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STORIA DELLA LINGUA ITALIANA I. (INTRODUZIONE ALLA FILOLOGIA ROMANZA) - dispensa parziale A.D. MMIV 1. Questioni terminologiche 1.

1 Il termine filologia 1.2 Il termine romanzo 1.3 I termini latino volgare, volgare, volgari 2. Il dominio romanzo 2.1 Romnia perduta e Romnia nuova 2.2 Le lingue romanze 2.2.1 Il galego-portoghese 2.2.2 Lo spagnolo 2.2.3 Il catalano 2.2.4 Il francese 2.2.5 Il provenzale 2.2.6 Il franco-provenzale 2.2.7 Il ladino, il romancio e il friulano 2.2.8 Litaliano 2.2.9 Il sardo 2.2.10 Il dalmatico 2.2.11 Il rumeno 3. LItalia linguistica 3.1 Cronologia dellevoluzione della lingua e della coscienza linguistica sulla penisola italiana 3.2 Litaliano standard, litaliano regionale, il dialetto regionale e il dialetto locale 3.3 Allofoni in Italia 3.4 Litaliano L1 al di fuori dellItalia 3.5 Litaliano L2 al di fuori dellItalia 4. Fonti dirette ed indirette per la conoscenza del latino volgare 4.1 La diglossia 4.2 I tipi delle fonti dirette ed indirette 5. Fenomeni grammaticali nelle lingue romanze 6. Antologia di testi in latino volgare con commenti linguistici 6.1. Iscrizione di Pompei 6.2 Glosse di Reichenau 6.3 Appendix Probi

1. Questioni terminologiche 1.1 Il temine filologia La parola filologo significa amante delle lettere dal latino tardo philologus, a sua volta dal greco dal greco philologos. Il significato odierno si riferisce a una disciplina, o meglio, a un gruppo di discipline e non sempre rientrano gli stessi concetti sotto la stessa denominazione. In sostanza, la filologia la scienza che studia la lingua e la letteratura di un popolo o di un gruppo di popoli deducendola dai testi scritti. Siccome dal periodo della nascita della scienza filologica si sono rese autonome alcune delle discipline (linguistica in senso stretto, critica del testo, ermenutica ecc.), filologia viene a significare oggi la scienza e la tecnica che si prefigge come fine la ricostruzione di un testo letterario nella sua forma pi vicina alloriginale indagandone la genesi e la struttura. 1.2 Il termine romanzo Romanzo indica subito il suo etimo, Roma. Le lingue romanze sarebbero, quindi, le lingue discendenti dalla lingua di Roma: galego-portoghese, spagnolo, catalano, provenzale, francese, franco-provenzale, italiano, sardo, ladino, romancio, sardo, dalmatico e rumeno. Il nome di Roma ha dato origine a numerosi nomi comuni e propri nonch aggettivi in italiano. Vediamo: romano: aggettivo che indica la Roma antica o quella moderna. rumeno: lingua e popolo dei Valacchi. romanesco: il dialetto della Roma odierna. romanzo, romando: neolatino. Romagna: regione italiana (con Emilia) con capoluogo Bologna. Romana: lo Stato balcanico creatosi nel XXmo secolo con lunificazione della Valacchia, dellOltenia e della Transilvania. Romnia: il territorio che corrisponde alla diffusione delle lingue neolatine. romanzo: ampio componimento narrativo. romanticismo: movimento culturale europeo del XVIIIo-XIXo secolo. 1.3 I termini latino volgare, volgare, volgari La parola volgare una voce dotta e viene dal tardo latino vulgaris, comune a tutti, ordinario. Latino volgare ormai un termine tecnico consolidato anche se molti preferiscono latino tardo, latino medievale, ecc. e si riferisce alla lingua parlata dal popolo, specie nel periodo in cui ebbero origine le lingue neolatine, in contrapposizione al latino classico, considerato come lingua colta e letteraria per eccellenza. Per semplicit e riducendo la situazione a schema un po troppo rigida ma didattica, potremmo dire che il termine volgare ha nella storia almeno tre significati diversi che si possono mettere in evidenza con il termine contrapposto. I. Nella prima fase (lImpero Romano ancora esistente) la contrapposizione sarebbe tra latino classico e latino volgare: il primo inteso come la lingua ricercata e raffinata, riservata a pochi dotti e il secondo come luso quotidiano, la realizzazione plebea di questo ideale (v. a questo riguardo lopposizione di F. de Saussure tra langue e parole). II. La seconda fase, identificabile come la seconda met del primo millennio, vede contrapposta semplicemente il latino e il volgare (designato anche con vari altri nomi: sermo plebeius,

maternalis...). Luso del latino si restringe sempre di pi alla scrittura e il divario tra lo scritto e il parlato continua a crescere (diglossia). La disgregazione territoriale del latino volgare gi in atto. III. La terza fase (dopo lanno Mille) vede il pieno svilupparsi degli idiomi, nascono sempre di pi opere nei volgari, identificabili ormai secondo una fisionomia ben precisa. I volgari italiani significano praticamente fino al periodo dellUmanesimo le parlate locali di pari rango. Solo dopo lattivit letteraria dei tre grandi Toscani, e infine dopo la discussione quattro-cinquecentesca sulla Questione della lingua questi volgari italiani si abbassano man mano a livello di dialetto. 2. Il dominio romanzo Il dominio romanzo occupa una zona continua da Ovest a Est dal Portogallo allItalia, comprendendo alcune grandi isole del Mediterraneo (Baleari, Corsica, Sardegna, Sicilia). Sulla Costa jugoslava il dalmatico, saldandosi allitaliano, scendeva un tempo fino a Ragusa (Dubrovnik). La zona continua comprende dal punto di vista politico (ma con discrepanze anche notevoli ai confini) quattro grandi stati nazionali: Portogallo, Spagna, Francia, Italia con il Belgio francofono, le parti della Svizzera romanda, di lingua francese, italiana e romancia. Entit linguistiche autonome si considerano abitualmente: il catalano, loccitanico (provenzale), il sardo; e i tre gruppi romancio, ladino e friulano. In questa zona continua ci sono alcune enclaves alloglotte non romanze. Le principali sono: il basco nei Pirenei fra Francia e Spagna (un fatto di conservazione, pi precisamente di resistenza alla romanizzazione), il bretone nella Bretagna (N-O della Francia; un fatto di colonizzazione medievale dalle isole britanniche), penisole e isole tedesche in Francia e in Italia (colonizzazione medievale o annessioni moderne); albanese (in Italia meridionale, soprattutto in Calabria e in Sicilia), greco in Puglia e in Calabria (colonizzazioni e forse resti antichi). Una grande zona isolata a Est poi costituita dallodierna Romania (con la Repubblica Moldava e lembi dellUcraina ed i gruppi rumeni di Croazia; e con i dialetti separati in Istria, e in Albania, Jugoslavia e Grecia). Tutto questo dominio detto Romnia. 2.1 Romnia perduta e Romnia nuova Confrontando la Romnia attuale con la zona latinofona dellImpero romano, si identificano le zone in cui il latino non continuato: nellAfrica settentrionale (berberizzata e poi arabizzata), ai confini al Nord delle Alpi fino al Danubio e oltre il Reno (zone prevalentemente germanizzate, magiarizzate o slavizzate)1. Questa la Romnia perduta. La Romnia nuova comprende i territori di lingua romanza che non hanno conosciuto latinizzazione, e ma dove una lingua romanza stata importata pi tardi. Si tratta soprattutto delle colonizzazioni che hanno portato lo spagnolo nellAmerica centrale e meridionale, il portoghese in Brasile, il francese nelle Antille e in Canada, ecc. Ma ci sono anche fenomeni di altro genere, come gli stanziamenti di comunit ebree di lingua spagnola nei Balcani e in altre zone europee e nord-africane dopo lespulsione in massa dalla penisola iberica nel XV sec.2 Oggi i parlanti lingue romanze nel mondo sono circa 600 milioni, e sono destinati, con lo sviluppo demografico in atto in America latina, a crescere ancora. Ci sono inoltre le lingue creole e i pidgins (o sabir) a base soprattutto portoghese o francese. Si tratta particolarmente delle lingue formatesi in Africa dal contatto di lingue europee con lingue indigene, e importate poi con gli schiavi dallAfrica in America. Le lingue creole sono diventate
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W. von Wartburg, 1941. cf. C. Tagliavini, 1972, capp. III e VI.

lingue primarie (cio lingue materne) dopo essere state per un certo tempo lingue secondarie, parlate cio in alternanza con la lingua materna indigena: questo secondo stato quello del pidgin. Un pidgin diffuso nellAfrica francese, e a base, appunto, francese il petit ngre. Nel Mediterraneo la lingua franca stata parlata per molti secoli da popolazioni diverse che navigavano nel bacino comune. La sua base stata, almeno inizialmente, litaliano. Pidgins e lingue creole formano un oggetto collaterale della romanistica. Il loro studio stato inaugurato da Hugo Schuchardt. Un ordinamento non meramente geografico delle lingue romanze solleva tutti i pi gravi problemi della linguistica comparata e della tipologia. Di fronte alle gravi difficolt di un ordinamento pensato in termini di diversit linguistica, una classificazione meramente geografica finisce per essere preferita da molti, tanto pi che possibile anche una interpretazione dei fatti di contiguit geografica con fattori di sostrato, di superstrato e in genere con fatti storici. a) b) Portoghese Spagnolo Ibero-romanzo Catalano Provenzale (e guascone) Franco-provenzale Gallo-romanzo Francese lingue romanze occidentali lingue romanze orientali Ladino Sardo Italo-romanzo Italiano Dalmatico Balcano-romanzo Rumeno

c)

d)

Da notare il ruolo di ponte che ha il Dalmatico tra Balcanoromanzo e Italo-romanzo; e del Catalano tra Gallo-romanzo e Iberoromanzo. Lo stesso ruolo tra Italo-romanzo e Gallo-romanzo rappresentato dai dialetti gallo-romanzi (dialetti dellItalia settentrionale, ad eccezione del veneto), che pure non figurano in questo schema. In base a quale criterio si pu operare una scelta e stabilire una preferenza tra i vari tipi di ordinamento delle lingue romanze? I fatti areali sono interpretati il pi delle volte attraverso il lessico, qualche volta attraverso la fonetica o la morfologia. Ordinamenti come quello di Tagliavini, che rispettano la continuit geografica, si appoggiano allosservazione episodica di concordanza, gruppo per gruppo, di fenomeni di tutti i livelli linguistici. Tuttavia bisogna riconoscere che si sempre dimostrato difficile integrare in modo soddisfacente e rigoroso pi criteri. Succede naturalmente, per esempio, che due lingue geograficamente vicine abbiano una grande parte di lessico comune, ma possono avere differenze anche molto notevoli dal punto di vista morfologico e sintattico. Bisogna decidere allora se dare la priorit a fatti lessicali o grammaticali. Lunico criterio che pu passare attraverso diversi livelli della lingua senza cadere in affermazioni arbitrarie quello che oppone fatti conservazione (fonetica, lessicale, sintattica, ecc.) contro fatti di innovazione, come ha proposto Vidos. Operando in questo modo, si fanno risaltare i fatti pi rari che possono essere: a) mancata partecipazione a innovazioni generali, quasi pan-romanze, per cui una lingua o conserva una forma latina altrove abbandonata, o innova per conto suo, in modo diverso; b) innovazioni geograficamente limitate, che interessano una sola lingua o un gruppo di pi lingue,

che spiccano cos su un panorama altrimenti uniforme rappresentante in genere lo stato tardolatino. Ma da questo modo di procedere non discende di per s nessun principio classificatorio perch, bench certe lingue risultino pi spesso conservatrici e altre pi spesso innovatrici, i vari fenomeni hanno una distribuzione spaziale diversa. Gerarchizzando i livelli, e considerando che i fenomeni linguistici di grado alto (sintassi, categorie grammaticali, ecc.) sono pi rilevanti di fatti di ordine pi superficiale (morfofonologia, fonetica), si pu avere per una generalizzazione pi precisa. E questa perci la via che seguiremo qui in seguito: considereremo i fatti di conservazione e di innovazione di livello pi alto, e osserveremo quali gruppi di lingue vengono a esserne interessati. Parlando di gerarchizzazione dei livelli linguistici, faccio riferimento alla grammatica generativo-trasformazionale nella quale il posto pi alto (profondo) riservato alla sintassi; uno intermedio alla morfologia; mentre fonologia-fonetica e semantica sono considerati corpi separati, e sono meramente interpretative delle strutture profonde. Grazie a questo criterio, la tesi di unopposizione tra la Romnia continua e due spezzoni separati, il rumeno (con qualche carattere conservativo, e certe novit in proprio) e il francese (innovativo), risulta in gran parte confermata. Wartburg aveva previsto infatti che, a una considerazione sincronica, la Romnia sarebbe apparsa articolata in tre blocchi: due costituiti rispettivamente dal rumeno e dal francese, da soli, e un terzo grande blocco che riunisce tutte le altre lingue romanze, dallAtlantico allAdriatico: la Romnia continua. In realt non si tratta nel nostro caso di un approccio rigidamente sincronico. Se da un lato infatti si cercato di evitare di pescare arbitrariamente tra fatti di diacronia e di sincronia e perfino tra fatti antichi e fatti recenti, comera pratica abituale della vecchia scuola, la sincronia della quale ci interessiamo noi ora ricapitola in s la diacronia. Quello che diverso si differenziato nella storia, quello che uguale frutto di persistenza. Certo, altri fenomeni danno luogo a diversi raggruppamenti di lingue, alcuni dei quali si sovrappongono abbastanza bene a certi raggruppamenti classici. Ritroviamo cos il gruppo balcano-romanzo (con lItalia meridionale, e a volte la Sardegna), che uno spazio linguistico conservatore. Ritroviamo anche il gruppo gallo-romanzo (con dialetti italiani settentrionali, e spesso il veneto e anche il friulano) che un gruppo innovatore. Il panorama perci abbastanza complesso; daltra parte uno sforzo per una semplificazione forzata non sarebbe certo giustificato. Concordanze di alto livello devono riflettere precise circostanze storiche. Per es. la conservativit delle lingue balcano-romanze, di certi dialetti italiani meridionali e del sardo deve essere messa in rapporto al fatto che queste zone sono state escluse durante la tarda antichit dalle comunicazioni con il resto dellImpero. Oltre a fatti di alto livello, anche molti fatti fonetici e soprattutto lessicali dovrebbero riflettere questo fenomeno, e lo fanno. E pi difficile per la loro valutazione in sede teorica, perch simili fatti sono sparpagliati in modo molto vario. In effetti le novit e i prestiti lessicali si trasmettono con grande velocit e facilit, mentre quelli grammaticali presuppongono una fortissima e prolungata pressione. Corrispondentemente una lingua non cambia con il cambiare del lessico originario: la grammatica che decisiva. Concludendo, la g r a mmatica (sintassi) d luogo al massimo di coincidenze, e serve perci tanto meglio a mettere in rilievo i pochi fenomeni di grande diversificazione . Allaltro capo della gerarchia dei livelli linguistici, la fonetica e il lessico presentano un massimo di diversificazione, e sono perci poco utili per ogni criterio di ordinamento.

