Sei sulla pagina 1di 6

Categoria di persona intesa come categoria deittica.

Le categorie sono tre: 1a persona, 2a persona e 3a persona.


io e tu, sono le prime due persone e sono connesse ad elementi obbligatori, indispensabili
affinché ci sia una comunicazione. Nell’atto dell’enunciazione l’emittente e il ricevente
sono i referenti di io e tu, per questo motivo 1a e 2a persona sono elementi indispensabili.
Le prime due persone sono anche universali linguistici perché queste due forme nominali
sono presente in tutte le lingue proprio perché rappresentano emittente e ricevente. Se a
parlare sono io e dico ‘‘io’’ io sono l’emittente e quindi mi riferisco a me stesso come
emittente che sto parlando, se dico tu mi riferisco al mio ricevente. Però quando sarà il
ricevente a parlare in realtà diventa l’emittente del messaggio e quindi l’io che lui dice non è
più riferito a me, ma a lui. Quindi ‘‘io’’ detto dal mio interlocutore che in quel momento sta
parlando indica lui e non più me, allo stesso modo quando lui dirà ‘‘tu’’ lo dirà per rivolgersi a
me e di conseguenza io divento il referente-il ricevente del suo messaggio. QUINDI io e tu
cambiano referente a seconda del contesto dell’enunciazione, questo fatto che
l’elemento linguistico sia ancorato a un elemento extra-linguistico e quindi cambia referenza
a seconda del contesto dell’enunciazione, fa della categoria della persona una categoria
deittica.

Categoria di genere

Questa categoria è una categoria per lo più applicata al nome (ai nominali), ha una
funziona classificatoria cioè classifica gli elementi nominali e rende possibile l’accordo tra le
parole. Comprende diverse opzioni: Maschile, femminile e in alcune lingue il neutro. In
alcune lingue può interessare anche elementi verbali per quanto il genere sia tra le categorie
nominali, ci sono lingue che marcano il genere anche sul verbo, ad esempio l’arabo. Ci sono
lingue che non hanno il genere come il turco, ungherese e giapponese. In inglese la
categoria è coperta riconducibile ai pronomi di ripresa anaforica: He, she it. Es. Baby viene
ripresa da He/she per indicare il genere. Quindi il genere può essere una categoria coperta
o scoperta e può proiettarsi in misura diversa (da lingua a lingua) sul pacchetto morfemico
di tutti costituenti di un sintagma nominale es. il tavolo alto - la sedia bassa in inglese, a
differenza dell’italiano in cui il genere si applica su tutto il sintagma nominale (la - o - la -
a), non abbiamo nessun accordo tra questi elementi (Articoli, mome, aggettivi) ma il genere
compare isolatamente nelle riprese anaforiche con i pronomi di ripresa anaforica. Il neutro
che significa ‘‘non entrambi’’ era originariamente riferito ad entità inanimate che erano quelle
che non si muovevano opposte ad entità animate che venivano inquadrate nella loro
caratteristica del movimento (Maschile - femminile). Le tassonomie primitive si sono nel
tempo alterate, e genere grammaticale e genere naturale del referente non sempre
corrispondono ad oggi. Le lingue romanza, in cui il neutro è scomparso, i significati si sono
distribuiti in modo arbitrario tra le opzioni masch. e femm.
Il genere indoeuropeo.

Nella più antica declinazione: Declinazione atematica, non esiste una differenza tra mschile
e femminile. se guardiamo alla terza declinazione latina che è la più antica rispetto alla
differenziazione tra maschile e femminile notiamo che le forme per esempio del
protoindoeuropeo: pătĕr e e mātĕr rispettivamente padre e madre in latino non hanno
differenziazione sul piano morfologico che riguardi il genere, sono identici. Nella
declinazione atematica latina il genere si deduce dall’accordo con gli aggettivi che seguono.
pater severus - mater severa.

Animato VS Inanimato in termini di opposizione. Esempio con neutro - maschile.

Abbiamo detto che l’opposizione originaria era tra


Inanimato (referente privo di movimento) = Neutro VS Animato (Referente capace di
movimento) = Maschile o femminile. Gli animati si sono specificati tra maschile e femminile,
questa cosa la possiamo rintracciare nelle coppie lessicali se guardiamo alle lingue
indoeuropee. Sia a destra che sinistra abbiamo forme indoeuropee, se guardiamo a sinistra
abbiamo le forme neutrali, mentre a destra frome di genere maschile, entrambe riguardano
nomi per il fuoco. Quelle Neutrali derivano da una radice indoeuropea che indicava il fuoco
come entità inanimata quindi priva di movimento, dall’altro lato a destra (sempre lingue
indoeuropee) sono invece di genere maschile perché venivano da una classificazione come
animato. Quindi nel tempo si sono avuti esiti differenti e si sono specializzati in maschile o
femminile. Quindi queste lingue indoeuropee: Una lingua prosegue la visione inanimata del
fuoco e l'altra la concezione animata del fuoco, una diventa neutro e l'altra maschile

Animato VS Inanimato in termini di opposizione. Esempio con neutro - femminile.

