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In Ebraico non c’è un tempo presente, passato, futuro, ma piuttosto si pensa se l’azione è compiuta o incompiuta.
Si parla dunque di verbi al perfetto, riferendosi a tutte le azioni che si sono concluse nel passato; verbi all’imperfetto,
riferendosi a tutte le azioni che non si sono ancora verificate, quindi future e verbi al participio corrispondenti ad
azioni presenti.
In genere si usa la terza persona singolare maschile al perfetto e non all’infinito come accade in italiano, poiché il
perfetto è la forma più semplice che fa da base a tutte le altre forme verbali.
Da ricordare che ci sono alcuni verbi che sono attestati nelle forme derivate e non al qal.
FORMA
PERFETTO
Indica un’azione compiuta, realizzata quindi è l’equivalente del passato prossimo o remoto.
Il paradigma dei verbi ebraici procede in maniera diversa dall’italiano e dalle lingue indoeuropee:
3a - 2a - 1a persona singolare e plurale.
Le persone al perfetto sono formate prendendo la radice del verbo e aggiungendo i pronomi personali alla fine.
Tutte le persone si vocalizzano nella prima sillaba con qames, eccetto la seconda persona plurale (maschile e
femminile) in cui, a causa dell’accento che si sposta sui suffissi gravi, il qames nella prima sillaba si trasforma in
swa
Se la prima lettera della radice del verbo è una gutturale allora ci sarà uno swa composto sotto la gutturale nella
seconda persona plurale.
Quando la terza consonante della radice coincide con quella del suffisso, si scrive solo una consonante, che prende
dagheš forte
Sono tonici i suffissi vocalici e i suffissi consonantici essendo l’accento spostato dalla radice, questo
provoca una mutazione delle vocali precedenti:
la vocale della seconda radicale si trasforma in swa alla 3 persona femminile singolare, e alla 3 persona plurale.
la vocale della prima radicale si trasforma in swa alla seconda persona plurale (maschile e femminile)
IMPERFETTO
COORTATIVO E IUSSIVO
In ebraico esiste una forma più lunga dell’imperfetto che esprime enfasi o sforzo.
Nella prima persona questa estensione è chiamata coortativo, ed è indicata con l’aggiunta della sillaba
alla prima persona dell’imperfetto:
L’imperfetto è spesso impiegato con valore iussivo (imperfetto del comando) significa sia
“il re giudicherà”, ma in alcuni contesti può anche significare “che il re giudichi”
IMPERATIVO
La prima radicale nella 2 persona maschile singolare, e nella 3 persona femminile plurale swa
La prima radicale nella 2 persona femminile singolare, e nella 3 persona maschile plurale hireq
La seconda radicale nella 2 persona maschile singolare, e nella 3 persona femminile plurale holem
La seconda radicale nella 2 persona femminile singolare, e nella 3 persona maschile plurale swa
I comandi negativi o le proibizioni sono espressi con una negazione seguita dall’imperfetto.
La negazione non si usa mai con l’imperativo.
Il participio può essere considerato un aggettivo verbale esso concorda in genere e numero con il sostantivo o il
pronome a cui si riferisce.
Come l’aggettivo può essere predicato o attributo:
Il participio oltre ad esprimere il presente italiano, indica una situazione di attività continua e per questo ha un uso
molto ampio per cui in base al contesto si può riferire ad un tempo presente, ma anche al passato.
1
Questo perché le gutturali preferiscono il patah come vocale propria e anche come vocale precedente.
PARTICIPIO PASSIVO
2) Infinito costrutto
INFINITO ASSOLUTO
L’infinito assoluto viene usato con valore rafforzativo ed enfatico in questo caso precede la forma coniugata dello
stesso verbo; esprime durata e continuità di un’azione in questo caso segue la forma coniugata dello stesso verbo;
viene utilizzato anche con un valore simile all’imperativo.
Ricorda quando l’ultima radicale è una gutturale, questa avrà un patah furtivum:
INFINITO COSTRUTTO
L’infinito costrutto per molti verbi ha forma simile all’imperfetto, in alcuni casi identica all’imperativo; per altri verbi,
invece, ha forma irregolare.
giudicare, giudicando 2
giudicare / per giudicare
Con il verbo (dire) ha valore di gerundio (dicendo), e corrisponde ai nostri “due punti” come segno che
introduce un discorso diretto.
Ricorda quando l’ultima radicale è una gutturale, questa avrà un patah furtivum:
וCONSECUTIVO
2
L’infinito costrutto , unito alla preposizione לdiventa la פha un dagheš lene. Questo avviene solo con la ל
prefissa, poiché tale combinazione è considerata come una sola parola. Con le altre preposizioni non ha il dagheš, come da regola.
In ebraico, due frasi che si riferiscono a eventi passati o futuri possono essere messe in continuità narrativa attraverso
un waw chiamato consecutivo, che viene posto davanti al verbo della seconda frase.
1) Se due frasi, che si riferiscono al passato, sono unite in una narrazione continua, il primo verbo è al perfetto,
mentre il secondo verbo sarà all’imperfetto preceduto da waw l’imperfetto si traduce come un perfetto.
2) Allo stesso modo, in una narrazione continua che si riferisce al futuro, il primo verbo è all’imperfetto, mentre
il secondo verbo sarà al perfetto preceduto da waw il perfetto si traduce come un imperfetto.
