Les représentations de la sainteté; BOESCH GAJANO, La santità,
pp. 6875. Per la santità mendicante si veda a titolo di esempio POTESTÀ, Ideali di santità secondo Ubertino da
Casale e Angelo Clareno.
249
A livello di culti locali nell’Italia comunale si affermano modelli di santi borghesi e popolari e sono venerati
asceti e santi della carità e del lavoro. Gli asceti sono eremiti nel caso degli uomini e mulieres incarcerate se si
tratta di donne, che si rinchiudono in monastero o in piccole celle e vivono recluse per lunghi periodi. A volte
l’ascesi si combina al pellegrinaggio e anche la peregrinatio religiosa è un fattore importante di santificazione. I
santi della carità e del lavoro sono figure di normali cittadini che vivono più cristianamente di altri la loro
condizione di laici coinvolti nei negozi secolari e si adoperano attivamente per aiutare il prossimo attraverso le
opere di carità. Talvolta i laici oggetto di devozione sono figure al limite dell’eterodossia e i culti loro tributati
incorrono dunque nella condanna della Chiesa. cfr.: GOLINELLI, Dal santo del potere al santo del popolo. Per un
approfondimento sul tema dei santi lavoratori cfr.: DEGRASSI, L’economia artigiana, pp. 209210. Si veda anche il
paragrafo 2.2.2 del presente studio.
51
permettono di ricondurne l’esistenza e l’operato a modelli ben precisi e a livelli di devozione
più o meno ufficiali. Tipologicamente, infatti, i santi presenti nelle narrazioni dei miracoli
appartengono a diverse categorie e rappresentano in tal modo tutti gli aspetti presenti
all’interno della comunità di fedeli che in essi ripone fiducia: laici, religiosi, nobili, lavoratori,
persone umili, cittadini o esponenti del mondo rurale che siano 250.
I santi sono gli intermediari tra Dio e i fedeli, persone eccezionali dotate di un potere
che permette loro di intervenire a favore di chiunque si trovi in difficoltà e invochi il loro
aiuto e la loro protezione 251. È Dio che compie prodigi attraverso questi uomini e donne
straordinari, che proprio perché consapevoli di questo si scherniscono di fronte alle
manifestazioni devozionali nei loro confronti, precisando sempre di non avere meriti personali
negli eventi prodigiosi. I fedeli, tuttavia, hanno la profonda convinzione che il santo possieda
il potere di fare miracoli ed è a lui che li richiedono, seppure in essi si manifesti il potere
stesso di Dio 252. I santi sono, in ultima analisi, gli interlocutori dei miracolati, che li prendono
come punto di riferimento fisico per la risoluzione delle loro crisi e ai quali si rivolgono con
un dialogo diretto o con la preghiera, a seconda se siano o meno ancora in vita al momento in
cui viene richiesta loro la grazia. Anche se è Dio ad operare miracoli i santi sono il vero punto
di riferimento per i fedeli, che instaurano con loro un rapporto di referenza esclusiva.
Gli uomini e le donne che operano miracoli secondo le fonti prese in esame sono
indifferentemente santi e beati, ovvero appartengono sia alla santità ufficiale sia a quella
locale e popolare 253. Nei secoli del basso Medioevo, infatti, se da un lato si assiste alla
250
Tra i venticinque santi di cui le fonti toscane bassomedievali narrano i miracoli là dove si conoscono le
origini di questi personaggi si nota che quasi la metà vedono la luce tra le classi elevate, cinque provengono dal
mondo rurale e tre dal Popolo. Appartengono a famiglie nobili Agnese da Montepulciano, Agostino Novello,
Alberto da Colle Val d’Elsa, Ambrogio Sansedoni, Andrea Gallerani, Francesco da Siena, Torello da Poppi,
Umiliana dei Cerchi e Umiltà da Faenza. Sono nobili, ma decadute, le famiglie di origine di Fina da San
Gimignano e Verdiana da Castelfiorentino, mentre i genitori di Filippo Benizi sono benestanti, anche senza
essere nobili. Provengono dal Popolo, ossia dai ceti produttivi cittadini, Caterina da Siena, figlia di un tintore di
pelli, Pietro Pettinaio, nato in una famiglia artigiana, e Ranieri da Pisa, figlio di un ricco mercante. Hanno invece
radici contadine Allucio da Pescia, Giovanna da Signa, Lucchese da Poggibonsi, Margherita da Cortona e Zita
da Lucca. È umili origini anche Ubaldesca da Pisa, mentre non si conosce l’estrazione sociale dei familiari di
Bona da Pisa, Galgano, Margherita da Faenza e Ranieri da Borgo San Sepolcro.
251
Cfr.: VAUCHEZ, Santi, profeti e visionari, p. 22.
252
Cfr.: BOESCH GAJANO, La santità, pp. 24 e ss.
253
I personaggi venerati a livello locale non godono della qualifica di sancti, ma sono definiti beati. Fino alla
metà del XIII secolo sanctus e beatus sono praticamente sinonimi e non c’è una netta distinzione tra santi
canonizzati e non, mentre da tale data in avanti – complice la definitiva affermazione della canonizzazione
pontificia – i significati dei due termini si differenziano nettamente, dando luogo a due piani diversi di
devozione: da un lato i sancti, riconosciuti ufficialmente dalla Chiesa, dall’altro i beati, privi del riconoscimento
ecclesiastico, ma ugualmente venerati a livello locale. La beatificazione è una situazione di fatto, come era in
origine la santità, ed è determinata dal consenso di una Chiesa locale, di un Ordine religioso o di una comunità
civile, senza il bisogno di ricorrere alla Santa Sede, che di norma non interviene sul culto dei beati, opponendosi
solamente là dove le comunità locali diano scandalo venerando figure equivoche, spesso sospette di eresia. È al
vescovo locale – come stabilisce una bolla di Urbano V del 1368 – che spetta disciplinare il culto dei santi nel
52
definitiva affermazione della canonizzazione pontificia, dall’altro si nota come continuino ad
esistere forme di santità in grado di andare oltre la canonizzazione e di radicarsi
maggiormente nel territorio in virtù della loro capacità di rispondere in maniera totale ed
effettiva ai bisogni dei fedeli che spontaneamente si rivolgono loro, sentendoli vicini alla loro
sfera esistenziale e alle loro necessità 254.
I santi ai quali si riferiscono le narrazioni dei miracoli sono, come detto, un gruppo
eterogeneo formato da venticinque personaggi – otto religiosi e diciassette laici, tredici
uomini e dodici donne – ognuno con la propria storia e le proprie specificità a livello sia di
esperienza religiosa sia di prodigi, pur condividendo le linee di fondo di un modello di santità
di cui tutti sono espressione. Oltre a questo legame teorico in alcuni casi tra i santi presi in
considerazione si verificano anche collegamenti biografici e succede talvolta che le vicende
terrene di questi personaggi straordinari si intreccino le une alle altre per motivazioni di vario
genere, legate alla sfera “professionale”, devozionale o familiare, a seconda delle diverse
situazioni. Tali legami possono svilupparsi sia in vita sia – come nel caso delle devozioni –
dopo la morte di uno dei due santi. È quello che succede a Caterina da Siena nei confronti di
Agnese da Montepulciano. Alla santa senese infatti viene rivelato che quando salirà al cielo il
suo posto sarà accanto ad Agnese, motivo per cui nasce in Caterina un forte desiderio di
conoscere Agnese e di visitare le sue sacre spoglie. La santa si reca dunque a Montepulciano
per rendere omaggio alla “collega” e quando si trova al cospetto del corpo santo ha luogo un
grande prodigio: Caterina si inginocchia ai piedi di Agnese e si china per baciarli, ma il corpo
senza vita alza un piede fino alla sua bocca, tra lo stupore dei presenti, tra i quali c’è
Raimondo da Capua, agiografo di entrambe le sante 255. Caterina in seguito coltiva e accresce
la propria devozione nei confronti di Agnese e ripete tempo dopo la visita al corpo della santa,
corredata anche questa volta da un prodigio, tipico del miracoloso della suora domenicana: il
miracolo della manna 256.
territorio, autorizzando o meno la venerazione nei loro confronti. Di fatto però tale controllo viene svolto in
maniera assai superficiale e i vescovi lasciano tranquillamente che nel culto locale i beati ricevano pari onori dei
sancti e che vengano rappresentati talvolta come santi pur non essendolo. Sulla differenza e sul dualismo tra
santi e beati cfr.: VAUCHEZ, La santità, pp. 5363; ID., Santi, profeti e visionari, p. 35; Beatificazione, in EC, II,
coll. 1090100.
254
I semplici fedeli, ma anche alcuni esponenti del clero, mal si adattano ai nuovi orientamenti papali e così,
localmente, continuano a sorgere per tutto il Medioevo culti spontanei, che hanno per oggetto soprattutto eremiti,
pellegrini, penitenti o reclusi, figure che non trovano spazio nel tipo di santità promossa dalla Sede apostolica. I
santi locali hanno diverse tipologie, che cambiano a seconda delle diverse zone europee: si va dai santi nobili e
martiri dell’Europa non mediterranea e della Francia ai santi asceti o lavoratori dell’Italia comunale. Sui livelli di
santità e sui santi ufficiali, popolari e locali cfr. VAUCHEZ, La santità, pp. 87417.
255
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 325328.
256
Cfr.: ivi, 330.
53
Sono unite dalle comuni origini faentine e dall’appartenenza all’Ordine vallombrosano
Umiltà da Faenza la discepola Margherita, che parte insieme a lei da Faenza alla volta di
Firenze e le succede alla guida del monastero da lei fondato nella città toscana 257. Il giovane
Francesco da Siena assiste in città ad una predica di Ambrogio Sansedoni 258, che a sua volta
entra in relazione col concittadino Pietro Pettinaio. Ambrogio infatti, in occasione della sua
nomina a vescovo di Siena domanda a Pietro – la cui fama di saggezza è diffusa presso tutti i
senesi – se a parer suo è opportuno o meno che accetti la carica. Pietro gli sconsiglia di
accettare e motiva la propria risposta negativa col timore della perdita di efficacia del suo
apostolato in caso diventasse vescovo e Ambrogio rinuncia senza indugio alla cattedra 259.
Sono collegati infine, seppur in modo indiretto, anche Umiliana dei Cerchi e Filippo Benizi: il
padre della santa, infatti, rimasto vedovo si risposa con Ermellina di Cambio dei Benizi,
consanguinea di Filippo che così diventa la matrigna della piccola Umiliana 260. Sono dunque,
in ultima analisi, gli agiografi a fondare i legami di appartenenza che li uniscono ai loro “eroi”
e all’ambiente che partecipa della loro aura spirituale.
2.1.1 I religiosi
Alcuni dei personaggi capaci per volontà divina di operare miracoli appartengono al
mondo religioso. Si tratta di uomini e donne esponenti dei vari Ordini religiosi e di un
sacerdote, tutte persone che hanno consacrato ufficialmente la loro vita al Signore e vestito un
abito che li mette al servizio di Dio e dei fratelli. Nel novero dei religiosi di cui si narrano
prodigi nelle fonti agiografiche toscane dal XII al XIV secolo sono rappresentati Domenicani,
Agostiniani, Vallombrosani, Serviti, Agostiniani e clero secolare, per un totale di otto santi
che testimoniano autorevolmente la presenza nel soprannaturale dell’universo religioso. Tale
presenza, tuttavia, non è esaustiva, poiché diversi Ordini non schierano nemmeno un
rappresentante tra coloro che compiono miracoli, primo fra tutti quello francescano: nessun
frate Minore e nessuna clarissa, infatti, godono del racconto dei miracoli nelle fonti prese in
esame, tendenza in netto contrasto con la diffusione capillare dell’Ordine nel territorio e la
tradizione agiografica dei seguaci di Francesco d’Assisi.
257
Cfr.: BS, VIII, col. 774.
258
Cfr.: Legenda beati Francisci de Senis, 5.
259
Cfr.: Vita del B. Pietro Pettinajo, pp. 84 e ss.
260
Cfr.: BS, III, col. 1132.
54
Agnese da Montepulciano e Ambrogio Sansedoni sono gli illustri esponenti
dell’Ordine domenicano di cui le fonti toscane prese in esame narrano i miracoli. Sant’Agnese
da Montepulciano nasce a Gracciano Vecchio, nei pressi di Montepulciano (SI), intorno agli
anni Settanta del Duecento 261. Di origini nobili, entra a soli nove anni nel monastero
domenicano cittadino e si distingue fin dall’infanzia per le sue straordinarie doti spirituali, al
punto che ancora adolescente viene inviata a Proceno (VT) insieme ad una consorella più
anziana col compito di fondarvi un altro monastero, di cui è eletta superiora a soli quindici
anni 262. Malgrado la giovane età, Agnese si dimostra all’altezza del suo ruolo, la sua fama
cresce continuamente e qualche anno dopo la riporta, per volontà delle autorità cittadine, nella
sua Montepulciano, con la richiesta di fondarvi un nuovo monastero. Il monastero
domenicano di Santa Maria Novella eretto da Agnese nel 1306 sorge appena fuori dalle mura
cittadine, è dedicato alla Vergine e viene governato dalla santa dal momento dell’istituzione
fino al 1317, anno della sua morte 263. La condotta di vita di Agnese si mantiene all’insegna
della semplicità e di una fede fortissima, che si traduce in una spiritualità profonda, oggetto di
devozione persino da parte di un’altra grande santa la cui fama valica in modo straordinario i
confini della Toscana e del Medioevo: Caterina da Siena, che si reca in visita al suo sepolcro e
la indica come il modello di santità da seguire ed imitare 264.
Il beato Ambrogio Sansedoni nasce a Siena nel 1220 da una nobile famiglia 265, che
però lo abbandona per via della sua deformità fisica e lo affida alle cure di una povera senese,
riprendendolo a palazzo solo in seguito alla sua guarigione, avvenuta un anno dopo nella
chiesa cittadina dei Domenicani, Ordine nel quale fa il suo ingresso all’età di diciassette anni.
Ambrogio si dedica allo studio, diventa discepolo di Alberto Magno al fianco di Tommaso
d’Aquino e trascorre diversi anni a Parigi e Colonia, prima di diventare a sua volta Magister
nell’Università parigina, pur rifiutando il titolo per ragioni di umiltà. La sua vera vocazione si
rivela però essere di natura apostolica, ragione per cui si dedica con grande fervore alla
261
Raimondo da Capua stabilisce che Agnese nasce nel 1274, mentre altri biografi anticipano la nascita della
santa alla fine degli anni Sessanta. Cfr.: BS, I, col. 375.
262
La consorella inviata a Proceno con Agnese è Margherita, sua maestra di noviziato. Sui primi anni di vita
religiosa, la fondazione del nuovo monastero e la sua elezione a superiora, nonché sulle sue virtù e doti spirituali
cfr.: Legenda Beate Agnetis de Monte Policiano, I, 58.
263
Il monastero fondato da Agnese viene poi affidato, per volontà della santa, alle cure teologiche e spirituali di
un padre domenicano incaricato di istruire la comunità religiosa sull’Ordine e le sue regole. Sulla fondazione e il
governo del monastero di Santa Maria Novella cfr.: BS, I, 376: Legenda Beate Agnetis de Monte Policiano, II, 1
3.
264
Caterina da Siena si reca nel 1377 per ben due volte a venerare le spoglie di Agnese e assiste a due prodigi
operati nell’occasione dalla santa: mentre Caterina si avvicina al piede della santa per baciarlo questo si solleva,
poi si ripete il miracolo della manna. Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 327329.
265
Cfr.: AA.SS. Mart., III, p. 182.
55
predicazione 266 e all’attività di pacificazione, prima in giro per l’Europa e poi a nella propria
città natale, dove fa ritorno negli anni Sessanta del Duecento contribuendo alla risoluzione di
gravi situazioni politiche e sociali 267, rinunciando però, come già visto, all’incarico
episcopale. Ambrogio parte di nuovo alla volta di Roma qualche anno più tardi, incaricato dal
pontefice di ridare vita agli studi teologici nella Sede apostolica, affiancando così la
predicazione – che prosegue anche con la diffusione della crociata contro i Saraceni –
all’insegnamento e, per alcuni anni, anche alla carica di maestro del Sacro Palazzo, cui fa
seguito un periodo di riservata vita conventuale. Si spegne teatralmente a Siena nel 1286
durante un sermone quaresimale dove per il troppo infervoramento contro i ricchi e gli usurai
è vittima della rottura di una vena nel petto e muore per dissanguamento 268.
È un esponente illustre dell’Ordine agostiniano il beato Agostino Novello, nato in
Sicilia nella prima metà del XIII secolo e morto presso Siena, nel romitorio di San Leonardo
al Lago, il 19 maggio del 1309 269. Di origini nobili, studia diritto a Bologna e quando rientra
nella propria terra Manfredi, re di Napoli, lo nomina prefetto della Curia 270. Nel 1266
partecipa alla battaglia di Benevento, dove viene ferito, dato per morto e abbandonato sul
campo. È questo il momento della sua conversione: il giovane Agostino, infatti, fa voto di
prendere l’abito religioso in caso di salvezza e mantiene la promessa entrando nell’Ordine
degli Agostiniani dopo essere riuscito a rifugiarsi in Sicilia, nascondendo la propria identità e
conducendo una vita povera, all’insegna di grandi privazioni materiali e di una forte
spiritualità 271. Dopo alcuni anni lascia la Sicilia e arriva a Siena, dove frequenta gli
eremitaggi nei dintorni della città 272. Riconosciuto come esperto giurista e funzionario di
corte da un suo vecchio compagno di studi in occasione di una disputa relativa al romitorio
266
Sulla predicazione di Ambrogio cfr.: KAEPELLI, Le prediche del b. Ambrogio, pp. 519.
267
Tra le altre cose, Ambrogio si adopera per la fine della guerra civile a Siena e la revoca dell’interdetto papale
sulla città, pronunciato per via dell’aiuto concesso a Manfredi contro la volontà del papa. Al di fuori dei confini
patri invece riporta la pace tra Genova, Venezia, Firenze e Pisa. Cfr.: BS, XI, coll. 630631. Sull’attività di
Ambrogio e sulla sua figura si vedano anche: VOLPI, Ambrogio Sansedoni; D’URSO, Beato Ambrogio Sansedoni;
TORRITI, L’iconografia del beato Ambrogio.
268
Cfr.: BS, XI, coll. 632; Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 6263.
269
La Vita anonima dichiara che Agostino nasce in un «castro, Teranum vocato» (Vita, 3), che gli storici, dopo
numerose discussioni, hanno identificato in Taormina, forti anche della presenza del nome del padre del santo
nel Catalogo dei magistrati taorminesi, steso nel 1398, come governatore della città. Cfr.: BS, I, 601. Agostino
non è il suo nome di battesimo, ma quello che adotta al momento dell’entrata nell’Ordine in luogo del proprio,
Matteo. Cfr.: Vita [A. Novello], 2. L’appellativo “Novello” gli viene invece attribuito per distinguerlo dai santi
di epoca precedente suoi omonimi.
270
Cfr.: ivi, 34.
271
In un primo momento l’Ordine scelto da Agostino per consacrarsi alla vita religiosa è quello domenicano, ma
poi fa invece il suo ingresso tra le fila degli Agostiniani. Cfr.: ivi, 57.
272
A Siena Agostino dimora negli eremi di Santa Barbara, di Sant’Antonio, di Rosia. Cfr.: ivi, 7.
56
senese di Rosia 273, viene segnalato ai vertici dell’Ordine, consacrato sacerdote e scelto dal
generale Clemente da Osimo come collaboratore personale, che lo vuole al suo fianco nella
revisione delle Costituzioni agostiniane, emanate poi nel Capitolo generale di Ratisbona nel
1290. Agostino si trasferisce dunque a Roma, dove diventa anche confessore di papa Niccolò
IV e penitenziere apostolico, restando in carica per diversi anni 274. Nel 1298 il Capitolo
generale di Milano lo elegge generale dell’Ordine e governa per tre anni, trascorsi i quali
decide di rinunziare all’incarico e di ritirarsi a vita eremitica, scegliendo come dimora San
Leonardo al Lago, presso Siena 275. Nella sua nuova dimora Agostino si dedica fino alla fine
dei suoi giorni alle attività spirituali, ma esercita anche l’apostolato e compie opere di carità,
promuovendo la fondazione di un ospedale e l’elaborazione della Costituzione per i frati
impegnati nell’assistenza agli infermi 276.
Appartengono all’Ordine dei Servi di Maria Filippo Benizi e Francesco da Siena, due
figure importanti del mondo servita di cui le fonti narrano i miracoli. San Filippo Benizi nasce
a Firenze nel 1233 in una famiglia agiata e riceve fin dall’infanzia un’ottima educazione
culturale e letteraria, che lo porta a studiare molto senza tuttavia trascurare la fede e la
conoscenza di Dio, unite all’assistenza e alla carità verso i poveri, culminate con la vocazione
religiosa e l’ingresso tra le fila dei Serviti nel 1254 277. La famiglia di origine del santo si
oppone alla sua consacrazione e Filippo è costretto a vivere ritirato per ben quattro anni,
finché la sua sapienza diviene manifesta e i superiori nonostante le sue proteste lo consacrano
sacerdote nel 1259, convinti che possa fornire un valido contributo all’Ordine 278. Nel 1267,
dopo alcuni anni di permanenza nel convento di Cesena, in occasione del Capitolo generale di
273
La questione che porta alla luce la vera identità di Agostino riguarda la difesa da parte del santo dei diritti
dell’eremo di Rosia a proposito di un terreno di proprietà dei frati, privi di un difensore e minacciati da una
controparte rappresentata dall’illustre giurista senese Giacomo dei Pagliaresi, suo condiscepolo a Bologna. Cfr.:
ibidem.
274
Cfr.: ibidem.
275
Il governo di Agostino si connota positivamente, è caratterizzato da carità e saggezza e promuove importanti
iniziative volte a migliorare l’organizzazione dell’Ordine, anche a livello amministrativo: gli storici agostiniani
tedeschi, ad esempio, attribuiscono proprio a lui la divisione della regione germanica in quattro province. Al
momento della rinuncia alla carica di generale – avvenuta nel Capitolo generale di Napoli del 1300 – riceve
grandi attestati di stima sia dalle autorità politiche sia da quelle religiose, papa Bonifacio VIII in primis, tutti
intenzionati a far rientrare la sua decisione, ma Agostino è irremovibile nella propria volontà di ritirarsi e rifiuta
anche di tornare presso la Curia romana, come invece desidera il pontefice. Cfr.: BS, I, 603605; Vita [A.
Novello], 8.
276
Cfr.: ibidem, 9.
277
La tradizione agiografica vuole che alla base della vocazione di Filippo ci sia una visione estatica della
Vergine e di Alessio, uno dei Santi Fondatori dell’Ordine, che coglie il santo nella chiesa fiorentina dei Serviti e
si ripete la notte successiva. Cfr.: BS, V, coll. 737740.
278
La conoscenza culturale e teologica di Filippo emerge nel corso di un dialogo tra il santo e due frati
domenicani lungo la strada per Siena, cui assiste un anziano confratello, che si fa promotore del suo accesso agli
ordini sacri. Cfr.: ivi, col. 740.
57
Firenze Filippo viene chiamato alla guida dell’Ordine dei Servi con l’approvazione di papa
Clemente IV. Il suo governo si distingue per zelo e saggezza – per svolgere al meglio il suo
incarico e conoscere tutti i conventi il santo si spinge fino in Germania – anche se si mantiene
un umile frate, nasconde il proprio status di generale là dove non è necessario manifestarlo e
arriva a nascondersi in una grotta dell’Amiata per sfuggire all’elezione pontificia, cui
intendevano candidarlo alcuni personaggi illustri suoi devoti 279. Maestro e ispiratore di molti
illustri Serviti saliti agli onori degli altari, Filippo svolge un ruolo fondamentale nella salvezza
dell’Ordine dopo che il concilio di Lione del 1274 stabilisce l’impossibilità di ammettere
nuovi membri per gli Ordini nati dopo il 1215, anche se hanno ricevuto il riconoscimento
ufficiale 280. Muore nel 1285 circondato dai confratelli nel convento di Todi, di ritorno da un
viaggio a Roma compiuto per questioni economiche relative all’Ordine 281.
Il beato Francesco da Siena nasce a Siena nel 1266 da una nobile famiglia 282. Le
notizie biografiche sul suo conto sono assai scarse e la ricostruzione della sua vicenda terrena
è dunque piuttosto lacunosa, ma è certa la sua devozione alla Vergine fin dalla più giovane
età, che col tempo si trasforma in vera e propria vocazione religiosa. A ventidue anni
Francesco fa il suo ingresso nell’Ordine dei Servi di Maria e viene ordinato sacerdote 283,
vestendo l’abito fino alla morte, avvenuta nel 1328 a Siena 284. Il santo si distingue per una
vita trascorsa all’insegna di una forte e profonda spiritualità, ricca di penitenze, preghiere e
visioni, e di un impegno apostolico a favore del prossimo volto ad accrescerne la fede e la
rettitudine 285.
Due donne di origine emiliana rappresentano l’Ordine vallombrosano tra le fila dei
santi religiosi che compiono miracoli descritti nelle fonti toscane: si tratta di Umiltà da Faenza
e della discepola Margherita da Faenza. Santa Umiltà da Faenza nasce a Faenza nel 1226 col
nome di Rosanese Negusanti 286. Di nobili origini, a soli quindici anni si sposa con un
279
Cfr.: ivi, coll. 741742.
280
Il concilio di Lione sopprime tutti gli Ordini mendicanti sorti dopo il concilio Lateranense IV del 1215 e non
ancora approvati dalla Sede Apostolica e vieta a quelli istituiti dopo il 1215 e regolarmente approvati – come
sono i Serviti, riconosciuti ufficialmente nel 1256 – di far entrare nuovi membri tra le loro fila. Filippo, col
supporto di illustri confratelli e giuristi, riesce a dimostrare che l’Ordine dei Servi di Maria non può essere
incluso nelle disposizioni conciliari, in quanto fondato sulla regola agostiniana, autorizzato dalle costituzioni
interne ad avere possessi e rendite e dal papato a tenere Capitoli generali per l’elezione del priore. Cfr.: BS, V,
coll. 744745.
281
Cfr.: ivi, coll. 750.
282
Il beato Francesco viene tradizionalmente attribuito alla famiglia Patrizi o, in qualche caso, ai Tarlati,
entrambe nobili famiglie senesi. Cfr.: La Legenda beati Francisci, p. 174.
283
Cfr.: ivi, 79.
284
Cfr.: ivi, 30.
285
Opere e vicende spirituali di Francesco sono narrate lungo tutta la Legenda beati Francisci de Senis.
286
Cfr.: Le Vite di Umiltà da Faenza, p. IX.
58
aristocratico concittadino e il matrimonio viene allietato dalla nascita di due figli, che però
muoiono piccolissimi. Rosanese persuade dunque con successo il marito Ugolotto a dedicarsi
alla vita religiosa ed entrambi i coniugi fanno il loro ingresso nel monastero benedettino di
Faenza quando la santa – che in questa occasione vede cambiare il proprio nome in Umiltà –
ha ventiquattro anni 287. Durante la sua permanenza nel monastero Umiltà si ammala di
cancro, ma viene miracolosamente risanata dalla malattia e in seguito alla guarigione decide
di dare una svolta penitenziale alla propria esistenza e nel 1254 si ritira a vivere in una cella
costruita vicino al monastero maschile vallombrosano, da dove la fama della sua vita
esemplare e della sua profonda spiritualità si diffonde in tutta Faenza, suscitando la vocazione
di giovani fanciulle che si affiancano a lei per vivere sotto la sua guida una simile esperienza
religiosa 288. Nel 1266 Umiltà si trasferisce a Firenze, incaricata dal vescovo di guidare le
vallombrosane fiorentine del monastero della Malta, poi denominato di Santa Maria Novella,
compito che Umiltà svolge con grande semplicità e saggezza per quindici anni, nei quali è
frequentemente protagonista di episodi sovrannaturali riguardanti sia la propria persona sia
consorelle o semplici fedeli 289. Nel 1271 Umiltà fonda a Firenze un nuovo monastero
vallombrosano e ne diventa badessa, restando in carica fino al 1310, anno della sua morte 290.
Manifesto spirituale della santa sono i suoi sermones 291, esemplari strumenti di edificazione e
segno della sua vita straordinaria improntata alla fede e alla preghiera 292.
Con la vita e le opere di santa Umiltà si intrecciano le vicende dell’altra vallombrosana
capace secondo le testimonianze dei suoi agiografi di operare miracoli, la beata Margherita da
Faenza, nata nella città emiliana nel XIII secolo e morta a Firenze il 16 agosto del 1330. Le
fonti che la riguardano non forniscono notizie sulla sua famiglia di origine, né indicazioni
cronologiche precise sulla prima fase della sua vita, limitandosi a riferire che in giovane età
287
Cfr.: Vita sancte Humilitatis, 411; Vita di Umiltà, IVIII.
288
Per la miracolosa guarigione di Umiltà e la svolta eremitica e penitenziale della sua vita cfr.: Vita sancte
Humilitatis, 1417; Vita di Umiltà, XXI. Sulla fondazione del monastero faentino cfr.: ERCOLANI, Vita di s.
Umiltà, pp. 2327.
289
Umiltà riceve altri quattro miracoli nel corso della propria esistenza terrena: resa debolissima per le fatiche
del viaggio lungo la strada verso Roma le appare un cavaliere che le offre assistenza, affamata riceve il miracolo
del pane, affetta da un terribile gonfiore alle labbra che le impedisce anche di mangiare viene risanata e infine
febbricitante e desiderosa di ghiaccio in piena estate lo riceve dalle consorelle che lo trovano nel pozzo. Nel caso
del miracolo del pane e in quello del rinvenimento del ghiaccio la santa pare essere anche operatrice del
prodigio, oltre che destinataria. Per la narrazione dei prodigi cfr.: Vita sancte Humilitatis, 33, 34, 53, 60; Vita di
Umiltà, XXVII, XXVIII, XXXI, XXXV.
290
Cfr.: Le Vite di Umiltà da Faenza, pp. IXX; ERCOLANI, Vita di s. Umiltà, pp. 2327; Vita sancte Humilitatis,
37, 4344; Vita di Umiltà, XXXIX, XLVI.
291
SIMONETTI, I sermoni di Umiltà da Faenza; SIMONETTI, La tradizione manoscritta; MOONEY, Authority and
Inspiration; ZAMA, Santa Umiltà: la vita e i sermones.
292
Sulla figura e le vicende di Umiltà da Faenza si vedano tra gli altri: BARTOLOMEI ROMAGNOLI, Vita religiosa
femminile nel secolo XIII. Umiltà, Gherardesca e le altre; GRÉGOIRE, S. Umiltà, religiosa vallombrosana; Le Vite
di Umiltà da Faenza; BS, XII, 818822.
59
entra nel monastero vallombrosano della Malta, fondato da Umiltà nella loro città natale, e
diventa la discepola prediletta della santa 293. Nel 1280 si trasferisce con lei a Firenze e
partecipa alla fondazione del monastero vallombrosano di San Giovanni Evangelista, di cui
diventa badessa nel 1310 alla morte di Umiltà, mantenendone poi la direzione fino alla morte.
Margherita si distingue per una vita umile, spesa nella fede più profonda e nell’esercizio delle
virtù spirituali, che la portano ad essere protagonista di numerose e profonde esperienze
mistiche 294.
Difende infine la categoria dei sacerdoti – la meno diffusa tra quelle religiose 295 – il
prete santo Alberto da Colle Val d’Elsa. Sant’Alberto nasce nel 1135 a Chiatina, in territorio
senese, da una famiglia esponente della piccola nobiltà locale. Ordinato sacerdote a ventotto
anni, presta servizio in varie pievi della zona prima di essere nominato nel 1177 da papa
Alessandro III Arciprete della Pieve di Gracciano (SI), dipendente direttamente dal pontefice.
Poco tempo dopo Alberto è costretto a rinunciare all’incarico a causa di una grave malattia
dei tessuti e delle ossa che gli provoca piaghe in tutto il corpo, infermità che sopporta con
grande fede, guadagnandosi così la stima dei fedeli, che già in vita gli riconoscono la fama
sanctitatis. L’operato del santo sacerdote si rivela prezioso non solo a livello religioso e
spirituale, ma anche politico, visto che è proprio grazie a lui e alla sua decisione di spostare la
pieve a Colle gli abitanti di Gracciano si salvano dagli attacchi senesi e al tempo stesso a
Colle viene fondato il comune 296. Alberto muore a Colle Val d’Elsa nel 1202 ed è subito
venerato come santo 297.
2.1.2 I laici
293
Cfr.: BS, VIII, col. 774. Per una panoramica sulla figura di Margherita da Faenza cfr.: SIMONETTI, La beata
Margherita; EAD., Margherita da Faenza tra storia e agiografia.
294
Cfr.: AA.SS., Aug., V, pp. 847854; BS, VIII, col. 774. Gli Acta Sanctorum propongono anche l’edizione della
Vita di Margherita scritta dal francescano fiorentino Pietro, confessore della santa e testimone della sua vita
virtuosa e delle sue esperienze mistiche. Tale testo non rientra nel corpus documentario selezionato per il
presente studio in quanto non contiene narrazioni di miracoli.
295
Il prete santo non riscuote successo nemmeno al di là dei confini italiani e nella santità ufficiale, vittima del
pregiudizio sia popolare sia ecclesiale nei confronti del clero, considerato rozzo e ignorante e poco incline alla
santità. Cfr.: VAUCHEZ, La santità, p. 229.
296
Cfr.: NINCI, Colle di Val d’Elsa al tempo di sant’Alberto.
297
Cfr.: BENVENUTI, Le forme dell’identità patronale. Sulle vicende terrene e il culto di Alberto da Colle si vedano
anche: BS, App. I, col. 32; CARLI, Sant’Alberto tra storia e devozione; NENCINI, Sant’Alberto arciprete e patrono
di Colle; MUZZI, Tenere la città abbondante.
60
secolo. Di origini contadine, trascorre l’infanzia come guardiano di una mandria di vacche e
buoi 298, ma sente fin dalla giovane età una vocazione caritativa verso poveri e bisognosi, che
lo porta a elargire grandi elemosine e a svolgere un ruolo di primo piano nell’assistenza
locale. Allucio ricostruisce l’ospedale del paese e lo dota di un gruppo di uomini, come lui
votati al soccorso del prossimo, incaricati di venire in aiuto di poveri e viandanti,
impegnandosi lui stesso al loro fianco. L’attività assistenziale del santo si estende poi a tutto il
territorio della diocesi lucchese e alle zone limitrofe, con la costruzione di ponti sull’Arno e
ospedali, ma anche con la composizione di uno scontro tra Ravenna e Faenza e la liberazione
di alcuni prigionieri delle carceri veneziane 299, episodi che accrescono la sua fama di uomo
santo, oltre che caritatevole. Allucio muore nella propria città natale nel corso del 1134 e
diventa subito oggetto di culto 300. Allucio non veste abiti religiosi e non ha collegamenti
particolari con le istituzioni ecclesiastiche, così come san Ranieri da Pisa, che nasce a Pisa
intorno agli anni Venti del XII secolo e muore nella stessa città toscana il 17 giugno del 1160.
Figlio di una nobildonna e di un ricco mercante della famiglia Scacceri e destinato sulla carta
a proseguire l’attività commerciale del padre, Ranieri trascorre una giovinezza piuttosto
dissipata, cui fa seguito una profonda conversione, che lo porta a farsi pellegrino in Terra
Santa e a rimanervi ben tredici anni, conducendo vita da anacoreta – in relazione però con i
sacerdoti di Gerusalemme, da cui riceve la tonaca da eremita – e imitando i sacrifici del Cristo
crocifisso. La sua grande fede e l’austerità della sua condotta di vita varcano i confini della
Palestina e arrivano fino a Pisa, così che quando negli anni Cinquanta rientra nella propria
città natale viene accolto con grande entusiasmo e venerazione sia dal popolo sia dal clero,
che gli offre il proprio appoggio e ne sostiene l’attività apostolica, permettendogli di predicare
nonostante il suo status laicale e di operare così numerose conversioni fino alla morte,
avvenuta nel monastero benedettino di San Vito 301. Ranieri da Pisa riveste una particolare
importanza nel panorama della santità dell’Occidente medievale in quanto il suo culto è, come
già accennato, il primo riservato ad un laico estraneo alle élites sociopolitiche, pur non
298
Cfr.: GRÉGOIRE, Temi tipologici, p. 21; SPICCIANI, La realtà storica di sant’Allucio, p. 349.
299
Cfr.: Vita beati Alluccii confessoris, 1.
300
Riferimenti alla biografia e alle vicende di Allucio in: BS, I, 877878; SPICCIANI, La realtà storica di
sant’Allucio; GRÉGOIRE, Temi tipologici.
301
Le notizie biografiche riguardanti Ranieri sono piuttosto lacunose e la cronologia della sua vita è di difficile
ricostruzione, ma è ugualmente possibile tracciare un quadro complessivo della sua esistenza. Per un
approfondimento di tale questione e una panoramica più dettagliata sulla biografia del santo pisano cfr.: BS, XI,
coll. 3744; GRÉGOIRE, San Ranieri da Pisa, pp. 5361. Sul legame tra Ranieri e il clero pisano cfr.: GRÉGOIRE, Il
Duomo, i Canonici e la città di Pisa, pp. 926. Sul monastero di San Vito cfr.: ROSSI, Il monastero di S. Vito, S.
Melchiade e San Gorgonio. Sul tema del pellegrinaggio ai luoghi santi si veda: BENVENUTI, La tradizione del
pellegrinaggio in Terrasanta.
61
essendo Ranieri il primo santo laico ufficialmente riconosciuto, privilegio che spetta a
Omobono da Cremona nel 1199 302.
Resta per tutta la vita un semplice laico anche il beato Andrea Gallerani, nato a Siena
in una data sconosciuta tra la fine del XII e l’inizio del XIII secolo da una nobile famiglia, che
in gioventù commette un omicidio e di conseguenza viene condannato all’esilio 303. Scontata
la pena rientra in città e consacra la propria esistenza al servizio del prossimo, dedicandosi
all’assistenza di poveri e bisognosi e fondando un ospedale pubblico, detto della Misericordia.
Andrea, inoltre, crea attorno a sé un’associazione caritativa, circondandosi di un gruppo di
persone – composto da laici appartenenti per lo più ai terz’Ordini mendicanti – che insieme a
lui compiono opere di filantropia per chiunque si trovi in difficoltà. La vita del santo trascorre
nella massima semplicità e povertà, dedita a curare i fratelli e ad alleviare le loro sofferenze,
ma è costellata di prodigi, segno della sua natura straordinaria che già in vita gli procura una
fama sanctitatis destinata ad aumentare e a diffondersi sempre di più dopo la sua morte,
avvenuta a Siena nel 1251 304.
Sono laiche ed estranee ad ogni istituzione religiosa anche Fina da San Gimignano e
Zita da Lucca. Santa Fina nasce a San Gimignano nel 1238 da una nobile famiglia decaduta e
la sua brevissima vita è segnata dalla malattia e dalla sofferenza: a dieci anni, infatti, la santa
si ammala, diventa inferma e non può alzarsi da letto né compiere alcun movimento. Pur non
operando alcun prodigio in vita, il suo modo di affrontare la malattia con pazienza e
devozione nonostante la giovanissima età, offrendo a Dio ogni suo patimento fanno di Fina un
esempio di condotta cristiana e di fede non solo da ammirare, ma anche da seguire. La santa
muore nella propria città natale in odore di santità nel 1253, a soli quindici anni, tra la
commozione generale 305.
Santa Zita da Lucca nasce negli anni Dieci del Duecento 306 a Monsagrati, un villaggio
delle campagne lucchesi, da una coppia di contadini. L’infanzia di questa santa trascorre in
grande povertà e a soli dodici anni i genitori la inviano a Lucca al servizio della nobile
302
Su Omobono da Cremona e la sua canonizzazione cfr.: VAUCHEZ, Le culte de saint Homebon; GATTA, Un
antico codice; BERTONI, Di una Vita.
303
All’omicidio compiuto da Andrea in gioventù si collega un prodigio avvenuto dopo la sua morte, che vede
come protagonista il fratello della vittima, ancora indignato a distanza di anni nonostante il santo abbia dapprima
scontato la sua condanna e poi dedicato la propria vita al servizio del prossimo. Per la narrazione del miracolo
cfr.: Vita di Beato Andrea de Gallerani da Siena, 54.
304
Per una sintesi della biografia di Andrea cfr.: BS, VI, col. 12.
305
Sulle vicende della breve vita di Fina da San Gimignano cfr.: BS, V, coll. 810811; Legenda s. Fine virginis,
16; Legenda sancte Fine, 19.
306
Alcuni storici identificano l’anno di nascita di Zita – sul quale le fonti tacciono – nel 1218, mentre per altri la
data giusta è il 1210. Cfr.: BS, XII, col. 1483.
62
famiglia Fatinelli, dove nonostante la grande dedizione nel lavoro e un atteggiamento mite e
gentile si scontra con la marcata ostilità sia dei colleghi della servitù sia dei padroni. Col
tempo però i suoi sforzi e il suo comportamento all’insegna dell’amore cristiano vengono
ripagati e ottiene la stima e il rispetto di tutti, ricevendo l’incarico di dirigere la casa. Nel suo
nuovo ruolo di governante Zita mantiene il suo atteggiamento umile e soprattutto non cerca in
alcun modo di vendicarsi delle vessazioni e degli oltraggi subiti, ma si mantiene amorevole e
ligia al dovere. Le sue grandi virtù morali vanno di pari passo con una profonda spiritualità
che le valgono già in vita l’attribuzione di una certa fama di santità, aumentata dopo la sua
morte, avvenuta nel 1278 presso la famiglia Fatinelli, dopo una vita spesa al loro servizio 307.
Alcuni personaggi ad un certo punto della loro vita scelgono di distaccarsi dal mondo
e si fanno eremiti, mantenendo la loro condizione laicale seppur sotto il controllo più o meno
diretto di un Ordine religioso o di un’istituzione ecclesiastica. Fanno parte di questa tipologia
di santi Galgano e Torello da Poppi. San Galgano 308 nasce a Chiusdino, in territorio senese e
diocesi di Volterra, verso la metà del XII secolo, tradizionalmente nel 1148. Le notizie sulla
sua vita sono piuttosto scarse 309, ma si sa che intorno ai trent’anni Galgano, influenzato da un
sogno 310, si stabilisce nel Monte Siepi (presso Siena), pianta in terra la sua spada facendo di
essa un croce davanti alla quale pregare 311 e vive in solitudine. Dopo la sua morte, avvenuta
nel suo romitorio nel 1181 312, la fama della sua santità si sparge in tutta la diocesi e qualche
anno dopo Galgano è il primo santo ufficialmente canonizzato dalla Chiesa di Roma 313.
307
Sulla figura di Zita da Lucca e le sue vicende storiche cfr.: ivi, coll. 14831484.
308
Su Galgano cfr.: BS, VI, coll. 17.
309
La narrazione della vita di Galgano è ricca di elementi leggendari che seguono il topos – assai ricorrente nei
grandi cicli cavallereschi medievali – del giovane cavaliere che dopo una fase di dissolutezza e di violenza è
scosso da una forte esperienza spirituale che lo porta a convertirsi, abbandonare le armi e le seduzioni del mondo
e farsi eremita.
310
La tradizione vuole che Galgano abbia un sogno in cui l’arcangelo Michele, da lui sognato già molti anni
prima, lo presenta agli apostoli di Gesù riuniti in una casa rotonda sul Monte Siepi, presso Siena, dove essi gli
comandano di ritirarsi per sempre, costruendo su quel monte una chiesa anch’essa rotonda.
311
La spada nella roccia è un altro dei topos ricorrenti nella letteratura medievale e nelle leggende cavalleresche,
basti pensare a Re Artù e ai cavalieri della Tavola Rotonda. Per quanto riguarda Galgano, le notizie sulla sua vita
e il suo status di cavaliere, cfr.: ARBESMANN, The three earliest Vitae, p. 3; CARDINI, Alle radici della cavalleria,
pp. 5270; Leggenda di santo Galgano, pp. 3032; San Galgano e la spada nella roccia. Per un quadro generale
su Galgano cfr.:La spada nella roccia; SUSI, L’eremita cortese.
312
Sulla data esatta della morte di Galgano gli storici hanno dibattuto a lungo, confrontandosi su ipotesi
differenti, ma quella più accreditata resta il 30 novembre 1181. Cfr.: Leggenda di santo Galgano, pp. 1112.
313
Il processo di canonizzazione è volto a ricercare, attraverso indagini e interrogatori di testimoni, le prove della
santità di un candidato agli onori degli altari, destinato a diventare santo solo nel caso in cui tali attestazioni
siano giudicate sufficienti. In precedenza la santità era determinata dal consenso popolare e autenticata
dall’autorità vescovile, senza bisogno di procedure giuridiche volte alla ricerca processuale di prove della santità
stessa, che veniva invece considerata evidente attraverso il manifestarsi di indizi ad essa riconducibili. Sui
cambiamenti in materia di riconoscimento della santità e processi di canonizzazione cfr.: VAUCHEZ, La santità,
pp. 375405, 421541; BOESCH GAJANO, La santità, pp. 80 e ss.
63
Il beato Torello da Poppi nasce a Poppi (AR) nel 1202 314 e nonostante gli venga
impartita un’educazione cristiana e durante l’infanzia cresca nella fede, trascorre la sua
gioventù all’insegna dei piaceri e del divertimento fino a che, all’età di vent’anni, si converte
e cambia vita grazie ad un segno straordinario che lo richiama sulla retta via 315. Il santo
decide allora dare una svolta radicale alla propria esistenza, ritirandosi dal mondo: si reca
dunque presso l’abate del monastero vallombrosano di Poppi, si confessa e gli confida i propri
propositi, ricevendo da lui il permesso di vivere da eremita. Col consenso dell’autorità
religiosa locale – pur non vestendo l’abito vallombrosano 316 – Torello si ritira ad Avellaneto,
nei boschi dei dintorni di Poppi, dove conduce una vita semplicissima, all’insegna della
penitenza e della contemplazione, guadagnandosi la stima e la fiducia dei concittadini, che si
prendono cura di lui e a lui si rivolgono caso di bisogno. Il santo opera prodigi e protegge gli
abitanti del Casentino dal pericolo del lupo, ma si mantiene umile e non abbandona mai la
propria cella, nonostante la sua fama sanctitatis si faccia sempre più vasta. Alle soglie della
morte si reca di nuovo presso l’abate del monastero vallombrosano cittadino, per ottenere da
lui conforto spirituale, ma poi fa ritorno al proprio eremo, dove muore nel 1282, lasciando la
propria eredità religiosa nelle mani del discepolo Pietro 317.
314
Probabilmente Torello ha origini nobili. Cfr.: Vita di Torello da Poppi, I, 14.
315
Nel corso di una festa Torello sente il triplice canto di un gallo e da quel momento si converte e cambia del
tutto vita. Per la narrazione dell’episodio cfr.: Hystoria Beati Torello de Puppio, II; Vita di Torello da Poppi, II.
316
Il beato Torello non appartiene ad alcun Ordine religioso, pur avendo un forte legame con i vallombrosani,
grazie all’intreccio tra le proprie vicende personali e quelle del monastero di Poppi e al rapporto privilegiato
instaurato con l’abate, da cui riceve il consenso a farsi eremita. Il santo stesso conferisce grande importanza a
questo legame con i monaci, tanto che in occasione del dialogo avuto poco tempo prima della morte con l’abate
vallombrosano gli manifesta il desiderio di essere sepolto nella chiesa del monastero, cosa che accade nonostante
le proteste di altre chiese cittadine, che reclamano a sé la sepoltura del santo eremita contendendola ai
Vallombrosani. Le contese maggiori attorno alla figura di Torello, tuttavia, sorgono molto tempo dopo la sua
morte, sul finire del XV secolo, quando Vallombrosani e Francescani si contendono l’appartenenza del santo: i
primi rivendicano Torello tra le loro fila basandosi sulle sue relazioni con il monastero poppese, i secondi invece
sostengono svolgesse vita francescana, come vuole parte dell’iconografia che lo raffigura in abiti da terziario. Su
tale disputa e sulla laicità di Torello cfr.: BS, XII, 625626; AA.SS. Martii, XI, p. 495.
317
Per la narrazione della morte di Torello e il suo ammaestramento del discepolo Pietro si vedano: Hystoria
Beati Torello de Puppio, XIIIXVI; Vita di Torello da Poppi, XXVIIXXXI. Per una panoramica sulla figura del
santo e le leggende ad essa collegate cfr.: PASETTO, Il beato Torello da Poppi.
64
La nascita e lo sviluppo nel XIII secolo dei cosiddetti Terz’Ordini 318 determinano
cambiamenti importanti nella vita dei laici, che possono così abbracciare la vita religiosa
mantenendo però la loro condizione laicale e con essa, in alcuni casi, la propria vita familiare
e lo svolgimento delle proprie mansioni lavorative, più spesso però abbandonate a favore di
una condotta di vita volta interamente alla penitenza e al servizio del prossimo, sia esso
materiale o spirituale. La comparsa e la diffusione degli Ordini Mendicanti determinano un
profondo rinnovamento nelle forme di vita religiosa e nella spiritualità del tempo: i frati
esercitano una presenza costante al fianco dei fedeli e riservano grande attenzione ai laici,
elaborando esperienze di vita religiosa che soddisfino il loro desiderio di vivere la fede da
protagonisti, con un impegno attivo e non più da semplici spettatori. I Mendicanti
organizzano gruppi di penitenti, confraternite, congregazioni pie e attraverso queste nuove
istituzioni, oltre che con la loro stessa condotta di vita, esercitano una grande influenza sul
laicato 319. Molte persone, colpite dal messaggio e dall’esempio di Francesco e Domenico, si
convertono, lasciano tutto e vestono il saio, ma non tutti, pur condividendo l’entusiasmo per il
nuovo ideale religioso proposto, possono diventare religiosi, perché sposati: l’istituzione dei
Terz’Ordini è la soluzione che permette ai laici di vivere la fede nel quotidiano, senza dover
lasciare la propria famiglia. Le fonti francescane testimoniano come la predicazione del
poverello di Assisi suscitasse così tanto entusiasmo che gran parte degli uomini e delle donne
che vi assistevano decideva di lasciare tutto, compresi mariti, mogli e figli, ed entrare
nell’Ordine, e come Francesco si opponesse sì a questa volontà – che conduceva le persone a
sciogliere il sacro vincolo del matrimonio e ad abbandonare le proprie famiglie, commettendo
un peccato contro Dio e contro il prossimo – ma comprendesse anche la loro grande voglia di
318
Probabilmente l’origine del Terz’Ordine francescano, che si vuole fondato dallo stesso Francesco d’Assisi,
risale al 1212, ma il 1221 è considerato l’anno ufficiale di nascita dei Terziari (chiamati così per la prima volta
da Gregorio IX nel 1230), poiché a questa data risale la prima Regola. Se Francesco sia o meno il fondatore del
Terz’Ordine gli storici non concordano: alcuni, come Miccoli e Meersseman, sostengono di no, altri, per lo più
di provenienza francescana, non hanno dubbi che il poverello di Assisi abbia realmente fondato l’Ordine della
Penitenza, come testimoniano le fonti francescane e i bollari papali. Va ricordato anche che quello francescano è
il primo Terz’Ordine ad essersi costituito, ma non è il solo: dopo di esso quasi tutti gli Ordini religiosi si dotano
di un ordinamento per i laici, primo fra tutti quello domenicano. Sulla nascita del Terz’Ordine francescano e
domenicano, le questioni ad essi relative e il dibattito sul ruolo di Francesco d’Assisi cfr.: MEERSSEMAN, Dossier
de l’ordre; DA SANT’ELIA, Manuale storico – giuridico – pratico; MICCOLI, La storia religiosa; PÉANO, Storia del
Terz’Ordine; IRIARTE, Storia del Francescanesimo; D’ALATRI, Penitenti e francescani; SCARAMPI DI VILLANOVA, Il
terz'Ordine domenicano.
319
Cfr.: BENVENUTI, Il francescanesimo e le sue influenze; D’ALATRI, Penitenti e Francescani in Italia;
Francescanesimo e vita religiosa dei laici del ‘200. Sul boom della beneficenza nel XIII secolo, gli ospedali e le
confraternite cfr. MICCOLI, La storia religiosa; BENVENUTI, Aspetti devozionali dell’assistenza; Assistance et
assistés jusqu’à 1610. Sul ruolo dei Penitenti cfr.: BENVENUTI PAPI, I frati della penitenza nella società fiorentina;
EAD., Le forme comunitarie della penitenza femminile francescana; BENVENUTI, Ordini mendicanti e città; I frati
penitenti di san Francesco nella società del Due e Trecento.
65
vivere l’esperienza religiosa 320: il Terz’Ordine rappresenta dunque la soluzione che permette
di coniugare armoniosamente vita religiosa e vita familiare. Francesco – coadiuvato dal
cardinale Ugolino – nel 1221 compone il testo della prima Regola del Terz’Ordine, approvata
verbalmente nello stesso anno da papa Onorio III e solennemente nel 1289 da Nicolò IV,
primo pontefice francescano 321.
Per quanto riguarda i terziari francescani la prima figura di riferimento è il beato
Lucchese da Poggibonsi, che la tradizione, al contrario di alcune fonti e dell’opinione degli
storici, designa come il primo terziario, vestito dell’abito dei penitenti nel 1221 dallo stesso
Francesco d’Assisi, insieme alla moglie Bonadonna, anche lei futura terziaria 322. Lucchese
nasce a Gaggiano, un villaggio nei pressi di Poggibonsi (SI), tra la fine del XII e l’inizio del
XIII secolo e muore a Poggibonsi prima del 1250 323. In giovane età si sposa con una certa
Bonadonna – una ragazza di stirpe nobile, al contrario di lui che ha origini contadine – e con
lei mette al mondo due figli 324. Lucchese vive agiatamente, «lucris secularium totus intentus»
325
, e partecipa alla vita politica locale, fino a che non è costretto a fuggire dal proprio paese
natale e a cercare rifugio nella vicina Poggibonsi 326, dove si stabilisce con la famiglia ed
320
Le fonti francescane testimoniano l’entusiasmo suscitato nei fedeli dalla predicazione e dall’esempio di
Francesco. Si vedano, ad esempio: La leggenda dei tre compagni, p. 74; I fioretti di san Francesco, XVI, p. 43.
321
Il testo composto da Francesco e Ugolino non è giunto fino a noi, ma sono state trovate e pubblicate delle
copie che lo riproducono. Nicolò IV inserisce la Regola del Terz’Ordine nella Bolla Supra montem, emanata nel
1289, mettendo così fine ad un periodo di grande confusione relativo al Terz’Ordine e alle sue norme, ma
scatenando anche polemiche e scontri per la sua accettazione da parte dei penitenti stessi. Per una panoramica su
questi due punti e l’edizione dei testi in questione cfr.: MEERSSEMAN, Dossier de l’ordre (pubblica la Regola alle
pp. 128138 e l’intero bollario dell’Ordine della Penitenza alle pp. 3981); D A SANT’ELIA, Manuale storico –
giuridico – pratico; MATTESINI, Le origini; D’ALATRI, Penitenti e francescani.
322
Sul dibattito se Lucchese sia o no veramente il primo terziario francescano cfr.: MATTESINI, Le origini, pp. 17
18; DA SANT’ELIA, Manuale storico – giuridico – pratico, pp. 80 e ss.; PÉANO, Storia del Terz’Ordine, pp. 3637;
BS, VIII, col. 232; GHILARDI, S. Lucchese, pp. 2529. Sull’abito indossato dai terziari francescani cfr. MATTESINI,
Le origini, pp. 2427. Sulla nascita del Terz’Ordine, la tipologia di santità ad esso collegata e il ruolo delle donne
cfr.: BENVENUTI, Tipologie della santità penitenziale; EAD., Il contesto storico delle origini del movimento
penitenziale; SCORZA BARCELLONA, Francesco e le donne; BENVENUTI, Lucchese.
323
Le fonti agiografiche riguardanti Lucchese sono molto imprecise a livello cronologico e rendono piuttosto
arduo stabilire i confini temporali della vita del santo. Per quanto concerne la morte, la tradizione agiografica
tramanda la data del 28 aprile 1260, ma in realtà Lucchese muore almeno una decina di anni prima, come
dimostra la presenza di un testamento datato 4 dicembre 1251, nel quale un certo Forzore, mercante di
Poggibonsi, ordina di depositare dopo la propria morte cinque soldi sopra il sepolcro del “beato Lucchese”. Per il
testo del testamento (scoperto nel 1980 all’Archivio di Stato di Siena), in traduzione italiana, cfr.: San Lucchese
nel testamento di un mercante, pp. 912. Alcuni scrittori – tra i quali Wadding, che si basa su uno scritto di
Mariano da Firenze (cfr.: WADDING, Annales, III, p. 90) – hanno individuato nel 1241 l’anno della morte del
santo: cfr.: ZANOT, Lucchesio, Lucio, Lucchese, p. 161. Per una ricostruzione cronologica della vita di Lucchese
cfr. anche: BERTAGNA, S. Lucchese, pp. 13233.
324
Sul matrimonio e la vita familiare di Lucchese cfr.: ZANOT, Lucchesio, Lucio, Lucchese, pp. 169170. Sulla
famiglia del santo cfr.: BURRESI, La vita del Santo, p. 15. Sulle sue origini, contadine o popolari, cfr.: ZANOT,
Lucchesio, Lucio, Lucchese, p. 173.
325
AA.SS. Aprilis, III, p. 598.
326
Gli storici ritengono appartenesse al partito guelfo: cfr. MATTESINI, Le origini, p. 51; BERTAGNA, S. Lucchese, p.
128; BS, VIII, col. 231. I nemici politici di Lucchese, che lo costringono alla fuga da Gaggiano, non sono ben
identificati, ma tutte le fonti antiche concordano sul fatto che egli ne avesse: cfr. B ERTAGNA, S. Lucchese, pp. 116,
66
esercita l’attività commerciale, prima come pizzicarolo e poi come venditore di grano e biade.
Dopo un lungo periodo speso ad arricchirsi a scapito del prossimo, sfruttando soprattutto il
bisogno dei poveri ed esercitando attività al limite dell’usura 327, l’esistenza di Lucchese
subisce un cambiamento notevole negli anni Venti, quando conquistato dall’ideale della
povertà e della penitenza, si converte e cambia radicalmente vita. L’affarista senza scrupoli
assetato di denaro lascia il posto ad un “uomo nuovo”, che disprezza la ricchezza e i beni
materiali e desidera vivere secondo gli ideali del Vangelo. Lucchese rinuncia volontariamente
ai propri beni – che vende per poi distribuire il ricavato ai bisognosi – e abbandona l’attività
mercantile, distribuendo gratuitamente il grano e la biada ancora in suo possesso. Rimasto
proprietario solo di un piccolo campo per provvedere alle necessità alimentari della famiglia,
si dedica alle attività assistenziali 328 e la moglie, seppur con qualche riserva iniziale 329, lo
segue in questo cammino di conversione. Entrambi i coniugi diventano, come già detto,
terziari francescani e la carità diventa il modus vivendi di Lucchese, dipinto dagli agiografi
come un nuovo san Francesco che visita i malati negli ospedali, dà loro conforto e si prende
cura amorevole di ogni loro piaga, come già il Poverello di Assisi aveva fatto, arrivando
perfino a baciare un lebbroso e infliggendosi digiuni, penitenze e privazioni corporali d’ogni
genere 330. La conversione ha poi anche un lato più strettamente spirituale, con il santo che
frequenta la Chiesa, prega sia da solo sia insieme ai frati e riceve frequentemente i sacramenti,
anche prima della morte, assistito da un confessore dell’Ordine francescano 331.
Altro terziario francescano che opera miracoli è il beato Pietro Pettinaio 332, nato a
Campi – un paesino del Chianti senese – presumibilmente nel XIII secolo e morto a Siena nel
128; MATTESINI, Le origini, p. 51; BS, VIII, col. 231.
327
Cfr.: Vita (Tolomei), 12; BERTAGNA, S. Lucchese, p. 128. Lucchese rischia di essere accusato di usura poiché
non solo si occupa di scambi di denaro, ma anche sul commercio del grano e delle biade non applica il giusto
prezzo, ma al contrario ricerca un guadagno illecito, speculando ai danni dei consumatori. Sull’usura e sul giusto
prezzo, coi relativi riferimenti bibliografici, si veda il paragrafo 2.2.2 del presente studio.
328
Sulla conversione di Lucchese e il suo conseguente “impoverimento materiale” cfr. Cfr.: Vita (Tolomei), 34;
BERTAGNA, S. Lucchese, pp. 116, 12829. Sul suo abbandono dell’attività lavorativa cfr ZANOT, Lucchesio, Lucio,
Lucchese, pp. 17273.
329
La conversione di Bonadonna, che in un primo tempo rimprovera al marito la sua eccessiva prodigalità coi
poveri, che lo porta talvolta a donare loro non solo il superfluo, ma anche il necessario come ordina il precetto
evangelico, è favorita sia dalla morte dei figli sia dai primi prodigi operati da Lucchese, tra i quali spicca il
miracolo del pane, cui lei stessa assiste. Cfr.: Vita (Tolomei), 10.
330
Cfr.: Vita (Tolomei), 5, 9, 2223. Sulla vita ascetica di Lucchese cfr. anche ZANOT, Lucchesio, Lucio,
Lucchese, p. 174; BERTAGNA, S. Lucchese. Si veda anche BENVENUTI, Santità e ordini mendicanti in Valdelsa.
331
BERTAGNA, S. Lucchese, p. 116. Lucchese è protagonista anche di estasi e levitazioni, alle quali assistono i frati
francescani. Cfr. MATTESINI, Le origini, pp. 1619; BERTAGNA, S. Lucchese, p. 130; WADDING, Annales, III, p. 85.
Sulla morte di Lucchese cfr.: Vita (Tolomei), 3233; BERTAGNA, S. Lucchese, pp. 13031.
332
Il nome di questo santo varia da una fonte all’altra e anche gli studiosi non sono d’accordo su come
chiamarlo: Pietro o Pier, Pettinaio, Pettinajo o Pettinagnolo sono alcune delle opzioni che è possibile trovare nei
documenti. Il santo ha anche l’appellativo di “Tecelano”, che si rifà alla sua virtù di stare in silenzio e parlare
solo con cognizione di causa.
67
dicembre del 1289 333. Poco tempo dopo la sua nascita la sua famiglia, probabilmente di
estrazione artigiana, si trasferisce a Siena, dove Pietro cresce e sviluppa un temperamento
piuttosto burrascoso, radicalmente mutato dalla conversione, maturata in circostanze non ben
definite 334. In gioventù impara il mestiere di fabbricante di pettini, da cui deriva l’epiteto di
Pectinarius che accompagna sempre il suo nome, e per tutta la vita esercita questa attività,
vendendo la propria merce sulle piazze di molti mercati toscani 335. Pietro si distingue per
onestà e rettitudine in un mondo, quello mercantile, noto per la sua peccaminosità e cupidigia:
egli infatti vende i propri prodotti praticando sempre il “giusto prezzo” ed evita di
commerciare manufatti di cattiva qualità spacciandoli per buoni, attirando così su di sé le ire
dei mercanti concorrenti, che si ritengono danneggiati dalla sua integrità morale applicata alla
professione e non fanno affari a causa sua 336. In giovane età il beato Pettinaio si sposa, ma
dopo aver constatato la sterilità della moglie i due, di comune accordo, fanno voto di castità e
vivono in armonia fino alla morte di lei 337. Pietro, terziario francescano, conduce una vita
semplice e compie grandi opere di misericordia verso i poveri e i bisognosi, cura gli infermi e,
«come un altro beatissimo Francesco» 338, bacia le loro piaghe 339. Vende inoltre tutti i suoi
beni e trascorre gli ultimi anni di vita, gravemente malato, nel convento di San Francesco
insieme ai frati 340, che vista la sua profonda spiritualità, gli affidano i novizi, col compito di
aiutarli a risolvere i loro dubbi e di soccorrerli di fronte alle tentazioni 341. Pietro svolge anche
333
Cfr. Vita del B. Pietro Pettinajo, p. 5. Gli studiosi hanno ricercato e trovato, tra i diversi insediamenti toscani
con questo nome, il Campi a sette miglia da Siena, patria del beato Pietro: cfr.: ivi, pp. XXXVXXXVIII;
CRISTOFANI, Memorie del B. Pietro, pp. 43 e ss. L’anno di nascita di Pietro è invece del tutto sconosciuto.
334
Cfr.: Vita del B. Pietro Pettinajo, p. 6; BS, X, col. 719.
335
Cfr.: Vita del B. Pietro Pettinajo, p. 6.
336
Pietro per non far cadere in rovina i suoi concorrenti si reca al mercato solo dopo i Vespri, ma i clienti
attendono il suo arrivo per fare acquisti. La sua onestà, tuttavia, non lo protegge dall’essere talvolta ingannato da
altri mercanti senza scrupoli, che gli vendono per buoni prodotti o materie prime di cattiva qualità, che Pietro
compra e poi getta in Arno (insieme ai suoi pettini mal riusciti), perché così nessuno potrà più venderli per buoni
truffando altri compratori. Cfr.: ivi, pp. 68. Pietro, lavorando e commerciando con grande coscienziosità e senza
volersi arricchire attraverso commerci poco leciti, comincia a santificarsi nell’esercizio della sua professione.
Cfr.: VAUCHEZ, Ordini mendicanti, p. 216; BOESCH GAJANO, Lavoro, povertà, santità, pp. 12324.
337
Cfr. Vita del B. Pietro Pettinajo, pp. 6, 810; BS, X, coll. 71920.
338
Vita del B. Pietro Pettinajo, p. 11.
339
Sull’adesione al Terz’Ordine francescano cfr.: Vita del B. Pietro Pettinajo, p. 13; CRISTOFANI, Memorie del B.
Pietro, pp. 4041, 45. Pietro non è solo nella sua opera assistenziale, ma ha con sé un gruppo di otto compagni,
provenienti dalle file dei lavoratori urbani, uomini di legge, mercanti e artigiani che si occupano dei malati e
raccolgono elemosine per poi ridistribuirle a poveri ed infermi, senza tuttavia trascurare l’aspetto più
strettamente spirituale e dedicandosi anche alle orazioni Cfr. Vita del B. Pietro Pettinajo, pp. 1618, 4041, 75;
CRISTOFANI, Memorie del B. Pietro, p. 46; BS, X, col. 720.
340
Cfr. ivi, p. 44.
341
La profonda spiritualità di Pietro è fatta di preghiera quotidiana anche notturna, liturgia delle Ore e suppliche
a Maria, di cui è grande devoto, ascolto della Parola e contatto quasi giornaliero coi sacramenti della confessione
e dell’eucaristia. Ad essa si accompagnano digiuni e penitenze ed esperienze mistiche, oltre al dono della
profezia, che esercita per aiutare o redarguire quanti si recano presso di lui per un consiglio o un’opinione. Cfr.
ivi, pp. 57100. Sulla vita ascetica cfr. in particolare: ivi, pp. 22, 26, 72; sulle esperienze mistiche e profetiche
cfr.: ivi, pp. 2129, 4244, 4654, 6065, 69; BS, X, col. 721. Pietro, poi, nutre la propria fede e la propria
68
un ruolo pubblico, collaborando in diverse occasioni col governo cittadino 342 e soprattutto
guadagnandosi la stima di tutti grazie alla sua saggezza e al suo spirito profetico, cui fa
ricorso anche l’illustre concittadino, anche lui futuro santo, Ambrogio Sansedoni 343.
Veste l’abito dell’Ordine della Penitenza anche il beato Ranieri da Borgo San
Sepolcro, nato nel XIII secolo a Sansepolcro (AR) e morto nella stessa città il I novembre del
1304, presso il convento di San Francesco, dove presumibilmente trascorre almeno l’ultima
parte della sua esistenza terrena. Le informazioni sulla vita di questo santo laico sono
scarsissime e la ricostruzione della sua biografia è quasi impossibile. Il Liber Miraculorum
compilato dal notaio imperiale Cortonuzio Bentivegne di Perugia per ordine del Capitano del
Popolo biturgense, infatti, si limita a trascrive le testimonianze sui miracoli compiuti da
Ranieri, senza fornire informazioni sulla sua vita, che resta avvolta nel mistero 344. La sola
informazione certa sulla sua esistenza, è appunto, quella riguardante la sua appartenenza al
Terz’Ordine francescano, documentata sia da Cortonuzio nel prologo del Liber sia da fonti
francescane di epoca trecentesca, che illustrano le grandi virtù morali e spirituali di questo
santo laico, ma non fanno alcun accenno alle sue vicende biografiche, limitandosi a descrivere
un uomo capace di condurre una vita povera, umile e penitente e dotato di grande religiosità
345
.
Tra le fila dei terziari francescani si è detto che trovano posto anche numerose donne e
per due di loro le fonti toscane riferiscono di miracoli operati sia in vita sia dopo la morte. Si
tratta di Umiliana dei Cerchi e Margherita da Cortona, due figure femminili molto particolari,
religiosità anche con dei frequenti pellegrinaggi, che lo portano a visitare spesso Assisi, La Verna, Roma, Pistoia
e Pisa. Cfr.: Vita del B. Pietro Pettinajo, pp. 55, 72.
342
Il governo senese affida al santo alcuni compiti piuttosto importanti: nel 1282 deve scegliere i detenuti da
liberare in occasione della festa della Purificazione della Vergine, nel 1286 riceve, invece, il compito di
distribuire le elemosine a poveri e religiosi e gli vengono affidati anche i denari necessari a far eseguire delle
pitture sulle porte della città. Cfr.: BS, X, col. 720.
343
Ambrogio Sansedoni, predicatore domenicano, domanda a Pietro se è opportuno che accetti la carica di
vescovo di Siena e, ottenuta dal beato una risposta negativa, rinuncia alla cattedra. Chiedono lumi a Pietro anche
i Ghibellini senesi in esilio ad Arezzo, desiderosi di tornare in patria, ma il beato risponde loro che torneranno
solo quando si saranno esaurite le loro colpe e spira predicendo grossi guai per Pistoia, Firenze e Siena. Su questi
episodi cfr.: Vita del B. Pietro Pettinajo, pp. 84 e ss.
344
Cfr.: Il Libro dei Miracoli. Per la presentazione del Liber di Ranieri si rimanda al paragrafo 1.2.2 del presente
studio.
345
Le fonti francescane trecentesche che presentano la figura del beato Ranieri sono i Memorabilia de sanctis
Fratribus Minoribus (redatti tra 1314 e 1322), il Catalogus Sanctorum Fratrum Minorum (scritto intorno al
1335) e il Provinciale Ordinis Fratrum Minorum (prodotto nel 1343 circa). Accanto a questi fornisce notizie su
questo santo, descrivendo più nel dettaglio la sua condotta ascetica e penitenziale e la sua profonda spiritualità lo
Specchio dell’Ordine dei Minori, redatto verso il 1475 dal francescano perugino Giacomo Oddi. Tali fonti, poi,
sono state riprese e rielaborate in epoca successiva e gli agiografi moderni hanno aggiunto qualche informazione
supplementare a quelle fornite dai documenti antichi, ma si tratta di elementi riconducibili alla tradizione e alla
leggenda e non di notizie certe. Sulle fonti antiche e il loro contenuto cfr.: IRIARTE, Storia del Francescanesimo,
pp. 1819; KERN, Le Bienheureux Rainier, in particolare pp. 1516. Sulle rielaborazioni moderne cfr.: POLCRI, Il
Beato Ranieri, pp. 311318. Per una rapida panoramica sulla vita e le opere di Ranieri cfr.: BS, XI, 45.
69
appartenenti all’Ordine della Penitenza e al tempo stesso espressione anche di un fenomeno –
quello delle cosiddette “cellane”, diffuso nell’Italia del XIV secolo e ampiamente analizzato
dalla storiografia, in particolare dagli studi di Anna Benvenuti 346 – che vede le donne
protagoniste di esperienze di vita ascetica talvolta spinte al limite della sopravvivenza o
all’estremo confine con l’eterodossia.
La beata Umiliana dei Cerchi nasce a Firenze nel 1219. Di nobili origini, a soli sedici
anni la famiglia nonostante le sue rimostranze la dà in sposa ad un aristocratico, che però
muore dopo cinque anni di matrimonio e la nascita di due figlie 347. La santa allora, trascorso
l’anno di vedovanza, fa ritorno nella casa paterna, ma si oppone con forza alla volontà dei
familiari che la vogliono far sposare di nuovo, incorrendo così nella loro ira e allo stesso
tempo incassando il rifiuto per l’entrata in convento. Umiliana, tuttavia, non rinuncia alla
propria vocazione e si fa eremita nella sua stessa casa, rinchiudendosi in una torre di famiglia,
dove conduce vita ascetica e totalmente consacrata alla preghiera, alla penitenza e al servizio
del prossimo, per esercitare il quale lascia la propria cella e si rituffa nel mondo nel tentativo
di alleviarne le sofferenze 348. Seguita da un direttore spirituale, il francescano Michele degli
Alberti, nel 1240 la santa entra a far parte dell’Ordine della Penitenza, condividendo così la
propria esperienza con quella di altri laici votati alla povertà e all’assistenza 349. Dopo aver
trascorso la propria vita al servizio del Signore e dei fratelli e aver compiuto numerosi prodigi
Umiliana muore nella propria cella nel 1246 e diventa subito oggetto di culto da parte dei
concittadini 350.
