Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
In ogni parola troviamo dei morfemi; ad esempio: dentale è composto da dent- (relativo a “organo della masticazione”),
-al- (relativo a) e -e (singolare), quindi composto da tre morfemi, ognuno dei quali è possibile riutilizzarlo in altre parole.
Per scomporre una parola in morfemi è utile confrontarla con altre parole simili per identificare morfemi singoli (prova
di commutazione); il morfema è dunque l'unità minima di prima articolazione, il più piccolo pezzo di significante di una
lingua portatore di un significato proprio, di un valore e una funzione precisi e individuabili.
Il morfo è un morfema inteso come forma prima e indipendente dalla sua analisi funzionale e strutturale. Es: Potremmo
dire non "il morfema del singolare è -e", ma piuttosto "il morfema del singolare è realizzato dal morfo -e".
Allomorfo: è ciascuna delle forme diverse in cui si può presentare uno stesso morfema. Un esempio di allomorfo è il
prefisso negativo in-, che appare in quattro forme diverse in parole come illogico, impossibile, inutile, irreale.
Supplevitismo: fenomeno in cui un morfema lessicale in certe parole derivate viene sostituito da un morfema (e quindi
rappresentato da un morfo) dalla forma totalmente diversa: acqua e idrico, cavallo e equino.
Trascrizione fonematica: Si tratta della rappresentazione grafica dell’analisi in morfemi, tra due parentesi graffe
indicando nella riga sottostante con sigle il loro significato e valore:
3.2.3 Altri tipi di morfemi
Morfemi sostitutivi: morfemi i cui morfi non si possono isolare segmentalmente perché si manifestano con la
sostituzione di un fono con un altro fono. Es: foot e feet, o goose e geese.
Morfema zero (o morfo zero): morfema in cui una distinzione da marcare obbligatoriamente NON viene rappresentata
nel significante: ad esempio i plurali invariabili in lingue in cui c’è la marcatura nel numero come in inglese sheep/sheep.
Il valore PL non è marcato nella forma fonica e viene segnalato appunto dall’assenza di morfi.
Morfema soprasegmentale: morfemi in cui un determinato valore morfologico si manifesta attraverso un tratto
soprasegmentale (posizione dell’accento o tono); es: record ('rɛkɔ:d] "registrazione" e record [rɪ'kɔ:d] "registrare".
I morfemi segmentabili non esauriscono la gamma di modi in cui si manifesta la morfologia; alcuni valori morfologici in
altre lingue vengono affidati a dei processi; ad es: reduplicazione in indonesiano anak "bambino"/anak-anak "bambini".
Morfemi cumulativi: lo stesso morfema esprime simultaneamente due elementi di significato; es; bell+i: [+maschile],
[+plurale] e parla+i: [+ passato], [+1a persona] [+sing].
Amalgama: morfema che è il risultato della fusione di due morfemi ormai non più riconoscibili. Es: -i (art. det. plur.):
morfo dell'articolo deter. l- e quello di plur. -i; prep. nel (in+il).
Scomposizione di socializzabilità:
La trafila derivazionale che porta alla parola socializzare è: socio - sociale - socializzare - socializzabile - socializzabilità.
Vocale tematica: vocale (o morfema vuoto) che può trovarsi aggiunta alla radice per formare il tema. Ad es, in italiano è
la vocale iniziale della desinenza dei verbi ("am-a-re", “am-o”, "tem-e-re", tem-i e "dorm-i-re").
Prefissoidi e suffissoidi: parole o radici di esse che mantengono il loro significato ma non potendo comparire da sole
svolgono nella formazione della parola composta un ruolo simile a quello dei prefissi o dei suffissi. Es: sociologia →
socio- prefissoide che sta per società e rappresenta una radice lessicale (sociologia, sociolinguistica, socioterapia, …); -
logi(-a) è un suffissoide, come -metr(-o) che può essere sia suffissoide (termometro, cronometro) sia prefissoide
(metronomo).
Esso va distinto dalla parola metro (unità di lunghezza). Altri esempi comuni: bio- "vita", eco- "ambiente", pseudo-
"falso", tele- "lontano", semi- "metà", -logia "studio", -fobia "paura", -fero "portatore", ecc.
Il prefissoide “auto”, dal greco autós (sè) che forma le parole autonomia, autocritica e fra le altre automobile, spesso
abbreviata in auto, elemento che ha portato a sua volta a formazioni di altre parole relative all’automobile
(autolavaggio), quindi con significato diverso. In questo caso si tratta di una composizione e non più di una
prefissazione.
Composti
Parole composte: parole che si agganciano tra loro formando un’entità; es: cassaforte, posacenere, asciugamano,
altopiano, lavavetro, ..
Unità lessicali bimembri: sono unità bimembri che ancora non hanno raggiunto il rapporto di fusione delle parole
composte: nave scuola, parola chiave, sedia elettrica.
Unità lessicali plurilessematiche/polilessematiche/plurilessicali: costituite da sintagmi fissi che non corrispondono alla
somma dei significati delle parole componenti ma si comportano come se fossero una parola unica; es: gatto selvatico
(specie felina a sé: Felis silvestris); gatto delle nevi ("mezzo cingolato per muoversi sulla neve"); fare il bucato, ecc
Questa categoria comprende molte classi, tra cui parti che vi hanno valore idiomatico: essere al verde, partire in
quarta, arrampicarsi sui vetri, i verbi sintagmatici andare via, mettere sotto, portare fuori o i binomi coordinati come
sale e pepe, anima e corpo, usa e getta, avanti e indietro.
Sigle o acronimi: lettere iniziali delle parole piene che costituiscono un’entità plurilessimatica: NATO, CGIL, TG, TFR,
SMS.
Parole macedonia: Unione di parole con accorciamento; es: cantautore, ristobar, smog.