2.2 Le lingue romanze Le tre lingue ibero-romanze hanno una storia parallela che spiega alcune delle loro caratteristiche attuali, per cui alla presentazione delle singole lingue premettiamo un breve schizzo sulla loro formazione storica. Il punto di partenza per capire lo sviluppo delle lingue iberoromanze la conquista della penisola da parte degli Arabi (711-720). La prima conseguenza di questo evento storico fu la divisione della penisola in un nord cristiano e un sud musulmano: infatti subito dopo lentrata degli Arabi si formano, in una stretta striscia nel nord, alcuni stati cristiani che organizzano la resistenza e poi il lungo processo di riconquista (Reconquista) che porter alleliminazione completa del dominio arabo (1492). Gli stati cristiani erano, da ovest a est, il regno di Len, il regno di Navarra, il regno di Aragona e la contea di Barcellona (che si unir col regno di Aragona nel XII sec.); dal regno di Len si staccher, intorno al 1095, la contea (poi regno) di Portogallo e, gi nel X sec., la contea (poi regno) di Castiglia che diventer presto il centro politico e culturale pi importante della Spagna cristiana e si riunificher, nel 1230, con il regno di Len, ma stavolta con egemonia castigliana. Dal punto di vista linguistico, troviamo, sempre da ovest a est, i seguenti gruppi linguistici: 1) il galego-portoghese nella parte occidentale del regno di Len; Con la formazione della contea di Portogallo, il territorio linguistico galego-portoghese resta diviso in due: il nord galego resta unito a Len e quindi alla Spagna, il sud (portoghese) diventa la lingua di un paese indipendente; 2) lasturo-leonese, nella parte centrale del regno di Len; 3) il castigliano, nel regno di Castiglia; 4) laragonese, nei regni di Navarra e Aragona; 5) il catalano nella contea di Barcellona. Nel Sud, occupato dagli Arabi, si parlavano vari dialetti romanzi su cui siamo relativamente poco informati, data la scarsezza di testimonianze dovuta al fatto che la lingua di cultura era larabo. Il romanzo dei territori arabizzati veniva chiamato dagli scrittori al-cagamiya (lingua straniera), mentre dai filologi moderni viene denominato mozarabico (da una parola araba che significa suddito degli arabi). Il processo di riconquista signific, dal punto di vista politico, loccupazione progressiva e la ripopolazione del centro e del sud della penisola da parte degli stati cristiani del nord e, dal punto di vista linguistico, lespansione verso sud delle lingue romanze parlate nel settentrione della penisola, lingue che vennero cos a sostituire larabo e a eliminare e in parte assorbire i dialetti mozarabici. Non tutte le lingue del nord peninsulare hanno per preso parte in maniera uguale alla riconquista linguistica: vi hanno preso parte a occidente il portoghese, ormai staccato dal galego; al centro il castigliano, che diventa la lingua egemone nel regno di Castiglia e Len e poi, dopo lunificazione col regno di Aragona nel 1469, nel regno di Spagna (per cui, a partire dal XVI sec., comincia a essere chiamato anche spagnolo); e a oriente il catalano. Asturo-leonese e aragonese hanno invece avuto un ruolo minore nellespansione verso sud. Si arriva cos allattuale carta linguistica della penisola iberica in cui ritroviamo i cinque gruppi linguistici settentrionali, ma con una distribuzione e unimportanza relativa diverse. Il portoghese occupa tutta la fascia occidentale della penisola ed la lingua ufficiale del Portogallo (per il galego, vedi pi sotto la parte dedicata al galego-portoghese); il castigliano occupa tutta la parte centrale della penisola ed la lingua ufficiale della Spagna, mentre asturo-leonese e aragonese sono ridotti oggi a gruppi dialettali che vanno via via perdendo terreno sotto legemonia del castigliano; il catalano occupa la parte orientale della penisola iberica ed lingua nazionale della regione autonoma della Catalogna. Lattuale assetto linguistico della penisola iberica dunque il frutto della riconquista e dellespansione dei dialetti settentrionali 2.2.1 Il galego-portoghese

Sotto la denominazione di galego-partoghese si racchiude un concetto duplice; da una parte essa indica la lingua letteraria che, nei sec. XIII e XIV, servita come mezzo di espressione alla lirica iberica di ispirazione trovadorica, essa ha la sua base nei dialetti parlati nel nordovest della penisola (Galizia e nord del Portagallo). Daltro lato questa denominazione indica il gruppo linguistico formato dal galego e dal portoghese, lingue che, dopo la separazione del Portogallo da Len (e quindi dalla Galizia), hanno condotto una vita indipendente. Il galego, dopo il periodo della lirica galego-portoghese, continua la sua vita di lingua letteraria fino alla fine del Medioevo, ma finisce con il soccombere di fronte allegemonia del castigliano. Esso sopravvive oggi allo stato dialettale, anche se a partire dalla met del secolo scorso sono stati fatti vari tentativi per ricostituire una lingua letteraria. Recentemente stato elevato al rango di lingua nazionale, accanto allo spagnolo (lingua ufficiale), nelle province galiziane. I dialetti galeghi sono stati fortemente castiglianizzati, soprattutto nel lessico e nella sintassi, e si differenziano ormai sotto molti aspetti dal portoghese. Il portoghese, oltre a essere la lingua del Portagallo, anche la lingua di alcune ex-colonie, tra cui la pi importante il Brasile, e la base di varie lingue creole asiatiche e africane. Contando solo Portogalla e Brasile, il portoghese attualmente parlato da 129 milioni di persone (9 milioni in Partogallo e 120 in Brasile) ed quindi la seconda per diffusione fra le lingue romanze. Come accennato, il portoghese la lingua originariamente parlata nel nord del Portogallo e poi diffusasi verso sud. Ma, diversamente che nel caso del castigliano, anche il centro politico e culturale del paese si spostato verso sud, per cui la lingua ufficiale ha assunto ben presto tratti tipicamente meridionali. Dal punto di vista dialettale possiamo distinguere oggi un gruppo di dialetti settentrionali (che corrispondono alla zona di formazione del portoghese e alle zone riconquistate pi anticamente) e un ampio gruppo di dialetti centro-meridionali (che corrispondono alla zona di colonizzazione, alla zona cio dove il portoghese stato impiantato su un territorio originariamente mozarabica). Le caratteristiche dei dialetti centro-meridionali, con cui si allinea la lingua standard, trovano a volte paralleli nei dialetti meridionali dello spagnolo (andaluso): cos nel sud del Portogallo, com nel sud della Spagna, stata eliminata lopposizione originaria tra [ts] e [dz] e tra [dz] e [z] (a favore di [s]< [ts] e [z] < [dz]); per cui oggi pao palazzo non si distingue pi da passo passo (ambedue [pasu]) e cozer cuocere non si distingue pi da coser cucire (ambedue [kuzer]). Il portoghese parlato in Brasile si differenzia sotto molti aspetti dal portoghese europeo e presenta inoltre una notevole stratificazione in dialetti sociali: cos, se le differenze non sono molte nella norma scritta, esse aumentano man mano che ci avviciniamo ai registri parlati pi famigliari. Le differenze riguardano tutti gli aspetti della lingua e in parte rappresentano delle conservazioni di stadi di lingua pi antica (in genere il portoghese dellinizio del XVIII sec.), in parte sono delle innovazioni tipiche del brasiliano. Un esempio di conservazione la pronuncia [i] della e atona finale: passe che io (egli) passi [pasi], come nel portoghese europeo del XVIII sec. (il portoghese europeo ha in seguito centralizzato questa [i], che pronunciata oggi come uno schwa molto chiuso: [pase]). Un esempio di innovazione la pronuncia palatalizzata o affricata di /t/ e /d/ davanti a [i]: tipo tipo in genere pronunciato [tipu] o [t ipu]. I due fenomeni si ritrovano, per esempio, nella parola de, pronunciata in Brasile [dzsi] (in Portogallo [de]). Grandi differenze si hanno anche nella sintassi (p. es. nellordine dei pronomi clitici: brasiliano me parece, portoghese parece-me mi pare) e nel lessico, soprattutto a causa dei molti prestiti da lingue amerindie e africane tipici del portoghese del Brasile. Fra le principali lingue creole a base portoghese citiamo il creolo di Ceylon e quello di Malacca in

Asia e quelli di Capo Verde, della Guinea Bissau e di Sao Tom e Principe in Africa. Si tratta naturalmente di lingue che, con il portoghese, ormai hanno in comune praticamente solo la base lessicale, mentre la struttura grammaticale completamente diversa. 2.2.2 Lo spagnolo Lo spagnolo, o castigliano, la lingua romanza pi parlata nel mondo. Cca. 220 milioni di persone lo hanno come lingua materna o come seconda lingua; lingua ufficiale in 29 stati dellONU. Lo spagnolo letterario , come abbiamo visto, originariamente un dialetto settentrionale (con il suo centro attorno a Burgos) che, grazie al ruolo determinante delliniziativa castigliana nella Reconquista, ha finito con limporsi e quasi cancellare le altre variet dialettali. Il castigliano aveva alcuni tratti fonetici eccentrici nel panorama iberico: cio la sostituzione di /h/ iniziale a /f/ : hijo per fijo figlio; la dittongazione, del tipo sierra, arrestata dalla presenza di jod: noche invece di *nueche notte (dal latino NOCTEM. Il nesso -ct sviluppa uno jod che palatalizza la consonante che diventa /cs/); // in llamar, llover (chiamare, piovere) contro clamar, ploure dellaragonese e del mozarabe o altre soluzioni nelle altre variet. Nel corso del Cinquecento e del Seicento, quando il castigliano era ormai diventato lo spagnola letterario, lantico sistema fonologico ancora notevolmente evoluto, sempre nel senso di semplificazioni: lapposizione di /b/ e /v/ si defonologizza; cos quella di /s/ sonora e sorda cade; si riducono le affricate /ts/ e /dz/ e si ha il nuovo suono //; il nuovo fonema /x/, una fricativa velare sorda, prende il posto di / / e /3/: cos oggi si dice Quijote con /x/ mentre la pronuncia italiana Chiscitte conserva lantico / /. Oggi il panorama dialettale, enormemente meno vario di quello italiano, il seguente. Il leonese notevolmente ridotto, e ancor pi lo laragonese. Tutta la zona meridionale castigliana, anche se presenta molti fenomeni fonetici nuovi: yeismo, cio pronuncia di ll come [j] anzich come []: caye per calle via (pronuncia che testimoniata anche al Nord, e, negli ambienti popolari, perfino a Madrid); passaggio di s in fine di sillaba a /h/ o a zero: mascar masticare [mahkar] e [makar], los hombres [lohombreh], ecc.; defonologizzazione dellopposizione di s e (fenomeno detto seso), pronunciati ambedue [s] e non [s] e []). Allinterno dellarea meridionale le variet sono limitate: quella andalusa particolarmente importante perch sembra stare allorigine dello spagnolo dAmerica. La diffusione dello spagnolo fuori di Spagna dovuta a due grandi avvenimenti storici. Il primo la cacciata degli Ebrei dalla Spagna nel sec. XV: accolti nellimpero turco, si sparsero nei Balcani e nellAfrica Settentrionale, e hanno conservato fino ad oggi un castigliano arcaico, che ignora le evoluzioni fonetiche fondamentali che lo spagnolo ha avuto dopo quel tempo. Moderno invece la spagnolo dAmerica parlato dal Messico alla Terra del Fuoco, perch le ondate di colonizzatori sono continuate per secoli: la base comune un castigliano meridionalizzata, comprendente generalmente i fenomeni descritti sopra (il seso compatto). Ci sono stati poi fenomeni innovativi pi o meno generali; nelle fonetiche locali limportanza dellinfluenza delle lingue indigene variamente valutata dagli studiosi. Un altro focolaio di espansione dello spagnolo nelle Filippine, dove si sono formati anche dei creoli spagnoli. Come si vede da questi rapidi cenni storici, un dialetto molto limitato originariamente ha subito una progressiva espansione, diventando la lingua abituale di un numero sempre crescente di parlanti: questo fatto pu spiegare probabilmente i continui fatti di semplificazione che hanno colpito particolarmente il sistema fonologico nel vocalismo, ma soprattutto nel consonantismo, alleggerendolo notevolmente rispetto al sistema antico.

2.2.3 Il catalano Il catalano ha oggi pi di 7 milioni di parlanti. Come lingua amministrativa, letteraria e di cultura il catalano fiorito tra il XIII e il XV sec., con centro nella Corte di Aragona. Qui il catalano ha assunto un aspetto uniforme. Pi tardi il catalano stato sopraffatto come lingua ufficiale e di cultura dallo spagnolo, una volta avvenuta lunificazione con il regno di Castiglia. Il catalano ha tuttavia oggi di nuovo un grande centro di attrazione e di diffusione linguistica in Barcellona, grande centro economico e culturale. La rinascita nazionale catalana ha promosso un uso sempre pi vivo del catalano in tutte le attivit intellettuali e pratiche, finch il catalano stato riconosciuto come una delle lingue nazionali che affiancano lo spagnolo (sola lingua ufficiale) nella Spagna retta dalla nuova Costituzione del 1978. La frammentazione dialettale catalana non accentuata. Si distinguono due gruppi dialettali principali (catalano orientale, e occidentale), chiaramente subordinati a una sola lingua letteraria. Nellinsieme, il catalano si parla in Catalogna, nellantico regno di Valencia, nelle Baleari, e anche nei Pirenei francesi orientali (Roussillon), a Andorra, a Alghero (Sardegna). La posizione del catalano tra le lingue romanze stata vivacemente dibattuta tra gli studiosi. Il catalano stata talvolta considerato strettamente affine alloccitanico (Meyer-Lbke): in effetti molti fatti lessicali e anche fonetici del catalano sono piuttosto affini a quelli delloccitanico che alle altre lingue della penisola iberica (per esempio caduta delle vocali finali diverse da -a, con conseguenze morfologiche spesso affini: Ma questo fenomeno ben pi diffuso e interessa perfino la gran parte dellItalia settentrionale). La cultura comune nella quale si situano le produzioni letterarie medievali accentua ancor pi la somiglianza nei testi antichi. Altri studiosi, a partire da Menndez Pidal, hanno sottolineato le concordanze con le altre lingue della penisola iberica. 2.2.4 Il francese Circa 60 milioni di persone, di cui circa 43 milioni come lingua materna, 11 come seconda lingua in Francia (il resto in Svizzera Romanda, in Belgio, nel Qubec) parlano oggi il francese, che pure larghissimamente conosciuto nel mondo come lingua di cultura. lingua ufficiale in 52 stati dellONU. Si pu considerare che la conoscano 80 milioni di persone. Nel territorio della Repubblica Francese, il francese oggi pressoch universalmente conosciuto e usato, a spese sia delle altre lingue che vi si parlano (bretone, fiammingo, basco, tedesco, provenzale e franco-provenzale, corso), sia dei dialetti originari, ridotti allambito familiare e rurale (sono i cosiddetti patois). Il fenomeno della diffusione della lingua dellIle de France (il francien), irradiata da Parigi, molto antico. A partire dalia met del XII sec. la lingua di Parigi influenza i testi letterari e non-letterari del Nord. Ma nellOttocento che, in seguito allindustrializzazione, alla scolarizzazione e alle condizioni moderne di vita, il francese penetra capillarmente nelluso orale di tutto il paese. I dialetti antichi (oggi ridotti a gruppi di patois privi di una norma comune) pi importanti, anche per limpiego letterario che hanno conosciuto, sono stati: il piccardo; il normanno, il vallone; lo champenois; il borgognone ecc. Anglo-normanno chiamata la variet di francese impiegata in Inghilterra per alcuni secoli da vari strati (spesso, ma non esclusivamente, superiori) della popolazione. La differenza tra il francese ( lingua doil) come complesso dei dialetti settentrionali, e occitanico (provenzale o linga doc) stata generalmente messa in rapporto a pi fattori. Il Nord avrebbe avuto un sostrato celtico compatto, sarebbe stato meno profondamente latinizzato, avrebbe ricevuto una potente azione di superstrato germanico nei secoli di dominio dei Franchi (si suppongono tre secoli di bilinguismo franco-germanico in una parte della popolazione). Il Sud avrebbe posseduto diversi sostrati (celtico, ligure, iberico, ecc.),