346
Per una panoramica sulla questione si vedano: BENVENUTI PAPI, «In castro poenitentiae»; EAD., Frati
mendicanti e pinzochere in Toscana; BENVENUTI, Eremitismo e reclusione in ambito cittadino; BENVENUTI,
Religiosità e società femminile tra medioevo e rinascimento; REDON, La cellule intérieure; DALARUN, Hors des
sentiers battus; ID., Francesco. Un passaggio: donna e donne negli scritti e nelle leggende; MERLO, Note su
santità e condizione femminile nella Toscana medievale; VAUCHEZ, La santità, pp. 243249; BARTOLOMEI
ROMAGNOLI, Vita religiosa femminile nel secolo XIII; BELL, Holy Anorexia; BARONE, La religiosità femminile a
Roma e Firenze nel Basso Medio Evo; Movimento religioso femminile e francescanesimo nel secolo XIII.
347
Il marito di Umiliana è un usuraio e la santa nell’assisterlo lungo il suo percorso verso la morte riesce a
convincerlo a restituire il denaro estorto alle sue vittime, mostrando così la sua vocazione alla cura spirituale del
prossimo. Umiliana vive il suo matrimonio seguendo la propria vocazione, dedicandosi sì alla cura della casa e
all’educazione delle figlie, ma riservando anche molto spazio alla preghiera e alle opere di carità nei confronti
dei poveri. Cfr.: DBI, XXIII, p. 692; BS, III, col. 1132. Sulla figura e le vicende di Umiltà, oltre che sul valore
della sua esperienza religiosa e spirituale si vedano anche: BENVENUTI PAPI, «In castro poenitentiae»; EAD., Una
santa vedova; EAD., Devozioni private e guide di coscienze femminili. Sul valore del matrimonio e le
contraddizioni insite in questo status cfr.: EAD., Da Umiliana dei Cerchi a Villana delle Botti; LE BRAS, Le
mariage dans la théologie et le droit de l’Eglise.
348
La famiglia in conseguenza della sua ribellione ad un nuovo matrimonio le toglie anche la sua parte di beni.
Cfr.: DBI, XXIII, pp. 692693; BS, III, col. 1132. Sulla vedovanza e l’assistenza cfr.: BENVENUTI PAPI, “In Domo
bighittarum seu viduarum”.
349
La tradizione vuole, erroneamente, che Umiliana sia la prima terziaria fiorentina. Sul rapporto tra Umiliana e i
Francescani cfr.: DBI, XXIII, pp. 693694. Si vedano anche: BENVENUTI PAPI, I frati della penitenza nella società
fiorentina; EAD., L’impianto mendicante a Firenze; BENVENUTI, Ordini mendicanti e città.
350
Cfr.: DBI, XXIII, pp. 693694; BS, III, col. 1133.
70
Santa Margherita da Cortona nasce nel 1247 a Laviano, sul lago Trasimeno, da una
famiglia di contadini 351. Orfana di madre, patisce le angherie della matrigna e anche per
sfuggire ai suoi maltrattamenti a diciotto anni scappa di casa e va a vivere in un castello nei
pressi di Montepulciano con un giovane benestante di nome Arsenio. I due amanti convivono
per nove anni e hanno anche un figlio fuori dal matrimonio, con grande dispiacere della santa,
che pur vivendo una situazione di peccato mostra una certa moralità e un desiderio non solo di
regolarizzare la propria condizione, ma anche di ritirarsi in penitenza e preghiera 352. La svolta
nella vita di Margherita è data dall’assassinio di Arsenio, da lei stessa scoperto, in seguito al
quale la santa si converte 353 e – dopo un fallito tentativo di rientrare nella casa paterna, da cui
è scacciata per volontà della crudele matrigna – arriva insieme al figlio a Cortona (AR), dove
entra sotto la guida spirituale dei frati Minori. Margherita vive reclusa in una cella adiacente il
convento francescano 354 e trascorsi alcuni anni dal suo arrivo in città viene ammessa a far
parte dell’Ordine della Penitenza. La santa conduce un’esistenza ascetica all’insegna della
contrizione, della preghiera e della contemplazione 355 e consacra la propria vita al servizio del
prossimo. Nel 1278 fonda nella cittadina toscana un ospedale, la “Casa Santa Maria della
Misericordia”, dove si dedica all’assistenza dei malati coadiuvata da un gruppo di pie donne
che operano al suo fianco e ne seguono l’esempio. Margherita compie prodigi, converte le
351
Per un quadro sulla biografia di Margherita da Cortona e i relativi riferimenti agiografici e bibliografici cfr.:
IUNCTAE BEVEGNATIS, Legenda de vita et miraculis, pp. 5192. Si veda anche BS, VIII, coll. 759766.
352
Margherita non si limita a desiderare di dare una svolta alla propria esistenza fatta di ricchezza e di peccato,
ma profetizza addirittura la propria santità, affermando che un giorno sarebbe diventata santa e venerata. Cfr.:
Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, I.
353
La condotta di vita di Margherita e la sua prodigiosa conversione valgono alla santa l’appellativo di “nuova
Maddalena”. Margherita a differenza di Maddalena non è una meretrice, ma una peccatrice che porta avanti per
anni una convivenza immorale e diventa madre fuori dal matrimonio e che però con la stessa grazia e la stessa
determinazione della donna evangelica si converte a Cristo e cambia totalmente segno alla propria vita,
rendendola all’insegna della penitenza. Margherita espia le proprie colpe e come Maddalena recupera una
purezza verginale a livello spirituale, diventando modello per tutti, in particolare proprio per i peccatori, invitati
a seguire la sua strada e il suo esempio. Cfr.: IUNCTAE BEVEGNATIS, Legenda de vita et miraculis, pp. 93147;
IOZZELLI, Margherita da Cortona «Nuova Maddalena»; PILOSU, Pentimento e conversione nel topos della
peccatrice redenta; SEBASTIANI, Tra/Sfigurazione. Il personaggio evangelico di Maria di Magdala; BENVENUTI
PAPI, “Margarita filia Jerusalem”; CALUFETTI, L’esperienza della croce nel racconto di due convertite.
354
Nel 1288 Margherita lascia questa dimora a favore di una nuova cella sulla Rocca cortonese, a fianco della
chiesa di San Basilio. Resta tuttavia sotto la guida dei Francescani, in particolare di fra’Giunta Bevegnati – suo
confessore e futuro agiografo – e di fra’ Giovanni di Castiglion Fiorentino, inquisitore e committente della sua
Legenda. Su questo punto si veda il paragrafo 1.2.1 del presente studio.
355
Margherita vive esperienze spirituali molto forti, la sua vita è costellata di privazioni di ogni genere, digiuni e
autoflagellazioni, in seguito alle quali riceve in dono dal Signore estasi, rivelazioni e visioni, legate per lo più
alla Passione di Cristo, il suo tema preferito. Sulla mistica di Margherita cfr.: MENESTÒ, La mistica di Margherita
da Cortona. Su Margherita terziaria cfr.: D’ALATRI, L’ordine della penitenza nella leggenda di Margherita;
POULENC, Presenza dei movimenti spirituali nella “Leggenda”. Per una panoramica generale sulla mistica
francescana cfr.: RUH, Mistica femminile e mistica francescana; LEONARDI, Cultura e mistica francescana.
71
coscienze e si adopera anche a favore della pace cittadina 356, instancabile benefattrice fino
alla morte, avvenuta nel 1297, cui fa seguito lo sviluppo del culto per una figura la cui fama
sanctitatis era già notevolmente diffusa in vita 357.
La tradizione francescana vuole membro dell’Ordine della Penitenza anche un’altra
grande penitente del Duecento, santa Verdiana da Castelfiorentino, la cui appartenenza al
Terz’Ordine francescano, però, è tutt’altro che certa nonostante gli sforzi agiografici compiuti
in questa direzione dal mondo francescano. Verdiana nasce a Castelfiorentino (FI) nella
seconda metà del XII secolo da una nobile famiglia decaduta 358 e in giovane età si reca a
servizio come governante presso un ricco parente. Il crescente fervore religioso, tuttavia, la
spinge a farsi pellegrina e a mettersi in viaggio per visitare i luoghi della fede: Verdiana si
reca dunque a Santiago de Compostella e a Roma e al suo ritorno nel proprio paese natale
decide di dare una svolta alla propria vita, facendosi eremita. All’età di trent’anni la santa si
ritira dunque a vivere in una celletta alle porte di Castelfiorentino, in riva all’Elsa e nei pressi
di un oratorio dedicato a sant’Antonio abate 359. Nei trentaquattro anni trascorsi nel proprio
romitorio Verdiana si dedica alla preghiera e alla penitenza, conduce vita ascetica e si
impegna per curare e confortare coloro i quali, udita la sua fama di santità, si recano presso la
sua cella per visitarla, farle la carità o domandarle una grazia 360. Nel lungo periodo di ritiro
dal mondo la santa stabilisce anche un “rapporto privilegiato” con due serpenti, che entrano
nella sua cella attraverso la piccola finestra atta a comunicare con l’esterno e la tormentano
per diversi anni 361. La tradizione vuole che nel 1221 Francesco d’Assisi in persona si rechi in
visita al romitorio di Verdiana e la vesta con l’abito del terz’Ordine, anche se non vi è alcuna
356
Tra gli anni Ottanta e Novanta del Duecento Margherita si adopera per ricomporre le discordie cittadine tra le
fazioni dei Guelfi e dei Ghibellini e per ottenere la pace tra Cortona e il suo vescovo Guglielmo degli Umbertini.
Cfr.: CANNON, Marguerite et les Cortonnais. Sulla contaminazione tra vita politica e religione si veda: MORGHEN,
Vita religiosa e vita cittadina nella Firenze del Duecento; CARDINI, Agiografia e politica; CANNON – VAUCHEZ,
Margherita of Cortona and the Lorenzetti.
357
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, X. Sulla santità di Margherita si vedano anche:
JACOBELLI, Una donna senza volto; TEMPERINI, Margherita da Cortona.
358
Secondo la tradizione Verdiana appartiene alla famiglia Attavanti. Cfr.: BS, XII, col. 1023.
359
Sulle vicende biografiche di Verdiana fino alla scelta di farsi eremita si veda: Vita sancte Viridiane, IIII.
Sull’agiografia francescana e il suo ruolo nel racconto delle vite dei santi cfr.: BARONE, Le proposte agiografiche
degli ordini mendicanti; CASOLINI, I penitenti francescani in «Leggende» e cronache del Trecento; MERCURI,
Santità e propaganda. Il Terz’Ordine francescano.
360
Sulla figura di Verdiana e il valore della sua esperienza religiosa cfr.: BENVENUTI, Santa Verdiana e dintorni;
EAD., Capi d’aglio e serpenti; BENVENUTI PAPI, «In castro poenitentiae»; EAD., Santità femminile nel territorio
fiorentino.
361
Sulla vita ascetica caratterizzata da forti privazioni condotta da Verdiana all’interno della propria cella e i
tormenti dei serpenti nei suoi confronti cfr.: Vita sancte Viridiane, IVVI. L’agiografo sottolinea che la santa si
nutre abitualmente solo di pane e acqua, evitando invece carne, uova, formaggio e vino, dorme per terra e
indossa un cilicio. Verdiana inoltre si confessa settimanalmente e ridistribuisce ai poveri tutto ciò che i suoi
devoti le offrono come carità. Cfr. anche: BS, XII, col. 1024.
72
certezza sulla realtà di questo episodio 362. Indipendentemente dal suo status, la santa continua
ad essere un punto di riferimento per i fedeli fino alla morte, avvenuta nel 1242, cui fa seguito
lo sviluppo del culto intorno alla sua figura 363.
Non fa parte invece di alcun ordine religioso – nonostante le dispute in proposito tra
Francescani e Vallombrosani, che si contendono l’appartenenza e la memoria di questa santa
vergine 364 – la beata Giovanna da Signa, anche lei esponente del movimento penitenziale
femminile, nata verso la metà del XIII secolo 365. Le notizie sulla sua vita sono estremamente
frammentarie e non permettono di ricostruire la sua biografia, se non in maniera
estremamente sommaria, a partire dal luogo di nascita, forse Signa o un altro castello del
fiorentino 366. Certamente la santa ha origini umili e proviene da una famiglia contadina, dal
momento che il suo agiografo nel narrare un suo prodigio riferisce che quando si verifica il
prodigio la piccola Giovanna si trova in campagna a custodire il gregge del padre 367. Ancora
giovanissima, la santa consacra la propria vita alla contemplazione e alla penitenza ritirandosi
a vivere in un romitorio nei pressi di Signa 368, dove conduce quasi vitam angelicam 369 e
compie miracoli a favore di quanti arrivano fino alla sua cella per domandarle aiuto, guidati
dalla sua fama di santità, già diffusa in vita. Giovanna muore nel proprio romitorio nel 1309 e
la sua figura diventa subito oggetto di culto 370.
Quando Dalarun scrive che «on trouve en Italie une petite dizaine de saintes, ermites
ou recluses “sauvages”, de parte et d’autre de la césure 1348, qui semblent appartenir au
362
La natura dello status di Verdiana da Castelfiorentino è oggetto di contesa tra Francescani e Vallombrosani,
entrambi pronti a rivendicare l’appartenenza della santa al proprio Ordine, sulla base di motivazioni collegate
alla vita stessa della reclusa, ma emerse diverso tempo dopo la sua morte. Secondo il francescano Mariano da
Firenze – autore delle Cronache Generali dei Minori – Verdiana è terziaria ed è stata ammessa nell’Ordine della
Penitenza direttamente da san Francesco (cfr.: Cronache generali, II, cap. XIV, 512) mentre per i
Vallombrosani la tradizione manoscritta ed iconografica, unita a motivazioni di carattere logistico, col convento
fiorentino intitolato alla santa che nasce su un palazzo dono proprio dell’Ordine fondato da Giovanni Gualberto
sono sufficienti per affermare l’indiscusso legame tra Verdiana e i monaci.
363
Cfr.: Vita sancte Viridiane, IXX.
364
Dalla Vita scritta nel XIV secolo Giovanna non risulta appartenere ad alcun Ordine religioso.
365
Su Giovanna da Signa, la sua figura e il suo inserimento nel quadro delle esperienze penitenziali femminili
diffuse in Italia tra XIII e XIV secolo il contributo più completo ed interessante è offerto da Jacques Dalarun.
Cfr.: DALARUN, Jeanne de Signa.
366
La scarsa documentazione disponibile non chiarisce il dubbio e la memoria di Giovanna viene rivendicata
anche da comunità diverse da quella signese – come San Martino a Gangalandi (presso Lastra a Signa – FI), che
ne reclama le spoglie – proprio in virtù dell’incertezza sui suoi natali. Sulla definizione del luogo di nascita della
santa cfr.: Beatae Iohannae de Signa vita et miracula, 1.
367
Cfr.: ivi, 1.
368
Secondo alcuni storici Giovanna si sposa in gioventù con un contadino, per poi farsi reclusa dopo qualche
tempo, forse in seguito alla morte del marito. Cfr.: BS, VI, col. 559.
369
Cfr.: Beatae Iohannae de Signa vita et miracula, 2.
370
Cfr.: DALARUN, Jeanne de Signa, p. 175; BS, VI, col. 559.
73
même courant que la bienheureuse Jeanne de Signa» 371
si riferisce dunque anche ad
Umiliana dei Cerchi, Margherita da Cortona e Verdiana da Castelfiorentino, figure di donne
che indipendentemente dall’appartenenza ad un terz’Ordine mendicante vivono esperienze
spirituali caratterizzate dalla vita solitaria e dalla penitenza e sono denominate “cellane”
proprio in virtù della loro scelta di vivere isolate dal mondo in piccole celle nei pressi dei
conventi o in aperta campagna.
Appartiene al terz’Ordine dei Predicatori Caterina da Siena, la santa più illustre del
Trecento italiano e non solo, protagonista della vita politica e religiosa e celebre per il suo
impegno attivo a favore della Chiesa e la sua influenza sul governo ecclesiastico, oltre che per
le sue spiccate virtù spirituali. Santa Caterina nasce a Siena nel 1347 da Jacopo Benincasa,
tintore di pelli, e Lapa, già genitori di altri ventitre bambini. Fin dall’infanzia la futura santa
manifesta una forte vocazione religiosa – caratterizzata anche da visioni ed episodi
sovrannaturali – e in età adolescenziale nonostante i contrasti con la famiglia si taglia i capelli
e si rinchiude come eremita nella propria stanza, conducendo vita ascetica e penitenziale,
dedita alla preghiera e alla contemplazione. I familiari in un primo tempo si oppongono a
questa scelta, ma la perseveranza di Caterina da un lato e l’intervento divino dall’altro fanno
sì che la vocazione della giovane possa continuare ad esprimersi 372. Nel 1363 la santa entra a
far parte del Terz’Ordine dei Predicatori e si dedica oltre che alla preghiera e alla penitenza
all’assistenza dei malati, dividendosi tra l’ospedale della Scala e il lebbrosario di San Lazzaro
373
. La vita esemplare di Caterina non suscita solo ammirazione, ma anche profonde invidie e
gelosie, che costringono la santa a far fronte ad accuse e calunnie di ogni genere, che supera
con la forza della fede e il sostegno del Signore, che le concede straordinarie esperienze
mistiche 374. Attorno a Caterina, inoltre, si forma un gruppo di discepoli che seguono i suoi
371
DALARUN, Jeanne de Signa, p. 163 (l’intero saggio, dedicato in particolare a Giovanna da Signa, fa riferimenti
alla questione delle peculiarità della santità femminile italiana, per la quale costituisce un basilare riferimento
BENVENUTI, «In castro poenitentiae»). Cfr. anche: DALARUN, Hors des sentiers battus; VAUCHEZ, La santità, pp.
243249; GIANNI, Caterina e le altre; BENVENUTI, Spazi di relazione femminile e spazi urbani; EAD., La santità nel
matrimonio; ZACCAGNINI, Ubaldesca, una santa laica.
372
Il padre della santa vede una colomba posarsi sulla testa della figlia raccolta in preghiera e da quel momento
si convince a cessare di perseguitarla e di ostacolare la sua vocazione. Sui primi anni di vita di Caterina e il suo
desiderio di condurre una vita dedita alla contemplazione e al servizio cfr.: BS, III, coll. 9991000. Sulla figura di
Caterina e i relativi studi cfr.: Atti del Simposio internazionale.
373
Cfr.: BENVENUTI PAPI, Penitenza e santità femminile in ambiente cateriniano e bernardiniano.
374
Cfr.: BS, III, col. 1003; REDON, Une vie. Le corps et l’âme; SANTI, Santità mistica. Sono frutto delle esperienze
mistiche di Caterina due sue opere letterarie, dettate ai propri discepoli e segretari durante i suoi rapimenti
estatici. Si tratta del Dialogo della divina provvidenza – un colloquio tra la santa e Dio – e delle Preghiere, una
serie di orazioni divinamente ispirate. Per un quadro su queste opere cfr.: BS, III, coll. 10171021. Per una
panoramica sul pensiero cateriniano cfr.: ivi, coll. 10211026. Sulla scrittura femminile si vedano anche:
Esperienza religiosa e scritture femminili; MURARO, Le amiche di Dio: scritti di mistica femminile; Scrittrici
mistiche italiane. I testi sono pubblicati in: CATERINA DA SIENA, Il dialogo della divina Provvidenza e in EAD.,
Tutte le preghiere di S. Caterina da Siena dottore della Chiesa.
74
insegnamenti 375 e la santa inizia ad avere rapporti con le alte gerarchie del governo
ecclesiastico 376, ad impegnarsi nella vita politica 377 e a portare fuori da Siena la propria
attività apostolica, oltre che a vedere riconosciuta la propria elezione spirituale mediante
l’impressione delle stimmate 378. Sul fronte politico ottiene il suo più grande successo nel
1376, col rientro in Italia della corte pontificia grazie all’influenza esercitata su papa Gregorio
XI 379. I viaggi di Caterina continuano negli anni successivi e sono costellati da un gran
numero di prodigi, a favore di bisognosi di ogni genere. Prosegue anche il suo impegno nella
politica ecclesiastica, che la vede difendere il successore di Gregorio IX, Urbano VI, dai
tentativi di usurpazione del suo titolo da parte dei Francesi 380 e promuovere la riforma
dell’Ordine domenicano, predicando il ritorno all’osservanza della regola primitiva 381.
Caterina muore a Roma nel 1380 in odore di santità e diventa subito oggetto di culto 382.
375
L’attività apostolica di Caterina, che si snoda attraverso le lettere scritte dalla santa, è oggetto di indagine da
parte dell’Ordine domenicano, preoccupato per eventuali eresie. Il Capitolo generale di Firenze del 1374
convoca Caterina per sostenere un esame e stabilire la liceità del suo pensiero e del suo operato e si conclude con
il pieno riconoscimento dell’ortodossia della santa, cui viene assegnato come direttore spirituale fra Raimondo
da Capua, già esponente illustre dei Predicatori. Cfr.: I miracoli di Caterina. Sul rapporto tra la santa e il suo
confessore e futuro agiografo cfr.: BOESCH GAJANO – REDON, La Legenda maior di Raimondo da Capua. Le
numerose lettere di Caterina, tuttavia, non sono soltanto di carattere pastorale e sono rivolte ad interlocutori di
vario genere sparsi per l’Europa. Per un’analisi sintetica della corrispondenza della santa e sulla sua tradizione
manoscritta cfr.: BS, III, coll. 10101017.
376
Nel 1383 hanno inizio le relazioni di Caterina con papa Gregorio XI, sposa la causa della crociata contro i
Turchi e si impegna nella promozione di questo pellegrinaggio armato in difesa della cristianità. Cfr.: ivi, col.
1004.
377
Caterina viene inviata dal governo fiorentino come mediatrice presso il papato avignonese in occasione della
ribellione di Firenze e di altre città dell’Italia centrale alla Santa Sede, che determinano la scomunica e
l’interdetto sulla città, cancellate grazie all’intervento della santa.
378
Caterina si reca a predicare a Pisa per predicare e in questa città riceve le stimmate, come racconta a
Raimondo da Capua il I aprile 1383, mentre si trova assorta in preghiera davanti al crocifisso dì Giunta Pìsano
nella chiesa di Santa Caterina sul Lungarno. Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 193196. Sul culto delle stimmate di
Caterina e le controversie ad esso collegate cfr.: BS, III, col. 1033. Sulle stimmate e la loro storia cfr.: F RUGONI,
Francesco e l’invenzione delle stimmate. Sulla predicazione femminile cfr.: RUSCONI, Women’s Sermons at the
End of the Middle Ages.
379
Cfr.: BS, III, col. 1005. Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 274, 419420.
380
I cardinali francesi non riconoscono Urbano, giudicano illegittima la sua elezione e nel 1378 proclamano un
antipapa, Clemente VII. Urbano VI per risolvere la gravissima situazione in cui versa non solo lui, ma l’intera
Chiesa fa appello a Caterina, che si stabilisce a Roma e si dedica con successo a difendere il legittimo pontefice
e a ricomporre la frattura in seno alla curia pontificia. Caterina si rivolge ai cardinali, ma anche ai capi religiosi e
ai sovrani e li persuade a difendere
Urbano, che riconcilia anche con il popolo romano. Cfr.: BS, III, coll. 10061007.
381
Sostiene la riforma in qualità di Generale dell’Ordine anche Raimondo da Capua e la abbracciano per primi i
discepoli della santa, tra cui spiccano il senese Tommaso Caffarini e il fiorentino Giovanni Dominici. La riforma
ha inizio nel convento di Venezia, dove si radunano i seguaci di Caterina dopo la sua morte e vi partecipano
anche le suore del secondo Ordine, anch’esse popolate di discepole della santa. Caterina, tuttavia, nella sua
attività pubblica ha rapporti anche con altri Ordini, come ad esempio i Vallombrosani. Su questo punto cfr.:
SCHIAVONE, I rapporti tra i vallombrosani e Caterina da Siena.
382
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, IV; BS, III, coll. 10261033. Sulla figura e il culto di Caterina si veda VALLI,
Saggi su S. Caterina da Siena. Per una bibliografia esaustiva sulla santa senese cfr.: Bibliografia cateriniana.
75
Altra categoria di laici che pur mantenendo il loro status si collegano al mondo
religioso e alle istituzioni ecclesiastiche sono gli oblati, figure che senza prendere i voti
appartengono ad una congregazione religiosa. Tra i santi che operano miracoli nelle fonti
toscane del basso Medioevo ci sono due oblate: Bona da Pisa e Ubaldesca da Pisa, la prima al
servizio dei canonici regolari, la seconda del Monastero San Giovanni, dell’Ordine degli
Ospedalieri. Santa Bona da Pisa 383 nasce nella città toscana, nel quartiere di Kinzica, intorno
alla metà del XII secolo, forse nel 1155. Fin dalla più tenera età si dimostra molto religiosa ed
ha ricorrenti visioni del Cristo, della Vergine e di san Giacomo Apostolo che la guidano, la
confortano e le conferiscono doni e benedizioni. Proprio in virtù di queste visioni in età
adolescenziale si fa pellegrina e si reca a Gerusalemme, dove resta dieci anni 384. Di ritorno
dalla Terra Santa diventa oblata dei canonici regolari della propria città e sceglie di vivere
presso la chiesa di San Martino di Kinzica. Oltre all’interesse per i viaggi sacri Bona possiede
uno spiccato senso caritativo e un profondo desiderio di occuparsi del prossimo, motivo per
cui tra un pellegrinaggio e l’altro si dedica alla cura dei bisognosi e fonda sempre a Pisa
un’importante struttura assistenziale, l’ospedale di San Jacopo de Podio, da lei stessa affidato
alla gestione dei monaci di San Michele degli Scalzi 385. Bona muore a Pisa il 29 maggio del
1207 dopo aver compiuto numerosi miracoli e viene sepolta nella chiesa di San Martino.
Santa Ubaldesca da Pisa nasce da una famiglia di bassa estrazione sociale a Calcinaia
(PI), nel Valdarno inferiore, nella prima metà del XII secolo 386. Le notizie sulla sua vita sono
scarsissime e di conseguenza ricostruire la sua vicenda terrena è piuttosto complicato, ma è
certo che all’età di quindici anni si reca a Pisa, dove inizia a prestare servizio presso
l’Hospitium S. Iohannis Carrariae Gonnellae, un’istituzione caritativa volta all’assistenza
383
Per le notizie sulla vita di santa Bona cfr.: BS, III, coll. 234236; ZACCAGNINI, La tradizione agiografica, pp.
1516. Per una panoramica sulla fugura della santa cfr.: BANTI, Bona da Pisa.
384
La santa visita anche i principali santuari del tempo, tra cui San Pietro a Roma e Santiago de Compostela,
esponendosi a ripetuti e gravi pericoli nel corso dei suoi viaggi. Su Bona da Pisa pellegrina cfr.: BENVENUTI, Una
santa sul “camino”; FRUGONI, Santa Bona, pellegrina per “desiderio”. Sul ruolo del pellegrinaggio si vedano
anche: BENVENUTI PAPI, Pellegrinaggio e culto dei santi; BENVENUTI, Il pellegrinaggio femminile nel medioevo;
EAD., Donne sulla strada: l’itineranza religiosa femminile; EAD., Pellegrini, cavalieri ed eremiti; FINUCANE,
Miracles and Pilgrims.
385
Il doppio legame di Bona da un lato con la chiesa di San Martino di Kinzica e dall’altro con il monastero di
San Michele degli Scalzi dà vita ad una contesa tra le due istituzioni religiose pisane, non riguardo
all’attribuzione all’una o all’altra comunità – data la certezza dello status di Bona come oblata a Kinzica – ma
sulla base di motivazioni di prestigio e potere, coi canonici da un lato e i monaci dall’altro entrambi decisi a
rivendicare l’appartenenza e la memoria della santa. Proprio l’ospedale, teatro di molti miracoli, rappresenta il
punto più critico della contesa, che ha come cassa di risonanza l’agiografia. Le due comunità religiose coinvolte
nel conflitto danno grande importanza ai rapporti intercorsi con la santa e fanno delle Vitae, redatte in modo
strumentale dai contendenti per rafforzare le proprie tesi, la loro arma. Sul ruolo dell’agiografia nello scontro tra
San Martino e San Michele si veda il paragrafo 1.2.2 del presente studio. Sul ruolo dell’Ospedale nel culto e
nella vicenda di Bona cfr.: PANARELLI, Culto dei santi e culto dei luoghi.
386
Alcuni storici identificano l’anno di nascita di Ubaldesca nel 1136, altri nel 1145. Cfr.: BS, XII, col. 731.
76
degli ammalati e appartenente all’ordine dei Giovanniti 387. Ubaldesca partecipa alla gestione
dell’ospedale e unisce alle opere assistenziali una profonda spiritualità, pur non prendendo
mai voti e mantenendo per tutta la vita la propria condizione laicale 388. Le virtù
taumaturgiche della santa emergono già in vita e presso di lei accorrono numerosi bisognosi
in cerca di conforto e salute, che dona fino alla morte, avvenuta nel 1206, dopo
cinquantacinque anni di servizio presso l’Hospitium giovannita 389.
2.2 I destinatari
I miracoli hanno destinatari assai eterogenei, che si dividono in tre grandi categorie: le
persone singole (la maggior parte), le comunità – siano esse civili o religiose – e i soggetti
particolare diversi da quelli umani. Le informazioni sull’identità dei miracolati fornite dalle
fonti sono spesso scarne e frammentarie, pochi sono gli agiografi che riferiscono i dati
anagrafici completi dei destinatari dei prodigi – dal nome all’età, dalla provenienza
all’occupazione – magari corredandoli con informazioni relative allo status sociale e al
relativo ruolo nella collettività. In base ai dati presenti all’interno delle narrazioni
agiografiche, tuttavia, è possibile cercare di tracciare un quadro generale sui miracolati che
permetta di coglierne i tratti generali e alcune specificità, relative sia ad alcune tipologie di
prodigi sia ai singoli santi. Nel complesso, pur non mancando tra loro personaggi di alto
rango, i destinatari dei miracoli sono per lo più persone semplici, di medio e basso stato
sociale, prive di cultura religiosa e caratterizzate da una spiritualità rozza ma profonda e da
una fiducia molto forte nei santi, con cui spesso hanno un legame particolare di conoscenza o
di appartenenza comune. Si tratta di uomini e donne – padri e madri di famiglia, lavoratori o
religiosi – ma anche di bambini, provenienti sia dall’ambito locale del santo sia da luoghi
lontani, una folta schiera di persone che grazie all’intervento sovrannaturale acquistano o
recuperano una condizione di vita assai migliore della precedente sotto diversi aspetti, ma
soprattutto dal punto di vista sanitario.
387
I Giovanniti sono un Ordine istituito nel 1099 a Gerusalemme presso la Chiesa di san Giovanni Battista e
segue la regola di sant’Agostino. Sulla vita religiosa di Ubaldesca cfr.: ZACCAGNINI, Ubaldesca, una santa laica,
pp. 6466. Sugli Ospedalieri, il monastero di S. Giovanni a Pisa e il loro legame con Ubaldesca cfr.: ivi, pp. 91
96, 115126.
388
Dopo la morte della santa i Giovanniti la rivendicano al loro Ordine e si impossessano della sua memoria,
nonostante non abbia mai preso i voti. Più che una contesa attorno alla sua figura si crea dunque un equivoco
riguardante la sua attribuzione all’Ordine che gestisce l’ospedale di San Martino presso cui Ubaldesca presta
servizio per tutta la vita. Sullo status laicale di Ubaldesca cfr.: ivi, pp. 126132, 136138.
389
Cfr.: BS, XII, col. 731.
77
Il novantasette per cento dei miracoli narrati dalle fonti toscane basso medievali viene
compiuto a favore di soggetti individuali, singoli nella quasi totalità dei casi, ma anche
multipli 390. Là dove il miracolo non ha un destinatario unico ma porta beneficio a più
persone, queste possono essere legate da vincoli di parentela – specie quando si tratta di un
paio di individui – o condividere esperienze particolari, che ne unificano le sorti in un
determinato momento, come succede a viaggiatori, pellegrini o prigionieri, che trovandosi in
difficoltà per svariati motivi si rivolgono ai santi e chiedono loro aiuto sia per sé sia per i
propri compagni di sventura. I destinatari di miracoli sono in prevalenza uomini, ma anche le
donne sono piuttosto numerose e lo scarto tra i due generi non è grande 391, segno che il
miracoloso rispecchia solo in parte il ruolo centrale dell’uomo nella società medievale, perché
a differenza di altri ambiti non relega la donna in una posizione del tutto marginale,
conferendole invece pari dignità nei confronti dei santi e, dunque, di Dio, che attraverso
questi personaggi terreni opera prodigi. Uomini e donne hanno le stesse possibilità di essere
guariti o liberati da qualunque impedimento renda difficoltosa o metta in pericolo la loro
esistenza, anche se nel caso del dossier documentario utilizzato per questo studio i miracolati
uomini sono più numerosi. Beneficiano dell’intervento dei santi sia i laici sia i religiosi, i
secondi in forma molto minore rispetto ai primi, anche in virtù del loro numero più limitato
all’interno della società 392.
2.2.1 I religiosi
L’insieme dei religiosi è piuttosto eterogeneo e tra i miracolati si annoverano membri
del clero, regolare o secolare, ed esponenti dei diversi Ordini sia monastici sia mendicanti. I
religiosi per i quali sono narrati più miracoli sono i Vallombrosani e i Domenicani, seguiti da
sacerdoti, monaci benedettini pulsanesi 393 e frati francescani, ma tra i destinatari dei prodigi
390
Su 1346 miracoli compiuti a favore di soggetti individuali ben 1229 sono diretti a singole persone, mentre 119
a soggetti multipli, 40 a coppie e 79 a gruppi.
391
In 856 casi i miracolati sono uomini, in 555 donne.
392
I miracoli a favore dei religiosi sono 101, quelli di cui beneficiano i laici sono invece 1227. In alcuni casi, là
dove il destinatario del miracolo non sia singolo ma multiplo, laici e religiosi possono essere destinatari dello
stesso prodigio. È il caso, ad esempio, dei gruppi di viaggiatori o di pellegrini salvati da pericoli di vario genere,
dove si mischiano religiosi e semplici fedeli.
393
I Pulsanesi sono una Congregazione benedettina fondata nel 1130 nella valle di Pulsano (MT) da Giovanni da
Matera. Nel corso del XII e XIII secolo l’Ordine – caratterizzato da una regola molto severa che impone ai
monaci uno stile di vita essenziale e meditativo – si diffonde in Toscana ed Emilia e arriva persino in Dalmazia.
I pulsanesi inoltre non svolgono attività di studio ma solo manuali, sostentandosi praticando l’agricoltura e
chiedendo l’elemosina. Per una panoramica sull’Ordine e il loro fondatore cfr. tra gli altri: PANARELLI, Dal
Gargano alla Toscana; MORELLI, Vita di S. Giovanni da Matera.
78
figurano anche Serviti, Certosini, Agostiniani, Olivetani e Giovanniti 394. A queste potrebbero
dover essere aggiunte altre congregazioni, visto che in alcuni casi gli agiografi non
specificano l’appartenenza ad un preciso Ordine dei religiosi che ricevono miracoli. Il
miracoloso diretto alle persone di Chiesa è piuttosto vasto e riconducibile a tutte le tipologie
di prodigi: si narrano eventi di carattere taumaturgico, cratofanico, apotropaico e spirituale e
si registra persino un caso di miracolo punitivo. Si tratta di un frate francescano che mette in
discussione la figura di Filippo Benizi e udendo le meraviglie compiute dal santo usa parole
denigratorie nei suoi confronti, in conseguenza delle quali la sua bocca e la sua faccia si
rovesciano impedendogli di parlare finché, pentito, non si reca in pellegrinaggio sul sepolcro
di Filippo chiedendogli perdono per il proprio atteggiamento ingiurioso e ottiene così di
essere risanato 395.
Nella maggior parte dei casi i religiosi beneficiano di miracoli operati a loro favore da
santi appartenenti al loro stesso Ordine, siano essi religiosi o terziari, ma non si tratta di una
regola, tanto più che vi sono da un lato santi a loro volta consacrati tra i cui miracolati non
compaiono persone di chiesa 396 e dall’altro destinatari religiosi di miracoli graziati da santi di
altri Ordini o addirittura da laici. Ben venticinque dei ventisei miracoli di cui beneficiano
monaci e monache dell’Ordine vallombrosano sono compiuti da Umiltà da Faenza – che li
opera prima nella sua città natale e poi a Firenze 397 – e solo uno da Caterina da Siena,
394
Per i Vallombrosani si narrano 26 miracoli, 22 per i Domenicani, 9 per i Benedettini, 5 per i Francescani, 3
per i Certosini, 2 per i Serviti, gli Agostiniani e gli Olivetani e 1 per i Giovanniti. A questi vanno aggiunti altri
10 religiosi per i quali le fonti non definiscono l’appartenenza ad un Ordine preciso. Per quanto riguarda i nuovi
ordini, quello dei Servi di Maria è un Ordine mendicante fondato probabilmente nel 1233 da un gruppo di sette
persone, noti come i “Sette santi fondatori”, ritiratosi sul Monte Senario, presso Firenze, mentre gli Olivetani
sono una congregazione benedettina fondata nel 1319 presso l’abbazia di Monte Oliveto Maggiore dai senesi
Bernardo Tolomei, Patrizio Patrizi e Ambrogio Piccolomini. L’Ordine di Sant’Agostino è invece eremitico e nel
1256 riunisce al suo interno tutte le correnti solitarie presenti in Italia e gli Ordini di ispirazione agostiniana
costituitisi in precedenza nelle diverse zone geografiche, coi Giovanniti, antico Ordine istituito pochi anni prima
nel 1099 a Gerusalemme presso la Chiesa di san Giovanni Battista sotto la regola di sant’Agostino, che
mantengono però il loro status. Per maggiori informazioni su Serviti, Olivetani, Agostiniani e Giovanniti cfr., tra
gli altri: BENASSI, I Servi di Maria; DAL PINO, I frati Servi di S. Maria; ID., Spazi e figure; Alle origini dell’Europa
mediterranea; Saggi e ricerche nel VII centenario della nascita del b. Bernardo; GUTIERREZ, Storia dell'Ordine di
S. Agostino; MARIANI, Gli agostiniani. Si vedano anche le pubblicazioni della rivista servita “Studi storici
dell’Ordine dei servi di Maria”.
395
Cfr.: Legenda Patris Nostri Beati Philippi, 32.
396
I santi religiosi che non hanno tra i destinatari dei loro prodigi alcun uomo di chiesa sono l’agostiniano
Agostino Novello, il presbitero Alberto da Colle Val d’Elsa, il servita Francesco da Siena e la vallombrosana
Margherita da Faenza. Ambrogio Sansedoni, invece, annovera tra i destinatari dei propri miracoli alcuni soggetti
religiosi, ma nessuno dell’Ordine dei Predicatori cui egli stesso appartiene.
397
Per la narrazione dei miracoli operati da Umiltà da Faenza a favore dei Vallombrosani cfr.: Vita sancte
Humilitatis, 19, 2627, 28, 30, 31, 48, 5152, 5657, 58, 68, 77; Vita di Umiltà, XIII, XXI, XXII, XXIV, XXV,
XXX, XXXIII, XXXIV, XLV, XLVII, LIII, LIV, LX. I miracoli in questione trovano tutti corrispondenza tra le
due fonti, tranne il numero XLV della Vita di Umiltà.
79
benefattrice di un monaco di Passignano (FI) di nome Iohannes 398. Quasi esclusivo anche il
rapporto tra i Benedettini e Bona da Pisa – oblata regolare dei canonici di San Martino in
Kinzica, ma legata anche al monastero pulsanese di San Michele in Orticaria – che realizza
otto dei nove miracoli destinati ai monaci 399, col nono compiuto invece da Ambrogio
Sansedoni a favore di Benedica, monaca senese del monastero di San Casciano 400. Una sola
eccezione anche tra i Francescani, il già ricordato frate impertinente punito da Filippo Benizi,
santo protagonista dei due miracoli che hanno come destinatari religiosi dell’Ordine dei Servi
di Maria 401. Galganus, Bartholomaeus da Pontremoli (MS) e un gruppo di diciannove frati
Minori pellegrini sono invece protetti il primo da Umiliana dei Cerchi 402 e i secondi da
Lucchese da Poggibonsi 403, entrambi terziari francescani. Bartolo de Palmerini, unico
giovannita miracolato, priore della chiesa del Santo Sepolcro di Pisa deposto con disonore dal
Maestro del suo Ordine, si rivolge disperato alla santa concittadina e compagna di veste
Ubaldesca, grazie al cui intervento viene reintegrato nel proprio incarico 404. Infine, in
diciannove casi su venticinque i Domenicani ricevono miracoli da due grandi sante
dell’Ordine, una suora e una terziaria, ovvero Agnese da Montepulciano 405 e Caterina da
Siena 406, ma sono ben sei le narrazioni di prodigi destinati a frati predicatori che vedono come
protagonista Bona da Pisa 407.
398
Passignano è un monastero vallombrosano nei pressi di Castelfiorentino (FI). Per la narrazione di questo
miracolo cfr.: Il Processo Castellano, III, p. 265.
399
Per la narrazione dei miracoli operati da Bona da Pisa a favore dei pulsanesi cfr.: Vita sancte Bone virginis,
XXII (corrispondente a: Vita sancte Bone virginis de civitate Pisana, XLIX), XXVIII, XXXI (Vita sancte Bone
virginis de civitate Pisana, XLVII); Miracula sancte Bone, III (Vita sancte Bone virginis de civitate Pisana,
LVIII); Vita sancte Bone virginis de civitate Pisana XXXVII.
400
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 146.
401
Cfr.: Legenda Patris Nostri Beati Philippi, 15, 21. Filippo opera anche un miracolo a favore del proprio
convento e di tutti i confratelli, per la cui narrazione cfr.: ivi, 1011. Per il miracolo del frate francescano cfr.
invece: ivi, 32.
402
Galganus è destinatario di due miracoli. Per la loro narrazione cfr.: Vita beatae Humilianae de Cerchis, 39;
Miracula intra triennium ab obitum patrata, 4.
403
Cfr.: Vita (Tolomei), 47, 49.
404
Il miracolo avviene dopo la morte della santa, cui Bartolo promette la traslazione delle reliquie e la
celebrazione di una grande festa se otterrà la riabilitazione da parte dell’Ordine, cui la stessa Ubaldesca
apparteneva in vita come terziaria. Per la narrazione del miracolo cfr.: Uita della beatissima uergine Ubaldesca,
12.
405
I tre frati domenicani miracolati da Agnese sono i soli soggetti religiosi destinatari dei suoi prodigi. Per la
narrazione dei miracoli cfr.: Legenda Beate Agnetis de Monte Policiano, I, 12, 26, I, 12, 812, I, 12, 1618.
406
Le sedici narrazioni di cui è protagonista Caterina hanno in alcuni casi il medesimo destinatario. Cfr.: Vita
Catharinae Senensis, 8789, 99, 254255 (corrispondente a: Il Processo Castellano, Vb, p. 344; I miracoli di
Caterina di Iacopo da Siena, XXIV), 256 (Il Processo Castellano, Vb, p. 344; I miracoli di Caterina di Iacopo
da Siena, XXV), 260, 266, 282284 (Il Processo Castellano, Va, p. 300), 302304, 305306; Il Processo
Castellano, Va, pp. 298300, XXII, p. 448.
407
I destinatari domenicani dei miracoli operati da Bona sono tre e i prodigi sono narrati in due fonti. Cfr.:
Miracula sancte Bone, IV, V, VI, corrispondenti nell’ordine a Vita sancte Bone virginis de civitate Pisana,
LVIII, LX, LIX.
80
Spesso i religiosi oggetto di miracolo non solo appartengono allo stesso Ordine, ma
hanno anche uno stretto legame col santo che concede loro la grazia e sono suoi confratelli o
consorelle, confessori e guide spirituali, compagni o futuri agiografi. Raimondo da Capua,
confessore, guida spirituale e agiografo di Caterina da Siena, è un destinatario abituale dei
prodigi della santa senese, salvato dalla peste e dai pericoli della navigazione, beneficiato del
miracolo del pane e persino rassicurato sulla sua redenzione mediante una visione salvifica 408.
Caterina salva anche l’altro suo storico confessore, nonché agiografo e promotore del suo
processo di canonizzazione, il domenicano senese Tommaso Caffarini, aggredito dai banditi
insieme al compagno Georgio Naddj nelle campagne senesi e risparmiato proprio per
intercessione della santa 409. Non ricoprono ruoli istituzionali, ma fanno parte del gruppo di
persone che circonda Caterina e hanno con lei uno stretto legame anche le senesi Gemma e
Iohanna de Capite, compagne della santa e come lei terziarie domenicane, destinatarie di due
dei suoi tanti prodigi 410. Il francescano Bartolomeo de’ Tolomei, agiografo di Lucchese da
Poggibonsi, riferisce nella sua opera di come il santo gli abbia salvato la vita – insieme a
quella di altri frati e di numerosi pellegrini provenienti da Santiago de Compostella – in
occasione di una tempesta in mare abbattutasi presso Savona sulla nave dove viaggiava, di
ritorno dal Capitolo generale dell’Ordine tenutosi a Marsiglia 411. Paulo, monaco di San
Michele in Orticaria a Pisa e priore dell’Ospedale di San Iacopo de Podio fondato da Bona da
Pisa – di cui è anche amico e compagno – è destinatario di due prodigi compiuti dalla santa
412
, oblata dei canonici regolari di San Martino in Kinzica, tra i quali guarisce il presbitero
Marchus da forti dolori alla testa e lo fa oggetto di affermazioni profetiche sulla durata della
sua vita 413. È piuttosto usuale, infine, che a beneficare dell’intervento dei santi siano loro
confratelli e consorelle, sia singolarmente sia a livello comunitario, dove ad essere più
frequenti sono miracoli cratofanici come la creazione o la moltiplicazione di materia (sia essa
408
Per la guarigione dalla peste cfr.: Vita Catharinae Senensis, 254255; Il Processo Castellano, Vb, p. 344; I
miracoli di Caterina di Iacopo da Siena, XXIV. Per la liberazione dai pericoli della navigazione, resa favorevole
non solo per lui ma anche per i suoi compagni di viaggio, cfr.: Vita Catharinae Senensis, 99. La visione salvifica
e il miracolo del pane (di cui beneficiano anche altri commensali) sono invece narrati in ivi, 8789, 305306.
409
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 282284; Il Processo Castellano, Va, p. 300.
410
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 260, 266. Le due compagne di Caterina non sono tuttavia le sole
rappresentanti dei Terz’Ordini destinatari di miracoli: accanto ad esse, infatti, figurano altri laici che vivono nel
secolo la loro vocazione religiosa, aderendo agli Ordini mendicanti. È sempre la santa senese a destinare prodigi
sia a un gruppo indefinito di poveri senesi e romani, di cui fanno parte anche alcuni terziari domenicani, sia a
Dominica, una romana di origine bergamasca appartenente all’Ordine della Penitenza di San Francesco d’Assisi.
Per la narrazione di questi due miracoli cfr.: ivi, 302304, 379.
411
Cfr.: Vita (Tolomei), 49.
412
Cfr.: Vita sancte Bone virginis, XXVIII, XXXI (narrato anche in: Vita sancte Bone virginis de civitate Pisana,
XLVII).
413
Cfr.: Vita sancte Bone virginis de civitate Pisana, XLIII.
81
cibo o denaro) assente ma necessaria al momento del miracolo. Agnese da Montepulciano,
Umiltà da Faenza, Filippo Benizi e Margherita da Faenza sono i santi nel cui miracoloso
ricorrono con più frequenza prodigi destinati a religiosi delle loro stesse comunità.
Di contro, sono numerosi i casi dove a ricevere il miracolo è un religioso il cui status
si differenzi da quello del suo sovrannaturale soccorritore, appartenente ad un altro Ordine o
addirittura laico ed estraneo a qualunque appartenenza ecclesiastica. Chierici e sacerdoti che
beneficiano di interventi miracolosi, ad esempio, non li ricevono in alcun caso da Alberto da
Colle – unico presbitero capace secondo le fonti toscane del basso Medioevo di operare
prodigi, che hanno però solo destinatari laici – ma da altri santi, sia religiosi sia laici. Ceccus,
chierico di origine senese che presta servizio nella chiesa di Santa Maria a Panzano in Chianti,
Fortunatus, canonico di San Vincenzo a Siena, e Ventura, Priore dell’Ospedale della
Misericordia di Siena, vengono salvati dal domenicano Ambrogio Sansedoni 414, mentre
Iacobs, rettore della chiesa di San Chierico a Città di Castello (PG), e Sanus, sacerdote del
tifernate, sono guariti da Ranieri da Borgo San Sepolcro, terziario francescano 415. Angelus
Bonus, chierico di San Pietro Piccolo a Lucca, e Rolandus, sacerdote del pisano, ricevono la
grazia da Ranieri da Pisa 416, concittadino di Bona, oblata regolare che guarisce invece
Marchus, canonico di San Martino in Kinzica 417. Il cappellano che celebra la messa al
monastero di Santa Maria Novella a Faenza (RA), di cui è badessa Umiltà riceve da lei un
prodigio 418, così come Albertus, sacerdote e abate di Ortignano Raggiolo (AR) 419. Il
sacerdote bonizzese Raynuncius è protagonista di un miracolo del terziario francescano
Lucchese da Poggibonsi 420, il pievano di Signa (FI) Naccio dei Mazzinghi ha salva la vita
grazie alla concittadina Giovanna, laica ed eremita 421 e due presbiteri – uno di Vaiano (PG) e
uno di provenienza sconosciuta – sono guariti dalla terziaria francescana Margherita da
Cortona 422.
414
La chiesa dove presta servizio Ceccus si trova in una frazione di Greve in Chianti (FI). Per la narrazione del
miracolo cfr.: Summarium virtutum et miracula, 125. Per la liberazione di Fortunatus invece cfr.: ivi, 230; Vita
(Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 103. Per la guarigione di Ventura cfr.: Summarium virtutum et
miracula, 177; Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 74.
415
Per la guarigione di Iacobs cfr.: Liber miraculorum, 32. Sanus proviene da “Scalochi”, una località nei
dintorni di Città di Castello (PG) che non trova corrispondenza nei toponimi attuali. Per la narrazione del
miracolo cfr.: ivi, 63.
416
Per il miracolo di Angelus Bonus cfr.: Vita Sancti Rainerii, 162. Rolandus proviene da “Cafaggio Regio”, una
località del pisano che non trova corrispondenza nei toponimi attuali. Per la narrazione del miracolo cfr.: ivi, 91.
417
Cfr.: Vita sancte Bone virginis de civitate Pisana, XLIII.
418
Cfr.: Vita sancte Humilitatis, 29; Vita di Umiltà, XXIII.
419
Cfr.: Vita sancte Humilitatis, 47; Vita di Umiltà, LI.
420
Cfr.: Vita sancti Lucensis confessoris, 1.
421
Cfr.: Beatae Iohannae de Signa vita et miracula, 25.
422
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 16.
82
Due Certosini, il senese Stephanus e un anonimo livornese, sono miracolati da
Caterina da Siena 423, benefattrice anche degli Olivetani Franciscus de Malavoltis, senese 424, e
Thomas Paruta, veneziano 425, e della concittadina agostiniana Laurencia, tormentata dal
demonio 426. Una monaca grossetana il cui Ordine non è specificato dalle fonti è tra i
destinatari dei miracoli operati dal laico senese Andrea Gallerani 427, mentre un altro laico,
Ranieri da Pisa, salva da una tempesta in mare un gruppo di religiosi non meglio definiti 428 e
libera dal demonio un religioso pisano, anche questo appartenente ad un Ordine non riportato
dalle fonti 429. Un eremita del senese di nome Dinus, infine, è destinatario di una guarigione
operata da Ambrogio Sansedoni 430.
I religiosi che ricevono miracoli sono nella maggior parte dei casi semplici sacerdoti,
frati, monaci o suore lontani dalle élites e dal potere, ma tra i destinatari dei prodigi si
distinguono anche alcune autorità religiose, eccezioni rispetto alla generale tendenza low
profil dei miracolati vestiti di un abito che li consacra a Dio. Vi sono tra le personalità
religiose oggetto di interventi miracolosi personaggi che guidano una comunità clericale, un
monastero o un ospedale, ma anche figure di spicco che esercitano ruoli più importanti, primo
fra tutti Raimondo da Capua, non solo confessore di Caterina da Siena e rettore del monastero
domenicano femminile di Montepulciano (SI), ma soprattutto Maestro Generale dell’Ordine
dei Predicatori dal 1380 al 1399, anno della sua morte 431. Caterina grazia anche Tommaso
Caffarini – promotore della sua causa di canonizzazione – e Bartolomeo Dominici, altro
esponente senese illustre dei Predicatori 432, mentre un Maestro provinciale dello stesso
Ordine figura tra i miracolati di Bona da Pisa 433. Margherita da Cortona intercede a favore di
un priore di origini sconosciute 434 e Ubaldesca da Pisa del già citato Bartolo de Palmerini,
423
Stephanus compie insieme alla santa il viaggio di ritorno da Avignone e il suo miracolo è narrato in due fonti
diverse, cfr.: Vita Catharinae Senensis, 264; Il Processo Castellano, III, p. 264, Vb, p. 345. L’anonimo livornese
proviene invece da Gorgona (LI) e per la sua liberazione dal demonio cfr.: ivi, IV, pp. 274275.
424
Cfr.: ivi, XIII, p. 406.
425
Cfr.: ivi, XIV, pp. 414416.
426
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 269273; Il Processo Castellano, Va, pp. 319321.
427
Cfr.: Vita di Beato Andrea de Gallerani da Siena, 22.
428
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 88.
429
Cfr.: ivi, 74.
430
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 138.
431
Per le narrazioni dei miracoli di Caterina destinati al proprio confessore cfr.: Vita Catharinae Senensis, 99,
8789, 254255 (per questo prodigio cfr. anche: Il Processo Castellano, Vb, p. 344; I miracoli di Caterina di
Iacopo da Siena, XXIV), 305306. Su Raimondo da Capua Maestro Generale dell’Ordine cfr., tra gli altri:
PENONE, I domenicani nei secoli, pp. 184195.
432
Per il miracolo di Bartolomeo cfr.: Vita Catharinae Senensis, 256 (narrato anche in: Il Processo Castellano,
Vb, p. 344; I miracoli di Caterina di Iacopo da Siena, XXV). Per il prodigio di Tommaso invece cfr.: Vita
Catharinae Senensis, 282284; Il Processo Castellano, Va, p. 300.
433
Cfr.: Vita sancte Bone virginis de civitate Pisana, LX; Miracula sancte Bone, V.
434
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 17.
83
prima deposto e poi reintegrato nel suo incarico di priore della chiesa del Santo Sepolcro di
Pisa 435, mentre Iacobs, rettore della chiesa di San Chierico a Città di Castello, riceve la grazia
da Ranieri da Borgo San Sepolcro 436. È presente anche un’autorità monastica, l’abate di
Ortignano Raggiolo (AR), Albertus, destinatario di un miracolo operato da Umiltà da Faenza
437
. Svolgono un ruolo dirigenziale anche i già citati Paulo, monaco e priore dell’Ospedale di
San Iacopo de Podio, destinatario dei prodigi di Bona da Pisa 438 e Ventura, sacerdote e priore
dell’Ospedale della Misericordia di Siena, guarito da Ambrogio Sansedoni 439. Tra le fila di
questa ristretta élite religiosa mancano le donne, e le uniche religiose a distinguersi dalla
massa sono una monaca faentina miracolata da Umiltà da Faenza, di cui si specifica l’elevata
estrazione sociale affermando che è entrata in monastero donando tutti i suoi beni 440 e Paula,
suora e madre di un cardinale, graziata da Caterina da Siena 441.
La tipologia dei miracoli che ricevono i religiosi è espressione di tutte le categorie del
miracoloso e non presenta marcati tratti distintivi rispetto agli altri destinatari dei prodigi,
fatta eccezione forse per i miracoli spirituali. Gli interventi dei santi a favore dei soggetti
religiosi sono infatti ascrivibili ai diversi generi del sovrannaturale, con una prevalenza di
taumaturgie e di azioni di carattere spirituale. I prodigi di tipo spirituale sono volti per lo più
alla conversione dell’anima di frati e suore che custodiscono nel loro animo peccati sempre
taciuti e nascosti, ma conosciuti dai santi grazie alle loro facoltà sovrannaturali e di
conseguenza confessati dai colpevoli, che così si redimono pienamente. Gli esempi più
numerosi in tal senso sono offerti dai monaci compagni di Bona da Pisa e dalle suore
consorelle di Umiltà da Faenza.
I destinatari di miracoli taumaturgici sono i più numerosi e tra questi si distinguono
due sacerdoti, per i quali le fonti sottolineano come siano colpiti dalla malattia in modo da
impedire loro l’esercizio del loro ministero. Si tratta dei già citati senesi Ceccus, chierico al
servizio nel Chianti, e Ventura, priore dell’Ospedale cittadino, il primo colpito da un attacco
cardiaco durante la messa e ridotto in fin di vita, il secondo gravemente sofferente per via di
435
Cfr.: Uita della beatissima uergine Ubaldesca, 12.
436
Cfr.: Liber miraculorum, 32.
437
Cfr.: Vita sancte Humilitatis, 47; Vita di Umiltà, LI.
438
Cfr.: Vita sancte Bone virginis, XXVIII, XXXI (narrato anche in: Vita sancte Bone virginis de civitate Pisana,
XLVII).
439
La chiesa dove presta servizio Ceccus si trova in una frazione di Greve in Chianti (FI). Per la narrazione del
miracolo cfr.: Summarium virtutum et miracula, 125. Per la liberazione di Fortunatus invece cfr.: ivi, 230; Vita
(Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 103. Per la guarigione di Ventura cfr.: Summarium virtutum et
miracula, 177; Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 74.
440
La monaca in questione è persuasa da Umiltà a confessare un peccato nascosto, di cui lei miracolosamente è a
conoscenza. Cfr.: Vita sancte Humilitatis, 58; Vita di Umiltà, XXXIV.
441
Cfr.: Il Processo Castellano, XXII, p. 448.
84
una febbre e del forte tremore alle mani che gli impedisce di celebrare la messa. Entrambi
vengono risanati da Ambrogio Sansedoni e grazie a lui non solo recuperano la salute, ma
possono anche tornare alle loro attività cultuali 442. Il resto dei miracolati soffre a causa di
malattie più o meno gravi e di durata variabile, dalla febbre ai dolori di vario genere, dalla
peste a mali sconosciuti ma assai pericolosi. Alcuni malati poi versano in condizioni
gravissime e vedono a rischio la loro stessa sopravvivenza, con l’intervento del santo che li
salva davvero in extremis. Tra gli altri, solo per fare alcuni esempi, Iacobs e Sanus, due
sacerdoti del tifernate, vengono guariti da Ranieri da Borgo San Sepolcro il primo da
un’infiammazione alla gola, il secondo da una frattura alla gamba che gli provoca dolore e
gonfiore e mette a rischio la sua sopravvivenza 443. Il pievano Naccio dei Mazzinghi si trova
ormai in fin di vita a causa di un male sconosciuto quando Giovanna da Signa gli concede il
miracolo 444, mentre frate Thebaldus soffre per via di un dente la cui estrazione si rivela più
difficoltosa del previsto per il barbiere incaricato di curarlo e deve ricorrere alle cure
sovrannaturali di Bona da Pisa per riuscire a migliorare le condizioni della propria dentatura
445
.
Tra le cratofanie, in mezzo a signorie di vario genere sulla materia e sulla natura,
produce una certa curiosità un prodigio operato da Bona da Pisa in occasione di uno dei suoi
tanti pellegrinaggi a Santiago de Compostela, con protagonisti quattro monaci del monastero
cittadino di San Michele in Orticaria, tra cui Paulo. I religiosi, che hanno accettato l’invito ad
andare con lei alla festa di San Giacomo, vengono resi invisibili e passano velocemente tra la
folla senza perdere tempo, come se il loro corpo non avesse consistenza. Arrivati quasi a
destinazione, Bona chiede loro se vogliono vedere come raggiunge il luogo santo, si alza da
terra e vola, lasciando dietro di sé i monaci che la inseguono correndo in mezzo ad una grande
folla, di nuovo senza trovare ostacoli sul loro cammino 446. Singolare anche l’episodio delle
cipolle del presbitero bonizzese Raynuncius, che le compra da Lucchese da Poggibonsi per
piantarle nel proprio orto, al momento della raccolta le fa benedire e queste rispuntano
nell’orto come se non fossero state raccolte 447.
Desta particolare interesse che alcuni religiosi siano oggetto di esorcismi perché
vittime di tormenti demoniaci di varia natura. Fortunatus, canonico della chiesa di San
442
Per la narrazione del miracolo di Ceccus cfr.: Summarium virtutum et miracula, 125. Per la guarigione di
Ventura cfr.: ivi, 177; Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 74.
443
Per la guarigione di Iacobs cfr.: Liber miraculorum, 32. Per la narrazione del miracolo di Sanus cfr.: ivi, 63.
444
Cfr.: Beatae Iohannae de Signa vita et miracula, 25.
445
Cfr.: Vita sancte Bone virginis de civitate Pisana, LIX; Miracula sancte Bone, VI.
446
Cfr.: Vita sancte Bone virginis, XXVIII.
447
Cfr.: Vita sancti Lucensis confessoris, 1.
85
Vincenzo a Siena, viene aggredito e percosso dal demonio di notte mentre si sta recando da
un parrocchiano in punto di morte. Liberato, riconosce lo stesso demonio in una fanciulla, a
sua volta aggredita, e gli preannuncia che lo condurrà al sepolcro di Ambrogio Sansedoni
perché la liberi. Il demonio allora, spaventato e costretto alla fuga, dice a Fortunatus che se
non fosse stato un sacerdote gli avrebbe riservato un trattamento ben peggiore 448.
L’agostiniana senese Laurencia e un anonimo certosino di Gorgonia (LI), invece, sono resi
violenti dallo spirito maligno che li opprime e vengono liberati entrambi da Caterina da Siena.
La donna soffre di mal di gola e gonfiore e la furia demoniaca arriva persino a trasformarle
l’espressione del viso 449, mentre l’uomo è aggressivo sia verso il prossimo sia nei propri
confronti, col diavolo che gli suggerisce di buttarsi dall’alto del monastero e lo istiga pure a
tentare il suicidio con la spada 450. Un ossesso pisano dall’ignota appartenenza religiosa, che
nega fortemente di essere indemoniato, viene esorcizzato dal santo concittadino Ranieri 451,
mentre Ambrogio Sansedoni aiuta un frate senese a resistere alla demoniaca tentazione di
abbandonare i voti dopo oltre cinquant’anni di vita consacrata 452.
2.2.2 I laici
Si è detto di come le fonti nella maggior parte dei casi non forniscano notizie esaustive
sull’identità dei miracolati, spesso definiti semplicemente quidam e quaedam, senza nome né
altre specificazioni. In particolare, le fonti omettono volentieri di dichiarare l’età e
l’occupazione dei destinatari dei miracoli e di collocarli nella scala sociale. Tali informazioni,
tuttavia, in alcuni casi sono deducibili da altre, relative ad esempio alla durata del problema
per cui si richiede l’intervento del santo o alla presenza di consorti là dove si debba stabilire
l’età e all’esistenza di persone di servizio o alla dichiarata parentela con nobili o professionisti
di vario genere se si tratta invece di stabilire a quale ceto sociale appartenga il miracolato 453.
448
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 230; Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 103.
449
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 269273; Il Processo Castellano, Va, pp. 319321.
450
Cfr.: Il Processo Castellano, IV, pp. 274275.
451
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 74.
452
Il frate non appartiene all’Ordine domenicano, ma le fonti non specificano a quale regola aderisca. Per la
narrazione del miracolo cfr.: Summarium virtutum et miracula, 215.
453
Sono esempi significativi in questo senso due miracolati da Ambrogio Sansedoni. Si tratta del piccolo
Landuccius, fanciullo infermo certamente di status sociale elevato visto che è affidato alle cure di una balia, e
della fiorentina Gemeta, fidanzata di un nobile. Per la narrazione del miracolo di Landuccius cfr.: Summarium
virtutum et miracula, 81, Miracula [Sansedoni], XXII. Per la guarigione di Gemeta da una fistola cfr.: Vita
(Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 94.
86
Tralasciando un’analisi dei nomi dei miracolati, di competenza di altre discipline
seppur possibile attraverso la banca dati, è sufficiente osservare come nella maggior parte dei
casi gli agiografi non riportino i nomi di quanti beneficiano di un prodigio, forse per scarsa
attenzione alla persona o forse semplicemente per risparmiare tempo, vista la dichiarata
premura di certi scrittori di non annoiare il lettore con il racconto dei miracoli 454. Tale
tendenza, infatti, è valida in particolare per le fonti narrative: la documentazione notarile,
infatti, per sua stessa natura fornisce informazioni molto più precise e dettagliate sull’identità
delle persone che ha per oggetto, a cominciare proprio dal nome.
Per quanto riguarda l’età di coloro che ricevono miracoli, raramente le Vitae e gli altri
tipi di scritture la dichiarano direttamente, limitandosi a definire uomini e donne puer, puella,
infantulus, vir, mulier o domina, senza fornire ulteriori chiarimenti. Tale tendenza risente
certamente della particolare e approssimativa concezione e percezione del tempo tipica
dell’epoca medievale 455, che certamente influenza anche gli agiografi nella scrittura delle vite
dei santi, in particolare per quanto riguarda la cronologia degli eventi e l’età delle persone,
incapaci di percepire e di definire in modo esatto quanti anni abbiano. Emblematico in tal
senso quanto dichiarato dall’agiografo di Pietro Pettinaio, per il quale una donna guarita dal
santo senese è “molto grande”, trovandosi anche in età da marito e forse anche oltre 456.
Tuttavia, è possibile avvalersi di elementi di diversa natura per dedurre almeno
approssimativamente gli anni dei miracolati: sono utili in questa direzione le notizie sulla
durata della malattia o del problema per cui si richiede l’intervento del santo o l’essere a
conoscenza se la persona è sposata e ha figli o nipoti oppure ancora se svolge un lavoro ben
preciso. Ad esempio, una donna risanata da Umiltà da Faenza sulla cui identità l’agiografo
della santa tace in modo totale, si può stabilire abbia più di quarant’anni perché si dice che è
cieca da così tanto tempo 457, mentre una miracolata da Agostino Novello che l’agiografo
definisce puella in realtà è già vedova e madre di un bambino 458. Là dove invece l’età dei
beneficiari dei miracoli viene dichiarata prevalgono i bambini e una buona percentuale di
questi sono creature appena nate o di poco più grandi. In base a quanto espressamente
dichiarato dalle fonti gli infanti costituiscono circa il tre per cento del totale dei miracolati: un
numero in apparenza esiguo, ma significativo in rapporto alla concezione dell’infanzia nel
454
Per una panoramica sulle fonti agiografiche e un’analisi della scrittura dei miracoli, dei suoi protagonisti e
delle motivazioni che ad essa sottendono si veda in questo stesso studio il paragrafo 1.3.
455
Per una breve trattazione sulla concezione del tempo in epoca medievale si veda in questo stesso studio il
paragrafo 4.1.2.
456
Cfr.: Vita del B. Pietro Pettinajo, pp. 3739.
457
Cfr.: Vita sancte Humilitatis abbatisse ordinis Vallisumbrose, 47; Vita di Umiltà, LII.
458
Cfr.: Vita [A. Novello], 21.
87
periodo medievale, di certo assai lontana da quella dell’epoca contemporanea (ma
evidentemente non così marginale). Anche su questo aspetto, dunque, il miracoloso segue sì
la tendenza generale dell’epoca, che riserva più attenzioni al mondo adulto piuttosto che a
quello infantile, ma al tempo stesso mostra attenzione ai bambini e narra di genitori amorevoli
che piangono la malattia o la morte dei propri figli e ne domandano la salvezza ai santi 459. Per
circa trenta miracolati, inoltre, le fonti dichiarano un’età inferiore a dieci anni, mentre di una
quindicina di bambini e bambine non si conosce l’età precisa, pur emergendo il dato che sono
piccoli. Infanti e neonati sono destinatari di miracoli di carattere taumaturgico, apotropaico e
cratofanico: si va dalle risurrezioni di neonati venuti alla luce senza vita o morti poco dopo la
nascita alla salvezza da pericoli e incidenti, al risanamento di malattie più o meno gravi. Sono
particolarmente interessanti, anche in relazione al discorso della valutazione positiva
dell’infanzia trasmessa dalle fonti agiografiche nella narrazione dei miracoli, i prodigi
riservati ai bambini che si feriscono o perdono la vita giocando, da soli o in compagnia: segno
di attenzione verso la dimensione ludica dell’infanzia sia dei santi sia di coloro che li
circondano e che chiedono loro di intervenire a favore dei bimbi in difficoltà. La piccola
Gisla, ad esempio, cade in un pozzo giocando con dei compagni e viene salvata da Alberto da
Colle Val d’Elsa 460, mentre un bimbo – figlio di una nobildonna romana – cade dal terrazzo
di casa dove si diverte a correre su e giù inconsapevole del pericolo: è Caterina da Siena che
si occupa di lui esaudendo le preghiere della madre, sua devota 461.
Salendo nella scala anagrafica, una decina di miracolati hanno tra i dieci e i venti anni
e solo uno, un pisano affetto da una lunga febbre e guarito anche lui da Caterina da Siena, ha
forse tra i venti e i trent’anni 462. Un solo rappresentante certo anche per i trentenni, un tale di
nome Guido Lenci, devoto di Giovanna da Signa già guarito da lei a 9 anni dall’infermità alle
mani, all’età di 34 anni viene risanato dalla stessa santa da una forma di monoplegia che gli
provoca il rattrappimento della parte alta di un braccio 463. Continuando a salire, Andreas
459
A chiedere i miracoli per bambini e neonati sono per lo più le madri, ma non mancano esempi di padri
amorevoli che di fronte alla malattia o a problemi di vario genere che affiggono i loro figli si rivolgono
supplichevolmente ai santi chiedendo loro di intervenire a favore dei piccoli bisognosi. Il caso più significativo è
forse quello del senese Minutius, cui nasce un figlio prematuro e senza vita, che raccomanda subito a Francesco
da Siena perché lo faccia vivere, cosa che ottiene dal santo con grande gioia. Per la narrazione del miracolo cfr.:
Legenda beati Francisci de Senis, 14.
460
Cfr.: Legenda B. Alberti Archipresbyteri Collensis, 14, p. 99; Vita Beati Alberti Confessoris Archipresbiteri
Collensis, 15, p. 107.
461
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 390.
462
Le fonti dichiarano che il giovane ha circa vent’anni, senza specificare l’età precisa. Per la narrazione del
miracolo cfr.: ivi, 258259.
463
Per la guarigione a 9 anni cfr.: Beatae Iohannae de Signa vita et miracula, 22. Per il miracolo a 34 anni cfr.:
ivi, 9.
88
Naidini ha quarant’anni precisi quando viene convertito da Caterina da Siena 464 e sono
ultraquarantenni anche un cieco cui Umiltà da Faenza restituisce la vista appunto dopo
quarant’anni di malattia 465 e Perus, miracolato da Ranieri da Borgo San Sepolcro 466.
Superano il mezzo secolo di vita un frate senese tolto dalla tentazione da Ambrogio Sansedoni
467
e la signora Fina, guarita dall’epilessia anche lei da Ranieri da Borgo San Sepolcro 468,
mentre arrivano ai sessant’anni Francisca, una povera nonna di Poggibonsi aiutata dal
concittadino Lucchese a salvare il nipotino dalla morte 469 e addirittura agli ottanta il nobile
Franciscus, incallito peccatore convertito da Caterina da Siena 470.
Un altro aspetto importante che connota i miracolati è costituito dal loro status sociale:
anche in questa direzione le informazioni fornite dalle fonti sono piuttosto frammentarie, ma
in base sia a quanto dichiarano direttamente gli agiografi sia a ciò che si può dedurre da altre
notizie che li riguardano è possibile ipotizzare che i destinatari dei miracoli appartengano per
lo più ai ceti mediobassi. Naturalmente, poi, vi sono tra loro eccezioni sia verso l’alto sia
verso il basso, con la presenza da un lato di esponenti delle élites e dall’altro di persone
poverissime. Si tratta di una situazione corrispondente alla tendenza generale del periodo, che
vede ricorrere all’aiuto dei santi per lo più le persone semplici, né ricche né povere,
appartenenti agli stati mediobassi della società e, dunque, alla tipologia socioeconomica più
numerosa 471.
