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IL LESSICO

Per lessico si intende: “l’insieme delle parole che fanno parte di una lingua e che la compongono”. Non confondere
mai il lessico con il dizionario. Il lessico, per trovarlo in una lingua, dovremmo avere lo specchio delle parole che
appartengono e che fanno parte della testa di ogni parlante in una comunità, e sarebbe impossibile riconoscere ogni
lessico di ogni comunità parlante. Il dizionario invece è la rappresentazione o anche descrizione del lessico di una
lingua. Il dizionario non contiene diminutivi o accrescitivi e simili, a meno che non abbiano avuto una loro reale
lessicalizzazione, non ci sono nemmeno tutti i paradigmi verbali (elenca soltanto l’infinito).

Nel lessico di una lingua le parole si organizzano per base di derivazione:

Libro  Libraio  Libreria  Libretto ecc.

Oppure si organizzano per campi semantici:

Viola RossoGiallo Verde ecc.  CAMPO SEMANTICO DEI COLORI

Tulipano – Girasole – Primula = Campo semantico dei fiori, termini che condividono la stessa categoria
d’appartenenza.

All’interno del dizionario vengono organizzate in ordine alfabetico, o in sezioni se parliamo di dizionari tematici 
dizionario dell’agricoltura la sezione delle graminacee ecc. Ovviamente, nessun parlante possiede tutto il lessico
della lingua. C’è chi possiede archivi più ampi e chi meno. Più è ampio il territorio lessicale che dominiamo, più alto è
il nostro livello. Alla distinzione tra lessico e dizionario corrisponde anche la distinzione tra lessicologia e
lessicografia:

- La lessicologia studia il modo in cui le parole si relazionano tra loro, il modo in cui si sviluppano campi semantici
e come si formano le parole;
- La lessicografia è quella in cui si attenuano numerose tecniche che discendono dalla lessicologia, che devono
rispettare certi canoni;

Esse hanno non solo il loro centro di studio su queste azioni ma anche sul campo del significato e proprio per questo
distinguiamo tra:

- Il significante è la forma fonica-acustica, cioè un insieme di fonemi che messi insieme rappresentano quella
parola;
- Il significato invece è il referente, il concetto, quel qualcosa di esterno a cui facciamo riferimento;

Il loro rapporto è arbitrario, nel senso che non c’è una vera ragione che abbia senso d’esistere al fatto che
indichiamo un telecomando con l’articolo maschile, nonostante sia un oggetto, ma sicuramente potremmo pensare
che ci sia stato un momento originario in cui i parlanti hanno deciso di lanciare una nuova parola con un suo proprio
significato, che tanto potrebbe essere cambiato.

Gran parte delle parole che usiamo rinvia ad un qualcosa ma non tutte hanno un significato pieno, quindi
distinguiamo:

- Parole lessicali o contenuto  sono quelle parole che indicano un concetto pieno o ci rinviano ad un oggetto
ben specifico (significato lessicale);
- Parole grammaticali o funzione  sono quelle parole che invece di trasmetterci un significato pieno, svolgono
una qualche funzione che può essere di legame, di esplicitazione, di determinazione lieve (gli articoli e le
preposizioni) (significato grammaticale);

Le parole contenuto sono essenziali alla comprensione di un enunciato o di un testo, se dalla frase seguente
eliminassimo le parole contenuto non ne capiremmo nulla:

“Alle otto di mattina vado a lavoro in autobus”


Se io elimino le parole contenuto evidenziate in grassetto, non capirò nulla di ciò che mi viene comunicato,
rimarrebbero delle particelle che lasciate così non hanno un loro significato, queste ultime però, sono
complementari alla scansione del significato perché anche senza di esse non avremmo la capacità di comprendere
perfettamente.

Il significato ha nel lessico una funzione rilevantissima proprio perché possiamo dire che esiste una parola nuova e
che c’è stata una lessicalizzazione quando effettivamente una qualche forma si è unita ad un significato. Il significato
ci fa capire se effettivamente la parola sia entrata, così come accade per le particelle – ne - ci - vi – (volerci) che si
sono lessicalizzate grazie all'unione con altre parole, questi si chiamano fenomeni di lessicalizzazione.

I fenomeni di grammaticalizzazione indicano il processo contrario. Ad esempio potremmo indicare che il suffisso
MENTE (lenta-MENTE), che noi utilizziamo frequentemente per descrivere la modalità di una predicazione.