Prendiamo come esempio, la parola acqua in due differenti parole indoeuropee. In questo
caso la coppia lessicale è formata da un lato dal neutro (sinistra) e dal femminile (Destra) - Il
neutro viene dall’inanimato e il femminile (come il maschile di sopra) viene dall’animato.

Categoria del numero.

Anche essa è una categoria nominale, anche se si applica anche al verbo. Ad


un'opposizione di base: Singolare/Plurale, alcune lingue possono aggiungere l’opzione del
duale per indicare oggetti che si presentano in coppia. Qualche lingua presenta anche il
triale (Entità che si presentano in numero 3) o il paucale (Plurale di pochi). Il duale è
probabilmente connesso ad una classe di referenti che si presentavano per forze di cosa in
coppia: Due occhi, due mani ecc.. Per quanto riguarda la differenza tra quantificazione e
categoria di numero bisogna stare attenti perchè le marche morfologiche di numero quindi
mezzi effettivamente grammaticali morfologici, che esprimono informazioni di numero, sono
una delle possibilità dei mezzi linguistici che le lingue hanno per numerare gli oggetti, quindi
le marche morfologiche di numero sono una dei possibili tipi di quantificatori ovvero mezzi
linguistici che le lingue adoperano per esprimere quante volte un’entità è tenuta in conto
all’interno dell’enunciazione. indefiniti e numerali sono elementi nominali per quanto riguarda
il loro comportamento, gli indefiniti sono elementi nominali che danno una quantità
indefinita quindi approssimata e sono disposti in una gradualità, mentre i numerali sono
nominali di quantità definita dell'entità. Gli indefiniti sono deittici in quanto sono ancorati ad
elementi extra linguistici nel senso che il loro valore si modifica a seconda del contesto. es.
Sono molti pochi soldati, soltanto mille - Abbiamo un indefinito che indica pochi, ma di fatto
mille non sono poche unità, sono poche soltanto in relazione al fatto che l’esercito era
composto da centinaia di migliaia di unità e quindi solo mille in un contesto di battaglia
rappresenta pochi, quindi è un’entità relazionale deittica in questo senso.

Quindi spesso il valore del numero non è quantitativo, ma si intreccia a fattori di natura
semantica e logica in modo complesso. Lo possiamo vedere da esempi come: Il cavallo è un
animale resistente = I cavalli sono animali resistenti. in queste due frasi in realtà non c’è un
singolare o un plurale sebbene sul piano formale sia così, perchè di fatto il cavallo è un
animale resistente - il cavallo definito dall’articolo il (Sintagma nominale) indica la classe di
tutti i cavalli (con qualche eccezione possibile). I cavalli sono animali resistenti è una frase
del tutto uguale, si indica ugualmente la classe di tutti i cavalli. Si deduce che non c’è
sempre corrispondenza semantica tra numero grammaticale e numero naturale, si
vede nei nomi collettivi e nei nomi di massa (che si aggiungono alla classe dei nomi
numerabili):
Nomi collettivi come folla che al plurale fa le folle, ma di fatto nel singolare non si riferisce ad
un'individualità, ma è un nome collettivo che si riferisce ad un insieme di individui anche al
singolare stesso. I nomi di massa, come latte e burro non hanno forma plurale, sia nomi
collettivi che numerabili sono non numerabili. Non c’è corrispondenza semantica tra il
numero grammaticale e quello naturale del referente a cui l’elemento si riferisce-indica. lo
stesso si può vedere con i nomi di massa detti uncountable come information e news.

CATEGORIA DI CASO
Si tratta di una categoria specifica del nome, ed ha la funzione di marcare le funzioni
grammaticali, sintattiche e il ruolo semantico, svolti dai nominali all’interno dell’enunciato,
quindi si riferisce ai nominali cioè ai nomi e ne marca morfologicamente la funzione
grammaticale, sintattica, e il ruolo semantico svolto dagli elementi nominali. L’opposizione di
base è tra nominativo e accusativo, che possiamo vedere come casi cardinali, perché si
riferiscono alle funzioni grammaticali che i nominali possono avere nell’enunciato: soggetto,
oggetto. Queste sono le due funzioni grammaticali dei nominali, l'altra funzione di predicato,
ma appunto è una funzione ricoperta da elementi verbali.
L’italiano non possiede più il caso, pur derivando dal latino, ma isolatamente, per quanto
riguarda una classe di forme all’interno del sistema linguistico, e per quanto riguarda quella
dei sistemi personali, in via residuale abbiamo tracce di caso di questa categoria all’interno
dell’italiano, mentre in latino è una categoria scoperta e sistematica.
Per l’indoeuropeo si ricostruiscono 8 casi: ciascuno ha una sua funzione, un valore
semantico