Una piccola percentuale di miracolati, che si aggira tra il tre e il quattro per cento,
appartiene alla nobiltà o ad un ceto sociale elevato. Si tratta di uomini e donne che ricorrono
alle cure dei santi per i motivi più disparati e che beneficiano di prodigi riconducibili a tutte le
categorie del miracoloso. Tra gli altri, spiccano il figlio di Michael, un bimbo di due anni
affetto da una grave infezione e guarito da Margherita da Cortona, il cui padre è descritto
come un nobiluomo grande benefattore dei poveri 472, un nobilis toscano salvato da Ambrogio
Sansedoni dall’aggressione di un nemico col quale fa pace in seguito all’intervento del santo e
464
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 224227.
465
Cfr.: Vita di Umiltà, LII; Vita sancte Humilitatis, 47.
466
Cfr.: Liber miraculorum, 50.
467
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 215.
468
Cfr.: Liber miraculorum, 61.
469
Cfr.: Vita (Tolomei), 52.
470
Cfr.: Il Processo Castellano, Va, pp. 318319.
471
La categoria del miracoloso privilegia le persone più umili non soltanto perché sono numericamente superiori
a quelle di ceto elevato, ma anche in virtù di una concezione culturale e religiosa che vede i santi più vicini alla
gente comune e ai poveri che non ai ricchi, certamente meno bisognosi, ma soprattutto distratti da ideali diversi
da quelli del Vangelo, spesso guidati da falsi valori e per questo meno meritevoli delle attenzioni sovrannaturali
dei santi. Per una panoramica sul legame tra miracolo e società cfr.: Miracoli e miracolati.
472
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 76.
89
sigla con lui un accordo con un instrumentum 473 e Ymilia, nobile vedova tifernate vittima di
una malia ordita ai suoi danni da un chierico che la fa oggetto di desideri peccaminosi ai quali
la donna rifiuta di acconsentire, pregando invece Ranieri da Borgo San Sepolcro di liberarla
dal tormento diabolico cui è sottoposta 474. Le fila dell’alta società sono piuttosto popolate di
donne, dominae e matronae che godono dei sovrannaturali favori dei santi in numero inferiore
agli uomini, come succede per i ceti sociali più bassi, ma pur sempre assai significativo, visto
anche che per alcuni servi di Dio sono le uniche figure altolocate presenti tra i loro miracolati,
come nel caso di Lucchese da Poggibonsi 475.
Numerosi sono i nobili e i ricchi che conducono una vita dissoluta, all’insegna del
peccato e che grazie all’intervento dei santi si convertono invece ad un’esistenza all’insegna
della fede e di un comportamento retto e umile. È il caso, tra gli altri, di Andreas Naidini, un
ricco senese vizioso, amante del gioco dei dadi e grande bestemmiatore che, gravemente
ammalato, rifiuta di confessarsi, con disperazione di Tommaso, confessore di Caterina da
Siena che ottiene dalla santa il suo ravvedimento per poter morire in grazia di Dio 476. Ed è
ancora Caterina a convertire Chinocia e Jacobus Tholomei – due fratelli senesi atei e
peccatori, uno omicida, l’altra frivola e di facili costumi, che confessano i propri peccati e si
consacrano alla vita religiosa grazie all’intervento della santa 477 – e il nobile malfattore di
origine perugina Nicolaus de Toldo che, condannato a morte per i propri crimini, rifiuta fino
all’ultimo di pentirsi 478. Di particolare interesse, poi, il caso di Fresca, una ricca fiorentina
diventata povera. Finché le cose vanno bene la donna e la sua famiglia vivono nel lusso senza
curarsi dello spirito, ma quando si ritrovano ad essere molto poveri Fresca pensa di
prostituirsi per guadagnare di che vivere, ma interviene Umiliana dei Cerchi e la donna si
ravvede, rinunciando ai suoi peccaminosi propositi 479.
All’opposto della scala sociale rispetto agli aristocratici e a un livello assai inferiore di
quello della media e piccola borghesia, tra i destinatari dei miracoli vi sono anche persone
provenienti dai livelli ultimi della società, uomini e donne che versano in condizioni di grave
indigenza, talvolta sottolineate dalle fonti stesse proprio perché rappresentano un ulteriore
elemento di difficoltà che aggrava la loro situazione. Tra i destinatari più poveri dei miracoli
473
Cfr.: Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 99.
474
Cfr.: Liber miraculorum, 37.
475
Lucchese libera una nobile fiorentina dalle complicazioni della gravidanza, una di Certaldo (FI) dalla pazzia e
Lenotia da un’emorragia. Per la narrazione dei miracoli cfr.: Vita (Tolomei), 50, 53, 56.
476
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 224227; Il Processo Castellano, II, p. 44, Va, pp. 296298.
477
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 232234; Il Processo Castellano, II, p. 40.
478
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 228230; Il Processo Castellano, II, p. 43.
479
Cfr.: Vita beatae Humilianae de Cerchis, 65.
90
c’è sicuramente Francisca, nonna di un neonato orfano destinato alla morte perché non può
permettersi di mandarlo a balia, cui per risolvere il problema Lucchese da Poggibonsi dà la
possibilità di allattare lei stessa il nipotino 480. Destino simile quello di una povera vedova
senese, sprovvista del denaro necessario per affidare ad una balia il figlioletto appena
partorito, che riesce invece ad allattarlo da sola con l’intervento di Agostino Novello 481. È
addirittura costretto a mendicare un ragazzino romano afflitto da una paralisi spastica e
risanato da Bona da Pisa 482, mentre un povero bonizzese imprigionato è destinato alla
condanna capitale perché non può permettersi di pagare il proprio riscatto ed è salvo solo
grazie al potere del concittadino Lucchese 483.
Un elemento che favorisce la collocazione dei miracolati nella scala sociale e permette
di conoscere qualcosa in più sul loro conto, anche in relazione al tipo di prodigio ricevuto, è
sicuramente la loro occupazione. Le fonti non sempre, purtroppo, riportano il tipo di attività
svolta dai destinatari dei miracoli, ma si può ipotizzare che a lavorare siano molti di più di
quelli per i quali gli agiografi forniscono l’informazione precisa dell’attività svolta. In una
società in sviluppo e in continua evoluzione alcuni mestieri sono legati al contesto urbano e
alla dimensione cittadina – artigiani e lavoratori manuali in genere, commercianti, funzionari
e operai pubblici, militari o intellettuali, ma anche mercanti che esercitano le loro attività
anche nei luoghi più lontani mantenendo però i centri urbani come punto di riferimento –
mentre altri si riconducono invece al mondo rurale o alla sfera domestica, come i mestieri
agricoli e le attività servili. Si è visto come il lavoro rappresenti nel periodo basso medievale
una risorsa e al tempo stesso un fattore di rischio e come non tutti i mestieri godano della
stessa liceità e dello stesso valore etico e sociale, con spinose questioni relative al guadagno e
alle norme di esercizio dell’attività stessa 484. I destinatari svolgono lavori di ogni tipo, leciti e
non, ed è significativo che tutti godano della possibilità di ricevere un aiuto dai santi anche
nell’esercizio della propria attività, seppur considerata “sospetta”: si pensi ai mercanti
soccorsi nel pericolo che riescono a salvare non solo se stessi, ma anche i loro carichi e, con
essi, la possibilità del guadagno.
Passando ad analizzare nel dettaglio il contenuto delle fonti 485, gran parte dei
miracolati svolgono mestieri artigianali e vivono grazie al lavoro delle proprie mani. Sono
480
Cfr.: Vita (Tolomei), 52.
481
Cfr.: Vita [A. Novello], 21.
482
Cfr.: Vita sancte Bone virginis de civitate Pisana, XXIII.
483
Cfr.: Vita (Tolomei), 46.
484
Per un’analisi del valore del lavoro nel Medioevo si veda in questo stesso studio il paragrafo 3.1.2.
485
Per un quadro riassuntivo sui mestieri dei miracolati si veda la Tabella 2.3 di questo stesso studio.
91
lavoratori manuali non meglio specificati – tutti vittime di incidenti o patologie legate alla
loro attività – un magister impegnato a sistemare la copertura della cella di Torello da Poppi e
da lui guarito dalle ferite di un’aggressione demoniaca che lo scaraventa giù dal tetto dove sta
lavorando 486, un giovane risuscitato da Agostino Novello, sepolto da una grande quantità di
terra che cade sopra di lui uccidendolo mentre lavora dentro una fossa 487 e Antonius, che fa
uno sforzo sul lavoro e viene colpito da una malattia agli arti inferiori che ne limita le facoltà
di deambulazione e viene poi risanato da Caterina da Siena 488. Non si conoscono invece le
cause della cecità di Benvenutus de Petris, un artigiano risanato da Zita da Lucca, che però di
certo gli impedisce di esercitare il proprio mestiere 489, al contrario di Magister Iohannes, che
non può rinunciare a lavorare nemmeno per un giorno e mentre Pisa festeggia santa Bona si
reca nella propria bottega, incorrendo così nella sovrannaturale punizione per il mancato
rispetto della festa: colpito da un improvviso gonfiore alla mano, viene poi risanato dalla
stessa Bona in virtù del sopraggiunto pentimento 490.
Il fabbro pisano Henricus e un anonimo collega senese soffrono per via dei dolori, il
primo alla testa e il secondo al braccio e alla schiena, vengono guariti da Ranieri da Pisa e
Ambrogio Sansedoni 491. Un terzo fabbro, invece, è destinatario di un prodigio spirituale del
concittadino senese Andrea Gallerani 492. Joannes è un battitore d’oro paraplegico risanato
dalla santa della sua città, Zita da Lucca 493, benefattrice anche del pellicciaio lucchese
Joanninus, infermo e contratto in tutti gli arti – ad eccezione del braccio e della mano destra –
per ben dodici anni, nei quali probabilmente non può lavorare essendogli preclusa la
possibilità di camminare 494. Viene invece castigato sempre da Zita un certo Bonturus,
conciatore di pelli che osa mancare di rispetto alle sue reliquie 495, collega del pisano
Gualandus cui Ranieri da Pisa fa passare la febbre 496. È ancora Ranieri, poi, a guarire il
486
Cfr.: Hystoria Beati Torello de Puppio, XI; Vita di Torello da Poppi, XIII.
487
Cfr.: Vita [A. Novello], 18.
488
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 384.
489
Cfr.: Miracula [Zita], 26.
490
Iohannes recandosi in bottega vi trova un discepolo, anche lui ferito al piede. Per la narrazione del miracolo
cfr.: Vita sancte Bone virginis de civitate Pisana, LXXXI.
491
Per la guarigione di Henricus cfr.: Vita Sancti Rainerii, 187. Per il miracolo del fabbro senese cfr.:
Summarium virtutum et Miracula, 136.
492
Il miracolato non crede alla santità di Andrea e alla ricerca di una prova getta nel fuoco tre volte un pezzo del
suo mantello, che però non brucia, suscitando così la sua conversione. Per la narrazione del miracolo cfr.: Vita di
Beato Andrea de Gallerani da Siena, 53.
493
Cfr.: Miracula [Zita], 51.
494
Cfr.: ivi, 40.
495
Bonturus sotterra in un campo un pezzo di una benda appartenuta alla santa per scongiurare le tempeste e
proteggere il raccolto, ma diventa cieco e riacquista la vista una volta capito quanto successo e pentitosi
dell’accaduto, dissotterrando la reliquia. Per la narrazione del miracolo cfr.: Miracula [Zita], 65.
496
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 141.
92
tintore Vivianus dalla gotta 497 e a trasformare in vino l’acqua da lui stesso benedetta al
toppario Buoso 498, entrambi pisani. Margherita da Faenza sfama moltiplicando il pane un
muratore e il suo manovale al lavoro nel monastero fiorentino di cui è badessa 499, mentre
Ambrogio Sansedoni rimedia al mutismo di Caluaius, barbiere senese certamente penalizzato
dalla malattia non tanto nel corretto esercizio del proprio mestiere quanto nella possibilità di
intrattenere i clienti 500.
Alcuni destinatari di miracoli si occupano di attività commerciali, sia a livello locale
sia spostandosi in luoghi lontani, incorrendo così nei molti pericoli legati al viaggio e al
trasporto delle merci, specie per mare. Hanno certamente una rete mercantile limitata il
tifernate Perus, barlettaio vittima di un trauma addominale cui salva la vita Ranieri da Borgo
San Sepolcro 501, il senese Ventura, che smette di soffrire per un dolore al fianco grazie a
Pietro Pettinaio 502 e senza dubbio anche la lucchese Madonnina – unica donna commerciante
di cui le fonti danno notizia, esorcizzata da Zita da Lucca – al tempo in cui vendeva panni
doveva farlo limitatamente alla propria città 503. Non si conoscono invece i traffici di un
anonimo mercante senese cui Francesco da Siena ridona la vista 504, né di un altro che rischia
di affogare nell’attraversamento di un fiume e viene salvato da Fina da San Gimignano 505.
Accanto a questi piccoli commercianti locali, vi sono poi altri grandi mercanti le cui attività si
svolgono in un ampio raggio, anche fuori dall’Italia e addirittura dall’Europa, che per
esercitare la loro attività intraprendono lunghi e perigliosi viaggi in nave diretti sulle coste del
Mediterraneo. Il pisano Bentivegna e un collega genovese vengono catturati e imprigionati
nei pressi di Tunisi e salvati da Ranieri da Pisa 506, mentre il fiorentino Robertus Spina subisce
un’aggressione in mare alla propria barca carica di merce e solo grazie all’aiuto di Ambrogio
Sansedoni riesce a salvare sia la propria vita sia il carico 507. Non è chiaro, invece, se il
mercante sangimignanese Lotharingus stia viaggiando o meno per lavoro quando ottiene da
Fina da San Gimignano la salvezza per sé e per i propri compagni da una tempesta in mare
che minaccia di far naufragare la loro nave 508.
497
Cfr.: ivi, 189.
498
Cfr.: ivi, 101.
499
Cfr.: Revelationes et Miracula, XIII.
500
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 195; Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 80.
501
Cfr.: Liber miraculorum, 50.
502
Cfr.: Vita del B. Pietro Pettinajo, pp. 6768.
503
Cfr.: Miracula [Zita], 58.
504
Cfr.: Legenda beati Francisci de Senis (Liber Miraculorum), 7.
505
Cfr.: Legenda sancte Fine, 18.
506
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 9596.
507
Cfr.: Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 113.
508
Cfr.: Legenda sancte Fine, 18.
93
Diversi miracolati svolgono attività pubbliche di vario genere, più o meno prestigiose.
Rappresenta la categoria degli operai un battitore di denaro per il Comune di Pisa che
lavorando si ferisce alla mano conficcandosi nella carne una moneta, che si incarnisce tra i
nervi e non potendo più essere tolta mette in pericolo la sua vita finché la concittadina
Ubaldesca non interviene 509. Di status certamente più elevato il messaggero romano –
Romanus anche di nome – gettato in carcere a Firenze, liberato e salvato dalla condanna
capitale da Umiliana dei Cerchi 510. Numerosi sono i rappresentanti del mondo militare, tra le
cui fila figurano anche diversi aristocratici. Bernardus Rubeis, per esempio, è un nobile
cavaliere fiorentino la cui anima riceve le cure di Umiltà da Faenza 511, Nicolaus de Sarracenis
un aristocratico cavaliere senese convertito da Caterina da Siena 512, mentre Gunifortus de la
Suuera un conte guarito da Ambrogio Sansedoni dalle ferite di un’aggressione armata di un
nemico compiuta a domicilio 513. A questi va aggiunto un nobilis miles tudertino che caduto
da cavallo e ferito gravemente vede risanare da Filippo Benizi i traumi riportati 514. Sembrano
essere invece semplici soldati il pisano Iohannes, anch’egli caduto da cavallo e soccorso da
Bona da Pisa 515, un romano ferito in battaglia con una freccia, rimasta conficcata nella gamba
fino all’intervento di Verdiana da Castelfiorentino 516 e il pisano Ubertus, anch’egli ferito in
guerra ad una mano e risanato dal concittadino Ranieri 517. Completano il quadro delle figure
pubbliche gli uomini di legge, protagonisti della registrazione e della convalida dei miracoli e,
in alcuni casi, destinatari in prima persona dei prodigi. Rappresentano la categoria tre notai
senesi, Giunta, Guido Donati e Cambio, i primi due risanati da Ambrogio Sansedoni 518, il
terzo ristabilito nell’eloquio da Andrea Gallerani 519. Non sono necessariamente personaggi
pubblici, ma di un certo prestigio sociale anche gli intellettuali, anch’essi beneficiari di alcuni
interventi sovrannaturali. Tra i destinatari dei miracoli sono presenti infatti un giovane
litteratus guarito dalla febbre da Ranieri da Pisa 520, uno scolaris guarito da una contrattura da
Alberto da Colle Val d’Elsa 521, un uomo di lettere dissuaso da Margherita da Cortona dalla
509
Cfr.: Uita della beatissima uergine Ubaldesca, 11.
510
Cfr.: Miracula intra triennium ab obitum patrata, 8.
511
Cfr.: Vita sancte Humilitatis, 42; Vita di Umiltà, XLII.
512
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 279281.
513
Cfr.: Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 100.
514
Cfr.: Legenda Patris Nostri Beati Philippi, 34.
515
Cfr.: Miracula sancte Bone, X.
516
Cfr.: Vita sancte Viridiane, XV.
517
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 157.
518
Per la guarigione di Giunta dalla “squinanzia” cfr.: Summarium virtutum et miracula, 165; Vita (Gisberto,
Recupero, Aldobrandino, Olrado), 91. Per il risanamento dei dolori alla gamba di Guido Donati cfr.: ivi, 142.
519
Cfr.: Vita di Beato Andrea de Gallerani da Siena, 31.
520
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 169.
521
Cfr.: Legenda B. Alberti Archipresbyteri Collensis, 4 (p. 98); Vita Beati Alberti Confessoris, 4 (p. 105).
94
volontà di suicidarsi 522 e Hugo Latinus, magister di greco che mostra incredulità per i
miracoli di Ranieri da Pisa e subisce per questo il castigo del santo 523.
Beneficiano dell’intervento dei santi anche alcuni rappresentanti del mondo rurale, cui
appartengono una decina di miracolati affetti spesso da patologie collegate alle loro attività o
vittime di incidenti tipicamente agresti. La maggior parte di essi sono contadini: si contano
quattro poppesi protetti dal lupo dal concittadino Torello 524, un certo Ranieri, cui Andrea
Gallerani restituisce le facoltà uditive 525, un anonimo emiplegico guarito da Allucio da Pescia
526
e un senese salvato da Agostino Novello dopo che un serpente gli è entrato in corpo dalla
bocca durante un sonnellino in un suo campo 527. Stessa sorte per un ortolano fiorentino al
quale è Verdiana da Castelfiorentino a togliere il serpente dalle viscere528, mentre un certo
Meus cade da una scala mentre raccoglie i frutti da un pero e Agnese da Montepulciano
rimedia alle sue ferite 529. Accanto a questi, di particolare interesse la presenza della pisana
Moltocara, unica donna contadina citata dalle fonti, aggredita da un lupo nei campi e salvata
da Zita da Lucca 530. Le campagne vedono la presenza anche dei pastori, che per far pascolare
gli animali sono costretti anche a notevoli spostamenti, come nel caso dei cortonesi soccorsi
dalla santa concittadina Margherita mentre tornando dalle Puglie col loro gregge si trovano in
pericolo nell’attraversare un fiume della Maremma particolarmente tumultuoso 531. Sono
invece vittime di aggressioni demoniache nell’esercizio del loro lavoro un guardiano di porci
del senese, assaltato di notte e salvato da Ambrogio Sansedoni 532 e Naldus, rapito dal
demonio mentre pascola i buoi e liberato da Margherita da Cortona 533. Lucchese da
Poggibonsi castiga un taglialegna che manca di osservare la sua festa e recatosi nel bosco per
lavorare si ferisce gravemente al piede con un colpo di scure 534, mentre Ranieri da Pisa risana
Albertinus, un minatore delle cave di ferro dell’isola d’Elba malato di gotta 535. Anche la
pesca fa parte del mondo rurale e tra i destinatari dei miracoli ci sono un gruppo di pescatori
522
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 78.
523
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 119.
524
Cfr.: Hystoria Beati Torello de Puppio, XVIII; Vita di Torello da Poppi, XXII.
525
Cfr.: Vita di Beato Andrea de Gallerani da Siena, 29.
526
Cfr.: Vita beati Alluccii confessoris, 10.
527
Cfr.: Vita [A. Novello], 19.
528
Cfr.: Vita sancte Viridiane, XVIII.
529
Cfr.: Legenda Beate Agnetis de Monte Policiano, III, 5, 210.
530
Cfr.: Miracula [Zita], 93.
531
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 49.
532
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 171; Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 71.
533
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 34.
534
Cfr.: Vita (Tolomei), 58.
535
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 172.
95
del Trasimeno soccorsi da Margherita da Cortona durante una tempesta e alcuni non meglio
precisati marinai, anche loro a rischio naufragio e salvati dalla medesima santa cortonese 536.
Le occupazioni del mondo rurale sono tutte piuttosto umili, caratteristica propria anche
dei mestieri di natura servile. Tra i destinatari dei miracoli sono persone di servizio Grillus,
servitore di Ildebrandus Meli console di Pisa, guarito dal santo concittadino Ranieri 537, un
certo Petrus, famulus di Robertus di Bolsena, ferito e risanato da Ambrogio Sansedoni 538, e
un pisano alle dipendenze di Gerardus de Boncontibus, che ospita in città Caterina da Siena,
autrice di un prodigio manifestato proprio al servo 539. Più spesso a svolgere mansioni di
servizio sono le donne, arruolate sia come domestiche e cameriere sia come balie e afflitte da
patologie di vario genere. Finedora, serva nella casa di Magnus milite a Firenze, e
Benevenuta, serva presso Bonacurso Bellincione degli Adimari nella medesima città, sono
destinatarie di due miracoli operati da Umiliana dei Cerchi: la prima è guarita dalle fistole, la
seconda è liberata dal carcere, dov’è finita con l’accusa di sostenere i guelfi, mossale dal
podestà cittadino 540. La pisana Mastajola, invece, viene tenuta prigioniera in catene dal
proprio padrone e riesce a scappare con l’aiuto di Ranieri da Pisa 541. Druda è paraplegica e
ritorna a camminare grazie a Ranieri da Borgo San Sepolcro 542, Mante, domestica del signor
Angelus Grifoli, guarisce da un’emiplegia grazie a Francesco da Siena 543 e una piccola
servitrice delle terme di Chianciano viene risanata da Agnese da Montepulciano quando si
ferisce con un coltello 544. Non è chiaro poi se sia una serva o una semplice casalinga la senese
Stagia, che una volta guarita da Ambrogio Sansedoni dai forti dolori al braccio può tornare a
dedicarsi ai mestieri di casa 545. Beldia, balia e nutrice di Fina da San Gimignano, guarisce
grazie all’intervento della santa da una malattia articolare 546. È forse al servizio di qualcuno,
oppure lavora come salariata, una certa Bona, lavandaia romana salvata da Caterina da Siena
che rischia di annegare proprio mentre svolge il proprio lavoro 547. Le donne, tuttavia, non
536
Per il miracolo dei pescatori del Trasimeno cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 48. Per
i marinai cfr.: ivi, XI, 47.
537
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 151.
538
Cfr.: Summarium virtutum et Miracula, 86; Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 107; Miracula
[Sansedoni], XXVII.
539
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 307311.
540
Per la guarigione di Finedora cfr.: Miracula intra triennium ab obitum patrata, 19. Per la liberazione di
Finedora cfr.: ivi, 28.
541
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 9899.
542
Cfr.: Liber miraculorum, 31.
543
Cfr.: Legenda beati Francisci de Senis (Liber Miraculorum), 14.
544
Cfr.: Legenda Beate Agnetis de Monte Policiano, II, 9, 15.
545
Cfr.: Summarium virtutum et Miracula, 140.
546
Cfr.: Legenda s. Fine Virginis, 1; Legenda sancte Fine, 10.
547
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 391.
96
svolgono solo lavori servili, pur occupandosi di attività di livello piuttosto basso. Accanto alla
già citata contadina e alla ex venditrice di panni, infatti, tra le destinatarie dei miracoli operati
secondo le fonti toscane del basso medioevo ci sono anche due filatrici, la senese Floritae, che
si conficca un fuso nella mano procurandosi così lo sviluppo di fistole nella ferita guarite da
Ambrogio Sansedoni 548 e la pisana Theodora, alla quale un formicolio alla mano impedisce di
lavorare, finché non interviene il santo concittadino Ranieri 549.
Alcuni laici svolgono poi mansioni legate alla sfera religiosa, spesso in relazione ad
uno status di consacrati o in virtù di una vocazione personale che li porta ad occuparsi di
questioni spirituali. Oltre ai già citati terziari degli Ordini Mendicanti, infatti, vi sono altre
figure laicali legate al mondo religioso: gli eremiti e i conversi. Sono eremiti i senesi Sanctus
e Nerius Paglarensis, guariti entrambi da Caterina da Siena, il primo salvato dalla peste, il
secondo liberato dai fortissimi dolori addominali che lo colpiscono durante il viaggio di
ritorno da Avignone, da lui compiuto insieme alla santa 550. Sono invece conversi un senese
tentato dal diavolo di rinunciare al suo impegno nel convento domenicano cittadino e aiutato
da Andrea Gallerani 551 e il romano Johannes, risanato da un’emorragia da Caterina da Siena
552
. Le fonti non specificano, poi, lo status del custode del sepolcro di Andrea Gallerani, posto
nella chiesa senese dei Predicatori, che mentre pulisce la tomba del santo resta vittima di un
incidente e si ferisce alla mano con un chiodo dopo essere scivolato e riceve la miracolosa
guarigione proprio da Andrea 553. Da ultimo, non appartengono di certo alla sfera religiosa né
ad alcuna corporazione ufficiale, ma si dedicano invece ad un’attività decisamente differente i
ladroni convertiti da Allucio da Pescia 554 e da Bona da Pisa 555, tutti decisi ad abbandonare la
vita disonesta e peccaminosa svolta fino all’incontro coi santi e a vivere invece in modo retto
e al servizio del prossimo. Non è chiaro invece a quale tipo di lavoro – presumibilmente
manuale, ma le fonti non forniscono alcuna informazione in proposito – possano tornare il
povero Benedictus, risanato da Ranieri da Borgo San Sepolcro da cisti e ulcerazioni sui
fianchi 556, e Angelus, guarito da Ranieri da Pisa da una malattia alle mani 557.
548
Cfr.: Summarium virtutum et Miracula, 58; Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 95.
549
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 164.
550
Per la guarigione di Sanctus cfr.: Vita Catharinae Senensis, 252253. Per il miracolo di Nerius cfr.: ivi, 262
263; Il Processo Castellano, Vb, p. 345.
551
Cfr.: Vita di Beato Andrea de Gallerani da Siena, 52.
552
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 218.
553
Cfr.: Vita di Beato Andrea de Gallerani da Siena, 56.
554
Cfr.: Vita beati Alluccii confessoris, 5.
555
Cfr.: Vita sancte Bone virginis de civitate Pisana, XXI; Vita sancte Bone virginis, XXXVIII.
556
Cfr.: Liber miraculorum, 52.
557
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 113.
97
Nella maggior parte dei casi le fonti non dichiarano l’occupazione dei miracolati, ma
talvolta nel presentarli li qualificano come figli, sposi o genitori di professionisti di vario
genere e forniscono così informazioni preziose per stabilirne la sfera di appartenenza. Tre
miracolati sono figli di fabbri: un bambino cortonese di nome Nanne guarito da Agnese da
Montepulciano 558, il pisano Gerardinus cui Ranieri da Pisa fa scomparire le fistole 559 e
Bonturus, figlio di Pierus di Pietrasanta (LU), liberato da una lunga infermità da Zita da
Lucca 560. L’uomo pisano morto per una grave diarrea e risuscitato da Ranieri da Pisa è figlio
di Lambertus, lavoratore di lana 561, mentre il nonno paterno del genovese Tomasinus, cui Zita
da Lucca restituisce la vista, era un incisore e tagliatore di panni 562 e il padre di un bimbo
risuscitato da Pietro Pettinaio dopo essere caduto dalla finestra di casa è figlio di un merciaio
563
. Due miracolati sono poi presentati facendo riferimento al lavoro della madre: si tratta del
figlio di una mietitrice aretina aggredito da un lupo e salvato da Torello da Poppi 564 e di
quello di una serva pisana guarito dal concittadino Ranieri da una malattia alla gola 565.
Jacobina da Pisa, risanata dalla gotta da Zita da Lucca, è figlia di un borsario e moglie di un
pellicciaio 566, la senese Cesca, liberata dalla febbre da Ambrogio Sansedoni, è sposata col
ferratore Feus 567 e una donna pisana affetta da una ciste è moglie di Clavellus, un pescatore
che per fare buona pesca prega Ranieri da Pisa quando getta le reti e che vede la sua sposa
risanata dallo stesso santo 568.
Salendo di livello, tra i destinatari di miracoli ci sono anche familiari di medici e notai,
come il veneziano Bartholomeus – figlio del medico Andreas, convertito da Caterina da Siena
569
– e le figlie dei dottori pisani Soffredus e Ubertus, la prima morta in seguito alla gotta e
risuscitata da Ranieri da Pisa e la seconda salvata dallo stesso santo in condizioni estreme 570.
Sempre in ambito medico, poi, è presente tra i miracolati la nipotina del chirurgo Galienus,
558
Nanne, figlio di Bucciarellus, è contratto agli arti inferiori. Cfr.: Legenda Beate Agnetis de Monte Policiano,
III, 8, 11.
559
Il padre del miracolato, di nome Paniculus, è scomparso. Per la narrazione del miracolo cfr.: Vita Sancti
Rainerii, 178.
560
Cfr.: Miracula [Zita], 16.
561
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 89; De Uenerabili uiro Raynerio pisano, 1.
562
Cfr.: Miracula [Zita], 97.
563
Cfr.: Vita del B. Pietro Pettinajo, pp. 6667.
564
Cfr.: Hystoria Beati Torello de Puppio, XIX; Vita di Torello da Poppi, XII.
565
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 164.
566
Cfr.: Miracula [Zita], 98.
567
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 76; Miracula [Sansedoni], XVI.
568
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 131.
569
Cfr.: Il Processo Castellano, XXII, pp. 449450.
570
Per la risurrezione della figlia di Soffredus cfr.: Vita Sancti Rainerii, 123. Per la guarigione della figlia di
Ubertus cfr.: ivi, 147.
98
cui Margherita da Cortona risana una brutta ferita all’occhio 571. Sono parenti dei notai,
invece, la pisana Agonia, moglie di Rogerius liberata da Ranieri da Pisa da fortissimi dolori
alla testa 572, Ceccus, figlio del notaio Angelus Philippus di Bolsena (VT) ferita alla testa e
guarita da Ambrogio Sansedoni 573, Nanni, figlio di Datus in pericolo per un trauma cranico
poco dopo la nascita e salvato da Margherita da Cortona 574 e un bambino nato morto al notaio
biturgense Andrea, risuscitato da Ranieri da Borgo San Sepolcro che salva anche la madre, a
sua volta in pericolo di vita 575.
Tra i possibili incroci dei diversi fattori coinvolti nel miracoloso a destare particolare
interesse è proprio la commistione tra la sfera del miracolo e il mondo del lavoro, rapporto
che alla luce dei risultati della ricerca merita un approfondimento legato sia alla pratica delle
relazioni sia allo sviluppo concettuale che sottende la percezione stessa del lavoro in epoca
medievale. Si è visto come nel novero dei santi protagonisti delle azioni sovrannaturali, siano
presenti alcune figure provenienti dal mondo laico, espressione di una santità nuova che si
afferma per lo più nell’Italia comunale 576, con uomini e donne che hanno generalmente
origini borghesi e vivono una vita, per lo più familiare, fatta di lavoro, impegno politico,
povertà, carità, spiritualità e vita cristiana, pellegrinaggi, penitenza e miracoli 577. In
particolare, è necessario concentrarsi sui santi lavoratori, nel caso delle fonti selezionate per
questa ricerca i mercanti Lucchese da Poggibonsi, Pietro Pettinaio e Ranieri da Pisa e la
domestica Zita da Lucca, cui possono aggiungersi i contadini Allucio da Pescia e Giovanna da
Signa e la giovane serva Verdiana da Castelfiorentino, che offrono lo spunto per riflettere su
un aspetto fondamentale della società medievale, molto importante anche in relazione ai
destinatari dei miracoli e alla funzione del prodigio stesso: il lavoro e la sua valenza sia
teoretica sia pragmatica.
Parlando di santi lavoratori, infatti, è necessario inserire il discorso nella più ampia
questione del valore del lavoro nel Medioevo e in particolare nell’epoca in cui queste figure
vivono ed operano. In epoca medievale infatti si assiste ad un grande conflitto riguardo al
lavoro, a livello sociale, culturale, ideologico e religioso e ci si interroga su questioni come la
servitù, l’usura, il “giusto prezzo” e i mestieri leciti e illeciti, col ragionamento che si svolge
571
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 80.
572
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 176.
573
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 87; Miracula [Sansedoni], XXVIII.
574
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 67.
575
Cfr.: Liber miraculorum, 25.
576
Su questo punto si veda il paragrafo 2.1.2 del presente studio.
577
Anche Vauchez ha individuato nell’ascetismo, nel pellegrinaggio e nell’azione caritatevole i tre elementi
principali della santità laica: cfr. VAUCHEZ, La sainteté du laïc.
99
su un piano giuridico 578, economico e sociale, oltre che su quello filosofico 579 e religioso, che
resta preminente. Dopo il Mille la riflessione prende avvio da un disprezzo e da una
concezione pessimistica nei confronti del lavoro – visto come maledizione e penitenza,
eredità biblica da un lato e classica dall’altro 580 – e arriva invece, coi dovuti distinguo, a
riconoscere e valorizzare sia l’attività lavorativa sia coloro che la svolgono 581, pur
mantenendosi il dualismo di fondo tra chi vede il lavoro come un valore e dunque afferma che
bisogna lavorare e chi gli attribuisce invece una valenza negativa e ne stigmatizza l’esercizio
582
.
Nel Medioevo, inoltre, non tutti i mestieri sono uguali e soprattutto non tutti sono
leciti: alcuni sono illeciti, altri invece sono pericolosi, poiché inducono nella tentazione di
arricchirsi a scapito del prossimo 583. Fortissima, poi, la condanna dell’usura, poiché gli usurai
vendono il tempo, che è di Dio, per generare denaro 584. Per buona parte del Medioevo usuraio
578
I giuristi medievali hanno una buona opinione del lavoro artigianale, che prevede sì la fatica fisica, ma
richiede anche applicazione mentale e apprendimento. Cfr. BELLOMO, Il lavoro nel pensiero dei giuristi, pp. 169
198; BREZZI, Una categoria di lavoratori.
579
La teoria dei filosofi riguardo al lavoro si sviluppa attorno alla nozione di artes mechanicae, corrispettivo
delle artes liberales e divise anch’esse in un trivium e in un quadrivium. Del trivio fanno parte lanificium,
armatura e navigatio, che proiettano l’uomo nello spazio attraverso il commercio, la guerra e l’avventura, nel
quadrivio troviamo invece agricultura, venatio, medicina e theatrica, che segnano i diversi tempi dell’attività
umana: raccolto, caccia, malattia e gioco. Sul pensiero filosofico riguardo al lavoro cfr.: HAMESSE, Le travail chez
les auteurs philosophiques; ALESSIO, La filosofia e le “artes mechanicae”; ID., La riflessione sulle “artes
mechanicae”; ID., La Scolastica; DELHAYE, Quelques aspects de la doctrine thomiste; LUSIGNAN, La lettre et le
travail; NEGRI, Filosofia del lavoro; RONDET, Elementi per una teologia del lavoro; TRANQUILLI, Il concetto di
lavoro.
580
Il lavoro si inserisce nella storia della salvezza e lavorare serve all’uomo per salvarsi. Per questo Dio, dopo
aver inflitto il lavoro al genere umano come condanna, lo ha benedetto e la Bibbia è piena di lavoratori che si
guadagnano onestamente da vivere col lavoro delle proprie mani. E proprio tra i lavoratori manuali Dio sceglie
anche la famiglia terrena di suo Figlio, se davvero Giuseppe, sposo di Maria, è un falegname di Nazaret. Il
lavoro, però, può trasformarsi in un nonvalore finalizzato solo all’arricchimento smodato. Cfr.: LE GOFF, Le
travail dans les systèmes de valeur; ID., Pour une étude du travail; DE LEO, L’esegesi medievale; FOSSIER, Il
lavoro nel Medioevo; TESTA, Il lavoro nella Bibbia. Nel mondo classico gli uomini liberi non lavorano e il lavoro
è riservato agli schiavi. Il mondo germanico è, per alcuni versi, simile a quello classico, ma essendo più
marcatamente guerriero in esso svolgono un ruolo molto importante fabbri e orafi e la metallurgia è il settore
lavorativo privilegiato, con la figura dell’artigiano che è protagonista della mitologia, dove assume tratti magici.
Cfr.: RONDET, Elementi per una teologia del lavoro; LE GOFF, Pour une étude du travail; ID., Le travail dans les
systèmes de valeur. Per un’analisi approfondita della mitologia nordica e dei suoi protagonisti cfr.: GALLONI, Il
sacro artefice.
581
Cfr.: LE GOFF, Le travail dans les systèmes de valeur.
582
Tale dualismo si inasprisce nel Duecento, con la controversia parigina tra Ordini Mendicanti e maestri
secolari. Questi ultimi sostengono che il lavoro è il vero valore e che la mendicità praticata e difesa dai nuovi
Ordini sia contraria ai principi cristiani. Il francescano Bonaventura e il domenicano Tommaso d’Aquino
ribattono alle critiche allargando il concetto di lavoro all’evangelizzazione stessa e sostengono che predicare è la
forma più alta di lavoro. Cfr.: WENIN, Saint Bonaventure; LE GOFF, Le travail dans les systèmes de valeur. Sul
lavoro nelle fonti francescane si veda anche BOESCH GAJANO, Lavoro, povertà, santità, pp. 126128.
583
Per un’analisi dei mestieri illeciti cfr.: LE GOFF, Tempo della Chiesa, pp. 5372.
584
Sulla questione dell’usura nel Medioevo e il relativo dibattito si vedano: TRANQUILLI, Il concetto di lavoro;
NEGRI, Filosofia del lavoro; TOZZI, S. Tommaso: sul commercio; DE ROOVER, Business, Banking and Economic
Thought; ID., The Concept of the Just Price; TODESCHINI, I mercanti e il tempio; ID., Il prezzo della salvezza;
SPICCIANI, Capitale e interesse; ID., La mercatura e la formazione del prezzo, p. 129.
100
è sinonimo di mercante: il mercante è un peccatore quando è convinto di poter vendere tutto,
anche ciò che vendibile non è, e di poterlo fare a suo piacimento, imponendo prezzi arbitrari e
vendendo anche in tempi e luoghi non leciti, facendosi guidare solo dall’avidità 585. Altro
mestiere condannato è quello dell’intellettuale, che vende la scienza, facendosi pagare dai
propri studenti, disobbedendo al precetto biblico che vieta di vendere il sapere in quanto dono
di Dio 586. Col tempo, però, mercanti e intellettuali trovano la loro riabilitazione e fra la fine
del XII e l’inizio del XIII secolo viene riconosciuto a queste due categorie professionali che il
denaro percepito è la giusta ricompensa per il lavoro svolto. Il guadagno di mercanti e
intellettuali diventa così propter laborem, sempre che rientri nei limiti consentiti e non sia
finalizzato ad accumulare ricchezza che non si riconverta poi in carità 587. Il mercante è utile
alla comunità e svolge un servizio procurandole i beni necessari: per questo è giusto che
riceva una remunerazione, a patto però che non eserciti la compravendita solo per arricchirsi,
acquistando merci per poi rivenderle a un prezzo maggiorato 588. Il guadagno, per essere
lecito, deve obbedire alla teoria del “giusto prezzo”, ovvero quello che non eccede
nell’avarizia e non scende al di sotto delle spese sostenute, in modo da garantire il necessario
per vivere senza arricchirsi: ogni profitto, infatti, è buono se impiegato in scopi onesti come il
mantenimento di sé e della propria famiglia, l’elemosina ai bisognosi o il decoro della città,
altrimenti è esecrabile 589. Parimenti, sia il venditore sia il compratore sono tenuti alla
massima onestà nei reciproci confronti: chi vende deve denunciare vizi e imperfezioni della
merce e non cercare di venderla come se fosse buona, chi compra deve invece avvertire il
mercante qualora venda, per distrazione o ignoranza, una merce di valore ad un prezzo
585
Per una spiegazione dettagliata della peccaminosità del mestiere di mercante si vedano in particolare due
prediche del domenicano Giordano da Pisa. Cfr.: G IORDANO DA PISA, Quaresimale, LII, LIII. Sulla predicazione e
il suo valore nella diffusione del pensiero dotto a livello popolare cfr.: DELCORNO, La predicazione nell’età
comunale; DE LA RONCIÈRE, Les Mineurs et les campagnes; La predicazione dei frati; ZAFARANA, La predicazione
ai laici. Si vedano inoltre: DELCORNO, Giordano da Pisa; IANNELLA, Giordano da Pisa.
586
Cfr.: BELLOMO, Il lavoro nel pensiero dei giuristi.
587
La condanna della ricchezza smodata, dell’accumulazione di beni oltre il necessario, del commercio a scopo
di lucro e soprattutto dell’usura sono temi comuni sia al pensiero classico sia a quello cristiano. Il lavoro è
necessario e moralmente accettabile solo quando risponde all’effettivo bisogno di sussistenza, e si fa turpe e
immorale se volto ad accumulare ricchezze e garantire agi che nulla hanno a che vedere con la sopravvivenza La
ricchezza sfugge alla condanna solo se esce dalla dimensione personale ed egoistica e si fa risorsa per soccorrere
i fratelli che sono nel bisogno o se usata per il culto del Signore, poiché in tal modo si nobilita e si purifica
attraverso l’uso sociale. Cfr. LE GOFF, Le travail dans les systèmes de valeur; FOSSIER, Il lavoro nel Medioevo;
RONDET, Elementi per una teologia del lavoro.
588
Cfr.: SPICCIANI, La mercatura e la formazione del prezzo, pp. 157158, 232.
589
Il dibattito sul “giusto prezzo” attraversa tutto il Medioevo e si sviluppa in particolare nel Duecento, con
figure del calibro di Tommaso d’Aquino, Duns Scoto e Pietro di Giovanni Olivi che disquisiscono di merci e
denari e della loro liceità. Il giusto prezzo è, in ultima analisi, quello di mercato. Per una panoramica generale
sulla questione cfr.: DE ROOVER, The Concept of the Just Price; SAPORI, Il giusto prezzo; SPICCIANI, La mercatura e
la formazione del prezzo; TODESCHINI, I mercanti e il tempio; ID., Un trattato di economia politica; DEGRASSI,
L’economia artigiana; TOZZI, S. Tommaso: sul commercio.
101
ridotto, dato che non tutti sono soliti, come il beato Pietro Pettinaio, gettare via la merce
fallata.
Per quanto riguarda il miracoloso, i santi lavoratori pur essendo protagonisti, ad
eccezione proprio di Pietro Pettinaio, di diversi prodigi che hanno come destinatari altri
lavoratori – sia appartenenti al loro stesso settore sia impegnati in attività differenti – non
sono gli unici ai quali si rivolgono gli esponenti del mondo del lavoro trovandosi in difficoltà.
È però significativo e motivo di grande interesse che siano proprio alcuni di loro ad essere
protagonisti dei miracoli punitivi destinati a coloro i quali svolgono il loro lavoro in maniera
immorale e, soprattutto, lo antepongono a valori più importanti, come il rispetto delle feste
religiose, spinti da smodata e peccaminosa cupidigia. In particolare, Lucchese da Poggibonsi
punisce un taglialegna che il giorno della sua festa se ne va a lavorare nel bosco: l’uomo si
ferisce gravemente al piede con un colpo di scure e ottiene la guarigione solo dopo essersi
pentito di non aver osservato la solennità del santo 590. Anche Ranieri da Pisa castiga un certo
magister Hugo Latinus, letterato bizantino che dall’alto della propria cultura mostra
incredulità per i miracoli del santo, salvo pentirsi di averne dubitato quando si ritrova
misteriosamente malato e una visione gli svela che sarà guarito con l’acqua benedetta dallo
stesso Ranieri 591.
Per quanto concerne la provenienza dei miracolati, essa coincide nella maggior parte
dei casi con quella del santo, come si vedrà meglio nel proseguo di questo studio 592, pur non
mancando tra i destinatari dei prodigi persone provenienti da luoghi diversi e talvolta anche
molto lontani da quelli dove vivono e operano i personaggi coinvolti nelle loro sovrannaturali
vicende. Alcuni miracolati poi provengono non solo dalla stessa città o dallo stesso quartiere
dei santi che offrono loro aiuto, ma direttamente dal loro stretto entourage. Si tratta di
familiari, amici e compagni, persone in stretto rapporto con i servi di Dio e destinatari di
prodigi di varia natura. Caterina da Siena fa risorgere sua madre Lapa perché è morta senza
aver prima ricevuto i sacramenti 593, Pietro Pettinaio risana la moglie feritasi gravemente alla
testa in seguito ad una caduta e la salva dalla morte 594, mentre Umiliana dei Cerchi risuscita
la figlia Rigalis, spirata tra le sue braccia 595. Il notaio senese Guido Donati guarisce poi da un
fastidioso dolore alla gamba che lo affligge fin dalla gioventù grazie all’intervento dell’amico
590
Cfr.: Vita (Tolomei), 58.
591
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 119.
592
Il tema della provenienza dei miracolati viene trattato all’interno di un discorso di più ampio respiro
concernente i luoghi dei miracoli, per il quale si rimanda al paragrafo 4.3 di questo stesso studio.
593
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 241244; Il Processo Castellano, Vb, p. 345.
594
Cfr.: Vita del B. Pietro Pettinajo, pp. 6566.
595
Cfr.: Vita beatae Humilianae de Cerchis, 43.
102
Ambrogio Sansedoni 596, Maffeo Canestri vede scomparire i propri dolori alla testa grazie
all’intervento del compagno Pietro Pettinaio 597 e Nuta, infermiera di Giovanna da Signa
durante la sua infermità, viene risanata dalla santa da un grave trauma addominale reputato
inguaribile 598. Fanno parte di questa cerchia di persone vicine ai santi anche Beldia, nutrice di
Fina da San Gimignano, che grazie alla santa si libera da una malattia articolare 599, e i figli di
un’amica di Agnese da Montepulciano 600.
A beneficiare degli interventi prodigiosi sono, come già detto, anche coppie o gruppi
di individui, parenti e familiari o perfetti sconosciuti che si ritrovano a condividere più o
meno casualmente circostanze di bisogno. I miracoli cratofanici di tipo climaticotempestario
sono quelli destinati più di frequente a soggetti numerosi – probabilmente anche in virtù del
loro legame col viaggio, difficilmente compiuto dai singoli individui – ma non mancano
esempi di beneficiari multipli nemmeno per le altre tipologie di interventi prodigiosi.
I gruppi di viaggiatori sono costituiti da persone che partono per lavoro o per compiere
pellegrinaggi entro spazi geografici disomogenei, dal Mediterraneo al Medio Oriente, che si
spostano prevalentemente per mare e sono composti da poche unità o da centinaia di individui
(addirittura oltre quattrocento in un prodigio in cui Ambrogio Sansedoni placa una pericolosa
tempesta marittima 601). Margherita da Cortona salva dal naufragio alcuni marinai 602 e un
gruppo di pescatori del Trasimeno che rischiano di affondare con le loro barche 603, ma tra
tutti coloro che affrontano spostamenti e viaggi per mare nell’esercizio della loro professione
i più esposti al pericolo sono senz’altro i mercanti, che spesso non viaggiano da soli e si
ritrovano a condividere le circostanze avverse con dei compagni di viaggio, come succede al
sangimignanese Lotharingus, che mentre la nave su cui si trova a viaggiare con altre persone
sta per affondare invoca Fina da San Gimignano e ottiene così la salvezza di tutti 604. Spesso
non si conosce il motivo per cui i miracolati viaggiano, come nel caso, ad esempio, di un
gruppo di laici e religiosi salvati da una tempesta nel Mediterraneo da Lucchese da
Poggibonsi 605 o di sei corsi diretti a Pisa, vittime anch’essi di una tempesta marittima e
596
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 142.
597
Cfr.: Vita del B. Pietro Pettinajo, pp. 3435.
598
Cfr.: Beatae Iohannae de Signa vita et miracula, 5.
599
Cfr.: Legenda sancte Fine, 10; Legenda s. Fine Virginis, 1.
600
Cfr.: Legenda Beate Agnetis de Monte Policiano, III, 2, 25.
601
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 259; Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 114.
602
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 47.
603
Cfr.: ivi, XI, 48.
604
Cfr.: Legenda sancte Fine, 18; Legenda s. Fine Virginis, 13.
605
Cfr.: Vita (Tolomei), 48.
103
graziati da Zita da Lucca 606. Sono invece pellegrini diretti a Gerusalemme quelli che
rimangono bloccati per giorni al largo di Ancona per via del mare grosso e possono poi
proseguire il viaggio grazie all’intervento di Margherita da Cortona 607; sono invece reduci da
Santiago de Compostella altri che vengono colpiti presso Savona da una tempesta placata da
Lucchese da Poggibonsi 608. Si trova sulla strada di Santiago anche un altro gruppo di
pellegrini, in difficoltà per l’attraversamento di un ponte su un fiume: soccorsi da Bona da
Pisa, loro compagna di avventura 609.
Sono pellegrini anche due fratelli bolognesi, che si recano alla Verna (AR) in visita ai
luoghi francescani insieme alla madre Venturina e ad altri devoti e qui si ammalano
gravemente, ricevendo poi entrambi la guarigione da Torello da Poppi 610. Questi due ragazzi
felsinei non sono gli unici soggetti multipli legati da una forma di parentela cui i santi
destinano un prodigio di cui le fonti danno notizia: Agnese da Montepulciano guarisce da una
malattia non specificata alcuni fratelli suoi concittadini e due sorelle del cortonese afflitte
dall’epilessia 611, mentre Caterina da Siena converte Chinocia e Jacobus Tholomei, due
giovani della propria città che grazie a lei abbandonano la vita dissoluta 612. Di particolare
interesse, poi, il caso dei due fratelli marchigiani dove l’uno uccide l’altro per questioni di
beni familiari e Lucchese da Poggibonsi salva l’omicida dalla condanna a morte risuscitando
la vittima 613. La fiorentina Suave e suo figlio vengono guariti dalle scrofole da Umiliana dei
Cerchi 614, mentre Pietro Pettinaio fa passare una gravissima forma di febbre ad una madre e ai
suoi due figli, tutti e tre in pericolo di vita 615. Sono a rischio sopravvivenza, ma per motivi
legati alla povertà, anche un’altra madre, pure lei con due figli, cui Allucio da Pescia dona del
pane miracolosamente comparso nella madia della sua dimora 616 e beneficiano del miracolo
del pane anche Ciava e Doncius, una coppia di sposi signesi cui la santa concittadina
Giovanna fa ritrovare intera una pagnotta di cui lei stessa ha mangiato una parte 617. Ambrogio
Sansedoni salva invece il senese Guido e sua moglie, che rischiano di morire nell’incendio
606
Cfr.: Miracula [Zita], 99.
607
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 50.
608
Cfr.: Vita (Tolomei), 49.
609
Cfr.: Vita sancte Bone virginis de civitate Pisana, XX; Vita sancte Bone virginis, XXXVII.
610
Cfr.: Hystoria Beati Torello de Puppio, IX; Vita di Torello da Poppi, XI.
611
I fratelli guariti da una grave malattia – non definita dalle fonti – sono figli di un’amica della santa e non se ne
conosce il numero preciso. Per la narrazione del miracolo cfr.: Legenda Beate Agnetis de Monte Policiano, III, 2,
25. Per la guarigione delle due sorelle epilettiche cfr.: ivi, III, 12, 10.
612
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 232234; Il Processo Castellano, II, p. 40.
613
Cfr.: Vita (Tolomei), 39.
614
Cfr.: Miracula intra triennium ab obitum patrata, 38.
615
Cfr.: Vita del beato Pietro Pettinajo, p. 121.
616
Cfr.: Vita beati Alluccii confessoris, 2.
617
Cfr.: Beatae Iohannae de Signa vita et miracula, 3.
104
della propria casa, scatenatosi per via di una candela lasciata accesa troppo vicino alle tende
618
.
La maggior parte dei soggetti multipli destinatari di miracoli, tuttavia, non hanno alcun
legame di parentela gli uni con gli altri, come nel caso dei numerosi carcerati liberati dalla
detenzione e talvolta dalla condanna capitale cui sono destinati o dei nemici armati che si
aggrediscono e ritrovano la concordia quando Bona da Pisa fa cessare la violenza 619. Grazie
all’intervento dei santi le porte del carcere si spalancano per due o tre prigionieri 620 o per
gruppi di decine di detenuti, sciolti in massa dalle catene con un unico prodigio: a quanto
riferiscono gli agiografi sono infatti trenta gli uomini fatti evadere da Margherita da Cortona
621
, oltre quaranta quelli tornati liberi grazie ad Allucio da Pescia 622 e addirittura più di
novanta a lasciare la galera per merito di Ranieri da Borgo San Sepolcro 623. Accanto ai
carcerati tradizionali trovano spazio anche il mercante pisano Bentivegna e un collega
genovese che viaggia con lui, catturati e imprigionati nei pressi di Tunisi e liberati da Ranieri
da Pisa 624. I detenuti sono tutti uomini, ma tra i destinatari dei miracoli vi sono anche gruppi
composti solo da donne: alcune chiedono ad Ubaldesca da Pisa di attingere acqua da un pozzo
e si ritrovano a gustare dell’ottimo vino 625, mentre un gruppo di bambine affamate si sazia
grazie all’intervento di Agnese da Montepulciano 626. Vengono poi soddisfatti i bisogni
alimentari anche di un numero indefinito di poveri, tra i quali di certo sono presenti anche
alcune donne 627.
In alcuni casi poi sono soggetti multipli i destinatari di miracoli solitamente operati a
favore di singole persone, come le taumaturgie e gli esorcismi. Due ciechi senesi vengono
guariti contemporaneamente da Allucio da Pescia 628 e altri due, stavolta pisani, ritrovano
618
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 257.
619
Cfr.: Vita sancte Bone virginis de civitate Pisana, LXXIV.
620
Liberano coppie di carcerati o piccoli gruppetti, fino a un massimo di sette, Alberto da Colle Val d’Elsa,
Lucchese da Poggibonsi, Fina da San Gimignano, Zita da Lucca e Ranieri da Pisa. Per la narrazione dei miracoli
cfr.: Legenda B. Alberti Archipresbyteri Collensis, p. 99 (corrisponde a: Vita Beati Alberti Confessoris
Archipresbiteri Collensis, p. 106); Vita (Tolomei), 14 (corrisponde a: Vita sancti Lucensis confessoris, 4);
Legenda s. Fine Virginis, 11 (corrisponde a: Legenda sancte Fine, 17); Vita beatae Zitae virginis Lucensis, 41
42; Vita Sancti Rainerii, 180182.
621
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 21.
622
Cfr.: Vita beati Alluccii confessoris, 1.
623
Cfr.: Liber miraculorum, 41.
624
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 9596.
625
Cfr.: Uita della beatissima uergine Ubaldesca, 7.
626
Cfr.: Legenda Beate Agnetis de Monte Policiano, I, 12, 1315.
627
Tra coloro che sfamano o dissetano gruppi di poveri ci sono Andrea Gallerani, Ranieri da Pisa e Caterina da
Siena. Per la narrazione di alcuni miracoli cfr.: Vita di Beato Andrea de Gallerani da Siena, 1, 2; Vita Sancti
Rainerii, 50 (corrisponde a: De Uenerabili uiro Raynerio pisano, p. 21); Vita Catharinae Senensis, 302304.
628
Cfr.: Vita beati Alluccii confessoris, 11.
105
insieme la vista grazie a Ranieri da Pisa 629, sovrannaturale medico anche di Albertus Pilosus e
Villanus, suoi concittadini febbricitanti guariti insieme 630. Mattaea e Margherita sono invece
due indemoniate dei dintorni di Siena esorcizzate ricorrendo ad Alberto da Colle Val d’Elsa
con un unico rito 631, così come le pisane Galiana e Vetula, liberate insieme dalla possessione
demoniaca da Ranieri da Pisa, cui le fonti attribuiscono anche un esorcismo collettivo
destinato a sciogliere dai dabolici tormenti ben venti indemoniati 632.
2.2.3 I soggetti particolari
Gli interventi prodigiosi non sono diretti soltanto a persone singole o gruppi, sia laici
sia religiosi, ma anche ad atri tipi di soggetti, compresi quelli non umani. Sugli oltre
milletrecento miracoli registrati nelle fonti prese in esame una ventina vengono operati a
favore di soggetti collettivi, sia laici sia religiosi. I soggetti religiosi per i quali si producono
miracoli sono i conventi e i monasteri dove vivono i santi stessi, che intervengono a favore di
confratelli e consorelle in difficoltà e ne soddisfano i bisogni, legati per lo più a situazioni di
povertà reali o potenziali che mettono a rischio la sopravvivenza di frati e suore o l’ordinaria
amministrazione delle comunità religiose. Filippo Benizi soccorre col miracolo del pane gli
affamati confratelli del convento servita fiorentino che si lamentano per la scarsità di cibo 633,
mentre la badessa vallombrosana Umiltà da Faenza previene la crisi alimentare del proprio
monastero profetizzando per ben due volte – la prima a Faenza (RA), la seconda a Firenze – il
sopraggiungere di una carestia e ordinando di conseguenza alle consorelle di fare economia e
scorte di viveri per poterla affrontare al meglio 634. Agnese da Montepulciano invece pone
rimedio alla povertà pecuniaria sia del convento domenicano di Proceno (VT) sia di quello di
Montepulciano (SI) e in entrambi i casi fa rinvenire alle consorelle il denaro per pagare i
lavoranti della comunità in una borsa in precedenza vuota 635.
629
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 119.
630
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 165.
631
Cfr.: Legenda B. Alberti Archipresbyteri Collensis, p. 98; Vita Beati Alberti Confessoris Archipresbiteri
Collensis, p. 106.
632
Per la narrazione del miracolo delle due donne cfr.: Vita Sancti Rainerii, 71. Per la liberazione dei trenta
indemoniati cfr.: ivi, 75.
633
Dopo aver invitato i confratelli ad allestire la mensa, Filippo si ritira in preghiera e la tavola si riempie di pane
e di altre vivande, con grande gioia dei frati. Cfr.: Legenda Patris Nostri Beati Philippi, 1011.
634
Per la profezia a favore delle consorelle faentine cfr.: Vita di Umiltà, XXXIII; Vita sancte Humilitatis, 5657.
Per il miracolo fiorentino invece cfr.: Vita di Umiltà, XLV.
635
Per la creazione di denaro a Proceno cfr.: Legenda Beate Agnetis de Monte Policiano, I, 12, 7; per quella a
Montepulciano cfr.: ibidem.
106
Anche le comunità civili possono trovarsi in situazioni di bisogno legate a pericoli di
vario genere e necessitare dell’intervento dei santi, che oltre ad intervenire per porre rimedio
alle emergenze possono anche prevenire il pericolo prima che si manifesti e produca
conseguenze distruttive. Le città – e i centri abitati in generale – vengono salvate da incendi,
calamità naturali e attacchi violenti da parte dei nemici, con risultati diversi a seconda della
reazione degli abitanti di fronte alle azioni e alle parole del santo. Una reliquia di Fina da San
Gimignano fa retrocedere le fiamme dell’incendio che minaccia di distruggere la propria
cittadina, liberata dal pericolo grazie all’intervento della santa, che fa retrocedere le fiamme
fino a renderle innocue 636, mentre Agnese da Montepulciano salva dal fuoco l’abitato di
Cigliano (PG), un povero villaggio rurale costruito in legno, con capanne di tronchi e
coperture vegetali che senza il suo intervento rischia di essere completamente distrutto in
brevissimo tempo 637. Non solo il fuoco, ma anche i fenomeni atmosferici particolarmente
violenti possono rappresentare un pericolo per i centri urbani: è il caso della contrada faentina
in cui vive Umiltà da Faenza, colpita da una nevicata così forte da mettere a rischio la
sopravvivenza dei suoi abitanti e liberata dalla santa, che fa sciogliere la neve e riporta tutti
alla normalità 638. Non sempre, tuttavia, è la natura a minacciare le città, ma molto spesso sono
altri uomini, che nel corso di guerre e scontri armati mettono a ferro e fuoco i centri abitati,
con rischi enormi per la sopravvivenza stessa delle persone. In alcuni casi i santi cercano di
prevenire le situazioni a rischio e di mettere in guardia dal pericolo sia i propri concittadini sia
le autorità pubbliche, ma non sempre ottengono un riscontro positivo dai loro interlocutori. È
ancora Umiltà da Faenza ad essere protagonista di un episodio di carattere militare legato alla
propria città: la santa, infatti, predice l’attacco dei bolognesi a Faenza, ma nessuno le crede e
la sua profezia resta inascoltata, col risultato nefasto che al momento dell’aggressione armata
i nemici fanno razzia in città e arrivano a depredare persino il monastero della santa 639.
A beneficiare dell’intervento dei santi, poi, non sono solo persone singole, gruppi di
individui o comunità, ma anche soggetti diversi da quelli umani, ovvero animali e, seppur in
un solo caso, come vedremo, oggetti inanimati. Gli animali destinatari di attenzioni
sovrannaturali sono di diverso genere e si va dagli animali selvatici come i lupi e gli uccelli a
636
Il rettore della chiesa di San Gimignano di fronte all’incendio che minaccia il centro abitato prende una
camicia appartenuta a Fina, la fissa ad un’asta e con quella – confidando nel potere della santa – va incontro alle
fiamme, che retrocedono al suo avanzare con la reliquia. Cfr.: Legenda sancte Fine, 20; Legenda s. Fine virginis,
21.
637
Il villaggio di Cigliano si trova presso Gubbio. Per la narrazione del miracolo cfr.: Legenda Beate Agnetis de
Monte Policiano, III, 6, 26.
638
Cfr.: Vita sancte Humilitatis, 32; Vita di Umiltà, XXVI.
639
Cfr.: Vita sancte Humilitatis, 5455; Vita di Umiltà, XXXII.
107
quelli domestici e da lavoro, come ovini e bovini, porci, cavalli, cani e gatti. Principalmente i
santi esercitano sugli animali una signoria finalizzata ad imporre loro la propria volontà,
obbligandoli così ad agire non secondo la loro natura bensì secondo il volere del santo, che li
rende del tutto innocui nei confronti delle loro vittime 640. In alcuni casi, tuttavia, gli animali
sono invece oggetto di interventi taumaturgici, spesso necessari per permettere ai loro padroni
la sopravvivenza, specie quando si tratta di bestie da lavoro i cui poveri proprietari non hanno
sufficiente disponibilità economica per sostituirle qualora muoiano. È caratteristica di Torello
da Poppi la signoria sui lupi, ammansiti in più circostanze e resi del tutto docili verso le
persone da loro minacciate prima dell’intervento del santo, che rimedia a rapimenti e ferite e
protegge dalle aggressioni 641. Addomestica un animale – ma nel suo caso si tratta di un
uccellino – anche Ranieri da Pisa, che lo regala ad un bimbo da lui stesso risuscitato, che si
reca a fargli visita una settimana dopo aver ricevuto il miracolo 642. Ambrogio Sansedoni
invece impone la propria volontà ad un cucciolo (di cane o di gatto) che ha sottratto e
mangiato la pomata destinata a curare una donna affetta da una ciste, ma grazie all’intervento
del santo rigetta la refurtiva e la rimette a posto 643. E a proposito di signoria – stavolta non
sugli animali, ma sulla natura – non ci sono solo persone, ma anche ovini e bovini tra i
soggetti che Giovanna da Signa protegge da una fortissima grandinata nelle campagne della
propria cittadina e che restano asciutti e perfettamente incolumi in mezzo alla tempesta 644.
Tra gli interventi taumaturgici si registrano guarigioni da malattie, malformazioni
congenite e ferite, patologie più o meno gravi, destinate in alcuni casi a limitare fortemente le
attività degli animali in questione e in altri a mettere in pericolo la loro stessa vita. Bona da
Pisa guarisce il cavallo del concittadino Albertus, un animale del valore di cento libbre che
all’improvviso cade a terra malato e non riesce più ad alzarsi 645. Stessa sorte per il destriero
del senese Bindus, colpito da un’infermità non specificata cui pone rimedio Ambrogio
Sansedoni 646, e per un bue del pisano salvato da Ranieri da Pisa 647. Particolarmente attiva nel
640
La signoria sugli animali si ricollega ai miracoli cratofanici e rappresenta un campo di intervento piuttosto
singolare. Per la trattazione di questa tipologia del sovrannaturale, unita al commento dei casi specifici, si veda
in questo stesso studio il paragrafo 2.3.
641
Per gli episodi di signoria sui lupi di cui è protagonista Torello da Poppi cfr.: Hystoria Beati Torello de
Puppio, VII, VIII, X, XIX; Vita di Torello da Poppi, IX, X, XII, XXII. Per un commento dei miracoli si veda in
questo stesso studio il paragrafo 2.3.
642
Il bambino cui Ranieri fa dono dell’uccellino addomesticato è figlio di Lambertus lanista. Per la narrazione
del miracolo cfr.: Vita Sancti Rainerii, 111.
643
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 256.
644
Cfr.: Beatae Iohannae de Signa vita et miracula, 1.
645
Cfr.: Vita sancte Bone virginis de civitate Pisana, LXXX.
646
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 254.
647
Il bue in questione si trova a San Casciano (PI), ma le fonti non specificano chi sia il proprietario. Per la
narrazione del miracolo cfr.: Vita Sancti Rainerii, 177.
108
curare gli animali è poi Giovanna da Signa, che risana il porco del concittadino Iohannes,
affetto da una malattia che lo rende infermo e inappetente 648, guarisce il bue di un certo
Michael Gilij 649 – anch’esso avverso al nutrimento – e rimedia all’assenza congenita di un
occhio nel passerotto di Anselmus Fei, un giovane signese che si reca a visitarla portando con
sé la bestiola 650. Ranieri da Borgo San Sepolcro, invece, sottrae un agnellino a morte sicura,
salvandolo dalle gravi ferite infertegli da un lupo pronto a divorarlo 651. Non è un animale, né
un soggetto individuale o collettivo, infine, a beneficiare dell’intervento miracoloso di
Verdiana da Castelfiorentino, che quando il fiume Elsa straripa e inonda il paese esercita una
signoria sulla natura, impedendo all’acqua di penetrare nella chiesa in cui si trovano le sue
sacre spoglie, salvando così sia l’edificio sia le proprie reliquie 652.
648
Il padrone del porco, un fabbro di nome Iohannes, è a sua volta miracolato dalla santa, che lo guarisce dal
gonfiore al volto e gli restituisce la vista. Per il miracolo del porco cfr.: Beatae Iohannae de Signa vita et
miracula, 20; per il risanamento del padrone cfr.: ivi, 19.
649
Cfr.: ivi, 21.
650
Cfr.: ivi, 4.
651
Cfr.: Liber miraculorum, 53. L’agnellino miracolato proviene dalla Massa Trabaria, una regione
corrispondente all’attuale territorio tra il passo di Bocca Trabaria e Pieve Santo Stefano (AR).
652
Cfr.: Vita sancte Viridiane, XIX.
109
Capitolo 3
LA TIPOLOGIA DEI MIRACOLI
Nelle quarantadue fonti agiografiche selezionate per la costruzione del database dei
miracoli in Toscana nei secoli dal XII al XIV sono state censite complessivamente 1383
narrazioni di prodigi, cui corrispondono 1154 eventi sovrannaturali 653. I miracoli operati sono
riconducibili a cinque grandi categorie: taumaturgico, apotropaico, cratofanico, spirituale e
punitivo. I miracoli taumaturgici intervengono sulla salute fisica delle persone e producono la
guarigione da malattie d’ogni genere che colpiscono i miracolati nelle maniere più disparate e
li affliggono con dolori e tormenti che talvolta mettono in pericolo la loro stessa vita. I
miracoli apotropaici comportano la liberazione dal pericolo a livello sia fisico sia dello spirito
e consistono in esorcismi, risurrezioni, scarcerazioni e salvezza da minacce di vario genere
alla vita stessa, mentre i prodigi spirituali esaltano le doti profetiche e persuasive dei santi,
che si manifestano anche in visioni salvifiche o inducono miracolose estasi nei destinatari dei
prodigi. Da ultimo, i miracoli punitivi sono strumenti di lotta all’incredulità e metodi di
persuasione capaci di trasformare i peccatori in devoti dei santi stessi o “semplicemente” in
buoni cristiani 654.
La tipologia più diffusa è quella dei miracoli taumaturgici, ma le fonti riportano anche
numerosi prodigi apotropaici, tra i quali prevalgono gli esorcismi. La maggior parte dei santi
compie indifferentemente tutti i tipi di miracolo, ma ve ne sono alcuni “specializzati” in un
settore particolare, che li rende punti di riferimento per i fedeli e fa accrescere la loro fama.
Tuttavia, il confine tra le diverse tipologie non è sempre netto, anche perché non
necessariamente esse si escludono a vicenda. Esistono infatti miracoli che si caratterizzano
per la presenza al loro interno di istanze diverse, non ascrivibili ad una sola categoria, ma
653
I miracoli narrati sono in numero superiore rispetto a quelli effettivamente compiuti a causa delle
corrispondenze delle narrazioni tra le diverse fonti agiografiche. È piuttosto comune, infatti, che se per un santo
sono state prodotte due o più fonti queste contengano alcuni miracoli comuni, narrati a volte nella stessa forma e
altre con qualche piccola differenza, consistente per lo più nella perdita di qualche informazione nel passaggio
da un testo all’altro. Sono presenti corrispondenze di narrazione dei miracoli tra due fonti per quanto riguarda
Ranieri da Pisa (3 su 146 miracoli narrati), Alberto da Colle Val d’Elsa (17 su 35 miracoli), Bona da Pisa (18 su
61), Lucchese da Poggibonsi (8 su 43), Fina da San Gimignano (14 su 37), Torello da Poppi (10 su 21) e Umiltà
da Faenza (28 su 58). Sono invece tre le fonti che ripetono le narrazioni dei miracoli operati da Galgano (11 su
34 narrati), Ambrogio Sansedoni (47 su 310) e Caterina da Siena (20 su 89). Fanno eccezione a questa tendenza
Zita da Lucca e Umiliana dei Cerchi, i cui prodigi sono narrati sia in una Vita sia in un Libro dei miracoli, ma
senza alcuna corrispondenza tra i due testi.
654
Sulle diverse tipologie di miracolo si veda: SIGAL, La typologie des miracles dans la littérature
hagiographique occidentale.
110
riconducibili a molteplici tipologie, secondo combinazioni che variano a seconda dei casi.
Talvolta si stabiliscono rapporti particolari tra santi, tipologie di miracolo e destinatari dei
prodigi, in relazione alle caratteristiche dei fattori del miracoloso e dei suoi protagonisti.
Naturalmente ogni santo riesce ad operare qualsiasi tipo di prodigio, ma non per questo per
tutti i personaggi che compiono miracoli nelle fonti toscane bassomedievali sono registrati
miracoli in tutti i settori in cui è possibile realizzarli. Per motivi di vario genere dunque –
presumibilmente perché non a tutti si presenta l’occasione di compiere ogni tipo di miracolo,
ma anche in relazione alle proprie caratteristiche spirituali – molti santi operano con più
frequenza alcuni tipi di prodigi e ne trascurano altri, specializzandosi così in campi diversi,
come vedremo nel corso della descrizione del miracoloso e dei suoi molteplici aspetti.
3.1 Miracolo taumaturgico
655
I tre miracoli operati da Margherita da Faenza sono tutti di carattere cratofanico e consistono in interventi di
signoria sulla natura. Per una loro descrizione più approfondita si rimanda al paragrafo 3.1.3 del presente studio.
Per la narrazione di tali prodigi cfr.: Revelationes et Miracula, XI, XII, XIII. Sul miracolo taumaturgico si
vedano tra gli altri: GOLINELLI, Santi taumaturghi nell’Italia medievale; Guarigioni mirabili; JANSEN, Un exemple
de sainteté thaumaturgique à la fin du Moyen Age.
656
Cfr.: Vita del B. Pietro Pettinajo, pp. 3739.
111
appartengono a diverse categorie patologiche, a carico di organi sia interni sia esterni e di tutti
gli apparati del corpo umano, in particolare del sistema nervoso e di quello osteomuscolare,
degli organi di senso e del tessuto cutaneo. Sono molto frequenti anche le malattie infettive –
la cui diffusione è favorita dalle cattive condizioni igieniche del periodo – e quelle tumorali,
così come le ferite traumatologiche e i disturbi psichici.