- Se presentano una “testa” (costituente che funge da testa è quello che che assegna al composto la propria classe):
- Endocentrici: presentano una testa;
- Esocentrici: non hanno testa (non si può applicare la regola dell’ “è un”: scolapasta: non è un pasta;
bassorilievo: è un rilievo).
- Se le due unità dei composti sono preservate (mozzafiato, camera oscura) sono composti larghi; tragicomico,
biancazzurro sono composti stretti.
- Se i costituenti sono legati da una condizione di modificato/modificatore (es: pescespada, l’elemento spada
rappresenta il modificatore, che determina la testa pesce: “tra tutti i pesci, quello con la testa a spada” oppure
capostazione, il capo di una stazione ferroviaria) vengono detti subordinativi; si dicono coordinativi quelli in cui
non sussiste una relazione modificato/modificatore, piuttosto una di tipo copulativo come in sordomuto, “sordo e
muto”.
Processo di suffissazione
Più importante e produttivo dei procedimenti di formazione di parola. I suffissi derivazionali più comuni sono quelli che:
- formano nomi di azione o processi: -zion- (+-azion-, -izion-, -uzion-, ecc.) e -ment- (+-iment-, -ument-, ecc.);
- formano nomi di mestiere: -ier-, -a(r)i- e -tor- come barbiere, fornaio, giocatore
- formano nomi astratti con base aggettivale: abilità;
- formano aggettivi a partire da verbi o nomi: -abil- (e allomorfi), -os-, -al-, -an-, -evo[-, -es-, -ic-, -ist-
- formano verbi a partire nomi o aggettivi: -izz
- formano avverbi a partire da aggettivi: -mente (e allomorfi)
Processo di prefissazione
Il processo di prefissazione non muta la classe grammaticale di appartenenza della parola. (Come nel caso del processo
di suffissazione, ad es: noia + -os = noioso). I prefissi più comuni sono:
- negazione:
- in- (con allomorfi causati dall’adattamento fonetico della consonante nasale di in con la consonante
iniziale della parola a cui viene unito il prefisso, es: in + legale = illegale)
- s- (es: sleale)
- dis-
- verso: ad- (con allomorfi)
- insieme: con- (con allomorfi)
- senza: a-
- nuovo: ri-
- anteriorità/contro: anti-
Processo di alterazione
Con i suffissi alterativi si creano parole che aggiungono al significato un valore valutativo, che può essere:
- Diminutivo: gattino, finestrella, affaruccio
- Accrescitivo: tipicamente -on, donnone, librone
- Peggiorativo: tipicamente -azz-, -acc-, -icchi- per i verbi, amorazzo, robaccia
Verbi parasintetici
I verbi parasintetici sono verbi che si formano a partire da un sostantivo o da un aggettivo, combinando
simultaneamente alcuni prefissi e il suffisso verbale in -are o -ire.
I prefissi possono essere:
- a-, che indica un’azione o un cambiamento di condizione → a + latt(e) + are ▶ allattare
- de-, di-, dis- con valore negativo e sottrattivo → de + tass(a) + are ▶ detassare
- in-, che indica un’azione → in + aspr(o) + ire ▶ inasprire
- s-, con valore intensivo o privativo → s + vi(a) + are ▶ sviare
- tra- (e le varianti più letterarie tras-, trans-), che indica un passaggio → tra + vas(o) + are ▶ travasare
Conversione
È un meccanismo di derivazione, nel quale quando siamo in presenza di coppie di parole (verbo + nome o aggettivo) con
la stessa radice lessicale ed entrambi privi di suffisso, non è possibile stabilire quale sia la parola primitiva e quale la
parola derivata: lavoro, lavorare; stanco, stancare; fiore, fiorire.
Tuttavia, quando la coppia è costituita da un verbo e da un nome è spesso da assumere che la base sia il verbo, in
quanto il nome designa l'atto indicato dal verbo.
Quando la coppia è costituita da verbo + aggettivo il termine primitivo è l’aggettivo.
Parti nominali
Verbo
Il verbo è la parte del discorso dell’italiano che presenta una maggiore ricchezza flessiva; la flessione dei verbi si articola
secondo cinque categorie:
- Persona: indica chi compie l'azione o più in generale collega la forma verbale al suo soggetto
- Diatesi: esprime il rapporto in cui viene rappresentata l'azione rispetto rispetto al soggetto
- Tempo: colloca nel tempo assoluto e relativo quanto viene detto
- Modo: esprime modalità nella quale il parlante si pone nei confronti del contenuto nella frase: per es. indicativo,
mangio (modo che indica certezza), vs. condizionale, mangerei (modo che indica incertezza, supposizione, ecc.)
- Aspetto: maniera in cui vengono osservati e presentati in relazione al loro svolgimento l'azione o l’evento
La differenza tra tempo e aspetto è che il primo localizza l’evento espresso dal verbo nel tempo, l’aspetto invece
considera l’evento non sul piano temporale ma rispetto al modo in cui l’evento viene osservato dal parlante.
Funzioni sintattiche: riguardano il ruolo sintattico (e non semantico) che i sintagmi svolgono nella struttura della frase.
Esse sono soggetto, oggetto (diretto e indiretto) e i vari complementi.
Flessione inerente: i tratti flessivi di una frase sono interni all’attualizzazione di un elemento nel discorso (es: il numero
dei nomi o il tempo dei verbi)
Flessione contestuale: i tratti flessivi dipendono dal contesto (una bella torta; la torta è buona; i libri sono cari).
Marcatura di accordo: prevede che tutti gli elementi suscettibili di flessione all'interno di una frase prendano i morfemi
congruenti per le quali è marcato l'elemento a cui si riferiscono (es: la torta è buona; i libri sono cari).