stato pi profondamente latinizzato e ha conosciuto una dominazione germanica, quella dei Visigoti, solo passeggera. Ma pi difficile del previsto riportare precisi fenomeni linguistici che non appartengano al livello gerarchico pi basso, quello lessicale, a queste diverse condizioni. Si deve distinguere tra francese antico (fino allinizio del XIV sec.) e francese moderno. Nel corso del Trecento infatti, la lingua ha subito una serie di cambiamenti radicali, nella struttura sintattica e nella fonologia, che ne hanno trasformato profondamente il volto. Lindividualit del francese rispetto alle altre lingue romanze - contrariamente a quella del rumeno - un fatto relativamente recente, e risale a questo periodo. I fenomeni che elenchiamo di seguito si riportano tutti a questet. Si spiega cos come sia abitudine, nelle Universit, studiare il francese antico come una lingua a parte, e si sa che uno studente francese non capisce la Chanson de Roland o Joinville se non ha ricevuto una preparazione speciale. avvenuta anche la latinizzazione grafica del francese nel Rinascimento. Pure durante il Rinascimento anche il lessico francese ha subito una profonda latinizzazione, operata per via erudita. cos che il francese moderno si presenta forse pi di ogni altra lingua romanza come un insieme composito e asimmetrico: si pensi a coppie come langue (parola popolare): linguistique (latinismo); oeil occhio (popolare): oculaire oculare (latinismo). Dal Seicento in poi il francese e la cultura francese sono stati diffusi in tutto il mondo, negli ambienti colti, grazie allattrazione della letteratura, della filosofia, della cultura scientifica della Francia. Molte corti dEuropa hanno parlato e scritto francese (da Torino a Pietroburgo); molti scrittori europei, da Leibniz a Manzoni, hanno scritto anche in francese. Il francese stato, nellOttocento, il maggiore agente di occidentalizzazione del rumeno, un processo che interessa naturalmente soprattutto il lessico della lingua. Ma non fenomeno eccezionale. In realt il lessico francese (costituito in parte da latinismi anche crudi, come abbiamo visto) passato a moltissime lingue europee e non-europee di diverse famiglie, ed quasi diventato un terreno comune di incontro tra lingue altrimenti spesso molto lontane. La diffusione coloniale del francese fuori dEuropa ha il suo centro principale nel Canada, colonizzato dai Francesi dallinizio del Seicento, e dove i francofoni formavano allultimo censimento ( 1976) ca. il 24% della popolazione, con i centri maggiori negli stati dellOntario e soprattutto del Qubec, dove costituiscono l80% della popolazione. In America il francese presente poi in alcune regioni degli Stati Uniti, a Haiti, nelle Antille, in Guiana. In Africa il francese presente in Tunisia, in Algeria e in Marocco, nellAfrica subsahariana, nel Madagascar e nelle isole Mascarene, dove per conosciuto da lites, non dalle grandi masse. In Africa e in America, in particolari condizioni, il francese ha dato origine a pidgins (come il petit-ngre africano, lingua di scambio) e a lingue creole (Haiti, Piccole Antille e Guiana, isole Mascarene). 2.2.5 Il provenzale 10 ai 14 milioni di persone parlano o conoscono oggi loccitanico (lingua doc); in Italia si dice ancora prevalentemente provenzale, che designa per anche, pi precisamente, una delle variet delloccitanico. la lingua romanza del Meridione della Francia che per prima si costituita in una forma letteraria uniforme nel Medioevo (XlI sec.). Geograficamente il sistema delle parlate provenzali si estende oggi per circa un terzo della Francia. Il confine col francese, partendo dellestuario della Gironda e seguendo per un tratto la Dordogna, prosegue verso NordOvest girando attorno al Massif Central (comprendendo Limosino e Alverniole) e raggiungendo il Rodano a Sud di Lione, scende al mare vicino a Monaco. In Italia parlato nelle frange occidentali delle province di Torino (confinando a nord con il franco-provenzale) e di Cuneo. I pi importanti centri provenzali sono quelli di religione valdese nella Val Pellice. Una colonia valdese medievale (XV sec.) si trova a Guardia Piemontese in Calabria (provenzale di Cosenza), e parla ancora il suo

dialetto provenzale arcaico. Allinterno delloccitanico si distinguono diversi dialetti, tra i quali il guascone, con fenomeni molto peculiari, fortemente distinto, e viene spesso considerato a parte. Il pittavino oggi piuttosto francese; nel Medioevo aveva gravitato prevalentemente a Sud. Le altre variet sono: il limusino e lalvernte; il provenzale alpino; il languedocino aquitano; e il provenzale propriamente detto. Loccitanico oggi conosciuto prevalentemente sotto la forma di uno dei patois locali che lo continuano. Tale riduzione delloccitanico stato il risultato della decadenza politica del Meridione e della politica centralizzatrice di Parigi; per cui il francese, lingua della monarchia, ma poi anche della Rivoluzione e dello stato si imposta gradualmente nelle citt e poi nelle campagne del Sud. La penetrazione stata lenta, e comprende non solo limposizione giuridica dellEditto di VillersCotterets (1539), con il quale Francesco I prescriveva luso esclusivo del francese in tutto il regno e che tendeva in realt a colpire non il provenzale ma il latino, ma anche una serie di adesioni spontanee alla monarchia francese e alla sua lingua precedenti quella data. Ci sono tentativi modemi di proporre una nuova koin scritta delloccitanico. Il provenzale antico non era molto diverso dal francese antico; le differenze appaiono oggi aumentate per leccezionale evoluzione del francese. Loccitaliano antico foneticamente meno evoluto del francese: latino A resta a ( mar, ma francese mer); -A finale si conserva: porta (francese porte, con schwa finale), mentre tutte le vocali diverse da a cadono. Questo quadro, con altri particolari del vocalismo e del consonantismo, ci riporta abbastanza vicini allital. settentrionale. Ma loccitanico medievale possedeva ancora una declinazione bicasuale, della cui esistenza non ci sono prove per litaliano; la formazione del plurale in -s separa pure loccitanico dallitaliano settentrionale. Questi sono fenomeni gerarchicamente pi alti di quelli fonetici, e mostrano dei tratti di affinit sostanziale tra le lingue della Francia, almeno nelle fasi antiche. 2.2.6 Il franco-provenzale Un gruppo di parlate sudorientali della Francia (Franche-Comt, Lionese, Savoia, la parte settentrionale del Delfinato) unite alla Svizzera Romanda e a alcune vallii a Sud delle Alpi in Italia, forma un blocco quasi continuo e relativamente uniforme al suo interno, nel panorama linguistico gallo-romanzo. DallAscoli questa variet stata chiamata franco-provenzale. Gli studi sui documenti medievali hanno mostrato che quella che si presenta oggi come una convergenza tra parlate di regioni anche molto lontane e politicamente divise, era ununit dialettale ancora pi chiara nel Medioevo. Lione stato il maggior centro letterario e linguistico. Come Lione, Grenoble e Ginevra sono poi passate al francese, e ora il franco-provenzale comprende solo dialetti rustici (patois). Tali vanno considerati anche i dialetti delle valli di Aosta, la val Soana e la valle di Lanzo in Italia, che subiscono la pressione non solo dellitaliano ma anche del dialetto piemontese. Colonie italiane meridionali del franco-provenzale sono nella provincia di Faggia (Faeto e Celle di S. Vito). Il franco-provenzale stato illustrato dagli studiosi, da Ascoli a Stimm, per le sue caratteristiche fonetiche, che ne fanno un ponte tra Nord e Sud, dunque tra francese propriamente detto e provenzale. In tsant cantare si osserva uno sviluppo di tipo francese della consonante e di tipo provenzale della a tonica. In posizione finale il francese provenzale ha -a, -i, -o, -e ( erba, filli, codo gomito, pudze pulce), mentre il francese ha solo -a o consonante, e il prov a e e. Se lunit francoprovenzale sia dovuta alla presenza dei Burgundi e al loro dominio secolare su uno spazio poi frazionatosi, resta un argomento discusso. 2.2.7 Il ladino, il romancio e il friulano

In tre aree periferiche dellarea italiana settentrionale, dei gruppi linguistici mostrano una fisionomia pi spiccata. Le somiglianze con i dialetti italiani settentrionali sono chiare, ma appaiono anche concordanze con le lingue gallo-romanze, e ci sono infine - nonostante la discontinuit geografica, - accordi tra le variet separate. Si tratta: 1) del romancio del cantone dei Grigioni (Svizzera), parlato in variet locali nella Sopraselva, Sottoselva e Engadina fino a Oriente nella Val Monastero. Ci sono ca. 45.000 parlanti romancio; 2) dei dialetti della regione dolomitica, comprendenti le valli di Fassa, Gardena, Badia e Marebbe, Livinallongo; parte del Cadore: Ampezzo, Comelico (con propaggini a Sud e a Oriente, che quasi portano a toccare il terzo gruppo). Ca. 25.000 parlanti in Alto Adige, per un totale di 75.000, con le altre valli; 3) del friulano, nel territorio omonimo, a parte alcune isole alloglotte, tedesche o slave, e lenclave veneta di Trieste, che ha lasciato lantico tergestino alla fine del Settecento; Udine e altri centri urbani sono parzialmente venetizzati in tempi recentissimi. Circa 700.000 parlanti. Occasionalmente, ci riferiamo ai tre gruppi col termine di ladino. Non ci sono prove che i tre gruppi abbiano formato un tempo ununit; n che si siano formati su un sostrato comune. Levidenza piuttosto dalla parte contraria. Tuttavia certi fenomeni comuni, come la conservazione di kl, pl e bl latini, o la formazione del plurale con -s, vanno in qualche modo interpretati. Il primo caso si pu facilmente riportare a condizioni che si sanno come comuni allitaliano settentrionale antico; il secondo richiederebbe di ipotizzare, in mancanza di ogni sostegno in documenti antichi, una situazione dei dialetti settentrionali diversa da quella odierna, nella quale non c oggi traccia di morfema -s. Altri fenomeni fonetici molto peculiari, come il passaggio di A > e, senza condizionamento palatale, non sono comuni a tutte le parlate, per quanto abbastanza diffusi (Engadina superiore, molti pumi del ladino centrale, pochissimi nel friulano). Uninnovazione comune quella per cui ka d t a (o t e), nei tre gruppi: latino CAPUT d engadinese cho [t ], friulano kf o t f. I tre gruppi si presentano oggi come molto distinti dalle variet italiane confinanti, non solo per fatti conservativi ma anche per le molte innovazioni. Delle condizioni politiche particolari hanno poi portato i due gruppi grigionese e dolomitico a costituirsi in piccole nazionalit, alle quali variamente riconosciuto uno statuto a parte rispettivamente in Svizzera e in Italia (nella sola provincia di Bolzano). Nei due gruppi occidentale e centrale sviluppato un certo insegnamento in ladino, si stampano alcuni giornali, ecc. Nel Friuli, dove particolarmente viva la tradizione letteraria (non diversa da quella rappresentata da dialetti italiani di prestigio) pure in atto un movimento di ritorno al friulano, che le generazioni precedenti avevano piuttosto abbandonato, come abbiamo visto, considerandolo una parlata rustica. 2.2.8 Litaliano Ha circa 56 milioni di parlanti (anche se molti hanno per lingua materna un dialetto). La base dellitaliano moderna nel fiorentino del Trecento, rappresentato dai tre grandi autori Dante, Boccaccio e Petrarca, diffusosi largamente per via letteraria soprattutto nelluso scritto. Solo lites molto ristrette e qualche gruppo geograficamente limitato ha anche parlato litaliano nei secoli scorsi. Negli ultimi centanni, dallunit in poi e col favore di grandi spinte sociali e di nuove concentrazioni urbane, si molto diffuso anche luso dellitaliano orale (in variet locali pi o meno differenziate soprattutto nella fonetica e nel lessico). Accanto allitaliano, o pi spesso invece dellitaliano, si sono parlati dei dialetti. Questi rappresentano le continuazioni locali del latino, sullo stesso piano dellitaliano, che il latino come si evoluto a Firenze (con le preci-