3.1.1 Malattie infettive e parassitarie
Le patologie infettive e parassitarie che interessano i malati sono di diverso tipo e non
hanno tutte lo stesso grado di pericolosità né la stessa velocità di contagio, anche se i diversi
casi narrati insegnano che nessun malanno è davvero innocuo e persino una semplice febbre
può trasformarsi in una minaccia mortale. Proprio la febbre, infatti, è la malattia infettiva più
ricorrente nelle fonti prese in esame e colpisce uomini e donne di ogni età, provocando loro
fortissima debilitazione, dolori alla testa e alle articolazioni, gonfiore, infiammazione della
gola e delle vie aeree e disturbi gastrointestinali. I febbricitanti molto spesso sono allettati e
infermi, non si nutrono e perdono la facoltà della parola, anche in conseguenza delle gravi
irritazioni alla gola, che impediscono loro di deglutire o di emettere suoni. Spesso a ridurre in
fin di vita gli ammalati sono proprio questi effetti collaterali, che minano la sopravvivenza di
persone denutrite ed estremamente vulnerabili a qualsiasi ulteriore attacco esterno ne possa
peggiorare le condizioni. La febbre può affliggere i malati anche per periodi molto lunghi,
addirittura per anni, ed essere continua o intermittente 657, oltre ad associarsi ad altre malattie,
principalmente ai tumori e alla peste, ma anche alla tosse e a dolori di vario genere, quasi
sempre dalle cause sconosciute. Sconosciuti sono anche i metodi di contagio della malattia,
per la quale le fonti si limitano a descrivere – e non in tutti i casi – i sintomi presentati dai
malati e a specificare se si trovano o meno in pericolo di vita. Fa eccezione la narrazione di un
miracolo operato da Ranieri da Pisa, protagonisti Agnes – una pisana devota del santo e
afflitta dalla febbre – e suo figlio, che viene contagiato dalla malattia bevendo l’acqua
benedetta da Ranieri, poiché accosta la bocca allo stesso contenitore da cui ha bevuto la
madre. La donna disperata si rivolge allora al santo e lo prega di guarire il fanciullo, cosa che
accade subito dopo tra lodi e ringraziamenti 658. Quanto agli effetti collaterali della febbre,
657
La febbre intermittente è terzana, semiterzana o quartana. La terzana è una febbre che ricompare ogni terzo
giorno, la semiterzana si ripresenta ogni giorno e mezzo, mentre la quartana dura due giorni e ritorna dopo altri
due; tutte agiscono in modo continuativo.
658
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 116.
112
vomito e diarrea sono pericolosi anche di per sé: di norma associato alla febbre, il vomito da
solo riduce in fin di vita nell’arco di due giorni un fanciullo senese di nome Marcus, salvato
da Ambrogio Sansedoni 659, mentre la dissenteria, seppur combinata a febbre e tosse, provoca
a Niua Guidaccii una fortissima debilitazione, dalla quale lo libera poi Margherita da Cortona
660
.
Pure gonfiori e tumefazioni che colpiscono i miracolati agli arti, alla testa o in tutto il
corpo, provocando loro disturbi di vario genere e mettendo talvolta in pericolo la loro vita,
hanno spesso origine infettiva, anche se le fonti ne tacciono cause e ragioni, limitandosi a
riferire lo stato di alterazione delle normali condizioni di salute delle persone colpite dalla
malattia e a specificare solo in alcuni casi che vi è un’infezione in corso. Patiscono di certo
per un’infezione il figlio di un nobile benefattore dalmata –colpito a due anni da una malattia
non meglio specificata, ma mortale e diffusa anche tra gli altri bambini, colpevole della
comparsa di un forte tremito di tutte le membra e guaribile solo con l’intervento di Margherita
da Cortona 661 – e una signora cortonese alla quale fuoriesce continuamente pus
dall’ombelico, risanata anche lei dalla santa concittadina 662. Secrezioni sgorgano anche dalla
gola di Agnes, una domina senese benefattrice delle donne povere miracolata da Ambrogio
Sansedoni, che a causa della malattia parla con difficoltà 663, mentre dagli occhi del romano
Johannes de Tozo escono addirittura i vermi e una donna tudertina dal volto tumefatto deve
scacciare mosche e vespe dalla propria faccia: il primo viene salvato da Caterina da Siena 664 e
la seconda da Filippo Benizi 665. La senese Bilia per una non meglio identificata infezione alla
mascella soffre di un forte mal di denti, le si annebbia la vista e si trova in difficoltà persino a
parlare, finché non riceve soccorso da Ambrogio Sansedoni 666. E tra le infezioni è
particolarmente violenta l’angina, che colpisce la gola, oggetto del miracolo di due guarigioni
operate da Caterina da Siena. La prima è a beneficio di Gemma, una compagna senese della
santa alla quale la malattia, inizialmente trascurata, provoca un gonfiore che restringe
progressivamente il canale della gola e la mette in pericolo di vita 667; la seconda ha invece
659
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 200.
660
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 70.
661
Cfr.: ivi, XI, 76.
662
Cfr.: ivi, XI, 81.
663
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 193.
664
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 387.
665
Cfr.: Legenda Patris Nostri Beati Philippi, 36.
666
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 133.
667
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 260.
113
come destinatario un giovane romano di elevato status sociale di nome Nicolaus, detto Cola,
le cui condizioni sono presumibilmente simili a quelle della miracolata precedente 668.
Nella categoria delle malattie mortali occupa un posto preponderante la peste,
infezione che le fonti raccontano manifestarsi con febbre, bolle e tumefazione e che nel breve
corso di alcune ore riduce i malati in fin di vita. Vittime del contagio sono uomini e donne di
ogni strato sociale, tra i quali non mancano quanti si dedicano all’assistenza dei malati e
finiscono essi stessi per essere colti dal morbo letale, come Matheus Cenni, rettore dello
Spedale della Misericordia di Siena, che si ammala prestando le proprie cure ad un malato e
viene liberato dalla morte grazie all’intervento di Caterina da Siena 669. Ed è interessante
sottolineare che tra i diversi miracolati colti dalla peste e guariti da Caterina si annoverano
anche Raimondo da Capua e Bartholomeo Dominici, ovvero l’agiografo e confessore della
santa e un suo confratello domenicano senese, personaggi di spicco del panorama religioso
del tempo non solo a livello cittadino 670. Raimondo e Batholomeo non sono però i soli
miracolati ad avere un legame con la loro salvatrice: anche Nuta, una signora che ha assistito
Giovanna da Signa nel corso della sua malattia, viene amorevolmente guarita dalla santa
concittadina quando contrae la peste 671.
Non necessariamente mortale, ma estremamente pericolosa e temuta, è poi la lebbra,
che sfigura i volti dei malati, ne deforma gli arti e soprattutto li emargina oltre i confini del
mondo civile non solo per l’alto grado di contagiosità dell’infezione, ma anche per una
connotazione assai negativa di questa malattia sia dal punto di vista sociale sia da quello
religioso 672. Un lebbroso che invoca Galgano di concedergli la guarigione dopo tanto tempo
che soffre conferma l’uso comune di scacciare questi ammalati – forse davvero gli ultimi tra
gli ultimi – dichiarando di essere stato allontanato da tutte le altre persone e facendo così
intendere di non aver mai avuto alcun aiuto da parte degli uomini, là dove invece per le altre
patologie vengono fatti almeno dei tentativi per salvare i malati, anche se non sempre si
ottengono buoni risultati e spesso solo con gli interventi sovrannaturali gli infermi recuperano
668
Cfr.: ivi, 392.
669
Raimondo da Capua nella sua Vita specifica che la malattia colpisce Matheus (detto anche Matteo nella Vita
fiorentina) assistendo un malato. Per la narrazione del miracolo cfr.: Vita Catharinae Senensis, 246248; I
miracoli di Caterina di Iacopo da Siena, XXVI; Il Processo Castellano, Va, pp. 321322.
670
Per la guarigione di Raimondo da Capua cfr.: Vita Catharinae Senensis, 254255; I miracoli di Caterina di
Iacopo da Siena, XXIV; Il Processo Castellano, Vb, p. 344. Per il miracolo concesso invece a Bartholomeo
Dominici cfr.: Vita Catharinae Senensis, 256; I miracoli di Caterina di Iacopo da Siena, XXV; Il Processo
Castellano, Vb, p. 344.
671
Cfr.: Beatae Iohannae de Signa vita et Miracula, 5.
672
Sulla concezione negativa della lebbra e le implicazioni religiose e filosofiche di tale interpretazione cfr.:
BERIAC, Histoire des lépreux au Moyen age.
114
la salute perduta 673. I santi, invece, non solo non tengono lontani i lebbrosi, ma li accolgono e
ne sanano le piaghe, restituendo loro accanto al benessere fisico la dignità sociale: Filippo
Benizi in un bosco dell’Appennino ToscoRomagnolo lungo la strada che porta da Cesena
(FC) a Firenze vede venirgli incontro un lebbroso col volto deturpato e acconsente alla sua
richiesta di guarigione, ricevendo le lodi di ringraziamento del miracolato, che lo definisce un
vero apostolo del Signore 674. Né la morte mette fine a questa attenzione da parte dei santi
verso questa particolare categoria di bisognosi, come confermano le guarigioni di Ritozola –
una fanciulla romana cui la malattia ha putrefatto e mandato in cancrena il naso e il labbro
superiore e curata da Caterina da Siena prima della sua sepoltura 675 – e di Berta, una donna
malata da lungo tempo e sanata dal contatto col corpo di Verdiana da Castelfiorentino durante
la cerimonia di deposizione delle sue spoglie nel sepolcro 676.
Sono piuttosto diffuse tra i miracolati di cui danno notizia le fonti prese in esame
anche le fistole, canali che mettono in comunicazione un viscere cavo o una cavità patologica
con un altro viscere cavo o con l’esterno. Gli ammalati presentano talvolta dei fori visibili
dall’esterno, in numero varabile a seconda della gravità e della diffusione della malattia, i cui
effetti più comuni sono tumefazione, piaghe, dolore e, nel caso in cui siano gli arti ad essere
colpiti, difficoltà di movimento e infermità. In alcuni casi le fistole si presentano associate alle
cisti, ma la maggior parte delle volte sono da sole a tormentare i malati e a rendere spesso
inutilizzabili le membra interessate dal male. Due donne guarite una da Andrea Gallerani e
l’altra da Ambrogio Sansedoni si ritrovano a patire contemporaneamente entrambe le
patologie: la senese Oltese, colpita da una fistola alla mammella frutto della degenerazione e
del peggioramento di una ciste 677, e la sua concittadina Pisanella, tra l’altro sordomuta dalla
nascita, che per tre mesi soffre per un “apostema” e per le fistole 678. Di norma non si tratta di
una patologia mortale, ma alcuni pazienti, anche in conseguenza degli effetti secondari della
malattia, si ritrovano in pericolo di vita, come una donna senese colpita da fistole ai genitali,
che non riesce a trattenere il cibo nello stomaco e sarebbe destinata alla morte se non venisse
salvata da Ambrogio Sansedoni 679.
673
Cfr.: Inquisitio in partibus, 18; Vita beati Galgani, 10. Ovviamente fanno eccezione a questa tendenza di
emarginazione sociale dei lebbrosi coloro che si occupano della loro assistenza, dagli ospedali ai diversi enti
caritativi presenti nelle città e talvolta nel territorio. Per un quadro esemplificativo, seppur non italiano, cfr.:
TOUATI, Maladie et société au Moyen Age.
674
Cfr.: Legenda Patris Nostri Beati Philippi, 9.
675
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 382.
676
Cfr.: Vita sancte Viridiane, XII.
677
Cfr.: Vita di Beato Andrea de Gallerani da Siena, 8.
678
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 62.
679
Cfr.: ivi, 157.
115
Le cause della malattia, congenite oppure di origine infiammatoria, infettiva o
parassitaria, nelle fonti sono quasi sempre sconosciute. Fanno eccezione due casi, nei quali le
fistole sopraggiungono in conseguenza delle ferite riportate in incidenti già di per sé piuttosto
pericolosi: Finedora, una serva di origine lombarda che lavora presso una famiglia fiorentina,
cade dall’alto e riporta una frattura agli arti inferiori, dove in seguito sopraggiungono le
fistole, guarite da Umiliana dei Cerchi 680. Una filatrice senese di nome Florita invece si
conficca un fuso nella mano e sulla ferita che si procura si sviluppano poi le fistole, che
determinano una perdita di sensibilità dell’arto, con conseguenti problemi per la donna a
svolgere le mansioni lavorative, finché non interviene Ambrogio Sansedoni a risanare la
mano malata 681. Un bambino di Firenze, inoltre, è affetto da questa patologia fin dalla nascita
e presenta ben quaranta fistole sparse in tutto il corpo, che lo tormentano per tutti i sette anni
della sua vita, finché non beneficia della grazia di Umiliana dei Cerchi 682. Le parti del corpo
più colpite dalla malattia sono gli arti, sia inferiori sia superiori, e la zona delle anche e del
tronco, ma possono svilupparsi anche in altre membra, con conseguenze piuttosto gravi. Si è
già visto come le fistole possano interessare mammelle e genitali: a questi vanno aggiunti gli
occhi, la mascella e il collo. Il perugino Symonellus Angelutii si ritrova il collo
completamente tumefatto per via della presenza di fistole nella parte anteriore, fatte sparire da
Margherita da Cortona 683, mentre Ambrogio Sansedoni guarisce la concittadina Ghesa da una
serie di fistole alla mascella, i cui fori sono ben visibili anche dall’esterno 684. Nel caso in cui
la patologia in questione interessi gli occhi la conseguenza principale per i malati è la parziale
perdita della vista, cui si associano bruciore e lacrimazione continua. È questo il caso di
Andriolus, guarito da Ranieri da Borgo San Sepolcro dopo quindici anni di malattia 685, e di
Cara, risanata dopo tre anni di sofferenze da Zita da Lucca 686. Le fistole che colpiscono la
fiorentina Lucia e che vengono guarite da Umiliana dei Cerchi, infine, non si localizzano in
un punto preciso, ma sono sparse in tutto il corpo 687.
680
Cfr.: Miracula intra triennium ab obitum patrata, 19.
681
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 58. Il miracolo viene narrato, seppur senza dare informazioni
sull’incidente alla mano occorso alla miracolata e sulle cause della presenza di fistole sulla sua mano, anche in:
Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 95.
682
Cfr.: Miracula intra triennium ab obitum patrata, 7.
683
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 79.
684
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 198.
685
Il miracolato proviene da “Consegnano”, toponimo che non trova corrispondenza tra quelli attuali e che si
trova nel comitatus tifernate al momento del miracolo. Per la narrazione del prodigio cfr.: Liber miraculorum,
33.
686
La miracolata proviene da “Oretano”, toponimo che non trova corrispondenza tra quelli attuali. Per la
narrazione del miracolo cfr.: Miracula [Zita], 27.
687
Cfr.: Miracula intra triennium ab obitum patrata, 45.
116
Sono talvolta associate alle fistole, ma più spesso si presentano da sole, le scrofole 688,
frutto di un processo infiammatorio di natura tubercolare che determina la tumefazione della
parte colpita e la formazione di ascessi. Nei casi registrati nelle fonti prese in esame le
scrofole colpiscono i miracolati alla gola o al collo, ma le narrazioni come tacciono sui tempi
della malattia, così come non ne specificano cause ed effetti, limitandosi a definire il male e –
anche se non in tutti i casi – a localizzarlo. Sono affetti da scrofole alla gola la pisana
Theodora, guarita da Ranieri da Pisa 689, e una nobildonna fiorentina risanata da Umiltà da
Faenza 690, mentre un anonimo pisano viene colpito al collo e nel suo caso alcune scrofole si
presentano insieme a fistole. L’uomo viene curato dal concittadino Ranieri 691, medico
sovrannaturale anche di un altro nobile pisano malato da entrambe le parti, con due scrofole
che lo colpiscono alla gola e una al collo 692. Anche Umiliana dei Cerchi risana una malata di
scrofole, la fiorentina Suave, ma il suo agiografo tace la parte del corpo della donna colpita
dalla malattia 693. Di origine ignota la presenza di escrescenze nel corpo del sangimignanese
Saladuccius (o Saladinus, a seconda delle fonti), che annualmente devono essere asportate. Si
tratta di un’operazione molto dolorosa, che ogni volta riduce il malato in fin di vita e i cui
risultati non sono mai risolutivi, poiché le escrescenze si ripresentano e necessitano di una
nuova operazione, finché Fina da San Gimignano non interrompe il ciclo guarendo l’uomo in
maniera definitiva 694. Sono da ricondurre poi all’insieme delle patologie virali anche i tre casi
di malattia epatica non meglio definita e sommariamente descritti risolti da Ambrogio
Sansedoni, che guarisce tre uomini del senese: Vannes Bartholomaei, Tura e Guidone,
quest’ultimo malato per ben dieci anni 695.
3.1.2 Tumori e cisti
688
Le scrofole sono storicamente legate alla casa reale francese, i cui sovrani hanno specifiche virtù
taumaturgiche grazie alle quali sono in grado di guarire da questa malattia. Su questo tema cfr.: BLOCH, Les rois
thaumaturges.
689
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 166.
690
Cfr.: Vita di Umiltà, XLIII; Vita sancte Humilitatis, 6667.
691
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 92.
692
Cfr.: ivi, 105.
693
Cfr.: Miracula intra triennium ab obitum patrata, 38.
694
Cfr.: Legenda sancte Fine, 11; Legenda s. Fine Virginis, 9.
695
Vannes Bartholomaei è senese, Tura proviene da Monteroni d’Arbia (SI) e Guidone da “Marciano” un
toponimo non corrispondente ad una precisa località attuale, vista la presenza di molti centri così denominati. Per
la narrazione dei miracoli cfr., per Vannes: Summarium virtutum et miracula, 55, 203. Per Tura: ivi, 204. Per
Guidone: ivi, 205.
117
I tumori si manifestano nei malati sotto forma di cisti di varia natura, localizzate nelle
diverse parti del corpo. Indipendentemente dalla loro struttura – se sono cioè fibrose, dette
“natte”, oppure purulente, definite “apostemi” – le cisti costituiscono una malattia ad
altissimo rischio di mortalità, che colpisce gli ammalati con grande violenza e li riduce in fin
di vita in tempi piuttosto brevi. La presenza delle cisti si associa ad una sintomatologia
piuttosto vasta, talvolta descritta dalle fonti in modo abbastanza dettagliato, che spazia dalla
febbre ai dolori, da un indebolimento generale a gonfiori localizzati nella parte interessata o
estesi a tutto il corpo. Ad ogni organo colpito corrisponde poi una serie di disturbi specifici
indotti dalla malattia, in genere tutti piuttosto gravi e pericolosi per la sopravvivenza dei
malati, spesso stremati al punto da sembrare morti e di essere abbandonati come tali ancor
prima di esalare l’ultimo respiro, come succede al tifernate Pazzinus, che ormai senza più
alcuna speranza di vita viene considerato morto e non riceve più cure, ma per sua fortuna
conserva la lucidità mentale per pregare Margherita da Cortona, che lo guarisce
miracolosamente 696.
Le cisti si sviluppano sia sugli arti sia sulle altre parti del corpo e possono essere
singole o multiple. Il valtiberino Benedictus, ad esempio, presenta cisti in otto parti del corpo,
ma concentrate per lo più sui fianchi, che lo affliggono per molti anni, si ulcerano e gli
provocano grandi dolori, uniti all’infermità fisica, da cui lo libera Ranieri da Borgo San
Sepolcro 697. Anche la lucchese Belluccia per quattro mesi è tormentata da un “tumore” alla
gamba sinistra, che gonfiando le impedisce il movimento e tra dolori fortissimi le contrae
l’arto, tornato poi sano grazie all’intervento di Zita da Lucca 698, mentre Ambrogio Sansedoni
guarisce un bambino di tre anni del senese al quale un “apostema” all’altezza del ginocchio
impedisce di camminare 699; è ancora Ranieri da Borgo San Sepolcro cura piaghe e ascessi
provocati da una ciste sul braccio a Feide, un uomo della Massa Trabaria che patisce per un
anno gli effetti di una ciste purulenta 700. Gli stessi problemi legati alla difficoltà di
movimento e all’inutilizzabilità degli arti si presentano anche là dove le cisti colpiscono le
mani: la senese Nuta si ferisce con un ferro caldo alla mano, provocandosi gonfiore e
contrazione dell’arto, nel quale spunta una ciste con pus che mette la donna in pericolo di vita,
696
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 61.
697
Il miracolato proviene da Sintigliano, Pieve S. Stefano (AR). Per la narrazione del miracolo cfr.: Liber
miraculorum, 52.
698
Cfr.: Miracula [Zita], 88.
699
Il miracolato proviene da “Marciano”, una località che corrisponde a diversi toponimi senesi attuali, tra i quali
è impossibile stabilire qual è quello cui si riferisce la fonte. Per la narrazione del miracolo cfr.: Summarium
virtutum et miracula, 154.
700
La “Massa Trabaria” era una regione corrispondente all'attuale territorio tra il passo di Bocca Trabaria e Pieve
Santo Stefano (AR). Per la narrazione del miracolo cfr.: Liber miraculorum, 59.
118
salva poi grazie all’intervento di Ambrogio Sansedoni 701, mentre la moglie di un pescatore
pisano devoto di Ranieri da Pisa viene guarita dalla ciste che le provoca la contrazione alla
mano proprio dal santo concittadino 702. Si localizzano in zone ossee anche i tumori che
colpiscono Gerrona, malata all’anca e risanata da Francesco da Siena 703 e Minuccia, una
fanciulla alla quale un “apostema” alla scapola impedisce di riposare e di dormire prima che
intervenga in suo favore Ambrogio Sansedoni 704.
Quando le cisti si sviluppano negli occhi provocano negli ammalati l’insorgere della
cecità, come nel caso di Franciscus de Malavoltis, un olivetano senese che nei momenti in cui
avverte il dolore con più forza perde la vista e che recupera la salute grazie a Caterina da
Siena 705, e di due anonimi malati, resi ciechi uno da una “natta” e l’altro da un orribile
“postema”, sanati entrambi da Pietro Pettinaio 706. Per Mina l’esistenza di un tumore alla testa
determina invece la perdita della parte sinistra del capo, unita alla fuoriuscita dalle narici di un
tremendo fetore e alla presenza della febbre, da cui la libera Ambrogio Sansedoni dopo tre
settimane di malattia che mettono in serio pericolo la sua vita 707. I sintomi variano per una
signora senese di nome Raineria, a sua volta guarita da Ambrogio, che a causa di una ciste
con pus alla testa per due anni soffre di emorragie orali 708. E flussi ematici dalla bocca
tormentano anche un altro miracolato da Sansedoni, il senese Vassallus, affetto da un tumore
alla gola che gli provoca, oltre agli sbocchi di sangue, l’impossibilità di deglutire e quindi di
nutrirsi, mettendo a rischio la sua sopravvivenza 709. Stephanuccia invece, sempre per una
ciste alla gola in quindici giorni di malattia manifesta febbre, tumefazione e persino un
cambiamento del colore del viso prima di essere risanata anche lei dal concittadino Ambrogio
Sansedoni 710. I tumori colpiscono anche, seppur con minor frequenza, altre parti del corpo, e
le fonti ci forniscono qualche esempio in proposito: il cortonese Benceuenne Bifolci, detto
Befardinus, ha una “natta” sulla lingua e deve farsela tagliare dal medico, ma ha paura e prega
Margherita da Cortona di sanarlo senza dolore, cosa che avviene la notte prima dell’intervento
711
. L’ultracentenario pisano Joannes, invece, vede la sua vita in pericolo a causa di un
701
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 162.
702
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 131.
703
Cfr.: Legenda beati Francisci de Senis (Liber Miraculorum), 5.
704
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 163.
705
Cfr.: Il Processo Castellano, XIII, p. 406.
706
Per il miracolato guarito dalla “natta” cfr.: Vita del beato Pietro Pettinajo, p. 120. Per il “postema” risanato
cfr.: ibidem.
707
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 160.
708
Cfr.: ivi, 64.
709
Cfr.: Miracula [Sansedoni], XXVIII.
710
Cfr.: ivi, XIII.
711
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 11.
119
“apostema” nel petto, ma viene salvato dal santo concittadino Ranieri 712, medico
sovrannaturale anche del figlio della pisana Riccadonna, affetto pure lui da una ciste purulenta
sotto l’ascella 713. Una donna di Siena di nome Oltese, infine, viene colpita da una ciste alla
mammella che degenera in fistola ed è poi guarita da Andrea Gallerani 714.
3.1.3 Disturbi psichici e malattie del sistema nervoso
Ad essere malato non è solo il corpo, ma anche la mente e non sono pochi i miracolati
che soffrono di disturbi psichici di varia natura, comprendenti sia malattie nervose con
sintomi simili a quelli dell’odierna depressione sia gravi infermità mentali che portano ad
episodi di autentica psicopatia, alcuni dei quali piuttosto interessanti. Una vedova senese di
nome Beldì per un anno rifiuta di vedere altre persone, vive in uno stato di ansia permanente
che le provoca forte indebolimento e viene poi riportata in uno stato di equilibrio psicofisico
da Ambrogio Sansedoni 715. Stesso merito a Ranieri da Borgo San Sepolcro, salvatore della
signora aretina Dalasia, che per ben undici anni permane in una condizione di ansia e paura
dove i momenti di crisi, caratterizzati da tremore del corpo, singhiozzi e prolungati rifiuti del
cibo, si alternano a momenti di calma e lucidità 716. È invece vera e propria pazzia quella che
induce una nobile signora di Certaldo (SI) sanata da Lucchese da Poggibonsi a strapparsi gli
indumenti coi denti e a non riconoscere alcun tipo di pericolo, specie fuoco e acqua, col
rischio di mettere a repentaglio la propria vita in qualunque momento 717. Si stracciano le vesti
e danno in escandescenze anche due ragazzi guariti da Alberto da Colle Val d’Elsa 718 e una
giovane donna dei dintorni di Assisi (PG) sanata da Margherita da Cortona 719. La totale
perdita di coscienza caratterizza invece l’infermità mentale di Barfutius, che per cinque anni
languisce in uno stato di assenza dal mondo prima di essere ricondotto alla normalità da
Ranieri da Borgo San Sepolcro 720 e di Lippa Nardi di Signa (FI), che non è in grado
712
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 187.
713
Cfr.: ivi, 169.
714
Cfr.: Vita di Beato Andrea de Gallerani da Siena, 8.
715
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 59.
716
La miracolata proviene da Chiassa, frazione di Arezzo. Per la narrazione del miracolo cfr.: Liber
miraculorum, 28.
717
Cfr.: Vita (Tolomei), 53.
718
I miracolati provengono da “Silano”, un toponimo che non trova corrispondenza tra quelli attuali. Per la
narrazione del miracolo cfr.: Legenda B. Alberti Archipresbyteri Collensis, p. 98; Vita Beati Alberti Confessoris,
p. 106.
719
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 8.
720
Cfr.: Liber miraculorum, 2.
120
nemmeno di riconoscere i familiari, tanto è alterata la sua coscienza nel periodo anteriore al
provvidenziale intervento della santa concittadina Giovanna 721.
Il sistema nervoso e gli organi di senso sono i bersagli preferiti dalle malattie patite dai
miracolati delle fonti prese in esame. Diversi sono i casi di epilessia, mal caduco che provoca
nei malati, uomini e donne di tutte le età tra cui alcuni bambini sofferenti fin dalla nascita di
questi disturbi, convulsioni e svenimenti, fonti di grave pericolo qualora perdendo i sensi
queste persone cadono nell’acqua o nel fuoco, come Franciscus, guarito da Zita da Lucca 722 o
Gemma, di Rigomagno (SI), liberata da Ambrogio Sansedoni anche dalle spaventose visioni
che la colgono nei momenti in cui la malattia la aggredisce 723. Il caso più grave – e anche
quello meglio descritto – tra la trentina di quelli presentati riguarda un bambino di sei anni
della Massa Trabaria di nome Federicus, che si ammala all’età di due anni e per i quattro
successivi viene colto da crisi giornaliere che si ripetono anche fino a dodici volte nella stessa
giornata. Vista la gravità di questi attacchi il bambino spesso sembra morto, il suo colorito si
fa nero, il corpo si irrigidisce e si rifiuta di compiere qualsiasi movimento, al punto che il
malato non riesce nemmeno a nutrirsi e a bere anche per quattro giorni di seguito, finché non
interviene a liberarlo Ranieri da Borgo San Sepolcro 724.
Alcune delle persone guarite sono colpite invece da tremore, che scuote in modo
violento i loro corpi in maniera più o meno continuativa e costituisce per le persone colpite un
grave disagio anche in relazione allo svolgimento delle normali mansioni quotidiane. Tre
sono i casi più interessanti narrati nelle fonti: il primo riguarda un bambino senese di quattro
anni, Guido Nerii, col corpo scosso da tremore in maniera incessante, curato da Francesco da
Siena 725. Il secondo consiste invece nella guarigione da parte di Ambrogio Sansedoni di
Mitina, una bimba di otto anni anche lei senese che trema in tutto il corpo e in più ha le
gambe contratte e forti dolori che la tormentano 726, mentre nel terzo a ricevere la grazia da
Ranieri da Borgo San Sepolcro è una signora dei dintorni di Arezzo di nome Decca, afflitta
721
Cfr.: Beatae Iohannae de Signa vita et miracula, 24.
722
Il miracolato proviene da “Groppa S. Petri”, un toponimo che non ha corrispondenza tra quelli attuali. Per la
narrazione del miracolo cfr.: Vita beatae Zitae, 40.
723
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 95.
724
La Massa Trabaria in epoca medievale è una regione corrispondente all’attuale territorio tra il passo di Bocca
Trabaria, a cavallo tra Umbria e Marche, e Pieve Santo Stefano (AR). Per la narrazione del miracolo cfr.: Liber
miraculorum, 60.
725
Il miracolato proviene da Belforte, presso Radicondoli (SI). Per la narrazione del miracolo cfr.: Legenda beati
Francisci de Senis, 13.
726
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 178.
121
anche da tetraplegia, che per due anni e mezzo viene colta da tremore quando tenta di
muovere le braccia o di stare seduta sul letto, dal quale non può alzarsi 727.
3.1.4 Malattie del sistema osteomuscolare e infermità motorie
La maggior parte dei miracolati, tuttavia, è affetta da varie forme di infermità fisica 728.
Gli infermi hanno problemi di carattere motorio, che immobilizzano e rendono inutilizzabili
alcuni arti o tutte le membra a seconda del loro grado di gravità, che può arrivare anche a
mettere in pericolo la loro vita là dove si presenti in forma particolarmente violenta, perduri
per un tempo molto lungo o si associ a gravi patologie. La malattia alla quale i diversi tipi di
infermità si collegano più spesso è la contrattura: nella maggior parte dei casi, infatti, gli
infermi sono anche contratti e l’unione dei due mali determina un peggioramento delle
condizioni dei malati, giudicate inguaribili dai medici. Tra gli oltre cento casi narrati – tutti
più o meno simili, vista la somiglianza dei sintomi e degli effetti della malattia per tutti i
pazienti, costretti a letto o in grado di camminare solo con bastoni e stampelle, tutti molto
indeboliti e con le parti malate doloranti o prive di qualsiasi sensibilità – il criterio di
differenziazione è da individuare nella tipologia di infermità che affligge il miracolato,
stabilita in base all’estensione e alla caratterizzazione della malattia. A seconda delle parti del
corpo interessate e a come si presenta a livello di alterazione del normale status del sistema
neurologico si parla di monoplegia, emiplegia, paraplegia, tetraplegia o paralisi totale, a
seconda che colpisca un solo arto, la metà del corpo, gli arti inferiori, gli arti inferiori e
superiori o tutto il corpo. Si tratta ovviamente di una terminologia assente nelle fonti, che si
limitano a parlare di infirmitas e a localizzare la parte del corpo colpita, anche se in alcuni
casi non vengono definite le membra malate, ma solo la malattia. Non vengono definite – ma
in alcuni casi possono essere individuate – nemmeno le paralisi spastiche, che presentano un
aumento del tono muscolare e colpiscono un buon numero di malati, mentre per il solo
Henricus si può affermare fosse colpito da paresi, visto che nel corso del processo di
canonizzazione di Galgano testimonia di essersi svegliato con la bocca contorta e di essere
stato risanato proprio dal santo di Chiusdino 729.
727
La miracolata proviene da Giovi, frazione di Arezzo. Per la narrazione del miracolo cfr.: Liber miraculorum,
15.
728
I casi di infermità fisica sono 144 su 1383 miracoli narrati.
729
Cfr.: Inquisitio in partibus, 19.
122
Solitamente le fonti tacciono le cause che determinano l’insorgere delle paralisi, tranne
in qualche raro caso, tra cui quello di Verde, una donna senese vittima di una frattura ossea al
braccio destro che non recupera l’arto e diventa monoplegica, fino a quando, dopo due mesi
di malattia, viene guarita da Ambrogio Sansedoni 730. Le conseguenze dell’infermità non si
limitano, come si può facilmente intuire, a peggiorare le condizioni di vita dei malati, ma
impediscono loro anche di lavorare, come specificano alcuni scrittori nel registrare i miracoli:
Fronduta, Gaudiana e Bilia, ad esempio, sono tre donne della Massa Trabaria colpite da
monoplegia a mani e braccia che non possono lavorare finché non viene loro in soccorso
Ranieri da Borgo San Sepolcro 731. Di norma la paralisi non mette in pericolo la vita delle
persone, ma vi sono alcuni casi in cui i malati si ritrovano in pericolo di vita. Gli episodi più
gravi vedono come protagonisti un bambino senese di quasi due anni di nome Landuccius –
colpito dalla malattia in modo fulminante e ridotto in uno stato di gravità estrema al punto da
sembrare morto, liberato poi dopo due giorni di agonia da Ambrogio Sansedoni 732 – e un
uomo di Colle Val d’Elsa ritenuto morto e salvato dal concittadino Alberto 733. Quanto alla
presenza di altre patologie associate all’infermità si è detto che nella quasi totalità dei casi gli
infermi sono contratti, ma vi sono anche persone affette da malattie diverse o che si trovano in
stati particolari, primo fra tutti la gravidanza, come conferma il miracolo di Rosa da Cetona
(SI), curata da Ambrogio Sansedoni 734. La lucchese Margarita invece per sette mesi oltre ad
essere paraplegica e contratta soffre anche di gotta e non potendo camminare né reggersi in
piedi in alcun modo si sposta seduta per terra facendosi scivolare col sedere, finché non
interviene a risanarla la santa concittadina Zita 735. Gli infermi in molti casi non sono
autosufficienti e necessitano di assistenza, molto più spesso di quanto non lo specifichino le
fonti, dove la sola ad aver bisogno di aiuto sembra essere la già citata Decca, una signora di
Giovi (AR) inferma per due anni e mezzo e scossa da un violento tremore ad ogni tentativo di
compiere qualche movimento, che non essendo in grado di soddisfare i propri bisogni ha a
disposizione un’assistente che le offre aiuto e che è testimone della sua guarigione ad opera di
Ranieri da Borgo San Sepolcro 736. Da ultimo, è importante sottolineare che ad essere colpite
730
Cfr.: Miracula [Sansedoni], V.
731
La Massa Trabaria in epoca medievale è una regione corrispondente all’attuale territorio tra il passo di Bocca
Trabaria, a cavallo tra Umbria e Marche, e Pieve Santo Stefano (AR). Bilia proviene da Fresciano, Badia
Tedalda (AR). Per la narrazione dei miracoli di Fronduta, Gaudiana e Bilia cfr., nell’ordine: Liber miraculorum,
4, 7, 16.
732
Cfr.: Miracula [Sansedoni], XXII.
733
Cfr. Legenda B. Alberti Archipresbyteri Collensis, p. 98; Vita Beati Alberti Confessoris, p. 106.
734
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 172, 196; Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 98.
735
Cfr.: Miracula [Zita], 73.
736
Cfr.: Liber miraculorum, 15.
123
dall’infermità non sono solo le persone, ma anche gli animali, vista la presenza di due
guarigioni di malati a quattro zampe, operata una da Ambrogio Sansedoni a favore del cavallo
del senese Bindus, che cade a terra quasi morto 737 e l’altra da Ranieri da Pisa, che a San
Casciano (PI) restituisce la salute ad un bue infermo e inappetente 738. Malattia ben diversa
dalla paralisi, ma anch’essa causa di problemi motori, è la sciatica che affligge la senese
Divitia Orlandi, la cui gamba sinistra resta malata per tre anni e poi viene risanata da
Lucchese da Poggibonsi 739. Tra le malattie del sistema osteomuscolare la più diffusa è
sicuramente la contrattura, consistente in una contrazione muscolare involontaria di durata
variabile che provoca nei soggetti interessati – una quarantina circa, cui corrisponde la
narrazione di una dozzina di miracoli in più – difficoltà di movimento degli arti interessati,
utilizzabili solo parzialmente. Se la contrattura interessa gli arti superiori spesso i malati si
trovano impossibilitati ad usufruire in modo normale di braccia e mani, quando invece a
contrarsi sono i muscoli degli arti inferiori i miracolati si ritrovano zoppi e storpi, hanno gravi
difficoltà di deambulazione e spesso sono costretti ad aiutarsi con bastoni e stampelle per
poter stare in piedi e muovere qualche passo. La conseguenza più grave cui vanno incontro
quanti vengono colpiti da questa malattia è la paralisi, alla quale, come si è visto trattando le
diverse tipologie di infermità, la contrattura si associa con grandissima frequenza. I casi di
contrattura registrati nelle fonti sono molto simili gli uni con gli altri e gli agiografi non
forniscono molte informazioni supplementari su questa malattia, i cui tempi di durata
oscillano tra qualche giorno e i vent’anni di sofferenze patite da Gerardinus, un modenese
ricoverato nell’ospedale di Camaiore (LU), che per diciassette anni è contratto alla gamba
destra e al piede, poi vede il male peggiorare ed estendersi anche all’altra gamba e agli arti
superiori e infine è totalmente risanato da Zita da Lucca 740. Particolarmente grave anche la
condizione di Attolinus, le cui mani sono talmente contratte da non riuscire ad usarle
nemmeno per portarsi il cibo alla bocca e sono poi guarite dal santo concittadino Ranieri da
Pisa 741. Si distingue inoltre anche il caso della lucchese Belluccia, colpita alla gamba sinistra
sia dalla contrattura sia da una ciste, che per quattro mesi, fino alla guarigione ottenuta da Zita
da Lucca, le provoca dolori e gonfiori supplementari 742.
737
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 254.
738
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 177.
739
Cfr.: Vita (Tolomei), 56.
740
Cfr.: Miracula [Zita], 54.
741
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 128.
742
Cfr.: Miracula [Zita], 88.
124
Spostandosi dai muscoli alle ossa un male piuttosto diffuso sono le fratture, che
interessano sia gli arti sia il tronco. La sintomatologia che si ricollega ad esse è connessa non
solo al momento in cui le ossa si spezzano provocando grande sofferenze nei malati, ma
anche al permanere di disagi conseguenti ad una cattiva ricomposizione delle fratture stesse,
unita spesso all’insorgere di nuove patologie da esse derivanti. Le fratture sono solitamente
conseguenza di incidenti di vario genere, non sempre specificati dalle fonti. L’altolocato
tifernate Massus, ad esempio, resta vittima di una caduta da cavallo in cui riporta la frattura di
un braccio, che non rimargina nel modo corretto e gli lascia l’arto contratto, rigido e più corto
dell’altro di alcuni centimetri. Solo grazie all’intervento di Ranieri da Borgo San Sepolcro
l’uomo recupera il normale funzionamento del proprio braccio 743, stesso arto che si frattura
anche una donna lucchese risanata poi da Bona da Pisa, pure lei caduta da cavallo 744. È
vittima di una frattura alla mano un devoto di Andrea Gallerani che il giorno della festa del
santo cerca di avvicinarsi al suo sepolcro per fare la propria offerta e subisce lo
schiacciamento dell’arto dalla folla, per poi essere risanato prontamente dallo stesso Andrea
745
. Resta in pericolo di vita per un mese il tifernate Andreutius, procuratosi una frattura alla
testa con un colpo non specificato e salvato anche lui da Ranieri da Borgo San Sepolcro 746.
Rischia di morire anche un altro miracolato dal santo biturgense, un sacerdote dei dintorni di
Città di Castello (PG) di nome Sanus, sofferente per una frattura alla gamba che gli provoca
dolore e gonfiore e mette in pericolo la sua sopravvivenza 747. Ancora tra i risanati da Ranieri
da Borgo San Sepolcro si trovano altre due vittime di fratture ossee: la concittadina Clara –
sofferente per ben cinque anni a causa di una cattiva ricomposizione delle ossa del bacino, che
le provoca gravi difficoltà motorie dovute alla contrattura di una gamba unita
all’incurvamento della schiena e la costringe a sorreggersi con delle stampelle per poter
camminare 748– e il tifernate Pascura, immobilizzato a letto per venti giorni con una costola
rotta e un grande dolore che gli impedisce qualsiasi movimento 749.
Non solo le ossa sono causa di malanni, ma anche le articolazioni danno i loro
problemi. Le malattie articolari non sono ben definite dalle fonti, ma di certo ne soffre per
lungo tempo Beldia, balia di Fina da San Gimignano, alla quale la malattia, localizzata sulla
743
Cfr.: Liber miraculorum, 39.
744
Cfr.: Vita sancte Bone virginis de civitate Pisana, LXVIII.
745
Cfr.: Vita di Beato Andrea de Gallerani da Siena, 57.
746
Cfr.: Liber miraculorum, 48.
747
Il miracolato proviene da “Scalochi”, un toponimo che non ha corrispondenza tra quelli attuali. Per la
narrazione del miracolo cfr.: ivi, 63.
748
Cfr.: Liber miraculorum, 5.
749
Cfr.: ivi, 47.
125
mano, provoca gonfiore e forti dolori prima di essere guarita dalla santa che lei stessa ha
cresciuto e nutrito nei suoi primi mesi di vita 750. Altra causa di dolori e disagi per diverse
persone è la zoppia, una difficoltà motoria frequentemente associata a malattie che colpiscono
in varia forma gli arti inferiori e che talvolta viene presentata invece dalle fonti come
patologia isolata e dalle cause sconosciute. Tra i casi di questo genere il più grave riguarda di
certo un uomo di Foligno (PG) zoppo e paralitico, risanato da Filippo Benizi 751, ma non
mancano esempi di zoppi e storpi che debbono invece il loro stato agli effetti di altre malattie,
tutti affetti da gravi difficoltà di deambulazione e costretti a sostenersi con bastoni e stampelle
per camminare almeno un po’, seppur con fatica.
Ossa e articolazioni, poi, spesso provocano forti dolori ai malati, nella maggior parte
dei casi per cause del tutto ignote, non riconducibili dunque a patologie ben precise, ma solo a
un livello generale di sofferenza dal quale queste persone vengono liberate dall’intervento dei
santi. I dolori, che durano anche per periodi molto lunghi, affliggono uomini e donne di tutte
le età alla schiena, ai fianchi, al bacino, agli arti inferiori e superiori e talvolta impediscono ai
malati di muoversi liberamente o di utilizzare appieno le membra doloranti. La piccola
Laurentia, ad esempio, soffre di forti dolori alla schiena fin da quando viene sfasciata e tiene
sempre una mano sui fianchi come per sostenersi, fino a quando viene guarita dalla santa
concittadina Giovanna da Signa 752. Ben più grave la vicenda del tifernate Guido, miracolato
da Ranieri da Borgo San Sepolcro, afflitto da fortissimi dolori alla schiena in seguito ad una
ferita infertagli con una mannaia in circostanze non definite. L’uomo, che ha gravi difficoltà
di movimento e nemmeno riesce a vestirsi da solo, soffre a tal punto da tentare più volte di
uccidersi per via dell’acutezza del dolore, al limite della sopportabilità 753. Fortissimi dolori ai
fianchi tormentano invece, tra gli altri, l’orvietana Nonna, per cui superano addirittura quelli
del parto, e dai quali è liberata da Agnese da Montepulciano 754. Dura solo sei ore il dolore
acuto al bacino del senese Pandilla, ma basta a metterlo in uno stato di sofferenza tale da non
riuscire a riposare e da indurre la moglie Nisia a chiedere l’intervento provvidenziale di
Ambrogio Sansedoni 755. Tra coloro che vengono colpiti da indolenzimenti di vario genere
agli arti inferiori o superiori sono di particolare interesse i casi di una donna fiorentina che a
causa dei dolori alle braccia non può lavorare e di un monaco vallombrosano che, afflitto
750
Cfr.: Legenda sancte Fine, 10; Legenda s. Fine Virginis, 8.
751
Cfr.: Legenda Patris Nostri Beati Philippi, 35.
752
Cfr.: Beatae Iohannae de Signa vita et miracula, 23.
753
Cfr.: Liber miraculorum, 21.
754
Cfr.: Legenda Beate Agnetis de Monte Policiano, III, 12, 1219.
755
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 134.
126
anch’egli da un dolore al braccio per sei mesi non può celebrare la messa. Entrambi vengono
risanati da Umiltà da Faenza, che insieme alla salute restituisce loro anche la possibilità di
svolgere le quotidiane mansioni lavorative 756.
Altra malattia osteomuscolare piuttosto diffusa è la gotta, una patologia infiammatoria
che determina nei malati l’insorgere di gonfiori, dolori, contratture delle parti interessate e
conseguenti difficoltà di movimento e di deambulazione, fino ad arrivare alla paralisi. La
pisana Ermellina, ad esempio, a causa della gotta in un braccio si trova impossibilitata a
lavorare, visto che non può muovere l’arto – recuperato solo grazie all’intervento di Ranieri
da Pisa 757 – mentre la serva fiorentina Joannetta non solo non può utilizzare il braccio per
svolgere le sue mansioni domestiche, ma per i quindici giorni di degenza nemmeno riesce a
fare il segno di croce, così come la concittadina Maria, impossibilitata a segnarsi per ben
quattordici mesi, fino all’intervento di Umiliana dei Cerchi, che restituisce ad entrambe la
perduta sanità 758. Quando la malattia colpisce schiena, gambe e piedi molto spesso costringe
gli ammalati a camminare sostenendosi con bastoni e stampelle, anche per via dell’insorgere
di fastidiose contratture: il lucchese Baldovinus prima di essere risanato dalla santa
concittadina Zita per sette lunghi anni deve sopportare l’incurvarsi della propria schiena data
dalla malattia, che a stento gli permette di lavorare, a prezzo di una grande fatica e della
sopportazione di dolori fortissimi 759. La romana Paula, invece, ospite di Caterina da Siena e
delle sue compagne in occasione del loro soggiorno romano, per quattro mesi è costretta a
letto, ridotta in pericolo di vita, per gli effetti della gotta alle anche che la affligge e la
tormenta fino alla guarigione ottenuta dalla santa senese 760. La gotta colpisce poi anche parti
del corpo differenti da quelle ossee e articolari: Ranieri da Pisa risana una concittadina di
nome Manna resa cieca dalla malattia localizzata sugli occhi 761, un’altra di nome Bona che
non può masticare perché colpita a denti e mascella 762 e il tintore Vivianus, la cui gotta
all’inguine e ai genitali provoca così tanto gonfiore della parte malata da far sospettare anche
l’insorgere di un’ernia 763. Tuttavia, il caso limite in fatto di durata e intensità della malattia è
756
Per la guarigione della donna fiorentina cfr.: Vita di Umiltà, LIX; Vita sancte Humilitatis, 76. Per il
risanamento del monaco cfr.: Vita di Umiltà, XLVII; Vita sancte Humilitatis, 68.
757
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 189.
758
Per la guarigione di Joannetta cfr.: Miracula intra triennium ab obitum patrata, 10. Per il miracolo di Maria
cfr.: ivi, 5.
759
Il miracolato proviene da S. Michele di Moriano, frazione di Lucca. Per la narrazione del miracolo cfr.:
Miracula [Zita], 80.
760
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 385.
761
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 106.
762
Cfr.: ivi, 159.
763
Cfr.: ivi, 189.
127
costituito forse da Jacobina, una pisana affetta da gotta in tutto il corpo per ben ventiquattro
anni, con gonfiore e dolori diffusi in tutte le membra, guarita poi piuttosto rapidamente dopo
essersi rivolta a Zita da Lucca 764. Singolare anche la vicenda di Adcurso nato già malato –
evenienza piuttosto strana vista la natura della malattia – e curato anche lui da Zita quando già
cammina a fatica aiutandosi con un bastone, visto che la gotta interessa i suoi arti inferiori,
contratti dalla nascita a causa della malattia 765.
3.1.5 Malattie dell’occhio e dell’orecchio
764
Cfr.: Miracula [Zita], 98.
765
Cfr.: ivi, 75.
766
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 151; Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 78.
767
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 4.
768
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 180.
128
viene restituita la vista da Ranieri da Pisa 769. La cecità, specialmente quando è totale,
comporta per gli ammalati la necessità di assistenza e l’agiografo di Ranieri da Pisa conferma
tale esigenza raccontando di Guilielmus, un cieco di origine inglese guarito dal santo e portato
per mano da qualcuno che si occupa di lui durante i quindici anni della sua malattia 770.
Anche la sordità quando colpisce può privare totalmente il malato dell’udito o
arrecargli solo un disturbo parziale, può essere presente fin dalla nascita o indotta da incidenti
o malattie nel corso degli anni, così come presentarsi da sola o associata ad altre patologie,
più o meno gravi e persistere per pochi giorni o per molti anni. Le fonti esaminate non
descrivono con dovizia di particolari i miracoli operati sui sordi –uomini e donne di diversa
estrazione sociale – e non ne specificano le cause, limitandosi a riferire se il malato nasce
sordo o lo diventa in seguito ad una patologia che lo ha colpito provocandogli la perdita di
udire i suoni. Fa eccezione a questa tendenza il casi del pisano Buttatus, per il quale
l’agiografo di Ranieri da Pisa, responsabile della sua guarigione, riferisce l’origine della
malattia, insorta quando l’acqua del mare è entrata negli orecchi dell’uomo e ne ha
compromesso così il corretto funzionamento 771. Tra le malattie alle quali si associa,
conseguenza comune dei morbi non meglio identificati, c’è anche la cecità, che colpisce in
contemporanea una nobildonna di Certaldo (FI) guarita da Lucchese da Poggibonsi 772, ma più
spesso si correla al mutismo. Sono quattro i sordomuti ai quali i santi restituiscono la parola e
l’udito, tra i quali si distingue un bimbo di cinque anni di Citerna (PG) affetto dalla nascita
dalla malattia e liberato da Margherita da Cortona 773. Più frequenti i casi in cui il mutismo di
manifesta da solo, anche se pure in questo caso restano scarse le informazioni fornite sulle
motivazioni del suo insorgere, misteriose nella quasi totalità delle situazioni narrate. Su una
ventina di casi registrati solo tre riguardano persone mute dalla nascita – Benestante, Giori e
Vanna, ciechi rispettivamente da sedici, nove e undici anni, tutti guariti da Zita da Lucca,
concittadina di Giori e Vanna 774 – mentre gli altri riguardano individui che perdono la parola
in seguito a malattie non meglio specificate che accanto all’impossibilità di parlare provocano
loro anche altri effetti collaterali, primo fra tutti l’infermità.
3.1.6 Malattie cardiocircolatorie e respiratorie
769
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 133.
770
Cfr.: ivi, 179.
771
Cfr.: ivi, 150.
772
Cfr.: Vita (Tolomei), 53.
773
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 9.
774
Per la guarigione di Benestante cfr.: Miracula [Zita], 12. Per il miracolo di Giori cfr.: ivi, 24. Per il prodigio a
beneficio di Vanna cfr.: ivi, 56.
129
La mancanza di informazioni dettagliate su cause ed effetti delle malattie crea
problemi anche in altri settori e permette di individuare con grande difficoltà le patologie che
interessano il sistema cardiocircolatorio sicuramente più numerose dei quattro casi
documentati con certezza tra i miracoli operati da Ambrogio Sansedoni, Lucchese da
Poggibonsi, Giovanna da Signa e Caterina da Siena. Beneficia dell’intervento di Ambrogio
Ceccus, un chierico originario di Siena – ma a servizio nella chiesa di Santa Maria a Panzano
in Chianti (FI) – colpito da un attacco cardiaco mentre si sta celebrando la messa. Al
momento dell’elevazione del corpo di Cristo gli cade il cero che sta tenendo alto e poi si
accascia a terra, trovando solo la forza di confessare i propri peccati ad un sacerdote e di
raccomandarsi al santo, che infatti lo libera dal pericolo della morte e gli restituisce piena
salute 775. Lucchese sana invece un fanciullo di Pistoia che in seguito ad una ferita infertasi
alla mano con un ferro vede l’arto andare in cancrena, col rischio che l’infezione si estenda
anche al resto del corpo 776, mentre Giovanna guarisce un concittadino di nome Iohanne
afflitto anch’egli da cancrena ad un piede e destinato ad essere amputato nel tentativo di
impedire alla malattia di diffondersi ulteriormente 777. Un converso romano di nome Johannes,
infine, subisce la rottura di una vena nel petto a causa del troppo piangere, tossendo butta
fuori sangue dalla bocca e a salvarlo dalla morte che incombe su di lui è Caterina da Siena 778.
A questi va aggiunto poi un ragazzo del volterrano curato da Lucchese da Poggibonsi affetto
da varici che gli provocano rigonfiamenti in tutto il corpo, particolarmente fastidiosi
considerando che è anche paralizzato 779.
Subisce diversi attacchi da malattie di vario genere anche l’apparato respiratorio dei
miracolati delle fonti toscane bassomedievali. La gola è l’organo più colpito, tra tumori,
gonfiori, e infiammazioni, bersaglio anche di gravi incidenti che ne provocano l’ostruzione e
rischiano così di causare il soffocamento delle vittime. Un bambino di quasi sei anni di
Sansepolcro (AR) di nome Nerolus soffre di asma per oltre una settimana: respira a fatica
emettendo rumore, non può mangiare e si nutre solo con liquidi che la madre gli fa cadere a
gocce in bocca. La sua condizione è assai grave e arriva ad essere dichiarato dai medici in
punto di morte, salvato solo dall’intervento del santo concittadino Ranieri 780. Gravi difficoltà
775
Panzano in Chianti è una frazione di Greve in Chianti (FI). Per la narrazione del miracolo cfr.: Miracula
[Zita], 125.
776
Cfr.: Vita sancti Lucensis confessoris, 9; Vita (Tolomei), 55.
777
Cfr.: Beatae Iohannae de Signa vita et Miracula, 7.
778
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 218.
779
Cfr.: Vita (Tolomei), 55.
780
Cfr.: Liber miraculorum, 51.
130
respiratorie tormentano anche Tinus, un bonizese guarito da Ambrogio Sansedoni 781.
Tuttavia, non sempre le difficoltà respiratorie sono legate ad una patologia medica: sono
frequenti i casi in cui a minare la corretta respirazione non sono le malattie, ma gli incidenti in
cui i miracolati si ostruiscono la gola con oggetti di vario genere che chiudendo loro il canale
della trachea ne mettono a rischio la sopravvivenza. Ossa e spine di pesce rappresentano il
pericolo principale, che si manifesta dunque mentre i miracolati sono a tavola, quando si
mandano di traverso parti di cibo che ne mettono a rischio la vita. Giovanna da Signa aiuta la
concittadina Data ad espellere dalla gola un osso della testa del maiale 782, Ambrogio
Sansedoni salva un uomo e una donna anche loro in procinto di soffocare con un osso della
carne di traverso 783 e Umiliana dei Cerchi grazia il fiorentino Benintendus, che ha mangiato a
sua volta un osso insieme alla carne 784. Non va molto meglio cambiando cibo e passando al
pesce, anche questo piuttosto insidioso per via delle lische che si conficcano nella gola dei
miracolati, provocando loro oltre al rischio del soffocamento anche ferite pronte a scatenare
violente emorragie, come nel caso di Ristorinus, un fanciullo senese al quale una spina di
pesce infilata nella gola impedisce di deglutire e fa fuoriuscire sangue dalle narici, mettendolo
in pericolo di vita fino al provvidenziale intervento di Ambrogio Sansedoni 785. Anche gli
oggetti possono rappresentare un pericolo per la sopravvivenza delle persone e finire
anch’essi per ostruire la gola di chi li ingerisce inavvertitamente. Come un bimbo senese che
rischia di soffocare dopo aver ingoiato un frammento di un vaso da terra fermatosi nella sua
gola e poi espulso per merito di Andrea Gallerani 786 o un piccolo biturgense che inghiottisce
accidentalmente un rottame di vetro di una tazza e viene salvato dal santo concittadino
Ranieri 787. Del tutto particolare poi l’incidente occorso al pisano Ulicenus, che senza
accorgersi ingerisce una sanguisuga, che attaccandosi alle pareti della gola gli provoca
un’emorragia potenzialmente mortale fermata da Ranieri (stavolta da Pisa), che gli fa anche
espellere la bestia dalla bocca 788.
Il rischio di soffocamento è presente anche per quanti vengono colpiti da
infiammazioni alla gola che provocano gonfiore. Tra i casi più gravi che si registrano c’è
781
Cfr: Summarium virtutum et miracula, 141.
782
Cfr.: Beatae Iohannae de Signa vita et Miracula, 14.
783
La donna proviene da “Casule”, un toponimo in diocesi di Volterra al momento del miracolo che potrebbe
corrispondere a diverse località attuali così denominate. Per la narrazione del miracolo cfr.: Summarium virtutum
et miracula, 239. L’uomo è invece un senese e il prodigio che lo riguarda è raccontato in: ibidem.
784
Cfr.: Miracula intra triennium ab obitum patrata, 12.
785
Cfr.: Miracula [Sansedoni], VIII.
786
Cfr.: Vita di Beato Andrea de Gallerani da Siena, 20.
787
Cfr.: Liber miraculorum, 44.
788
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 149; De Uenerabili uiro Raynerio pisano, 4 (pp. 2122).
131
sicuramente quello della senese Mita, che dopo dieci giorni di gonfiore al collo e alla gola
presenta ormai i segni della morte e viene salvata in extremis da Ambrogio Sansedoni 789, ma
patiscono gravi sofferenze anche Iohannes di Montepulciano (SI), la cui gola resta gonfia per
dieci anni prima di essere curato da Galgano 790 e Matthaeus, che per tre anni oltre al gonfiore
deve sopportare anche la presenza di ghiandole, poi eliminate anch’esse dall’intervento di
Zita da Lucca 791. Un forte mal di gola colpisce invece sia il senese Bullietto, guarito da
Andrea Gallerani, impossibilitato a deglutire e addirittura a parlare 792 sia la fiorentina
Lotteringa, anche lei ridotta al mutismo e risanata da Umiliana dei Cerchi 793. Un fanciullo
dell’isola maggiore del lago Trasimeno è affetto invece da una forma acutissima di faringite
che gli impedisce di inghiottire e di dormire e persino di tenere la lingua dentro la bocca, tanto
è il gonfiore della gola prima che intervenga in suo favore Margherita da Cortona 794. Sono tre
poi ad essere colpiti da un’infiammazione alla gola che le fonti definiscono “squinanzia”,
capace di mettere in pericolo di vita il notaio senese Giunta, risanato da Ambrogio Sansedoni,
che non riesce a deglutire nemmeno il vino 795. Gli altri due malati – Iacobs, rettore della
chiesa di San Chierico a Città di Castello (PG) guarito da Ranieri da Borgo San Sepolcro 796, e
il fiorentino Hostenvallus curato da Umiliana dei Cerchi 797 – non corrono invece il rischio di
morire, o almeno le fonti non lo riferiscono. Tra coloro che soffrono di patologie respiratorie
due persone vengono infine guarite dalla tosse. Si tratta di Niua Guidaccii, assai indebolito
perché affetto anche da febbre e dissenteria e risanato da Margherita da Cortona 798, e di
Jacobus, un bambino senese di nove anni guarito da Ambrogio Sansedoni, grazie al quale
ritrova anche l’appetito perduto a causa della malattia 799.
3.1.7 Malattie dell’apparato digerente e genitourinario
789
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 114.
790
Cfr.: Inquisitio in partibus, 9.
791
Il miracolato proviene da “Ripalta”, un toponimo in territorio pistoiese al momento del miracolo che non ha
corrispondenza precisa tra quelli attuali, vista la presenza di diverse località con la stessa denominazione. Per la
narrazione del miracolo cfr.: Miracula [Zita], 52.
792
Cfr.: Vita di Beato Andrea de Gallerani da Siena, 21.
793
Cfr.: Vita beatae Humilianae de Cerchis, 69.
794
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 10.
795
Cfr.: Summarium virtutum et Miracula, 165; Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 91.
796
Cfr.: Liber miraculorum, 32.
797
Cfr.: Miracula intra triennium ab obitum patrata, 41.
798
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 70.
799
Cfr.: Summarium virtutum et Miracula, 202.
132
Nel novero dei diversi interventi sovrannaturali si registrano anche alcuni casi di
guarigione da patologie dell’apparato digerente. Giovanna da Signa cura dalla tenia un tale di
Tignano (PT) 800, mentre Ambrogio Sansedoni risana quattro persone dai vermi, che
provocano loro febbre e disturbi di vario genere, che vanno dall’impossibilità di parlare e
mangiare ad un indebolimento generale che li blocca a letto e in alcuni casi li mette in
pericolo di vita. Particolarmente gravi le condizioni di tre di loro, tutti senesi: Franciscus,
salvato quando ormai ha addosso i segni della morte in conseguenza di una gravissima
corrosione interiore 801, il piccolo Vannuccius, un febbricitante bimbo di sedici mesi che per
una settimana non si alza da letto e non mangia 802 e di Corsus, detto Paulinus, incapace
persino di confessare i propri peccati al sacerdote chiamato per assisterlo in punto di morte
perché non riesce a parlare 803. Le fonti registrano poi due casi di emorroidi, protagonista
ancora Ambrogio Sansedoni che guarisce da questo fastidiosissimo disturbo due uomini del
senese, Bertus e Guidone. Il primo ne soffre per tre mesi, perde l’appetito e non riesce a
riposare 804, mentre il secondo – afflitto anche da febbre e da una malattia epatica non meglio
identificata – si trascina la malattia per ben dieci anni 805. Dolori allo stomaco di origine
sconosciuta colpiscono invece la pisana Ermellina Ricia, curata dal santo concittadino Ranieri
806
, e un’anonima penitente risanata pure lei da Ambrogio Sansedoni 807. Occupa poi un posto
tra le malattie dell’apparato digerente anche l’ernia inguinale, di cui si registrano nelle fonti
cinque casi, tutti risolti positivamente grazie all’intervento di Margherita da Cortona, il più
grave dei quali ha come protagonista il tifernate Balducius, al quale il gonfiore dal ventre
arriva fino al ginocchio 808.
Altro apparato colpito da malanni di vario genere ai quali i santi pongono rimedio con
la loro potenza spirituale è quello genitourinario, vittima sia di infiammazioni sia di vere e
proprie patologie. Piuttosto diffusa la presenza di calcoli alla vescica, che provoca agli
ammalati forti dolori al ventre e nella minzione e talvolta impossibilità di orinare, unita a
fastidi diffusi che spesso impediscono ai malati anche di riposare. Soffrono di questa malattia
800
Cfr.: Beatae Iohannae de Signa vita et Miracula, 15.
801
Cfr.: Summarium virtutum et Miracula, 112.
802
Cfr.: Miracula [Sansedoni], XXIII; Summarium virtutum et Miracula, 82.
803
Cfr.: Miracula [Sansedoni], XV; Summarium virtutum et Miracula, 75.
804
Cfr.: ivi, 206.
805
Guidone proviene da “Marciano”, un toponimo collocato dalla fonte in diocesi senese al tempo del miracolo,
ma impossibile da far corrispondere ad una precisa località attuale, vista la presenza di numerosi insediamenti
con questa denominazione sia nel senese sia nelle regioni ad esso attigue e nell’intera Toscana. Per la narrazione
del prodigio cfr.: ivi, 205.
806
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 107.
807
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 147.
808
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 18.
133
persone di tutte le età, compresi i bambini: ha infatti appena un anno e mezzo un bimbo
pisano di nome Bonaiuncte che già si trova in fin di vita per una calcolosi vescicale dalla
quale lo guarisce la santa concittadina Bona, supplicata dalla madre del piccolo 809. Graflus de
Casali, risanato da Ranieri da Pisa, per ben tre giorni non riesce ad orinare, tormentato anche
da dolori al ventre 810, gli stessi che provocano semisvenimenti a un sacerdote di Vaiano (PG)
curato da Margherita da Cortona 811. La vescica può dare seri problemi anche in caso di
infiammazione o di gonfiore, come succede ad un giovane fiorentino che ritrova la salute
grazie all’intervento sovrannaturale di Umiltà da Faenza, sollecitato dalla madre addolorata
per la sua malattia 812, e ad un suo coetaneo senese risanato da Andrea Gallerani, anche lui su
richiesta della madre 813. A proposito di gonfiore, il senese Brunus è afflitto da una forma di
tumefazione che dall’ombelico si estende fino alle tibie, coinvolgendo anche i genitali, ed è
guarito da Ambrogio Sansedoni, chiamato in causa dalla moglie del malato 814. Espelle invece
renella mista a sangue – segno che per lui la calcolosi si localizza a livello di reni –
Marcucius, un bambino cortonese di cinque anni guarito da Margherita da Cortona 815.
Tipicamente femminili sono le emorragie uterine, che affliggono forse un numero
maggiore di donne delle due riportate dalle fonti, l’altolocata signora senese Beldies e la
pisana Adalatia, risanate la prima da Ambrogio Sansedoni 816 e la seconda da Ranieri da Pisa
817
. In particolare, Beldies nelle sette settimane di degenza antecedenti al miracolo ha
difficoltà a camminare e subisce un indebolimento così forte che le fonti sottolineano come
per lei si renda necessario mangiare carne pur essendo Quaresima. Ambrogio Sansedoni cura
anche due fiorentine, Sana e Ioanna, che patiscono per continuati e non meglio specificati
dolori all’utero 818. Ed è una donna anche la sola persona guarita dalla sterilità, la matrona
senese Ephigenia, che grazie all’intervento prodigioso ancora una volta del Sansedoni può
diventare madre a dispetto del suo stato di non fertilità 819.
809
Cfr.: Vita sancte Bone virginis de civitate Pisana, LXXV.
810
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 138.
811
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 16.
812
Cfr.: Vita di Umiltà, LVIII; Vita sancte Humilitatis, 75.
813
Cfr.: Vita di Beato Andrea de Gallerani da Siena, 14.
814
Cfr.: Summarium virtutum et Miracula, 152.
815
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 15.
816
Cfr.: Miracula [Sansedoni], III; Summarium virtutum et Miracula, 63; Vita (Gisberto, Recupero,
Aldobrandino, Olrado), 82.
817
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 122.
818
Per la narrazione della guarigione di Sana cfr.: Summarium virtutum et Miracula, 210. Per il miracolo di
Ioanna cfr.: Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 111.
819
Il bambino partorito da Ephigenia nasce con dei seri problemi di salute e beneficia a sua volta dell’intervento
di Ambrogio. Per la narrazione del miracolo cfr.: Summarium virtutum et Miracula, 207; Vita (Gisberto,
Recupero, Aldobrandino, Olrado), 96.
134
Sono poi piuttosto frequenti le complicazioni della gravidanza e del parto, che spesso
mettono in pericolo la sopravvivenza stessa delle miracolate nel faticoso tentativo di dare alla
luce i loro figli. Le difficoltà sono legate sia al momento del parto vero e proprio, che non
avviene e provoca alle donne dolori fortissimi e gravi disturbi collaterali, sia alla gravidanza,
dove a mettere a rischio le gestanti è soprattutto la possibilità di tenere in grembo feti morti
che non vengono espulsi. I disturbi da cui sono colte le malate sono di vario genere: accanto
ai dolori lancinanti, estesi anche alla testa e al resto del corpo, si registrano febbre, perdita
della parola e infermità fisica, che si protraggono anche per alcuni giorni, prolungando e
complicando le doglie oltre il limite stesso della sopportazione. Le condizioni di queste
donne, infatti, possono peggiorare così tanto da farle sembrare addirittura morte, come nel
caso di una signora tifernate che per l’impossibilità di partorire è pianta come defunta dai
familiari prima che intervenga Margherita da Cortona 820. E potrebbe sembrare morta anche la
senese Belogliente, in fin di vita in seguito ad un aborto spontaneo e sfinita al punto da non
riuscire più neanche ad aprire gli occhi, poi salvata e riportata in buona salute da Ambrogio
Sansedoni 821. Le complicazioni della gravidanza, come si è detto, hanno a che vedere con la
morte del feto e la sua mancata espulsione, che può protrarsi anche per periodi molto lunghi:
passano ben tre mesi, infatti, prima che la pisana Preciosa riesca, con l’aiuto di Bona da Pisa,
ad espellere il feto morto nel suo grembo, scampando così alla morte 822. Nella quasi totalità
dei casi le fonti non danno informazioni sulle cause delle complicazioni, né le descrivono in
modo dettagliato, limitandosi spesso a dire che le donne sono in pericolo di vita perché non
riescono a partorire o a liberarsi dei piccoli morti dentro di loro. Fa eccezione un miracolo di
Umiliana dei Cerchi registrato da Ippolito da Firenze, che spiega come Lucia, moglie del
fiorentino Rustichellus, abbia perso il proprio bambino – e rischiato di morire a sua volta non
riuscendo a espellere il feto morto – in conseguenza di un forte stato di affaticamento
psicologico dovuto all’incarceramento del marito 823.
3.1.8 Malformazioni congenite
Capita anche in alcuni casi che i miracolati siano individui venuti al mondo già malati,
afflitti da malformazioni congenite che ne compromettono l’integrità fisica, limitando le loro
820
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 74.
821
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 183.
822
Cfr.: Vita sancte Bone virginis de civitate Pisana, LXXXII.
823
Cfr.: Miracula intra triennium ab obitum patrata, 46.
135
possibilità di avere una vita normale e, talvolta, di lavorare. Le deformità registrate nelle fonti
riguardano occhi e arti, assenti o presenti ma difettati al punto da essere inutilizzabili. Un
bambino fiorentino nasce senza piedi e per quattro anni non può camminare, finché la nonna
non lo raccomanda a Umiliana dei Cerchi e non vede finalmente spuntargli due piedini 824.
Compaiono invece gli occhi sul viso di un infante della Val di Pierle, nato con i bulbi oculari
vuoti e sanato da Margherita da Cortona, che guarisce anche una fanciulla del cortonese, data
alla luce con un tessuto cartilaginoso al centro di un occhio 825. Bartholus, un bambino di
Poggibonsi di dieci anni, possiede invece entrambi i piedi, ma uno è contorto e rovesciato e la
pianta capovolta torna al suo posto grazie all’intervento del suo santo concittadino Lucchese
826
. Fina da San Gimignano fa scomparire invece un difetto congenito al braccio di un tale che
non riesce a lavorare per quanto abbia l’arto storto e contratto 827. A nascere con gravi
malformazioni non sono, tuttavia, soltanto le persone, ma anche gli animali: Giovanna da
Signa, infatti, rimedia all’assenza di occhi del passerotto di Anselmus Fei, un suo giovane
concittadino che le porta a vedere la povera bestiola, senza chiederle però di guarirlo. Mossa a
compassione, la santa rimedia di sua iniziativa all’errore della natura, lasciando perplesso
Anselmus, che vedendosi restituire un passerotto con due occhi chiede a Giovanna di ridargli
il suo, che è domestico, e non una bestia selvatica 828.
3.1.9 Traumatismi e avvelenamenti
Sono quasi sempre frutto di incidenti i traumi e le ferite di vario genere subiti dai
miracolati, conseguenze più o meno gravi di disgrazie o di disattenzioni potenzialmente assai
pericolose per l’incolumità delle persone coinvolte, spesso in pericolo di vita proprio per
colpa di tali incidenti. Sono condannate a morte quasi sicura le due vittime di avvelenamento
di cui danno notizia le fonti, salvate da Margherita da Cortona e da Andrea Gallerani.
Margherita accorre in aiuto di un fanciullo che ha ingerito per sbaglio veleno per topi subendo
gravi danni al sistema nervoso, in conseguenza dei quali manifesta grande agitazione e
rischia, nella remota ipotesi in cui sopravvivesse, lesioni cerebrali permanenti 829, mentre
824
Cfr.: Miracula intra triennium ab obitum patrata, 27.
825
La Val di Pierle da cui proviene il bambino miracolato è una valle del cortonese (provincia di Arezzo). Per la
narrazione del miracolo cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 2. La fanciulla è invece
originaria di Cerreto, frazione di Cortona (AR) e per la narrazione della sua guarigione cfr.: ivi, XI, 5.
826
Il miracolato è registrato col nome di Bartolomaeus nella Vita di Tolomei. Per la narrazione del miracolo cfr.:
Vita sancti Lucensis confessoris, 8; Vita (Tolomei), 54.
827
Cfr.: Legenda sancte Fine, 13; Legenda s. Fine Virginis, 12.
828
Cfr.: Beatae Iohannae de Signa vita et miracula, 4.
