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MORFOLOGIA FLESSIVA

Analizza la forma delle parole e le modificazioni che possono presentare


per assumere funzioni e valori diversi. Le varie forme individuate sono le
forme flesse.
In nomi, articoli e aggettivi sono espressi genere e numero; nei pronomi,
genere, numero, caso e persona; nei verbi numero, persona, tempo, modo,
aspetto (perfetto, imperfetto, etc.), diàtesi.
Morfema = più piccola unità linguistica dotata di significato, elemento
minimo dell'analisi morfologica.
Lingue analitiche/isolanti: ogni significato è rappresentato da un elemento
unico, che costituisce una parola autonoma, non cambia forma e non può
essere legato a nessun altro elemento.
Lingue sintetiche: uniscono in una sola parola più morfemi non autonomi
di significati diversi (morfemi legati). Vi sono: il morfema lessicale o radice
(da il significato della parola) e morfemi grammaticali (danno
l'informazione morfologica). Tra queste: lingue flessive, in cui
normalmente una parola è composta da radice+desinenza (segnala anche il
rapporto tra le parole del testo).
Un'importante funzione della flessione è quella economica.
Ogni lingua presenta elementi sintetici ed elementi analitici, e inoltre le
parti invariabili del discorso (avverbi, congiunzioni, preposizioni,
interiezioni e ideòfoni). Il latino classico è la lingua flessiva per eccellenza
(ad es. rosarum --> delle rose, amatur --> è amato/a). L'italiano ne ha ereditati
aspetti flessivi e ha anche aspetti isolanti.
Allomorfia: alternanza di più forme con stesso valore morfologico sia nelle
radici sia nelle desinenze, in conseguenza dalla derivazione dal latino o di
fenomeni fonetici (ad esempio dovuti all'aggiunta di un suffisso). Es:
amico/amici, fico/fichi, può/posso/potevo, etc.