sazioni che seguono subito). Naturalmente i dialetti locali - come lo stesso fiorentino costituiscono delle continuazioni non rettilinee, ma influenzate dai dialetti vicini di maggior prestigio. In certi casi, il modello fiorentino ha cominciato a esercitare la sua influenza in et molto antica: gi nel Tre-Quattrocento il veneziano subisce linfluenza del fiorentino. Mettendo da parte, provvisoriamente, il quadro dei dialetti italiani, cerchiamo di caratterizzare litaliano in quanto fiorentino e di accennare alla sua storia. Il fiorentino si presentava nel Trecento come un dialetto particolarmente conservatore nel quadro italiano, tale da rispecchiare in modo eccezionale certi caratteri del romanzo comune: per esempio nella situazione del vocalismo (buono, tiene), che negli altri dialetti e lingue romanze stata poi superata con nuovi conguagli, fatti metafonetici, perdita della distinzione tra sillaba aperta e chiusa. Questo fatto dipende probabilmente dalla situazione isolata di Firenze e della Toscana rispetto alle principali vie di comunicazione medievali. La nuova importanza economica, politica, commerciale e infine culturale di Firenze avrebbe diffuso in tutta Italia un tipo di lingua particolarmente vicino al latino, e per questo particolarmente gradita ai letterati e inoltre, almeno in certi casi, equidistante tra variet diverse. Tuttavia nessun avvenimento politico decisivo ha poi effettivamente diffuso litaliano oltre cerchie ristrette, come si detto. Solo a Roma luso della corte pontificia ha influenzato profondamente la citt. Per questo il romanesco un tipo di toscano, mentre il dialetto della campagna romana , comera quello originario di Roma, una parlata centro-meridionale. A parte questo caso, lItalia moderna ha mantenuto una pluralit dialettale che, alluscita dal basso Medioevo, era anche della penisola iberica e della Francia, ma che in quei paesi stata radicalmente ridotta da fatti storici precisi. Mentre la lingua di Firenze evoluta, litaliano letterario e litaliano parlato oggi, che ne dipende, hanno come modello sostanzialmente il fiorentino del Trecento, integrato dalla tradizione letteraria successiva. Cos nessuno segue luso di Firenze nel ridurre i dittonghi (bno, non pi buono). Incerta lantichit dei fenomeni della gorgia, cio di aspirazione di consonanti occlusive intervocaliche (dappertutto poho per poco, in zone pi ristrette dio per dito, ecc.); sicuramente recenti le evoluzioni di [t ] > [ ] e [d3] > [3] (se precedute da vocale): [la ena] la cena; [la3ente] la gente. Anche in questi casi logicamente luso italiano non quello fiorentino moderno. Il problema del rapporto tra litaliano e il fiorentino stato dibattuto in un quadro normativo e ai suli fini dellespressione letteratia, nel corso della cosiddetta Questione della lingua. In una prospettiva moderna, e quindi con un solo scopo descrittivo, lAscoli ha stabilito che litaliano il fiorentino antico in base ad alcune prove di fonetica storica, che lo differenziano prima dai dialetti settentrionali e meridionali assieme, poi anche dagli altri dialetti toscani. Per es. lesito -aio del latino -ARIUS del solo toscano (salvo la Lunigiana) contro i dialetti italiani sia settentrionali che centro-meridionali che hanno -aro: toscano pecoraio contro italiano sett. pegoraro, italiano centro-merid. pecoraro. Vediamo ora dei fenomeni che allorigine erano solo fiorentini (o quasi) e non genericamente toscani (oggi il toscano tutto influenzato dal fiorentino): 1) la desinenza innovativa -iamo per tutte le coniugazioni (cantiamo, vediamo, partiamo), invece di forme distinte (per esempio -amo, -emo, -imo, ora dei dialetti rustici); 2) i tipi pure innovativi, famiglia e pugno con i e a invece che con e e o (da I e U bevi latine), coi quali il toscano tornato (casualmente) al latino (cosiddetta anafonesr. Da notare che levoluzione fonetica condizionata dalla presenza di // /ny/ e da altri nessi dopo la vocale in questione (altrimenti fede regolarmente da FIDES e croce da CRUCEMl). Diffondendosi, litaliano, come ho gi accennato, appare oggi differenziato dal Nord al CentroSud (con la Toscana sempre a parte, e anche - per ragioni diverse - la Sardegna) e poi regione per regione, ma quasi esclusivamente nella fonetica e nel lessico. Roma nel Centro-Sud diffonde un modello particolarmente prestigioso e imitato di italiano. Le differenze sono spesso sottili, ma veicolano connotazioni relative allorigine e alla classe sociale, e perci vengono osservate spesso

con grande attenzione (per esempio in relazione ai pregiudizi verso i meridionali in certe citt settentrionali e in certi ambienti). Dato il rapido passaggio allitaliano di molti parlanti in anni recenti e recentissimi, che rompe per la prima volta e bruscamente il quadro duna dialettofonia imperante, naturale che ci siano molti italiani, ognuno dei quali in stretta relazione - per la fonetica con il dialetto locale. Delle grandi forze di uniformizzazione sono ora in atto. Non per questo bisogna pensare che ci sar un processo regolare in questa direzione, e che nel 2040 o nel 2104 possa esserci un solo italiano. Lesperienza della Francia, degli Stati Uniti e di altri paesi, mostra che delle nuove differenze tendono sempre a ricrearsi (come ha mostrato particolarmente nei suoi studi Labov). I dialetti settentrionali formano un blocco abbastanza compatto, con molti tratti comuni che li accostano, oltre che tra loro, qualche volta anche alle parlate ladine e alle lingue gallo-romanze, distaccandosi dallitaliano sia toscano che centro-meridionale. Cos le consonanti non possiedono pi la correlazione di lunghezza: carro come caro, penna come pena (non solo nei dialetti, ma anche nellitaliano corrispondente meno accurato). Alcuni fenomeni morfologici innovativi sono pure abbastanza largamente comuni, come la doppia serie pronominale soggetto (non sempre in tutte le persone): piemontese ti it parli, bolognese te t di, veneto ti te dizi (e anche friulano t tu dzis). Ma pi spesso il veneto si distacca dal gruppo, lasciando cos da una parte tutti gli altri dialetti, detti gallo-italici. Secondo lipotesi classica dellAscoli (che sembra per oggi difficile da mantenere), i dialetti dal piemontese fino allemiliano-romagnolo risentono del sostrato celtico, che assente invece nel veneto. Al sostrato celtico si attribuiscono - ma la cosa tuttaltro che certa - la presenza delle vocali e , assenti nel Veneto e naturalmente in tutto il resto dItalia (ma anche in quasi tutta lEmilia). La gran parte dei fenomeni fonetici pi originali dei dialetti gallo-italici sono in relazione alla caduta generale delle vocali finali diverse da -a. Questo fenomeno (che esclude per il ligure) comune al provenzale e al francese. Se si considerano anche le frequenti cadute di vocali protoniche, e certi sviluppi consonantici originali, il risultato che alcuni dialetti si presentano superficialmente come molto lontani dal latino e dallitaliano letterario: cos in bolognese d3an (cio gin) < dzn < *dizan diciamo, in piemontese uovo waf e in lombardo oef. Ma leccentricit limitata allassetto fonologico, dunque a un livello basso. Su una linea che congiunge Massa e Senigallia (piuttosto che, come si dice tradizionalmente, la Spezia con Rimini, i dialetti settentrionali si incontrano con il toscano e con litaliano centromeridionale. Non tutti i dialetti italiani centro-meridionali presentano i caratteri di arcaicit che ricorderemo spesso nel prossimo capitolo. Per il napoletano, per il pugliese continentale, per il pugliese salentino e il siciliano (che sono affini), sono notevoli soprattutto degli sviluppi fonetici innovativi. In napol. tutte le vocali atone passano a [schwa] - cos certe alternanze sono lasciate alla vocale tonica, che soggetta a metafonesi: spuse sposo: spase sposa. Una zona di confine tra la Calabria e la Lucania (da Maratea al Golfo di Taranto) presenta lo stesso vocalismo, ritenuto arcaicissimo, della Sardegna. Si tratta della cosiddetta "zona Lausberg", dal nome dello studioso tedesco che lha identificata e studiata per primo. Il siciliano ha fatto passare latino e lunga a i e o lunga a u: (es. tila < TELA, vuci < VOCE), contrariamente allo schema del romanzo quasicomune. Le assimilazioni per cui nd > nn e mb > mm del tipo monno per mondo, quanno per quando e, pi raro, jamma gamba, diffuse nellItalia centro-meridionale (e perfino a Roma), sono ritenute un effetto di sostrato: losco-umbro si comportava nello stesso modo rispetto al latino. Il panorama linguistico centro-meridionale rivela nella sua grande complessit la scarsit di fenomeni di uniformizzazione linguistica intervenuta quasi ovunque altrove. 2.2.9 Il sardo

Circa 1 milione e mezzo di persone parlano o conoscono il sardo. Il sardo riflette unevoluzione romanza meno avanzata di ogni altra lingua romanza. Oltre ai fenomeni di livello elevato che ricorderemo, sono molto notevoli due tratti di conservativismo fonetico e morfologico. Cos il fonema velare [k] del latino CENTUM ancora rappresentata dal logudorese e nuorese kentu (mentre tutta la Romnia ha accettato la palatalizzazione came in ital. e rumeno: [t ], o lha portata ancora pi avanti, italiano sett. e franc. [s] ecc.; vedi tuttavia il dalmatico, che concorda col sardo). Nei neutri singolari della 3a decl. latina conservata -s: log, e campidanese tempus tempo. La morfologia verbale del sardo antico e in parte anche quella moderna conservano forme latine altrove cadute: il cong. imperf. papparet mangiasse (Barbagia) continua il cong. imperf. latino. La Sardegna dal V sec. d.C. in poi ha una vita separata dal resto dellImpero, e ha conosciuto forme di amministrazione politica relativamente indipendenti. DallXI-XII sec. gli atti ufficiali vennero redatti in sardo. Le successive penetrazioni economiche e politiche (genovese e soprattutto pisana, sec. XIII) e la dominazione catalana, poi diventata spagnola, hanno influenzato in modo fondamentale laspetto linguistico dellisola. Non solo tutte le variet del sardo hanno preso caratteristiche dai dialetti italiani in questione e dal catalano e dal castigliano, ma certe variet di sardo sono state notevolmente trasformate. Il sassarese e il gallurese (a Nord) sono state notevolmente trasformate dal toscano con il quale sono venute in contatto gi dal Duecento. Questo vale nella sua interezza per il crso, che originariamente era affine al sardo, nel quale la penetrazione pisana stata pi profonda e diffusa. Il campidanese (a Sud, con Cagliari), e il logudorese e il nuorese (centro-settentrione dellisola salvo la Costa Nord), rappresentano le odierne variet del sardo. Il sardo letterario (anche della produzione poetica orale: i mutos) una specie di logudorese illustre. In Sardegna, Alghero (Ovest) parla catalano: Carloforte e Calasetta nelle isole di S. Pietro e S. Antioco (Sud-Ovest) sono genovesi, fondate da coloni pegliesi che avevano abitato prima lisola di Tabarca sulla Costa africana, e che si sono trasferiti pi tardi qui: il loro dialetto detto perci tabarchino. 2.2.10 Il dalmatico Il romanzo formatosi lungo la Costa della Dalmazia e nelle isole, da distinguersi da quello che dal Medioevo stato introdotto da Venezia tramite i suoi mercanti e amministratori, ha gradualmente perso di importanza nel corso dei secoli fino a estinguersi del tutto. Il dalmatico antico ci noto attraverso documenti commerciali e lettere, a partire da una lettem del 1280. Gi in questo periodo il dalmatico appare soggetto alla pressione del veneziano, che alla fine lo assorbir del tutto. Il raguseo, cio il dalmatico di Ragusa (Dubrovnik), la variet pi rappresentata in documenti antichi; ancora nel XV sec. si discuteva in raguseo nel Senato della importante citt marinara (si usavano per anche, vero, il veneziano e il serbocroato). Il dalmatico stato assorbito, come dicevamo, dal veneziano sulla costa, mentre il serbo-croato avanzava dallinterno. A questa doppia pressione ha resistito pi a lungo lisola di Veglia (Krk) allestremo Nord, vicino a Fiume (Rijeka). Del dialetto di Veglia - precisamente del paese di Veglia sullisola omonima - ci restano trascrizioni dirette ottocentesche; e il Bartoli [1906], che stato il maggiore studioso del dalmatico, ha raccolto ancora nel 1897 della voce dellultimo parlante veglioto (Antonio Udina Burbur) le ultime testimonianze di questa lingua. Fonti supplementari della conoscenza del dalmatico sono il veneziano e il serbocroato che lhanno sostituito, e che ne conservano numerosi elementi lessicali. A livello morfologico il dalmatico presenta spesso caratteri arcaici, ai quali abbiamo gi fatto

cenno. A livello fonetico il dalmatico pure talora arcaico (come il sardo, conserva ki, ke velari: vegl. kenur cenere, dik dici, loik < latino LUCET. Una serie di tratti, in parte comuni allitaliano toscano e centro-merid., lo distinguono dal veneziano: conservazione di t intervocalico e davanti a r: patruno non padhrn, parn; E lunga > ai, per esempio vegl. ekeit aceto, e altri fatti di dittongazione, che sviluppatissima. La fisionomia del dalmatico risulta, quindi, abbastanza originale nei confronti di quella dellitaliano - anche se non pu certo fare da ponte verso lindividualit (Bartoli) del rumeno, pi a Est, ormai nel cuore dei Balcani. 2.2.11 Il rumeno parlato da circa 23 milioni di persone. Per rumeno si intende linsieme abbastanza uniforme delle parlate che coincidono, in realt in modo molto approssimativo, con il territorio dellodierna Repubblica Romena. In realt in questo territorio ci sono molti gruppi linguistici diversi, di varia entit (molto cospicuo soprattutto quello ungherese; segue il tedesco, poi lucraino, il tartaro ecc.); e viceverse il rumeno parlato oltre i confini dello stato in Serbia (Banato), in Bulgaria, in Ungheria, ma soprattutto nei territori annessi dallURSS dopo la II guerra mondiale, che in parte formano oggi la Repubblica di Moldavia (a maggioranza moldava, cio rumena) e in parte sono stati inclusi in quella di Ucraina. La pretesa lingua moldava, scritta in caratteri cirillici nella Repubblica omonima, non che il rumeno! Tutto questo blocco ha due variet principali: il tipo munteno, a Sud, che ha il centro a Bucarest, e che rappresenta ora il solo tipo letterario ammesso; il tipo moldavo, a Est. A questi due tipi principali si riconduce anche la lingua delle rimanenti regioni, compresa la pi grande, la Transilvania, per la quale non pare si possa parlare di una variet propria. una situazione di grande uniformit linguistica, le cui ragioni remote ci sfuggono. Ma certo, per quello che riguarda tempi relativamente recenti, va messo in rapporto con lassenza di quei grandi centri che sappiamo che irradiano continuamente novit. In effetti le due grandi variet di cui abbiamo parlato dipendono dai grandi centri principeschi: Bucarest (principato della Valacchia) e Iasi (Moldavia). La Transilvania non presentava un centro paragonabile. Ripercorrendo dagli inizi la storia del rumeno ci troviamo di fronte a diversi aspetti problematici e perfino enigmatici. Dopo un lungo periodo di pressione e penetrazione romana, la Dacia conquistata da Traiano nel 106 d.C. Viene largamente ripopolata con coloni che prendono il posto della popolazione locale decimata in una lotta sanguinosa e in immense stragi. Nel 271 viene abbandonata, perch indifendibile, da Aureliano. Contrariamente alle testimonianze ufficiali e degli storici, una parte della popolazione locale romanizzata deve essere rimasta nel territorio. Secondo unaltra tesi, nota come teoria di Roesler, lattuale stanziamento dei Rumeni sia frutto di un ritorno, dopo un periodo secolare di permanenza pi a Sud e a Ovest (tra lodierna Albania e la Grecia). Anche senza aderire a questa tesi, che si basa sullosservazione della quasi totale assenza di toponimia romanza nellodierno territorio rumeno, evidente che grandi gruppi di rumeni si sono mossi in una vasta area balcanica. Di questi movimenti testimonio lesistenza di dialetti separati del rumeno: a) arumeno (o macedorumeno). Gli arumeni sarebbero separati dal X sec., cio da un periodo precedente alla convivenza degli altri rumeni con gli ungheresi. Oggi sono stanziati nella Macedonia greca, in quella jugoslava, bulgara e albanese. Si tratta di un gruppo molto cospicuo, anche se difficile dirne lentit precisa (400.000 persone?) perch la loro nazionalit spesso non riconosciuta e non esistono perci statistiche. b) meglenorumeno. un piccolo gruppo stanziato in Grecia al confine con la Serbia (e in parte