829
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 73.
136
Andrea risparmia la vita a una donna senese di nome Gemma che inavvertitamente ha
mangiato cibo avvelenato 830. Diversi miracolati si feriscono con oggetti appuntiti: molti di
questi incidenti avvengono sul lavoro o durante lo svolgimento di attività manuali e gli occhi
sono la parte del corpo dove viene inferta la maggior parte delle ferite da punta. Un giovane
del grossetano si trafigge un occhio con la punta della spada e viene guarito da Alberto da
Colle Val d’Elsa 831, Margherita da Cortona salva l’occhio di una bambina che ci ha
conficcato la punta di un fuso 832, Guidonis si infila nell’occhio un ramo secco e aguzzo
mentre sta facendo legna nel suo orto del contado fiorentino e recupera la vista grazie a
Lucchese da Poggibonsi 833, un senese mentre pianta pali nella sua vigna se ne conficca uno
nell’occhio, che fuoriesce dal bulbo e cade a terra, tornando regolarmente al suo posto solo
per merito di Andrea Gallerani 834. E a proposito di Andrea Gallerani, un luogo che si rivela
piuttosto pericoloso per questo tipo di ferimenti è il suo sepolcro, di fronte al quale avvengono
ben due incidenti: Oliuieri, converso della chiesa dei domenicani senesi, pesta un chiodo che
gli perfora il piede, mentre il custode della tomba si conficca un chiodo nella mano nel
tentativo di riprendersi dopo essere scivolato proprio mentre pulisce il sepolcro. Per entrambi
la guarigione arriva, ovviamente, ad opera di Andrea 835. Non è frutto di un incidente, bensì di
un’aggressione, la ferita alla mano riportata dal pisano Gratianus, assalito a colpi di frecce dai
ladri intenzionati a derubarlo mentre si trova nel suo orto e salvato dall’intervento di Ranieri
da Pisa 836. La taumaturgia dei santi si esercita, com’è noto, anche sugli animali: così il cavallo
del senese Nicoluccius, ferito involontariamente con la lancia dal padrone, è risanato da
Ambrogio Sansedoni 837.
Più spesso gli animali sono la causa del ferimento degli uomini, ai quali infliggono
morsi e calci o fanno subire cadute, con conseguenze che vanno dalle fratture ossee
all’avvelenamento e che talvolta mettono in pericolo la sopravvivenza stessa delle vittime di
tali incidenti. Un tale di nome Bertinus viene morso sul braccio da un non meglio identificato
animale velenoso, riportando una ferita che gli provoca la contrazione dell’arto, reso
830
Cfr.: Vita di Beato Andrea de Gallerani da Siena, 18.
831
Il miracolato proviene da Travale (GR). Per la narrazione del prodigio cfr.: Vita Beati Alberti Confessoris, p.
107; Legenda B. Alberti Archipresbyteri Collensis, p. 99.
832
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 80.
833
Cfr.: Vita (Tolomei), 41.
834
Cfr.: Vita di Beato Andrea de Gallerani da Siena, 24.
835
Per la narrazione del miracolo di Oliuieri cfr.: ivi, 16. Per la guarigione del custode del sepolcro invece cfr.:
ivi, 56.
836
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 153. Gratianus è destinatario anche di un miracolo apotropaico, volto a liberarlo dal
pericolo dell’aggressione e compiuto sempre da Ranieri da Pisa. Cfr.: paragrafo 2.1.2 di questo stesso studio.
837
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 255.
137
inutilizzabile finché non interviene a sanarlo Fina da San Gimignano 838; la lucchese Lucia
mentre si trova nel bosco è vittima del morso di un serpente sul calcagno del piede destro che
le causa il rigonfiamento dell’intera gamba, mettendo a rischio la sua stessa vita in caso di
mancato soccorso. La donna si salva grazie a Zita da Lucca, che dapprima ne permette il
ritrovamento e poi guarisce la sua ferita 839. Non sono tuttavia soltanto i serpenti e le bestie
velenose a mordere le persone: è ancora Zita, infatti, a risanare le gravi lesioni inferte ad un
conterraneo da un cane, che morde l’uomo sotto il ginocchio e gli lascia una bruttissima ferita
che gli compromette i nervi e lo costringe a letto per oltre un mese impedendogli qualsiasi
movimento 840. Il pericolo più forte, tuttavia, è rappresentato dai lupi, che aggrediscono
uomini, donne e bambini per sbranarli e farne il loro cibo. Torello da Poppi è il santo che
accorre più spesso in soccorso delle vittime dei lupi, salvando loro la vita e curandone le ferite
841
. Beneficiano del suo intervento tre bambini, un piccolo poppese di tre anni rapito dal lupo e
portato nella foresta mentre la madre lava i panni nell’Arno e due aretini di nove, aggrediti e
portati via intanto che le loro madri sono impegnate a mietere nei campi, risparmiati dalla
bestia solo grazie alla potenza spirituale del santo, che guarisce anche le ferite inferte alle
piccole vittime dalle fauci dell’aggressore 842. Tuttavia, non sempre le bestie si scagliano
contro le persone, ma in alcuni casi si aggrediscono anche le une con le altre, se è vero che
Ranieri da Borgo San Sepolcro si ritrova a dover risanare le gravi ferite assestate da un lupo
ad un agnellino. L’animale, rapito davanti a casa della padrona inferma, Guidutia, trascinato
nel bosco della Massa Trabaria, viene miracolosamente ritrovato da un uomo che testimonia
poi della guarigione della bestiola 843. La pericolosità degli animali, però, non si limita al
rischio di morsi: notoriamente, infatti, ci sono animali che non mordono, ma calciano, primi
fra tutti i cavalli. Ecco allora che un fanciullo pisano di nome Jacobus mentre viaggia insieme
a Bona da Pisa viene calciato sulla gamba all’altezza della coscia dal cavallo che sta
trasportando entrambi e la santa subito risana la ferita infertagli dallo zoccolo dell’animale 844.
838
Cfr.: Legenda sancte Fine, 13; Legenda s. Fine Virginis, 13.
839
Cfr.: Miracula [Zita], 92.
840
Il miracolato proviene da Colle di Compito, Capannori (LU). Per la narrazione del miracolo cfr.: ivi, 89.
841
Torello da Poppi è il “santo dei lupi”, specializzato nel loro ammansimento. Su questo punto si veda il
paragrafo 3.2.1 del presente studio.
842
Per il miracolo del bambino poppese cfr.: Vita di Torello, IX; Hystoria Beati Torello, VII. Per la guarigione
del bambino aretino di nove anni cfr.: Vita di Torello, XII; Hystoria Beati Torello, X. Per la salvezza dell’altro
fanciullo aretino cfr.: Vita di Torello, XXII.
843
Lo stesso agnellino riceve da Ranieri anche un miracolo di tipo apotropaico, vedendosi salvare dalla morte di
fronte ad un grave pericolo: si veda il paragrafo 2.1.2 di questo stesso studio. Per la narrazione del miracolo cfr.:
Liber miraculorum, 53 (p. 72). La Massa Trabaria in epoca medievale è una regione corrispondente all’attuale
territorio tra il passo di Bocca Trabaria, a cavallo tra Umbria e Marche, e Pieve Santo Stefano (AR).
844
Cfr.: Vita sancte Bone virginis de civitate Pisana, LI.
138
Gli interventi sovrannaturali sono necessari anche quando i miracolati restano vittime
di ferite da taglio o di lesioni al cui interno rimangono conficcati oggetti impossibili da
togliere e che rischiano di provocare infezioni o di compromettere ancor più seriamente l’uso
delle parti del corpo ferite. Spade e coltelli sono i principali responsabili delle ferite da taglio,
alcune delle quali profonde fino al tessuto osseo. Desta grande impressione, tra i diversi
incidenti, quello occorso ad una bambina che mentre si trova a tavola alle terme di Chianciano
(SI) – dove presta servizio insieme alla madre – nel tentativo di tagliarsi il pane si ferisce col
coltello causandosi una lesione che arriva all’osso, immediatamente guarita da Agnese da
Montepulciano, che nel suo soggiorno termale condivide la mensa con la piccola 845, mentre
può far sorridere che il senese Martinus girando per la casa di notte non riuscendo a dormire
inciampi in un piatto e si tagli un piede infliggendosi una profonda ferita poi risanatagli da
Ambrogio Sansedoni 846. L’episodio più estremo in materia di ferite da taglio, tuttavia,
avviene a Bologna e vede come protagonisti Luchesius, un macellaio originario di Poggibonsi
(SI) che lavora nella città felsinea, e un suo anonimo cliente. Quest’ultimo un giorno che si
reca nella bottega di Luchesius rimane vittima di un incidente insolito quanto gravissimo:
mentre seziona la carne, il macellaio inavvertitamente amputa la mano del cliente, tagliandola
insieme alla sua merce. Disperato, il colpevole invoca Lucchese da Poggibonsi – in onore del
quale è stato battezzato col suo stesso nome – di rimediare alla sua distrazione e di restituire
al pover’uomo la mano che lui gli ha staccato, ottenendo dal santo quanto richiestogli, visto
che l’arto della vittima torna regolarmente al suo posto e recupera l’intera funzionalità 847.
Gli oggetti che restano conficcati nelle ferite sono di vario genere, ma tutti
costituiscono per gli ammalati un pericolo che nella migliore delle ipotesi provoca loro un
forte disagio, sofferenze e difficoltà di vita. È così per un uomo che batte denaro per il
Comune di Pisa e che svolgendo il suo lavoro si conficca in una mano una moneta, che si
incarnisce tra i nervi e risulta impossibile da togliere, così da mettere in pericolo la
sopravvivenza del ferito, salvo solo grazie all’intervento di Ubaldesca da Pisa 848. Incidente
sul lavoro anche per un soldato romano colpito in battaglia con una freccia, che gli penetra in
una gamba e non vuol saperne di uscire per un anno, finché il ferito non chiede aiuto a
Verdiana da Castelfiorentino 849. Si ferisce invece con un vetro che gli resta all’interno della
845
Cfr.: Legenda Beate Agnetis de Monte Policiano, II, 9, 15.
846
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 251.
847
Cfr.: Vita (Tolomei), 57.
848
Cfr.: Uita della beatissima uergine Ubaldesca, 11.
849
Cfr.: Vita sancte Viridiane, XV.
139
mano un volterrano guarito da Umiltà da Faenza 850, mentre Petrus Iohannis Durantis,
servitore bolsenese, camminando per strada si conficca un ferro nella gamba e viene poi
risanato da Ambrogio Sansedoni 851. Degno di nota e al limite dell’incredibile il caso del
senese Minuccius, che ingoia inavvertitamente un ago, gli rimane incastrato nella gola e
riesce poi a risputarlo con l’aiuto di Ambrogio 852.
I miracolati delle fonti toscane del basso Medioevo restano poi coinvolti molto spesso
in incidenti che provocano loro traumi di vario genere. La maggior parte di essi – siano essi
cranici, toracici o addominali – sono dovuti a cadute, ma sono frequenti anche lesioni da
schiacciamento, le cui vittime per lo più restano coinvolte in crolli. Tra coloro che riportano
traumi cranici sono di particolare interesse i casi di alcuni bambini, vittime di incidenti che
coinvolgono anche gli adulti incaricati della loro sorveglianza e che provocano loro ferite più
o meno gravi. Un bambino di Orvieto (TR) cade dalle braccia della madre mentre questa lo
sta portando a letto, sbatte violentemente la testa sul pavimento e sembra morto: solo grazie
all’intervento di Ambrogio Sansedoni il piccolo riapre gli occhi e scampa il mortale pericolo
853
. Destino simile per un neonato senese che all’età di sei mesi cade dalla culla mentre si
trova a balia e sbatte violentemente la testa, ferendosi in modo grave; la nutrice, disperata,
invoca allora Agostino Novello e subito il malato si riprende 854. È invece Margherita da
Cortona a salvare Nanni, il figlio appena nato di un notaio, scivolato dalle braccia della suora
che assiste la madre durante il puerperio e caduto a testa in giù sul pavimento di marmo, con
conseguenze assai gravi per la sua sopravvivenza 855. Tuttavia, non sono solo i bambini a
riportare traumi cranici: anche gli adulti hanno il loro bel da fare a sopravvivere: resta vittima
di una caduta da cavallo un nobilis miles tudertino, che disarcionato dalla bestia riporta ferite
gravi alla testa e anche nel resto del corpo e viene rimesso in sesto da Filippo Benizi 856. Un
fanciullo cortonese di nome Cortonesius invece cade da un solaio e sembra morto: ha le ossa
del cranio spezzate e i bulbi oculari abbassati, ma la santa concittadina Margherita su richiesta
della madre sua devota provvede a risanare le sue ferite 857. C’è poi chi si mette nei guai e ha
la peggio, come il senese Dominicus – coinvolto in una rissa e caduto a terra spinto
violentemente contro una pietra – e chi invece, come un bimbo di sei anni, è colpito da un
850
Cfr.: Vita di Umiltà, LVII; Vita sancte Humilitatis, 74.
851
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 86; Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 107; Miracula
[Sansedoni], XXVII.
852
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 261.
853
Cfr.: ivi, 240.
854
Cfr.: Vita [A. Novello], 22.
855
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 67.
856
Cfr.: Legenda Patris Nostri Beati Philippi, 34.
857
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 6; XI, 40.
140
sasso in testa. Entrambi si salvano grazie ad Ambrogio Sansedoni, che cura le loro ferite 858.
Due feriti riportano un trauma toracico in conseguenza di colpi violenti ricevuti all’altezza del
busto in incidenti però del tutto diversi. Una giovane pisana cade trasportando una tavola nel
duomo di Pisa, battendo violentemente il petto sul marmo: svenuto, riceve subito le cure della
santa concittadina Bona e si riprende senza alcuna conseguenza negativa 859. Il cortonese
Petrucinus invece riceve un colpo in pieno petto da un mulo ferrato, sviene, diventa freddo e
livido e i genitori lo ritengono morto. Il ragazzo si rialza poi perfettamente in salute grazie
all’intervento di Margherita da Cortona 860. Si registrano nelle fonti anche alcuni casi di
trauma addominale, tutti caratterizzati da rottura e fuoriuscita degli intestini associata a dolori,
gonfiori e difficoltà motorie. Si conoscono le cause del ferimento di due bambini senesi, uno
anonimo e uno di nome Centius, entrambi curati da Ambrogio Sansedoni: il primo cade dalle
braccia della balia, mentre il secondo precipita da un banco 861.
Generici traumi da caduta vedono invece coinvolte persone precipitate da alberi,
finestre o cavalcature, in seguito a incidenti o aggressioni. Del tutto eccezionale l’aggressore
di un lavoratore manuale intento a sistemare la cella di Torello da Poppi nel bosco di
Avellaneto, presso Poppi (AR): l’uomo viene assalito dal demonio, che lo getta giù dal tetto e
gli provoca gravi ferite, risanate poi dal santo eremita 862. Non è il diavolo, ma una compagna
di giochi a far cadere invece la senese Beldie, che si ritrova con un braccio nero e un
ginocchio da cui fuoriesce liquido, entrambi molto doloranti e impossibili da muovere finché
non interviene a risanarli Ambrogio Sansedoni 863. Cavalcare di certo rappresenta un pericolo,
visti i numerosi incidenti provocati dai disarcionamenti da cavallo, ma anche montare un
animale apparentemente ben più mite (come l’asino) può dar luogo a rovinosi capitomboli,
come succede a Guiduccio, un fanciullo dei dintorni di Montepulciano (SI) che cade
dall’asina tornando dal campo e si ritrova in fin di vita, salvato poi dalla morte solo grazie alla
potenza della santa locale, Agnese 864. C’è poi chi cade dagli alberi, come Salvutius, un
fanciullo del tifernate che riporta la frattura del bacino e per ben sei mesi – fino alla
858
Per la guarigione di Dominicus cfr.: Summarium virtutum et miracula, 234. Per l’incidente del bambino
senese cfr.: ivi, 243.
859
Cfr.: Vita sancte Bone virginis de civitate Pisana, XXXIII; Vita sancte Bone virginis, XXIII.
860
Il miracolato proviene da una località del cortonese corrispondente probabilmente all’odierna S. Pietro a
Cegliolo. Per la narrazione del prodigio cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 62.
861
Per la guarigione del bambino anonimo cfr.: Summarium virtutum et miracula, 246. Per il miracolo di Centius
cfr.: ivi, 57; Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 117.
862
Cfr.: Vita di Torello da Poppi, XIII; Hystoria Beati Torello de Puppio, XI. Per l’aggressione demoniaca
subita dal miracolato di rimanda al paragrafo 3.1.2 del presente studio.
863
Cfr.: Miracula [Sansedoni], XVII; Summarium virtutum et miracula, 77.
864
Il miracolato proviene da “Castrum Vetus”, nel districtus di Montepulciano al momento del prodigio. Per la
narrazione del miracolo cfr.: Legenda Beate Agnetis de Monte Policiano, III, 5, 1113.
141
guarigione di Ranieri da Borgo San Sepolcro – cammina a fatica, sostenendosi con le
stampelle, curvo sulla schiena dolorante 865. Va peggio a Meus, che ad Asciano (SI), dove
vive, precipita da una scala nel tentativo di raccogliere frutti da un pero alto trenta piedi e si
ritrova in fin di vita per le ferite riportate, risanate da Agnese da Montepulciano dopo che è
rimasto un giorno e una notte sospeso tra la vita e la morte 866. Tuttavia, a dimostrazione che
nessun contesto è esente da pericoli, c’è persino chi cade da letto: un fanciullo povero di
Ciggiano, nei dintorni di Arezzo, cade dal suo giaciglio e riporta lesioni che lo fanno
sembrare morto e che lo riducono in uno stato di infermità, dal quale lo libera Ambrogio
Sansedoni 867.
La maggior parte dei traumi da schiacciamento è originata da crolli di muri o di
edifici, dalle cui macerie i miracolati vengono estratti vivi e, seppur feriti, si riprendono in
fretta grazie alle cure sovrannaturali ricevute dai santi. Una donna senese seguace di Caterina
da Siena, forse anche lei terziaria domenicana, resta vittima del crollo di un terrazzo della
propria casa, ma il trauma che riporta si riassorbe subito grazie all’intervento della santa
compagna 868. Destino simile anche, tra gli altri, per Nalduccius, un fanciullo senese rimasto
sepolto dal crollo di una cripta e riportato vivo in superficie dai soccorritori, sottratto alla
morte da Ambrogio Sansedoni 869, salvatore anche della concittadina Tura, travolta insieme ad
altre due persone dal crollo di un muro, ma estratta viva dalle macerie, seppur ferita alla testa,
con un’emorragia dal naso in corso e dolori in tutto il corpo, che guariscono subito dopo
l’intervento del santo 870. Anche i grandi assembramenti di persone rappresentano una
situazione a rischio di incidenti. Ne sa qualcosa la senese Ghiluccia, che accorre nella chiesa
dei Predatori per rendere omaggio al corpo santo proprio di Ambrogio Sansedoni, ma rimane
schiacciata dalla folla nel tentativo di baciare la mano del servo di Dio prima che sia sepolto.
La donna inizia a sputare sangue, poi perde anche l’uso della lingua e la capacità di inghiottire
e sembra destinata ad una morte imminente, dalla quale la salva proprio Ambrogio 871. Al
limite del grottesco, infine, l’incidente domestico occorso a un ragazzino di Policiano (AR) di
nome Petrutius, miracolato da Margherita da Cortona, schiacciato da un suino attaccato ad
865
Il miracolato proviene da “Rogno”, un toponimo che non trova corrispondenza tra le località attuali. Per la
narrazione del miracolo cfr.: Liber miraculorum, 1.
866
Cfr.: Legenda Beate Agnetis de Monte Policiano, III, 5, 210.
867
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 250.
868
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 250251.
869
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 245.
870
Cfr.: ivi, 53; Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 106.
871
Cfr.: Miracula [Sansedoni], II; Summarium virtutum et miracula, 111.
142
affumicare nella cappa del camino, che cade rovinosamente su di lui mentre si sta scaldando
seduto sul focolare 872.
3.1.10 Effetti delle malattie e infirmitas sconosciute
Restano fuori da tutte le categorie le decine di casi in cui le fonti non definiscono le
malattie e celano sotto il termine vago di infirmitas una lunga serie di patologie delle quali si
conoscono talvolta i sintomi o solo lo stato in cui si trovano i pazienti. Difficile dunque, se
non impossibile, stabilire cosa affligge i malati nel centinaio di casi in cui gli agiografi non
specificano i morbi che li colpiscono, ma si limitano, ad esempio, a descriverne gli effetti.
Uno dei più comuni è il gonfiore, presente nelle diverse parti del corpo e associato alle
patologie più disparate, dalle malattie infettive a quelle osteomuscolari, dai traumi ai tumori.
Prendendo in esame le tumefazioni agli arti, ad esempio, in nessun caso le fonti ne
specificano l’origine, pur presentando una casistica piuttosto variegata, che va dal gonfiore al
ginocchio del senese Tura guarito da Ambrogio Sansedoni 873 a quello alle gambe paralizzate
di Illuminata di Mercatello sul Metauro (PU), risanata da Ranieri da Borgo San Sepolcro 874, a
quello alla mano di Ubertus, soldato pisano ferito in guerra curato dal santo concittadino
Ranieri 875. Accanto al gonfiore si registrano tre casi di idropisia, ritenzione di acqua
nell’organismo dalle molteplici cause che affligge un bonizzese di dieci anni di guarito da
Lucchese da Poggibonsi 876 e due anonimi malati, un uomo e una donna, risanati da Ranieri da
Pisa 877.
Altro effetto comune a tutte le malattie è il dolore: tutti i malati patiscono
indolenzimenti di varia natura, più o meno forti, localizzati o diffusi e sapere solo che un
paziente sente dolore in qualche parte del corpo difficilmente aiuta a capire qual è il male che
lo tormenta. Nel novero dei diversi casi, però, meritano particolare attenzione due tipi di
dolori: quelli alla testa e quelli ai denti, che affligono un discreto numero di malati e che
csotituiscono due categorie abbastanza definite di mali localizzati e aventi probabilmente una
causa interna. Tra gli altri, soffrono per il mal di testa e hanno ripercussioni anche su altri
sensi Iohannes Gualterii Malevoli, un altolocato senese miracolato da Francesco da Siena cui
872
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 64.
873
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 84; Miracula [Sansedoni], XXIV.
874
Cfr.: Liber miraculorum, 20.
875
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 157.
876
Cfr.: Vita (Tolomei), 36.
877
Per la guarigione dell’uomo cfr.: Vita Sancti Rainerii, 134. Per il risanamento della donna cfr.: ivi, 137.
143
il dolore provoca anche una parziale cecità 878 e la concittadina Loza, afflitta per dieci anni da
emicranie unite a difficoltà nel parlare e annebbiamenti della vista, curati da Ambrogio
Sansedoni 879. Ad un pisano guarito dal santo concittadino Ranieri invece il mal di testa
scatena una costante lacrimazione degli occhi 880. L’emicrania può essere anche intermittente
e ripresentarsi a distanza di periodi più o meno brevi: il senese Corbacius, è tormentato per
ben vent’anni da dolori che periodicamente lo assalgono e durano due giorni e due notti, dai
quali lo libera Ambrogio Sansedoni 881, mentre il nobile Botius, risanato anche lui dal
concittadino Ranieri il dolore si ripresenta ogni mese e gli impedisce di sopportare ogni
rumore 882. C’è poi frate Thebaldus, un domenicano anche lui pisano che si reca dal barbiere
per togliere un dente dolorante rotto a metà, ma l’estrazione non riesce: il dolore si aggrava e
solo la compaesana Bona è capace di porre rimedio al male 883. Una serie di malati ha dolori
diffusi in tutto il corpo o localizzati su petto, reni, mascella, occhi o altre membra, mali che in
alcuni casi si spostano nel tempo da una parte all’altra e rendono ancora più sgradevole la
condizione dei malati, la cui guarigione non è mai definitiva fino all’intervento del santo.
Un’altra conseguenza comune a diverse patologie è la presenza di emorragie, che
insorgono principalmente dal naso e dalla bocca, ma senza poterne ricostruire l’origine. Due
suore, la senese Eugenia e un’anonima vallombrosana faentina, patiscono la fuoriuscita di
sangue dal naso: la prima viene guarita dopo molte settimane di sofferenza da Ambrogio
Sansedoni 884, mentre alla seconda viene salvata la vita da Umiltà da Faenza, sua consorella
885
. La matrona Minucha e Bartoluccio invece, entrambi senesi, sono messi in pericolo da
sbocchi di sangue e guariti rispettivamente da Ambrogio Sansedoni 886 e Andrea Gallerani 887.
In altri casi, che sono purtroppo la maggioranza, la sintomatologia descritta è assai vaga e le
fonti si limitano spesso a riferire semplicemente che i malati sono in pericolo di vita per gravi
patologie, non meglio identificate.
3.2 Miracolo apotropaico
878
Cfr.: Liber miraculorum, 2.
879
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 126.
880
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 174.
881
Cfr.: Miracula [Sansedoni], XX; Summarium virtutum et miracula, 179.
882
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 131.
883
Cfr.: Vita sancte Bone virginis de civitate Pisana, LIX; Miracula sancte Bone, VI.
884
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 197; Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 83.
885
Cfr.: Vita di Umiltà, XXV; Vita sancte Humilitatis, 31.
886
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 98; Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 84.
887
Cfr.: Vita di Beato Andrea de Gallerani da Siena, 13.
144
I miracoli apotropaici si riferiscono a liberazioni dal demonio, dalla prigionia, dal
pericolo e dalla morte e presentano casistiche piuttosto interessanti nelle diverse tipologie di
intervento sovrannaturale.
3.2.1 Esorcismi
145
indemoniati è la loro grande aggressività: tale violenza conduce queste persone a compiere
atti di autolesionismo – come ad esempio Bartholomaeus Joannis di Poggibonsi (SI), graziato
da Lucchese, che si morde ferocemente 891 – o gesti estremi, come un indemoniato liberato da
Agnese da Montepulciano che rapisce una bambina e tenta di gettarla in un pozzo 892; o un
altro ancora, miracolato dalla stessa santa, che tira sassi a chiunque gli si avvicini 893. Molto
forte è anche l’aggressività del diavolo nei loro confronti, violenza che sfocia spesso in
tentativi cruenti di ucciderli; il demonio che rapisce Naldus, ad esempio, tenta di affogarlo
prima che Margherita da Cortona lo liberi 894. Per quanto riguarda l’alterazione delle
conoscenze e delle capacità intellettive è emblematico il caso di un’indemoniata miracolata da
Ranieri da Pisa che pur essendo analfabeta legge speditamente scritture e testi di negromanzia
895
.
I corpi degli ossessi perdono la normale sensibilità agli elementi naturali, primi fra
tutti l’acqua e il fuoco (nel quale si gettano con grande facilità, spinti dal demonio), e sono
oggetto di violenze che ne mettono in pericolo la vita, scaraventati a terra dall’alto o costretti
a compiere movimenti innaturali. Helena, una giovane del contado senese, si strappa i capelli
e cade sbattendo la faccia, finché non viene liberata da Ambrogio Sansedoni 896, mentre la
giovane biturgense miracolata da Margherita da Cortona oltre ad emettere versi di animali
ruota anche la testa ad angolo giro 897. Le vessazioni fisiche spaziano da dolori d’ogni sorta a
vere e proprie malattie, prime fra tutte la cecità e la sordità, di cui soffrono molti indemoniati.
Demenza e follia vanno a minare la sfera psicologica e finiscono per mettere in crisi la
personalità stessa delle vittime, incapaci di intendere e di volere e in completa balia della
Bestia, che lascia loro solo qualche raro momento di lucidità in cui capita anche che non
ricordino nulla di quanto successo loro in precedenza. Un uomo di Montalcino (SI) liberato da
Ambrogio Sansedoni assiste per caso alla trasformazione in demone di un lupo e si ritrova
folle 898, mentre Ricca da Città di Castello (PG) in un momento in cui è cosciente riesce
perfino a decidere di sua spontanea volontà di dirigersi alla tomba di Ranieri da Borgo San
Sepolcro per essere liberata, ma subito dopo il demonio riprende a tormentarla e cerca di
impedirle di raggiungere il sepolcro del santo con ogni mezzo 899. Gli indemoniati non
891
Cfr.: Vita (Tolomei), 56.
892
Cfr.: Legenda Beate Agnetis, 13
893
Cfr.: ivi, 39.
894
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 34.
895
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 72.
896
Cfr.: Vita, 104.
897
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 28.
898
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 219.
899
Cfr.: Liber Miraculorum, 9.
146
possono sopportare alcun elemento sacro: il diavolo toglie loro la facoltà di farsi il segno di
croce e di pregare e infligge loro tormenti supplementari in occasione dei giorni di festa.
Iohannes, indemoniato grossetano liberato da Agnese da Montepulciano, non può entrare in
chiesa quando si celebra la Messa e non può guardare le immagini dei santi né dipinte né
affrescate 900, mentre una giovane senese miracolata da Ambrogio Sansedoni alla vista della
diabolica ombra nera pronta ad aggredirla tenta di farsi il segno di croce e di nominare la
Vergine, ma non ci riesce 901.
Il demonio spinge le sue vittime anche a compiere gesti del tutto insani e contrari
all’etica cristiana, primo fra tutti il tentativo ripetuto di togliersi la vita, talvolta reiterato nel
tempo. La quasi totalità degli indemoniati si getta nell’acqua e nel fuoco, ma non mancano
episodi in cui tentino di uccidersi in altre maniere. Esemplare il caso di un monaco certosino
dell’isola di Gorgona (LI), vessato dal demonio e liberato poi da Caterina da Siena, che tenta
di suicidarsi con la spada, ma viene salvato e non riesce a togliersi la vita nemmeno quando il
diavolo gli suggerisce di buttarsi dall'alto del monastero 902. Gli indemoniati si rendono
protagonisti anche di comportamenti immorali, che vanno dallo sproloquio, particolarmente
disdicevole sulla bocca delle donne (che, come la fiorentina Mingarda liberata da Umiliana
dei Cerchi 903, straparlano in modo vergognoso), al desiderio di concupiscenza che porta un
miracolato da Ambrogio Sansedoni ad innamorarsi in modo impuro 904.
Una decina di miracolati, uomini in numero maggiore che donne, subiscono
un’aggressione demoniaca, che mette in pericolo la loro incolumità psicofisica o dà il via ad
una vera e propria possessione nei loro confronti. Un lavoratore manuale che nel bosco di
Poppi sta sistemando la copertura della cella di Torello all’improvviso viene aggredito dal
diavolo, che lo scaraventa giù dal tetto provocandogli numerose ferite e fratture che il santo
poi sana col suo intervento miracoloso, liberando l’uomo da ogni influenza demoniaca 905. Il
demonio si scaglia con violenza anche su Fortunatus, un sacerdote senese aggredito e
percosso di notte mentre si sta recando da un parrocchiano in punto di morte e, tra gli altri, su
Ioanna, una giovane senese assalita mentre si reca ad attingere acqua alla fonte e tenuta legata
e a digiuno per due giorni e due notti perché colpevole di aver invocato l’aiuto di Ambrogio
900
Cfr.: Legenda Beate Agnetis, 39. Il miracolato proviene da Montelaterone, presso Arcidosso (GR).
901
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 222.
902
Cfr.: Il Processo Castellano, 13 (IV, pp. 274275).
903
Cfr.: Miracula intra triennium ab obitum patrata, 30.
904
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 214.
905
Cfr.: Vita di Torello, XIII; Hystoria Beati Torello, XI. Per l’intervento taumaturgico del santo si rimanda al
paragrafo 3.1.1 del presente studio.
147
Sansedoni, che libera sia lei sia il chierico picchiato in precedenza 906. Il diavolo aggredisce
poi travestito o nascosto: si trasforma in un animale, forse una gatta nera, per assalire
Cenninus, guardiano di porci di Montepulciano (SI) che alza un braccio per scagliare una
pietra contro la bestia, ma resta con l’arto paralizzato per due mesi e perde l’uso della parola,
finché non viene liberato anche lui da Ambrogio Sansedoni 907. Un pisano, invece, si reca in
campagna a fare l’erba e all’improvviso si sente arrivare addosso sassi e pietre, ma non vede
chi glieli sta tirando, così come non lo vede suo padre quando si reca insieme a lui sul posto e
viene colpito a sua volta senza riuscire a vedere il diabolico aggressore, resosi invisibile per
l’occasione e cacciato da Ranieri da Pisa dallo spirito della vittima 908.
Tra le forme di possessione originate dall’iniziativa umana quella principale è
senz’altro la malia, operata solitamente da un professionista, cui si rivolge chi desidera
stregare la vittima. Ymilia, nobildonna tifernate vedova di Jacobo Bonihonis, è oggetto del
desiderio un chierico della medesima città, che la tenta e la tormenta in ogni modo,
nonostante i ripetuti rifiuti della donna. Spinto dalla sua libidine il religioso fa compiere su
Ymilia una malia, che le procura tormenti fisici e psicologici, brutti sogni e visioni, dolori
lancinanti in tutto il corpo come se fosse torturata, depressione, apatia, cecità e disturbi
all'udito, svenimenti e alterazioni della percezione della propria persona, oltre a farle
sviluppare un forte istinto suicida. Il demonio impedisce alla sua vittima di pregare e nei
giorni di festa la tormenta con maggior veemenza, lasciandole solo qualche raro momento di
lucidità. La donna resta in questo stato di alterazione totale per vent’anni, finché non viene
liberata da Ranieri da Borgo San Sepolcro 909.
Una fanciulla di origine ravennate chiama giorno e notte il nome di un giovane, così
da lasciar intuire ai familiari di essere oggetto di una possessione demoniaca. Viene dunque
condotta al cospetto di Torello da Poppi, che dialogando col demonio lo interroga su come
abbia iniziato a tormentare la vergine. Il demonio risponde che un mago ha scritto il nome del
ragazzo invocato senza sosta dalla giovane su un foglio e l'ha messo sotto una soglia, così che
quando la donna ci è passata sopra il diavolo è entrato in lei. Proprio il giovane – un
innamorato senza speranza – si è rivolto al mago e gli ha ordinato di operare la malia,
convinto che così avrebbe ottenuto la donna, che viene invece liberata da Torello 910.
906
Per la liberazione di Fortunatus cfr.: Summarium virtutum et miracula, 230; Vita (Gisberto, Recupero,
Aldobrandino, Olrado), 103. Per la liberazione della giovane donna cfr.: ivi, 105.
907
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 171; Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 81.
908
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 90.
909
Cfr.: Liber Miraculorum, 37.
910
Cfr.: Vita di Torello, XIV; Hystoria Beati Torello, XII.
148
C’è poi chi, per ingenuità spesso mista a rabbia, attira da solo su di sé la presenza e i
tormenti del demonio. È questo il caso di Naldus, un giovane pastore del cortonese al servizio
di Nutius, che si trova in campagna a pascolare i buoi quando all’improvviso questi scappano
e lui non riesce a riprenderli. In uno scatto d’ira il ragazzo invoca il demonio, che subito
accorre e lo rapisce, attentando alla sua vita gettandolo nell’acqua nel tentativo di soffocarlo.
Nutius non vedendo il pastore tornare a casa con le bestie inizia a cercarlo e lo ritrova il
giorno dopo nel bosco, esanime e con ancora il demonio dentro di lui, disposto a liberarlo solo
nella chiesa di Margherita da Cortona, dove in effetti esce dal suo corpo 911. Saluettus invece
chiama il demonio cadendo dall’asino nei pressi di Castelnuovo Berardenga (SI) e si ritrova
posseduto con tanta forza e violenza che è necessario condurlo fino al sepolcro di Ambrogio
Sansedoni per ottenere la sua liberazione 912, la stessa di cui beneficia anche Sapientia, una
fanciulla della stessa zona che attira su di sé il demonio maledicendo la madre e ritrovandosi
ossessa tra grandi tormenti, prima di ottenere la salvezza dal santo domenicano 913. Talvolta,
tuttavia, il ricorso al demonio è invece ricercato e consapevole: tra i miracolati di Ambrogio
Sansedoni, infatti, ci sono un ragazzo senese che si consacra al diavolo per ottenere l'amore di
una ragazza, salvo poi pentirsi della demoniaca ricerca di aiuto e fare voto per essere liberato
dall’uomo di Dio 914, e la pisana Benevenuta, che in seguito ad un aspro e prolungato litigio
con la suocera invoca il demonio per avere i suoi diabolici poteri e si consegna a lui, finché
Bona da Pisa non la invita a redimersi e la convince a farsi liberare 915.
Il demonio oltre che tormentare, per volontà propria o altrui, tenta le persone,
mettendo in crisi la loro volontà e le loro convinzioni. Un frate senese, consacrato da oltre
cinquant’anni, subisce la tentazione diabolica di abbandonare la vita religiosa, viene gettato
nel dubbio e patisce una serie di fortissimi tormenti psicologici, che minano le certezze di una
vita passata al servizio del Signore e la conoscenza dei propri desideri futuri, finché non si
rivolge ad Ambrogio Sansedoni e viene liberato da ogni tentazione di svestire il proprio abito
e tornare nel mondo 916. Un altro santo senese, Andrea Gallerani, libera da una tentazione
simile un converso del convento domenicano cittadino, che il diavolo spinge ad abbandonare
il proprio servizio, senza però fare i conti con l’amuleto con le reliquie del santo che l’uomo
911
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 34.
912
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 227. Il miracolato cade dall’asino a San Quirico, frazione di
Castelnuovo Berardenga (SI).
913
Cfr.: ivi, 228. La miracolata proviene da S. Giusto, frazione di Castelnuovo Berardenga (SI).
914
Cfr.: ivi, 213.
915
Cfr.: Vita sancte Bone virginis de civitate Pisana, LXXIX.
916
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 215.
149
porta sempre al collo per ricevere protezione dal servo di Dio, che risolve i suoi dubbi a
favore dei Predicatori e scaccia da lui il demonio 917.
In alcuni casi si instaura un dialogo tra il demonio e una persona diversa
dall’indemoniato – laico o religioso a seconda delle diverse situazioni, talvolta il santo stesso
– che interroga il maligno sulla sua identità e sulle sue intenzioni, domandandogli per lo più i
tempi e le condizioni per la liberazione dell’ossesso. Le risposte fornite spesso sono
equivoche o bugiarde e si rende necessario da parte dell’interlocutore costringere il demonio
ingannatore ad essere sincero: a proposito della liberazione dell’indemoniato, ad esempio, il
diavolo viene obbligato ad indicare un suo segno inequivocabile, in modo che non possa
imbrogliare nessuno. Il cortonese Naldus al momento della liberazione ad opera di Margherita
da Cortona secondo le indicazioni dello spirito maligno che lo tormenta sputerà un carbone
918
, mentre quando il demonio uscirà da una giovane donna pugliese esorcizzata da Fina da
San Gimignano attraverso un intermediario cadrà la lampada appesa al soffitto della chiesa in
cui avviene il miracolo, ma l’olio contenuto al suo interno non sporcherà il pavimento 919.
Per quanto riguarda le condizioni per la liberazione degli indemoniati, nella totalità dei
casi il diavolo indica nel santo di turno colui che sarà in grado di cacciarlo dal corpo di cui si
è impadronito, mostrandosi sempre piuttosto spaventato, al punto che gli ossessi spesso non
riescono nemmeno a pronunciare il nome dei santi, oltre a fare ogni tipo di resistenza quando
vengono condotti con forza al loro cospetto o al loro sepolcro. Tale comportamento
costituisce una forma di riconoscimento del potere del santo e del suo ruolo salvifico da parte
del suo principale avversario, libero di terrorizzare e di tormentare gli uomini, ma solo finché
non si scontra con una forza superiore alla sua e in grado non solo di contrastarla, ma anche di
distruggerla. Una forza che viene legittimata dal demonio stesso, il cui campo di azione è
destinato a restringersi inesorabilmente là dove si scontra con la potenza del santo, che lo
caccia provocandogli immani sofferenze. Il diavolo conosce il proprio destino e sa bene
come, quando e da chi sarà costretto a liberare le sue vittime, come dimostrano i dialoghi con
coloro che osano rivolgersi a lui. Il demonio lotta strenuamente per non essere cacciato dal
corpo che si è scelto per dare sfogo alla propria malvagia potenza, ma sa che è un
combattimento in cui è destinato a soccombere, vinto dalla forza del santo. Emblematico e
assai significativo in tal senso l’atteggiamento del demonio che portato al cospetto del
917
Cfr.: Vita di Beato Andrea, n. 52. Sull’amuleto portato al collo dal miracolato, contenente la polvere del
sepolcro del santo, e sulle diverse modalità in cui si operano i miracoli si rimanda al paragrafo 4.3 del presente
studio.
918
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 34.
919
Cfr.: Legenda sancte Fine, 16.
150
sepolcro di Ambrogio Sansedoni chiede spaventato per bocca della donna sua vittima che
cosa gli farà il santo 920.
Frate Francisco del Borgo interroga il demonio che si è impossessato di Ricca, una
signora del tifernate vessata per ben dodici anni e giunta con l’aiuto del fratello presso il
sepolcro del beato Ranieri dopo aver persino compiuto invano un pellegrinaggio a Roma nel
tentativo di ricevere la grazia (ottenendo invece l’intensificarsi dei tormenti). Il frate chiede al
diavolo se sapesse che una volta al cospetto del corpo santo sarebbe stato cacciato e quello
risponde di sì, aggiungendo che è stato costretto a farsi condurre lì dall'arcangelo Michele e
che a cacciarlo è fra Ranieri, di cui non pronuncia il nome, limitandosi a far allungare le mani
all’indemoniata per toccare il feretro, indicando così nel santo colui che lo obbligherà a
smettere di torturare la donna e gli impedirà di fare del male ad altre persone 921. Il demonio
che tormenta una donna del castello della Rocca dei Salimbeni, nel senese, parla invece
piuttosto apertamente – ma non senza sofferenza estrema – della sua nemica, Caterina da
Siena, che si appresta a cacciarlo dalla sua vittima di lì a poco e che lo ha già immobilizzato
col capo appoggiato sulle ginocchia di Sanctus, un eremita che lo interroga in attesa del
ritorno della santa: il diavolo afferma che Caterina è la sua grande nemica e fa cose che non
gli piacciono 922. Il ruolo del santo nella liberazione dell’ossesso ha dunque una dimensione
esclusiva ed è la condizione necessaria per ottenere un risultato pieno e duraturo, oltre che
l’occasione per affermare il potere del santo: Raimondo da Capua, agiografo di Agnese da
Montepulciano, scrive che è per volontà di Dio che un indemoniato del viterbese non viene
liberato da alcun sacerdote, ma trova salvezza solo grazie ad Agnese che, ancora in vita, rivela
così per volere divino la propria potenza 923.
Altra questione interessante in materia di possessioni diaboliche è quella concernente
l’identità del demonio che tormenta uomini e donne. Gli interlocutori interrogano il demonio
sulla natura del suo essere e talvolta ottengono risposte precise e articolate, che permettono
loro di fronteggiarlo con maggiore consapevolezza. Dalle affermazioni fatte per bocca degli
ossessi il demonio si configura come un’entità multipla e multiforme, dotato di una grande
versatilità, con cui riesce a trarre in inganno in molti modi coloro che cercano di contrastare il
suo potere. Il demonio non è uno, ma sono molti e in molti si accaniscono sugli uomini per far
loro del male: alcuni indemoniati, infatti, sono posseduti da un solo demone, mentre altri da
920
Cfr.: Vita, 105.
921
Cfr.: Liber miraculorum, p. 16.
922
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 274276; Il Processo Castellano, II, p. 49.
923
Il miracolato proviene da Acquapendente (VT). Cfr.: Legenda Beate Agnetis de Monte Policiano, I, 11, 28.
151
due o più, fino ad arrivare ai casi estremi di Migliore e Palmeria, due donne liberate entrambe
da Zita da Lucca, la prima da ventiquattro demoni e la seconda da ventitre 924. I demoni hanno
poi, come già detto, una precisa identità: ai parenti e agli amici di Helena – indemoniata del
contado senese miracolata da Ambrogio Sansedoni – il demonio, interrogato su chi fosse,
risponde di essere uno degli angeli di Lucifero espulso dal paradiso 925, mentre i demoni che
tormentano Donessa da Citerna (PG) al padre della miracolata dicono di essere tre anime di
defunti e a frate Francisco del Borgo, che li interroga dinanzi al corpo santo del beato Ranieri,
dicono di essere invece tre spiriti creati in cielo e poi decaduti 926. Non solo: i demoni hanno
anche un nome, col quale si identificano sia con l’indemoniato sia con gli interlocutori esterni.
Risultano all’anagrafe degli spiriti maligni Uguiccionem de Calavorna e Lupardum di
Laddamare, che tormentano la pisana Bonuccia 927, Nappoleone e Soldanus di Sirico, vessatori
di Monacha 928 e Gentiano de Corsica, uno dei ventiquattro torturatori di Migliore 929, tutti
cacciati da Zita da Lucca.
3.2.2 Liberazioni dalla prigionia
Le liberazioni dalla prigionia narrate nelle fonti prese in esame sono circa quaranta e
consistono per lo più in scarcerazioni miracolose di individui, in prevalenza uomini, ridotti in
cattività per motivi assai eterogenei da soggetti sia pubblici sia privati. Nella maggior parte
dei casi gli agiografi tacciono le motivazioni per le quali i miracolati sono tenuti prigionieri,
mentre descrivono piuttosto dettagliatamente le dure condizioni della reclusione e il modo in
cui i carcerieri trattano i detenuti, solitamente assai rude e irrispettoso. Le guardie, anche
quelle i cui comportamenti non vengono descritti dagli agiografi, di certo somigliano molto a
quel Tempus che, incaricato di sorvegliare il bonizzese Buondapescia, deride e insulta
ripetutamente il prigioniero in catene 930.
Le strade che conducono i miracolati alla cattività sono molteplici, ma in base alle
informazioni fornite dalle fonti se ne possono individuare quattro tipologie principali: azioni
criminali, cause pubbliche e politiche, guerra e questioni private. Tra i criminali spiccano due
924
Per la liberazione di Migliore da Montale (PT) cfr.: Miracula [Zita], 76; per quella di Palmeria (proveniente
dal territorio lucchese) cfr.: ivi, 72.
925
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 220; Vita, 104.
926
Cfr.: Liber miraculorum, 45.
927
Cfr.: Miracula [Zita], 64.
928
Cfr.: Miracula [Zita], 66.
929
Cfr.: ivi, 76.
930
Cfr.: Vita (Tolomei), 43.
152
omicidi, Seus e Capotone, entrambi destinati alla condanna a morte, il primo di Piegaro (PG)
e il secondo di origine ignota e incarcerato a Badia al Pino (AR), liberati entrambi da Agnese
da Montepulciano, alla quale Seus si rivolge pur non conoscendola, ma obbedendo all’invito
della Vergine Maria, che gli appare in sogno suggerendogli di pregare la santa (perché sarà lei
a liberarlo per volontà del Signore, che intende così accrescere la sua gloria) 931. Checus e
Martino sono invece due presunti ladri, incarcerati nel palazzo del governo di Capua e
condannati a morte per impiccagione con l’accusa di furto, scaturita dalla denuncia di un
uomo di Sulmona, che reclama la proprietà di un’asina che loro stanno tentando di vendere e
liberati in extremis da Zita da Lucca 932.
In un periodo di forte conflittualità come quello bassomedievale, dove gli scontri
politicomilitari esplodono numerosi sia in ambito cittadino sia in ambiente extraurbano, non
mancano prigionieri politici e militari, detenuti per volontà sia dei poteri pubblici sia dei
signori privati in lotta tra loro. È certamente una prigioniera politica Beneuenuta, una
domestica di origine faentina al servizio del signore fiorentino Bonacurso Bellincione de
Adimaribus, che al tempo della cacciata dei Guelfi da Firenze viene imprigionata dal podestà
cittadino con l’accusa di sostenere la fazione filopapale e di fornire aiuto ai nemici del
governo nascondendoli in casa 933. Beneuenuta, liberata da Umiliana dei Cerchi, è anche
l’unica donna ad essere detenuta in una prigione pubblica, visto che la sola altra donna
carcerata di cui le fonti danno notizia è Mastajola, serva di un ricco pisano tenuta prigioniera
dal proprio padrone e aiutata a scappare da Ranieri da Pisa, che rende silenziose le catene con
cui è legata per permetterle di scappare 934. Sono invece prigionieri di guerra i pisani
Bonaiuncta – catturato dai nemici mentre presta servizio nell’esercito e graziato da Bona da
Pisa 935 – e Ugutio, vittima dei Saraceni e liberato da Ranieri da Pisa 936. Un povero bonizzese
viene catturato dai nemici cittadini della “Societas” e imprigionato in condizioni durissime,
ma beneficia poi dell’intervento prodigioso a suo favore di Lucchese da Poggibonsi 937.
Anche alcuni detenuti dai signori possono essere considerati, in senso lato, prigionieri
politici oltre che vittime di violenze e di scontri di natura privata. Si tratta sì, infatti, di vittime
di un potere circoscritto e di carattere locale, ma ugualmente deciso a contrastare i propri
931
Per la liberazione di Capotone cfr.: Legenda Beate Agnetis de Monte Policiano, III, 11, 1015; per la grazia
concessa a Seus così da accrescere la propria gloria per volontà divina cfr.: ivi, III, 11, 2026.
932
Cfr.: Vita beatae Zitae, 4142.
933
Cfr.: Miracula intra triennium ab obitum patrata, 28.
934
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 9899.
935
Cfr.: Vita sancte Bone virginis de civitate Pisana, LXXXIII.
936
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 103104.
937
Cfr.: Vita (Tolomei), 46.
153
nemici per affermarsi in maniera forte e avvezzo a combattere l’avversario con ogni mezzo,
compresa la prigionia, spesso più conveniente dell’omicidio, vista la possibilità anche per i
signori di fissare un riscatto per la liberazione dei detenuti. Riscatto che in alcuni casi va ad
aggiungersi ai debiti già accumulati nei loro confronti e colpevoli della loro riduzione in
cattività da parte dei creditori. I signori imprigionano sia nobiluomini loro pari sia persone
provenienti da ceti sociali più bassi, ma dal punto di vista numerico prevalgono i primi, forse
in virtù della loro maggiore conflittualità legata ad interessi comuni che generano gli scontri,
unita ad una convenienza meramente economica nel fare prigioniero un uomo ricco piuttosto
che uno povero. Tra coloro che appartengono allo stesso rango del proprio carceriere ci sono
Martinus de Gualtra – che, imprigionato dal socio Guido, è tenuto sotto stretta sorveglianza
con le mani e i piedi legati, beneficiando infine dell’aiuto di Galgano 938 – e Matus de Aduena
– il cui nemico lo richiude nel proprio palazzo e lo tiene legato in una stanza con le inferriate
alle finestre, finché non riesce a liberarsi grazie all’intervento di Ambrogio Sansedoni 939.
Sono invece sudditi o servitori del signore che li detiene Vivianus da Tegona e Guido da
Canneto, due miracolati da Galgano imprigionati dai loro signori, Albericus e Boninsigna 940 e
la già ricordata Mastajola, serva di un signore pisano che la tiene legata in catene e si libera
solo grazie all’intervento di Ranieri da Pisa 941. Alcuni detenuti potrebbero uscire dal carcere
pagando un riscatto, ma essendo poveri e non potendosi permettere di versare la propria
cauzione si trovano costretti a scontare la pena con la prigionia, finché l’aiuto del santo non vi
pone rimedio. Altri sono invece destinati ad uscirne solo per andare a morire, visto che sulle
loro teste pende una condanna a morte, spesso imminente, che scampano grazie al soccorso
prestato loro dal santo. C’è poi chi, come il già citato prigioniero bonizzese ospite delle celle
dei nemici, rischia di essere condannato a morte proprio perché, essendo povero, non può
pagarsi il riscatto e in attesa della morte è tenuto legato ad una colonna e circondato dal fuoco,
fino al provvidenziale intervento di Lucchese 942.
I prigionieri solitamente sono tenuti incatenati e con i ceppi ai piedi, guardati a vista da
sentinelle prepotenti, che però al momento giusto si addormentano o vengono rese incapaci di
938
Il toponimo di “Gualtra”, da cui proviene il miracolato, corrisponde a Podere Qualtra, frazione di Castelnuovo
Val di Cecina (PI). Per la narrazione del miracolo cfr.: Inquisitio in partibus, 6; Vita beati Galgani, 19.
939
Il toponimo “Aduena”, da cui proviene il miracolato, non trova corrispondenza tra quelli attuali. Per la
narrazione del miracolo cfr.: Summarium virtutum et miracula, 236.
940
Il toponimo “Tegona”, da cui proviene Vivianus, corrisponde a Tegoia, frazione di Sovicille (SI). Per la
narrazione del miracolo cfr.: Inquisitio in partibus, 5; Vita beati Galgani, 18; Legenda sancti Galgani
confexoris, XIII. Canneto, paese di provenienza di Guido, si trova invece in provincia di Pisa. Per la narrazione
del miracolo cfr.: Inquisitio in partibus, 8; Vita beati Galgani, 19.
941
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 9899.
942
Cfr.: Vita (Tolomei), 46.
154
vedere i detenuti scappare grazie all’intervento del santo invocato per la liberazione. Non
mancano, tuttavia, forme originali di detenzione, specie quando i carcerieri sono signori che
imprigionano sudditi o loro pari: Guido da Canneto (PI), miracolato da Galgano, è catturato e
imprigionato da Boninsigna suo signore e chiuso a chiave per un giorno e una notte in una
cassa con sopra tre tavole e un ceppo secondo l’Inquisitio in partibus o quattro tavole e un
tronco secondo la Vita 943. Destino simile al suo tocca a Iulianus da Tegoia (SI), anch’egli
chiuso in una cassa da Albericus suo signore e liberato da Galgano 944, mentre Martinus,
sempre scarcerato grazie al santo di Montesiepi, viene gettato in prigione dai Teutonici in un
sacco 945. Lo spezzarsi delle catene, lo scioglimento delle corde o la rottura delle inferriate
sono le modalità principali con cui i santi liberano i carcerati, protetti anche nella fuga, finché
la loro salvezza non è certa. Talvolta, infatti, le circostanze avverse in cui si ritrovano i
detenuti rendono necessaria una reiterazione del miracolo, vista la particolare sfortuna di
alcuni personaggi che dopo essere stati liberati ricadono nelle segrete del nemico e sono
costretti a ricorrere all’aiuto del santo per liberarsi nuovamente. È il caso, ad esempio, dei già
citati Martus de Aduena, catturato di nuovo dal suo nemico dopo la liberazione ad opera di
Ambrogio Sansedoni e salvato per due volte dal santo 946 e di Vivianus da Tegona, sequestrato
per tre volte da Albericus suo signore, ogni volta rinchiuso in una cassa e puntualmente
liberato da Galgano 947. Accanto alle scarcerazioni miracolose si registra anche un caso di
liberazione dall’esilio, riguardante Istagio (o Estasius, a seconda delle fonti), un signore
senese esiliato per cause sconosciute a Poppi (AR), che grazie all’intervento di Torello, cui si
rivolge disperato, riesce ad ottenere il sospirato rientro in patria 948.
3.2.3 Salvezza dal pericolo
La vita quotidiana è costellata di tanti pericoli, tutti capaci di mettere a rischio in vari
modi l’incolumità delle persone, che trovano però nei santi i migliori alleati per scampare ad
943
Cfr.: Inquisitio in partibus, 8; Vita beati Galgani, 19.
944
Tegoia, da cui proviene il miracolato, è una frazione di Sovicille (SI). Cfr.: Legenda sancti Galgani
confexoris, XIII, Inquisitio in partibus, 5; Vita beati Galgani, 18.
945
Martinus proviene da “Fogali”, un toponimo che non trova corrispondenza tra quelli attuali. Cfr.: Inquisitio in
partibus, 8.
946
Il toponimo “Aduena”, da cui proviene il miracolato, non trova corrispondenza tra quelli attuali. Per la
narrazione del miracolo cfr.: Summarium virtutum et miracula, 236.
947
Il toponimo “Tegona”, da cui proviene il miracolato, corrisponde a Tegoia, frazione di Sovicille (SI). Per la
narrazione del miracolo cfr.: Inquisitio in partibus, 5; Vita beati Galgani, 18; Legenda sancti Galgani
confexoris, XIII.
948
Cfr.: Hystoria Beati Torello de Puppio, cap. XXIXXIII; Vita di Torello da Poppi, cap. XXIII.
155
ogni tipo di minaccia, provenga essa dalla natura, da altri uomini o da circostanze avverse. Gli
incidenti più frequenti sono le cadute, caratterizzate da possibili conseguenze nefaste, prime
fra tutte l’annegamento e la morte per traumi da schiacciamento, visto che la maggior parte
delle persone cade nei pozzi o nei fiumi oppure precipita dall’alto. Nei casi in cui sono
coinvolti i bambini spesso gli incidenti accadono loro nel momento del gioco e trasformano
così in tragedia le occasioni di divertimento. Ne sono esempio Gisla, una bimba di Ilci (PG)
che giocando con gli amichetti cade in un pozzo e viene recuperata sana e salva solo grazie
all’intervento miracoloso di Alberto da Colle Val d’Elsa, invocato devotamente dalla madre
della vittima 949, e il figlio della nobildonna romana Johanna de Ilperinis che cade nel vuoto
precipitando da un terrazzo della casa dove stava giocando e resta incolume al momento
dell’impatto col terreno in virtù dell’invocazione rivolta dalla madre a Caterina da Siena
proprio mentre il bambino sta piombando a terra 950. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, le
vittime degli incidenti sono adulti, che si ritrovano in pericolo anche nello svolgimento del
loro lavoro, come succede ad tale di Pontedera, presumibilmente un contadino, che sta
facendo l’erba nei campi insieme ad altri compagni quando cade in un pozzo e viene salvato
da Lucchese da Poggibonsi, che lo riporta miracolosamente in superficie 951. Anche una
lavandaia romana di nome Bona si trova in pericolo svolgendo il proprio lavoro: la donna,
infatti, è impegnata a fare il bucato, ma mentre sta lavando un coltrone questo le sfugge
accidentalmente di mano. Nel disperato tentativo di riprenderlo viene travolta dalle acque del
fiume e si salva grazie a Caterina da Siena, che le salva la vita e le consente anche di
recuperare la coperta 952. E l’annegamento fa parte dei numerosi rischi cui devono far fronte i
pellegrini, come ben sa un uomo di origine sconosciuta diretto a Santiago de Compostela
insieme a Bona da Pisa e ad altri fedeli. Ad un certo punto la comitiva si ritrova a dover
attraversare un fiume in piena e l’uomo, a cavallo di un asino con la santa, all’improvviso
cade in acqua e rischia di affogare, ma è prontamente soccorso e salvato da Bona 953. La
categoria più soggetta ai rischi legati all’acqua è, tuttavia, quella dei viaggiatori per mare, che
a prescindere dalle ragioni dei loro spostamenti, siano essi mercanti, pellegrini, soldati,
religiosi o quant’altro, sono soggetti a pericoli d’ogni genere provenienti sia dalla natura sia
949
Cfr.: Vita Beati Alberti Confessoris, p. 107; Legenda B. Alberti Archipresbyteri Collensis, p. 99.
950
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 390.
951
Sulla narrazione delle modalità di questo miracolo si rimanda al paragrafo 3.4.2 del presente studio. In questa
sede basti dire che il santo, invocato sia dalla vittima sia dai compagni, si materializza al miracolato sommerso
dall’acqua, gli porge la mano destra e lo solleva fuori dal pozzo, tenendolo sulla superficie dell'acqua, dove lo
adagia quando arrivano i soccorritori. Per la narrazione del miracolo cfr.: Vita (Tolomei), 37.
952
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 391.
953
Cfr.: Vita sancte Bone virginis, XXXVI; Vita sancte Bone virginis de civitate Pisana, XIX.
156
dai mezzi con cui viaggiano 954. Due gruppi di viaggiatori, ad esempio, si ritrovano bloccati in
alto mare e impossibilitati a liberare l’ancora della loro nave, nonostante i ripetuti sforzi
compiuti anche dai soccorritori, finché, in entrambi i casi, non interviene Ranieri da Pisa,
permettendo così ai miracolati di riprendere il loro viaggio 955.
Accanto all’acqua un grande pericolo per l’incolumità delle persone è rappresentato
dal fuoco, che minaccia anche gli insediamenti e, più in generale, l’ambiente, lasciando dietro
di sé una scia di distruzione le cui vittime pagano le conseguenze anche una volta domato
l’incendio. Il fuoco mette in pericolo i singoli o intere comunità, a seconda di come l’incendio
si origina e si propaga. Le vittime singole corrono i rischi maggiori all’interno delle proprie
case, che frequentemente bruciano facendole prigioniere delle fiamme, scaturite a volte anche
a causa di loro disattenzioni: è questo il caso di due coniugi senesi che la sera nel prepararsi
per andare a dormire lasciano una candela troppo vicino alle tende e provocano così
l’incendio della casa, dal quale li salva prodigiosamente Ambrogio Sansedoni 956. In altre
circostanze non è chiaro come gli incendi si siano sviluppati, ma Guido e la moglie non sono i
soli a rischiare di morire tra le mura domestiche: a un uomo di Todi (PG) – che abita vicino al
convento dei Serviti e che ha fatto la carità ai frati dando loro dei letti dove dormire – brucia
la casa, ma il suo letto resta intatto grazie all’intervento spontaneo di Filippo Benizi,
confratello in vita dei frati soccorsi dal caritatevole tudertino 957. Anche Verdiana da
Castelfiorentino è coinvolta direttamente in un episodio che vede come vittima di un incendio
domestico il figlio di una donna del luogo recatasi in visita alla santa. Rientrando a casa, la
donna vede la propria casa in fiamme e sente la gente invocare Verdiana, poi trovando il
figlio sano e salvo e resasi conto del miracolo loda e ringrazia la santa 958.
Per quanto riguarda invece le comunità salvate dal pericolo del fuoco le fonti prese in
esame non contengono numerosi esempi, ma i due episodi che sono narrati al loro interno
sono degni di nota, in quanto suggeriscono che l’intervento del santo avviene
indipendentemente dal prestigio dell’insediamento e dal numero dei suoi abitanti. Un episodio
è riferito alla città di San Gimignano, salvata da un incendio da santa Fina con l’aiuto di un
coraggioso sacerdote 959 e l’altro a un povero villaggio del perugino – Cigliano, presso Gubbio
954
Per la trattazione dei miracoli cratofanici che hanno come oggetto il mare si rimanda al paragrafo 3.1.3 del
presente studio.
955
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 132, 139. I due episodi hanno protagonisti diversi e sono narrati in due luoghi
separati.
956
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 257.
957
Cfr.: Legenda Patris Nostri Beati Philippi, 27.
958
Cfr.: Vita sancte Viridiane, XIV.
959
Per la descrizione delle modalità del miracolo si rimanda al paragrafo 3.4.2 del presente studio. In questa sede
basti dire che il sacerdote, rettore della chiesa di San Gimignano, oppone alle fiamme una reliquia della santa e
157
(PG) – situato in aperta campagna, costruito in legno, con capanne fatte di tronchi e coperture
vegetali i cui miseri abitanti chiedono e ottengono l’intervento salvifico di Agnese da
Montepulciano 960.
La natura avversa non ha soltanto acqua e fuoco a disposizione per mettere in pericolo
gli uomini, ma dispone anche di un’altra valida “risorsa”: gli animali, che se da un lato
svolgono un ruolo fondamentale di aiuto agli uomini nello svolgimento delle mansioni
quotidiane dall’altro possono rappresentare un rischio per la loro incolumità. Ovviamente ad
essere maggiormente pericolose per le persone sono le bestie selvatiche, il lupo in primis, ma
anche un cavallo può trasformarsi in un pericolo qualora disarcioni il cavaliere, provocandogli
così ferite anche gravi o, in alcuni casi, addirittura la morte 961. Tuttavia, gli animali più
singolari a mettere a rischio l’incolumità degli uomini – non tanto per la loro natura, di per sé
pericolosa, quanto per la modalità in cui arrecano disturbo ad alcuni malcapitati – sono i
serpenti. I miracoli taumaturgici, come si è visto, rimediano spesso ai loro morsi
potenzialmente letali, ma i rettili non si limitano a mordere: possono infatti anche introdursi
nei corpi delle persone attraverso la bocca e mettere così in pericolo la loro sopravvivenza. Le
fonti narrano di un ortolano fiorentino che sta dormendo tranquillamente nel suo orto quando
dalla bocca gli entra un serpente in corpo e di un contadino senese, assopitosi anche lui nel
suo campo e ritrovatosi al risveglio con una serpe nello stomaco. Il primo viene liberato da
Verdiana da Castelfiorentino e il secondo da Agostino Novello, coi santi che in entrambi i
casi permettono l’espulsione del rettile attraverso la bocca 962.
La natura è senz’altro avversa e nasconde molte insidie, ma spesso il pericolo
maggiore per gli uomini è dato dai loro stessi simili, che ne mettono a repentaglio
l’incolumità compiendo atti di violenza nei loro confronti, cui sottendono nella maggior parte
dei casi intenzioni criminali. Vi sono poi situazioni maggiormente a rischio, la prima delle
quali è la condizione di viaggio, sia per terra sia, soprattutto, per mare: i viaggiatori sono
infatti le vittime principali di ladri e briganti, che li assalgono per derubarli e talvolta
finiscono per metterne in pericolo la stessa vita.
158
Frate Thomas, confessore domenicano di santa Caterina, e il confratello Georgio
Naddj da Siena si recano a Montepulciano a fare visita a Raimondo da Capua. Durante il
viaggio di ritorno vengono assaliti dai ladri, intenzionati non solo a rapinarli, ma anche ad
ucciderli, ed è solo grazie all’intervento prodigioso di Caterina che i due frati hanno salva la
vita 963. Il bosco è pericoloso anche per chi non viaggia, che può ugualmente imbattersi nei
briganti: è il caso del pisano Gratianus, che mentre sta facendo la legna viene aggredito a
colpi di frecce dai ladri intenzionati a depredarlo e scampa il pericolo soccorso da Ranieri da
Pisa 964. Un furto, poi, per qualcuno può rivelarsi molto più dannoso a lungo termine di quanto
non lo sia sul momento e mettere in pericolo la vita di chi lo subisce non tanto quando viene
operato, quanto nel periodo successivo, qualora privi la vittima di beni di prima necessità. In
tal senso Zita da Lucca aiuta la conterranea Blancha a rientrare in possesso della refurtiva
sottrattale nella propria casa – grano e carne di maiale – senza la quale rischia di trovarsi in
carestia nei mesi a venire 965.
I mercanti sono la categoria professionale più soggetta alle rapine, in particolare se
vanno per mare e lo fanno da soli, come il fiorentino Robertus Spina, che subisce
un’aggressione mentre naviga al largo e nello scontro coi predoni rischia di perdere, oltre alla
merce che trasporta, anche la vita. Robertus lotta ferocemente coi propri assalitori e grazie
all’aiuto di Ambrogio Sansedoni, cui si rivolge nel momento del bisogno, riesce a salvare se
stesso e persino il proprio carico 966. Va inizialmente peggio – ma ottengono anch’essi il lieto
fine alla loro brutta avventura in virtù dell’intervento a loro favore di Andrea Gallerani – ad
un gruppo di viaggiatori assaliti dai pirati nel mar Mediterraneo, derubati e fatti prigionieri
nella stiva della loro stessa nave, che grazie all’aiuto del santo si sciolgono dai lacci, trovano i
pirati che dormono e li uccidono tutti nel sonno 967.
Anche la salvezza dal pericolo, infine, ha una sua dimensione morale: accanto a decine
di interventi soprannaturali volti a proteggere le persone da pericoli materiali che mettono a
rischio la loro incolumità fisica e la loro stessa vita si registrano infatti due casi in cui i santi
intervengono a favore di individui che vedono minacciata la loro reputazione a causa di
963
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 282284; Il Processo Castellano, Va, p. 300.
964
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 153. Gratianus è destinatario anche di un miracolo taumaturgico, volto a risanare la
ferita alla mano infertagli dai suoi aggressori con le frecce e compiuto sempre da Ranieri da Pisa: cfr.: paragrafo
2.1.1 di questo stesso studio.
965
La miracolata proviene da Mutigliano, Lucca. Per la narrazione del miracolo cfr.: Miracula [Zita], 91.
966
Cfr.: Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 113.
967
I miracolati al momento dell’aggressione dei pirati hanno già beneficiato una prima volta dell’intervento a
loro favore del santo senese, che seda una tempesta abbattutasi sulla loro nave, permettendogli così di
raggiungere il porto. Quando ripartono, una volta giunti in alto mare subiscono l’assalto piratesco. Per la
narrazione del miracolo cfr.: Vita di Beato Andrea de Gallerani da Siena, 46.
159
scandali nei quali si ritrovano più o meno involontariamente coinvolti. Le vittime degli
oltraggi sono un religioso e una nobile fanciulla, colpiti nell’onore da eventi contrari alla loro
volontà, ma che ne mettono in pericolo la fama e il buon nome. Bartolo de Palmerini è il frate
giovannita – priore della chiesa del Santo Sepolcro di Pisa – che si vede deposto con disonore
dal Maestro del suo Ordine e supplica con successo Ubaldesca da Pisa di aiutarlo ad ottenere
il reinsediamento nel proprio ruolo968. La nobile fiorentina, invece, rischia di rimanere zitella
per via dei pasticci combinati dai fratelli nel prometterla in sposa ad un uomo col quale però il
matrimonio non verrà mai celebrato. Disperata, si rivolge ad Ambrogio Sansedoni, che la
salva dal pericolo di ritrovarsi senza marito e riesce a sposarsi con un altro giovane 969.
Il tipo di liberazione più straordinaria concessa dai santi ai fedeli è tuttavia quella dalla
morte: gli interventi miracolosi permettono di evitarla nel caso la persona rischi la vita per
motivi di vario genere e di rimediare ad essa qualora sia già sopraggiunta, operando la
risurrezione del defunto. Si tratta di prodigi eccezionali per la loro natura, ma tutt’altro che
inconsueti: al contrario, le fonti suggeriscono un ricorso ad essi piuttosto frequente,
specialmente alle risurrezioni, compiute più spesso dei salvataggi in extremis 970. I miracolati
salvati dalla morte sono suidici e vittime di gravi incidenti o di aggressioni nei loro confronti,
compiute sia dagli uomini sia dagli animali 971. Margherita da Cortona mentre prega ha la
visione di un suo concittadino che si prepara a togliersi la vita e con grande sollecitudine
interviene per salvare l’uomo, che per merito della santa rinuncia ai propri propositi suicidi e
muore in stato di grazia dopo molti anni 972. Anche Caterina da Siena vede spiritualmente una
donna di Fontebranda intenzionata ad uccidersi e per impedirglielo invia da lei alcune persone
incaricate di fermarla e di portarla al suo cospetto, così da persuaderla a non tentare più,
nemmeno in futuro, di suicidarsi 973. Bartholomaeus da Pontremoli (MS), invece, non ha alcun
desiderio di morire e quando rimane vittima di un incidente nell’Arno, con la sua barca che si
968
Cfr.: Uita della beatissima uergine Ubaldesca, 12.
969
Cfr.: Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 116, Summarium virtutum et miracula, 218. In realtà
la versione dell’accaduto data dal Summarium è in parte differente e vede al centro dello scandalo non tanto la
ragazza, protagonista indiretta della vicenda, quanto lo zio che l’ha promessa in sposa all’insaputa del proprio
fratello, padre della giovane. Quest’ultimo infatti in un primo tempo rifiuta il promesso sposo perché non
ritenuto all’altezza, mettendo così in pericolo la reputazione del fratello, impossibilitato a tener fede ai
giuramenti fatti. Per evitare lo scandalo del mancato mantenimento della promessa di nozze, sancita da un
pubblico instrumentum, l’uomo si rivolge al santo e grazie al suo intervento il padre della ragazza converte il
proprio animo, accetta lo sposo e il matrimonio viene dunque celebrato.
970
Le fonti prese in esame contengono 11 narrazioni di episodi di salvezza dalla morte di uomini e donne in
grave pericolo di vita e 60 racconti di risurrezioni.
971
I miracolati salvati dalla morte per malattia sono inseriti nella categoria dei miracoli taumaturgici, visto che la
loro salvezza dalla morte coincide con la guarigione.
972
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 78.
973
Cfr.: Il Processo Castellano, XV, p. 424.
160
rovescia e lui che cade nel fiume rischiando di annegare, invoca con forza l’intervento
prodigioso di Lucchese da Poggibonsi a tutela della propria vita 974. La salvezza degli aspiranti
suicidi non ha una valenza soltanto materiale volta alla conservazione fisica della vita della
persona, ma soprattutto morale e religiosa, vista la gravità del peccato del suicidio e la sua
natura avversa al rispetto della legge e della volontà divina, che nega all’uomo la possibilità di
disporre arbitrariamente di qualunque cosa non appartenga a lui bensì a Dio, prima fra tutte la
vita 975. Il santo interviene anche là dove a mettere in pericolo la vita di qualcuno non è la
volontà personale di darsi la morte, bensì un criminale tentativo di omicidio. Il Summarium
virtutum et miracula racconta di una vedova senese di nome Borghese che subisce
un’aggressione mortale nella propria casa: di notte un uomo armato di spada si avvicina al suo
letto intenzionato ad ucciderla per via di questioni economiche legate alla morte del marito.
