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28/11/2019

Manualetto, cap. 3

LA MORFOLOGIA

È lo studio della forma,


forma della struttura delle parole

Ma che cos’è una parola? Non è una risposta facile.


Per definirla possiamo ricorre a quatto criteri:

Un criterio grafico
Un criterio fonologico
Un criterio grammaticale
Un criterio lessicale

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Dal punto di vista grafico,

la parola è una stringa di grafemi


compresa fra due spazi bianchi.

Ma allora sedia a sdraio è una parola sola


o sono tre parole?

Dal punto di vista fonologico


è un entità
pronunciata con una sola emissione di voce
e contenente un solo accento.

Ma allora bevila o me li passi (cioè unità con elementi


clitici) oppure capostazione che ha un accento
secondario, formano una o più parole?

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Dal punto di vista grammaticale

è un’unità che veicola informazioni


di tipo grammaticale, come per es.
singolare nel caso dell’articolo il vs i.

Ma allora la congiunz. che o altre forme invariabili


(come avverbi, interiezioni) non sono parole?

Da un punto di vista lessicale

Si identifica con una radice.

Ma allora vanno è una parola diversa da andare?

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In base alle prove di commutazione si possono


individuare alcune unità che , a differenza dei
fonemi, sono dotate di significato:

Si tratta dei morfemi

Il Morfema è l’unità minima dotata di


significato.

I morfemi costituiscono le parole

Le parole sono quindi elementi modificabili. Ciò avviene


sostituendo o aggiungendo uno o più morfemi:

bello abbellire
belli
belle
bella

Abbiamo due tipi di modificazione: creazione di nuove parole a


partire da parole più semplici (bello abbellire), creazione
di nuove forme della stessa parola (bello belli, ecc.).

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La morfologia si divide dunque


in due settori:

(a) morfologia flessiva


(b) morfologia derivativa

Morfologia flessiva

È la pparte della morfologia


g che studia qquelle regoleg che
assegnano le categorie grammaticali del nome e del
verbo (genere, numero, persona, caso, tempo, modo) alle
unità lessicali attraverso l’unione di “elementi” flessivi con
il tema lessicale

Nelle parole c’è una parte che contiene informazione lessicale


(detta, nella terminologia classica, radice), e una parte che
contiene informazione grammaticale (detta, con terminologia
classica, desinenza). La radice rimane sempre uguale, mentre le
desinenze cambiano al modificarsi della categoria grammaticale.

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I morfemi sono dunque di due tipi: LEGATI E LIBERI

LIBERI o Lessemi o temi: unità minime con informazioni


di tipo semantico /bjank-/ (governati dalla morfologia
derivativa , quella che si occupa di affissazione e
composizione delle parole)

LEGATI : unità minima con informazioni grammaticali /-o/


(governati dalla morfologia flessiva, quella che si occupa
delle regole di assegnazione delle categorie grammaticali)

Un esempio

am-o am-avo am-erò


am-ai am-assi

am- radice lessicale


-o, -avo, -erò, -ai, -assi desinenze
Le desinenze recano con sé le informazioni di carattere
grammaticale (numero, persona, tempo, modo). La
terminologia utilizzata finora (radice, desinenza), però, è
incompleta.

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Morfologia derivativa

È la parte della morfologia che si occupa di analizzare e


classificare i processi di formazione di parola. In questa
definizione sono comprese le regole che governano i principali
processi morfologici responsabili del rinnovamento lessicale
endogeno (cioè, attuato con materiale linguistico interno, e non
attraverso prestiti da altre lingue) di un sistema linguistico.

Morfologia derivativa
Il processo morfologico attuato questo settore della morfologia
è l’affissazione, cioè la modificazione (sia sul piano formale
che su quello del significato) di un elemento lessicale
attraverso l’aggiunta di elementi (affissi).
Gli affissi si dividono in prefissi, suffissi ed infissi.

Ma esiste anche la composizione.


Nei composti si uniscono due elementi lessicali che sono entrambi
parole autonome, mentre nel caso della derivazione gli affissi non
hanno autonomia lessicale (cioè non sono parole autonome)

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Morfologia derivativa
Esempi:

(a) prefissi: inattivo, sfortunato, riscrivere

(b) suffissi: attività, invernale, velocista, magistratura

(c) infissi: Lat. presente rumpo vs perfetto rupi

L’“elemento lessicale” comune delle due forme è rup-, che nella


terminologia della linguistica storica è chiamata radice (la parte
invariabile comune a tutti i membri della stessa famiglia lessicale). La
forma del presente è ottenuta attraverso l’aggiunta di un infisso nasale.