oltre il confine, in Serbia) a N-E di Salonicco. c) istrorumeno. un minuscolo gruppo che si trova a Ucka Gora (Montemaggiore) presso Fiume (Rijeka) (15.000 persone). Si sarebbe staccato per ultimo, verso il XII-XIII sec., dal rumeno comune. Dai tratti comuni di questi tre dialetti e del rumeno di Romania (detto anche dacorumeno), possibile, in prospettiva, ricostruire un protorumeno, o rumeno comune. Nel prossimo capitolo vedremo alcuni fenomeni che mostrano come il rumeno, isolato dal blocco romanzo, si sia sviluppato in proprio. Nel lessieo si possono constatare fenomeni simili come la continuazione di parole latine che sono altrove cadute (a cominciare da a fi essere, dal latino FIERI); e anche di resti abbondanti di vocabolario pre-romano, tracico (in parte comune allalbanese). Pi tardi lo slavo e in misura minore lungherese, e infine il turco, hanno influito sul rumeno. La presenza slava nel lessico imponente. Il rumeno, per linflusso slavo (pi precisamente per la dipendenza dalla chiesa ortodossa di ambito slavo) stato scritto in caratteri cirillici finn al 1840. Dopo un periodo in cui si adottarono alfabeti di transizione, il rumeno passato ai caratteri latini. Tuttavia dal punto di vista linguistico i fatti pi importanti per il rumeno vanno ricercati altrove e precisamente: 1. Nella sua appartenenza alla lega linguistica balcanica, per cui il rumeno presenta a tutti i livelli linguistici fenomeni comuni al neo-greco, al bulgaro, allalbanese e, in misura minore, al serbocroato. Questo si spiega con la fitta compenetrazione di popoli e il diffuso bilinguismo (e anche trilinguismo) nei Balcani, per cui ogni lingua tendeva, nella bocca dello stesso parlante, a modellarsi sulle altre; 2. Nellimponente influenza francese a partire dall800, che convoglia una quantit enorme di lessico neologistico, in parte facendo scomparire quello antico. Questo fenomeno parallelo alla radicale occidentalizzazione della Romania nellOttocento, processo che segue particolarmente i modelli culturali e linguistici francesi. Nella frase che segue, tratta dal quotidiano Scinteia [La scintilla], tutta la parte in corsivo corrisponde a neologismi francesi (o a latinismi veicolati dal francese): In cadrul sedintei au fost examinate, si aprobate principiile si normele generale privind stabilirea preturilor si tarifelor, care urmeaza a fi legiferate. Traduzione; Nel quadro della seduta sono stati esaminati e approvati i principi e le norme generali riguardanti la determinazione dei prezzi e delle tariffe, che diventeranno in seguito legge. Per le parole sottolineate, si noti che in sedintei il materiale rumeno di origine latina, SEDERE, ma il significato e la forma di nome sono quelli del francese sance; privind di origine slava, ma luso quello del francese regardant. I connettivi sintattici e tutte le parti funzionali sono rumene; lordine inverso delle parole tipicamente romanzo, ma non sarebbe ammesso proprio dal francese. Si vedono lestensione e i limiti dellinflusso. 3. LItalia linguistica 3.1 Cronologia dellevoluzione della lingua e della coscienza linguistica sulla penisola italiana 3.2 Litaliano standard, litaliano regionale, il dialetto regionale e il dialetto locale 3.3 Allofoni in Italia

1) In Val d'Aosta e su una striscia del Piemonte occidentale lungo il confine con la Francia la lingua materna non l'italiano ma il franco-provenzale (Val d'Aosta e Piemnonte nordoccidentale) e il provenzale (Piemonte sudoccidentale). Quindi l'italiano la lingua ufficiale di popolazioni il cui idioma materno ha i suoi centri di irradiazione fuori del paese. In Val d'Aosta si ha una situazione di trilinguismo, in quanto al franco-provenzale si aggiungono come lingu ufficiali l'italiano e il francese. 2) In provincia di Bolzano (Alto Adige o Tirolo meridionale) la maggioranza della popolazione di lingua tedesca. Ci riconosciuto con un'Apposita legislazione che regola i rapporti tra i germanofoni e la minoranza italofona. In alcuni paesi sparsi nell'Italia settentrionale le popolazioni hanno pure conservato la loro identit e lingua germaniche. 3) In provincia di Trento e in Friuli sono suddivisi due tronconi di espressione ladina (ladino centrale o dolomitico e friulano), mentre il terzo nel Canton Grigioni (retoromanzo o romancio). 4) Al confine con la Slovenia esiste una minoranza che usa la lingua slovena. 5) In Molise si hanno alcuni paesi (Acquaviva Collecroce, San Felice del Molise, Montemitro) che conservano tracce di colonie serbe e croate, residui di ampi insediamenti avenuti nel XV secolo ad opera di popolazioni che abbandonavano la loro terra per fuggire ai Turchi. 6) importante la presenza greca in due regioni: la Calabria meridionale (Bova, Condofuri, Gallican, Amendolea, Roghudi, Roccaforte) e il Salento (Calimera, Corigliano, Castrignano, Martano, Melpignano, Martignano, Soleto, Sternatia, Zollino). La lingua dei centri salentini si chiama anche "grico", per distinguerla dal greco, alquanto diverso, della madre patria. L'origine di queste colonie, magnogreca o bizantina, controversa. 7) La colonia indigena albanese vive dispersa in diverse regioni dell'Italia meridionale: Abbruzzo, Molise, Puglia, Basilicata, Campania (Greci, in provincia di Avellino), Calabria (Castrovillari, Vaccarrizzo Albanese e Spezzano Albanese), Sicilia (Piana degli Albanesi in provincia di palermo). Tali colonie risalgono al XV secolo e sono frutto di accordi politici e militari promossi dalla monarchia aragonese di Napoli. 8) Un'isola di lingua catalana vive nella citt di Alghero, in Sardegna. L'origine della colonia la conquista militare della citt da parte di Pietro IV d'Aragona. Nel 1354 la popolazione indigena sardo-genovese stata espulsa ed stata sostituita da una colonia catalana. 9) In Puglia, a faeto e Celle (provincia di Foggia) sopravvivono comunit valdesi che hanno conservato il proprio idioma franco-provenzale. 10) In Calabria invece, a Guardia Piemontese (provincia di Cosenza) la comunit valdese locale di lingua provenzale. Conviene ricordare anche le colonie gallo-italicghe della Sicilia (S. Fratello, Francavilla, Novara) e della Basilicata (Tito, Picerno, Pignola e in parte Potenza). 3.4 Litaliano L1 al di fuori dellItalia Se lingue diverse dall'italiano sono parlate ai confini e nell'interno del paese, dall'altra parte l'italiano parlato anche fuori d'Italia (anche prescindendo agli emigrati all'estero). In primo luogo va menzionato il Canton Ticino nella Svizzera. risaputo che una della lingue ufficiali della Confederazione Elvetica l'italiano (assieme al francese, al tedesco e al romancio). Un dialetto italiano vicino al toscano si parla in Corsica, dove la lingua ufficiale naturalmente il francese. Nel principato di Monaco si parla un dialetto ligure. L'italiano stato vitale a Malta e Albania. Infine si trovano minoranze di lingua italiana disseminate in territorio sloveno e croato (Istria e

Dalmazia). 3.5 Litaliano L2 al di fuori dellItalia 4. Fonti dirette ed indirette per la conoscenza del latino volgare 4.1 La diglossia Il passaggio dall'unit latina alla frammentazione romanza ha conosciuto periodi di trasformazione lenta e graduale e di cambiamento abrupto. Teniamo presente il fatto che in ogni lingua del mondo e sempre coesistono variet diverse, differenziate secondo una gerarchia sociolinguistica, catalogabili secondo i settori professionali o secondo la situazione comunicativa (comunicazione informale o fomale). Di regola i parlanti dispongono di pi di una di queste variet della stessa lingua. Il cambiamento di una determinata lingua avviene molto spesso tramite la ridefinizione dei rapporti tra le diverse variet, per esempio, l'adozione di modi espressivi di una variet inferiore viene accettata anche per gli usi superiori. Cos avvenne anche per il latino: si espandevano le variet fino ad allora compresse a scapito dell'uso colto, si imponevano peculariet linguistiche provenineti dal basso. In termini di sociolinguistica si dice che si cancallato il marchio dell'inferiorit socioculturale, della rozzezza sgradevole. Dobbiamo parlare perci non tanto della "nascita di una nuova lingua" ma della nuova posizione assunta da una variet preesistente, all'interno delle variet di uso. Parole, costruzioni, strutture concettuali impiegate in et calssica solo dai grossolani commensali della Cena di Trimalchione nel Satiricon si sono pi tradi imposte nelle lingue romanze, perdendo in un lungo processo, ricco di trasformazioni socioculturali la connotazione di volgarit e dell'incultura che caratterizza i personaggi del romanzo di Petronio. Questa ristrutturazione avviene soprattutto in seguito alla crisi dell'Impero, dall'anarchia militare del III secolo alle invasioni barbariche e alla mutata temperie culturale e religiosa (basti pensare ala diffusione del Cristianesimo). Esaminando soltanto due punti fissati lungo la retta immaginaria di evoluzione della lingua, confrontando quindi due stadi sincronici, anche lontani del tempo, come il latino classico e l'italiano contemporaneo, prevale l'impressione della differenziazione e della frattura. Ricordiamo, molto brevemente, le differenze maggiori: la morfosintassi latina si basa sulla flessione del sostantivo e dell'aggettivo, che in italiano non esiste; l'ordine delle parole del latino "libero" ma in italiano "fisso"; in latino prevalgono le strutture "sintetiche" mentre l'italiano preferisce le strutture "analitiche"; la coniugazione latina si trasforma in quella italiana attraverso perdite ed acquisti; sorgono nuove categorie grammaticali, quali l'articolo o il modo condizionale. La prima classificazione delle lingue romanze avvenne ad opera di Friedriche Diez ancora all'inizio dell'Ottocento. Lui distingueva sei lingue principali: spagonolo, portoghese, francese e provenzale, italiano e romeno (o valacco). L'elenco del Diez accoglieva solo le lingue di cultura elevata, che sono le lingue nazionali, con l'aggiunto del provenzale di cui nota l'importanza raggiunta nel Medioevo. Il Diez escludeva quindi il catalano, il sardo, il ladino, il dalmatico e il franco-provenzale. Il Wartburg, con altri romanisti distingueva ormai nove lingue: portoghese, castigliano (spagonolo), catalano, francese, provenzale, sardo, italiano, ladino e il romeno (mancano quindi solamente il franco-provenzale e il dalmatico). Queste classifiche tutte peccano di confondere criteri linguistici con quelli politico-culturali: guardando pi da vicino si avverte che il toscano si differenzia dal lucano pi di quanto il portoghese dallo spagnolo.

4.2 I tipi delle fonti dirette ed indirette 5. 5.1 I casi Le lingue romanze hanno operato una radicale riduzione dei casi, che si conclude nelleliminazione dellopposizione tra il Nominativo e Accusativo. Ma il rumeno bench abbia pure realizzato questeliminazione possiede ancora oggi un sistema casuale. Per esemplificare il sistema rumeno mi servo di un nome femminile preceduto dallarticolo indeterminato (il maschile neutralizza infatti sempre lopposizione casuale; il femminile neutralizza lopposizione solo al plurale, come si vede sotto): Nominativo/Accusativo Genitivo/Dativo Singolare o casa unei case Plurale niste case unor case

Come si vede, anche larticolo indeterminato si declina. Il sistema casuale rumeno, che una sopravvivenza del sistema latino (certo favorita dal contatto con le lingue slave, che hanno pure in genere mantenuto i casi), diverso da quella quasi pan-romanzo che era conservato ancora in francese antico e provenzale antico, o dal sistema casuale dei pronomi personali: in quei sistemi la caratteristica principale la distinzione tra Nominativo e Accusativo, che in rumeno invece coincidono. Il rumeno possiede inoltre, unica tra le lingue romanze, un vocativo con espressione morfologiea propria. Questa appare nella declinazione maschile non-articolata e articolata (barbate, omule, ambedue uomo!), nella femminile non-articolata (bunico, nonna!). Al plurale maschile e femminile la forma del genitivo/dativo, pu valere anche per il vocativo (domnilor, fetelor: signori! ragazze.!). Qui alcune concordanze con le lingue slave (in particolare col bulgaro) sono chiare; -e latino ma anche slavo: -o solo slavo. Tuttavia non si pu pensare a un semplice influsso esterno. Il sistema vocativo rumeno, con il plurale, pi esteso di quello slavo. Per trattare il fenomeno della flessione latina si deve ricorrere a una spiegazione complessa; levoluzione del latino della Dacia stata fortemente condizionata dallo slavo. Ma si ricordi che slavo e latino non sono unit incommensurabili, ma solo rami discretamente conservativi dellindoeuropeo. Cos il perdurante contatto con lo slavo ha frenato levoluzione panromanza del rumeno, lha mantenuto morfologicamente pi vicino a un punto di partenza sul quale lo slavo concordava con il latino. Arumeno, meglenorumeno e istrotumeno, i dialetti separati del rumeno, hanno perduto del tutto i casi. A parte il caso del rumeno, si pu dire che le lingue romanze sono lingue senza casi. Si differenziano con questo dalle lingue indoeuropee pi conservatrici, come, tra quelle occidentali pi note, soprattutto il tedesco tra le lingue germaniche, il russo e quasi tutte le altre lingue slave. 5.2 Larticolo La formazione dellarticolo un tratto comune dinnovazione di tutte le lingue romanze rispetto al latino. Il momento cruciale per la formazione dellarticolo deve essere collacato verso il VI sec., dunque in un periodo di profonda frantumazione nello spazio geografico della Romnia.