Grazie all’intervento di Ambrogio Sansedoni la donna scampa i colpi dell’assassino, ma la
cognata che dorme insieme a lei viene ferita a morte 976. Deve la vita al medesimo santo
senese anche Salimbergus de Rosellis, aretino, che duella con Cherubinus de Francheris
Caietanus, suo nemico, e ha la peggio, ma al momento di ricevere il colpo mortale viene
graziato dall’avversario vincitore, che lo perdona e gli risparmia la vita, come gli suggerisce
di fare Ambrogio in una visione, dove lo invita ad esercitare pietà nei confronti del nemico
sconfitto 977.
Tra gli aggressori non umani che costringono i santi ad intervenire per salvare la vita
alle loro vittime i grandi protagonisti sono i lupi: Bonaventura e Rolentius sono due bambini
lucchesi che rischiano la loro vita tra le fauci di un lupo, che getta a terra la bambina e rapisce
il bambino stringendolo tra i denti, ma si salvano entrambi grazie all’intervento di Zita da
Lucca 978. Sempre nel lucchese anche Guida e Moltocara vengono aggredite dal lupo,
azzannate alla gola e salvate da Zita 979, che si conferma con Torello da Poppi 980 valida
protettrice nei confronti di questo grande nemico dell’uomo. Il lupo non si limita a mettere in
pericolo la vita delle persone, ma aggredisce anche altri animali: persino l’agnellino di
974
Cfr.: Vita (Tolomei), 47.
975
Sulla concezione medievale del suicidio cfr.: MURRAY, Suicide in the Middle Ages.
976
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 238.
977
Cfr.: Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 101.
978
Rolentius è figlio dei bovari al servizio dei genitori di Bonaventura a Massa Macinaia, una frazione di
Capannori (LU). Per la narrazione del miracolo cfr.: Miracula [Zita], 94.
979
Il miracolo concesso a Guida è narrato in: ivi, 86, mentre la salvezza di Moltocara è raccontata in ivi, 93.
980
Sono tuttavia presenti delle differenze tra i due santi a proposito della protezione offerta ai fedeli dai lupi che
li aggrediscono: Zita da Lucca interviene solo sulle vittime del lupo, salvandole dalla morte, mentre Torello da
Poppi si rivolge anche alle bestie, ammansendole.
161
Guidutia, una donna della Massa Trabaria 981, rischia infatti di morire sbranato da un lupo,
ridotto in fin di vita dai suoi morsi, ma si salva grazie all’intervento di Ranieri da Borgo San
Sepolcro, sollecitato dalla padrona della povera bestiola 982.
3.2.4 Risurrezioni
La liberazione dal rischio della morte è senz’altro un miracolo straordinario, ma cede
il passo di fronte ad un prodigio ancora più grande, forse quello di maggior impatto emotivo
anche per gli stessi protagonisti: la risurrezione dei morti. Stando ai numeri delle narrazioni
agiografiche è lecito pensare che non si trattasse di episodi sporadici, ma di una pratica
piuttosto diffusa, cui i santi ricorrono per restituire eccezionalmente la vita a vittime di
malattie, incidenti e violenze. Di notevole interesse un episodio avvenuto a Recanati (MC)
che vede protagonisti due fratelli. Uno dei due uccide l’altro per questioni patrimoniali legate
alla divisione dei beni e viene seppellito vivo insieme al corpo della sua vittima, come
prevede la legge del luogo in materia di omicidio. Il dolore è grande non solo tra i parenti, ma
nell’intera comunità, scossa da un atto criminale così grave e dalle sue tragiche conseguenze.
A cambiare il corso degli eventi è Lucchese da Poggibonsi, invocato dalla nonna dei due
fratelli, di origine bonizzese, che salva dalla morte l’omicida e risuscita la sua vittima 983.
Grave impressione suscita anche l’omicidio di un bambino di tre anni nei dintorni di Corciano
(PG). Abbandonato dalla madre, che ha lasciato il marito a causa della sua cattiva condotta e
ha fatto ritorno alla casa paterna, il piccolo diventa l’incolpevole oggetto della vendetta e
della furia del padre, Iohanninus de Megiana, che lo strappa con forza dalle braccia della
nonna paterna e lo uccide con spietata violenza: prima lo strangola e poi lo getta a terra e lo
schiaccia con le ginocchia. La nonna, distrutta dal dolore della morte del nipote, che ha
inutilmente cercato di difendere, teme di perdere anche il figlio qualora l’omicidio fosse
scoperto e decide di non denunciarlo, nascondendo per tre giorni il cadavere della vittima
nella propria casa, prima di rivolgersi a Margherita da Cortona, che riporta in vita il bambino
perfettamente sanato 984.
981
La Massa Trabaria in epoca medievale è una regione corrispondente all’attuale territorio tra il passo di Bocca
Trabaria, a cavallo tra Umbria e Marche, e Pieve Santo Stefano (AR).
982
Cfr.: Liber miraculorum, 53, p. 72. Lo stesso agnellino riceve da Ranieri anche un miracolo di tipo
taumaturgico, col quale il santo risana le ferite infertegli dal lupo: si veda il paragrafo 2.1.2 di questo stesso
studio. Sul rapporto tra santi e animali si veda: ANTI, Santi e animali.
983
Cfr.: Vita (Tolomei), 39.
984
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae , XI, 46.
162
Numerose sono le vittime di annegamenti. Tra questi è interessante segnalare Iohanne,
un bambino che sfuggito alla sorveglianza della nonna affoga nell’acqua per lui troppo alta
delle terme di Chianciano (SI), le stesse dove aveva trascorso lunghi periodi di cura Agnese
da Montepulciano, che risuscita il bimbo esaudendo le preghiere della nonna disperata 985 e
ripete così post mortem un miracolo già compiuto in vita durante uno dei suoi soggiorni,
quando un altro bambino era annegato nelle stesse acque per poi essere liberato dalla morte
dalla santa poliziana 986. Un altro bambino, stavolta a Siena, incrocia il proprio destino con
quello di Ambrogio Sansedoni: il piccolo infatti, muore soffocato nella culla mentre la madre
assiste alla predica del santo. Rientrando a casa la donna scopre il figlio morto, torna da
Ambrogio e lo prega di restituirglielo vivo, cosa che accade con grande commozione 987, la
stessa che connota il ritorno alla vita anche di altri bambini che, come lui, sono morti
accidentalmente asfissiati sotto le coperte e grazie all’intervento dei santi vengono restituiti
vivi ai loro cari. Sempre tra i bambini, particolarmente toccanti le risurrezioni di infanti morti
a balia, con le nutrici costrette a riconsegnare alle madri le spoglie dei loro figli: è così per
Vannuccia, una bimba senese morta presso la balia a causa di una grave malattia ma
risuscitata da Ambrogio Sansedoni 988 e per un bimbo fiorentino il cui corpo è pronto per
essere riportato ai genitori, ma Umiltà da Faenza gli restituisce la vita 989.
Tornando agli incidenti, altra tipologia che miete molte vittime sono le cadute: c’è chi
cade dall’alto, chi da cavallo e chi in acqua, talvolta col concorso di altre persone che si
rendono involontariamente colpevoli della morte di una persona. Un caso significativo di
omicidio colposo è la morte di un ragazzo che resta soffocato in una fonte, dov’è caduto
spinto dai compagni probabilmente nel corso di un gioco e che solo grazie all’intervento di
Francesco da Siena ritorna in vita 990. Non mancano poi gli incidenti sul lavoro: un giovane
muore sepolto da una frana mentre sta lavorando in una fossa viene risuscitato da Agostino
Novello 991. Non è un mugnaio la vittima, ma è la ruota di un mulino ad uccidere due bambini
caduti tra i suoi raggi, Bartholucius a Cortona (AR) e Cosimus a San Giovanni d’Asso (SI),
riportati in vita il primo da Margherita e il secondo da Ambrogio Sansedoni 992. Tuttavia, tra
985
Cfr.: Legenda Beate Agnetis de Monte Policiano, III, 4, 37.
986
Cfr.: ivi, II, 10, 16.
987
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 26; Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 56.
988
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 119.
989
Cfr.: Vita di Umiltà, XLI.
990
Cfr.: Legenda beati Francisci de Senis, 15.
991
Il miracolato proviene da “Massa”, un toponimo corrispondente a diverse località toscane attuali e quindi non
identificabile con certezza. Per la narrazione del miracolo cfr.: Vita [A. Novello], 18.
992
Per la risurrezione di Bartholucius cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 39, mentre per
quella di Cosimus cfr.: Summarium virtutum et miracula, 120.
163
tutti quelli riportati dalle fonti, l’incidente più singolare è occorso ad un bambino senese,
morto schiacciato da un grande pezzo di carne essiccata caduta su di lui dall’alto e
prodigiosamente riportato in vita da Francesco da Siena 993.
I santi riportano in vita anche persone morte per cause naturali, stroncate da malattie
gravi e incurabili dai medici, e al tempo stesso concedono la vita a neonati venuti al mondo
morti o spirati subito dopo il parto. Nel caso dei bambini nati morti emerge una connotazione
spirituale della risurrezione, richiesta spesso non solo e non tanto per permettere al piccolo di
sopravvivere, ma almeno di tornare in vita il tempo necessario a ricevere il battesimo, così da
morire in grazia di Dio 994. Le donne che assistono la senese Mita e la vedono partorire un
bambino morto pregano Ambrogio Sansedoni di concedere alla povera creatura di vivere
almeno il tempo necessario a ricevere il battesimo, con il santo che invece risuscita il neonato
e gli dona vita e piena salute anche negli anni a venire 995. Tra i morti per cause naturali merita
una menzione speciale Rigalis, figlia di Umiliana dei Cerchi, che spira tra le braccia della
madre e che proprio da lei si vede restituita la vita con l’aiuto del Signore 996.
3.3 Miracolo cratofanico
Un miracolo cratofanico può essere climaticotempestario (e dunque intervenire sulla
vasta gamma di fenomeni meteorologici che possono rappresentare un pericolo per l’uomo al
punto da mettere a rischio la sua stessa sopravvivenza) oppure espressione di una signoria
sugli animali o sulla natura e le sue leggi. In ogni caso rappresenta un’evidente
manifestazione di potenza del santo, che si dimostra capace di sottoporre alla propria volontà
qualsiasi elemento naturale.
3.3.1 Prodigi climaticotempestari
Tra i miracoli climaticotempestari la quasi totalità ha come oggetto le tempeste in
mare, che spesso rappresentano per le vittime un pericolo così grave da mettere a rischio la
loro stessa vita. Le navi in balia delle intemperie non solo non riescono a proseguire la loro
993
Cfr.: Legenda beati Francisci de Senis (Liber Miraculorum), 17. Destino simile tocca a Petrutius, un fanciullo
di Policiano (AR), schiacciato da un suino posto ad affumicare nella cappa del camino, che cade rovinosamente
su di lui mentre si sta scaldando seduto sul focolare. Petrutius però non viene ucciso dal porco essiccato e riporta
soltanto un trauma da schiacciamento dal quale guarisce grazie all’intervento di Margherita da Cortona. Cfr.:
Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 64.
994
Per una riflessione sul tema delle risurrezioni infantili si veda: PARAVY, Angoisse collective et miracles au
seuil de la mort.
995
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 118; Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 109.
996
Cfr.: Vita beatae Humilianae de Cerchis, 43.
164
rotta, ma rischiano di fare naufragio, si spezzano, imbarcano acqua e minacciano di affondare.
L’intervento dei santi seda la tempesta e permette ai naviganti di avere salva la vita,
favorendo anche una tranquilla prosecuzione del viaggio fino alla destinazione finale o al
porto più vicino. Andrea Gallerani e Ranieri da Pisa placano con il loro intervento
sovrannaturale le due tempeste potenzialmente più pericolose per i viaggiatori che, spaventati,
si rivolgono a loro invocando soccorso. Andrea accorre in aiuto di un gruppo di naviganti la
cui nave si spezza imbarcando acqua e rischiando così di affondare: grazie al suo intervento la
nave seppur danneggiata riesce ad attraccare nel porto più vicino senza che nessuno riporti
conseguenze gravi o, peggio ancora, soccomba 997. Ranieri invece salva la vita di Angelus
Bonus, chierico di San Pietro Piccolo a Lucca che in pieno Mediterraneo, nella rotta tra
Gerusalemme e l’Italia, resta vittima di una violentissima tempesta che spezza la nave sulla
quale sta viaggiando. Il sacerdote si ritrova in mare, aggrappato a una tavola per tenersi a
galla e invoca il santo pisano, da cui ha ricevuto la benedizione prima di partire per la Terra
Santa e che adesso gli salva la vita risollevandolo dall’acqua 998. Le navi su cui viaggiano le
vittime delle tempeste in mare spesso trasportano anche carichi di merci, essendo i mercanti la
categoria più colpita insieme ai pellegrini (oltre, ovviamente, ai marinai) da questo tipo di
calamità naturale. Ecco allora che i potenziali naufraghi si preoccupano di salvare anche la
merce, oltre alla propria vita, come nel caso del senese Ganus e dei suoi compagni che in una
tempesta al largo delle coste siciliane rischiano di perdere l’intero carico di grano appena
ritirato e portato a destinazione solo grazie all’intervento prodigioso di Ambrogio Sansedoni
999
. Anche il mare grosso può rappresentare un pericolo per i naviganti, costretti a restare in
balia delle onde per diverso tempo e a subire disagi anche gravi, che ne mettono in pericolo la
stessa sopravvivenza. È il caso di un gruppo di pellegrini diretti a Gerusalemme che al largo
di Ancona si ritrovano bloccati in alto mare per diversi giorni e finiscono le scorte di viveri,
rischiando di morire di fame. Invocano allora Margherita da Cortona, il cui intervento riporta
la situazione meteorologica alla normalità e consente alla nave di raggiungere il porto e
caricare nuove provviste 1000. Altra situazione di disagio e di potenziale pericolo è legata al
vento: Caterina da Siena soccorre un gruppo di naviganti – tra i quali spicca Raimondo da
Capua, agiografo e confessore della santa, che la supplica di venire loro in aiuto – la cui barca
997
Gli stessi naviganti, ripreso il largo per proseguire il loro viaggio, restano vittime di un’aggressione da parte
dei pirati, che richiede un nuovo intervento di Andrea Gallerani, stavolta di natura apotropaica. Per la narrazione
del miagolo cfr.: Vita di Beato Andrea de Gallerani da Siena, 46.
998
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 162.
999
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 259.
1000
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 50.
165
rischia di non poter navigare a causa di un vento pericoloso, che la stigmatizzata senese rende
favorevole alla navigazione 1001.
Il mare, tuttavia, non è il solo elemento naturale a nascondere insidie per gli uomini: i
miracoli climaticotempestari hanno per oggetto anche fiumi, laghi e calamità naturali come
le precipitazioni nevose. Margherita da Cortona soccorre un gruppo di pescatori del
Trasimeno che rimane vittima di una tempesta nel lago e rischia di vedere la propria barca da
pesca rovesciata, ma si salva dal naufragio ottenendo dalla santa l’arrestarsi della tormenta1002.
Ed è ancora Margherita ad accorrere in aiuto di alcuni pastori suoi concittadini che di ritorno
dalle Puglie col loro gregge, arrivati in Maremma si imbattono in un fiume che scorre in
modo troppo rapido e tumultuoso, impossibile da attraversare per le pecore prima che la santa
renda calme le sue acque in seguito alle preghiere dei pastori 1003. Umiltà da Faenza, invece,
con le sue preghiere fa sciogliere la neve che ha colpito in quantità eccezionale una contrada
faentina, mettendo in pericolo gli stessi abitanti, che si rivolgono alla santa per essere liberati
1004
.
3.3.2 Signoria sugli animali
Per quanto concerne i casi di signoria sugli animali, la categoria è appannaggio quasi
esclusivo di Torello da Poppi, fatta eccezione per un paio di episodi che vedono protagonisti
Ranieri da Pisa e Ambrogio Sansedoni. Il santo pisano addomestica un uccellino poi offerto in
dono al figlio di Lambertus “lanista”, da lui risuscitato, che si reca a fargli visita otto giorni
dopo aver ricevuto lo straordinario miracolo della restituzione della vita 1005. Sansedoni invece
– su richiesta della concittadina Nera – induce un cucciolo, presumibilmente di cane, a
restituire alla legittima proprietaria una pomata a base di grasso destinata a curare la ciste
della sorella, pomata che l’animale ha rubato e mangiato e che rigetta rimettendola al suo
posto 1006.
Torello da Poppi ha un rapporto privilegiato con i lupi: li ammansisce in diverse
circostanze e impone loro la propria volontà in relazione al comportamento che le bestie
debbono tenere nei confronti delle persone. Le due Vitae del santo sono ricche di episodi che
1001
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 99.
1002
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 48.
1003
Cfr.: ivi, XI, 49.
1004
Cfr.: Vita di Umiltà, XXVI; Vita sancte Humilitatis, 32.
1005
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 111. La risurrezione del figlio di Lambertus “lanista” è narrata in: ivi, 89.
1006
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 256. Questo miracolo di Ambrogio è tra tutti quelli registrati l’unico
caso di signoria sugli animali esercitata post mortem.
166
vedono il santo a colloquio con i lupi nel tentativo riuscito di frenare la loro aggressività nei
confronti dell’uomo e di salvaguardare le persone dal pericolo da essi rappresentato. In
occasione del carnevale il conte Carlo, signore del castello di Poppi, per dare modo anche al
santo di festeggiare decide di offrirgli una cesta di cibo e invia un proprio servitore nel bosco
a recapitare il dono, al quale hanno contribuito anche gli abitanti del luogo, rendendo così
ancor più abbondanti le vivande destinate a Torello. Il servitore consegna l’omaggio al
concittadino eremita ricevendo in cambio grandi ringraziamenti ma, al momento di ripartire e
di rientrare al castello, finge soltanto di andarsene, nascondendosi invece in modo da spiare il
santo, curioso di vedere cosa farà con tutto quel cibo. Dal suo nascondiglio l’uomo vede
avvicinarsi un lupo, al quale Torello dà tutto il cibo della cesta, mangiando per sé solo un
coscia di pollo, così da poter dire di aver apprezzato il gesto di generosità compiuto nei suoi
confronti dai compaesani. Mentre il lupo mangia avidamente, il santo prega perché la bestia
non mangi più le persone e ad un certo punto sente la voce di Dio dirgli che il lupo farà tutto
ciò che lui gli ordinerà. Torello allora ordina al lupo di non mangiare più nessun poppese fin
dove si sente il suono della campana maggiore della Badia di Poppi e impone così alla bestia
la propria volontà 1007. Tuttavia, già prima di questo episodio che segna per gli abitanti di
Poppi il ridimensionamento della paura nei confronti di un animale assai pericoloso per la
loro incolumità e sopravvivenza, Torello non era nuovo a dialoghi con il lupo, al quale
ribadisce in ogni occasione utile la necessità di risparmiare i concittadini.
Un giorno un lupo aggredisce un piccolo poppese di tre anni sulle rive dell’Arno
mentre la madre lava i panni e lo rapisce portandolo nella foresta. Qui si imbatte in Torello,
che ammansisce il lupo – al quale ordina ancora di non mangiare più gli abitanti di Poppi e
del suo territorio – e salva poi il bambino risanando le sue ferite. Il lupo ammansito diventa
compagno di Torello e sta in sua compagnia come se fosse un animale domestico, mangiando
le stesse cose del santo, che condivide il suo cibo con lui 1008. Torello diventa un punto di
riferimento per le persone messe in pericolo dal lupo, che ricorrono a lui invocando il suo
aiuto, efficace anche a distanza. È questo il caso di Doratia, una donna di origine aretina alla
quale, trovandosi a Bibbiena (AR), il lupo rapisce il figlioletto di nove anni, scappando col
bambino tra le fauci dopo averlo aggredito. La donna disperata prega Torello di aiutarla
salvando suo figlio dalla morte e il santo, superata un’iniziale reticenza e udita nuovamente la
voce di Dio confermargli l’obbedienza della bestia alla sua volontà, fa tre volte il segno di
1007
Cfr.: Vita di Torello da Poppi, X; Hystoria Beati Torello de Puppio, VIII.
1008
Cfr.: Vita di Torello da Poppi, IX; Hystoria Beati Torello de Puppio, VII.
167
croce in aria nella direzione in cui è scappato il lupo e gli ordina di non far del male al
bambino, che infatti viene ritrovato ferito, ma ancora in vita 1009.
Il potere di Torello sui lupi si mantiene anche dopo la sua morte e il comportamento
dei lupi continua ad uniformarsi alla volontà imposta loro dal santo in vita, segno anche che la
sua protezione nei confronti dei concittadini non viene meno con la sua dipartita da questo
mondo, anzi, allarga il suo raggio ben oltre il territorio in cui si può udire il suono della
campana della Badia di Poppi. La conferma in tal senso viene da un episodio avvenuto nelle
campagne di Lucignano (AR), i cui protagonisti sono quattro giovani contadini poppesi
recatisi in Val di Chiana a mietere. Trovandosi nei campi a lavorare insieme ad altri contadini
del luogo, subiscono l’aggressione di un lupo dove ad essere feriti sono però solo i
lucignanesi che, stupiti, domandano ai colleghi forestieri il perché di un simile atteggiamento
da parte della bestia. I poppesi rispondono che è merito di un santo della loro città, di nome
Torello, che per grazia di Dio ha ordinato ai lupi di risparmiare i propri conterranei,
consigliando loro di diventare anch’essi suoi devoti 1010.
Supera per alcuni versi questo episodio la salvezza di un bambino nella piana di
Arezzo, dove la potenza del santo opera addirittura attraverso un intermediario. La scena è la
stessa del miracolo precedente: nel corso della mietitura un lupo aggredisce alcune donne al
lavoro nei campi dell’aretino, risparmiando l’unica proveniente da Poppi, annusata dalla
bestia e subito graziata, e portando invece via il figlio di una delle contadine del luogo.
Testimone del rapimento e consapevole del grave pericolo corso dalla creatura, la donna di
Poppi ordina al lupo in nome di Torello di lasciare andare il bambino e di risparmiargli la vita.
Tra la meraviglia generale il lupo obbedisce e la madre può riabbracciare il figlio sano e salvo
1011
. Permane anche la protezione dai pericoli costituiti dai lupi: un giovane poppese che abita
a San Miniato al Tedesco, fratello maggiore di due bambini piccoli, raccomanda a Torello i
fratellini affinché li protegga dalle aggressioni del lupo, col risultato che la bestia non solo
non mette mai in pericolo i due bimbi, ma neanche i loro compagni di giochi 1012.
1009
Cfr.: Vita di Torello da Poppi, XII; Hystoria Beati Torello de Puppio, X.
1010
Cfr.: Vita di Torello da Poppi, XXII; Hystoria Beati Torello de Puppio, XVIII.
1011
Cfr.: Vita di Torello da Poppi, XXII; Hystoria Beati Torello de Puppio, XIX.
1012
Cfr.: Vita di Torello da Poppi, XXII; Hystoria Beati Torello de Puppio, XX. Il fratello maggiore subisce il
rimprovero del santo perché pur avendogli raccomandato i bambini li fa sempre sorvegliare, come se non si
fidasse di lui. Su questo punto cfr., in questo stesso studio, il paragrafo 2.1.4.
168
3.3.3 Signoria sulla natura e sulle leggi fisiche
1013
Cfr.: Legenda Patris Nostri Beati Philippi, 1011.
1014
Cfr.: Legenda Beate Agnetis de Monte Policiano, I, 12, 1618.
1015
Cfr.: Vita di Umiltà, XXX; Vita sancte Humilitatis, 5152.
1016
Cfr.: Revelationes et Miracula, XIII.
169
Intervengono in favore dei poveri, tra gli altri, Allucio da Pescia, che fa trovare ad un
suo compagno la madia piena di pane e lo distribuisce ai bisognosi, stimolato da una donna
che in tempo di carestia si reca da lui e gli chiede da mangiare per sé e per i suoi figli 1017;
Galgano, che dona tre pani ad un uomo e nella sua madia diventano sei 1018; Ranieri da Pisa,
che con un solo pane sfama un gran numero di pauperes 1019. I poveri sono i destinatari anche
di altri due prodigi legati al pane, operati uno da Caterina da Siena e l’altro da Andrea
Gallerani: Caterina, assistita dalla fedele compagna Alexia, impasta il pane con la farina nera
ottenendo invece pane bianco e in quantità maggiore in rapporto alla farina utilizzata per
l’impasto 1020, mentre Andrea con un solo staio di farina a disposizione produce pagnotte come
con tre 1021. La generazione di pane si accompagna poi in alcuni casi alla creazione anche di
altre vivande, come nel caso di Semia, una pellegrina romana seguace di Caterina da Siena e
dedita alle opere di carità che di ritorno dalla messa trova la tavola apparecchiata col cibo già
pronto, lei che lungo la strada si preoccupava di dover fronteggiare l’ira dei familiari per il
ritardo con cui sarebbe riuscita a preparare il pranzo 1022.
La presenza nelle fonti di episodi di generazione di sostanze diverse dal pane
conferma che esso non è il solo oggetto di interventi soprannaturali, anche se i miracoli ad
esso collegati sono i più numerosi. Agnese da Montepulciano, ad esempio, quanto nel suo
convento di Proceno (VT) finisce l’olio lo genera miracolosamente e fa trovare ad una
consorella un recipiente in precedenza vuoto pieno di olio, che poi non si esaurisce:
nonostante venga utilizzato dalle suore, infatti, il contenitore non si svuota 1023. È questo del
mancato esaurimento della materia un altro aspetto del miracoloso, che determina la continua
prodigiosa rigenerazione e moltiplicazione di elementi destinati ad esaurirsi qualora
seguissero il normale corso della natura, ma che invece si mantengono quantitativamente e
1017
Cfr.: Vita beati Alluccii confessoris, 2.
1018
Cfr.: Inquisitio in partibus, 2; Vita beati Galgani, 10; Legenda sancti Galgani confexoris, VII. Nella
Legenda il miracolo presenta una variante: secondo il racconto non si verifica infatti una moltiplicazione, bensì
una trasformazione dei tre pani donati dal santo all’anonimo bisognoso, che nella sua madia da pani di saggina
diventano di frumento.
1019
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 50; De Uenerabili uiro Raynerio pisano, p. 21.
1020
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 299300; Il Processo Castellano, II, p. 37. Caterina è inoltre protagonista in
diverse occasioni di moltiplicazioni o creazioni di pane a beneficio di compagni o di poveri, sfamati grazie al suo
intervento sovrannaturale. Per la narrazione dei diversi episodi cfr.: Vita Catharinae Senensis, 302304, 305306;
Il Processo Castellano, Va, pp. 292293.
1021
Cfr.: Vita di Beato Andrea de Gallerani da Siena, 1.
1022
Semia è la donna che al momento della morte di Caterina ha una visione della santa assunta in cielo. La
donna si attarda prima per andare a messa, non trovando una funzione disponibile se non lontano da casa, e poi
per via della confusione seguita alla morte di Caterina, che in un primo momento le viene nascosta dalle
compagne, ma poi le si svela all’udire le parole della folla disperata. Per l’approfondimento di tale visione si
rimanda al paragrafo 3.1.4 del presente studio. Per la narrazione del miracolo di generazione del cibo cfr.: Vita
Catharinae Senensis, 370377.
1023
Cfr.: Legenda Beate Agnetis de Monte Policiano, I, 12, 26.
170
qualitativamente invariati a dispetto del loro utilizzo. Come non si esaurisce l’olio nel
convento di Agnese, così anche il vino di una botte nella cantina di Caterina da Siena alla
quale la santa attinge per fare elemosina ai poveri non termina per mesi, continuando a bastare
sia per la famiglia Benincasa sia per i bisognosi senesi grazie alla potenza spirituale di
Caterina 1024. Esperienza diversa si trova invece a vivere il presbitero Raynuncius,
concittadino di Lucchese da Poggibonsi, che acquista dal santo un quantitativo di cipolle per
il proprio orto: al momento della raccolta ne domanda la benedizione e il mattino successivo
rinviene gli ortaggi nel campo come se non fossero mai stati raccolti 1025.
Generazione e moltiplicazione di materia non si collegano tuttavia solo alla sfera
alimentare: le fonti narrano di creazioni o accrescimenti di denaro da parte dei santi per
provvedere alle necessità contingenti per le quali le risorse economiche di cui si dispone non
sono sufficienti. Margherita da Faenza in un periodo di grave carestia moltiplica il denaro
necessario per pagare gli operai al lavoro nel suo monastero fiorentino 1026, e la stessa cosa fa
a Proceno (VT) Agnese da Montepulciano, che fa rinvenire piena di monete una borsa in
precedenza vuota (con grande stupore della consorella autrice della scoperta) e destina il
denaro miracolosamente generato al pagamento dei lavoranti del convento 1027. Un’altra forma
di signoria sulla materia è esercitata mediante la sua trasformazione, occasione per i santi non
solo di rispondere alle esigenze dei bisognosi, ma anche di mostrare la loro ampia generosità e
il loro grande amore nei confronti del prossimo, cui spesso concedono ben più di quanto egli
stesso richieda o necessiti. La trasformazione principale è, ovviamente, quella dell’acqua in
vino, operata da diversi santi a beneficio sia di confratelli e consorelle sia di poveri, pellegrini
o devoti, che chiedono loro da bere e per iniziativa degli stessi servi di Dio si ritrovano i
recipienti pieni di squisito vino al posto dell’acqua. È il caso, ad esempio, di alcune donne
pisane che domandano da bere ad Ubaldesca da Pisa, che attinge acqua da un pozzo e poi la
benedice – su richiesta delle miracolate – trasformandola così in vino 1028, di un uomo che
manifesta la sua sete a Verdiana da Castelfiorentino e ottiene da lei ottimo vino al posto
dell’acqua richiestale 1029 e di un pellegrino che chiede l’elemosina a Zita da Lucca e la santa
non avendo denaro gli offre da bere, con l’acqua del pozzo da lei benedetta che diventa vino e
1024
Cfr.: I miracoli di Caterina di Iacopo da Siena, XXII; Vita Catharinae Senensis, 140141; Il Processo
Castellano, Va, pp. 291292.
1025
Cfr.: Vita sancti Lucensis confessoris, 1. Sulla figura di Lucchese e il suo ruolo di mercante si veda il
paragrafo 2.1.2 del presente studio.
1026
Cfr.: Revelationes et Miracula, XI.
1027
Cfr.: Legenda Beate Agnetis de Monte Policiano, I, 12, 7.
1028
Cfr.: Uita della beatissima uergine Ubaldesca, 7.
1029
Cfr.: Vita sancte Viridiane, VIII.
171
ristora al meglio il meravigliato viandante 1030. I clienti delle terme di Chianciano (SI), invece,
che condividono con Agnese da Montepulciano la loro permanenza ai bagni, un giorno che a
tavola viene a mancare il vino grazie a lei possono continuare a berne. La santa, infatti,
accortasi che non c’è più vino, invia una piccola servitrice ad attingere acqua da una fontana,
che poi trasforma in vino tra le lodi dei commensali 1031. Accanto a questi miracoli, operati
tutti dai santi nel corso della loro vita terrena, è di particolare interesse un episodio che ha
come protagonista una coppia di sposi senesi devoti di Ranieri da Pisa, che beneficiano della
trasformazione in vino dell’acqua benedetta conservata sulla tomba del santo. Si tratta di
Bertraimus e di sua moglie che, inferma, chiede al marito di portarle l’acqua di Ranieri, che
nella loro casa si trasforma in vino 1032. Tuttavia, il santo pisano opera prodigi simili anche in
vita e già i concittadini Buoso e Mingarda ricevono da lui acqua benedetta che, una volta
tornati nelle loro abitazioni, scoprono essere diventata vino 1033. Diventa invece pesce la carne
nel piatto di Agnese da Montepulciano, nell’unico miracolo che propone la trasformazione di
una materia diversa dall’acqua in una differente dal vino. In cattivo stato di salute e
amorevolmente costretta dalle consorelle a nutrirsi, la santa rifiuta di mangiare la carne che le
suore le propongono e a suo stesso beneficio prega il Signore di mutarla in pesce, cosa che
avviene di fronte alle religiose sue compagne 1034. La signoria sulla materia viene poi
esercitata dai santi anche attraverso la gestione prodigiosa degli oggetti e l’alterazione del loro
normale funzionamento. È quanto succede quando la pisana Iolitta desidera pregare e ricevere
la benedizione da Ranieri da Pisa, ma trova chiuse le porte della chiesa e si trova
impossibilitata ad entrare. Quando però invoca il santo le porte miracolosamente si
spalancano senza che nessuno le tocchi e la devota può così accedere al luogo sacro e al
cospetto del santo 1035. Di natura diversa, ma ugualmente eccezionale, quanto succede invece
presso l’altare di Verdiana da Castelfiorentino: un uomo offre ad esso una lampada, che cade
a terra senza che l’olio fuoriesca da essa, continuando a bruciare anche la fiamma 1036.
Il dominio sulla natura da parte dei santi si esercita anche su un altro vasto campo,
quello delle leggi naturali, siano esse proprie del cosmo o del corpo umano. Fenomeni
meteorologici, fiumi in piena e fuoco, ma anche sterilità femminile e capacità di allattamento
1030
Cfr.: Vita beatae Zitae, 3.
1031
La bambina incaricata da Agnese di attingere acqua alla fontana è una miracolata della santa, che le guarisce
una brutta ferita da taglio al ginocchio: cfr.: Legenda Beate Agnetis de Monte Policiano, II, 9, 15. Per la
narrazione della trasformazione dell’acqua in vino alle terme di Chianciano cfr.: ivi, 10.
1032
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 101.
1033
Per il miracolo di Buoso cfr.: ibidem; per il prodigio di Mingarda invece cfr.: ivi, 117118.
1034
Cfr.: Legenda Beate Agnetis de Monte Policiano, I, 13, 1114.
1035
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 97.
1036
Cfr.: Vita sancte Viridiane, XI.
172
sono gli oggetti del miracoloso il cui normale andamento è sovvertito dall’intervento dei santi.
Succede, ad esempio, che mentre la piccola Giovanna da Signa sorveglia il proprio gregge
nelle campagne del paese un temporale violentissimo si abbatta nella zona, ma né lei né gli
altri pastori che si trovano nei pascoli col loro bestiame ne subiscano alcuna conseguenza:
grazie alla sua protezione, infatti, grandine e pioggia non bagnano persone e animali, che
restano incolumi e perfettamente asciutti 1037. L’abbondante pioggia abbattutasi sulla regione
fa invece straripare il fiume Elsa, che rischia di inondare la chiesa di Castelfiorentino dove è
sepolta Verdiana e di danneggiare così il suo sepolcro. Grazie all’intervento della santa la
piena risparmia però la chiesa, che non viene allagata, mostrando così la potenza spirituale
della vergine penitente, che permane anche dopo la sua morte a salvaguardia delle sue reliquie
1038
. Anche Andrea Gallerani sovverte le leggi naturali non solo per impedire la distruzione di
una propria reliquia, ma anche per operare attraverso la sua miracolosa conservazione la
conversione di un dubbioso. Un fabbro senese, scettico riguardo alla santità del concittadino e
alla ricerca di una sua prova incontrovertibile, getta nel fuoco per tre volte un pezzo del suo
mantello, che però in nessun caso vuol saperne di bruciare, essendo le fiamme impotenti di
fronte al santo lembo di stoffa inconsutile. Il fuoco viene così neutralizzato da Andrea e perde
la sua naturale capacità di incendiare qualunque oggetto finisca tra le sue lingue e
convertendo invece l’uomo, che finalmente rinuncia a bruciare la reliquia, convinto della
santità di Gallerani 1039.
Tra le leggi naturali riguardarti i corpi e miracolosamente dominate è di grande effetto
il superamento del rigor mortis, anche in virtù del fatto che tale prodigio si manifesta sui
corpi santi grazie a gesti più o meno volontari dei fedeli nei loro confronti. Un devoto di
Lucchese da Poggibonsi prima della sepoltura del santo taglia alla sua salma il dito grosso del
piede e dalla ferita fuoriesce sangue vivo due giorni dopo la morte, lasciando stupito anche il
francescano Ildebrandinus, confessore di Lucchese, che lo ha assistito al momento del
trapasso 1040. Un tudertino invece si avvicina al corpo di Francesco Benizi per tagliare un
pezzo del suo cappuccio, che desidera conservare per sé come reliquia, ma nella calca viene
spinto dalla folla e finisce per colpire con la spada il volto del santo. La lama taglia il viso di
Francesco e dalla ferita fuoriesce sangue vivo, come se non si trattasse del corpo di un morto.
La scena, oltre a destare grande meraviglia, produce anche la conversione di un uomo
1037
Cfr.: Beatae Iohannae de Signa vita et miracula, 1.
1038
Cfr.: Vita sancte Viridiane, XIX.
1039
Cfr.: Vita di Beato Andrea de Gallerani da Siena, 53.
1040
Cfr.: Vita sancti Lucensis confessoris, 2; Vita (Tolomei), 35.
173
avvezzo a denigrare il santo, ma che osservando il prodigio si pente e diventa suo devoto e
visita frequentemente il suo sepolcro 1041.
La signoria sul corpo umano e sui suoi meccanismi si esercita poi in modo molto forte
nella sfera relativa al concepimento della vita umana e alle prime fasi del suo sviluppo, le cui
regole vengono sovvertite dall’intervento dei santi. La legge naturale stabilisce un limite di
età oltre il quale per una donna è impossibile procreare, ma vi sono casi in cui tale limite
viene superato in virtù della potenza dei santi, che prolungano la fertilità di donne in età
avanzata che così possono concepire dei figli. È questo il caso di una signora di Signa, che
non più giovane partorisce un figlio di nome Lorenzo, ma viene accusata dalla gente di aver
mentito, perché in realtà il bambino non sarebbe sangue del suo sangue. Scossa e ferita da
tante calunnie nei suoi confronti, la donna si rivolge a Giovanna da Signa, pregandola di darle
di nuovo la possibilità di diventare madre per mettere a tacere le chiacchiere e poter tornare a
godere di una buona reputazione. La santa acconsente e l’ormai attempata matrona dà alla
luce una bambina, battezzata col nome di Giovanna come promesso dalla madre al momento
del voto 1042. Anche per Francisca, una povera donna dei dintorni di Poggibonsi (SI), vengono
sovvertite le leggi naturali e la donna, grazie all’intervento del santo concittadino Lucchese,
all’età di sessant’anni può allattare il nipotino, un lattante rimasto orfano della madre e
destinato a morire di fame vista l’impossibilità economica per la nonna di metterlo a balia 1043.
Stesso destino di morte pende sulla figlia di una povera vedova senese, che non ha latte e non
può permettersi di mandare la bambina a balia: disperata, la giovane madre si rivolge ad
Agostino Novello, che riempie il suo seno di latte evitando così alla neonata il rischio di
morire di fame 1044.
3.4 Miracolo spirituale
1041
Cfr.: Legenda beati Francisci de Senis, 1.
1042
Cfr.: Beatae Iohannae de Signa vita et miracula, 17.
1043
Il miracolo avviene a Montemorli, presso Poggibonsi (SI). Per la sua narrazione cfr.: Vita (Tolomei), 52.
1044
Cfr.: Vita [A. Novello], 21.
174
interrogano di aver visto Francesco in cielo con Maria che gli imponeva la corona sul capo e
dà così conferma della santità di Francesco e della liceità della devozione di cui è oggetto 1045.
In tutte le circostanze il prodigio è reso possibile dalla capacità del santo di vedere oltre la
dimensione reale e presente e di accedere sia al futuro sia all’interiorità delle persone. I
miracoli spirituali portano così beneficio ai loro destinatari sia a livello materiale sia
soprattutto spirituale, migliorando la condizione umana nella sua globalità e non solo dal
punto di vista psicologico dal quale prendono avvio.
3.4.1 Profezie
Le profezie hanno come oggetto il corso della natura e della vita umana in tutti i suoi
aspetti, dall’abbattersi delle calamità naturali sui singoli o sulle comunità ai molteplici
comportamenti degli uomini, dallo svolgersi degli eventi politicomilitari alla morte delle
persone. Il valore della predizione è altamente salvifico sia a livello materiale sia spirituale e
la profezia riveste un importantissimo ruolo sociale, specie là dove il suo oggetto sono
avvenimenti riguardanti intere comunità. Purtroppo però i vaticini non sempre vengono
creduti e capita, anche con conseguenze nefaste, che le previsioni fatte dai santi per il futuro
restino del tutto inascoltate, salvo poi battersi il petto una volta subito quanto inutilmente
annunciato dai servi di Dio. L’esempio più eclatante e cruento di quelli narrati vede come
protagonisti santa Umiltà e la città di Faenza (RA). Al tempo degli scontri con Bologna
Umiltà predice ai propri concittadini l’attacco dei bolognesi, ma i faentini non prestano
attenzione alle sue parole e non credendo alla sua predizione evitano di adottare le necessarie
contromisure. Quando però il nemico irrompe i faentini non possono fargli fronte: la città è
invasa e i bolognesi la mettono a ferro e fuoco, arrivando a fare razzia persino nel monastero
della stessa Umiltà 1046. Trovano maggior seguito le profezie riguardanti le calamità naturali,
prima fra tutte la carestia, che mette in pericolo la stessa sopravvivenza della comunità, oltre
all’ordine sociale presente al suo interno, e può determinare crisi anche dal punto di vista
politico a livello di gestione dell’emergenza. È ancora Umiltà da Faenza protagonista, stavolta
ascoltata, di annunci profetici in tema di future miserie. In due occasioni, la prima a Faenza e
la seconda a Firenze, la santa predice alle consorelle l’arrivo di una carestia e ordina di fare
1045
Cfr.: Legenda beati Francisci de Senis, 3.
1046
Il miracolo avviene di certo prima del 1281, data in cui Umiltà lascia Faenza e approda a Firenze, dove fonda
un monastero vallombrosano. Per la narrazione del miracolo cfr.: Vita di Umiltà, XXXII; Vita sancte
Humilitatis, 5455.
175
economia nel monastero per poterla affrontare al meglio. Grazie alle sue doti di veggenza le
suore sopravvivono così senza gravi conseguenze alla mancanza di risorse che le colpisce
poco tempo dopo 1047. Filippo Benizi invece salva la propria vita e quella di un gruppo di
persone che si trova con lui al momento del miracolo prevedendo la caduta di un fulmine
sull’albero sotto il quale si è riparato insieme ai compagni di viaggio nelle campagne umbre,
dove la comitiva viene colta da un temporale improvviso e si rifugia proprio sotto la pianta
poi fulminata 1048.
L’oggetto principale delle profezie è, tuttavia, la morte. I santi annunciano la dipartita
dal mondo terreno dei destinatari dei miracoli unendo spesso alla sovrannaturale capacità di
prevedere il corso della natura un intento redentivo e salvifico che ha come fine non tanto il
corpo quanto l’anima del morituro. È così per Bernardo Rossi, nobile cavaliere fiorentino che
si reca in visita ad Umiltà da Faenza – vera grande profetessa, protagonista di oltre la metà dei
vaticini riportati dalle fonti prese in esame – per chiederle di pregare per lui. La santa
acconsente, ma gli annuncia che la sua morte è imminente e restandogli solo pochi giorni da
vivere lo invita ad occuparsi della propria anima in vista del trapasso che, puntualmente,
avviene nel momento da lei predetto 1049. Ancora Umiltà rivolge la stessa preghiera di
rimettersi in grazia di Dio ad una consorella faentina, destinata a morire di lì a poco in
condizione di peccato mortale: la santa persuade la religiosa a confessare la propria colpa,
ammessa pubblicamente di fronte al sacerdote e alle altre suore pochi istanti prima di spirare
1050
. La predizione della morte, che spesso determina nei miracolati una condizione di
alterazione, non sempre ha una valenza negativa: essa può, infatti, rivestire anche un ruolo
consolatorio e costituire la liberare da sofferenze al limite della sopportabilità, siano esse
fisiche o psicologiche. In tal senso è interessante la vicenda di una quindicenne pisana, figlia
di un certo Synibaldus, devoto di Bona da Pisa. Quando l’uomo conduce la ragazza da Bona
per fargliela conoscere la giovane esprime il desiderio di rimanere presso la santa, con la
quale ha instaurato un legame assai profondo, ma Synibaldus è inflessibile e la costringe a
ritornare a casa. Profondamente addolorata, la fanciulla deve separarsi da Bona, che però la
rassicura dicendole che sarà lei ad andare a visitarla. Rientrata forzatamente a casa, la vergine
si ammala di febbre e inizia ad avere numerose visioni in cui sia Bona sia altre figure celesti
1047
Per la narrazione del miracolo faentino cfr.: Vita di Umiltà, XXXIII; Vita sancte Humilitatis, 5657. Per la
profezia fiorentina invece cfr.: Vita di Umiltà, XLV.
1048
Filippo e il suo seguito viaggiano tra Viterbo e Umbertide (PG) quando sono colti dal temporale. Per la
narrazione del miracolo cfr.: Legenda Patris Nostri Beati Philippi, 15.
1049
Cfr.: Vita di Umiltà, XLII; Vita sancte Humilitatis, 42.
1050
Cfr.: Vita di Umiltà, XXII.
176
la confortano per le sofferenze patite e le annunciano il giorno della sua morte. Finalmente
rasserenata dal pensiero dell’imminente trapasso, la ragazza riceve i sacramenti e muore felice
nel giorno preannunciatole dalla santa 1051. Bona da Pisa, poi, predice la morte anche dell’altro
figlio di Synibaldus, affidando la sua previsione ad un amico del padre con cui il giovane si è
recato presso di lei, desiderando lo stesso Synibaldus far intraprendere al figlio la carriera
mercantile, ma non senza aver ascoltato un’opinione della santa in proposito 1052. Umiltà da
Faenza, tuttavia, non è la sola a profetizzare la morte ai miracolati: anche Umiliana dei Cerchi
annuncia il trapasso ad alcune persone, tra cui il cognato, marito di sua sorella Ravenna, per il
quale, secondo le parole della santa, il termine della vita terrena metterà fine anche alle sue
sofferenze 1053.
3.4.2 Visioni
Una correlazione con la morte è presente anche nelle visioni miracolose 1054, alle quali,
tuttavia, sono sottese anche istanze catechetiche e cultuali a beneficio sia degli uomini sia, in
alcuni casi, degli stessi santi, la cui fama è accresciuta attraverso il loro prodigioso mostrarsi
ai fedeli. Si collega al momento della morte del santo la visione di Semia, una vedova romana
dedita ai pellegrinaggi e alle opere caritative seguace di Caterina da Siena, che la mattina del
29 aprile 1280 ha una visione di Caterina assunta in cielo e temendo il peggio si precipita a
farle visita. La santa è morta nell’istante in cui la donna ha avuto la visione, ma le compagne
di Caterina le nascondono l’accaduto e solo più tardi Semia apprende con grande dolore e
sconvolgimento dalla folla che la santa è venuta a mancare proprio quando lei ne ha visto
l’assunzione al cielo 1055. È riconducibile alla morte del santo, ma in più riveste un ruolo
fondamentale per la promozione del culto a lui tributato, la visione di una donna senese di
nome Necha, amica di Francesco da Siena. Francesco chiede alla donna di recarsi dai serviti
senesi per invitarli a porre il suo corpo alla venerazione dei fedeli, come piace a Maria,
1051
Cfr.: Vita sancte Bone virginis, XXXIV; Vita sancte Bone virginis de civitate Pisana, XXXIV.
1052
Cfr.: Vita sancte Bone virginis, XXXV; Vita sancte Bone virginis de civitate Pisana, XLV.
1053
Cfr.: Vita beatae Humilianae de Cerchis, 39.
1054
Le visioni rivestono molteplici ruoli all’interno del miracoloso. In questa sezione sono trattate quelle il cui
valore è assoluto e costituiscono in sé l’oggetto del miracolo e non una modalità attraverso la quale il prodigio si
compie. Le visioni costituiscono, ad esempio, una delle modalità con cui si compiono i miracoli taumaturgici,
ma anche un valido mezzo di conversione dei peccatori, costretti a vedere i tormenti infernali nel caso la morte li
colga non in grazia di Dio. Per la trattazione della visione come modalità di realizzazione del miracolo,
indipendentemente dalla sua tipologia, si rimanda al paragrafo 4.3 del presente studio.
1055
Per la narrazione del miracolo e le motivazioni che sottendono la scelta delle compagne di Caterina di tacere
sulla sua morte cfr.: Vita Catharinae Senensis, 370377.
177
Regina dei cieli. Il santo affida alla donna un messaggio importantissimo in chiave
devozionale, volto a stimolare e legittimare il proprio culto, designando i confratelli a
svolgere un ruolo fondamentale nella sua gestione 1056. Esprime poi un forte legame con il
santo anche la sua apparizione in occasione del trapasso dei miracolati, come nel caso di
Francesca, consorella di Umiltà da Faenza, che in punto di morte ha una visione della santa e
muore subito dopo averla supplicata di aspettarla 1057.
Le visioni costituiscono in alcuni casi un vero e proprio strumento di didattica sacra
per i miracolati, ai quali i santi appaiono per istruirli, edificarli o redarguirli a seconda dei
casi. Lungo la strada tra Faenza e Roma due cellane riconoscono in Umiltà da Faenza la
figura apparsa loro qualche tempo prima per ammaestrarle e dare loro preziosi suggerimenti
in materia comportamentale 1058, mentre Caterina da Siena concede a Raimondo da Capua, suo
agiografo e confessore, una visione salvifica in cui gli vengono perdonati i peccati e si sente
liberato da ogni male, come da lui stesso richiesto domandando una prova visibile del
perdono promessogli dalla santa, che lo invita a non dimenticare mai la grazia di Dio 1059.
Anche Torello da Poppi sfrutta una visione per affermare il proprio ruolo di protettore nei
confronti dei lupi e redarguire chi si affida a lui ma non lo fa in maniera completa, assumendo
atteggiamenti che denotano una diffidenza latente. È il caso di un giovane di origini poppesi
che vive lontano dalla città natale insieme a due fratelli più piccoli, da lui raccomandati al
santo affinché li protegga dalle aggressioni del lupo. Nonostante i due bambini siano stati
affidati all’uomo di Dio, il fratello continua a preoccuparsi per la loro incolumità e per
sicurezza li fa sorvegliare. Torello allora gli appare e lo rimprovera per la sua scarsa fiducia,
rassicurandolo al tempo stesso sulla salvezza dei bimbi dal pericolo 1060. Tuttavia, le visioni
non hanno sempre per oggetto i santi: esse possono infatti mostrare anche soggetti diversi,
generati dagli stessi servi di Dio e in grado di apparire ai miracolati come se fossero reali e di
soccorrerli nel momento del bisogno. È quanto succede a Paulo, monaco del monastero
pisano di San Michele in Orticaria, e ad un suo confratello. I due religiosi sono andati a
visitare Bona da Pisa e quando si fa sera si preoccupano di come tornare al loro convento. La
santa li invita a non stare in pensiero e annuncia loro che troveranno un giovane disposto ad
1056
Cfr.: Legenda beati Francisci de Senis, 2.
1057
Cfr.: Vita di Umiltà, LIV; Vita sancte Humilitatis, 48.
1058
La santa passa vicino alla cella delle due donne diretta a Roma. Per la narrazione del miracolo cfr.: Vita di
Umiltà, XXIX; Vita sancte Humilitatis, 35.
1059
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 8789.
1060
Sul ruolo di Torello come protettore dal pericolo del lupo si rimanda al paragrafo 2.1.2 del presente studio.
Per la narrazione del miracolo cfr.: Hystoria Beati Torello de Puppio, XX; Vita di Torello da Poppi, XXII.
178
aiutarli ad attraversare l’Arno, cosa che puntualmente succede. Quando però Paulo e il
compagno si voltano per riguardarlo il ragazzo è sparito e di lui non c’è più alcuna traccia 1061.
3.4.3 Conversioni
1061
Cfr.: Vita sancte Bone virginis, XXXI; Vita sancte Bone virginis de civitate Pisana, XLVII.
1062
Cfr.: Il Processo Castellano, XV, p. 425.
1063
Cfr.: Legenda Beate Agnetis de Monte Policiano, I, 14, 813.
1064
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 224227; Il Processo Castellano, II, p. 44; ivi, Va, pp. 296298.
179
compagna Alexia, a suscitare la conversione di due malfattori senesi condannati a morte che
vanno incontro al patibolo pieni di odio e di rabbia dopo aver rifiutato la confessione, ma che
in virtù della potenza della santa dopo aver tanto strepitato chiedono di confessarsi e vanno
serenamente incontro alla morte 1065.
Ad essere convertiti, come si è detto, non sono solo i laici, ma anche i religiosi. Le
destinatarie più numerose sono le consorelle di Umiltà da Faenza, sia faentine sia fiorentine,
segno evidente della grande attenzione della badessa nei confronti delle proprie compagne e
della sua grande forza spirituale. Tra le diverse suore spinte dalla santa a confessare antichi
peccati passati sotto silenzio o ad abbandonare comportamenti illeciti spicca una
vallombrosana faentina che non solo si è resa colpevole di un grave peccato, ma ha anche
perseverato nell’errore, al punto di essere incarcerata nel monastero per ordine della stessa
Umiltà. A dimostrazione però dell’amore che guida ogni sua azione, la santa non si limita a
castigare la consorella e cerca di redimerla: si reca così nella cella dove è detenuta, si
inginocchia di fronte a lei con le braccia incrociate e la prega di riconoscere il suo peccato,
convertirsi e fare penitenza. La peccatrice allora si inginocchia a sua volta ai piedi della santa,
confessa la propria colpa e ne sconta la pena 1066. Altro esempio di religioso peccatore –
stavolta consapevole di aver sbagliato e disposto a riconoscere la propria colpa – è il
domenicano senese Bartholomeus, che ha commesso un peccato e per questo invoca con
successo la consolazione di Caterina da Siena, che prega per lui e per la sua anima 1067. Si può
poi annoverare tra le conversioni spirituali anche quella richiesta e ottenuta da una donna
senese di nome Gemma, che per cause non specificate dall’agiografo cade insieme al marito
in uno stato di profonda indigenza e chiede aiuto a suo fratello, che però le nega con disprezzo
il proprio sostegno. Gemma allora si rivolge con successo ad Ambrogio Sansedoni
pregandolo per ottenere la benevolenza del fratello, che, dopo averla trattata in malo modo,
apprendendo la richiesta fatta al santo muta atteggiamento nei suoi confronti e le dà il denaro
di cui ha bisogno 1068.
Le fila di coloro che si convertono cambiando vita in seguito all’incontro col santo e
alla sua grazia sono composte invece da uomini e donne dediti ad una vita dissoluta, guidati
dal piacere, dal lusso o dalla violenza, criminali o solo personaggi poco inclini ai dettami etici
del cristianesimo. Grande protagonista nel convertire ad una vita moralmente corretta persone
1065
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 228230; Il Processo Castellano, II, p. 43.
1066
Cfr.: Vita di Umiltà, 21; Vita sancte Humilitatis, 2627.
1067
Cfr.: Il Processo Castellano, Va, pp. 298300.
1068
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 216.
180
abituate a condurre invece un’esistenza dissoluta è senza dubbio Caterina da Siena, redentrice
di numerosi cattivi cristiani. Tra i casi più interessanti quello di Chinocia e Jacobus Tholomei,
due fratelli senesi atei e peccatori, l’uno omicida, l’altra donna frivola e di facili costumi.
Rabes, madre dei due ragazzi, si rivolge disperata alla santa concittadina supplicandola di
ricondurre i propri figli sulla retta via: la prima a convertirsi è Chinocia, indotta con successo
alla conversione durante un colloquio con Caterina. Tocca poi a Jacobus, che dapprima
reagisce adirato alla notizia del cambiamento di vita della sorella, ma trovandosi al cospetto
della potenza spirituale della santa si pente anche lui dei peccati commessi e si converte a sua
volta. Entrambi i fratelli vestono l’abito domenicano e restano nell’Ordine fino alla morte 1069.
Degne di nota anche le vicende di Nicolaus de Sarracenis e di Franciscus de Malauoltis, due
nobili peccatori senesi interessati solo ai beni temporali e ai piaceri della vita. La moglie di
Nicolaus chiede e ottiene da Caterina un intervento che metta fine all’esistenza viziosa del
marito, che esortato dalla santa a confessarsi accede al sacramento e si pente delle proprie
colpe, tacendone però una, che Caterina scova nella sua anima inducendola a pentirsi anche di
quella, così che la sua conversione sia piena. L’uomo, liberatosi dai propri peccati, resta al
servizio della santa fino alla morte, sopraggiunta poco tempo dopo 1070. Franciscus invece
abbandona la vita dissoluta che ha condotto da sempre dopo che, spinto da un amico, si reca
in visita a Caterina e ascolta le sue parole. Anche per lui al pentimento segue un cambio
radicale nella sua esistenza, con l’ingresso nell’Ordine olivetano al momento della
conversione definitiva 1071. In alcuni casi i santi intervengono anche per impedire la
degenerazione di situazioni di vita già ampiamente compromesse, che rischiano però di farsi
ancor più torbide per colpa di decisioni dissennate dei miracolati, incapaci di sfruttare le
occasioni di redenzione offerte dagli eventi e orientati da valori estranei a quelli cristiani.
L’agiografo di Umiliana dei Cerchi racconta di Fresca, una signora fiorentina decaduta da uno
stato sociale elevato, fatto di grande ricchezza e di nessuna cura per lo spirito, ad una
condizione di miseria molto grave. Disperata per la sua nuova condizione di vita, lungi dallo
sfruttare l’occasione per rimediare alle mancanze e agli eccessi del passato, la donna pensa
addirittura di prostituirsi per guadagnare di che vivere. Umiliana di fronte a tale proposito
1069
Chinocia e Jacobus Tholomei hanno anche altri due fratelli (un fratello e una sorella), anch’essi convertiti da
Caterina ed entrati a far parte dell’Ordine domenicano. A differenza loro, però, gli altri due non svolgevano una
vita dissoluta e di peccato prima di votarsi alla vita religiosa. Per la narrazione del miracolo cfr.: Vita Catharinae
Senensis, 232234; Il Processo Castellano, II, p. 40.
1070
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 279281; Il Processo Castellano, Va, p. 300.
1071
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 295296; Il Processo Castellano, II, p. 41; XIII, pp. 377379.
181
interviene e riesce a far ravvedere la donna, che desiste grazie a lei dal suo intento
peccaminoso 1072.
Quanto a violenti e criminali, Allucio da Pescia converte due ladroni che, mentre fa
ritorno alla propria dimora dalla Romagna, si parano sulla sua strada: i banditi, colpiti dalla
sua potenza, gettano le armi e si fanno penitenti 1073. Un episodio simile avviene lungo il
cammino per Santiago di Compostela, dove un pellegrino che viaggia insieme a Bona da Pisa
viene invece aggredito e derubato da un brigante. La santa interviene, minaccia il ladro che
sarà di certo condannato all’inferno per tutti i peccati commessi se non si convertirà,
confessandosi e poi cambiando radicalmente vita 1074. Zita da Lucca viene invece invocata da
Bulcione da Massa per ricomporre una lite che va avanti da due anni e otto mesi tra lui,
Guelfo Pandolfino di Pisa e Guilielmuccio Leali di Massa. Lo scontro, nato per questioni
economiche, si risolve in maniera pacata grazie alla potenza della santa, che suscita la
conversione e il desiderio di pace negli animi dei nemici di Bulcione, sedando così ogni tipo
di violenza 1075.
3.5 Miracolo punitivo
I miracoli punitivi sono costituiti da due passaggi: il primo scatena l’ira del santo, che
castiga il miracolato colpevole di atteggiamenti scorretti nei suoi stessi confronti o in quelli
del prossimo, mentre il secondo determina il riassorbimento della punizione, reso possibile
dal pentimento sopraggiunto nel peccatore che ha preso coscienza di quanto successo e delle
motivazioni sottese agli eventi. Il valore dei miracoli punitivi è da ricondurre alla volontà di
affermazione della figura del santo e al culto ad esso tributato, che non possono essere messi
arbitrariamente in discussione da chiunque senza incorrere in gravi conseguenze, rimediabili
solo mediante una conversione interiore che determina il riconoscimento del valore del santo
ingiustamente contestato o snobbato 1076. Essi hanno comunque un significato di
legittimazione della santità e strumento diretto del suo riconoscimento.
1072
Cfr.: Vita beatae Humilianae de Cerchis, 65.
1073
Il miracolo avviene tra Faenza (RA)e Campugliano, oggi Sant'Allucio, frazione di Uzzano (PT). Per la
narrazione del prodigio cfr.: Vita beati Alluccii confessoris, 5.
1074
Cfr.: Vita sancte Bone virginis, XXXVIII; Vita sancte Bone virginis de civitate Pisana, XXI.
1075
Il miracolato proviene da Massa, probabilmente identificabile con Massa Carrara. Per la narrazione del
miracolo cfr.: Miracula [Zita], 84.
1076
Sul tema del miracolo punitivo si vedano GOLINELLI, Il topos dell’incredulo punito nell’agiografia padana dei
secoli IXXII; KLANICZAY, Miracoli di punizione e malefizia; BOZÓKY, Les miracles de châtiment.
182
3.5.1 La figura e il culto del santo
Incorrono solitamente in un castigo coloro che mettono in discussione la figura del
santo, screditano la sua persona o non gli prestano sufficiente attenzione. La sanzione inflitta
dall’alto a coloro che mancano di rispetto al santo nella sua figura o nelle sue opere è di
norma in relazione alla modalità con cui tale affronto è compiuto, anche se non è sempre così.
Ad una tudertina che parlando a voce alta osa mettere in discussione la santità di Filippo
Benizi (poiché mangiava carne e beveva vino) si secca la lingua e cade a terra quasi morta; ad
un frate francescano che udendo le meraviglie compiute dal medesimo santo servita usa
espressioni irrispettose e denigratorie nei suoi confronti si rovesciano orribilmente la bocca e
la faccia. In entrambi i casi il pentimento dei miracolati, unito al pellegrinaggio al sepolcro di
Filippo, determina il riassorbimento delle malattie e il ritorno alla normalità 1077. Vitus
Andreae e Gilberto screditano invece due santi senesi loro concittadini, Francesco e Andrea
Gallerani. Al primo tocca una febbre altissima che per tre giorni, ovvero finché non si pente
delle frasi ingiuriose rivolte al santo ottenendo da lui la grazia, mette in pericolo la sua vita
1078
, mentre il secondo diventa cieco e ritrova la vista previo pentimento 1079.
Altra categoria di castigati sono coloro che mostrano scetticismo per i miracoli
compiuti dai santi e li deridono senza alcun rispetto, incorrendo così nella punizione dei servi
di Dio. Il Magister Hugo Latinus, letterato di Costantinopoli, esprime duramente la sua
incredulità per i miracoli operati da Ranieri da Pisa e si ritrova malato senza possibilità essere
curato. Interviene a salvarlo una visione, dove vede se stesso domandare l’acqua di San Vito
1080
e guarire dopo averla bevuta; raccontata la visione a due pisani che si trovano a Bisanzio e
soprattutto pentitosi di quanto detto di offensivo nei confronti del santo, beve l’acqua
benedetta di Ranieri che i due viaggiatori hanno con sé e riacquista piena salute 1081. Un
poliziano incredulo dei miracoli operati da Agnese da Montepulciano entra nella chiesa della
santa dopo che al suo interno sono avvenuti alcuni prodigi e si mette a sbeffeggiarli, poi
ritorna a casa, ma non appena oltrepassata la soglia diventa muto. L’uomo resta privo della
facoltà di parlare per due giorni, dopo i quali si pente e promette alla santa di non recarle più
1077
Per il miracolo della donna di Todi (PG) cfr.: Legenda Patris Nostri Beati Philippi, 30. Per quello del frate
francescano cfr.: ivi, 32.
1078
Cfr.: Legenda beati Francisci de Senis, 4.
1079
Cfr.: Vita di Beato Andrea de Gallerani da Siena, 25.
1080
La chiesa pisana di San Vito è il luogo di sepoltura di Ranieri, sulla cui tomba viene tenuta dell’acqua,
capace di operare prodigi straordinari se bevuta o messa a contatto con le parti malate.
1081
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 119.
183
alcuna offesa in futuro, ottenendo così il perdono di Agnese e la guarigione 1082. Anche il
senese ser Bartholomaeus esprime seri dubbi sui miracoli di Francesco da Siena, ai quali
afferma con forza di non credere alzando il braccio, che subito diventa insensibile, così come
la mano, ridotta in stato di infermità. L’arto recupera la sua normale funzionalità solo dopo
che nel miracolato interviene il pentimento, espresso unitamente all’omaggio al sepolcro del
santo 1083. Pur non venendo punite, si rendono in qualche modo colpevoli di derisione nei
confronti del santo anche le compagne della senese Nera, presa in giro perché chiede ad
Ambrogio Sansedoni la restituzione di una pomata destinata alla cura della sorella affetta da
una ciste, rubata e ingerita da un cagnolino: le donne sghignazzano chiedendole se si aspetta
che il santo venga ad aprire il ventre del cane per togliere il prezioso medicamento, ma il cane
rigetta quanto sottratto e lo restituisce 1084.
Azione gravissima da compiere per i fedeli è quella di non rispettare la festa del santo,
momento fondamentale del culto ad esso tributato e segno di affermazione del personaggio
oggetto della celebrazione sia presso i fedeli sia di fronte alle autorità ecclesiastiche. Il castigo
cui vanno incontro coloro che non rispettano la festa del santo assume così una connotazione
politicoreligiosa, oltre che devozionale. I tre esempi presenti nelle fonti mostrano come
l’irriverenza verso la celebrazione del santo abbia come motivazione principale l’esercizio del
lavoro manuale, come a voler riproporre ancora una volta il dualismo tra vita operativa e
contemplazione e a sottolineare la negatività dell’attività lavorativa qualora impedisca di
rispettare le feste religiose comandate 1085. Si narra di un taglialegna della Val d’Orcia che il
giorno della festa di Lucchese da Poggibonsi – disobbedendo al parroco e a una voce che lo
invita a non lavorare – va nel bosco a tagliare la legna, ma mentre sta lavorando si ferisce
gravemente ad un piede con un colpo di scure. Resosi subito conto del proprio errore si pente
della condotta adottata e cerca di porvi rimedio raggiungendo Poggibonsi con un giumento e
recandosi sulla tomba del santo, dove riceve il perdono di Lucchese e la guarigione dalla
ferita infertasi 1086. Anche il sangimignanese Cambius non rispetta la festa di Fina da San
1082
Cfr.: Legenda Beate Agnetis de Monte Policiano, III, 9, 1216.
1083
Cfr.: Legenda beati Francisci de Senis, 5.
1084
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 256.
1085
L’epoca medievale si caratterizza per il dualismo tra vita operativa e contemplazione e per una concezione
del lavoro che fa i conti con le istanze spirituali del periodo e col pensiero giuridico e filosofico che, pur non
svalutandolo, lo pongono su un piano di inferiorità rispetto alla vita contemplativa. Ne consegue che in nessun
caso il lavoro può avere la precedenza sul culto e la gravità del mancato rispetto per la festa non solo a livello
religioso, ma anche concettuale e giuridico. Sulla concezione del lavoro e della spiritualità cfr.: F OSSIER, Il lavoro
nel Medioevo; LE GOFF, Le travail dans les systèmes de valeur; ALESSIO, La riflessione sulle “artes mechanicae”;
ID., La filosofia e le “artes mechanicae”.
1086
Il luogo di provenienza del miracolato risulta essere Castiglione, presso Colle Val d'Elsa (SI). La festa di
Lucchese è introdotta a Castiglione dal parroco Dominicus di Volterra, devoto del santo, e accolta da tutti i
184
Gimignano perché, incitato dalla moglie, va pure lui a far legna nel bosco, ma si ferisce in
modo grave ad una gamba. Presa coscienza dell’offesa arrecata alla santa, la prega con grande
pentimento e ottiene il ripristino della propria salute 1087. Bona da Pisa invece rischia di dover
castigare per ben due volte un concittadino assai poco propenso a non lavorare il giorno della
sua festa: si tratta di magister Iohannes, un artigiano che il giorno dedicato a celebrare la santa
si reca in bottega a lavorare, ma viene colpito da un forte gonfiore alla mano, dal quale si
libera accorrendo pentito sull’altare di Bona e promettendole di onorare sempre la sua festa in
futuro. Sette anni dopo, però, ricade in tentazione e pensa di nuovo di lavorare il giorno
dedicato alla santa, bloccato però nel suo oltraggioso proposito da una visione infernale che lo
sconvolge e lo fa desistere dal pensiero di recarsi in bottega e rispetta così la festa 1088.
3.5.2 I corpi santi
Gli atteggiamenti oltraggiosi nei confronti dei santi non coinvolgono solo la loro fama
e la loro reputazione, ma anche i loro corpi: tra i comportamenti passibili di punizione ci sono
infatti il mancato rispetto delle reliquie e persino il tentativo di profanazione dei sepolcri. Tra
coloro che trattano irrispettosamente le reliquie dei santi c’è Bonturus, un conciatore di pelli
che sotterra nel proprio campo un pezzo di una benda appartenuta a Zita da Lucca per
scongiurare le tempeste e proteggere il raccolto. Sebbene il gesto non venga fatto dall’uomo
con la volontà di offendere la santa e la sua memoria, egli subisce ugualmente il castigo
divino per non aver dato alla reliquia un’adeguata collocazione e diventa cieco, riacquistando
però la vista una volta capito di aver commesso un errore e, pentitosi dell’accaduto, aver
dissotterrato la benda 1089. Ben più grave il gesto di Cirolus, che dopo aver visto in sogno il
santo matura un insano desiderio di vedere le sue spoglie, al punto di profanare il suo sepolcro
scavando una fossa per accedere al copro santo, ma l’intento maligno che lo spinge lo
conduce alla morte, da cui non viene però liberato 1090. Anche le sacre spoglie di Andrea
Gallerani subiscono un duro affronto da parte di Guelfo, fratello della vittima uccisa in
gioventù dal santo: l’uomo è infatti profondamente indignato per la sepoltura di Andrea nella
fedeli, tranne il taglialegna castigato per la sua disobbedienza. Per la narrazione del miracolo cfr.: Vita
(Tolomei), 58.
1087
Cfr.: Legenda sancte Fine, 23.
1088
Cfr.: Vita sancte Bone virginis de civitate Pisana, LXXXI.
1089
Il miracolato proviene da una località, “Bibliano de Marglia”, che non ha corrispondenza tra quelle attuali,
anche se dovrebbe trovarsi nella zona di Lucca. Per la narrazione del miracolo cfr.: Miracula [Zita], 65.
1090
Cirolus viene castigato con la contrazione delle membra, la perdita dell'uso della lingua e infine la morte. Il
testo agiografico non fornisce alcuna notizia sulla sua successiva risurrezione e guarigione, dunque è lecito
supporre che non sia avvenuta. Per la narrazione del miracolo cfr.: Vita beati Alluccii confessoris, 9.
185
chiesa dei Domenicani, a suo parere scandalosa proprio per via del passato da assassino di un
personaggio ora oggetto di culto. Guelfo però riceve un indefinito grande castigo per
l’atteggiamento oltraggioso nei confronti di Gallerani, cui finisce per convertirsi recuperando
il suo status preesistente al castigo inflittogli per le ingiurie rivoltegli 1091. C’è poi chi per
“colpa” delle reliquie di un santo si vede smascherare un peccato mortale che genera grave
mancanza di rispetto per i sacramenti, come Moroçço Tendi Morj di Signa (FI). Tutto ha
origine quando un gruppo di signesi desiderosi di portare soccorso agli ammalati di peste
decide di recarsi da frate Petrucius per farsi benedire, confessare e comunicare prima di
iniziare la missione caritativa. Moroçço fa parte di questo gruppo, ma è l’unico che rifiuta di
confessarsi e di ricevere l’eucaristia, dichiarando di averlo già fatto. Sul momento non
succede nulla, ma tempo dopo viene organizzata una processione per chiedere la fine della
peste e durante tale celebrazione è previsto che i partecipanti bacino le reliquie di Giovanna
da Signa; quando però l’uomo si avvicina alle braccia della santa per baciarle una forza
misteriosa lo respinge e lo fa cadere a terra. Moroçço dichiara allora, di fronte a tutti i
presenti, di essere lontano dai sacramenti da vent’anni anni e si pente pubblicamente
confessando i propri peccati. Muore tre giorni dopo, senza che nessuno poi lo riporti in vita,
ma finalmente in grazia di Dio 1092.