Il significato è quindi un elemento portante della storia, della vita e funzione delle parole e la comunità parlante
esercita poi il suo pensiero sull’uso delle parole con il loro significato, distinguiamo due tipi:

- Significato denotativo  è il più comune e diffuso, fa parte della nostra conoscenza della lingua, per cui se
diciamo la parola “cane” tutti quanti riconduciamo quella parola d'un prototipo di essere, c’è un referente
comune a tutti. Se lo uso poi in senso metaforico, “recita da cani” ad esempio, è chiaro che non ha più un
significato che accomuna tutti, si aggiunge una qualche sfumatura, in questo caso metaforica e negativa;
- Significato connotativo  è la connotazione che consiste nelle sfumature particolari che non tutta quanta la
comunità, ma una parte di essa attribuisce ad un qualcosa. La connotazione può essere positiva o negativa e
diffuse non universalmente;

In base al significato, le parole costruiscono altre relazioni di significato, che si distinguono fra:

- Relazioni verticali = c’è sempre una parola sovraordinata il cui significato ne include altri, una sorta di
relazione gerarchica;
- Relazioni di orizzontali o equivalenza= quando una parola e l’altra condividono un significato, sono quindi
sullo stesso piano;
- Relazioni di opposizione = si contrastano per il loro significato;
- Relazioni di significato = che non riconduciamo a nessuna di queste categorie, come dormire e russare,
appartengo alla stessa sfera semantica ma non sono in rapporto di inclusione, non sono né equivalenti e né in
contrasto. DORMIRE- RUSSARE appartengono allo stesso campo semantico, pero non sono in un rapporto di
inclusione perché dormire non include necessariamente russare.

Abbiamo inoltre le parole polisemiche che possono costruire relazioni di significato, in base al contesto a cui
appartengono, hanno molti significati e quindi se prendiamo l’aggettivo ACCESO possiamo riferirlo anche ad un
colore, ma avrà una relazione di opposizione con SPENTO. Ma possiamo concepirlo anche opposto rispetto a
SBIADITO, oppure rispetto ad una discussione che potrebbe essere accesa o pacata e quindi in base all’ambito
semantico costruisce relazione di opposizione con altri aggettivi. All’interno di ognuna di queste categorie troviamo
specifiche relazioni:

- Tra i rapporti verticali abbiamo IPERONIMIA ed IPONIMIA  le prime sono parole che hanno un significato
molto ampio o anche generico, come fiore, che include all’interno del suo significato tanti altri significati
(iponimi) come rosa, giglio, tulipano ecc., e diventa quindi iperonimo di giglio, tulipano che ne sono iponimi. I
rapporti verticali quindi sono rapporti di inclusione cioè c’è un significato che ne include altri.
Es: Gondola e motoscafo sono iponimi di imbarcazione (iperonimo)

Fanno parte delle relazioni verticali anche OLONIMIA e MERONIMIA  Il primo indica un insieme di elementi, per
esempio mano è olonimo di dito, oppure fiore è olonimo di petalo; a loro volta dito e petalo sono meronimi di mano
e fiore.

La differenza tra i due tipi sta nel fatto che l’iponimo non è parte dell’iperonimo (aereo e automobile sono iponimi di
veicolo), mentre il meronimo è una parte dell’oggetto indicato dal lessema a lui sovraordinato (lo sportello è una
parte dell’automobile)
- Le relazioni orizzontali dobbiamo ricordare la SINONIMIA  come pietra  sasso. Ma non è sempre vero, c’è
una qualche sfumatura che non sempre rende possibilità la sostituzione di quella parola, così come
nell’espressione CADERE IN POVERTA’ che non esiste rispetto a CADERE IN MISERIA. Ci sono poi parole che
diventano sinonimi di parole ma solo in alcuni contesti, come “IL BIGLIETTO DA 20 “che può essere sostituito con
“BANCONOTA DA 20 EURO”. Ma “biglietto del treno” non viene sostituito sempre da” banconota” quindi sono
sinonimi in un contesto ma non sempre e quindi la definizione è “i sinonimi sono significanti che hanno
significato uguale in almeno un contesto”.
- Le relazioni di opposizione sono rappresentate dall’ANTINOMIA gli antonimi sono le parole di significato
opposto freddo/caldo morto/vivo. Gli antonimi possono essere graduabili e non graduabili, tra i primi prendiamo
freddo/caldo: freddo non implica necessariamente il contrario di caldo (perché possiamo avere: abbastanza
caldo, più caldo, molto caldo). Nella coppia vivo/morto, non può esserci gradualità, fatta eccezione per alcune
espressioni idiomatiche come più morto che vivo, perché il non morto non può essere che vivo;