Ablativo: ruolo di origine con valore locativo di moto da luogo con verbi di movimento.
In termini di origine non è solo legato al valore locativo perché dobbiamo fare riferimento ad
un'origine localistica dei casi sul piano semantico; non è facile specificare la specificità
semantica dei casi, ma nelle lingue indoeuropee antiche possiamo trovare traccia di un
valore semantico originario, di tipo concreto. Dalle informazioni che possiamo recuperare ci
sono tracce che ci fanno intendere che l’origine sul piano semantico del valore di questi casi
era un’origine concreta, localistica, spaziale da cui sarebbero derivate altre funzioni.
Es Romam ire (andare a Roma) con la marca am si indica l’accusativo, e ha il ruolo della
direzione, valore allativo (di moto a luogo) con verbo di moto. In origine si aveva un valore
localistico, da cui si sono specializzate altre funzione.
Ablativo rispetto all’allativo, l’ablativo ha origine dal il moto da luogo da cui si specializzano
altre diverse funzioni.

Lo vediamo anche nelle lingue moderne come il turco che ha tre casi con valore localistico.
è una lingua fusiva, corrispondenza biunivoca tra morfo e morfema

de indica stato in luogo, den via da terra, valore di moto da luogo.

Interazione fra morfologia e sintassi in termini tipologici: mettere a fuoco l’interazione che c’è
tra tipo linguistico sintattico SOV e SVO, e la presenza/assenza di caso.
Latino SOV presenza di caso vs Italiano SVO assenza di caso
(SOV-SVO tipo sintattico mentre presenza/assenza di caso è tipo morfologico)
Tedesco esistono i casi, ha tipologia SOV nelle subordinate, l’ordine delle principali è SVO.

In termini di universali possiamo vedere l’universale numero 41 che afferma :

è universale implicazionale, non indica solo la presenza di un parametro ma appunto un


rapporto di implicazione fra due parametri: presenza/assenza di casi e ordine dei costituenti
di base. Per cui mette in relazione l’ordine dei costituenti SOV con la presenza di un sistema
di casi quando è necessario distinguere le funzioni semantiche dei costituenti.

In un ordine SOV rispetto a SVO, S e O sono due elementi nominali: quindi abbiamo nome,
nome verbo e nome, verbo, nome. L’ordine dei costituenti rispetto al sistema di casi
: hanno rapporto di implicazione perché la presenza dei casi indica la funzione degli
elementi nominali in maniera chiara, perché il verbo viene alla fine: ci sono due nominali
consecutivi, e quindi è il caso che assegna le funzioni ai due elementi. Mentre nell’ordine
SVO, abbiamo la possibilità di distinguere le funzioni di soggetto e oggetto, dall’ordine
diverso dei costituenti.
Se una lingua è ricca di affissi, elementi morfologici che indicano il caso o diverse particelle
che indicano la categoria grammaticale, è caratterizzata da un ordine di costituenti libero
perché ci sono marche o elementi lessicali che garantiscono la coesione tra gli elementi e
l’informazione che riguarda le funzioni e i ruoli che questi argomenti ricoprono all’interno
dell’enunciato. Quando vi è. invece, una perdita di marche morfologiche, dal latino
all’italiano, con l’erosione della m finale dell’accusativo, le strutture sintattiche diventano più
rigide perché deve entrare in gioco un ordine più rigido per garantire le informazioni circa le
funzioni che svolgono gli elementi, e le relazioni grammaticali tra gli elementi perché viene
meno l'elemento morfologico che marca le funzioni o ruoli semantici come il caso.

CATEGORIA DI TEMPO
Siamo sul fronte verbale, e insieme ad aspetto, modo e diatesi (voce) sono categorie del
verbo. Il tempo è una categoria universale, quindi tutte le lingue hanno mezzi per indicare il
tempo ed è deittica perché anche questa ha un riferimento contestuale extralinguistico, fuori
dal contesto linguistico, ed è il punto dell’enunciazione, che coincide con il momento in cui
avviene l’enunciato, in cui viene espresso. Si ha, quindi, la localizzazione temporale
dell’evento. Quindi, la categoria di tempo indica la localizzazione temporale degli eventi
espressi dall’enunciato, e questi si localizzano secondo un riferimento che è il punto
dell'enunciazione.
abbiamo due livelli: il punto di enunciazione e un punto di evento. Rispetto a quello
dell’enunciazione, quello dell’evento può essere presente passato o futuro a seconda che
l’evento preceda, coincida, o sia successivo al punto dell’enunciazione.
I sistemi sono più complessi, più sofisticati e permettono al parlante di avere delle
localizzazioni anche all’interno del passato stesso o del futuro, anche con più di un evento,
non solo un evento coincidente nel presente, precedente nel passato o successivo nel futuro
ma anche la possibilità di esprimere due eventi e di collocarli, in punti differenti.