3.5.3 I miracoli e la figura del prossimo
Anche le richieste dei miracoli da parte dei fedeli danno occasione ai santi di punire
coloro i quali non ne rispettano la procedura completa, rendendosi così colpevoli di una
mancanza nei confronti del servo di Dio chiamato in causa. Tali richieste, infatti, sono
espresse di norma formulando un voto al santo, da adempiere in caso di riscontro positivo alle
invocazioni mediante il compimento del prodigio. Nella maggior parte dei casi i richiedenti
dei miracoli – sia che siano gli stessi miracolati sia persone legate ad essi che chiedono
l’intervento del santo a favore di amici e parenti – soddisfano i voti, probabilmente anche là
dove le fonti non ne danno notizia esplicita e non lo precisano; ma si registrano anche alcuni
episodi di mancato mantenimento del voto formulato chiedendo la grazia al santo. L’usuale
conseguenza del mancato rispetto del voto una volta ottenuto il miracolo è la reiterazione
1091
Su Andrea Gallerani e i suoi trascorsi biografici si rimanda al paragrafo 2.1.2 del presente studio. Per la
narrazione del miracolo cfr.: Vita di Beato Andrea de Gallerani da Siena, 54.
1092
Frate Petrucius appartiene al convento carmelitano di Santa Maria delle Selve. Per la narrazione del miracolo
cfr.: Beatae Iohannae de Signa vita et miracula, 27.
186
della malattia fino a che non viene adempiuta la promessa fatta. È così per un giovane senese
colpito da paraplegia agli arti inferiori che, malato da lungo tempo, fa voto ad Agostino
Novello e guarisce grazie al suo intervento, ma non mantiene la promessa fatta al santo e per
questo ritorna ad essere infermo. Per sei mesi resta malato, poi fa di nuovo voto ed è sanato
una seconda volta, dopodiché adempie alla promessa e l’infermità non si ripresenta 1093.
Destino simile tocca a Cenne, un miracolato da Margherita da Cortona colpito da fistole alle
gambe, che viene guarito dalla santa ma ricade nella malattia perché non rispetta il voto fatto;
lo formula una seconda volta, ottiene ancora la guarigione ma disattende anche questa volta la
promessa e si ritrova di nuovo malato. Questo stato di empasse perdura per ben dodici anni, in
cui si alternano guarigioni e ricadute prima che Cenne si decida ad adempiere alla promessa e
la sua guarigione sia definitiva 1094. Il mancato adempimento del voto viene punito anche
quando miracolato e richiedente non sono la stessa persona, come nel caso di Margarita, una
giovane pisana afflitta da una forte febbre per la quale la madre Mingarda si raccomanda a
Ranieri da Pisa e ne ottiene la guarigione, che però non si rivela duratura, dato che Mingarda
non rispetta la promessa fatta al santo. Margarita si ammala di nuovo e la febbre si ripresenta
aggravata dalla perdita della parola, perdurando finché la madre non adempie al voto fatto al
santo chiedendogli la guarigione della figlia 1095.
D’altronde, capita anche in altri casi che a scontare le negligenze nei confronti del
santo non sia direttamente il colpevole dell’oltraggio, ma qualcuno legato ad esso, seppur
innocente. È questa la sorte di Bertoldus, un bimbo senese di circa due anni, che pur avendo
raggiunto e superato l’età in cui muovere i primi passi non cammina affatto e la nutrice è
costretta a tenerlo in una culla. La madre del bambino, devota di Ambrogio Sansedoni,
desiderava dare al nascituro il nome del santo, ma il marito al momento del battesimo si era
opposto. All’uomo disperato per l’infermità del figlio, la nutrice spiega che tale rifiuto può
aver determinato la malattia del figlio, dovuta dunque ad uno scarso rispetto per Ambrogio.
L’uomo si rende così conto dell’errore commesso, si pente e fa voto al santo, ottenendo in tal
modo la guarigione del figlio, che subito inizia a camminare 1096.
La punizione del santo sopraggiunge anche là dove a fare le spese degli atteggiamenti
contrari alle regole cristiane sono altre persone, come nel caso di coloro che, mossi dall’ira o
dallo spirito di vendetta, hanno propositi violenti nei confronti del prossimo, in particolare
1093
Cfr.: Vita [A. Novello], 20.
1094
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 82.
1095
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 135.
1096
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 176.
187
verso i nemici: le cattive intenzioni vengono infatti neutralizzate in modo soprannaturale.
Succede che un aretino, armato di tutto punto, si appresti ad uccidere un nemico insieme ad
alcuni complici, ma prima di andare a compiere l’omicidio si metta a tavola. Mangiando del
pesce l’aspirante omicida ingerisce una lisca, che gli si conficca a fondo in gola e mette in
pericolo la sua vita. Trovatosi spacciato, si pente e fatto voto a Margherita da Cortona, cui
promette di perdonare il suo nemico, subito espelle la lisca e ritorna in salute 1097. Sorte simile
tocca ad un altro aspirante omicida della zona di Pienza (SI), anche lui ben armato e diretto ad
uccidere un nemico quando, udito pronunciare da una donna il nome di Agnese da
Montepulciano cade a terra colto improvvisamente da malattia. L’uomo si raccomanda alla
santa, ma Agnese in una visione gli dice di non poter ascoltare la sua richiesta di grazia e
volta la faccia dall’altra parte: un angelo gli spiega allora che non può farlo finché non si
pente e non perdona il suo nemico. Una volta pentitosi, il miracolato recupera la salute e si
reca a far pace con l’antico avversario, narrandogli con grande serenità il miracolo avvenuto
1098
.
1097
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 77.
1098
Cfr.: Legenda Beate Agnetis de Monte Policiano, III, 3, 212.
188
Capitolo 4
LE DINAMICHE E I LUOGHI DEI MIRACOLI
4.1 I tempi
4.1.1 In vita e post mortem
189
prossimo, risolvendone così esigenze e necessità. Quanto alla volontà dei santi di precisare la
natura divina dei miracoli, invitando chi li riceve a tacere con tutti su quanto accaduto e
lodare e ringraziare Dio, valgono per tutti le parole che Pietro Pettinaio rivolge al senese
Ventura, padre di un bimbo risuscitato dal santo terziario, che così si rivolge all’uomo mentre
questi lo ringrazia per avergli restituito il figlio: «fa che tu non lo reputi ad alcuna mia virtù,
imperciocchè non sono io tale, né di tanto merito appresso Dio, che questo impetrare io
possa: ma reputa ogni cosa dalla infinita pietà e bontà di Dio; e acciò tu non incorra nel
giudizio suo, questa cosa fa, che mai la manifesti mentre che vivi ad alcuna persona» 1101. Dal
canto loro, i miracolati e i loro parenti disobbediscono sistematicamente alla consegna del
silenzio impartita loro dai santi e al contrario di quanto è stato raccomandato loro diffondono
la notizia del prodigio ricevuto e contribuiscono così a creare prima e ad accrescere poi la
fama sanctitatis dei personaggi responsabili della salvezza o del miglioramento della loro
esistenza, nonostante la riluttanza dei santi ad essere considerati già in vita personaggi
straordinari.
L’intensificarsi dei prodigi post mortem evidenzia l’uso che del miracolo viene fatto
dalle comunità religiose custodi delle sacre spoglie. È infatti la notorietà apotropaica dei corpi
santi posseduti a giustificare l’afflusso dei fedeli (con il conseguente portato economico) e la
fortuna cultuale di una chiesa. È riprova di questa attenzione la gelosa custodia delle spoglie
di un santo da parte dei suoi futuri amministratori, come dimostrano le contese tra le comunità
che ne rivendicano il possesso. Novanta degli oltre millecento miracoli post mortem
avvengono ante sepolturam, ovvero nel periodo, solitamente breve, che intercorre tra la morte
del servo di Dio e la sua collocazione nel sepolcro, quando il corpo santo resta esposto alla
venerazione dei fedeli che si recano al suo cospetto per rendergli omaggio o pregano a
distanza avendo udito la notizia del sacro trapasso. Si tratta di una fase decisiva non solo per
lo sviluppo del culto, ma anche per la narrazione stessa dei prodigi, le cui radici spesso sono
da collocarsi proprio nel momento successivo alla morte del santo, quando questi opera
miracoli sotto gli occhi della moltitudine dei fedeli accorsi a rendergli omaggio e dei religiosi
che ne ospitano il corpo, presso il quale spesso si iniziano ad annotare i prodogi che accadono,
continuando talvolta la registrazione anche dopo la deposizione delle spoglie nel sepolcro.
Agostino Novello, Alberto da Colle Val d’Elsa, Fina da San Gimignano, Francesco da
Siena, Pietro Pettinaio e Ranieri da Borgo San Sepolcro non compiono alcun miracolo in vita,
1101
Vita del beato Pietro Pettinajo, p. 67.
190
mentre Margherita da Faenza è la sola a non effettuare miracoli post mortem 1102. Caterina da
Siena, Umiltà da Faenza e Torello da Poppi operano più miracoli nel corso della loro
esistenza terrena di quanti non ne compiano una volta saliti al cielo, distinguendosi così da
tutti i “colleghi”, che prediligono invece il miracoloso post mortem 1103. Anche Agnese da
Montepulciano, Bona da Pisa, Allucio da Pescia e Ranieri da Pisa compiono una buona
percentuale di prodigi prima del loro dies natalis 1104, e fanno da contraltare ad Ambrogio
Sansedoni, che in un totale di trecentodieci miracoli operati solo otto narrazioni possono
collocarsi prima della sua morte. Caterina da Siena, Galgano e Fina da San Gimignano poi
compiono prodigi a cavallo tra la vita e la morte, richiesti o iniziati in vita e realizzato o
completati post mortem. La santa senese opera la conversione del concittadino Franciscus de
Malauoltis, che inizia quando Caterina è ancora in vita – stimolata da un incontro con lei – e
si concretizza dopo la sua morte, mettendo così definitivamente fine alla vita dissoluta del
giovane peccatore 1105, Galgano una volta salito al cielo risana un fanciullo contratto per il
quale il padre aveva già chiesto di persona al santo che intervenisse a suo favore 1106, mentre la
balia di Fina, una certa Beldia, le domanda in vita la guarigione da una malattia articolare, che
ottiene qualche giorno dopo il trapasso della santa vergine 1107.
Naturalmente la mancata documentazione di prodigi in vita o dopo la morte per
ognuno di questi santi non corrisponde necessariamente ad una reale assenza di miracoli
operati, ma può costituire semplicemente il frutto di una politica mirata di costruzione della
memoria pensata in una determinata direzione o la conseguenza di scarse testimonianze utili a
dimostrare che il santo in questione operasse realmente prodigi. Il miracoloso narrato,
dunque, risente sia della tipologia di fonte prodotta sia degli interessi degli agiografi, che
svolgono un ruolo molto importante in questa suddivisione del miracoloso fra il santo vivo e
il santo morto. In alcuni casi è la documentazione stessa a favorire la registrazione di miracoli
che avvengono dopo la morte, basti pensare ai Libri miraculorum prodotti “in tempo reale”
1102
Per la narrazione dei miracoli di Margherita, la quale trasforma l’acqua in vino a favore dei lavoranti del suo
convento, opera il miracolo del pane e crea denaro per pagare il loro lavoro, cfr.: Revelationes et Miracula, XI,
XII, XIII.
1103
Le fonti prese in esame narrano 90 miracoli di Caterina da Siena, di cui 62 operati in vita e 28 post mortem,
di Torello da Poppi sono registrati 12 prodigi in vita e 9 dopo la morte, mentre Umiltà da Faenza compie 31
miracoli nel corso della sua vita terrena e 25 dopo essere salita al cielo. Per la visualizzazione dei dati in
questione si veda la Tabella 2.2 di questo stesso studio.
1104
I miracoli in vita operati da Agnese da Montepulciano sono 18 su un totale di 51, quelli di Bona da Pisa 25 su
61, 4 su 11 per Allucio da Pescia e 45 su 145 per Ranieri da Pisa. Per la visualizzazione dei dati in questione si
veda la Tabella 2.2 di questo stesso studio.
1105
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 295296; Il Processo Castellano, II, p. 41, XIII, pp. 377379.
1106
Cfr.: Inquisitio in partibus, 3; Vita beati Galgani, 16; Legenda sancti Galgani confexoris, XI.
1107
Cfr.: Legenda s. Fine Virginis, 1; Legenda sancte Fine, 10.
191
nei pressi delle sacre spoglie: ne è un esempio magistrale quello di Ranieri da Borgo San
Sepolcro, che non a caso comprende esclusivamente prodigi avvenuti dopo la morte del santo,
molti dei quali prima della sua sepoltura. La percentuale più alta di miracoli ante sepolturam
– assenti nelle registrazioni relative a diversi santi 1108 – appartiene tuttavia a Ranieri da Pisa,
che opera il trentacinque per cento dei prodigi post mortem prima di essere collocato nel
sepolcro, seguito dall’omonimo biturgense con il trenta, mentre per gli altri santi in questione
le cifre sono molto più basse, basti pensare che solo otto dei duecentonovantotto miracoli post
mortem operati da Ambrogio Sansedoni hanno luogo prima della sua sepoltura.
4.1.2 Definizione temporale del miracolo
La maggior parte dei miracoli narrati nelle fonti toscane del basso Medioevo avviene
nel periodo immediatamente successivo alla morte dei santi che li operano. La collocazione
dei prodigi in un tempo ben preciso risulta nella maggior parte dei casi piuttosto difficoltosa,
con gli agiografi che non ne forniscono le date precise e si limitano spesso a dichiarare
solamente se si tratta di un evento sovrannaturale prodottosi quando il santo è ancora in vita o
dopo che è salito al cielo. La morte del santo è infatti il vero spartiacque e il solo elemento
datante certo presente in tutte le narrazioni di prodigi, che per il resto si caratterizzano, salvo
alcune eccezioni, per una discreta vaghezza cronologica. Tale fenomeno risente senza dubbio
della concezione del tempo tipica dell’epoca medievale, che si collega ai fattori concreti della
vita quotidiana ed è cauterizzata da una forte incapacità di astrazione 1109. La percezione del
tempo dunque se da un lato è una costruzione mentale complessa, dall’altro si connota in
maniera approssimativa, legata per lo più agli elementi naturali e allo scorrere dei giorni e
delle stagioni. E anche se il modo di concepire e di descrivere il tempo non è lo stesso per
tutte le categorie sociali – celeberrima in tal senso la distinzione tra il tempo della Chiesa e
quello del mercante operata da Le Goff, convinto che gli uomini medievali non siano
indifferenti al tempo, ma dispongano di scarsi strumenti per poterlo misurare senza ricorrere
agli elementi naturali – e varia nel corso dei secoli. Tale tendenza costituisce una parziale
anomalia anche in virtù del fatto che la concezione del tempo si raffina man mano che si sale
1108
Le fonti prese in esame non riferiscono miracoli ante sepolturam per Agostino Novello, Alberto da Colle Val
d’Elsa , Allucio da Pescia, Andrea Gallerani, Bona da Pisa, Caterina da Siena, Galgano, Giovanna da Signa,
Margherita da Cortona, Margherita da Faenza, Pietro Pettinaio, Torello da Poppi, Ubaldesca da Pisa e Umiltà da
Faenza. A tal proposito si veda la Tabella 2.2 di questo stesso studio.
1109
Per una panoramica sulla concezione del tempo in epoca medievale cfr. tra gli altri: LE GOFF, Tempo della
Chiesa e tempo del mercante; ID., La civiltà dell’Occidente medievale, pp. 147213, 349389; ID., L’Occident
médiéval et le temps; LANDES, Storia del tempo; FRANCESCHI, La mémoire.
192
la scala sociale: le élites infatti conoscono e dominano la misurazione del tempo, mentre la
massa percepisce soltanto categorie temporali rozze, legate alla natura o, nella migliore delle
ipotesi, agli eventi religiosi e alle feste dei santi o del calendario liturgico. Gli agiografi fanno
parte di queste élites, ma nella maggior parte dei casi sembrano assecondare la confusione
cronologica dei semplici fedeli, dando vita ad una frattura ideologica e culturale che antepone
da un lato gli sforzi crescenti da parte delle istituzioni religiose di rendere la fenomenologia
del prodigio un dato reale e indiscutibile, dall’altro a non valutare come fattore significativo
l’elemento temporale entro il quale il prodigio si inserisce. Fanno ovviamente eccezione i
miracoli registrati dai notai, datati alla perfezione con giorno, mese, anno, indizione e altri
elementi che caratterizzano la scrittura notarile 1110.
La datazione precisa dei prodigi è, dunque, piuttosto rara nelle fonti agiografiche prese
in esame e solo un terzo delle narrazioni in questione riferisce, in maniera più o meno diretta,
l’anno in cui si verificano i miracoli che hanno per oggetto, facendo peraltro riferimento
anche ad elementi datanti diversi da quelli numerici, che spaziano dagli eventi collegati alla
sepoltura dei santi a fattori di natura personale degli stessi miracolati o avvenimenti pubblici
che segnano le straordinarie vicende oggetto del racconto celebrativo del prodigio. Là dove
gli agiografi non riferiscono la data precisa in cui avvengono i miracoli in alcuni casi è
possibile comunque localizzare nel tempo questi eventi straordinari, grazie ad altre
informazioni fornite dalle fonti, tra cui spiccano il giorno della morte dei santi, la loro
sepoltura o la festa celebrata in loro onore, coincidente proprio con il momento del transito, il
dies natalis. Possono fornire riferimenti cronologici utili alla definizione temporale dei
miracoli anche eventi di natura religiosa – dalle celebrazioni dei santi alle feste comandate – o
pubblica, dalle guerre alle carestie o alla peste, unitamente alle notizie sulla vita degli stessi
santi e alle azioni compiute prima di salire al cielo.
La morte del santo è un elemento utilizzato spesso dagli agiografi come riferimento
temporale e permette di inserire correttamente nel calendario i prodigi narrati, che così pur
non avendo ufficialmente una data precisa la acquisiscono grazie alle informazioni relative ai
sacri transiti. Il 19 maggio 1246, dies natalis di Umiliana dei Cerchi, la fiorentina Rustichella
riceve dalla santa penitente la guarigione dai dolori diffusi in tutto il corpo 1111, mentre il 29
aprile 1380 il romano Johannes rischia di morire per la disperazione della morte di Caterina
1110
Sul ruolo dei notai nella registrazione e nella narrazione dei miracoli si veda in questo stesso studio il
paragrafo 5.2.
1111
Cfr.: Miracula intra triennium ab obitum patrata, 6.
193
da Siena quando viene salvato proprio dalla santa senese spirata poche ore prima 1112. Appena
salito in cielo Lucchese da Poggibonsi – morto tradizionalmente il 28 aprile di un anno
anteriore al 1250 – un fanciullo malato così gravemente da essere in corso i preparativi per il
suo funerale ritrova improvvisamente le salute grazie al santo terziario 1113, che due giorni
dopo essere salito al cielo si rende protagonista di una manifestazione di potenza straordinaria
quando un devoto taglia alla sua salma l’estremità del dito pollice e dall’arto ferito fuoriesce
sangue 1114. Il 14 marzo 1253, due giorni dopo la morte di Fina da San Gimignano, la
concittadina Beldia guarisce grazie al suo intervento da una malattia articolare 1115, mentre il
29 aprile 1278, quando Zita da Lucca è deceduta da due giorni, Baldovinus grazie a lei si
libera della gotta 1116.
Alcuni miracoli gli agiografi dichiarano che avvengono in occasione della festa del
santo o nella vigilia di tale solennità. Il 29 maggio 1249, giorno consacrato a Bona da Pisa, un
magister di nome Iohannes viene castigato dalla santa per non aver rispettato la sua festa 1117;
stesso destino subisce il 28 aprile di un anno indefinito un taglialegna della Val d’Elsa, che al
posto di fare onore alla solennità di Lucchese da Poggibonsi si reca nel bosco a lavorare e
viene castigato dal santo 1118, così come un uomo di San Gimignano (SI) di nome Cambius,
punito per lo stesso motivo dalla santa concittadina Fina 1119. Il 19 maggio di un anno non
specificato, in occasione delle celebrazioni di Agostino Novello si verificano due miracoli, la
guarigione di una donna feritasi alla mano con un ago 1120 e quella di un fedele che si frattura
anche lui una mano schiacciato dalla folla nel tentativo di avvicinarsi al sepolcro 1121. Il 28
maggio di un anno sconosciuto, nella vigilia della festa di Bona da Pisa, si verifica la
guarigione di una bambina tetraplegica 1122, mentre il 20 marzo, giorno che precede le
celebrazioni riservate ad Ambrogio Sansedoni una senese cieca si vede restituire la vista dal
santo predicatore 1123. Anche le feste di altri santi o le loro vigilie sono elementi sfruttati nella
narrazione dei miracoli per definirne la cronologia e localizzarli nel tempo, così come le feste
religiose ufficiali del calendario liturgico. Il giorno di san Lorenzo del 1278, dunque il 10
1112
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 218.
1113
Cfr.: Vita sancti Lucensis confessoris, 10; Vita (Tolomei), 38.
1114
Cfr.: Vita sancti Lucensis confessoris, 2; Vita (Tolomei), 35.
1115
Cfr.: Legenda sancte Fine, 10; Legenda s. Fine Virginis, 1.
1116
Cfr.: Miracula [Zita], 80.
1117
Cfr.: Vita sancte Bone virginis de civitate Pisana, LXXXI.
1118
Cfr.: Vita (Tolomei), 58.
1119
Cfr.: Legenda sancte Fine, 23.
1120
Cfr.: Vita [A. Novello], 23.
1121
Cfr.: ivi, 57.
1122
Cfr.: Vita sancte Bone virginis de civitate Pisana, LXXIII.
1123
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 188.
194
agosto, Zita da Lucca salva due fanciulli dall’aggressione di un lupo 1124, mentre Galgano
risana un paraplegico di nome Atho, rimasto infermo dalla festa di san Giovanni Battista a
quella di san Michele, dunque dal 24 giugno al 29 settembre di un anno indefinito 1125. Il
giorno dell’ottava di san Pietro Ranieri da Pisa ridona la vista ad una donna di nome Cigula
1126
, mentre Rodolfucius, totalmente infermo e in pericolo di vita, viene salvato dalla morte da
Margherita da Cortona il giorno della vigilia di san Giovanni Battista 1127.
I miracoli avvengono anche in occasione delle feste comandate, che diventano così elementi
utili a localizzare nel tempo i prodigi stessi, spesso però definiti con il solo giorno, lasciando
da parte l’anno in cui si verificano. La mattina dopo l’epifania di un anno misterioso Bona da
Pisa risana il piccolo Bonaiuncta, feritosi alla testa con un coltello 1128, mentre in una delle
tante quaresime succedute alla morte di Ambrogio Sansedoni un certo Leonardus, detto
Burafana, riceve dal santo predicatore la liberazione dai forti dolori agli occhi che lo
tormentano 1129. È ancora Ambrogio che la sera del 22 marzo 1287, domenica di Passione,
salva la vita a Ristorinus, che rischia di soffocare per via di una spina di pesce conficcatasi
nella sua gola 1130. Il venerdì santo di un anno che il suo biografo non specifica Ubaldesca da
Pisa concede un prodigio ad alcune donne che le chiedono da bere: la santa attinge per loro
acqua da un pozzo, poi acconsente anche a farci il segno di croce, così da trasformare l’acqua
in vino 1131. Verso la fine della Quaresima del 1287 il muto Caluaia fa voto ad Ambrogio
Sansedoni perché gli restituisca l’uso della parola, che recupera entro la Parasceve 1132. Dopo
la Pasqua di un anno indefinito Ranieri da Pisa guarisce la concittadina Bona dal gonfiore ad
una mano 1133. Il 15 maggio 1287, domenica dell’Ascensione, Ambrogio Sansedoni guarisce il
senese Vassallus, ridotto in fin di vita da un “apostema” alla gola 1134, mentre il 25 maggio
1287, giorno di Pentecoste, lo stesso santo risuscita un neonato partorito morto 1135. La mattina
del Corpus Domini Pietro Pettinaio dissuade il senese Mino dai suoi propositi omicidi nei
confronti di un uomo che lo ha offeso 1136 e il giorno dell’Assunzione di un anno indefinito
1124
Cfr.: Miracula [Zita], 94.
1125
Cfr.: Inquisitio in partibus, 12.
1126
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 137.
1127
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 35.
1128
Cfr.: Vita sancte Bone virginis de civitate Pisana, XXXV.
1129
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 129.
1130
Cfr.: ivi, 69; Miracula [Sansedoni], VIII.
1131
Cfr.: Uita della beatissima uergine Ubaldesca, 7.
1132
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 195; Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 80.
1133
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 110.
1134
Cfr.: Summarium virtutum et Miracula, 78; Miracula [Sansedoni], XVIII.
1135
Cfr.: Summarium virtutum et Miracula, 79; Miracula [Sansedoni], XIX.
1136
Cfr.: Vita del B. Pietro Pettinajo, pp. 6164.
195
Margherita da Cortona guarisce Siluarinus da un’ernia inguinale che lo affligge da ben dodici
anni 1137. Esula dalle feste religiose, ma la sera di carnevale di un anno indefinito Torello da
Poppi ammansisce un lupo e divide con lui i doni che Carlo, conte del castello di Poppi, e gli
abitanti del luogo gli hanno offerto per festeggiare il martedì grasso 1138.
In alcuni casi si verificano coincidenze tra eventi collegati alle vicende dei santi che
operano i miracoli narrati e feste di altri santi. Ecco allora, ad esempio, che il giorno della
sepoltura di Ambrogio Sansedoni – 21 marzo 1287 – coincide con la festa di san Benedetto,
come specifica l’agiografo del santo nel raccontare i prodigi verificatisi proprio in tale
occasione sia presso il sepolcro sia a distanza. Tra questi, è di particolare interesse quello di
cui beneficia Ghiluccia, vittima di un incidente legato proprio alla sepoltura del santo, con la
donna che rimane schiacciata dalla folla nel tentativo – peraltro riuscito – di baciare la mano
di Ambrogio prima che sia seppellito e poi riceve da lui la grazia di aver salva la vita e di
guarire una volta ritornata a casa 1139. Un’infante senese affetta da una grave malattia che le
fonti non specificano viene guarita nella sua culla proprio quando il santo viene sepolto 1140.
Degna di attenzione particolare anche la guarigione della senese Beldie, il cui racconto
fornisce un ulteriore elemento cronologico, dal momento che l’agiografo specifica come la
donna, affetta da emorragia uterina, sia così debole da venire costretta a mangiare carne
nonostante sia quaresima 1141. In occasione della propria sepoltura Ambrogio risana poi anche
altri suoi concittadini accorsi a rendergli omaggio nel giorno dell’ultimo saluto, guidati sia
dalla devozione nei suoi confronti sia dalla speranza di beneficiare di una grazia: vengono
così guarite per la festa di san Benedetto una donna di nome Beldie, sofferente per una
paralisi spastica ad un braccio 1142, una certa Nella, affetta da dolorose ulcerazioni al volto 1143
e Verde, vittima di una frattura ossea al braccio sinistro degenerata in monoplegia dell’arto
1144
. Precedentemente alla sepoltura del Sansedoni ricevono la grazia anche Vannes – un
senese affetto da una seria malattia epatica 1145 – e Floritae – colpita da fistole alla mano 1146 –
1137
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 12.
1138
Cfr.: Hystoria Beati Torello de Puppio, VIII; Vita di Torello da Poppi, X.
1139
Cfr.: Summarium virtutum et Miracula, 111; Miracula [Sansedoni], II.
1140
Cfr.: Summarium virtutum et Miracula, 60; Miracula [Sansedoni], VI.
1141
Cfr.: Summarium virtutum et Miracula, 63; Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 82; Miracula
[Sansedoni], III.
1142
Cfr.: Summarium virtutum et Miracula, 54; Miracula [Sansedoni], p. 182.
1143
Cfr.: Summarium virtutum et Miracula, 56; Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 117; Miracula
[Sansedoni], IV.
1144
Cfr.: Summarium virtutum et Miracula, 61; Miracula [Sansedoni], V.
1145
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 55, 203.
1146
Cfr.: ivi, 58; Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 95. Il Summarium specifica che il miracolo
avviene la notte di san Benedetto.
196
mentre il giorno successivo alla tumulazione del santo la piccola Becuccia ritorna a
camminare dopo cinque mesi e mezzo di infermità 1147, una donna di nome Beccha recupera
l’uso di un braccio che non riusciva più a muovere liberamente e vede scomparire la febbre
che non la abbandonava da mesi 1148. Il momento della sepoltura poi è occasione di miracoli
non solo per Ambrogio, ma anche per altri santi, ad esempio Pietro Pettinaio, autore di un
prodigio all’inizio del dicembre 1289 col quale risana un uomo sofferente per un grave
tumore al petto 1149. Anche Umiltà da Faenza il 25 maggio 1310 – nel giorno in cui a Firenze
si svolgono le sue esequie solenni – libera un monaco della città dai dolori al braccio 1150, una
donna anch’essa fiorentina da una grave infermità che le impedisce di aprire la bocca persino
per parlare e mangiare 1151 e un’altra donna che l’agiografo si limita a definire gravemente
ammalata 1152. Si verificano nei giorni della morte e della sepoltura della santa anche due
miracoli operati da Umiliana dei Cerchi, il primo a favore di un bambino di Firenze ricoperto
di fistole 1153, il secondo della concittadina Richelda, inferma e affetta da un gonfiore diffuso
in tutto il corpo 1154.
I miracoli possono verificarsi anche in occasione di un altro momento importante
collegato alle vicende dei santi ed evento fondamentale nei culti ad essi tributati: la
traslazione delle reliquie, che può anch’essa avere luogo nel giorno di una festa più antica,
alla quale molto spesso si va a sostituire. La traslatio di Umiliana dei Cerchi, avvenuta il 7
agosto 1246, coincide ad esempio con la festa di san Donato ed è occasione di guarigione
dalle scrofole per la fiorentina Suave 1155. Lo stesso giorno chiede la grazia alla santa penitente
anche una bimba fiorentina affetta da fistole, che però deve aspettare due mesi prima di
vedere esaudita la propria richiesta 1156. Opera un miracolo il giorno della propria traslazione
anche Ranieri da Borgo San Sepolcro, che libera il concittadino Petrus da una fastidiosa
malattia intestinale estesa anche all’apparato urinario 1157.
Per dare un riferimento cronologico ai prodigi si rivelano utili anche le vicende terrene
dei santi, al cui interno si collocano i miracoli da essi compiuti in vita, come viene talvolta
1147
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 66.
1148
Cfr.: ivi, 67.
1149
La data della morte di Pietro Pettinaio è incerta: 4 o 5 dicembre 1289. Per la narrazione del prodigio cfr.:
Vita del beato Pietro Pettinajo, p. 120.
1150
Cfr.: Vita sancte Humilitatis abbatisse ordinis Vallisumbrose, 68; Vita di Umiltà, XLVII.
1151
Cfr.: Vita sancte Humilitatis abbatisse ordinis Vallisumbrose, 69; Vita di Umiltà, XLVIII.
1152
Cfr.: Vita sancte Humilitatis abbatisse ordinis Vallisumbrose, 70; Vita di Umiltà, XLIX.
1153
Cfr.: Miracula intra triennium ab obitum patrata, 7.
1154
Cfr.: ivi, 20.
1155
Cfr.: ivi, 38.
1156
Cfr.: ivi, 38.
1157
Cfr.: Liber miraculorum, 42.
197
specificato nelle narrazioni. Una pisana di nome Bona viene guarita da un male al braccio da
Ambrogio Sansedoni al tempo in cui il santo predica a Pisa 1158, mentre una senese affetta da
quartana vede cessare la febbre grazie all’intervento del santo concittadino che sta predicando
proprio in una chiesa di Siena 1159. In una data successiva al 1266, nel periodo in cui Umiltà da
Faenza per volere del vescovo della propria città diventa badessa del monastero della Malta,
rinominato di Santa Maria Novella, si collocano la guarigione di una consorella della santa da
una grave emorragia 1160 e la conversione di un’altra consorella che grazie alla sua potenza
spirituale si libera dal peccato 1161. Sono invece da situare nel 1281 e negli anni successivi i
miracoli operati dalla santa vallombrosana a Firenze, dove arriva in tale data e si ferma fino
alla morte, avvenuta nel 1310.
Anche la storia coi suoi eventi, palcoscenico di tutti i miracoli, talvolta viene utilizzata
per fornire un riferimento cronologico ai prodigi narrati, così che sullo sfondo delle vicende
prodigiose di cui sono protagonisti santi e miracolati ci sono la guerra e le contese locali, gli
eventi pubblici ed istituzionali, ma anche la peste o le carestie. Al tempo della guerra tra
Grosseto e i conti di Santa Fiora, il grossetano Vannuccius viene imprigionato proprio dalla
fazione comitale e liberato da Agnese da Montepulciano 1162. Durante il conflitto tra
Poggibonsi e San Gimignano, invece, è un bonizzese ad essere incarcerato nella città nemica e
a riuscire a liberarsi grazie all’intervento di Lucchese da Poggibonsi 1163, che nella stessa
guerra interviene anche a favore del volterrano Dominicus Bindi, pure lui in cella a San
Gimignano col rischio di morire di fame 1164. Umiltà da Faenza al tempo degli scontri della
propria città con Bologna predice non ascoltata l’attacco dei bolognesi a Faenza, che viene
devastata e saccheggiata dai nemici 1165, mentre Giovanna da Signa nell’agosto del 1363,
mentre è in corso la guerra tra Pisa e Firenze, salva un certo Fonfo, catturato dagli Inglesi al
soldo dei Pisani, imprigionato e condannato a morte 1166. Un cieco di nome Paulus invece si
reca presso il corpo santo di Ranieri da Borgo San Sepolcro e riceve dal santo appena morto
la grazia della restituzione della vista, ma tace su quanto accaduto perché provenendo dalla
Massa Trabaria ed essendo in corso una guerra tra Biturgensi e Massani teme di rimanere
vittima di violenze o rappresaglie dichiarando al momento della deposizione di provenire dal
1158
Cfr.: Summarium virtutum et Miracula, 24; Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 54.
1159
Cfr.: Summarium virtutum et Miracula, 25; Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 55.
1160
Cfr.: Vita sancte Humilitatis abbatisse ordinis Vallisumbrose, 31; Vita di Umiltà, XXV.
1161
Cfr.: Vita sancte Humilitatis abbatisse ordinis Vallisumbrose, 2627; Vita di Umiltà, XXI.
1162
Cfr.: Legenda Beate Agnetis de Monte Policiano, III, 11, 39.
1163
Cfr.: Vita sancti Lucensis confessoris, 11; Vita (Tolomei), 43.
1164
Cfr.: ivi, 44.
1165
Cfr.: Vita sancte Humilitatis abbatisse ordinis Vallisumbrose, 5455; Vita di Umiltà, XXXII.
1166
Cfr.: Beatae Iohannae de Signa vita et miracula, 13.
198
territorio nemico 1167. C’è la storia del papato sullo sfondo di alcuni miracoli di Caterina da
Siena: nel 1377, quando papa Gregorio XI ritorna da Avignone a Roma, la corte pontificia è
preceduta proprio dalla santa senese – protagonista dei negoziati per il rientro in Italia del
capo della Chiesa – e da alcuni religiosi che viaggiano in sua compagnia. Lungo la strada
Caterina è protagonista di diversi prodigi, dalla guarigione del nipotino del vescovo di Tolone
da un gonfiore esteso a tutto il corpo 1168 e di un monaco di Passignano (FI) sofferente per una
malattia non specificata 1169 a quella dei compagni di viaggio Nerius Paglarensis, colpito da
fortissimi dolori addominali 1170, e Stephanus de Maconibus, disturbato da febbre e vomito 1171.
Le ondate di peste che nel corso del XIV secolo mietono vittime nell’Occidente medievale
hanno echi anche nelle fonti agiografiche e i biografi dei santi talvolta contestualizzano le
guarigioni degli appestati inserendole in un quadro più ampio. È il caso dello scrittore della
Vita di Giovanna da Signa, che specifica come la guarigione di un certo Maçingus avvenga
nel 1366 al tempo della peste 1172 come già quella di Franciscus Nerozzi nel 1348 1173. In
un’ondata successiva, nel 1373, è Caterina da Siena a guarire alcuni malati, tra cui un eremita
di nome Sanctus 1174, per poi recarsi, passato il contagio, a Pisa, dov’è protagonista di altri
prodigi che Raimondo da Capua narrandone uno operato a favore di un giovane febbricitante
sottolinea si verificano dopo la peste 1175.
Un altro riferimento utilizzato dagli agiografi per collocare i miracoli sono le stagioni.
Avvengono in inverno la guarigione di un lebbroso che Filippo Benizi incontra nei boschi
dell’Appennino toscoromagnolo 1176, il risanamento di una donna affetta da “quartana”
graziata da Ambrogio Sansedoni 1177. In una giornata assai rigida, quindi presumibilmente in
inverno, Ranieri da Borgo San Sepolcro guarisce il piccolo Nerolus dall’asma 1178. Talvolta le
fonti riportano il mese dell’anno in cui avvengono i miracoli, mentre in alcuni casi gli
agiografi specificano anche in quale giorno della settimana si verificano i prodigi.
1167
La Massa Trabaria è una regione corrispondente all’attuale territorio tra il passo di Bocca Trabaria e Pieve
Santo Stefano (AR). Per la narrazione del miracolo cfr.: Liber miraculorum, 49.
1168
Nel viaggio di ritorno da Avignone Caterina è accompagnata da Raimondo da Capua, Stephanus Conradi de
Maconibus, certosino, e Nerius Landocij de Paglarensibus, eremita. Per la narrazione del miracolo cfr.: Vita
Catharinae Senensis, 267.
1169
Cfr.: Il Processo Castellano, III, p. 265.
1170
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 262263.
1171
Cfr.: ivi, 264.
1172
Cfr.: Beatae Iohannae de Signa vita et miracula, 16.
1173
Cfr.: ivi, 16.
1174
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 252253.
1175
Cfr.: ivi, 258259.
1176
Cfr.: Legenda Patris Nostri Beati Philippi, 9.
1177
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 25.
1178
Cfr.: Liber miraculorum, 51.
199
Particolarmente attenti al calendario settimanale sono i biografi di Ambrogio Sansedoni, ma
anche altri scrittori nel raccontare gli eventi prodigiosi di cui è protagonista il santo oggetto
della loro opera precisano in quale giorno si compiono. È il secondo martedì di giugno del
1287 quando il Sansedoni guarisce un bambino di nome Landuccius da una paralisi 1179 e un
mercoledì nel momento in cui salva una neonata risanandola dall’epilessia 1180 e fa passare la
febbre alla senese Vannuccia 1181. Il 7 maggio 1287 è ancora un mercoledì e la notte Ambrogio
fa cessare la febbre anche a Cesca 1182, mentre un altro mercoledì notte libera un certo Corsus
dai vermi 1183. Scorrendo i giorni si arriva al venerdì, con Ambrogio che guarisce Beccha dalla
febbre 1184 e Stephanuccia da una ciste alla gola 1185 e al sabato, quando il santo senese risana
Gheranduccius rimasto vittima di un trauma da caduta 1186 e libera Vannuccius dalla febbre e
dai vermi 1187. Anche Ranieri da Borgo San Sepolcro opera un prodigio di sabato,
esorcizzando una tifernate di nome Ricca 1188 e lo stesso Ranieri la terza domenica di
novembre del 1304, di notte, guarisce un Guido dai dolori alla schiena 1189. Domenica 29
aprile 1380 Caterina da Siena, nel giorno del proprio transito, suscita nella fedele Semia una
visione di se stessa assunta in cielo e concede alla donna anche una creazione di materia 1190,
mentre il fiorentino Benintendus una domenica sta mangiando carne e rischia di morire
soffocato con un osso andatogli di traverso, ma Umiliana dei Cerchi gli salva la vita 1191.
Margherita da Cortona invece una domenica del 1310 libera il giovane Naldus dai tormenti
del demonio 1192.
I miracoli poi si compiono nei diversi momenti della giornata 1193, dalla mattina alla
sera e anche la notte, come si deduce dalle fonti stesse, che in alcuni casi specificano quando
avviene il prodigio narrato. La maggior parte degli eventi sovrannaturali ha luogo durante il
1179
Cfr.: Summarium virtutum et Miracula, 81; Miracula [Sansedoni], XXII.
1180
Cfr.: Summarium virtutum et Miracula, 92; Miracula [Sansedoni], IX.
1181
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 73; Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 88; Miracula
[Sansedoni], XIV.
1182
Cfr.: Summarium virtutum et Miracula, 76; Miracula [Sansedoni], XVI.
1183
Cfr.: Summarium virtutum et Miracula, 75; Miracula [Sansedoni], XV.
1184
Cfr.: Summarium virtutum et Miracula, 80; Miracula [Sansedoni], XXI.
1185
Cfr.: ivi, XIII.
1186
Cfr.: Summarium virtutum et Miracula, 83, 241; Miracula [Sansedoni], XXV.
1187
Cfr.: Summarium virtutum et Miracula, 82; Miracula [Sansedoni], XXIII.
1188
Cfr.: Liber miraculorum, 9.
1189
Cfr.: ivi, 21.
1190
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 370377.
1191
Cfr.: Miracula intra triennium ab obitum patrata, 12.
1192
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 34.
1193
In epoca medievale le ore della giornata sono divise in due parti, col giorno che va dalle attuali 6 alle 18 e la
notte dalle 18 alle 6. Il giorno è diviso in quattro ore, denominate terza, sesta, nona e dodicesima o vespro; la
notte in quattro “vigilie”, prima, seconda, terza e quarta, con le 6 del mattino che corrispondono al primo albore
e le 7 alla prima ora del giorno.
200
giorno, ma circa un centinaio accade di notte. Tra i miracoli che si producono durante il
giorno è di particolare interesse il caso di una bambina pisana che mentre la sua famiglia sta
mangiando cade da una finestra del secondo piano di casa e resta incolume grazie
all’intervento di Bona da Pisa 1194. La sera del 3 dicembre di un anno indefinito Margherita da
Cortona risana il piccolo Marcucius da una calcolosi renale 1195, mentre la sera del 4 maggio
1278 Zita da Lucca libera il pisano GratiaDei da una contrattura agli arti inferiori 1196. I
miracoli avvengono nei diversi momenti del giorno e della notte, indipendentemente dalle
loro tipologie. I prodigi che si verificano con più frequenza di notte sono le liberazioni dal
carcere, concesse spesso alla vigilia dell’esecuzione di condanne capitali previste la mattina
successiva, come nel caso, ad esempio, di un tale destinato alla forca la mattina successiva
alla liberazione concessagli da Alberto da Colle Val d’Elsa 1197 e di un altro prigioniero
convinto di essere impiccato o decollato il mattino seguente, ma salvato da Margherita da
Cortona 1198.
Di notte, tuttavia, non si verificano soltanto le liberazioni dal carcere, ma anche altri
tipi di prodigi, dalle guarigioni – spesso richieste la sera e trovate attuate la mattina successiva
al voto 1199 – agli esorcismi, dalle cratofanie alle risurrezioni. Vengono liberati nelle ore
notturne dalle vessazioni demoniache la senese Laurencia – esorcizzata da Caterina da Siena
ancora in vita 1200 – e la pisana Benevenuta, liberata dalla concittadina Bona dopo essersi
consegnata al demonio invocandolo per avere i suoi poteri da utilizzare contro la suocera 1201.
Subisce un’aggressione mortale la senese Borghese, una vedova assalita di notte nel letto da
un uomo con la spada, intenzionato ad ucciderla per questioni economiche e salvata da
Ambrogio Sansedoni 1202. Lo stesso santo senese salva Guido e la moglie dall’incendio della
loro casa, scaturito da un incidente domestico, coi miracolati che stanno andando a dormire
quando una candela lasciata troppo vicino alle tende dà il via alle fiamme 1203, mentre
Margherita da Cortona risuscita il piccolo Suppolinus, morto in seguito ad una caduta 1204. Di
notte si producono anche le creazioni di materia, come il miracolo del pane di cui beneficiano
1194
Cfr.: Vita sancte Bone virginis de civitate Pisana, LXXII.
1195
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 15.
1196
Cfr.: Miracula [Zita], 67.
1197
Cfr.: Legenda B. Alberti Archipresbyteri Collensis, p. 100; Vita Beati Alberti Confessoris Archipresbiteri
Collensis, p. 108.
1198
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 22.
1199
Per la trattazione dei tempi di realizzazione del miracolo si veda il paragrafo 4.1.3 del presente studio.
1200
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 269273; Il Processo Castellano, Va, pp. 319321.
1201
Cfr.: Vita sancte Bone virginis de civitate Pisana, LXXIX.
1202
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 238.
1203
Cfr.: ivi, 257.
1204
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 36.
201
i poveri soccorsi da Galgano 1205, o episodi di signoria sulla natura – primi fra tutti le tempeste
sedate – come la risoluzione di una tempesta che fa rischiare il naufragio a un gruppo di
viaggiatori salvati in alto mare da Fina da San Gimignano 1206. Al calare della notte un gruppo
di viaggiatori diretti in Epiro viene sorpreso da una tempesta in mare e rischia di fare
naufragio, scampando al pericolo grazie all’intervento di Lucchese da Poggibonsi 1207. Una
certa Data si ostruisce la gola mandandosi di traverso un osso mentre mangia la testa del
maiale e rischia di morire soffocata, ma alla seconda ora della notte Giovanna da Signa le
salva la vita 1208. Arriva dopo mezzanotte la grazia per il piccolo Suppolinus, morto cadendo
da una finestra alta della casa e risuscitato da Margherita da Cortona dopo che il suo cadavere
è rimasto esposto dall’ora nona alla mezzanotte 1209. Caterina da Siena prega dalla quinta ora
della notte fino alla mattina per ottenere la conversione di Andreas Naidini, che infine ottiene
1210
.
Una ventina di miracoli avvengono di mattina, nelle diverse ore che si susseguono dal
levare del sole a mezzogiorno. Il 26 marzo 1287 prima dell’ora terza Ambrogio Sansedoni
guarisce un’infante colpita dall’epilessia 1211 e due mesi dopo, il 25 maggio 1287, alla stessa
ora risuscita il figlio della senese Nese, nato morto e sfuggito ad ogni tentativo di rianimarlo
operato dalle donne che hanno assistito al parto 1212. L’8 novembre 1304 all’ora terza Ranieri
da Borgo San Sepolcro esorcizza una donna di nome Ricca, resa inferma, cieca e sorda dal
demonio 1213, mentre accade il 20 febbraio 1305 sempre all’ora terza l’incidente occorso ad un
piccolo biturgense – salvato anche lui dal concittadino Ranieri 1214 – al quale resta di traverso
un pezzo di vetro di una tazza rotta inghiottito accidentalmente. Il signese Iohanne viene
portato al romitorio di Giovanna da Signa a mezzogiorno, per essere guarito da una cancrena
al piede 1215, mentre il piccolo Landuccius viene colpito da paralisi a mezzogiorno del secondo
lunedì di giugno, per poi essere risanato il giorno successivo da Ambrogio Sansedoni 1216. È
1205
Cfr.: Inquisitio in partibus, 2; Vita beati Galgani, 10; Legenda sancti Galgani confexoris, VII.
1206
Cfr.: Legenda sancte Fine, 18; Legenda s. Fine Virginis, 13.
1207
Cfr.: Vita (Tolomei), 48.
1208
Cfr.: Beatae Iohannae de Signa vita et miracula, 14.
1209
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 36.
1210
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 224227; Il Processo Castellano, II, p. 44, Va, pp. 296298.
1211
Cfr.: Summarium virtutum et Miracula, 92; Miracula [Sansedoni], IX.
1212
Cfr.: Summarium virtutum et Miracula, 79; Miracula [Sansedoni], XIX.
1213
Cfr.: Liber miraculorum, 9.
1214
Cfr.: ivi, 44.
1215
Cfr.: Beatae Iohannae de Signa vita et miracula, 7.
1216
Cfr.: Summarium virtutum et Miracula, 81; Miracula [Sansedoni], XXII.
202
invece l’ora nona quando Naldus viene ritrovato nelle campagne del cortonese dopo essere
stato rapito dal demonio, da cui lo libera Margherita da Cortona 1217.
4.1.3 I tempi di realizzazione del prodigio
Solitamente i miracoli hanno tempi di attuazione piuttosto rapidi e la maggior parte
dei prodigi – oltre la metà di quelli registrati nelle fonti che costituiscono il dossier
documentario del presente studio – si compie subito dopo aver fatto voto e richiesta della
grazia al santo 1218, indipendentemente dalla loro tipologia e da chi abbia pregato a favore
dell’intervento sovrannaturale, se direttamente il miracolato o una persona diversa. Occorre
davvero una frazione di secondo a Margherita da Cortona, per salvare da morte sicura un
bimbo caduto da una finestra alta della propria casa e atterrato del tutto incolume senza
riportare alcuna ferita grazie alla raccomandazione alla santa fatta dalla madre proprio mentre
il piccolo sta cadendo 1219, così come a Bona da Pisa per salvare allo stesso modo una bambina
di due anni anche lei precipitata da una finestra della sua casa pisana e arrivata a terra
incolume grazie alla materna invocazione della santa concittadina 1220. Stessa soluzione
positiva, grazie al voto formulato da una donna che la vede cadere, per una nobile senese che
precipita da una finestra di casa e resta illesa grazie ad Andrea Gallerani 1221.
Può succedere, però, che nonostante il miracolo si realizzi immediatamente non venga
scoperto subito, ma passi del tempo prima che i miracolati si rendano conto di aver
beneficiato della grazia richiesta. È piuttosto frequente, ad esempio, che i bisognosi formulino
voti la sera prima di coricarsi e scoprano di essere stati esauditi la mattina al loro risveglio,
anche se i prodigi si sono prodotti non appena richiesti. È questo il caso, tra gli altri, del
pisano Henricus, che si rivolge a Bona da Pisa perché lo guarisca da un “apostema”, viene
risanato subito, ma – come specifica l’agiografo – soltanto il mattino seguente scopre di aver
ricevuto il miracolo richiesto e di essere in perfetta salute 1222. Similmente un prodigio operato
da Lucchese da Poggibonsi a favore dei due fratelli di Recanati (MC) – uno omicida dell’altro
e per questo condannato a morire seppellito insieme alla propria vittima – salvati entrambi
dalla morte viene compiuto durante il giorno, subito dopo la sepoltura dell’assassino, ma
1217
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 34.
1218
Su un totale di 1383 narrazioni in 837 casi le fonti specificano che il miracolo oggetto della scrittura si
compie subito dopo aver formulato la richiesta al santo.
1219
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 52.
1220
Cfr.: Vita sancte Bone virginis de civitate Pisana, LXXII.
1221
Cfr.: Vita di Beato Andrea de Gallerani da Siena, 51.
1222
Cfr.: Vita sancte Bone virginis de civitate Pisana, LXXVIII.
203
viene scoperto la mattina seguente da alcuni bambini che giocando nei pressi del cimitero
vedono muoversi la terra e danno l’allarme 1223. Tuttavia, talvolta accade – là dove le fonti
danno informazioni sui tempi di realizzazione del miracolo, spesso taciuti dagli agiografi e
difficilmente deducibili da altri elementi presenti nel testo – che i prodigi non si compiano
immediatamente dopo essere stati richiesti, ma passi del tempo prima che coloro che li hanno
richiesti ne possano beneficiare. La quantità di questo tempo varia a seconda dei casi e i fedeli
devono aspettare a volte solo qualche ora altre addirittura alcuni mesi per vedere esaudite le
loro richieste 1224. È sufficiente mezz’ora di attesa a Raimondo da Capua per guarire dalla
peste grazie all’intervento di Caterina da Siena 1225, mentre un bambino senese colpito da una
grave malattia che lo fa sembrare morto viene raccomandato dai genitori ad Ambrogio
Sansedoni e un’ora dopo il voto il santo esaudisce la loro richiesta restituendo perfetta salute
al piccolo 1226. Il figlio del senese Minutius nasce prematuro e senza vita, con grande
disperazione del padre, che si rivolge a Francesco da Siena affinché lo faccia vivere e passate
tre ore ottiene dal santo servita la risurrezione del piccolo 1227, così come a qualche ora dal
voto il signese Michael Lilii Banbi ottiene dalla santa concittadina Giovanna la guarigione da
una grave forma di paraplegia agli arti inferiori 1228. In alcuni casi passa una notte prima che le
richieste vengano esaudite, coi bisognosi che fanno voto la sera prima di andare a dormire e il
mattino dopo si svegliano sanati. Succede così per la senese Beccha, guarita dalla febbre da
Ambrogio Sansedoni 1229 e per Cecchus, feritosi alla testa con un vaso da vino che gli cade
addosso dall’alto e risanato dallo stesso santo predicatore 1230.
L’indemoniata Jacobina sosta tutta la notte presso il corpo santo di Zita da Lucca
prima di essere liberata 1231, così come Palmeria, ossessa esorcizzata dalla stessa santa nella
medesima maniera e sempre dopo una notte di attesa 1232. Ser Bartholomaeus invece deve
attendere il tempo necessario a compiere i dovuti omaggi al sepolcro prima di ricevere la
grazia della guarigione dalla paralisi con cui Francesco da Siena lo punisce per non aver
1223
Cfr.: Vita (Tolomei), 39.
1224
Spesso gli agiografi non definiscono questi tempi di attesa, che in un centinaio di narrazioni sono
semplicemente ritenuti brevi, senza però fornire altre spiegazioni in proposito.
1225
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 254255; I miracoli di Caterina di Iacopo da Siena, XXIV; Il Processo
Castellano, Vb, p. 344.
1226
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 194.
1227
Cfr.: Legenda beati Francisci de Senis, 14.
1228
Cfr.: Beatae Iohannae de Signa vita et miracula, 12.
1229
Cfr.: Summarium virtutum et Miracula, 80; Miracula [Sansedoni], XXI.
1230
Cfr.: Summarium virtutum et Miracula, 87; Miracula [Sansedoni], XXVIII.
1231
Cfr.: Miracula [Zita], 71.
1232
Cfr.: ivi, 72.
204
creduto ai suoi miracoli 1233. Spesso il tempo di attesa si aggira sulle ventiquattr’ore, come nel
caso, tra gli altri, di una donna di nome Maffaea, sofferente per una contrattura alla gamba e
al ginocchio e guarita il giorno dopo aver pregato Ambrogio Sansedoni 1234 e di una bambina
paraplegica dalla nascita anche lei risanata il giorno successivo alla richiesta della grazia 1235.
Raimondo da Capua chiede a Caterina da Siena il perdono dai propri peccati e il giorno dopo
la sua richiesta ha una visione salvifica e si sente liberato da ogni male, come ha chiesto alla
santa domandando una prova a lui visibile di tale perdono 1236.
Dopo due giorni di suppliche la senese Soza si sveglia guarita dalle fistole al braccio,
segno che Ambrogio Sansedoni ha esaudito le sue preghiere 1237, così come la sangimignanese
Beldia, alla quale una malattia articolare rende una mano gonfia e dolorante, risanata poi dalla
concittadina Fina due giorni dopo averla pregata di intervenire in suo favore 1238 e persino il
porco di un certo Iohannes, infermo e inappetente, viene guarito da Giovanna da Signa a
quarantott’ore dalle preghiere del padrone 1239. Attendono tre giorni prima di ricevere il
miracolo un donna di nome Adalatia, risanata da un’emorragia uterina da Ranieri da Pisa 1240 e
Guido Nerii, guarito da una forma di tremore estesa a tutto il corpo da Francesco da Siena,
che interviene in suo favore passati tre giorni e tre notti dal voto 1241. Trascorrono sei giorni
prima che si compia la miracolosa guarigione di Berta dalle cisti purulente alla mano e al
braccio operata da Ranieri da Pisa 1242, otto prima che lo stesso santo liberi dalla malattia un
concittadino colpito da fistole e scrofole al collo 1243 e ancora otto perché un paraplegico di
nome Atho ritorni a camminare grazie all’intervento in suo favore operato da Galgano 1244.
Avviene poi entro otto giorni anche il risanamento delle fistole alle gambe di Finedora,
soccorsa da Umiliana dei Cerchi 1245, mentre prima che passino due settimane
dall’invocazione del miracolo Athopardus riesce ad evadere dal carcere con l’aiuto di Ranieri
da Pisa 1246. Ricevono la grazia richiesta trascorsi quindici giorni dalla preghiera anche un
1233
Cfr.: Legenda beati Francisci de Senis, 5.
1234
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 68; Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 73.
1235
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 173; Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 75.
1236
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 8789.
1237
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 158; Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 93.
1238
Cfr.: Legenda sancte Fine, 10; Legenda s. Fine Virginis, 1.
1239
Cfr.: Beatae Iohannae de Signa vita et miracula, 20.
1240
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 122.
1241
Cfr.: Legenda beati Francisci de Senis, 13.
1242
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 183.
1243
Cfr.: ivi, 92.
1244
Cfr.: Inquisitio in partibus, 12.
1245
Cfr.: Miracula intra triennium ab obitum patrata, 19.
1246
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 115.
205
giovane cieco cui Ambrogio Sansedoni restituisce la vista e 1247 il figlio del fiorentino Riccius,
ricoperto di fistole in tutto il corpo e guarito da Umiliana dei Cerchi 1248. Ambrogio Sansedoni
esaudisce entro la Parasceve il voto fatto da Caluaius verso la fine della Quaresima per
ritrovare l’uso della parola 1249, mentre una bimba fiorentina affetta da fistole domanda la
grazia della guarigione ad Umiliana dei Cerchi il giorno della sua traslatio, ma deve aspettare
due mesi prima di essere risanata 1250.
In alcuni casi i miracoli – specialmente quando si tratta di taumaturgie – avvengono in
due tempi e si ha dapprima un miglioramento delle condizioni del malato, solitamente subito
dopo aver formulato il voto, poi la guarigione definitiva, che si compie in poche ore o dopo
alcuni giorni. La moglie di un certo Vassallus chiede ad Ambrogio Sansedoni che risani il
marito da un “apostema” alla gola, le condizioni dell’uomo migliorano immediatamente e il
mattino successivo si alza completamente guarito 1251, così come la perugina Letizia – che fa
voto ad Agnese da Montepulciano per ritrovare la vista, scorge subito un miglioramento e il
giorno successivo è guarita del tutto 1252 – e la senese Pianella, sordomuta e affetta da cisti e
fistole, che scompaiono nell’arco di una notte dopo l’immediato miglioramento 1253. Il
tifernate Perus si raccomanda a Ranieri da Borgo San Sepolcro per risolvere positivamente un
trauma addominale, il mattino dopo il voto si alza migliorato e in tre giorni guarisce del tutto
1254
, lo stesso tempo che impiega Giovanna da Signa a concedere piena guarigione ad un
appestato lucchese, subito migliorato e poi risanato completamente 1255. Trascorrono tre giorni
dal voto prima che Janna, inferma da anni, ottenga un miglioramento delle proprie condizioni
da Zita da Lucca, che dopo altri quattro la guarisce del tutto 1256, mentre Ganus Piccolomini
subito riscontra dei progressi nella propria malattia, poi in cinque giorni Ambrogio Sansedoni
gli ridona piena salute 1257. Lo stesso santo senese guarisce un giovane paraplegico di nome
Iunctinus, per il quale fanno voto sia la madre sia la nonna, ottenendo un risultato parziale
nella guarigione dopo il voto materno e totale in seguito alle preghiere della nonna 1258.
1247
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 184; Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 78.
1248
Cfr.: Miracula intra triennium ab obitum patrata, 7.
1249
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 195; Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 80.
1250
Cfr.: Miracula intra triennium ab obitum patrata, 38.
1251
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 78; Miracula [Sansedoni], XVIII.
1252
Cfr.: Legenda Beate Agnetis de Monte Policiano, III, 7, 67.
1253
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 62.
1254
Cfr.: Liber miraculorum, 50.
1255
Cfr.: Beatae Iohannae de Signa vita et miracula, 10.
1256
Cfr.: Miracula [Zita], 90.
1257
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 155; Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 92; Miracula
[Sansedoni], XII.
1258
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 174.
206
Recuperano la salute in pochi giorni, dopo un istantaneo miglioramento, anche un’appestata
di nome Antonia graziata da Giovanna da Signa 1259 e la povera Druda, paraplegica che in
quattro giorni recupera alla perfezione l’uso degli arti inferiori, già migliorato per merito di
Ranieri da Borgo San Sepolcro non appena formulato il voto 1260. Avviene in due tempi anche
la guarigione di Niua Guidaccii, che si rivolge a Margherita da Cortona perché debilitata da
febbre e tosse e vede scomparire la tosse dopo otto giorni e la febbre dopo quindici, come
indicatole dalla santa 1261. Deve attendere una settimana in più la piccola Becuccia per
recuperare l’uso delle gambe, già in parte riacquistato subito dopo il contatto con la terra del
sepolcro di Ambrogio Sansedoni 1262. Maria de Senso è cieca e monoplegica a causa di una
contrattura e guarisce in due momenti diversi dalle due malattie: in breve tempo Zita da Lucca
le restituisce la vista, dopo una decina di giorni le concede invece la guarigione dalla
contrattura e può tornare a camminare 1263.
4.2 I luoghi
4.2.1 Luoghi della richiesta e luoghi del miracolo
I luoghi del miracoloso si collegano a due momenti ben precisi dell’evento prodigioso:
la richiesta del miracolo e il verificarsi del prodigio, passaggi fondamentali dell’evento
sovrannaturale, legati entrambi ad uno spazio fisico che è geografico e al tempo stesso
sociale. Che si tratti di un miracolo in vita o post mortem l’intervento del santo può essere
richiesto e manifestarsi sia presso la sua persona o il suo sepolcro – o nelle vicinanze di questi
– sia a distanza. Nel caso in cui l’episodio miracoloso non avvenga nello spazio fisico del
santo vivo o in quello della sua sepoltura richieste e miracoli possono aver luogo nei posti più
disparati. I miracoli a distanza avvengono nelle case, nei luoghi sacri e in quelli pubblici, in
città e in campagna e negli spazi aperti, in mare o sulla terraferma. Parlare di luoghi in
relazione ai miracoli significa poi fare riferimento anche ai miracolati e alla loro provenienza
geografica, più o meno vicina a quella del santo cui ricorrono per ottenere la grazia e il
relativo superamento delle difficoltà, talvolta coincidente con il luogo della richiesta del
miracolo e della sua attuazione talvolta da esso differente.
1259
Cfr.: Beatae Iohannae de Signa vita et miracula, 11.
1260
Cfr.: Liber miraculorum, 18.
1261
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 70.
1262
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 66.
1263
Cfr.: Miracula [Zita], 96.
207
Non sempre le fonti definiscono con precisione i luoghi in cui i miracoli sono richiesti
e quelli in cui essi avvengono, anche se è possibile a volte procedere deduttivamente 1264. Il
trenta per cento circa delle richieste dei prodigi vengono formulate nello spazio del santo, sia
esso in vita o sepolto, mentre i miracoli che effettivamente si compiono intorno al santo o alle
sue spoglie, sono oltre il quaranta per cento a distanza, mentre le restanti situazioni non
consentono localizzazioni. Per quanto riguarda invece i luoghi in cui i miracoli avvengono
oltre la metà sono avvenuti a distanza, mentre uno scarso quaranta per cento è collegato allo
spazio fisico del santo. Là dove i prodigi vengono localizzati si nota come il luogo in cui si
domanda il miracolo nella maggior parte dei casi coincida con quello dove effettivamente
esso avviene, ma possono anche essere totalmente diversi, allargando così la sfera del
miracoloso e mostrando come la potenza dei santi possa manifestarsi senza limiti di carattere
fisico. La mancata corrispondenza tra il luogo della richiesta del miracolo e quello dove il
prodigio effettivamente avviene può verificarsi sia nei miracoli in vita sia in quelli post
mortem e si possono verificare sia casi di miracoli richiesti presso il santo o il sepolcro che
poi si compiono a distanza sia casi di prodigi richiesti lontano ma che vengono operati nello
spazio del santo, vivo o morto che sia.
Per quanto riguarda i miracoli in vita gli episodi dove si verifica una mancata
corrispondenza tra il luogo della richiesta del miracolo e quello dove si compie l’evento
sovrannaturale sono otto su un totale di oltre duecento miracoli operati dai santi in questione
nel corso della loro vita terrena. Si tratta sempre – tra i casi presenti nella documentazione
toscana basso medievale – di prodigi richiesti presso il santo e avvenuti poi a distanza, nelle
abitazioni o in spazi di genere diverso, talvolta non specificati dalle fonti. Una donna
cortonese quando si accorge che suo figlio giace sul letto freddo e senza respiro si precipita
disperata nella cella di Margherita da Cortona e la prega di far tornare in vita il bambino, che
nel medesimo letto si risveglia e viene trovato vivo e in salute dalla madre al momento del
suo rientro a casa 1265. Vicenda simile quella di un piccolo senese che muore soffocato nella
culla mentre la madre assiste alla predica di Ambrogio Sansedoni: tornando a casa la donna
scopre il figlio morto, allora fa ritorno dal santo e lo supplica di restituirglielo vivo, cosa che
avviene senza che il bambino si muova dalla culla 1266. La madre del pisano Suavithus, affetto
1264
Un’alta percentuale di narrazioni di miracoli è priva di qualunque riferimento ai luoghi dei prodigi oppure
fornisce informazioni frammentarie, relative alla sola richiesta del miracolo o al compiersi del prodigio. La Vita
di Pietro Pettinaio addirittura non fornisce in alcun caso indicazioni sui luoghi del miracolo, anche se si può
supporre che si tratti di prodigi avvenuti a Siena e nei dintorni.
1265
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 37.
1266
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 26; Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 56.
208
da una fortissima febbre, si reca da Ranieri da Pisa e lo supplica di far guarire il figlio, il santo
la rassicura in tal senso e il malato ritorna in salute senza muoversi dalla propria dimora 1267.
Stessa sorte per un altro pisano di nome Athopardus, anch’egli colpito da una forma
violentissima di febbre e in pericolo di vita: ai familiari che ne domandano la salvezza al suo
cospetto Ranieri risponde che lo troveranno sanato al loro ritorno a casa, come in effetti
avviene 1268. Sempre a Pisa un certo Guido, preoccupato per le condizioni della moglie
Adalatia, sofferente per un’emorragia uterina, si reca da Ranieri in cerca della grazia e la
donna guarisce nella propria casa seguendo semplicemente le indicazioni del santo date al
marito 1269. Bartolomeo Dominici, domenicano senese malato di peste, viene raccomandato
personalmente a Caterina da Siena dal compagno Raimondo da Capua, agiografo della santa,
e ottiene la guarigione a distanza, presumibilmente nel convento cittadino 1270 Un altro
predicatore senese di nome Thomas si avvicina alla stessa Caterina e la prega di suscitare la
conversione del concittadino Andreas Naidini, un peccatore che grazie all’intervento della
santa si pente del male commesso e nella sua casa riceve i sacramenti prima di morire 1271.
Avviene invece sul patibolo del carcere senese un prodigio chiesto sempre a Caterina da una
certa Alexia, sua compagna, che sconvolta dalla vista di due malfattori condannati a morte
che rifiutano la confessione, si precipita dalla santa e la supplica di intervenire per salvarli
dalla dannazione eterna, ottenendo la conversione dei due uomini proprio ai piedi della forca
1272
. Viene richiesto dai familiari di un anonimo indemoniato di Proceno (VT) che si recano al
convento di Agnese da Montepulciano un esorcismo per il loro congiunto tormentato dal
demonio, che viene però liberato dalla possessione demoniaca tra le mura domestiche 1273.
Anche nei miracoli post mortem talvolta il luogo della richiesta e quello del prodigio
non coincidono e si registrano sia episodi di voti formulati sulle tombe e prodigi avvenuti
lontano da esse, spesso nelle dimore stesse dei miracolati sia casi in cui la richiesta avviene a
distanza e il miracolo presso il sepolcro. Tra coloro che richiedono l’intervento del santo
presso il sepolcro e ne beneficiano a distanza c’è il senese Istagio, un uomo esiliato a Poppi
(AR) forse per motivi politici, che prega sulla tomba di Torello per poter tornare in patria e
ottiene la grazia richiesta lontano dal sepolcro, forse nella sua dimora 1274. Procede in modo
1267
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 80.
1268
Cfr.: ivi, 115.
1269
Adalatia deve bere per tre giorni l’acqua benedetta da Ranieri. Per la narrazione del miracolo cfr.: ivi, 122.
1270
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 256; I miracoli di Caterina di Iacopo da Siena, XXV; Il Processo
Castellano, Vb, p. 344.
1271
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 224227; Il Processo Castellano, II, p. 44, Va, pp. 296298.
1272
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 228230; Il Processo Castellano, II, p. 43.
1273
Cfr.: Legenda Beate Agnetis de Monte Policiano, I, 11, 28.
1274
Cfr.: Hystoria Beati Torello de Puppio, XXIXXIII; Vita di Torello da Poppi, XXIII.
209
simile la guarigione di un infante lucchese portato dalla madre sull’altare della chiesa
cittadina dedicato a Bona da Pisa, votato alla santa di fronte alla sua immagine e risanato dalla
paralisi totale che colpisce il suo piccolo corpo una volta ritornato a casa 1275. Si reca da solo
sull’altare di Bona, stavolta a Pisa, un artigiano della città di nome Iohannes, punito dalla
santa per non aver rispettato la sua festa: l’uomo si pente e desidera il perdono, che riceve
insieme alla guarigione dal gonfiore alla mano con cui è stato castigato, accordatagli da Bona
lungo la strada di casa 1276. Similmente, una donna fiorentina da tempo malata arriva alla
sepoltura di Umiltà da Faenza per chiederle di restituirle la salute e si ritrova guarita poco
tempo dopo, una volta ritornata a casa 1277, così come il tifernate Guido, tormentato da dolori
fortissimi e più volte tentato di togliersi la vita, che si fa condurre presso il corpo santo di
Ranieri da Borgo San Sepolcro, fa voto e presa un pezzetto della tunica del santo ritorna a
casa, dove riceve il miracolo 1278. Presso lo stesso corpo santo di Ranieri si reca da sola una
donna biturgense che, incinta, chiede al santo di far vivere il nascituro almeno il tempo di
essere battezzato, visto che ha già partorito altri neonati nati morti e mai più recuperati alla
grazia di Dio. Come temuto dalla donna, quando questa partorisce nella sua casa il bambino
nasce morto, ma viene risuscitato da Ranieri e non solo riceve il battesimo, ma vive in perfetta
salute 1279. Un bambino fiorentino pieno di fistole è condotto vicino al corpo santo di Umiliana
dei Cerchi, ma viene guarito lontano da esso ben due settimane dopo 1280. Un’indemoniata di
nome Sophia in un momento di lucidità si reca sulla tomba di Ranieri da Pisa per domandargli
la liberazione dal demonio, che smette di tormentarla ed esce da lei dopo poco tempo, una
volta rientrata a casa 1281. Una fiorentina ridotta in fin di vita da una malattia sconosciuta viene
raccomandata a Umiltà da Faenza dal padre, che prega sulla sua tomba, mentre la figlia viene
risanata nella loro casa qualche tempo dopo, anche grazie al contatto con una reliquia della
santa 1282. Caso simile quello del tifernate Ciscus, affetto da una forma gravissima di febbre
quartana, raccomandato presso il corpo santo di Ranieri da Borgo San Sepolcro dalla nonna e
guarito nella propria casa, anche qui col concorso di una reliquia del santo 1283. Di particolare
interesse, poi, è un prodigio operato a Bologna da Lucchese da Poggibonsi, che rimedia
all’amputazione accidentale di un arto ad un cliente da parte di un macellaio di origine
1275
Cfr.: Miracula sancte Bone, VII; Vita sancte Bone virginis de civitate Pisana, LXIX.
1276
Cfr.: Vita sancte Bone virginis de civitate Pisana, LXXXI.
1277
Cfr.: Vita sancte Humilitatis abbatisse ordinis Vallisumbrose, 69; Vita di Umiltà, XLVIII.
1278
Cfr.: Liber miraculorum, 21.
1279
Cfr.: Liber miraculorum, 25.
1280
Cfr.: Miracula intra triennium ab obitum patrata, 7.
1281
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 171.
1282
Cfr.: Vita sancte Humilitatis abbatisse ordinis Vallisumbrose, 73; Vita di Umiltà, LVI.
1283
Cfr.: Liber miraculorum, 31.
210
bonizzese: sia la richiesta del miracolo che il suo compimento avvengono a distanza, ma si
tratta di due luoghi differenti, poiché il macellaio subito dopo l’incidente si precipita a pregare
nella chiesa cittadina di San Bartolomeo, mentre il ferito si sveglia risanato nel proprio letto la
mattina successiva al fattaccio, con la mano perfettamente risaldata 1284.
Numerosi sono i casi in cui uomini e donne tormentati da mali di diversa natura si
recano o sono condotti a chiedere la grazia sulla tomba di Ambrogio Sansedoni e ricevono il
miracolo richiesto lontano da essa, anche in questo caso per lo più in casa. Una donna dei
dintorni di Siena di nome Maffaea, sofferente per una contrattura alla gamba, si fa
accompagnare al sepolcro di Ambrogio e vi staziona tutta la notte pregandolo di farla guarire.