Tutto quello di cui abbiamo parlato dobbiamo capirlo attraverso i dizionari. La tradizione lessicografica italiana è
molto antica, perché incomincia con l’accademia della crusca che nasce nella fine del 500. (CONTINUA
NELL’APPROFONDIMENTO)

Ci sono diversi tipi di dizionario ad oggi: esistono dizionari storici, etimologici e dell’uso.

- Il dizionario storico è un dizionario che oltre a dare il significato della parola ci consente di capire il modo in
cui è stata usata quella parola nel tempo, per cui si incomincia a vedere come è stata operata dai più antichi
autori e con i suoi esempi che vengono tratti da questi testi riusciamo a capire le sfumature di significato e se
termine ha cambiato significato si danno tutti gli altri esempi (dizionario della lingua Italiana sul sito della
Crusca);
- I dizionari etimologici e dell’uso sono quei dizionari che aiutano a comprendere la nascita di quel vocabolo e
la sua derivazione, insieme ai dizionari dell’uso che spiegano quali sono i processi per il quale si utilizzano
determinate voci e i casi in cui esse si lessicalizzano o formano nuove espressioni significative per la
comunicazione orale e scritta.

QUALI SONO LE COMPONENTI DELLA LINGUA ITALIANA?

Prima di tutto la componente latina, alla quale si deve la gran parte delle parole italiane. Poi ci sono stati ingressi di
parole da altre lingue. Sulla base di questi patrimoni lessicali formiamo, altre parole che hanno, a volte il potere di
affermarsi ed altre volte non resistono. La nostra lingua ha continuato il latino adoperato comunemente, e non
quello scritto ed eloquente. La parola ''casa'', per esempio, non deriva certamente da domus. Ricorriamo a domus,
piuttosto, con il termine domicilio (un termine, quindi, molto più alto). Le testimonianze della derivazione delle
nostre parole dal latino di uso comune, dal latino vivo, sono tante.

Alcune parole hanno avuto una continuità ininterrotta, cioè sono state sempre usate nel parlato e nella
comunicazione quotidiana e hanno per questo subito modificazioni fonetiche evidenti. Queste sono le parole che
chiamiamo di trafila popolare. Poi ci sono parole che abbiamo ripreso dal latino in un secondo momento, parole di
persone colte, religiosi, chi scriveva testi di alta comunicazione che non avuto “tempo” di subire modifiche fonetiche
e queste sono le parole che chiamiamo di trafila colta o cultismi o latinismi.

Es. OC(U)LU(M) per una serie di trasformazioni abbiamo avuto occhio /’ɔkkjio/ e foneticamente c’è una bella
differenza (parola di trafila popolare).

Se pensiamo invece a oculista la vicinanza fonetica con OCULUM è molto più ampia, anche oculare. Si tratta dunque
di parole di trafila colta, sono cultismi o latinismi. Allo stesso modo FLOREM fiore (trafila popolare) e floreale (più
vicino al suono latino, quindi cultismo).

Ciò che ci dice che una parola è un cultismo o una parola di trafila popolare è SOLO l’aspetto fonetico. La parola
più distante dalla fonetica latina è colta; quella che ha una vicinanza in più alla fonetica latina sono cultismi.

A volte abbiamo parole che derivano dalla stessa base latina ma che hanno significati e forme diverse.
• Angoscia, cambiamento fonetico più
forte (trafila popolare)
ANGUSTIAM • Angustia, rimane più vicina alla pronuncia
latina (trafila colta, cultismo)

• Vezzo, un atteggiamento (trafila popolare)


VITIUM
• Vizio, uno dei peccati capitali (cultismo)

PLEBEM • Pieve, parrocchia (trafila popolare)


• Plebe (cultismo)
• Desco, tavola imbandita dove si mangia di
DISCUM forma rotonda (trafila popolare)
• Disco (cultismo)
PENSIONEM • Pigione (trafila popolare)
• Pensione (cultismo)