Nonostante questo, luso dellarticolo sostanzialmente uniforme in tutte le lingue. Anche il rumeno si inquadra bene nel panorama romanzo con un < UNUM e larticolo determinato derivato da ILLUM. Tuttavia larticolo determinato generalmente enclitico e si presenta fuso con il nome: Nominativo/ Accusativo Genitivo/ Dativo Nominativo/ Accusativo Genitivo/ Dativo Singolare casa casei mntele mntelui Plurale csele cselor muntii mntilor

Larticolo possiede delle varianti preposte che si usano per esempio davanti a numerali ordinali: al treilea (il terzo) o in certe combinazioni sintattiche casa nou a inginerului (la casa nuova la dellingegnere) in questultimo caso aggiungendosi allarticolo preposto, rappresentato da -a in casa. Per questi aspetti e per altre particolarit sintattiche larticolo rumeno si distingue dallarticolo romanzo delle altre lingue. 5.3 Il neutro Il passaggio dal latino alle lingue romanze comporta la perdita del genere neutro. Le parole neutre sono riclassificate tra maschile e femminile. Per es. mare, neutro in latino, diventa femminile in francese la mer, maschile in italiano il mare, il latino tempus diventa, certo per linfluenza della desinenza -us, maschile in tutte le lingue romanze. Tutte le lingue romanze hanno in conclusione, due generi invece dei tre latini. Non cos il rumeno. Il rumeno continua regolarmente accanto al maschile e al femminile il neutro latino. Questo si vede bene dai plurali che continuano regolarmente la forma latina: timpuri < latino TEMPORA tempi; ajtoaare < latino ADIUTORIA aiuti. Questa classe arricchita da molti altri elementi, anche da neologismi (stilouri, plurale di stilou, dal francese stilo penna stilografica), cosicch pu essere definita una categoria viva, contrariamente al caso dei fossili neutri delle altre lingue romanze dei quali parleremo subito. Questo non vuol dire che anche in rumeno, come nelle altre lingue romanze, molte parole latine non siano passate al maschile e al femminile (per esempio mare femminile). Se si aggiunge che il neutro rumeno si comporta per gli accordi come un maschile al singolare e come un femminile al plurale, si capisce bene come la valutazione del fenomeno non sia semplice. Sembra che le parole abbiano le caratteristiche dei due generi, piuttosto che costituire un terzo genere. In definitiva il neutro rumeno non pu essere definito un fatto n del tutto di conservazione n del tutto di innovazione. Certamente un fatto grandemente originale tra le lingue romanze. Questa originalit non attenuata dallesistenza di fossili neutri in altre lingue, per esempio in italiano. Intendiamo per fossili parole come litaliano le labbra, e anche un singolare come foglia che continua, come il francese feulle e lo spagnolo hoja, il neutro plurale latino FOLIA. Ma queste forme sono isolate in italiano, nel senso che non formano una classe grammaticale. 5.4 Lavverbio Lavverbio una parte del discorso normalmente relata strettamente allaggettivo. Laggettivo

un modificatore del nome, lavverbio del verbo. In latino gli avverbi si distinguono dagli aggettivi in vari modi, per esempio con una formazione autonoma (BENE contro BONUS) o con suffissi (PARITER contro PAR), mentre OPTIME ottimamente contro OPTIMUS si presenta quasi come un altro caso della declinazione. In FACILE e simili si usa come avverbio il neutro singolare dellaggettivo. Nelle lingue romanze ci sono continuazioni dirette del latino, per esempio bene continuato in quasi tutte le lingue romanze, ma in genere la distinzione morfologica dellavverbio dallaggettivo nuova. In particolare il tipo -mente (portoghese, italiano, sardo lentamente, certamente; spagnolo lentamente, ciertamente; francese lentement, certainement; provenzale certamen; engadinese tschertamaing, ecc.) panromanzo - ma esclude il rumeno. In rumeno la forma non-marcata degli aggettivi serve direttamente anche come avverbio: ncet lento e lentamente, sigur sicuro e sicuramente. Cos viene esteso a regola il modello del latino facile (che nelle lingue romanze rappresentato di solito solo da casi sporadici, per esempio in italiano da molto e da piano, dove aggettivo = avverbio, oppure da sodo in dorme sodo). Luso del rumeno quello delle lingue germaniche e slave. Il rumeno tuttavia, non completamente solo. Luso avverbiale dellaggettivo pure del dalmatico (che aveva anche bun buono per bene) e di certi dialetti italiani centro-meridionali, come labruzzese e il pugliese. Dunque il rumeno, con i suoi alleati citati, si stacca dal panorama innovativo romanzo per lassenza del tipo davverbio in -mente. Incontriamo qui per la prima volta, sia pure senza il sardo, larea conservativa sudorientale che ritroveremo nei fenomeni che seguono ai punti 5 e 6. 5.5 Il condizionale Tra le innovazioni panromanze c quella del condizionale, sconosciuto al latino e che si sviluppato parallelamente in inglese, in tedesco o in russo. Il condizionale si trova, oltre che in altre posizioni, nella protasi del cosiddetto periodo ipotetico; ma anche i suoi altri usi lo indicano sempre come modo condizionato (dipendente da qualcosaltro). Cos luso di cortesia: io vorrei io cercherei,...; quello interrogativo, pure di cortesia: mi daresti?...; quello che riporta unopinione indiretta (per cui dipende da quellopinione) o non sicura: sarebbe precipitato; verrebbe domani. Dal punto di vista morfologico il condizionale romanzo formato con linfinito e lausiliare avere: CANTARE HABEBAT > francese chanterait; spagnolo, portoghese, provenzale e dialetti italiani cantaria e simili; oppure CANTARE HEBUIT (=HABUIT)> italiano, toscano canterebbe. Le due parti che costituiscono il condizionale (e il futuro - vedi paragrafo seguente) sono ancora distinte in portoghese, anche se ormai solo nella lingua scritta: un pronome pu inserirsi tra linfinito del verbo e la desinenza: vend-los-iamos li venderemo, falar-me-ao mi parleranno. In rumeno, in sardo e in dalmatico il condizionale si formato indipendentemente. In rumeno il materiale lo stesso, ma lordine tra lausiliare e linfinito inverso: avere + inf. Es.: am cnta canteremmo ( testimoniato anche laltro ordine: cntare am). Pi originali sono il sardo, che utilizza dppere dovere: deo di domare, letteralmente io dovevo domare. Il dalmatico ha kant(u)ora < latino CANTAVERAM, secondo una derivazione che era comune una volta anche a molti dialetti italiani centro-meridionali; e anche oggi nel Lazio meridionale ci sono forme come avra, putra (Rohlfs, par. 602). Come si vede le lingue che non hanno ricevuto linnovazione panromanza sono ancora le stesse, pi, questa volta, il sarda. 5.6 Il futuro

Le lingue romanze hanno lasciato cadere tutte il futuro latino, e, come per il condizionale, hanno normalmente utilizzato lausiliare avere, Per es. italiano canter, spagnolo cantar < latino CANTARE HABET. Questa innovazione largamente, ma non universalmente, diffusa. Il futuro ha tendenza a riformarsi: in francese je chanterai che una forma gi perifrastica che appare ora come sintetica, ha per concorrente un nuovo futuro perifrastico: je vais chanter letteralmente vado cantare. Forme simili appaiono in tutte le lingue, e in qualche parlata hanno sostituito il tipo panromanzo descritto sopra. A noi interessano per le lingue che non hanno mai accolto il tipo romanzo comune. Troviamo qui ancora una volta il rumeno, il dalmatico, il sardo. Il rumeno ha varie forme di futuro: uno utilizza il latino *VOLEO (per VOLO) + infinitivo: VOLEO CANTARE > voi cnta letteralmente voglio cantare (forma nota anche a dialetti italiani settentrionali). Un altro ha avere + congiuntivo: am s cnt ho che io canti . In rumeno moderno poi tutte le persone dellausiliare volere sono neutralizzate nel solo o: si ha perci un paradigma in cui la persona distinta dalla desinenza del verbo al congiuntivo. Il sardo utilizza lausiliare avere ma in altro modo: appa fugghire letteralmente ho a fuggire. Simili sembrano essere le formazioni di alcuni dialetti italiani centro-meridionali, e anche litaliano settentrionale antico aveva ho corre correr, nel milanese di Bonvesin da Riva. Il dalmatico usava la forma non perifrastica kantu(o)ra < latino CANTAVERO (forma resa poi omonima con quella del condizionale), come facevano pure dei dialetti italiani antichi. In molti dialetti italiani centromeridionali, infine, il futuro manca del tutto, e questa era forse una volta la situazione generale. I fenomeni fin qui esaminati hanno messo in rilievo prima loriginalit del rumeno, fatta di conservazioni e di innovazioni proprie, rispetto al panorama generale romanzo. Bartoli aveva, dunque, parlato a ragione di spiccata individualit del rumeno. Nellultima parte della rassegna (pumi 4, 5, 6), tuttavia, abbiamo notato che ci sono altre lingue che risultano isolate rispetto a innovazioni generalmente molto diffuse: sono il dalmatico, il sardo e spesso alcuni dialetti italiani centro-meridionali. Nella tavola III, che mostra la consistenza geografica di questo gruppo, esso designato con la lettera A. Passeremo ora ad esaminare alcuni fenomeni che ritagliano nulla carta della Romnia continua uno spazio centro-settentrionale, parzialmente coincidente con il territorio detto tradizionalmente gallo-romanzo (ma spesso un poco pi vasto). una zona innovativa, nulla quale faremo spiccare poi, per fenomeni propri moderni (posteriori tutti al XIII sec.) le innovazioni che isolano completamente laltra grande individualit romanza: quella del francese. 5.7 La pronominalizzazione obbligatoria del soggetto La posizione di soggetto permette generalmente nelle lingue romanze come in latino, lassenza di pronominalizzazione. In italiano posso dire: venuto Pietro. Sta bene.; in spagnolo Ha venido Pedro. Est bien.; in rumeno A venit Petru. E bine., e cos nelle altre lingue romanze. II pronome egli (o lui) non si usa obbligatoriamente in questi casi, ma solo quando c contrasto. (Sua moglie malata, ma LUI guarito), o se il soggetto lontano, o se non quello atteso. Questo non vale per per tutte le lingue romanze. Alcune hanno reso obbligatoria la pronominalizzazione, come lo per esempio in inglese e in tedesco, allontanandosi con questo dal modello latino e romanzo comune. In francese bisogna dire: Pierre est venu. IL se porte bien. Per il francese, lobbligatoriet del pronome pu apparire come un compenso per la perdita di altri morfemi (per esempio quello di 3a pers.) che erano marche formali dellaccordo. Tuttavia, anche senza questa condizione, una larga area italiana settentrionale, che interessa anche il friulano e perfino il fiorentino popolare ha la pronominalizzazione obbligatoria (ma non sempre in tutte le persone). Sia in francese che nelle variet italiane settentrionali il pronome personale obbligatorio clitico, cio occupa una posizione

sintattica fissa, che nel nostro caso prima del verbo, dal quale pu essere separato solo da altri elementi clitici, o eventualmente dopo di esso. Siccome ci pu essere anche un altro pronome, libero questa volta, si ha qualche volta la somma di due pronomi (della reduplicazione): francese toi tu dis, veneto ti te dizi, friulano tu tu dzis, fiorentino te tu dici, che valgono litaliano tu dici (per esempio in senso contrastivo) ma se il senso non lo richiede il solo pronome clitico a essere obbligatorio: francese quand tu dis (*quand dis), veneto quando che te dizi (*quando che dizi), friulano quan che tu dizis (*quan che dizis), fiorentino quando tu dici (quando dici non sarebbe una forma fiorentina popolare). Questa situazione ha le sue radici nellassetto medievale delle lingue romanze. Rientra qui anche il caso del soggetto espletivo (cio finto, dummy), usato in genere dalle lingue a pronominalizzazione obbligatoria con verbi impersonali (cfrancese IL faut contro litaliano bisogna) e meteorologici (francese IL pleut, contro litaliano piove). 5.8 La negazione Come nella gran parte delle lingue, non solo indoeuropee, il latino e in generale le lingue romanze riservano alla negazione il posto precedente al verbo: latino NON INTELLEGIT, italiano non capisce ecc. Altre lingue pospongono la negazione come il tedesco, linglese, il turco, il tartaro. Ma non sempre la negazione semplice. Quando la negazione completata da un elemento, per esempio temporale, questo si trova nelle lingue romanze dopo il verbo: non capisce mai. In latino la negazione precedeva il verbo, e in qualche caso formava una negazione complessa unica: per esempio NUMQUAM non-mai. Questo va messo in relazione col diverso posto del verbo in latino. Il francese antico aveva la forma negativa panromanza: il na en vous leaut non c in voi lealt (Chtelaine de Vergi, 158); questo stato di cose ancora riflesso in francese moderno in sintagmi fissi (nimporte non importa), in certi giri dello stile letterario ( il ne cesse de parler non cessa di parlare). A parte questi casi marginali, in francese moderno diventata obbligatoria la presenza di un secondo elemento, anche semanticamente vuoto, come pas e point, che occupa il posto che ha per esempio in italiano mai: si dice: il NE comprends PAS come NON capisce MAI, o il NE comprend JAMAIS. Si tratta dellestensione di una forma romanza, come abbiamo visto. Il francese parlato andato pi avanti, spostando tutto il peso della negazione sul secondo elemento: je sais pas so mica, e jai vu personne ho visto nessuno. NellItalia settentrionale si ritrovano gli stessi fenomeni. In Italia da Nord a Sud largamente diffusa una seconda parte di negazione vuota, del tipo di mica: lombardo miga, minga; veneto e emiliano miga, mia; bolognese brisa; toscano mica; salentino filu ecc. Questo secondo elemento diventato in alcuni casi lunico obbligatorio, proprio come nel francese contemporaneo. Cos in lombardo (capissi minga non capisco), piemontese (capissu nn), ecc. Anche litaliano popolare ha: capisco mica. Il provenzale moderno ha voli pas, sabe pas non voglio non so. La doppia negazione obbligatoria del francese letterario rappresenta, in questa luce, una specie di fissazione dun momento di transizione. 5.9 Linterrogazione Ci sono due tipi di interrogazioni, quelle introdotte da un morfema interrogativo (chi, che cosa, quando ecc.), e quelle dette si/no, nel senso che prevedono una risposta positiva o