Morfologia derivativa

capo + stazione → capostazione


bath + room → bathroom
agro + dolce → agrodolce

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Il morfema

Il morfema è ll’unità
unità linguistica minima
dotata di significato

Es.: govern-abile, in-consapevole

-abile e in- sono due morfemi. Essi hanno un significato abbastanza


ben definibile, per quanto astratto (in- significa negazione; -abile indica
possibilità/potenzialità), e non possono essere ulteriormente scomposti
in parti altrettanto dotate di significato (né i-, né -abi-, hanno un
significato proprio: sono semplici sequenze di fonemi).

Esistono due tipi di morfemi

Una parola come amici può dunque essere scomposta in due


morfemi, cioè due elementi portatori di significato, amic- e -i.
Ma l’informazione veicolata da questi due elementi si colloca
su due piani diversi:

Il morfema amic
amic-- veicola informazione di tipo
lessicale
mentre

il morfema -i veicola informazione di tipo


grammaticale (numero, genere).
genere).

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Esistono due tipi di morfemi

Chiameremo i primi morfemi lessicali o


basi,, e i secondi morfemi grammaticali
basi grammaticali..

Nel caso dei morfemi utilizzati nella derivazione, come ad


esempio -abile in am-abile, che costituiscono una sorta di
via di mezzo, si parla comunque, non senza
semplificazioni, di morfemi lessicali.

Morfemi grammaticali

A loro volta i morfemi grammaticali si


suddividono in
•morfemi derivativi
•morfemi flessivi.

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Morfemi grammaticali

-al- in dent-al-e è un morfema derivativo perché


costruisce un aggettivo a partire da un nome (come
accade anche negli altri casi in cui è usato: autunn-al-e,
palat-al-e, ecc.).

La -e finale di dent-al-e è invece un morfema flessivo,


perché esprime una delle possibili forme in cui una parola si
può presentare (plurale, singolare, maschile, femminile,
ecc.).

Morfemi lessicali

I morfemi lessicali (dent- nel caso di dentale)


appartengono al lessico di una lingua e nella loro forma
base sono registrati nel dizionario, mentre i morfemi
derivativi e flessivi appartengono alla grammatica.

I morfemi lessicali sono una classe aperta (che può essere


virtualmente arricchita con l’aggiunta di nuovi elementi),
mentre i morfemi derivativi e flessivi sono una classe
chiusa, non suscettibile di accogliere nuove unità).

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Ordine dei morfemi

In italiano i morfemi grammaticali occupano di solito la posizione


finale di parola, cioè compaiono dopo i morfemi lessicali:

dis-organizzat-a
morfema lessicale + morf. lessicale + morf. grammaticale (-a)

contest-abil-e
morfema lessicale + morf. lessicale + morf. grammaticale (-e)

Non in tutte le lingue, però, le cose funzionano in questo modo.

Ordine dei morfemi: l’arabo

In arabo il morfema lessicale che significa ‘scrivere’ è costituito da tre


consonanti kk-t-b
consonanti, t b, che da sole non costituiscono una parola vera e
propria (al pari di amic-).
A differenza dell’italiano in arabo il morfema grammaticale non si
inserisce dopo quello lessicale, ma si innesta “a pettine” su esso:
kataba “egli scrisse” ka:tib “scrittore” kita:b “libro”
kutiba “fu
fu scritto
scritto” ka:tibat “scrittrice”
scrittrice

In casi come questo si parla di morfologia non concatenativa, perché i


morfemi non si succedono gli uni agli altri, ma si innestano gli uni sugli altri.

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Ordine dei morfemi: il tedesco

Un fenomeno simile si in nella formazione del participio


passato tedesco.
Se prendiamo il verbo singen “cantare”, il participio passato è
gesungen, che si può scomporre nel modo seguente:

ge-s-u-ng-en

Il morfema lessicale è discontinuo (s-ng)


E discontinuo è anche il morfema grammaticale che indica il
participio passato (ge-, -u-, -en).

Allomorfi

In realtà il morfema è un unità astratta realizzata da unità


concrete che sono chiamate morfi. Può accadere che un
morfema non sia rappresentato sempre dallo stesso
morfo (cioè dalla stessa sequenza di segmenti fonologici),
ma da morfi diversi a seconda del contesto fonetico.

Per es., il morfema della negazione può essere realizzato dal morfo in-
(come in in-accessibile), ma anche da altre sequenze fonologiche
(morfi) che dipendono dal suono che segue (ir- in irrealizzabile, im- in
impossibile, il- in illogico). I diversi morfi che realizzano uno stesso
morfema sono detti allomorfi.

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Allomorfi

Gli allomorfi
ll fi non sono quindi
i di delle
d ll unità
i à distintive
di i i
ma pure varianti di morfemi:

Le forme ven-/veng-/vien-/ver sono allomorfi riconducibili


al verbo venire

La classe di morfemi e allomorfi costituisce la classe


dei morfi, cioè le forme effettive dei fonemi:
il morfema del pl. in case è espresso mediante il morfo e

Tipi di morfo
I morfi si distinguono in liberi e legati.