Il waw consecutivo con il perfetto in genere fa avanzare l’accento sull’ultima sillaba (alla 2 persona maschile singolare,
e alla 1 persona singolare e plurale):
Waw consecutivo unito all’imperfetto + dagheš forte ma davanti al prefisso di 1 persona singolare א 3
Il waw consecutivo con l’imperfetto tende a far abbreviare la vocale dell’ultima sillaba e a far arretrare l’accento:
4
Quando l’imperfetto ha una forma apocopata (solo nel caso della forma hiphil) il waw consecutivo è unito a questa
invece che alla forma lunga.
Per esempio, l’imperfetto di 5
è 6
e la sua forma apocopata è , con il waw consecutivo è 7
VERBI STATIVI
3
La gutturale non può ricevere il dagheš forte per cui si allunga la vocale precedente
4
Quando l’accento arretra, l’ultima sillaba diventa chiusa e atona, perciò la sua vocale diventa breve.
5
Egli fu, ciò fu
6
Egli sarà, ciò sarà
7
Ed egli fu, e ciò fu spesso tradotto come “e avvenne”. Da notare che il dagheš forte è omesso dalla יper eufonia
I verbi, oltre che esprimere un’azione o un moto, possono anche indicare uno stato, un modo di essere, una qualità del
soggetto. Tali verbi sono chiamati stativi.
Il segno che distingue i verbi stativi dai verbi di azione o di moto è la vocale della seconda sillaba della radice del
perfetto.
I verbi di azione o di moto appartengono alla classe “a”
I verbi stativi appartengono alla classe “e” – “o” (egli era pesante) - (egli era piccolo)
Entrambe le classi di verbi hanno l’imperfetto e l’imperativo in “a” invece che in “o”;
Il participio maschile singolare ha la stessa forma della 3 persona maschile singolare del perfetto; quindi, solo
il contesto permette di distinguerli;
Il perfetto dei verbi in e è regolare nella vocalizzazione il sere della seconda sillaba si trasforma in phatah,
e diventa swa davanti ai suffissi vocalici (3 femminile singolare, 3 maschile/ femminile plurale)
Nel perfetto dei verbi in o, predomina la vocale o, tranne davanti ai suffissi vocalici in cui diventa swa (3
femminile singolare, 3 femminile/maschie plurale.) Holem si trasforma in qames hatuf in sillaba chiusa atona,
e cioè nella 2 persona femminile/maschile plurale.
C’è da notare che ci sono molti verbi che hanno un significato stativo, anche se al perfetto non hanno le vocali
“e”oppure “o” nella seconda sillaba. In questi casi l’imperfetto e l’imperativo sono in “a”.
IL POSSESSO
In ebraico non esiste il verbo avere, la dichiarazione del possesso al presente viene espressa attraverso le particelle
FORMA
Nell’imperfetto la נviene assimilata, quindi c’è un dagheš forte nella prima radicale del verbo.
Se la prima radicale è una gutturale, la vocale hireq che la precede, è allungata in sere.
I prefissi sono gli stessi del qal.
Quindi hanno la il perfetto e il participio. Mentre nell’imperfetto, imperativo e infinito la נviene assimilata.
Inoltre, imperativo e infinito hanno הdavanti alla radice + dagheš forte
FORMA
Il pi’el esprime il valore attivo dell’azione intensiva. Ha un dagheš forte caratteristico nella seconda radicale.
Dal qal (egli ruppe, spezzò) deriva il pi’el
Alcuni verbi si trovano solo al pi’el, senza una coniugazione primaria qal
Anche al pi’el i suffissi pronominali a perfetto e i prefissi all’imperfetto sono uguali a quelli del qal.
Il participio ha il prefisso
Da notare che il dagheš forte della seconda radicale talvolta viene omesso. Ad esempio, nel verbo , questo
fenomeno accade quando la seconda radicale ha uno swa la 3 persona plurale del perfetto si può trovare anche nella
forma , dove il raddoppiamento della radicale media è stato omesso per eufonia.
C’è un piccolo gruppo di verbi pi’el con una a nella seconda sillaba, come
b) denominativo senza che esista la forma qal, da un nome deriva al pi’el il verbo corrispondente.
c) intensivo soprattutto in poesia il piel offre una sfumatura di significato intensivo rispetto al senso espresso dal qal.
FORMA
Il pu’al esprime il valore passivo di un’azione intensiva è una forma che si incontra soprattutto al participio.
È il passivo del pi’el.
Eccetto la vocale sotto la prima radicale, la vocalizzazione del pu’al segue quella del pi’el.
Ha un dagheš forte caratteristico nella seconda radicale.
Il participio ha il prefisso .
FORMA
L’Hiph’il ha valore causativo.
Si crea premettendo una הalla radice del verbo al perfetto, imperativo e infinito.
Al perfetto si inserisce dopo la seconda radicale alla terza persona (femminile e maschile) singolare e plurale
su cui cade l’accento; mentre le altre voci hanno un patah.
All’imperfetto la הe assimilata e compare dopo la seconda radicale tranne alla 2 e 3 persona femminile
plurale. I prefissi all’imperfetto hanno un patah.
L’hiph’il è la sola forma del verbo forte con una variante apocopata all’imperfetto (iussivo). Con il waw
consecutivo si usa questa forma abbreviata. Da ricordare che questa forma non è usata per la 1 persona singolare.
FORMA
Il participio è caratterizzato da una מ, che si può trovare vocalizzata anche con una u (breve)
FORMA
quando il verbo inizia con una sibilante ( ) ס ש ׁשsi inverte con la תche si pone dopo
se il verbo inzia con צ, la תsi pone dopo questa lettera trasformato in ט
quando la prima radicale è una dentale ( )ד ת טla תdel prefisso spesso si assimila.
Questo può accadere anche con ז נ