negativa. Ci occupiamo qui di questo secondo tipo. In generale nelle lingue romanze linterrogazione si/no ottenuta con la semplice realizzazione di unintonazione diversa da quella assertiva, e delle altre possibili: esclamativa, desiderativa ecc. Le lingue medievali tuttavia hanno conosciuto tutte un mezzo sintattico, lanteposizione del verbo al SN soggetto. Questa costruzione detta tradizionalmente inversione. Oggi solo il francese e alcune variet dellltalia settentrionale si servono di mezzi sintattici, ma non uguali a quelli medievali. Il francese possiede due sistemi alternativi: 1) quello dellinversione e 2) quello dellintroduzione di un elemento morfologico interrogativo obbligatorio. Linversione cos come si presenta oggi una novit del francese moderno: dopo il verbo deve sempre trovarsi un pronome personale: taitil malade?; Les enfants seront-ils saitsfaits?; Quand revindra-t-il?, letteralmente era-egli malato?, i bambini, saranno-essi soddisfatti? cosiddetta inversione complessa; prima si trova il soggetto nominale, poi il verbo con un pronome interrogativo posposto che riprende il soggetto nominale); quando torner-egli? (inversione anche nellaltro tipo di interrogazione, con un morfema interrogativo). Alcuni dialetti italiani settentrionali hanno la stessa struttura dellinterrogazione: per esempio veneto sestu (situ) mal? (sei-tu malato?), zelo mal? (-lui malato?), dove -lo rappresenta il pronome di 3a persona clitico posposto): el putelo zelo mal? (il bambino -lui malato?). chiaro che questa struttura interrogativa condizionata dallesistenza di pronomi soggetto obbligatori clitici (vedi 4.7). Tuttavia non tutte le variet che hanno dei pronomi clitici soggetto se ne servono per fare linterrogazione mediante linversione. Vediamo il secondo sistema. Il morfema di interrogazione in francese est-ce que: Est-ce quil tait malade? Quand est-ce quil reviendra? letteralmente -egli che-egli era malato? Quando -egli che torner?. Molte variet romanze hanno simili morfemi interrogativi, ma, a differenza che in francese, non sembra che in nessuna lingua siano obbligatori. 5.10 Larticolo partitivo Unaltra innovazione che interessa tutta la zona gallo-romanza, ma che questa volta si estende anche al toscano, e quindi allitaliano letterario, riguarda luso del di partitivo accompagnato dallarticolo definito come forma plurale dellarticolo indefinito: francese des garcons jouaient, italiano dei bambirri giocavano. Anticamente il partitivo era in genere senza articolo, e il francese moderno ha ancora questa forma in certi casi, per esempio in un contesto negativo: Je nai pas vu de garcons non ho visto di ragazzi. Questa forma lestensione di un uso del partitivo testimoniato gi nel latino volgare: Gregorio di Tours: DE SANCTA CERA SUPER EAM POSUI. Letteralmente di santa cera sopra lei posi. Questo uso, particolarmente con nomi che indicano materia (soprattutto commestibili), presente in portoghese e spagnolo antico, in sardo, in dalmatico, nei dialetti italiani meridionali - non in rumeno: si estende, quindi, a quanto pare, su unarea molto vasta del dominio romanzo. Ma solo in francese, in provenzale e in italiano si esteso al plurale, colla funzione che abbiamo detto. Prima di passare ad esaminare dei fenomeni che isolano la sola individualit del francese dobbiamo interrogarci sul significato delle concordanze che abbiamo constatato in qui. Larea geografica coincide parzialmente con quella gallo-romanza, come abbiamo gi ricordato. Questarea era stata tradizionalmente enucleata in base ad alcuni tratti fonetici macroscopici, come la presenza di // e //. Neanche allora tuttavia larea dei fenomeni coincideva bene con quella di maggior densit degli stanziamenti celtici, in maniera dappoggiare decisamente la tesi dellAscoli della reazione di sostrato. Se ai fenomeni innovativi che abbiamo descritto, bisogna cercare piuttosto, come sembra logico, delle cause pi recenti, dobbiamo tuttavia riconoscere di mancare ancora dei

punti di riferimento essenziali. La cronologia dei fenomeni non chiara, e non facile dire quale deve essere il fondamento di questa unit. 5.11 Lordine dei sintagmi In latino e nelle lingue romanze ci sono molte possibilit nella collocazione dei sintagmi nella frase. Non tutti gli ordini per si equivalgono, anzi ovvio pensare che ogni ordine abbia la sua buona ragione di essere; e nemmeno tutti gli ordini sono permessi. Certo gli autori latini esibiscono una gran variet di ordini delle parole. Tuttavia non corretto parlare, come qualche volta si fa, di libert del latino nellordinare i sintagmi. Di fronte alla variet di Cicerone, un autore classico sobrio come Cesare presenta nel 90% dei casi un ordine con il verbo in posizione finale. In una frase che comprenda Soggetto, Verbo, Oggetto lordine ordinario latino era dunque: SOV. Quello romanzo : SVO. Per es.: latino CAESAR (S) OMNEM AGRUM PICENUM (V) PERCURRIT (O), ma in italiano, Cesare (S) percorre (V) ogni parte del territorio dei Piceni (O) (e cos le altre lingue romanze). Ma gi la storia del latino ci mostra dalle fasi arcaiche a quelle tarde un progressivo avvicinamento al secondo tipo, cio un chiaro imporsi dellordine ordinario romanzo. Non ci sono in questo caso, allorigine differenze tra le varie lingue romanze che continuano tutte il latino tardo. Tutte le lingue possiedono, per, accanto a un ordine non-marcato, che si pu chiamare anche ordinario, come abbiamo fatto, o normale, altri ordini marcati. In particolare sempre possibile trasportare certi sintagmi (complementi di vario tipo, avverbi, anche il complemento oggetto soprattutto se abbia espressione morfologica propria) allinizio della frase, dove vengono a prendere particolare rilievo. In questo caso la linea melodica della frase viene mutata: se consideriamo normale lintonazione di Vado a Roma col treno, dovremmo riconoscere che lintonazione di Col treno vado a Roma molto diversa (e comporta in particolare un forte rilievo al sintagma iniziale: COL TRENO vado a Roma cos in spagnolo EN TREN voy a Roma ecc.). Un ordine del genere condizionato da un contesto nel quale il sintagma in questione sia in posizione di contrasto: per esempio: te lho detto mille volte. Col treno vado a Roma, non con la macchina. Questa possibilit non appartiene a tutte le lingue. Manca al francese (* par le train je vais Rome), e, fuori dal dominio romanzo, per esempio allinglese. Unaltra possibilit delle lingue romanze, e anche non romanze (per esempio delle lingue slave), quella per cui un verbo intransitivo precede il soggetto, senza che ci sia questa volta unintonazione speciale. Si considerino frasi come italiano arriva Carlo; passato lautobus (con equivalente in genere in tutte le lingue romanze, per esempio spagnolo Llega Carlos; ha pasado el bus; rumeno Vine Carol; a trecut autobuzul). Questordine serve o a comunicare la novitdellultimo sintagma (Carlo, il tram) in confronto alla prima parte che data per nota (e allora potranno essere intese come risposte a domande come: Chi viene? Che cosa passato?; oppure a veicolare un contenuto interamente nuovo (e allora la domanda che le potr precedere sar del tipo: Che cos successo?). Il francese moderno non possiede questa possibilit. 5.12 La diminutivizzazione Tra le possibilit di derivazione nominale c quella detta della diminutivizzazione. In realt non si tratta sempre di indicare la piccolezza; c unopposizione semantica del tipo coltello:coltellino, ma anche una del tipo: erba: erbetta, caff: cafferino (caffeino, caffettino) e simili, che indicano piuttosto un atteggiamento affettivo, per il quale si parla perci spesso di ipocoristici. Il nesso

tra diminutivo e ipocoristico deve essere comunque cos largamente diffuso (evidentemente su base psicologica comune) che non vale la pena di insistere nelle variazioni, e qui si parler per comodit solo di diminutivo. Il latino esprimeva volentieri il diminutivo con suffissi come -IDUS e -ILLUS. Le lingue romanze hanno diversi suffissi: lo spagnolo ha, con diversa distribuzione geografica, -ito (sombrerito; animalito), -illo (chiquillo), -ico (cantarico), -uelo (mozuelo) e variazioni come panecillo da pan; il rumeno ha as (iepuras leprotto), -sor (pomisor alberello) ecc. Il francese moderno non possiede pi un processo produttivo di diminutivizzazione. Limpiego dei diminutivi, fiorente nel Medioevo e nel Rinascimento, si bruscamente fermato nellepoca classica (XVlI sec.). Il francese moderno possiede alcuni diminutivi fissati dalluso, ma la sola lingua romanza a non avere processi diminutivali: oggi si dice petit Pierre (italiano Pierino, spagnolo Pedrito). Il francese ha cos raggiunto linglese (little boy ragazzino, small boat barchetta). 5.13 La parola dal punto di vista del significante Consideriamo la consistenza della parola sul piano del significante, cio come unit formale segnalata dalla presenza di almeno un accento e di pause sintattiche (pi o meno opzionali) allinizio e alla fine: italiano: # viene # Carlo #; spagnolo: # viene # Carlos #, ecc. Larticolo, le preposizioni e i pronomi obliqui sono privi di accento proprio. Il posto dellaccento nelle lingue romanze non completamente predicibile, bench in alcune di esse, per esempio in italiano (o in spagnolo), ci sia un tipo nettamente dominante, come per esempio in italiano quello parossitono (o piano): ci sono pi parole del tipo di cne e abbia (piane) che di tipo telfonano (proparossitono, rarissime), lbero (parossitone) o citt e abbar (ossitone o tronche). Perci possiamo dire che il posto dellaccento nelle lingue romanze fonologicamente rilevante: italiano ncora: ancra; spagnolo nimo: animo: anim (animo io animo egli anim); e cos in portoghese, in catalano, in rumeno. Il francese moderno si stacca nettamente da questo quadro. Prese isolatamente le parole sono ossitone, cio hanno un accento fisso sullultima sillaba: per esempio coquelicot papavero; confetti coriandolo. Nella parola isolata il ruolo dellaccento - essendo fisso sullultima sillaba - non pertinente. Ma in realt in francese laccento non esiste affatto come caratteristica della parola, ma, data una sequenza completa, si posa su alcune delle sillabe nelle quali si sciolgono quelle che nel codice scritto (e in francese antico) sono le parole. Esempio: il est dangereux de se pencher au-dehors. Sul piano del significante la sillaba in francese ununit pi importante della parola; e pu anche superarla (si veda: il est come). In conclusione per tutta lorganizzazione fonica il francese si notevolmente distaccato da tutte le altre lingue romanze. Il francese antico era ancora solidale con le altre lingue romanze: non solo isolatamente, ma anche in contesto traire e pencher erano sempre rispettivamente un bisillabo con accento piano e un bisillabo con accento tronco. Questo in francese moderno pu essere vero solo considerando le parole in isolamento. Questinnovazione del francese un fatto relativamente recente. In generale si notato che il francese ha abbandonato il tipo comune in et moderna, dunque per un fatto di innovazione: i punti 11, 12 e 13 hanno messo in luce il carattere individuale delle innovazioni che contribuiscono a staccare il francese moderno dalla Romnia continua. Esaminiamo ora alcuni fenomeni la cui distribuzione geografica appare meno generalizzabile. 5.14 Essere e stare; avere e tenere

Uninnovazione che interessa la penisola iberica (portoghese, spagnolo, catalano) e anche una larga parte dellItalia meridionale (esclusa la Sicilia) quella per cui a essere dellitaliano o al francese tre, corrispondono spagnolo ser e estar, a avere spagnolo haber e tener. Linnovazione non si riduce a un mero fatto lessicale, cio alla penetrazione di forme di stare nel paradigma di essere, che avviene anche in italiano: esempio: participio passato stato, e in modo pi massiccio in francese: tais<STABAM. Le forme si oppongono per il significato: soy malo sono cattivo: spagnolo estoy malo sto male; e mentre una relazione di identificazione o appartenenza richiede ser: somos Italinos siamo italiani, una relazione di luogo richiede estar: estamos en casa siamo in casa. Ancora pi nettamente, tener occupa tutto lo spazio di avere non-ausiliare: tengo familia, tines frio (a parte luso in spagnolo di haber impersonale: hay una novedad c una novit). Unulteriore innovazione promuove tener a ausiliare enfatico in spagnolo (se lo tengo dicho glielho ben detto) e a solo ausiliare possibile in portoghese, dove lausiliare haver ormai limitato agli stili pi arcaizzanti della lingua scritta (tinha bebido avevo/a bevuto, ters comido aurai mangiato). 5.15 Il passato remoto Tra le innovazioni indipendenti che hanno finito per interessare gran parte della Romnia c leliminazione della forma sintetica del passato detta passato remoto o perfetto. Leliminazione si fatta a vantaggio della forma del passato prossimo: ho letto prende il posto di lessi, cumulando cos due forme inizialmente distinte. La poligenesi del fenomeno evidente. La sua realizzazione stata lunga: in rumeno il passato rem. limitato alla sola lingua letteraria e sopravvive in pochi punti conservativi, soprattutto dellOltenia, ( conservato invece in arumeno e meglenorumeno). In Italia settentrionale ci sono pochi resti (per esempio nelle parlate friulane arcaiche di Erto e di Collina). Il passato remoto doveva essere caduto a Venezia gi nel Quattrocento, e bisogna probabilmente pensare a una data diversa per ogni localit. In catalano si formato un nuovo tempo perifrastico, fatto con il verbo modale anar andare e che non esclude il passato prossimo: va cantar cant contro ha cantat ha cantato. Il perfetto scomparso pure nella gran parte delle variet del sardo. In dalmatico il perfetto era scomparso sotto linfluenza del veneziano (e del serbo-croato). Nellitaliano letteralmente, come in francese e in rumeno, il passato remoto diventato una forma tipica della narrazione storica, cosicch Roland Barthes ha potuto scrivere in un saggio molto acuto scaduto dal linguaggio parlato, il passato remoto, pietra angolare del Racconto, sempre il segnale di unintenzione artistica; fa parte di un rituale delle Belle Lettere. Il fatto che una forma sintetica ceda di fronte a una forma analitica, e che questo accada in diverse lingue, anche indipendentemente, mostra chiaramente che si tratta della continuazione della tendenza romanza gi osservata per il futuro. Da questa tendenza innovativa generale sembrano essere esclusi il portoghese e lo spagnolo, loccitanico, litaliano centro-meridionale e anche il toscano. Il catalano sembra, formalmente, allearsi con le lingue innovative, avendo perduto le vecchie forme, ma in realt ha riformato la distinzione tra due tempi diversi del passato. 5.16 Linfinito personale Un tratto caratteristico del galego-portoghese il fatto che linfinito ammette desinenze personali (infinitivo flexionado o pessoal): cos abbiamo forme come cantarmos cantar-noi o cantarem