Parliamo di allotropi, parole con forme diverse con significato diverso che derivano da una stessa base latina.
Ovviamente da queste parole abbiamo avuto modo di formare altre. In che modo si sono formate? In che modo
continuiamo a formare neologismi? Attraverso due sistemi distinti che sono:

1. Endogeno, che riguarda le trasformazioni interne della lingua, che forma parole nuove attraverso la derivazione e
la composizione;
2. Esogeno, riguarda quei termini che, entrati fin dal medioevo, continuano ad arrivare ai dialetti, o da altre lingue
come prestiti;

La DERIVAZIONE consiste nell’aggiunta a una base lessicale di un affisso (prefissi, suffissi, interfissi).

Es. s-caduto. Con l’aggiunta del prefisso abbiamo una parola nuova (perché ha un significato diverso).

La stessa cosa con in-deciso; tavol-ata; decis-ione

Cantare  con l’aggiunta di un interfisso diventa canticchiare

Perché interfissi? Perché il suffisso dell’infinto –are è considerato sia morfema grammaticale sia morfema
derivazionale. Grammaticale perché indica la voce di un verbo. Derivazionale perché serve a formare i verbi. Per
formare un verbo aggiungiamo il morfema dell’infinito e ormai viene adoperato solo il morfema –are (cliccare,
scannerizzare, mandare). Le altre coniugazioni (-ere, -ire) sono diventante poco funzionali.

I suffissi e prefissi sono derivati dal Latino:


- Notarium Notaio
- Abilem  Ibilem  sensibile ecc
- Tramite il francese invece i suffissi in –iere, -iero  cavaliere, destriero

Differenza prefissi e suffissi

I suffissi hanno anche la possibilità di far passare il termine che stanno trasformando da una categoria grammaticale
ad un’altra:

- Decis-ion-e è un deaggettivale cioè deriva da una base aggettivale. Da deciso però siamo passati, con
decisione, ad un sostantivo.
Se a deciso aggiungo un prefisso, in-deciso, rimane sempre un aggettivo, quindi mentre i suffissi non solo formano
parole nuove ma le trasformano anche in funzione grammaticale (transcategorizzazione  passaggio da una classe
grammaticale all’altra), i prefissi non lo fanno.
Con i suffissi possiamo anche continuare a derivare parole, aggiungendo suffissi ad altri suffissi:
- Da socio + suffisso = SOCI-ALE (con transcategorizzazione da sostantivo ad aggettivo). Se
aggiungiamo ancora avremo SOCI-AL-IZZ-ARE  SOCI-ALIZZAZIONE. Al suffisso che c’era abbiamo aggiunto
un suffisso. In alcuni, non moltissimi casi, non formano sempre parole ritornando alla radice primordiale ma
aggiungendo sempre nuovi suffissi (derivazione A CUMULO o ricorsività, è una derivazione lineare tipico
delle lingue neo-latine. Non è frequente come la derivazione ma è possibile ed esistente).
- A VENTAGLIO, in cui ogni suffisso di un gruppo di parole (o una famiglia di parole) ha in
comune la stessa base:

LAVORO = lavorare, lavorazione, lavoratore, lavoratrice


La possibilità di formare parole nuove con aggiunta di affissi, ci dà anche il modo di formare dei verbi ricavati
perlopiù da aggettivi con l’aggiunta temporanea di un affisso:
- BELLO =A + Bell + ire  abbiamo ottenuto un verbo nuovo dalla base di un aggettivo
- COPPIA= A+CCOPPIA+RE  abbiamo ottenuto un verbo da un sostantivo Questo metodo è antico, utilizzato
anche da Dante, è un procedimento in cui indichiamo queste formazioni di verbi PARASINTETICI.

Sono in aumento, sostantivi che si ottengono senza l’aggiunta di affissi, e parliamo di sostantivi da basi deverbali o
denominali (in base alla forma originale da cui si deriva la nuova parola):
- SUFFISSO 0: VERIFICARE VERIFICA / ARRESTARE  ARRESTO. A volte eccessivi nel linguaggio
burocratico.

- CONVERSIONI (senza affissi e sono forme che avevano una forma e funzione grammaticale diversa, che
diventa stabilmente una parola nuova) cantante (sola funzione di participio presente)  oggi è sostantivo 
il/la cantante.