Un morfo libero può comparire da solo, e da solo


costituisce una parola (ieri, fuori, sopra).

Un morfo legato che può apparire soltanto in


combinazione con almeno un altro morfo (il morfo inglese
-s, l’italiano -i, dis-, uom-, -o, ecc.).
)

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Radice e tema

In molte forme verbali e deverbali (cioè derivate da verbi)


si pone in italiano il problema della cosiddetta vocale
tematica. Nei seguenti esempi:

1) indifend-ibil-e am-abile
2) prend-ev-o fin-iv-o am-av-o
abbiamo a che fare con allomorfi dello stesso morfema: in 1)
il morfema in questione significa “che può essere x” e si
realizza come -abil- o -ibil-; in 2) il morfema è quello di
imperfetto e si realizza negli allomorfi -av-, -ev-, -iv-.

Radice e tema
Possiamo scomporre ulteriormente -abil- e -ibil- in -a-bil- e -i-bil-.
I morfemi in più che otterremo (-a- e -i-; nel caso dell’imperfetto
sono tre: -a-, -i- e -e-) sono di un tipo particolare, in quanto non
significano niente, ma hanno indicarno a quale classe
grammaticale appartiene il verbo in questione.

Si può dire che in italiano il tema si ricava sottraendo


all’infinito il morfema -re (amare → ama-) e che la radice si
ottiene sottraendo al tema la vocale tematica (ama- → am-).

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La Formazione delle parole (FP) studia:


 il meccanismo che regola la produzione delle parole,
parole
partendo da basi già esistenti nella lingua

La tripartizione tradizionale distingue:


 Suffissati

 Prefissati

 Composti

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Sincronia e diacronia
 Sincronia  Diacronia

Suffissati vivi Basi dei Suffissati fossili


suffissati vivi
Benzinaio Benzina Gennaio, acciaio
Circolazione Circolare Delazione, aviazione
Zuccheriera Zucchero Bandiera

 Nell’italiano di oggi sindacale, sindacalizzare,


sindacalismo, sindacalista non hanno rapporti
semantici e sintattici con sindaco “capo
dell’amministrazione comunale”, né con il sindaco di
una società azionaria, né con sindacare
“controllare”.

 La base di questi derivati è sindacato

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Questa configurazione dipende


dall’emergere del nuovo
significato di sindacato nella
lingua moderna in
corrispondenza alla nascita di
un nuovo istituto politico

Il paradigma derivazionale

 Il paradigma è la serie delle diverse


realizzazioni sintattiche di uno stesso nesso
semantico

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Paradigma a ventaglio:

lavoro
lavoratore
lavorare → lavorante
lavorazione
lavorio
lavorativo
lavorabile

Paradigma a cumulo

forma → formale → formalizzare →formalizzazione

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I due paradigmi si possono


combinare fra di loro:

formalizzazione
formalizzare →
formalizzabile
forma → formale →
formalista → formalistico

La base

 La
L base
b non è l’etimo,
l’ ti néé la
l radice:
di è invece
i ciò

che è sentito come vivo e produttivo nella mente
del parlante

 È ciò che si può definire la matrice, cioè un concetto


esclusivamente sincronico

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La suffissazione
gg g un affisso dopo”
 La suffissazione consiste nell’ “aggiungere p la
base:

forma → formale,
deformare → deformazione,
formale → formalizzare

La prefissazione
 La pprefissazione consiste nell’“aggiungere
gg g un affisso pprima”
della base:

formale → informale,
informazione → disinformazione,
parlare
pa a e → riparlare
pa a e

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La composizione
 La composizione consiste nel comporre in una unità due
o più parole:

cassaforte,
lavastoviglie,
ferro da stiro,
acqua pesante,
autonoleggio

 Pur essendo tre modalità di un unico processo di


trasformazione, i tre ordini della FP si possono distinguere
in due ambiti

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1. Nella prefissazione e nella composizione appare in


primo piano il rapporto sintagmatico

2. Nella suffissazione è fondamentale il rapporto


paradigmatico

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L’aspetto fondamentale della suffissazione consiste nella


transcategorizzazione dei lessemi.

Vale a dire:

 Un V può dar luogo a un N o a un A

 Un N può dar luogo a un V o a un A


 Un A può dar luogo a un N o a un V

 Rispetto alla base il derivato può essere: denominale,


denominale
deaggettivale, deverbale

 Riguardo alla propria natura il derivato può essere: nominale,


aggettivale, verbale

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1) N → V: scandalo → scandalizzare
2) A → V: bianco → biancheggiare
3) V → N: lavorare → lavorazione
4) V → A: lavorare → lavorabile
5) A → N: bianco → bianchezza
6) N → A: forma → formale
7) N → N: benzina → benzinaio

Diremo allora che scandalizzare è un suffissato verbale


denominale, biancheggiare è un suffissato verbale
deaggettivale, lavorazione è un suffissato nominale
deverbale, ecc
ecc..

