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LEZIONE TERZA
IL SOSTANTIVO
La declinazione
I sostantivi greci sono raggruppati in classi, dette declinazioni. In greco abbiamo tre
declinazioni.
Il genere
In italiano i sostantivi sono maschili o femminili, in greco c’è anche il neutro. Non abbiamo
regole precise per sapere quali sostantivi sono maschili, femminili o neutri, e in moltissimi casi
il genere di un sostantivo greco non corrisponde all’italiano. Bisogna quindi controllare sempre
la corrispondenza.
Però la terminazione del nominativo singolare può indicare il genere: per esempio, nella prima
declinazione, i nomi che escono in -η o in -α, sono femminili; quelli che escono in -ης o in -ας
sono maschili. Nella prima declinazione non ci sono neutri.
I sostantivi della seconda declinazione con il nominativo singolare in -ος sono maschili, con
poche eccezioni, mentre il neutro si riconosce dalla terminazione del nominativo singolare, che
è -ον. Per la terza declinazione le cose sono più complicate e vedremo più avanti.
Il caso
L’italiano non ha alcun sistema di casi, mentre il tedesco, per esempio, li conserva anche se in
forma semplificata. Certo possiamo parlare in italiano di soggetto e oggetto, ma non si verifica
nessun cambiamento della finale del sostantivo tranne che per segnalare il singolare e il plurale.
Nelle lingue antiche, e anche in alcune lingue moderne, il sostantivo ha molti casi: il latino ne
aveva sei, il greco cinque. Le diverse funzioni con cui un sostantivo può essere usato nella frase
erano indicate più chiaramente nelle lingue antiche con la modificazione della sillaba finale, o
desinenza, secondo la funzione del nome.
Osservazioni
1. Il vocativo dei nomi che si declinano come ἀρχή è uguale al nominativo sia al singolare che
al plurale.
2. Sotto l’η finale del dativo singolare c’è uno ι sottoscritto [ῃ], che non si pronuncia.
3. La declinazione degli altri nomi di questa classe può essere trovata facilmente modificando
le desinenze sul modello di ἀρχή. Ecco la declinazione di ἐντολή = comandamento.
Greco propedeutico 13
Il nominativo è usato quando il sostantivo è il soggetto della proposizione: παιδίσκη λέγει (una
giovinetta parla).
Il genitivo denota possesso: ἀδελφῆς significa di una sorella, appartenente a una sorella. Il
sostantivo in genitivo può precedere oppure seguire il sostantivo da cui dipende: νύνφης ἑορτῆ
o ἑορτῆ νύνφης significa una festa di una fanciulla.
Il dativo è usato per l’oggetto indiretto, e può essere tradotto con a o con per. L’oggetto diretto
è quello su cui si esercita direttamente l’azione del verbo. Nella frase: il ragazzo calcia il
pallone, il sostantivo pallone è l’oggetto diretto, in greco andrebbe all’accusativo. Il verbo però
può avere anche un oggetto indiretto: il ragazzo dà un libro alla ragazza, il maestro lavora per
i bambini, dove alla ragazza e per i bambini sono l’oggetto indiretto dell’azione del verbo, e in
greco vanno in dativo.
L’accusativo è usato quando il sostantivo è l’oggetto diretto del verbo: βάλλει τὴν λόγχην (egli
scaglia l’asta).
Il vocativo è usato quando ci si rivolge a una persona o a una cosa, a volte l’articolo ὦ è posto
davanti: ἀδελφῆ, oppure ὦ ἀδελφῆ (sorella, o sorella).
L’ARTICOLO
1. L’articolo deve concordare con il sostantivo a cui si riferisce in genere, caso e numero
(singolare o plurale): τὴν ἀρχήν (l’inizio) (oggetto del verbo); τῆς ἀδελφῆς (della sorella); αἱ
λόγχαι (le aste) (soggetto del verbo); τῶν ἐντολῶν (dei comandamenti).
Greco propedeutico 14
2. L’articolo è usato quando l’italiano mette il, lo, la davanti a un sostantivo, anche davanti ai
nomi astratti: ἡ ἀγάπη (l’amore), ἡ δικαιοσύνη (la giustizia). Spesso l’articolo accompagna
anche i nomi propri: ἡ Μάρθα (Marta).
3. Talvolta l’articolo può essere separato dal nome. Per esempio, quando si aggiunge a un
sostantivo il genitivo possessivo: ἡ τῆς παιδίσκης λύπη (il dolore della ragazza); ἡ τῆς βροντῆς
φωνή (la voce del tuono). Ma si può trovare anche ἡ λύπη τῆς παιδίσκης e ἡ φωνὴ τῆς βροντῆς.
Vocabolario
ἀγάπη amore
ἀδελφή sorella
βροντή tuono, rimbombo
γῆ terra, suolo
γραφή scrittura
διδαχή insegnamento
δικαιοσύνη giustizia
εἰρήνη pace
ἐντολή comandamento
ἑορτή festa
ζώνη fascia, cintura
κεφαλή testa
λόγχη lancia
λύπη dolore
νύμφη fanciulla
παιδίσκη ragazza
συναγωγή sinagoga, assemblea
τιμή onore
φωνή voce
ψυχή vita, anima
Molti termini greci sono passati nella lingua italiana, questo aiuta a ricordare il significato delle
parole greche. Nell’elenco qui sopra, γραφή è composto in un gran numero di parole italiane,
come grafite, fotografia, grafologia; φωνή in microfono, megafono, fonetica, sinfonia; ψυχή in
psicologia, psicanalisi.