Esempio: abbiamo la possibilità di collocare due elementi passati, uno antecedente al


secondo che è meno antecedente del primo, più recente. Dà maggiore possibilità di
esprimere maggiore complessità al parlante.
Opposizione temporale di base è passato/non passato. Piuttosto che notare le differenze tra
presente, passato e futuro, bisogna notare che l'opposizione principale è questa. Infatti in
molte lingue il futuro ha uno statuto debole a livello morfologico, abbiamo sempre forme
dedicate per il passato, che si oppongono a forme di non passato, ma non abbiamo forme
per il futuro. è possibile usare forme di non passato (il presente) per esprimere anche il
futuro: in italiano, usando la forma di non passato per esprimere il futuro: domani parto.
Oltre a questa possibilità e a questa indicazione, dal punto di vista dei dati linguistici che ci
fanno osservare che possiamo usare forme di non passato per il futuro, vediamo che nelle
lingue che non hanno espressione per il futuro, l’espressione del futuro è perifrastica:
abbiamo il tedesco e l’inglese che rispetto alla forma di passato, con una marca dedicata,
per il futuro usano la forma di non passato o il futuro perifrastico. Un altro esempio è la
forma di latino volgare: amare habeo.

CATEGORIA DI ASPETTO
è una categoria del verbo, non deittica a differenza del tempo, in quanto non è ancorata a
riferimenti esterni, ma indica piuttosto una situazione temporale interna al verbo, ha a che
fare con il modo stesso in cui il verbo descrive il processo, cioè l’azione, che lui stesso
indica, Ha a che fare con una scansione temporale interna all’evento stesso espresso dal
verbo. Possiamo rappresentare un evento come costituito da 3 fasi differenti: una fase
centrale iniziale, centrale e una finale: IST: inizio, sviluppo, termine.
Claudia si innamora; Claudia ama: Claudia trova
3 diversi tipi aspettuali che si determinano sulla base e con riferimento a IST; i tipi aspettuali
si distinguono a seconda che mettano in evidenza l’aspetto incoativo, in evidenza l’inizio
dell’azione, rispetto a un aspetto durativo, e un aspetto risultativo che si focalizza sulla parte
terminale.
L'opposizione aspettuale di base è perfettivo/imperfettivo o perfectum/infectum:
l’imperfettivo ha a che fare con azione imperfettiva, vista come azione incompiuta e priva di
termine, con un effetto di cancellazione di T, intesa come fase terminale della scansione del
processo che il verbo indica. L’azione perfettiva è presa nella sua compiutezza e presentata
nella sua globalità, con la compresenza di parte iniziale, sviluppo, termine.
Un'azione è puntuale quando non ci si sofferma sulla fase di sviluppo, quindi vi è
cancellazione di S, mentre fase iniziale e terminale sono immaginate come coincidenti in un
solo punto.
aoristo: lasciai, è un’azione intesa come perfettiva e in particolare puntale, perché non ci si
sofferma sulla fase di sviluppo, ma l’azione viene presa nella sua globalità e puntualità con
inizio e fine immaginati, visti con una stessa coincidenza in uno stesso punto, senza
intervalli in mezzo.
Alcune lingue grammaticalizzano l’aspetto, attraverso forme dedicate, come nelle lingue
slave, con morfemi dedicati, mentre altre lessicalizzano l’aspetto, non hanno un set di forme
dedicato, ma lo esprimono attraverso mezzi lessicali. Nel caso di un aspetto
grammaticalizzato, possiamo fare riferimento al russo, che marca distinzioni aspettuali tra
perfettivo e imperfettivo, con suffissi e prefissi specifici all’interno della distinzione temporale
tra presente passato e futuro, ciascuna ha un’altra opzione aspettuale specificata da questi
prefissi e suffissi. (prefissi e suffissi riguardano il perfettivo) Alcune lingue esprimono
l’aspetto solo in forma lessicale, abbiamo parlato del suffisso -sco lucesco (v lez prec) che
veicola morfologicamente l’incoativo, che si concentra sull'inizio, mentre se guardiamo
all'italiano, l’aspetto è categoria coperta e abbiamo differenza aspettuale tra durativo e non.
(guardare, vedere).

Potrebbero piacerti anche