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 La derivazione parasintetica risulta dall’intervento simultaneo


del prefisso e del suffisso: pertanto si tratta di derivati che
sono a metà strada tra suffissazione e prefissazione

S- bandier--
bandier -are

I prefissi
dei Parasintetici denominali:

 1) A- (lat. ad-) + raddoppiamento della consonante:


bottone → abbottonare
 2) De-:
caffeina → decaffeinare (decaffeinizzare)
 3) In- (i-, inn-, il-, im-, ir-):
amore → innamorare
 4) S- privativo (lat. ex-, dis-):
barba → sbarbare

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I prefissi dei Parasintetici (segue):

 5) S
S- intensivo:
bandiera → sbandierare
 6) Di-:
ramo → diramare
 7) Dis-:
bosco → disboscare
 8) Tra-, tras-, trans- (lat. trans-):
cima → tracimare

p
 Spesso dalla stessa base deriva ppiù di un pparasintetico
 All’alternanza dei prefissi a- / in- corrisponde spessouna
differenza semantica: abbracciare – imbracciare
 Procedimento normale e di alta frequenza è la produzione
di coppie di antonimi: bottone → abbottonare (→
sbottonare)

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Consiste nell’inserire
un prefisso prima della base
 Il prefisso è l’affisso
l affisso che appare all
all’inizio
inizio dell
dell’unità
unità
lessicale
 Si può premettere ad un lessema semplice (fare →
rifare, prova → controprova) oppure ad un lessema
già prefissato (deformabile → indeformabile)

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 Nella prospettiva diacronica si può avere anche


un seguito di tre prefissi:

inde componibile

dove i due primi prefissi sono vivi, il terzo


invece è fossile (cioè non proviene da un
trasformazione avvertita dal parlante di oggi)

 Rispetto alla suffissazione si hanno due


differenze fondamentali:

 a) la prefissazione non comporta il mutamento


della categoria (per questo motivo la
prefissazione è collegata con la composizione)

 b)) mentre il suffisso non è mai autonomo,, il


prefisso può esserlo (in tal caso funge anche da
preposizione e/o da avverbio) o non esserlo
(ante-, auto-, de-, ere-, re- ecc.)

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 L’abbreviazione
sintagmatica può far sì
che il prefisso assuma da
solo il carico semantico
dell’intera unità (auto
rispetto ad automobile)

La composizione
 È il grande serbatoio da cui l’italiano moderno attinge per
rinnovare dall’interno il suo patrimonio di vocaboli

 Per la sua analiticità e per la sua rilevante produttività, questo


tipo di formazione delle parole si adatta alle esigenze di
sempre nuove e articolate terminologie corrispondenti allo
sviluppo e alla rapida penetrazione della tecnica nel mondo di
oggi

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 La difficoltà consiste innanzi tutto nel


distinguere i composti da quelle formazioni
che non si possono considerare composti

1. I composti si distinguono rispetto alle frasi


sintattiche libere
 I composti del tipo ferro da stiro si
distinguono rispetto alle frasi sintattiche
libere del tipo ferro per aprire la porta in
base a tre criteri:

a) stabilità del rapporto significante – significato


b) stabilità della sequenza
c) frequenza d’uso

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2. I composti si distinguono dai


conglomerati
 L’associazione memoriale produce i conglomerati, che
risultano dalla coesione di elementi morfologicamente
caratterizzati

2. I composti si distinguono dai


conglomerati
 Le formazioni che risultano dalla fusione di due verbi
(siano essi uguali o diversi: fuggifuggi, mangiaebevi,
tiremmolla, va e vieni) sono da considerarsi tra i
conglomerati
 altri esempi: andirivieni (da una forma antica
dell’imperativo
p di andare + rivieni),
), bagnasciuga,
g g ,
dormiveglia, parapiglia, saliscendi

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3. I composti si distinguono dalle unità


lessicali superiori (polirematiche)
 La creazione di nuove entità lessicali pper mezzo della
composizione si attua con la fusione di due elementi
costituenti che il parlante continua ad identificare dopo
che tale fusione è avvenuta.

 Le polirematiche sono invece delle lessicalizzazioni, vale


a dire hanno significati del tutto convenzionali. Nel
li
linguaggio
i marinaresco,
i per esempio,i sii hhanno lle
manovre correnti ‘cavi che servono per lo più per
sollevare o spostare pesi’ e le manovre dormienti ‘cavi
che servono per sostenere in posizione fissa o per
guidare qualche oggetto’.

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