cantar-loro dove linfinito cantar porta la desinenza -mos di prima persona plurale o -em di terza persona plurale Questo permette di usare linfinito in costruzioni in cui le altre lingue romanze usano una forma finita del verbo. Cos in portoghese si pu dire: Antes de sairmos, o Joo telefonou policia, con linfinito sairmos (prima persona plurale), mentre in italiano si dovrebbe dire: Prima che uscissimo, Giovanni telefon alla polizia, col congiuntivo uscissimo (se usassimo linfinito, avremmo un senso diverso: Prima di uscire Giovanni telefon alla polizia, dove Giovanni che esce; lo stesso in portoghese se usiamo linfinito senza desinenze personali: Antes de sair, o Joo telefonou policia). Sostanzialmente, mentre con le forme verbali non personali la referenza del soggetto della forma stessa determinata dalla costruzione sintattica (nel nostro es. il soggetto dellinfinito deve essere coreferente col soggetto della frase principale), la desinenza personale permette allinfinito di avere un soggetto indipendente, come in genere avviene con le forme finite del verbo. Linfinito personale portoghese completamente isolato nel dominio romanzo ( attestato, in Europa, solo nellungherese, una lingua non indoeuropea), se si eccettua il caso particolare dellitaliano scritto a Napoli intorno alla fine del Quattrocento, in cui si trovano vari casi di infinito e di gerundio con desinenze personali plurali: potereno poter-loro, posseremo poter-noi, avendono avendo-loro. Ma questo fenomeno tipico della lingua aulica delluso scritto napoletano (e del tutto assente dal dialetto) scomparso senza lasciare traccia con limporsi della norma toscana. 5.17 La formazione del plurale Una ripartizione geografica differente da tutte quelle considerate si ottiene esaminando il modo di formazione del plurale. Lalternanza di numero espressa nella Romnia in due modi fondamentali: con -s, oppure con alternanza vocalica. Questa distinzione taglia la Romnia in un gruppo occidentale (comprendente questa volta anche la Sardegna), e un gruppo centro-orientale. Da un lato ci sono, quindi: portoghese cavalo: cavalos, cabra: cabras; spagnolo caballo: caballos, cabra: cabras; catalano cavall: cavalls, cabra: cabras; francese cheval: chevals, chevaus (grafia moderno chevaux), chvre: chvres, provenzale caval: cavals, cabra: cabras; sardo kaddu: kaddos, kraba: krabas; soprasilvano cavagl: cavagls; caura: cauras. Dallaltra parte c litaliano, con tutti i suoi dialetti: cavallo: cavalli; capra: capre e il rumeno cal: cai; capra: capre. facile riconoscere nel plurale sigmatico la continuazione dellacc. plurale latino, che finiva in -s in tutte le declinazioni. pi difficile dire da dove provengano i plurali vocalici, se dal nominativo della prima declinazione (CAPRAE: italiano, rumeno capre) e della seconda declinazione (CABALLI: italiano: cavalli, rumeno cai) esteso a tutti gli altri casi, o se si debba pensare anche questa volta alla riduzione di forme pi antiche sigmatiche, sempre provenienti dallaccusativo latino (-AS per il femminile che darebbe -e, -IS per -ES al maschile che darebbe -i. Il friulano presenta plurali sigmatici, provenienti dallaccusativo latino, ma anche una classe originariamente vocalica, che proviene dal nominativo della seconda declinazione del latino in -i. Alcune lingue, nei loro sviluppi ulteriori, sembrano essersi staccate dal loro quadro di origine. Non si pu pi dire che il francese ha un plurale sigmatico senza unaccurata discussione che mostrer il ruolo, in verit limitato, che ha [z] che continua -s nel francese moderno. Anche il plurale vocalico non sempre riconoscibile a prima vista nelle variet moderne, come lo invece perfettamente in italiano. Spesso le vocali finali sono cadute. Qualche volta hanno lasciato tuttavia, prima di cadere, delle conseguenze. Un esempio classico la metafonesi, provocata da - i finale poi caduta: questo quanto si osserva in piemontese tet , plurale tit : tetto, tetti. Altre volte la vocale ha modificato la consonante precedente: cos sempre in piemontese lopposizione gros:

gro grosso, grossi si spiega con leffetto della -i poi caduta. Questo caso generale in rumeno dove nella grafia il plurale masch, appare fatto con la - i, ma nella realizzazione fonetica abbiamo in realt la palatalizzazione della consonante: pom: pomi albero (da frutto), alberi in realt [pom, pomj]. La -i appare invece nella forma con larticolo definito posposto: pomu realizzato come [pomi]. Bench nei casi che abbiamo visto non si possa pi parlare di plurale sigmatico o vocalico, interessante constatare che la fonologia generativa ha sempre preso in esame la possibilit di postulare rispettivamente la -s o le vocali cadute nella struttura profonda fonologica. l due morfi di formazione del plurale tagliano la Romnia in modo chiaro (a parte il caso del friulano). Tradizionalmente ce se ne serviti per suddividere in due parti la Romnia. Ma nessun altro fenomeno romanzo sembra coincidere con questa linea. Possiamo dire perci che il suo valore come test per una caratterizzazione interna della Romnia stato sopravvalutato.

6. Antologia di testi in latino volgare con commenti linguistici 6.1. ISCRIZIONI MURALI DI POMPEI3 Le iscrizioni murali di Pompei ed Ercolano hanno il grande vantaggio di una datazione sicura, in quanto devono essere precedenti alleruzione del Vesuvio, avvenuto nel 79 d.C. In esse sono attestate tendenze fonetiche che ritroveremo poi nelle lingue romanze e soprattutto nellitaliano. i.) Sonorizzazione delle consonanti sorde occlusive intervocaliche: pb, td, c [k]g, p.es. lat. pacatus pagatus (attestato a Pompei) it. pagato. ii.) Caduta della m finale. La m finale fin dalle origini una consonante molto debole, tanto che talvolta in metrica non viene letta. P.es. a Pompei si legge Successus amat ancilla. Non possiamo pensare a dei banali errori perch il fenomeno troppo frequente. iii.) La sincope ovvero leliminazione di una vocale atona allinterno della parola, p.es. domnus invece di dominus, maldixi invece di maledixi. iv.) La prostesi (o protesi) lintroduzione di una vocale davanti a s seguita da altra consonante allinizio di parola. Avviene soprattutto quando la parola precedente finisce anchessa per consonante, p.es. per iscritto, in iscuola. Lat. scholae sp. escuela; fr. cole, ecc. Il primo esempio si trova proprio a Pompei: Smyrna Ismurna. v.) Trasformazione di e breve in i e delle i atone in iato, p.es. lat. ca/se/umlat. volg. ca/sium (attestato a Pompei) it. cacio. Secundus quoservis proficisces salutem libes. Secondo in procinto di partire saluta volentieri i compagni di schiavit. a) quosevis, proficisces, libes: caduta di n davanti ad s. Ci avviene in tutte le parole popolari di evoluzione ininterrotta. Di consegenza, le parole contenenti il nesso consonantico ns sono voci dotte (p.es. console, censura,ecc.); b) quoservis: ipercorrettismo. Lo schiavo liberato Secondo ha scritto quo- invece di coperch era cosciente del fatto che quo- si riduceva spesso erroneamente nella pronuncia corrente in co-.
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Menichetti, 38-39.

Trax Celadus retiarius. Cresces puparru domnus. Celado trace gladiatore (retiario). Crescenzio padrone delle bambole. Si tratta di una cosidetta iscrizione-firma. a) Trax una grafia non corretta; essendo parola di origine greca dovrebbe essere thrax. b) retiarius un nome di professione con suffisso -arius, inesistente nel latino classico. c) Cresces sarebbe in latino calssico Crescens. A Pompei si trova 44 volte il prenome Cresces e solo 4 volte Crescens. d) Domnus da dominus, con la sincope della vocale atona post-tonica. e) Puparru corrisponde al latino classico puparum, abbiamo quindi la caduta della m finale e il raddoppiamento di r. Il termine pupa o diminutivo pupula significava con ogni probabilit le meretrici, quindi il nostro retiario era probabilmente un frequentatore se non un protettore delle bambole. 6.2 GLOSSE DI REICHENAU4 iterum: alia vices semel: una vice a) rufa: sora b) reus: culpabilis c) flasconem: buticulam d) minas: manaces pincerna: butiliarius e) fibulas: hrincas vel fiblas f) iecoris: figido g) Queste glosse sono cos chiamate perch il manoscritto principale che le contiene proviene dallabbazia benedettina di Reichenau, sul lago di Costanza (questo manoscritto si trova oggi a Karlsruhe). Queste glosse sono molto recenti e quindi vi si possono trovare delle latinizzazioni tradive. Per esempio, il termine del latino classico MINAS da MINAE, MINARUM (deverbale da MINARI), che non era pi compreso, spiegato con una parola non del latino volgare, ma dellantico francese addirittura contenente un tratto dialettale, la prima a, del Nord-Est della Francia, manaces [manatses]. Normalmente in antico francese si aveva menaces. Secondo alcuni filologi le Glosse di Reichenau sono della fine dellVIII o degli inizi del IX secolo, secondo altri del X. a) Alcuni fenomeni illustrano bene le tendenze del latino parlato: la creazione di forme analitiche (alia vice, una vice) dalle forme sintetiche (iterum, semel). b) rufa parola latina, sora invece un germanismo latinizzato (biondo-rossiccia). Sora ha dato in italiano (attraverso il provenzale) sauro, in francese rimasto nella forma (hareng) saur (aringa affumicata) c) Reus nel latino classico non significa colpevole bens accusato. Culpabilis nel buon latino non c. d) flasconem non appartiene al latino classico, una parola di origine germanica e si ritrova nel francese flacon. Buticulam significa bottiglia o piccola botte, termine
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Menichetti, 29-30.

mascherato di latinit (anche buttis non attestato che in latino tardo). e) pincerna coppiere (dal greco) reso con butilliarius, derivato evidentemente da buticula, ma rifatto chiaramente sul francese bouteiller. f) fibulas fibbia in latino classico, spiegato doppiamente, con la parola germanica (francica) hrincas e con fiblas che la forma sincopata della stessa parola fibulas. g) iecoris fegato (genitivo di iecur) spiegato con figido, forse per la prelibatezza del fegato doca, fatto ingrossare dando da mangiare fichi alle oche stesse, donde *ficatu. In francese abbiamo foie, in spagnolo higado, in italiano fegato. 6.3 APPENDIX PROBI a. speculum non speclum masculus non masclus vetulus non veclus oculus non oclus calida non calda viridis non virdis vinea non vinia cavea non cavia lancea non lancia alium non aleum columna non colomna turma non torma coluber non colober auris non oricla olim non oli idem non ide mensa non mesa formosus non formonsus occasio non occansio rivus non rius pavor non paor baculus non vaclus plebes non plevis pauper mulier non paupera mulier ipse non ipsus nurus non nura

b.

c.

d. e. f.

g. h. i. k.

socrus non socra l. persica non pessica grundio non grunnio sibilus non sifilus

Marco Valerio Probo fu un grammatico latino del I sec d.C. In verit la cosidetta Appendix Probi non ha niente a che fare con lui, per due ragioni: il trattato di grammatica in questione, contenuto in diversi codici, gli fu attribuito erroneamente, porbabilmente risale al IV secolo. Una copia, circa del VII-VIII secolo, proviene dal monastero benedettino di Bobbio (fondato dal monaco irlandese San Colombano nel 612); in appendice a questo manoscritto si leggono cinque brevi testi, tra cui la rinomata Appendix Probi che forse sarebbe piu opprotuno chiamare Appendix Bobbiensis. La lista contiene 227 parole, nella forma giusta del latino classico (anche se a volte gi la prima forma pecca di correttezza) e nella forma errata del latino volgare parlato allepoca, preceduto da non. In esse si manifestano praticamente tutti i fenomeni fondamentali della fonetica del latino volgare. La lista con ogni probabilit era destinata ad uso scolastico. La divisione a gruppi quella di A. Menichetti e non rispecchia lordine originale ma intende fornire una tipologia degli errori. a) Fenomeno della sincope (caduta della vocale interna post-tonica), p.es. alterum altro e similmente specchio, maschio, occhio, verde. Secondo una testimonianza di Quintiliano, limperatore Augusto considerava odiosa, insopportabile la pronuncia calidus anzich caldus (ovviamente a livello di lingua parlata). LAppendix Probi raccomanda invece ancora luso, nella scuola , della forma corretta anche se litaiano caldo viene, ovviamente, proprio della variante parlata caldus. b) e atona in iato (cio seguita immediatamente da vocale) i, cio iod o i semiconsonantica, p.es. caronea caronia carogna. vi/ne/a vi/nia la parola diventata bisillaba e tale nelle lingue romanze, p.es. sp. via, it. vigna. lancea stata dal I sec. a.C. in Varrone come parola non propriamente latina ma di origine iberica (forse celtica). Di contro, il fenomeno dellipercorrettismo in alcuni casi conferma la tendenza della coscienza linguistica: si correggono le parole perch giuste la gente sa di sbagliare (pronuncia rustica). Siccome si sa che molte parole pronunciate con i + vocale dovrebbero invece avere, nella forma corretta, e + vocale, si tende a correggere tutte le parole scritte con i + vocale, anche quelle giuste, p.es. alium. c) Fenomeno della trasformazione di u breve in o. Nei primi due casi cambia la vocale tonica, nellaltro la post-tonica. d) Indica la predilezione del latino parlato per i diminutivi, che per perdono il loro valore originario, p.es. auricola si ritrova gi in Paluto col valore di auris. e) Fenomeno della caduta della m finale. un fenomeno normale sin dal latino delle origini, tant che la m finale seguita da vocale iniziale metricamente non conta, permette la sinalefe. Ritroviamo questo fenomeno gi nelle iscrizioni di Pompei (I.secolo d.C.), e a partire dal III-IV secolo la m tende a cadere anche nelle iscrizioni ufficiali.

f) Assistiamo alla caduta di n davanti a s, p.es. lat. monstrum it. mostro, lat. mensa sp. mesa, rom. masa, fr. moise (col significato di una tavola speciale nel lessico dei carpentieri). Naturalmente, la conservazione del nesso consonantico ns nellit. mensa chiaro segno del fatto che si tratta di parola dotta. Altri esempi da iscrizioni antiche: cesu per censu e cosul per consul. Di contro, le ipercorrezioni formonsus, occansio fanno vedere un inserimento errato di n. g) Questi esempi testimoniano lantica pronuncia di v [u]. Quando, poi, questa v si trovava vicino ad u oppure o, tendeva a fondersi con queste vocali. P.es. lat. rivus sp. rio, lat. pavorem lat. volg. paor fr. ant. peeur fr. mod. peur e anche it. paura. h) Confusione tra v, b, u. Probabilmente in alcune zone, come la penisola iberica i verbi bibere e vivere erano pronunciati (quasi) allo stesso modo. Perci baculus (it. bacchio) venica confuso con vaculus, con sicope vaclus. La stessa confusione si crea anche in plebes. Lit. plebe parola dotta che si afferma nellItalia solo nel 300 in seguito alle prime traduzioni dal latino. La tradizione ininterrotta da invece pieve (con significato di popolo di Dio Chiesa). i) La necessit di distinguere il femminile dal maschile porta allestensione analogica sul tipo bonus -a degli aggettivi ad una sola uscita come pauper. Ipse ha una desinenza inconsueta, per cui si crea per analogia ipsus it. esso. Le altre lingue romanze invece partono da ipse sp. ese, fr. ant. es, provenzale eis, ecc. k) Per analogia alle forme femminili della prima declinazione che escono in a, si estende a quasi tutte le forme femminili la desinenza a (la desinenza di socrus rischiava di far pensare che si trattasse del suocero). l) Persica = il frutto che viene dalla Persia pessica. una tendenza del latino al fenomeno di assimilazione regressiva in quanto la seconda consonante ad influenzare la prima. In seguito pessica pesca per sincope.Alcuni dialetti e lingue romanze continuano comunque la prima forma. grundio non grunnio: le due varianti (la seconda dialettale) coesistevano nel latino parlato. La prima da la forma del fr. ant. grondir fr. mod. gronder rimproverare; la seconda forma continuata nellit. grugnire e nel prov. gronhir. Similmente, esistono forme provenienti da sibilus e da sifilus: Lit. sibilo parola dotta, quella di tradizione ininterrotta sarbbe zufolo. Loccitanico ha siflar e siblar, entrambe di tradizione ininterrotta).

Bibliografia: Menichetti, Aldo, Filologia romanza. Anno accademico 83-84. Milano, CUSL, 1984. DArco, Silvio Avalle, Bassa latinit, 3 voll. Torino, 1969-1971. Vnnen, Veiko, Introduzione al latino volgare. Bologna, 1974.

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