Esercizio 1
1. αἱ ἀδελφαὶ ἐσθίουσιν. 2. ἀκούεις τὴν τῆς νύμφης φωνήν. 3. πιστεύομεν τὰς διδαχὰς τῆς
συναγωγῆς. 4. λύπην φέρει τῇ παιδίσκῃ. 5. ἀδελφὴ ἀδελφῇ λέγει. 6. ἡ ἐντολὴ κελεύει τὴν
ἑορτήν.
Esercizio 2
1. La sorella manda. 2. Egli manda la sorella. 3. Tu stai guardando la fanciulla. 4. La fanciulla
ode la voce. 5. La terra ha la pace. 6. Noi scriviamo i comandamenti. 7. Voi udite
l’insegnamento. 8. Egli porta le scritture alla ragazza. 9. Le sorelle parlano alla fanciulla. 10.
La fanciulla sta parlando alle sorelle.
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Le note seguenti le poniamo a questo punto per mettere insieme in un’unica sezione le regole
che governano i cambiamenti che intervengono nelle consonanti quando la parola è flessa, cioè
quando cambia la sua forma nel corso della declinazione dei nomi e della coniugazione dei
verbi. Faremo nuovamente riferimento più avanti quando sarà necessario.
Gutturali [γ, κ, χ]
• Davanti a τ ogni gutturale diventa κ per assimilazione, τ è la dentale tenue e assimila al proprio
carattere ogni gutturale media γ o aspirata χ.
πέπρακται al posto di πέπραγται.
δέδεκται invece di δέδεχται.
• Davanti a μ ogni gutturale diventa γ per assimilazione, perché la nasale μ è una labiale sorda.
πέπλεγμαι invece di πέπλεκμαι.
Labiali [β, π, φ]
• Davanti a τ ogni labiale diventa π per assimilazione. Infatti, τ è la dentale tenue e assimila alla
propria caratteristica la labiale sorda o aspirata (β oppure φ).
βλάπτω invece di βλάβτω.
γέγραπται invece di γέγραφται.
Dentali [δ, τ, θ]
Nasali [ν]
(c) Tra il ν e il σ si può inserire una ε. Ciò da inizio a un processo per cui il σ cade, perché si
viene a trovare fra due vocali e allora le vocali incontrandosi si contraggono. Così il futuro
indicativo di μένω è μένσω, che diventa μενέσω, μενέω e infine μενώ.
Liquide [λ, ρ]
• Le liquide tendono a non tollerare un σ che le segua. L’incontro è evitato in due modi.
(a) La σ può scomparire e la vocale precedente si allunga per compenso: è quanto si verifica
negli aoristi di certi verbi con tema in liquida.
ἤγειρα per ἤγερσα.
ἤγγειλα per ἤγγελσα.
(b) Una ε si può inserire tra la liquida e il σ e allora si ha lo stesso procedimento sopra descritto
nel caso del futuro di μένω.
ἐγέρσω diventa ἐγερέσω, ἐγερέω e così ἐγερῶ.
ἀγγέλσω diventa ἀγγελέσω, ἀγγελέω e così ἀγγελῶ.
Spiranti [σ]
• Quando σ segue una gutturale o una labiale, si produce la consonante doppia ξ e ψ (vedi sotto
Gutturali e Labiali).
• Quando la flessione porta un σ tra due vocali, il σ cade e le vocali che si incontrano, si
contraggono.
γένους [genitivo di γένος (tema γενεσ-)], sta per γένε(σ)ος.
• Bisogna stare attenti, perché non è detto che sempre il σ tra due vocali cada:
ἔλυσα, τίθησιν. Quando cade, la cosa sarà segnalata nel testo.
Aspirate
• Quando due sillabe consecutive cominciano con aspirata, la prima normalmente passa al
suono corrispondente non aspirato.
τριχός invece di θριχός, il genitivo di θρίξ capello.
τίθημι invece di θίθημι, raddoppiamento del tema θε-.
ἐτέθην invece di ἐθέθην (tema θε).
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(1) Le sole consonanti che possono stare alla fine di una parola greca sono ν, ρ, e ς (sia come
consonante singola che nelle consonanti doppie ξ e ψ). Le sole eccezioni a questa regola sono
le parole ἐκ = fuori da, a partire da, e οὐκ = no. Ma parole straniere entrate nel Greco (per es.
un gran numero di nomi ebraici o aramaici usati nel Nuovo Testamento) non obbediscono a
questa regola. Così troviamo ᾽Αβραάμ, Δαυίδ, Ισραήλ.
(2) Il ν mobile: un ν è spesso aggiunto all’ι finale del dativo plurale dei sostantivi, aggettivi e
pronomi di terza declinazione, e a ε ο ι finali (ma non a ει o αι) delle terze persone singolari e
plurali dei verbi, es. ἔλυε(ν), λύουσι(ν). A rigore dovrebbe essere aggiunto solo per facilitare la
pronuncia (ν eufonico), quando la parola seguente comincia con vocale, ma nel Nuovo
Testamento questo ν mobile si trova a volte anche quando segue consonante.
(3) Il ς mobile: poche parole hanno un ς mobile, e precisamente οὔτω(ς) = così; ἄχ- ρι(ς) = fino
a; μέχρι(ς) = fino a; ἐκ/ἐξ = fuori da, a partire da.