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LEZIONE 24

LA DISTINZIONE TRA CATEGORIE LESSICALI E CATEGORIE GRAMMATICALI/FUNZIONALI

CATEGORIE LESSICALI:
Fanno riferimento ad elementi che esistono anche al di fuori della frase o della grammatica. Queste
categorie sono aperte perché in costante aggiornamento.

CATEGORIE GRAMMATICALI:
Portano significati ‘vuoti’, cioè informazioni che si riferiscono solo al contesto della grammatica della frase
che si sta considerando. Queste categorie sono chiuse, già definite e non si aggiornano nonostante la
lingua possa svilupparsi nel tempo.

LA STRUTTURA INTERNA DELLE PAROLE

Ogni parole è scomponibile in parti più piccole, segni linguistici minimi detti morfemi: i morfemi portano
significato e costituiscono dei ‘pezzi’ di parola riconoscibili e identificabili, perciò non sono scomponibili
ulteriormente in parti minori che abbiano senso. Questo perché le parti più piccole dei morfemi sono i
fonemi, (quindi le singole ‘lettere’), che di per sé non sono dotati di significato proprio, perché portano
significato nel momento in cui vengono inseriti in un contesto più grande e permettono la distinzione tra
parole.
Esempio: pane  tane, ma ‘p’ e ‘t’ di per sé non hanno un significato proprio.

E’ importante precisare che, nel momento in cui si può identificare una sequenza di fonemi con un certo
significato in un dato contesto, quel significato non rimane sempre uguale ma può variare: di conseguenza,
una stessa sequenza di fonemi non sempre costituisce un morfema.
Ad esempio: ‘pianista’  pian- ista, dove: ‘pian’ = pianoforte, ‘ista’= indica colui che suona.
MA
‘pista’  p- ista, dove: la sequenza di fonemi ‘ista’ è la stessa di prima, ma in questo caso non costituisce
un morfema, perché non porta nessun senso aggiunto e soprattutto non porta lo stesso significato del
caso precedente (colui che svolge l’azione).

Lo stesso si può vedere anche:


‘incartare’  ‘in’ = mettere dentro
‘indecente’  ‘in’ = funzione negativa

‘vede’  ved-e  ‘e’ = 3 persona singolare


‘case’  cas-e  ‘e’ = femminile plurale

Esistono quindi parole polimorfemiche e monomorfemiche:


Le polimorfemiche corrispondono a parole in cui si possono identificare più morfemi legati tra loro; queste
parole sono quelle più comunemente sottoposte a flessione, proprio perché possono essere adattate in
varie forme in accordo con il contesto.
Le parole monomorfemiche invece sono composte da ‘blocchi unici’ non divisibili e che,
indipendentemente dal contesto, non mostrano cambiamenti nel loro significante, hanno sempre la
stessa forma. Esempi: virtù, bar, che..
MORFEMI LESSICALI E MORFEMI GRAMMATICALI

Per morfemi lessicali si intendono quelle parti dei lessemi che portano il significato pieno e lessicale della
parola stessa.
I morfemi grammaticali invece sono suddivisibili in flessivi e derivazionali: quelli flessivi portano significati
grammaticali riguardo al numero/genere della parola in questione, mentre quelli derivazionali
costituiscono delle affissi che segnalano il legame derivazionale di una parola con un’altra.
Questi morfemi hanno la possibilità di cambiare il significato del lessema a cui si uniscono, perché ogni
prefisso/suffisso è a sé e porta un significato differente.
Esempi:
‘pianista’  -ista = colui che svolge l’azione
‘mangiabile’  -bile = proprietà di poter essere mangiato
‘costruzione’  -zione = l’azione di costruire
‘rifare’  -ri = indica un’azione ripetuta

E’ importante distinguere tra prefissi/suffissi e radici/desinenze: queste ultime servono per distinguere
tra morfemi lessicali e morfemi flessivi, quindi tra la ‘parte’ del lessema che porta il significato ed è ‘fissa’,
e la parte che invece è ‘finale’ e si adatta al contesto in cui il lessema è inserito.
Inoltre, dovendo rappresentare la suddivisione, è diversa:
SUDDIVISIONE IN MORFEMI  ‘parlavate’  ‘parl-a-v-ate’
SUDDIVISIONE RADICE-DESINENZA  ‘parlavate’  ‘parlav-ate’

Inoltre, il concetto di ‘desinenza’ non è sempre applicabile perché in lingue diverse dall’italiano o dal latino
è possibile che il morfema lessicale non si trovi all’inizio della parola.

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