-IL NOME Il genere è inerente al nome ed è immotivato (tranne se si


riferisce ad esseri umani o talvolta animali); il numero è dato dalla flessione
(sostituzione desinenza singolare con quella del plurale). Il maschile è il
genere non marcato, in cui si inseriscono le nuove parole.
Vi sono sei classi diverse di nomi. La 5a non è più produttiva (-o/-a); la 1a
(-o/-i) e la 2a (-a/-e) sono produttive in quanto vi si inseriscono
rispettivamente i nuovi nomi maschili e quelli femminili. La 6a
(varie/invaribile) era costituita da tutti i nomi ossitoni e da monosillabi, e
si accresce soprattutto con prestiti non adattati uscenti in consonante
(sport, virus), e poi con nomi uscenti in -e o -i, con nomi maschili in -a e
femminili in -o, con parole formate col suff. -ità.
Mozione: mutamento di genere grammaticale in rapporto al sesso. Per gli
animali si realizza con una tecnica isolante (aggiunta di "maschio" o
"femmina" accanto al nome non marcato).
-L'AGGETTIVO, LA COMPARAZIONE, L'ALTERAZIONE
Gli aggettivi sono flessi secondo genere e numero nella prima classe,
espressi contemporaneamente da un unico morfema vocalico; nella
seconda solo per numero (grande/grandi). La classe degli invariabili era
costituita solo da pari, ma ha accolto aggettivi derivati da colori, prestiti e
conversioni.
E' marcato morfologicamente anche il grado. Il comparativo si fa con
tecnica analitica; il superlativo assoluto sia con tecnica analitica (tanto,
molto, etc) che con tecnica sintetica. Inoltre vi sono alcuni superlativi
relativi di matrice latina che affiancano le forme regolari (come migliore,
inferiore, etc).
Gli alterati si realizzano con tecnica sintetica il che è una particolarità
dell'italiano. I suffissi con cui si realizzano possono combinarsi tra loro o
con degli interfissi (leoncino, mogliettina, etc). Spesso gli alterati tendono a
lessicalizzarsi.
-L'ARTICOLO
Individuano i nomi come noti/ignoti (determinati/indeterminati) in base
all'appartenenza alle conoscenze condivise o alla loro presenza/assenza nel
cotesto precedente o successivo: determinativo --> funzione anaforica di
ripresa o cataforica di anticipazione.
Inoltre determinano genere e numero.
-I PRONOMI PERSONALI
Nello standard tradizionale (eredità del latino) i pronomi pers. singolari
hanno diversa forma a seconda se sono soggetto (io, tu, egli, ella) o
oggetto/obliquo (me, te, lui, lei); al plurale, con noi/voi nessuna
opposizione, mentre essi/esse sono soggetti e compl. obliqui (in questo
affiancati da loro), ma non oggetti (loro). Il riflessivo di 3a persona è sempre
sé.
In realtà, essi, esse, egli ed ella non sono quasi più usati e sono sostituiti da
lui/lei/loro, usati inoltre anche con animali e cose (invece di esso/essa). Da
Roma in su si registra una tendenza a neutralizzare l'opposizione
sogg./compl. ("questo lo dici te").
Oltre alle forme toniche esistono dei pronomi atoni detti clitici, che hanno
funzione di complemento oggetto e complemento di termine, e sono: mi, ti,
lo/la (OD) o gli/le (OI), ci, vi, li/le (OD) e loro (OI, pseudoclitico) e infine il
riflessivo di terza persona (plur. e sing.) si. Vi sono inoltre ci per il locativo
e per il CO riferito a cose o persone in alcuni casi specifici, e ne per
argomentativo, partitivo, etc. I clitici si pongono prima del verbo tranne
che con l'imperativo e modi non finiti. Nelle frequenti combinazioni di due
clitici, in funzione di OD si sostituiscono (a mi, ti, ci, vi) me/te/ce/ve/se e
glie- (a lo, le, gli).
Il clitico si è l'unico ad avere anche funzione di soggetto: impersonale con
un verbo alla 3a sing. I due si si distinguono per la diversa posizione
sintattica quando in combinazione con un altro clitico: il riflessivo lo
precede trasformandosi in se, mentre l'impersonale lo segue mantenendo la
propria forma.
Esiste inoltre un terzo si, il si passivante, che premesso ad un verbo
transitivo lo rende passivo. Nei modi finiti è possibile solo con la 3a
persona. Con un sostantivo plurale si passivante e si impersonale si
distinguono facilmente perché con il si passivante il verbo va al plurale (i
giornali si comprano la mattina), mentre il si impersonale richiede il verbo
al singolare.
Nell'italiano contemporaneo i clitici stanno via via perdendo lo statuto
pronominale per svolgere altre funzioni, lessicali o grammaticali.
Nel parlato si tende a estendere la forma gli al femminile e al plurale;
inoltre si inizia a estendere ci alla terza singolare e sopratutto sostituisce
quasi sempre il vi locativo e svolge funzione attualizzante con vari verbi:
con essere/avere ("qui c'è Mario", "ce l'hai l'ombrello?") e anche con sentire,
vedere e altri verbi procomplementari (=che incorporano un clitico), a cui
dà particolari significati (volerci, entrarci, contarci, etc). Il ne per il moto da
luogo è diventato raro, ed è invece utilizzato con verbi procomplementari
(fregarsene, convenirne, etc). In questi casi il ci e il ne tendono a
lessicalizzarsi (perdere statuto di pronome saldandosi al verbo). L'uso di ci
con il verbo avere, frequente nel parlato, stenta a entrare nello scritto.
-ALTRI PRONOMI Si tende a usare i cardinali (anche in cifre) al posto degli
ordinali.
Si è perso codesto e si utlizzano solo quello e questo; spesso perdono il valore
di dimostrativi riducendosi quasi ad articoli, e il valore di dimostrativo
rimane con l'affiancamento di avverbi come lì/là/qui/qua (la distinzione
tra lì e là permette di recuperare il valore di "vicino a chi ascolta"). Arcaico
l'uso di questi riferito a terza sing. maschile. Ciò (pronome neutro) viene
sostituito da quello. Costui/costei/coloro sono in regresso (anche se coloro
sopravvive).
-IL SISTEMA VERBALE E' la parte del discorso che reca maggiori
informazioni morfologiche. Nei tempi principali le informazioni si trovano
in suffissi legati al tema; nei tempi composti e nel passivo si trovano negli
ausiliari premessi al participio a passato che da l'informazione sul genere.
Ausiliari: di solito coi transitivi avere all'attivo ed essere al passivo; negli
intransitivi si può avere obbligatoriamente l'uno o l'altro; con alcuni verbi
si può scegliere, ad esempio coi verbi atmosferici o in perifrasi coi verbi
modali. I verbi intransitivi che richiedono avere sono detti inergativi e
quelli che richiedono essere inaccusativi. Nel passivo spesso troviamo
venire invece di essere. Nell'uso riflessivo e pronominale dei transitivi
l'ausiliare prescritto dallo standard è essere, avere marcato in disatratia e
ormai substandard.
Tema del verbo: radice+vocale tematica (varia a seconda della coniug.) Le
desinenza si aggiungono a volte alla radice a volte al tema. Il morfema di
tempo/modo/aspetto precede quello di persona/numero: ascoltavate -->
ascolt+a+va+te. Ci sono casi in cui un unico morfema reca tutte queste
informazioni (chiamò).
La prima coniugazione è quella dal paradigma più regolare, è la più
numerosa e la più produttiva (si inseriscono verbi nuovi con -izzare, -
eggiare, -ificare e are). La seconda comprende verbi di derivazione latina con
paradigmi irregolari e non è più produttiva. La terza non è del tutto
esaurita (accoglie nuovi verbi parasintetici formati da
aggettivo/nome+ire).
Variazioni nel parlato: vadi/venghi/etc (sincroniche, disatraticamente basse),
estensione di -isc più del dovuto (langue-->languisce), forma rizoatona del
passato remoto di composti di venire (accentati sulla desinenza:
intervenne--> intervenì), forme irregolari di composti di dare, fare, etc.
Tempo deittico: che fa riferimento al momento dell'enunciazione (tempi
semplici). Tempo anaforico: fa riferimento ad un alto tempo espresso nel
testo (tempi composti).

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