Il mattino successivo si fa portare all’ospedale, dove avviene il miracolo e si ritrova sanata per
i meriti del santo 1285. Guarisce invece nella sua casa la figlia di quattro anni di una certa
Margarita, condotta anche lei presso il sepolcro di Ambrogio dalla madre per chiedere la
grazia al santo e riportata a casa dopo averlo toccato 1286. Viene portato sul sepolcro del santo
senese anche un guardiano di porci di Montepulciano (SI) aggredito dal demonio in campagna
e rimasto muto e con un braccio paralizzato in seguito al diabolico assalto. La nonna ne
chiede la guarigione e qualche giorno dopo, una volta rientrato a casa, il giovane si trova
perfettamente risanato e libero da qualunque influenza maligna 1287. La madre della senese
Pisanella conduce la figlia sul sepolcro del Sansedoni perché possa chiedergli la guarigione da
un grave “apostema”, che sparisce una volta rientrata a casa, dove torna con una reliquia del
santo 1288. Similmente la madre della piccola Becuccia porta la figlia paraplegica sulla tomba
del santo concittadino e la bambina guarisce nella propria casa dopo un breve periodo e il
contatto a domicilio con una reliquia del santo 1289. Si reca sul sepolcro di Ambrogio a
chiedergli di risparmiare la figlia la madre di Mita, ridotta in fin di vita nella sua casa senese
dalla febbre e dal gonfiore alla gola, che in seguito alla richiesta abbandonano la miracolata
senza che questa si sposti dal proprio letto 1290. La madre di Nicoluccius, un bimbo senese con
la gola gonfia, fa voto al santo presso il suo sepolcro perché guarisca il figlio e quando rientra
a casa lo trova in perfetta salute 1291. Similmente il padre di un fanciullo che riporta un trauma
1284
Cfr.: Vita (Tolomei), 57.
1285
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 68; Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 73.
1286
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 173; Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 65.
1287
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 171; Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 81.
1288
Si tratta di un pugno di terra del sepolcro con cui la miracolata si fabbrica un amuleto. Per la narrazione del
miracolo cfr.: Summarium virtutum et miracula, 62.
1289
Si tratta anche in questo caso di terra del sepolcro del santo, utilizzata dalla madre di Becuccia per lavare la
figlia. Per la narrazione del miracolo cfr.: ivi, 66.
1290
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 114.
1291
Cfr.: ivi, 148.
211
cranico nel corso di una rissa e che versa in gravissime condizioni si reca sulla tomba di
Ambrogio a pregare per la salvezza del figlio, risanato nella sua casa dalla potenza spirituale
del santo concittadino 1292. Frater Dinus, eremita senese sofferente per via di forti dolori,
prega invece da solo sulla tomba del Sansedoni perché lo guarisca e, rientrato al suo
romitorio, il mattino dopo si ritrova perfettamente sanato 1293. Al contrario di tutti i bisognosi
precedenti, una donna senese di nome Gemma caduta in povertà insieme al marito non chiede
guarigioni ad Ambrogio, ma domanda sulla sua tomba di ottenere l’aiuto di un fratello che
sprezzante si rifiuta di soccorrerla. Grazie all’intervento del santo l’uomo cambia del tutto
atteggiamento nei confronti della sorella meno fortunata e le viene in aiuto 1294.
In alcuni casi la richiesta del miracolo viene formulata lontana dal sepolcro o dal
corpo santo, ma il prodigio si compie, per motivi differenti, solo quando i bisognosi si recano
fisicamente sulla tomba del santo, invocato in precedenza da loro stessi o da terze persone.
Una giovane psicopatica dei dintorni di Assisi (PG), già raccomandata dai familiari a
Margherita da Cortona nella loro località di origine, viene portata sul suo sepolcro e lì avviene
il miracolo 1295. Viene condotta alla tomba di Ranieri da Pisa, dove la deposita il padre, anche
una donna pisana colpita da una grave malattia e creduta addirittura morta, già votata al santo
a distanza e guarita al momento del contatto con la sepoltura 1296. Un contractus della
lucchesia di nome Vivianus senza recarsi al suo sepolcro chiede a Zita da Lucca di essere
guarito e di poter camminare senza difficoltà. Qualche giorno dopo però il malato raggiunge
la tomba della santa insieme al padre e lì avviene il miracolo richiesto 1297. Fa lo stesso a
Firenze una certa Joannetta, serva cui la gotta impedisce di lavorare, per cui si rivolge ad
Umiliana dei Cerchi, che prega dapprima a distanza e poi direttamente sul sepolcro, dove si
produce la guarigione 1298.
Eccezionalmente i luoghi dove il miracolo viene richiesto oppure si verifica possono
sdoppiarsi, sia perché la richiesta viene ripetuta in due tempi o da due persone diverse sia
perché il prodigio si realizza in due fasi successive distanti l’una dall’altra. Il fiorentino
Hostenvallus, desideroso di guarire dalla “squinanzia” fa voto a Umiliana dei Cerchi lontano
dal suo sepolcro, poi compie il pellegrinaggio alla tomba e qui viene risanato dopo aver
1292
Cfr.: ivi, 235.
1293
Cfr.: ivi, 138.
1294
Cfr.: ivi, 216.
1295
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 8.
1296
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 147.
1297
Cfr.: Miracula, 87.
1298
Cfr.: Miracula intra triennium ab obitum patrata, 10.
212
rinnovato la richiesta di grazia 1299. Anche la senese Bonauentura formula due volte ad
Ambrogio Sansedoni la propria richiesta di guarigione dalla “squinanzia”: fatto voto una
prima volta a distanza, la donna si reca al sepolcro del santo in seguito ad una visione e lì una
volta rifatto voto riceve la grazia 1300. Di segno opposto e di particolare interesse, poi, un
miracolo operato da Caterina da Siena a cavallo tra in vita e post mortem senza che nessuno
formuli una richiesta in proposito e riferibile sia al sepolcro sia allo spazio lontano da esso. Si
tratta della conversione di un certo Franciscus de Malauoltis, giovane nobiluomo senese dalla
vita dissoluta, che la santa persuade in vita a convertirsi e che continua a seguire anche dopo
la morte, producendo così un miracolo che prende avvio presso di lei e perdura nello spazio e
nel tempo al di là della dimensione fisica della spirituale benefattrice 1301. Sono protagonisti di
prodigi compiuti tra la vita terrena e quella celeste anche Galgano e Fina da San Gimignano,
che ascoltano le richieste dei prodigi prima del trapasso e le esaudiscono una volta saliti al
cielo, con tempi e luoghi diversi. Il padre di un fanciullo con gambe e braccia contratte chiede
di persona a Galgano di risanare il figlio recandosi da lui quando ancora è in vita: il santo gli
risponde che il ragazzo sarà guarito e potrà lavorare con le sue mani, ma il miracolo avviene a
distanza solo dopo la morte del santo 1302, mentre Beldia, sofferente per una malattia articolare
alla mano, domanda la grazia a Fina – di cui è stata nutrice – prima del suo trapasso e poi
resta seduta accanto al feretro della santa per due giorni continuando a pregare, fino ad
ottenere la guarigione 1303.
4.2.2 Lo spazio del santo, del sepolcro e del corpo santo
Nella richiesta e nel compimento del miracolo lo spazio che circonda il santo sia in
vita sia dopo la morte riveste un ruolo di grande importanza, pur non trattandosi di un luogo
esclusivo, vista la capacità dei santi di operare miracoli anche al di fuori del loro limitare
fisico. Là dove le fonti riferiscono i luoghi di richiesta e attuazione dei miracoli risulta che in
un abbondante trenta per cento dei casi gli interventi sovrannaturali vengono richiesti nello
spazio fisico del santo e si verificano in questo medesimo posto nel quaranta per cento circa
delle situazioni. La discrepanza tra i due dati è dovuta sia all’imprecisione degli agiografi, che
talvolta registrano solo uno dei due dati, o il luogo della richiesta o quello del prodigio, sia –
1299
Cfr.: ivi, 41.
1300
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 104.
1301
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 295296; Il Processo Castellano, II, p. 41, XIII, pp. 377379.
1302
Cfr.: Inquisitio in partibus, 3; Vita beati Galgani, 16; Legenda sancti Galgani confexoris, XI.
1303
Cfr.: Legenda s. Fine Virginis, 1; Legenda sancte Fine, 10.
213
come si è visto – alla mancata corrispondenza tra dove si prega per ricevere il miracolo e dove
realmente se ne beneficia 1304.
Lo spazio del sepolcro o del santo non appartengono alla vita quotidiana dei
miracolati, che per entrare in relazione con esso per esprimere le loro richieste o per ricevere
prodigi al suo interno si spostano e lo raggiungono mossi da bisogni di vario genere. Si
correla dunque a questa forma di attesa il pellegrinaggio – al sepolcro o presso il santo vivo –
compiuto sia da coloro che richiedono la grazia sia da quanti la ricevono, trattandosi in alcuni
casi della stessa persona o in altri di individui differenti. Tale pellegrinaggio di solito viene
messo in atto spontaneamente, con i bisognosi che partono nella speranza di risolvere i loro
problemi, ma può essere anche obbligato, come nel caso degli indemoniati, trascinati a forza
sulle tombe dei santi o al loro cospetto per essere liberati dai demoni che li tormentano nelle
maniere peggiori e più disparate. Gli esorcismi infatti, pur verificandosi in percentuale
minima anche a distanza 1305, sono i miracoli che avvengono più spesso nello spazio fisico dei
santi, sulle tombe o direttamente presso di loro quando sono ancora in vita. Si è visto, del
resto, come il pellegrinaggio al sepolcro rappresenti presso i fedeli una forma diffusa di
richiesta del prodigio 1306, che poi può avvenire anche a distanza, a seconda dei casi e delle
particolari circostanze e condizioni in cui si trovano i miracolati. Richiedenti e beneficiari
delle grazie si recano presso i santi o i loro sacri resti da soli o in compagnia di qualcuno,
familiari o figure di riferimento con le quali hanno legami di varia natura. La presenza di un
accompagnatore è spesso dovuta alle condizioni stesse dei miracolati, il cui stato rende loro
impossibile recarsi in maniera autonoma presso le tombe dei santi o al loro cospetto,
costringendoli – per lo più in caso di infermità, cecità o possessione demoniaca – ad essere
condotti da qualcuno, col loro consenso se si tratta di malattie fisiche, contro la loro volontà e
a prezzo di grandi sforzi là dove si ha invece a che fare con gli ossessi.
Le persone che più frequentemente accompagnano i propri cari sulle tombe dei santi o
presso di loro sono le madri, compagne di viaggio di figli che per motivi vari non sono in
grado di recarvisi da soli e hanno bisogno della loro compagnia. Una certa Saxecta conduce il
1304
Il sepolcro è lo spazio prevalente sia per le richieste sia per i miracoli veri e propri, con una percentuale che
si aggira sul diciassette per cento. Segue un otto per cento circa di preghiere e prodigi che si verifica presso i
corpi santi, mentre un sei per cento di richieste – la metà dei miracoli che effettivamente si compiono – avviene
al cospetto del santo vivo. Occasionalmente richieste e prodigi possono infine avere luogo nelle vicinanze del
santo vivo.
1305
Per la trattazione dei casi di esorcismi compiuti al di fuori dello spazio del sepolcro e del santo si veda il
paragrafo 4.2.3 del presente studio.
1306
Per l’analisi delle forme delle richieste dei miracoli si veda il paragrafo 4.3.2 del presente studio. Per una
riflessione sulla tematica, seppur riferita ad un’epoca anteriore, cfr.: SIGAL, Maladie, pèlerinage et guérison au
XIIe siècle.
214
figlio Iohanne, destinato a vedersi amputare un piede incancrenito, al romitorio di Giovanna
da Signa perché la santa lo guarisca, cosa che succede, evitando così l’operazione chirurgica
1307
. Druda e Dina conducono i rispettivi figli, Cintius e Nerolus, presso il corpo santo di
Ranieri da Borgo San Sepolcro, il primo per essere risanato da un grave trauma addominale, il
secondo da una forma di asma 1308, mentre Gisla accompagna la figlia sul sepolcro del
concittadino Ranieri da Pisa perché cessi la sua emorragia dal naso 1309. La senese Viridis
dispone per condurre il figlio Petrus, tetraplegico, al sepolcro di Ambrogio Sansedoni 1310,
mentre fanno personalmente da assistenti al pellegrinaggio alla medesima tomba Margarita
con la figlia anche lei paralitica 1311, Aemilia col figlio cieco 1312, Bonagratia con la piccola
Gemma, epilettica originaria di Rigomagno (SI) 1313, e persino una certa Ursula che da
Poggibonsi (SI) conduce il figlio Benedictus de Manzoli, cieco anche lui, sul sepolcro del
Sansedoni pur non avendo piena fiducia nella capacità del santo predicatore di operare
miracoli 1314. La madre della senese Pisanella, sordomuta e affetta da cisti e fistole che la
rendono inferma, la accompagna sulla tomba del concittadino Ambrogio per chiedergli la
grazia, che ottiene poi una volta tornata a casa 1315. La fiorentina Ricevuta deve farsi aiutare da
tre vicini per portare sulla tomba di Umiliana dei Cerchi il figlio tetraplegico 1316, mentre basta
una vicina della pisana Veneria per aiutarla a condurre la figlia Bonuccia, posseduta da due
demoni, presso il corpo santo di Zita da Lucca per essere liberata 1317, corpo santo presso il
quale anche Contessa – assistita dalla suocera – accompagna il figlio Bacciomeus perché
venga guarito dalla cecità 1318. Un’altra nonna con un nipote cieco lo porta – su sua espressa
richiesta – al sepolcro di Ambrogio Sansedoni perché il santo predicatore gli ridoni la vista
1319
.
Anche i padri svolgono un ruolo importante nel pellegrinaggio presso santi e sepolcri
e sono così protagonisti dei prodigi insieme ai loro figli. Un mercante pisano che desidera
prendere con sé il figlio di Synibaldus per iniziarlo all’attività mercantile lo porta insieme al
1307
Cfr.: Beatae Iohannae de Signa vita et miracula, 7
1308
Per i miracoli di Cintius e di Nerolus cfr. rispettivamente: Liber miraculorum, 36, 51.
1309
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 145.
1310
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 168; Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 72.
1311
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 173; Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 75.
1312
Cfr.: Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 76.
1313
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 95.
1314
Cfr.: ivi, 187; Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 77.
1315
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 62.
1316
Cfr.: Miracula intra triennium ab obitum patrata, 17.
1317
Cfr.: Miracula [Zita], 64.
1318
Cfr.: ivi, 61.
1319
Cfr.: Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 76.
215
padre da Bona da Pisa per conoscere il suo parere in merito alla vicenda e dà così occasione
alla santa per predire la morte imminente del ragazzo 1320. La stessa santa pisana, poi, chiede al
concittadino Bonsegnorus di condurre da lei perché possa risanarlo il figlioletto Bonaiuncta,
un bambino di un anno feritosi alla testa con un coltello 1321. Ranieri da Pisa ancora in vita
risana le fistole al dito medio del figlio di Repertus, che lo ha accompagnato da lui per essere
guarito, così come hanno fatto coi rispettivi figli Buccius, anche lui malato di fistole, e il
padre di Manna, resa cieca dalla gotta agli occhi 1322. Amadoris invece dalla Massa Trabaria
accompagna il figlio Blancus presso il corpo santo di Ranieri da Borgo San Sepolcro per
essere guarito dai dolori alle gambe e all’inguine, che gli rendono difficoltosi i movimenti e la
deambulazione 1323, mentre Ferruccius conduce il figlio Turchius – contratto agli arti inferiori
e costretto a camminare aiutato dalle stampelle – sul sepolcro di Zita da Lucca per recuperare
il pieno uso delle gambe 1324.
Viene portata sulla tomba della santa lucchese – accompagnata dal padre Rainerius e
dal marito Bonceptus – anche Maria, un’ossessa del contado lucchese che al cospetto delle
sacre reliquie di Zita vede uscire da lei il demone che la tormenta 1325. Donatuccius Benvenuti,
marito di una certa Diana, anche lei indemoniata, ha una visione in cui gli viene ordinato di
portare la moglie al sepolcro di Ambrogio Sansedoni se vuole che sia liberata, cosa che
avviene una volta compiuto il pellegrinaggio 1326. Martinus invece dalla Chiassa (AR) conduce
la moglie Vanna, indemoniata da sette anni, presso il corpo santo di Ranieri da Borgo San
Sepolcro, che la libera 1327. Vitarinus di Foiano della Chiana (AR) necessita dell’aiuto di
alcuni vicini di casa per condurre la moglie Benedicta al sepolcro di Agnese da
Montepulciano vincendo le resistenze del demonio che la tormenta e che non vuol saperne di
essere trascinato fino alla tomba della nemica che lo scaccerà 1328. Hanno poi come meta il
sepolcro di Ranieri da Pisa Rodulphus, che vi conduce la moglie Sophia, colpita da febbre e
1320
Cfr.: Vita sancte Bone virginis, XXXV; Vita sancte Bone virginis de civitate Pisana, XLV.
1321
Cfr.: ivi, XXXV.
1322
Per i miracoli dei figli di Repertus e Buccius cfr.: Vita Sancti Rainerii, 92. Per la guarigione di Manna cfr.:
ivi, 106.
1323
La Massa Trabaria è una regione corrispondente all’attuale territorio tra il passo di Bocca Trabaria e Pieve
Santo Stefano (AR). Per la narrazione del miracolo cfr.: Liber miraculorum, 30.
1324
Cfr.: Miracula [Zita], 62.
1325
Cfr.: ivi, 85.
1326
Cfr.: Summarium virtutum et Miracula, 72; Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 102; Miracula
[Sansedoni], XI.
1327
Cfr.: Liber miraculorum, 24.
1328
Cfr.: Legenda Beate Agnetis de Monte Policiano, III, 10, 69.
216
dolori alla testa, e Rodulphus, che accompagna l’anonima sua sposa a chiedere la grazia al
santo pisano perché la guarisca da una contrattura al braccio e alla mano 1329.
Per le mogli è forse più difficoltoso condurre i propri mariti sulle tombe dei santi, ma
un’anonima signora della Massa Trabaria accompagna il consorte Paulus, diventato cieco,
presso il corpo santo di Ranieri da Borgo San Sepolcro perché gli restituisca la vista 1330. Il
fratello di Saluettus – indemoniato della zona di Castelnuovo Berardenga (SI) – lo conduce
perché sia liberato sulla tomba di Ambrogio Sansedoni a Siena 1331, mentre il fratello di Ricca,
anche lei tormentata dal demonio, la porta presso il corpo santo di Ranieri da Borgo San
Sepolcro perché scacci il male da lei 1332. Allargando i legami di parentela, Dinus conduce la
cognata Ceccha al sepolcro di Ambrogio Sansedoni perché il santo senese compia su di lei
l’esorcismo necessario a liberarla dai tormenti demoniaci 1333.
Da ultimo, il pellegrinaggio al santo o ai suoi sacri resti può essere compiuto pure in
due momenti successivi, in seguito a più di un tentativo. È questo il caso di un bambino
senese vittima di un incidente dove si procura un grave trauma addominale: condotto dalla
madre a visitare il corpo di Ambrogio Sansedoni nel giorno della morte del santo, ma
impossibilitato ad accedervi a causa della troppa folla, viene accompagnato in seguito al
sepolcro e riceve la grazia 1334.
4.2.3 Lo spazio oltre il santo, il sepolcro e il corpo santo
La metà dei miracoli narrati nelle fonti toscane del basso Medioevo si richiedono e
avvengono al di fuori dello spazio fisico del santo e del sepolcro e lontano dalla loro
materialità. Se, infatti, nei primi secoli del cristianesimo e nell’alto Medioevo la tomba del
santo è il solo posto dove può verificarsi il miracolo, nel corso del tempo il miracoloso si
estende anche a luoghi diversi, segno di una potenza salvifica dei servi di Dio che si fa sempre
più forte e di mutamenti teologicoculturali che allargano la sfera del sovrannaturale e la
slegano progressivamente dagli elementi fisici legati all’esistenza del santo, sia in vita sia
dopo la morte, data la comune convinzione che ogni santo continui a vivere nel suo corpo
1329
Per la narrazione del miracolo della moglie di Rodulphus e di quella di Ildebrandus cfr. rispettivamente: Vita
Sancti Rainerii, 152, 177.
1330
Cfr.: Liber miraculorum, 49.
1331
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 227.
1332
Cfr.: Liber miraculorum, 9.
1333
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 229.
1334
Cfr.: Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 76.
217
morto 1335. I miracoli a distanza dal santo o dal suo sepolcro sono dunque richiesti e
avvengono sia in vita sia post mortem e in entrambe le situazioni le fonti offrono spunti
interessanti, narrando casi emblematici di prodigi slegati dalla materialità di una persona viva
o della sua sepoltura.
Tale evoluzione trova espressione nell’allargamento sia dei luoghi dove si richiedono i
miracoli sia di quelli dove effettivamente avvengono i prodigi, moltiplicatisi entrambi nel giro
di qualche secolo. La preghiera ai santi per ottenere il loro intervento muta, nelle sue forme e
nel suo concetto, nel corso dei secoli e se nell’alto Medioevo occorre recarsi presso il santo o,
se questo è morto, presso la sua tomba per ottenerne l’intervento, nel basso Medioevo la
virtus del santo è in grado di agire anche a distanza e di compiere miracoli lontano dalla
sepoltura, per cui non è più necessario recarsi sulla tomba, ma è sufficiente domandare il suo
intervento davanti a un’immagine – come avviene nel caso di un piccolo infermo lucchese
votato dalla madre a Bona da Pisa di fronte alla sua icona posta sull’altare a lei intitolato in
una chiesa di Lucca 1336 – o addirittura senza trovarsi di fronte ad alcun oggetto fisico che
rimandi al santo, ma semplicemente raccogliendosi in preghiera e formulando il proprio voto.
Il passaggio dal miracolo legato al corpo santo e al sepolcro al miracolo possibile in uno
spazio oltre il sepolcro, di pochi metri o di chilometri e chilometri di distanza, fa sì che là
dove i miracoli non si compiono presso la tomba del santo avvengano in luoghi più o meno
distanti da esso, all’interno della città o molto lontano, legati alla sfera privata del miracolato
o alla sua dimensione pubblica. Case private, spazi aperti e rurali, luoghi sacri o pubblici
oppure città lontane sono gli scenari dove i santi compiono miracoli lontani da loro stessi e
dai loro speolcri. Naturalmente parlare in questo passaggio di miracoli che si verificano nei
luoghi sacri significa prendere in considerazione tutti gli episodi sovrannaturali che
avvengono negli spazi consacrati ma lontano dal sepolcro del santo, solitamente inserito
all’interno di una chiesa e, dunque, per forza legato ad un luogo sacro.
Alcuni tipi di miracoli poi possono avvenire solo lontano dai santi e dalle loro
sepolture. È questo il caso, principalmente, della maggior parte dei miracoli cratofanici e di
alcuni prodigi apotropaici, basti pensare, per esempio, alle tempeste in mare, alle varie
problematiche legate ai viaggi o alle liberazioni dal carcere. Eccezionalmente può essere fatta
al santo di persona o presso il suo sepolcro la richiesta del prodigio, ma l’evento
1335
Cfr. BOESCH GAJANO, La santità, p. 20.
1336
Per la narrazione del miracolo del piccolo infermo risanato cfr.: Miracula sancte Bone, VII; Vita sancte Bone
virginis de civitate Pisana, LXIX. Per una panoramica sul valore dell’immagine nell’evoluzione del concetto e
delle forme del miracoloso cfr. VAUCHEZ, La santità, pp. 447457; ID., Il santo, pp. 380381; DUPRONT,
Pèlerinages et lieux sacrés, pp. 189206.
218
sovrannaturale si compie poi sempre a distanza. Tra tutte le tempeste sedate e i naufragi
miracolosamente evitati si registra anche un caso del tutto particolare dove il miracolo e la sua
richiesta avvengono a distanza, ma non nello stesso luogo. Si tratta di un gruppo di pescatori
del Trasimeno (PG) che quando rischiano di veder affondare le proprie barche per una
tempesta nel lago vengono raccomandati a Margherita da Cortona dagli abitanti dell’isola, che
pregando da riva ottengono la loro salvezza 1337.
Si è detto di come possa avvenire a distanza anche un evento prodigioso solitamente
collegato al sepolcro o alla presenza fisica del santo, ovvero l’esorcismo: una piccola
percentuale di liberazioni dal demonio, infatti, si verifica senza che gli ossessi arrivino al
cospetto del santo destinato a salvarli dal maligno. Una giovane donna di Porto S. Vito, presso
Polignano a Mare (BA), viene liberata nella locale abbazia dal demonio che la tormenta e
l’esorcismo si compie con successo per merito di Fina da San Gimignano 1338. Caterina da
Siena mette fine alle sofferenze inferte dal demonio ad un certosino del monastero livornese
di gorgonia, senza che il monaco debba lasciare la propria comunità per ritrovare la pace 1339,
mentre un converso del convento domenicano senese viene esorcizzato mediante un amuleto
contenente le reliquie di Andrea Gallerani, all’interno del convento ma lontano dalla tomba
del santo 1340. La pisana Benevenuta mentre si trova nella sua casa viene invitata dalla santa
concittadina Bona – mediante una visione – a confessare di aver invocato il diavolo per
acquistarne i poteri, finendo così per diventare vittima del maligno, in modo da non patire più
alcuna vessazione 1341. Clarucia, una bambina della Val di Zoche, nel perugino, viene
esorcizzata da Margherita da Cortona senza che si muova dal proprio paese natale 1342, così
come la valdarnese Gualdrada 1343. Deve essere invece condotto al sepolcro della santa
cortonese – per volontà dello stesso demonio che lo tormenta – un ragazzo di Sansepolcro
(AR), che però non arriva sulla tomba di Margherita, ma viene liberato alle porte della città
1344
. Avviene lontano dal santo e dal suo sepolcro anche l’esorcismo di Sophia, un’ossessa
tornata in sé grazie all’intervento di Ranieri da Pisa 1345. Ben sette indemoniati, infine,
vengono liberati a distanza a Siena e in vari luoghi della Toscana da Ambrogio Sansedoni,
1337
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 48.
1338
Cfr.: Legenda sancte Fine, 16.
1339
Cfr.: Il Processo Castellano, IV, pp. 274275.
1340
Cfr.: Vita di Beato Andrea de Gallerani da Siena, 52.
1341
Cfr.: Vita sancte Bone virginis de civitate Pisana, XXIX.
1342
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 29.
1343
Cfr.: ivi, XI, 30.
1344
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 32.
1345
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 171.
219
che scaccia il demonio da un guardiano di porci a Montepulciano (SI) 1346, libera dalla follia
un uomo di Montalcino (SI) che ha visto un lupo trasformarsi in demonio 1347, salva una donna
senese da un’aggressione demoniaca avvenuta nei boschi circostanti la città 1348 e un bambino
aggredito nei pressi di Volterra (PI) 1349, libera un certo Andreuccium di Lucignano d’Asso,
presso San Giovanni d’Asso (SI) 1350, riconduce alla ragione un innamorato votatosi al diavolo
per ottenere l’amore della donna amata 1351 e aiuta un frate senese a superare la tentazione di
abbandonare la vita religiosa 1352.
I luoghi dei miracoli diversi dal sepolcro sottendono anche una questione di carattere
socioeconomica oltre che religiosa, collegata al valore e al ruolo degli spazi cittadini e rurali
in relazione al miracolo e, dunque, alla loro importanza nel quotidiano e nel sovrannaturale.
Se la maggior parte dei prodigi richiesti e avvenuti negli spazi aperti è riconducibile alla
campagna o alle aree marittime, al contrario il miracoloso domestico si collega maggiormente
alla città o, più in generale, al centro abitato, pur non mancando miracolati che provengono
dalla campagna e ricevono prodigi nelle loro case. Quasi sempre cittadino è il luogo della
detenzione, anche se i prigionieri catturati dai privati e non incarcerati per motivi pubblici
spesso oltre che nei palazzi urbani sono rinchiusi in castelli o badie lontani dalle città. È il
caso, ad esempio, del comes Vivianus – imprigionato da Albericus suo signore per ben tre
volte e rinchiuso ripetutamente in una cassa, da cui Galgano lo libera in tutte e tre le occasioni
1353
– e di Guido da Canneto (PI), anche lui vittima del proprio signore, che lo chiude a chiave
in una cassa con sopra tre tavole e un ceppo e miracolato da Galgano che lo libera 1354. Né il
carcere è sempre teatro di fughe e liberazioni: un prigioniero del senese, infatti, colpito da una
grave malattia che ne mette in pericolo la sopravvivenza, guarisce in carcere grazie
all’intervento di Ambrogio Sansedoni, invocato a suo favore dalla sorella Nese 1355.
Altro spazio dove talvolta avvengono miracoli sono i luoghi sacri: chiese, monasteri,
canoniche e sagrestie (e in caso persino un cimitero 1356) sono teatro di prodigi e sede delle
1346
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 171; Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 81.
1347
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 219.
1348
Cfr.: ivi, 221.
1349
Cfr.: ivi, 252.
1350
Cfr.: ivi, 233.
1351
Cfr.: ivi, 213.
1352
Cfr.: ivi, 215.
1353
Cfr.: Inquisitio in partibus, 5; Vita beati Galgani, 18; Legenda sancti Galgani confexoris, XIII.
1354
Cfr.: Inquisitio in partibus, 8; Vita beati Galgani, 19.
1355
Il miracolato è originario dei dintorni di Castelnuovo Berardenga (SI), ma le fonti non specificano dov’è
detenuto. Per la narrazione del miracolo cfr.: Summarium virtutum et miracula, 116.
1356
Avviene nel cimitero della chiesa francescana di Recanati il prodigio operato da Lucchese da Poggibonsi a
favore di due fratelli seppelliti insieme uno morto, assassinato dall’altro, e uno condannato a morte per omicidio,
salvati entrambi. Per la narrazione del miracolo cfr.: Vita (Tolomei), 39.
220
richieste di grazia: richieste connotate da successo nel cinque per cento dei casi. Si tratta nella
maggior parte dei casi dei monasteri dove vivono i santi che compiono i miracoli: è così per
Filippo Benizi, Agnese da Montepulciano, Margherita e Umiltà da Faenza e in parte anche per
Bona da Pisa, Caterina da Siena e Andrea Gallerani, ma non si verifica una totale identità tra
lo status del santo e quello della tipologia dei luoghi dove egli opera miracoli, solitamente
molto più vasta e aperta anche a Ordini religiosi e condizioni differenti, spesso collegati ai
miracolati, al loro status e alla loro provenienza. I miracoli che si verificano più
frequentemente nei luoghi sacri sono gli esorcismi e le conversioni: i primi sono in relazione
proprio alla struttura dell’evento miracoloso, spesso possibile solo dopo aver obbedito agli
ordini precisi dei demoni che pretendono di essere portati al cospetto dei santi per
acconsentire alla liberazione degli ossessi. I secondi invece accadono in virtù della cura
d’anime esercitata dai santi sui confratelli, le cui malefatte vengono sempre alla luce in virtù
delle doti eccezionali di queste figure, che spesso intervengono in modo sovrannaturale senza
ricevere alcuna richiesta, come vittime di un traboccare di potenza spirituale.
Il quindici per cento dei miracoli narrati dalle fonti toscane basso medievali
avvengono in casa e il dieci sono anche richiesti tra le mura domestiche. Si tratta di prodigi di
natura diversa, appartenenti a tutte le categorie del miracoloso, ma alcuni miracoli si
verificano con più frequenza di altri tra le mura di casa, luogo esclusivo, tra l’altro, di episodi
sovrannaturali come il miracolo del pane, che spesso si produce addirittura senza che vi siano
richieste in proposito da parte di coloro che beneficiano poi del prodigio. La maggior parte dei
miracoli che hanno una dimensione domestica sono quelli taumaturgici, dato che non stupisce
in quanto le malattie molto spesso costringono a letto i miracolati, ridotti in condizioni di
infermità totale o quantomeno in difficoltà nell’uscire di casa per spostarsi. Tra i tanti malati
di cui raccontano gli agiografi costituisce un caso di particolare interesse quello della piccola
Vannuccia, che si ammala gravemente presso la nutrice e da questa viene riportata alla madre,
lesta a chiedere e ottenere da Ambrogio Sansedoni la guarigione a domicilio della
figlioletta1357. Diversi neonati invece vengono partoriti morti tra le mura di casa e nello stesso
luogo i santi invocati dalle madri e dalle donne che le assistono nel parto donano loro la vita.
Non nasce morto, ma è di certo destinato a perire in breve tempo un neonato rimasto orfano
della madre, salvato dall’intervento di Ambrogio Sansedoni che concede alla nonna – senza
che questa si muova dalla propria casa – di poterlo allattare nonostante l’età, vista
1357
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 119.
221
l’impossibilità della povera donna di mandarlo a balia 1358. Sempre in tema di maternità,
ottiene la grazia richiesta a Giovanna da Signa tra le mura domestiche, precisamente nel
talamo nuziale, anche una signora attempata ma desiderosa di concepire un altro bambino per
mettere a tacere quanti la accusano di non essere realmente la madre di suo figlio 1359.
Diverse persone miracolate nelle loro abitazioni sono rimaste vittime di incidenti
domestici più o meno gravi, restando feriti o addirittura uccisi. Piuttosto frequentemente –
specie se si tratta di bambini – i miracolati muoiono cadendo dall’alto, da finestre, scale e
terrazzi, come il piccolo Suppolinus e il figlioletto del senese Ventura, precipitati entrambi da
una finestra alta della casa e poi risuscitati il primo da Margherita da Cortona 1360 e il secondo
da Pietro Pettinaio 1361. Il figlio della nobildonna romana Johanna de Ilperinis trova invece la
morte cadendo da un terrazzo di casa mentre sta giocando e viene riportato in vita da Caterina
da Siena 1362. Un’altra situazione di pericolo piuttosto diffusa a livello domestico sono gli
incendi, cui pongono rimedio diverse azioni sovrannaturali. Filippo Benizi interviene di sua
iniziativa per proteggere un benefattore del proprio convento che rischia di morire
nell’incendio della propria casa e che invece vede le fiamme lambire soltanto il letto su cui è
coricato 1363. Restano vittime dell’incendio della propria casa anche un bambino di
Castelfiorentino (FI), scampato al fuoco grazie alla santa concittadina Verdiana 1364, un certo
Pagnus, vivo per l’intervento di Ambrogio Sansedoni 1365 e una coppia di coniugi senesi la cui
candela per la notte lasciata troppo vicino alle tende scatena il rogo da cui si salvano per
merito dello stesso santo predicatore 1366. Una donna di Poggibonsi (SI) infine lascia il proprio
bimbo nella culla e si reca a visitare la salma di Lucchese, ma quando torna a casa la trova
incendiata e vedendo le fiamme lambire il lettino del neonato invoca il santo e tutto si risolve
al meglio per il piccolo 1367. Culla e letti rappresentano un altro fattore di rischio per la
sopravvivenza dei bambini in tenera età, che le madri ritrovano soffocati tra le coperte o
caduti sul pavimento, come un infante senese che cadendo dalla culla sbatte la testa e si
provoca un trauma cranico, risanato da Agostino Novello 1368. Muore invece soffocato nella
1358
Cfr.: Vita (Tolomei), 52.
1359
Cfr.: Beatae Iohannae de Signa vita et miracula, 17.
1360
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 36.
1361
Cfr.: Vita del beato Pietro Pettinajo, pp. 6667.
1362
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 390.
1363
Cfr.: Legenda Patris Nostri Beati Philippi, 27.
1364
Cfr.: Vita sancte Viridiane, XIV.
1365
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 263.
1366
Cfr.: ivi, 257.
1367
Cfr.: Vita (Tolomei), 35.
1368
Cfr.: Vita [A. Novello], 22.
222
culla il piccolo Ganus, morto mentre la madre Bonauentura madre assiste alla predica di
Ambrogio Sansedoni: quando la donna tornando a casa scopre il figlio senza vita torna dal
santo e lo prega con successo di risuscitarlo 1369. Un altro bambino di nome Angelus muore
invece soffocato nel letto ed è Margherita da Cortona a restituirgli la vita, esaudendo così le
suppliche della madre 1370, così come un altro neonato morto soffocato tra le coperte e
strappato alla morte da Lucchese da Poggibonsi 1371.
Rischia di morire nel proprio letto, vittima di un’aggressione mortale, anche una ricca
vedova senese di nome Borghese, che si salva dal proprio assassino invocando Ambrogio
Sansedoni 1372. Altrettanto pericolosa l’aggressione subita da una contadina del lucchese di
nome Moltocara, assaltata però da un lupo, trasportata nella sua casa dai soccorritori e lì
guarita da Zita da Lucca nonostante le condizioni disperate 1373, così come due fanciulli
anch’essi vittime di un lupo e guariti dalle ferite loro inferte dalla bestia per merito della
stessa santa cittadina 1374. Particolarmente drammatica, poi, la vicenda familiare che ruota
attorno all’omicidio di un bambino di tre anni risuscitato da Margherita da Cortona. Il piccolo
viene ucciso dal padre, Iohanninus de Megiana, che lo strappa violentemente dalle braccia
della nonna paterna, lo strangola e poi si accanisce sul cadavere accecato dall’ira per
l’abbandono della moglie, dovuto alla sua cattiva condotta 1375. La stesa santa cortonese,
inoltre, interviene in tempo per evitare il suicidio di un uomo pronto ad impiccarsi nella
propria casa prima di ricevere consolazione da Margherita accorsa per salvarlo 1376.
Talvolta le punizioni inflitte dai santi a persone poco inclini a mostrare rispetto nei
loro confronti o amore verso il prossimo sono legate alla sfera domestica. Agnese da
Montepulciano neutralizza i propositi omicidi di un uomo diretto ad uccidere un nemico, che
si ritrova invece paralizzato da una malattia che lo colpisce all’improvviso 1377, così come
succede a un aretino fermato invece da una spina di pesce che gli va di traverso complice
Margherita da Cortona, che così lo ferma approfittando del fatto che il malfattore prima di
andare a compiere l’omicidio del nemico si mette a tavola coi propri complici armato di tutto
punto 1378. Il senese Vitus invece scredita Francesco da Siena, che lo castiga costringendolo a
1369
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 26; Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 56.
1370
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 38.
1371
Cfr.: Vita (Tolomei), 36.
1372
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 268.
1373
Cfr.: Miracula [Zita], 93.
1374
Cfr.: ivi, 94.
1375
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 46.
1376
Cfr.: ivi, XI, 78.
1377
Cfr.: Legenda Beate Agnetis de Monte Policiano, III, 3, 212.
1378
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 77.
223
letto per tre giorni con una forte febbre 1379. Avvengono tra le mura di casa anche alcuni e
mutamenti d’animo, tra cui la conversione di Andreas Naidini, un peccatore che sul letto di
morte si confessa e accetta i sacramenti per merito di Caterina da Siena 1380 e l’atto di
generosità compiuto da una donna che acconsente alla vendita di un possedimento per
permettere il saldo di un debito, mutando la propria opinione in proposito grazie all’intervento
di Ambrogio Sansedoni 1381.
Di particolare interesse la presenza tra i miracoli domestici degli esorcismi, legati per
lo più alla sfera del sepolcro ma compiuti in alcuni casi anche a domicilio. Caterina da Siena
libera dalle vessazioni demoniache tra le mura di casa una donna dei dintorni di Siena 1382 e un
uomo anche lui del contado senese portato per l’occasione al castello della Rocca dei
Salimbeni, dove abitano alcuni suoi parenti 1383. Ambrogio Sansedoni pone fine ai tormenti di
un bambino di due anni aggredito dal demonio nei campi e ricondotto a casa esanime dalla
madre 1384, Ranieri da Pisa esorcizza la concittadina Sophia 1385, mentre Bona da Pisa rimedia
alla sventata invocazione dei poteri diabolici di una certa Benevenuta, che in tal modo
pensando di migliorare la propria condizione ha invece attirato su di sé i tormenti del maligno
1386
.
4.2.4 La provenienza dei miracolati
La maggior parte dei miracolati proviene dagli stessi luoghi – o dalle zone ad essi
limitrofe – dove i santi ai quali si rivolge per risolvere le proprie situazioni di crisi hanno
vissuto e talvolta operato prodigi già in vita. Tuttavia, nel novero dei miracoli registrati nelle
fonti agiografiche toscane del basso Medioevo non mancano episodi dove a beneficiare dei
poteri sovrannaturali dei santi sono bisognosi provenienti da zone e città diverse da quelle
dove abitano o sono sepolti i servi di Dio ai quali si rivolgono, segno visibile di come anche i
culti prettamente locali possano in realtà espandersi al di fuori delle mura cittadine e
coinvolgere persone di origine differente.
1379
Cfr.: Legenda beati Francisci de Senis, 4.
1380
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 224227; Il Processo Castellano, II, p. 44, Va, pp. 296298.
1381
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 217.
1382
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 274276; Il Processo Castellano, II, p. 49.
1383
Cfr.: Il Processo Castellano, XIII, pp. 395396.
1384
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 252.
1385
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 171.
1386
Cfr.: Vita sancte Bone virginis de civitate Pisana, LXXIX.
224
Tra i miracolati la cui origine geografica è diversa da quella dei santi ai quali si
rivolgono suscitano particolare interesse quanti provengono da zone dove per cause di diversa
natura (relative sia alla scarsa presenza o all’assenza totale di culti di nuova generazione sia
alla tipologia degli insediamenti sia a retaggi culturali di vario genere) non sono presenti culti
né, di conseguenza, loro attestazioni agiografiche. Un territorio totalmente privo di scritture di
Vitae e miracoli è senz’altro il grossetano, da cui provengono una decina di miracolati che per
risolvere i loro problemi si rivolgono a santi dell’area senese. Alberto da Colle Val d’Elsa
libera dal carcere un condannato a morte di Roccastrada 1387 e risana due giovani Travale, uno
sofferente per una ferita all’occhio 1388 e l’altro sordo dalla nascita 1389, mentre Ambrogio
Sansedoni salva un altro uomo originario di Travale caduto da cavallo in Sicilia 1390.
Beneficiano poi dell’intervento del santo senese anche Ioanne di Manciano, risuscitato 1391, e
Iacobina da Fercole, presso Civitella Paganico, guarita da fortissimi dolori alla schiena 1392.
Agnese da Montepulciano libera Iohannes da Montelaterone dalla possessione demoniaca 1393
e il grossetano Vannuccius dalla prigione 1394, mentre una monaca paraplegica, anche lei di
Grosseto, ricorre ad Andrea Gallerani per poter ritrovare l’uso delle gambe 1395. Per fare altri
esempi, anche la città di Arezzo è esclusa dalla produzione di scritture agiografiche relative ai
prodigi e gli aretini che ricevono miracoli sono graziati da santi geograficamente vicini, come
Torello da Poppi, Margherita da Cortona e Ranieri da Borgo San Sepolcro 1396, ma c’è anche
chi, come una donna colpita da contrattura, si rivolge a Galgano 1397 e chi, come un certo
Nerius e un anonimo fanciullo vengono risanati da Ambrogio Sansedoni, il primo
1387
Cfr.: Legenda B. Alberti Archipresbyteri Collensis, p. 100; Vita Beati Alberti Confessoris Archipresbiteri
Collensis, p. 108.
1388
Cfr.: Legenda B. Alberti Archipresbyteri Collensis, p. 99; Vita Beati Alberti Confessoris Archipresbiteri
Collensis, p. 107.
1389
Cfr.: Legenda B. Alberti Archipresbyteri Collensis, p. 100; Vita Beati Alberti Confessoris Archipresbiteri
Collensis, p. 107.
1390
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 248.
1391
Cfr.: ivi, 123.
1392
Cfr.: ivi, 144.
1393
Montelaterone, presso Arcidosso (GR), si trova nel contado senese al momento del miracolo, che avviene a
Montepulciano (SI). Per la narrazione dell’esorcismo cfr.: Legenda Beate Agnetis de Monte Policiano, III, 10, 2
5.
1394
Cfr.: ivi, III, 11, 39.
1395
Cfr.: Vita di Beato Andrea de Gallerani da Siena, 22.
1396
Torello da Poppi interviene a favore di due bambini, entrambi messi in pericolo da un lupo, Margherita da
Cortona è protagonista di sei prodigi di diversa natura e Ranieri da Borgo San Sepolcro di quattro guarigioni e
un esorcismo. Per la narrazione dei miracoli cfr.: Hystoria Beati Torello de Puppio, X, XIX; Vita di Torello da
Poppi, XII, XII; Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 35, 51, 52, 59, 60, 77; Liber miraculorum,
12, 15, 24, 28, 38.
1397
Cfr.: Inquisitio in partibus, 13; Legenda sancti Galgani confexoris, VIII.
225
dall’epilessia 1398, il secondo dalle ferite di un trauma da caduta 1399. Vannucius, Grata e
Gratinus si rivolgono invece ad Agnese da Montepulciano per guarire nell’ordine dalla cecità,
dalla pazzia e da una ferita alla testa 1400.
In alcuni casi invece i miracolati non aderiscono al culto di un santo diffuso in una
determinata zona, né cercano un servo di Dio al quale rivolgersi non avendolo nella propria
città, ma si legano agli spostamenti dei santi stessi e provengono dai luoghi dove essi si
recano nel corso della loro vita. Diverse persone beneficiano di un intervento a loro favore nel
corso dei numerosi spostamenti di Caterina da Siena, sia in Italia sia all’estero. Un giovane
pisano durante il soggiorno in città della santa viene guarito da una lunga febbre 1401, mentre
un prigioniero romano viene liberato dalle catene mentre lei si trova nella sede apostolica 1402.
Sempre a Roma una sua seguace di nome Semia riceve l’onore di un miracolo cratofanico e
rinviene sulla sua tavola cibo creatosi in maniera sovrannaturale proprio alla fine della vita
terrena della santa, di cui ha una visione della morte 1403. Proviene invece da Tolone ed è
nipote del vescovo cittadino il bambino che Caterina risana da un gonfiore esteso a tutto il
corpo, mentre transita nella città francese al tempo del ritorno di papa Gregorio XI da
Avignone a Roma (che la santa precede insieme a Raimondo da Capua e ad altri religiosi) 1404.
Agnese da Montepulciano poi in occasione del suo soggiorno alle terme di Chianciano (SI)
interviene per risanare da una grave ferita al ginocchio una bambina del luogo che lavora
come servitrice presso i bagni 1405, mentre un piccolo mendicante romano affetto da paralisi
spastica viene guarito nella chiesa di San Pietro da Bona da Pisa durante uno dei suoi
pellegrinaggi nella città papale 1406. Pietro Pettinaio, infine, in occasione di due soggiorni a
Pistoia opera due guarigioni, la prima destinata a una fanciulla sfigurata da una scrofola e la
seconda ad un infermo inchiodato a letto da ben quindici anni 1407.
Una piccola percentuale di miracolati provengono da località diverse da quelle della
Toscana e delle zone limitrofe, luoghi piuttosto lontani da quelli dove i santi che accordano
1398
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 91; Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 87.
1399
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 250.
1400
Gratinus è in realtà originario di Siena, ma vive ad Arezzo ed è lì che invoca e riceve l’intervento di Agnese.
Per la narrazione dei tre miracoli cfr. nell’ordine: Legenda Beate Agnetis de Monte Policiano, III, 7, 4; III, 12, 5
7; III, 5, 1722.
1401
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 258259.
1402
Cfr.: ivi, 394.
1403
Cfr.: ivi, 370377.
1404
Oltre a Raimondo da Capua accompagnano Caterina nel viaggio da Avignone il certosino Stephanus Conradi
de Maconibus e l’eremita Nerius Landocij de Paglarensibus. Per la narrazione del miracolo cfr.: Vita Catharinae
Senensis, 267.
1405
Cfr.: Legenda Beate Agnetis de Monte Policiano, II, 9, 15.
1406
Cfr.: Vita sancte Bone virginis de civitate Pisana, XXIII.
1407
Per la narrazione dei due miracoli cfr.: Vita del B. Pietro Pettinajo, pp. 3739.
226
loro la grazia hanno vissuto e dove si sono sviluppati i loro culti, segno che nonostante la
maggior parte di queste devozioni abbiano carattere prettamente locale in alcuni casi esse si
estendono, seppur con episodi isolati, molto al di là delle mura cittadine entro le quali
nascono e persistono per periodi più o meno lunghi. Si tratta nella maggior parte dei casi di
città dell’Italia settentrionale – Lombardia, Veneto, Piemonte, Liguria, Emilia Romagna,
Marche e Lazio – ma le fonti registrano anche miracoli operati dai santi della tradizione
toscana a favore di persone di origine straniera. Talvolta i miracolati hanno origini lontane ma
i prodigi di cui beneficiano si verificano comunque nella città dove i santi che li operano
risiedono o sono sepolti, mentre in diversi casi i miracoli avvengono nei luoghi lontani dove i
destinatari effettivamente risiedono.
Proviene da Milano un indemoniato esorcizzato da Ranieri da Pisa 1408, benefattore
anche di un idropico pure lui di origini lombarde 1409, entrambi miracolati nella città del santo,
dove forse risiedono. È invece bresciano un carcerato di nome Galeotus Bevelaqua
imprigionato a Venezia e trovatosi libero grazie a Caterina da Siena 1410, che opera altri
quattro miracoli nella città lagunare, tutti a favore di veneziani. Beneficiano dell’intervento
della santa senese una certa Catherina, che rischia di diventare cieca e addirittura di morire
1411
, l’olivetano Thomas Paruta, costretto a letto da una malattia che lo rende debole e
sofferente di disturbi d’ogni genere 1412, una suora domenicana di nome Paula, colpita da
apoplessia 1413 e Bartholomeus, un benestante peccatore che per merito di Caterina abbandona
la vita dissoluta, si converte e accede ai sacramenti fino ad allora rifiutati 1414. Una terziaria
francescana di nome Dominica affetta da monoplegia ad un braccio è invece originaria di
Bergamo e anche lei viene guarita da Caterina da Siena, ma il miracolo avviene a Roma, dove
la donna vive 1415. Finedora, originaria della Lombardia e a servizio presso una famiglia
fiorentina, è vittima di una caduta che le lascia come conseguenza fistole agli arti inferiori e
viene guarita da Umiliana dei Cerchi 1416. Una certa Benvenuta, contratta agli arti inferiori e
paraplegica, parte dalla sua Genova diretta al sepolcro di Zita da Lucca per chiederle la grazia,
ma già prima di Pisa viene guarita dalla santa 1417, medico sovrannaturale anche di Tomasinus,
1408
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 73.
1409
Cfr.: ivi, 134.
1410
Cfr.: Il Processo Castellano, II, p. 77.
1411
Cfr.: ivi, II, p. 65.
1412
Cfr.: ivi, XIV, pp. 414416.
1413
Cfr.: ivi, XXII, p. 448.
1414
Cfr.: ivi, XXII, pp. 449450.
1415
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 379.
1416
Cfr.: Miracula intra triennium ab obitum patrata, 19.
1417
Cfr.: Miracula [Zita], 83.
227
cui restituisce la vista senza bisogno che si sposti dal capoluogo ligure 1418. Ha poi origini
genovesi anche una donna risanata da Verdiana da Castelfiorentino da una malattia grave che
però le fonti non specificano 1419. L’astigiana Janna, costretta a letto da una contrattura delle
ginocchia e della schiena all’altezza dei reni e in grado di muovere solo pochi passi con delle
stampelle, viene risanata nella propria città natale da Zita da Lucca 1420, protagonista –
passando all’Emilia Romagna – anche della guarigione di un certo Bosus, originario di
Parma, che grazie a lei recupera la vista da un occhio dopo cinque anni di malattia 1421. Hanno
origini emiliane anche la donna di Piacenza affetta da una forma gravissima di contrattura alle
mani e guarita da Galgano a Chiusdino (SI) dopo anni di sofferenza 1422 e un’indemoniata del
modenese di nome Oria, liberata da Allucio da Pescia 1423.
Uno sfortunato bolognese è vittima di un incidente nella bottega di Luchesius, un
macellaio originario di Poggibonsi che mentre seziona la carne lo ferisce gravemente
amputandogli la mano, che si risalda poi in maniera perfetta grazie all’intervento proprio di
Lucchese da Poggibonsi 1424. Provengono da Bologna anche i due fratelli che pellegrini alla
Verna vengono salvati dalla morte da Torello da Poppi 1425. Ha invece origini ravennati una
fanciulla tormentata dal demonio per effetto di una malia ordita ai suoi danni da uno
spasimante senza speranza, liberata anche lei da Torello, che la esorcizza scacciando da lei il
male 1426. Una povera serva di Cervia di nome Druda che si ritrova con le gambe inferme
prega Ranieri da Borgo San Sepolcro su invito della propria padrona, che le parla del santo
biturgense dicendosi sicura che la aiuterà, come infatti avviene sulla costa romagnola 1427.
Un’altra serva di nome Benevenuta e originaria di Faenza (RA), al lavoro presso il fiorentino
Bonacurso, viene incarcerata dal podestà cittadino perché accusata di sostenere i guelfi e
liberata dalla prigionia da Umiliana dei Cerchi 1428. Risalendo verso l’Appennino fino ai
dintorni di Sarsina (FC) ci si imbatte in un altro miracolato da Ranieri, un uomo di nome
Cortosonnus sofferente per una grave frattura al bacino e tornato in salute grazie
1418
Cfr.: ivi, 97.
1419
Cfr.: Vita sancte Viridiane, XVII.
1420
Cfr.: Miracula [Zita], 90.
1421
Cfr.: ivi, 5.
1422
Cfr.: Inquisitio in partibus, 14; Vita beati Galgani, 21.
1423
Cfr.: Vita beati Alluccii confessoris, 4.
1424
Cfr.: Vita (Tolomei), 57.
1425
Cfr.: Hystoria Beati Torello de Puppio, IX; Vita di Torello da Poppi, XI. Torello restituisce la salute ai due
malati dopo che altri santi interpellati prima di lui – tra i quali forse lo stesso Francesco d’Assisi – non sono
riusciti a fare niente per i due infermi, nonostante le prolungate suppliche.
1426
Cfr.: Hystoria Beati Torello de Puppio, XII; Vita di Torello da Poppi, XIV.
1427
Cfr.: Liber miraculorum, 18.
1428
Cfr.: Miracula intra triennium ab obitum patrata, 28.
228
all’intervento del santo toscano 1429, che estende i suoi poteri anche agli abitanti delle Marche
con la guarigione di Illuminata, una signora originaria di Mercatello sul Metauro (PU), che a
Sansepolcro viene liberata dall’infermità e dal gonfiore che la affliggono 1430. Avviene invece
a Recanati (MC) uno straordinario miracolo operato da Lucchese da Poggibonsi a favore di
due fratelli del luogo, uno assassino dell’altro, seppelliti insieme uno morto e l’altro vivo e
salvi entrambi grazie all’intervento del santo, che richiama in vita la vittima e suscita il
pentimento e la conversione del suo omicida 1431. Provengono infine da Roma un messaggero
di nome Romanus – incarcerato a Firenze e condannato a morte, salvo perché riesce a
scappare beneficiando dell’aiuto sovrannaturale di Umiliana dei Cerchi 1432 – e un soldato che
sull’altare di Verdiana da Castelfiorentino ottiene il risanamento di una ferita alla gamba, con
tanto di freccia rimasta conficcata al suo interno 1433.
Sette tra i miracolati di cui si conosce l’origine provengono da località situate al di
fuori dei confini italiani: alcuni di loro vengono a conoscenza dei poteri sovrannaturali dei
santi cui fanno ricorso trovandosi in Italia, mentre altri beneficiano degli interventi prodigiosi
nei loro lontani luoghi di origine. Tutti coloro che si rivolgono a queste figure della tradizione
toscana lo fanno grazie alla conoscenza diretta di loro devoti oppure ad un incontro personale
col santo quando si trova ancora in vita. Il francese Joannes parte dalla nativa Toulouse e
intraprende un pellegrinaggio dalla destinazione ignota, alla ricerca della grazia che lo
guarisca dalla cecità. Arrivato in Liguria sente parlare di Zita da Lucca e decide di dirigersi
verso la città toscana, ricevendo il risanamento dalla santa poco prima di arrivare a
destinazione 1434. Esperienza simile quella di Maria de Senso, anche lei cieca e in più
monoplegica, dalla Borgogna decide di recarsi in pellegrinaggio a Lucca per domandare la
guarigione a Zita, che lungo il viaggio le restituisce la vista e sul suo sepolcro la libera dalla
contrattura alla gamba 1435. È ancora Zita, poi, a venire in soccorso di sei uomini, forse di
origine corsa, che in viaggio dalla Corsica a Pisa vengono colpiti da una tempesta in mare e
rischiano di fare naufragio 1436. Un bambino di due anni, figlio di un nobiluomo di Ragusa, in
Dalmazia, viene colpito da un’infezione mortale e guarito da Margherita da Cortona, invocata
dal padre su suggerimento di un mantellato di Laviano (SA) di nome Bartholus, devoto della
1429
Cfr.: Liber miraculorum, 56.
1430
Cfr.: ivi, 20.
1431
Cfr.: Vita (Tolomei), 39.
1432
Cfr.: Miracula intra triennium ab obitum patrata, 8.
1433
Cfr.: Vita sancte Viridiane, 15.
1434
Cfr.: Miracula [Zita], 69.
1435
Cfr.: ivi, 96.
1436
Cfr.: ivi, 99.
229
santa e ospite della famiglia del piccolo malato 1437. Due miracoli hanno come protagoniste
persone che provengono addirittura dalla lontanissima Germania: si tratta di una pellegrina
colpita da cecità improvvisa che recupera la vista grazie all’intervento di Caterina da Siena 1438
e di un gruppo di diciotto viaggiatori che al largo della Sardegna vengono colpiti da una forte
tempesta e salvati da Ranieri da Pisa 1439. È destinatario di un prodigio di Ranieri anche il
magister Hugo Latinus, letterato di greco di Istanbul che manifesta una forte incredulità per i
miracoli del santo, in conseguenza della quale viene punito con una malattia non specificata
dalla quale guarisce dopo aver bevuto l’acqua benedetta dal santo, ancora in vita, datagli da
due viaggiatori pisani arrivati in Turchia 1440. Accanto a questi vi sono poi altri miracolati
provenienti da luoghi diversi da quelli di origine del santo o esterni alla regione toscana, ma
lontani solo apparentemente dall’area di culto dei servi di Dio attori dei prodigi, perché in
realtà vicini ad essa sia geograficamente sia a livello di devozione. Si tratta di casi dove ad
essere protagonisti dei miracoli sono santi “sul confine”, che guariscono persone di altre
regioni che però in realtà vivono in luoghi vicinissimi ai loro, come fanno Margherita da
Cortona e Ranieri da Borgo San Sepolcro 1441 intervenendo a favore di persone di origine
umbra, per lo più tifernate, o Ranieri da Pisa, medico celeste della spezzina Aldigarda, cieca
cui restituisce la vista 1442.
Accade talvolta che i santi concedano il miracolo a persone che provengono da una
città diversa dalla loro e dove è presente il culto di un altro santo locale, cui si preferisce non
ricorrere per motivi in merito ai quali le fonti tacciono. Si crea così una rete di relazioni e
influenze che fanno del miracoloso uno strumento capace di mettere in relazione i diversi
luoghi della Toscana. Il piccolo Nanne proviene da Cortona, ma non è la concittadina
Margherita a guarirlo da una grave contrattura agli arti inferiore, bensì Agnese da
Montepulciano, senza che il bambino si sposti dalla propria città natale 1443, così come le
cinque donne epilettiche del cortonese risanate anch’esse in loco dalla santa poliziana e non
dalla locale penitente francescana 1444. A sua volta poi ad Agnese “sfugge” la sordità di un
concittadino guarito invece da Francesco da Siena 1445 e l’aggressione demoniaca ai danni di
1437
Cfr.: Legenda de Vita et Miraculis Beatae Margaritae, XI, 76.
1438
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 387.
1439
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 146.
1440
Cfr.: ivi, 119.
1441
Sansepolcro si trova in territorio tifernate al momento in cui Ranieri opera miracoli.
1442
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 129.
1443
Cfr.: Legenda Beate Agnetis de Monte Policiano, III, 8, 11.
1444
Le cinque epilettiche risanate da Agnese sono una donna ammalata da vent’anni e due coppie di sorelle. Per
la narrazione dei miracoli cfr.: ivi, III, 12, 9; III, 12, 10.
1445
Cfr.: Legenda beati Francisci de Senis (Liber Miraculorum), 16.
230
un anonimo guardiano di porci liberato da Ambrogio Sansedoni 1446. Non si rivolgono a
Verdiana ma ricorrono ad altri santi due persone di Castelfiorentino (FI): si tratta del monaco
Iohannes, ridotto in fin di vita da una malattia sconosciuta e salvato da Caterina da Siena 1447 e
di un tale che per porre rimedio alla propria cecità va in pellegrinaggio alla tomba di Lucchese
da Poggibonsi 1448. Il santo bonizzese soccorre anche due nobildonne fiorentine, una certa
Lenotia, sofferente di emorragie, e una donna incinta che rischia di morire per le
complicazioni della gravidanza 1449.
Benedictus de Manzoli da Poggibonsi viene invece condotto dalla madre sulla tomba
di Ambrogio Sansedoni a Siena per rimediare alla sua cecità 1450, mentre un altro bonizzese di
nome Tinus riceve la grazia dallo stesso santo senese senza doversi spostare dalla propria città
1451
. Ambrogio interviene a favore anche di persone provenienti da luoghi dove sono diffusi
altri culti connotandosi come il più concorrenziale tra i santi toscani. Sono fiorentini quattro
miracolati dal domenicano senese: si tratta del mercante Robertus Spina, che si rivolge ad
Ambrogio quando viene aggredito in mare durante uno dei suoi viaggi di lavoro 1452, di Sana,
guarita da forti dolori uterini 1453, di Gemeta, rifiutata dal nobile fidanzato per via di una
fistola sul fianco 1454 e di un’altra fanciulla che rischia di rimanere zitella per questioni insorte
tra i fratelli e l’aristocratico futuro marito 1455. Si rivolgono ad Ambrogio e ottengono da lui la
guarigione anche un giovane sangimignanese di nome Palmerius che perde la vista in seguito
ad una grave malattia e preferisce ricorrere alle sue cure piuttosto che a quelle della
concittadina Fina 1456 e Andreas, detto Romagnolius, ridotto in fin di vita dalla febbre e dal
gonfiore alla gola pur disponendo di Alberto come santo cittadino della sua Colle Val d’Elsa
(SI) sceglie di rivolgersi al predicatore senese 1457. Anche il pisano Ventura, afflitto da
quartana, fa voto con successo ad Ambrogio perché lo guarisca 1458.
Di natura differente e di particolare interesse il caso di un’altra pisana di nome Bona,
una donna con problemi ad un braccio che di notte sente un voce e da questa riceve l’invito ad
1446
Cfr.: Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 81.
1447
Cfr.: Il Processo Castellano, III, p. 265.
1448
Cfr.: Vita sancti Lucensis confessoris, 7; Vita (Tolomei), 42.
1449
Per la guarigione di Lenotia cfr.: ivi, 56. Per il miracolo della gestante cfr.: ivi, 50.
1450
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 187; Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 77.
1451
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 141.
1452
Cfr.: Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 113.
1453
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 210.
1454
Cfr.: Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 94.
1455
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 218; Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 116.
1456
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 184; Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 78.
1457
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 199; Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 91.
1458
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 177; Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 74.
231
andare il giorno dopo alla chiesa di Sant’Agostino dove Ambrogio predica, perché lì verrà
risanata, come effettivamente avviene 1459. Si tratta di un episodio indicativo sia
dell’importanza della diffusione della fama sanctitatis già durante la vita dei santi e al di là
delle mura cittadine sia della funzionalità di tale fama in relazione all’attività quotidiana e
peculiare svolta dai santi stessi: nel caso di Bona guarita durante un sermone pubblico il
miracolo serve senz’altro anche a rafforzare il valore stesso della predicazione di Ambrogio,
che acquista maggior autorità proprio in virtù della sua capacità di operare prodigi.
Sansedoni, tuttavia, non è il solo santo extracittadino cui i pisani ricorrono. Maffea,
detta Baccharella, pur provenendo da Pisa chiede a Zita da Lucca di guarirla da una decennale
contrattura degli arti superiori 1460, così come Cola e Jacobina, risanate dalla santa lucchese la
prima dall’infermità alle gambe che si porta dietro fin dalla nascita e la seconda dalla gotta
che per oltre vent’anni la colpisce in tutto il corpo 1461. Anche un’indemoniata di nome
Bonuccia per essere liberata dai due demoni che la tormentano da Pisa viene condotta a Lucca
sul sepolcro di Zita 1462. Sono invece originari di Pescia (PT) Botus e Molanes: il primo si
rivolge alla santa lucchese per guarire da una grave forma di contrattura agli arti inferiori e ad
una mano, mentre il secondo grazie a lei recupera la vista 1463. Dominus Estasius è infine
l’unico senese a richiedere l’intervento di un santo che non sia suo concittadino: trovandosi in
esilio a Poppi l’uomo prega il santo locale Torello per poter tornare in patria, aderendo così ad
un culto locale presente là dove le circostanze avverse della vita lo hanno condotto a vivere
per un periodo e impegnandosi a diffonderlo nella propria città se avrà la grazia di farvi
ritorno da uomo libero 1464.
Accade anche che quanti si trovano nel bisogno – indipendentemente dal loro luogo di
origine e da quello dei personaggi ai quali si rivolgono – formulino una richiesta di aiuto
rivolta ad un santo, ma non ricevano da lui alcun miracolo, con la conseguente riformulazione
della preghiera rivolta ad un differente destinatario celeste. A lasciare inascoltate le richieste
dei bisognosi e a non concedere i miracoli desiderati non sono soltanto i santi antichi, ma
anche esponenti della santità nuova, che apparentemente senza motivi validi talvolta si
negano a coloro che ne hanno necessità, quasi fossero disinteressati ai problemi dei fedeli che
li chiamano in causa o non disponessero di poteri sufficienti a risolvere le situazioni di crisi.
1459
Cfr.: Summarium virtutum et miracula, 24; Vita (Gisberto, Recupero, Aldobrandino, Olrado), 54.
1460
Cfr.: Miracula [Zita], 32.
1461
Per la narrazione del miracolo di Cola cfr.: ivi, 59. Per la guarigione di Jacobina cfr.: ivi, 98.
1462
Cfr.: ivi, 64.
1463
Per la guarigione di Botus cfr.: ivi, 53. Per il miracolo di Molanus cfr.: ivi, 82.
1464
Cfr.: Hystoria Beati Torello de Puppio, XXIXXIII; Vita di Torello da Poppi, XXIII.
232
In alcuni casi gli agiografi riferiscono dei falliti tentativi compiuti dai miracolati di ottenere la
grazia da santi diversi da quelli che infine la concedono assimilandoli addirittura ai dottori
incapaci di guarire con la sola scienza medica. E se sottolineare come i medici non possano in
alcun modo risanare i miracolati conferma la reale situazione di bisogno dei fedeli che
beneficiano degli interventi sovrannaturali e connota ancor più positivamente il miracolo,
evento straordinario insignito così di un valore pressoché assoluto, specificare come il santo
in questione sia l’unico capace di operare un prodigio fallito da “colleghi” più o meno illustri
conferma i poteri del santo stesso e gli fornisce prestigio superiore a quello di altri suoi simili.
Le narrazioni di miracoli in cui si sottolinea come i richiedenti del miracolo si siano
già rivolti ad altri santi senza però ottenere risultati sono venti e nella maggior parte dei casi
gli agiografi non riferiscono i nomi, limitandosi a dichiarare che la richiesta descritta è stata
già rivolta ad altri santi, ma non ha avuto compimento. In tre racconti, invece, i santi rimasti
sordi alle suppliche dei bisognosi vengono identificati: si tratta di Florido, Mamiliano e
Ambrogio Sansedoni.
Un piccolo tifernate di nome Dinus, trovandosi in fin di vita per gravi problemi
respiratori, dichiara che sarà guarito da Ranieri da Borgo San Sepolcro e non da Florido e
dagli altri santi fino ad allora invocati dalla madre, invitando così i genitori Cassiana e
Boaniuta a fare voto al santo biturgense 1465. Jolittina ha invece invocato diversi santi, tra i
quali Mamiliano, per essere risanata da una monoplegia agli arti inferiori, ma solo quando si
rivolge a Ranieri da Pisa ottiene la guarigione e può tornare a camminare come richiesto 1466.
Michael de Monaldus e la moglie, infine, si rivolgono a molti santi – tra i quali spicca il nome
di Ambrogio Sansedoni – chiedendo loro senza alcun risultato la liberazione dalla possessione
demoniaca della figlia Laurencia, esorcizzata infine da Caterina da Siena 1467, che forse così
dimostra di aver raggiunto e superato il santo predicatore nel pantheon cittadino.
Di particolare interesse, da ultimo, la vicenda di una cortonese di nome Mina, madre
della piccola Catherina, una bambina di tre mesi scossa giorno e notte fin dal giorno della
nascita da forti crisi epilettiche. La donna, disperata, cerca ogni tipo di rimedio per far guarire
la figlia e ricorre senza alcun risultato non solo alla preghiera rivolta a diversi santi, ma anche
a brevi e riti tradizionali che come sottolinea l’agiografo di Margherita da Cortona – la santa
che infine guarisce la neonata – le donne cristiane non cessano sconsideratamente di
1465
Cfr.: Liber miraculorum, 23.
1466
Cfr.: Vita Sancti Rainerii, 163.
1467
Cfr.: Vita Catharinae Senensis, 269273; Il Processo Castellano, Va, pp. 319321.
233
osservare: segno di come la superstitio domini sul costume devozionale nella pratica
apotropaica 1468.
4.3 Le modalità
4.3.1 Attori delle richieste del miracolo
234
mossi a pietà nelle diverse situazioni di crisi in cui si rende necessario l’intervento dei santi
per poterle risolvere positivamente. I miracolati sono i principali interpreti della domanda di
sovrannaturale, dato che il cinquanta per cento dei miracoli – indipendentemente dalla loro
tipologia – viene richiesto in prima persona proprio da coloro i quali effettivamente ne
beneficiano, segno di una adeguata conoscenza da parte dei bisognosi sia dei meccanismi del
miracoloso sia delle potenzialità dei santi a favore del loro benessere. Si aggirano invece sul
trenta per cento i casi in cui a richiedere l’intervento dei santi sono persone diverse dai
destinatari dei prodigi reclamati, siano esse laiche o religiose, familiari o perfetti sconosciuti.
Le madri sono le grandi protagoniste delle richieste dei miracoli e quasi la metà delle
volte in cui a invocare i santi non sono direttamente coloro che ne beneficiano ci pensano le
loro mamme ad appellarsi ai poteri dei santi, chiamati a soccorrere figli malati, ossessi, morti
o soggetti a gravi pericoli 1470. Contrariamente a quanto lo stereotipo dell’uomo medievale
indurrebbe a pensare, anche i padri si mostrano capaci di amore filiale e – seppur in casi più
limitati rispetto alle loro consorti – si preoccupano del benessere dei figli e di garantire loro
una risoluzione certa dei loro problemi attraverso l’intervento dei santi. Il dieci per cento dei
miracoli richiesti da persone diverse dai miracolati viene sollecitato proprio dai padri,
desiderosi di vedere restituita ai figli –maschi o femmine che siano, seppur con una leggera
prevalenza maschile – la salute, ma anche di saperli liberati dalle vessazioni demoniache o
dalla negatività del peccato. L’amore paterno, come già quello materno, attraversa tutte le età
dei figli e si esprime fin dalla tenera età, come dimostra la richiesta di grazia formulata da un
certo Bonsegnorus, padre del piccolo Bonaiuncta, un bimbo di un anno che si ferisce alla testa
con un coltello con grande disperazione dell’uomo, che infierisce sulla moglie accusandola di
non aver fatto abbastanza per evitare l’incidente e poi supplica Bona da Pisa di porre rimedio
alle sofferenze del piccolo e di restituirgli il figlio risanato 1471. Di particolare interesse il caso
di un pistoiese infermo e inchiodato a letto da quindici anni che vede interessarsi a lui al
punto di chiedere a Pietro Pettinaio la grazia in suo favore il proprio patrigno, un uomo
evidentemente amorevole e interessato al benessere del figliastro come fosse il suo vero padre
1472
. In una trentina di casi, inoltre, sono entrambi i genitori a rivolgersi al santo in forma
congiunta e di comune accordo chiedendogli di intervenire in favore dei figli in difficoltà,
segno evidente che sia i padri sia le madri si preoccupano delle condizioni della propria prole,
1470
Tra le diverse tipologie del miracoloso emerge come le madri, pronte a sottoporre ai santi qualsiasi necessità
dei loro figli, siano assenti per quanto riguarda le liberazioni dal carcere, dove non si registrano suppliche
materne ad alcun santo per riabbracciare prigionieri carne della loro carne.
1471
Cfr.: Vita sancte Bone virginis de civitate Pisana, XXXV.
1472
Cfr.: Vita del beato Pietro Pettinajo, p. 39.
235
anche se più spesso sono le madri a prendersene cura e, dunque, anche a richiederne con
maggiore frequenza guarigioni o liberazioni dal demonio, dal pericolo, dal peccato o dalla
morte. L’amore dei genitori per i figli non equivale, almeno stando alle informazio