- RETROFORMAZIONE, guardiamo ad una parola e pensiamo che dietro essa ci sia una forma: CANDIDARE
(non esisteva come verbo) esisteva però la forma CANDITATO. CANDIDATO veniva però da CANDIDUS.

I suffissi tendono a specializzarsi, come:


- -OSO piov-oso ; fang-oso;
- -AIO, tende a formare soprattutto nomi di mestiere not-aio – benzin-aio (non è sempre così. Infatti
poll-aio non indica un mestiere
I suffissi hanno una capacità più duttile rispetto ai prefissi, sono più produttivi, formiamo infatti anche gli alterati, che
non sono parole nuove ma sono sfumature diverse di significato che diamo ad una parola. È tipico dell’Italiano con
l’uso di suffissi, in altre lingue ad esempio:
- Ragazzino  little boy (in inglese) – scatola  scatolone- scatolina

A volte gli alterati danno sfumate emotive, usando suffissi per le dimensioni:

- Tesorino  accenno di affettività in più

O in modo dispregiativo:
- Grassone  tono offensivo

Può capitare che a volte una parola assuma un significato autonomo e stabile:
- calzino (in origine alterato di calza)
- spazzolino (in origine alterato di spazzola)
- libretto (oggi è libretto universitario)
- carrozzina (in origine derivata da carrozza)
Parliamo quindi di lessicalizzazione non tramite aggiunta di affissi, ma con l’aggiunta semantica di un significato.
Avvengono di frequente con i diminutivi ma potrebbero essere di vario genere.

COMPOSIZIONE
Oltre alla derivazione, la formazione delle parole in italiano avviene anche per composizione, e l’arrivo di parole da
altre lingue:
Derivazione e composizione sono endogene, ossia si formano con elementi che si trovano all’interno della
nostra lingua anche se poi alcuni composti sono frutti di prestiti da altre lingue, e anche se alcuni verbi derivano
da basi lessicali non della nostra lingua da cui deriviamo poi parole click  cliccare
La composizione è un processo che consiste nell’unione di due parole per ricavarne una terza con significato
autonomo:
- capostazione / portabagagli / mangiadischi / agrodolce /portaombrelli
Tutte parole autonome che avevano già un significato da sole, ma unendole diventano una di significato univoco. Le
parole composte possono avere numerose formazioni, si possono avere:
- composti verbali:
I. VERBO+NOME= passatempo;
II. VERBO+ VERBO= fuggifuggi, tiremmolla;
III. VERBO+ AVVERBIO= posapiano;
IV. AVVERBIO+ VERBO= benedire;
V. PREPOSIZIONE+ VERBO= sopravvalutare;
- composti nominali presentano varie combinazioni:
I. NOME+ AGGETTIVO= camposanto, palcoscenico;
II. AGGETTIVO+ NOME= gentiluomo;
III. PREPOSIZIONE+ NOME= sottoscala;
IV. NOME+ NOME= cassapanca;
- composti aggettivali  agrodolce
- composti con avverbio + verbo/ avverbio + avverbio benedire/ malvolentieri
Ma esistono composti che non hanno stabilizzato questa unione:
- Croce Rossa (che nonostante sia di significato univoco, non si scrive unita e quindi non è una formazione
univoca) associazione di tipo umanitario

NOMI COMPOSTI CON CAPO-


A  colui che e’ a capo di qualcosa (X e’ a capo di Y)

Il capo stazione  I capistazione


Il capogruppo  I capigruppo

B  UN SOLO CAPO ALL’INTERNO DI UN GRUPPO


Il caporedattore i caporedattori
Il capocuoco  i capocuochi

Nel caso dei femminili, resta invariato e cambia solo genere e numero con l’articolo (es. la/le caposala; la/le
capostazione; la/le caporedattrice/i).

I composti possono essere distinti tra endocentrici ed esocentrici. Un esempio di composto endocentrico è
pescespada in cui l’elemento di cui si parla, il pesce (testa), si trova all’interno del composto stesso, mentre spada, è
modificatore che dà notizie in più sulla forma di queto pesce. Nel composto esocentrico, si fa riferimento a un
elemento che non è rappresentato da nessuna delle due parole del composto, la cui testa non è presente ma va
sottintesa dopobarba si intenderà il profumo da indossare dopo la rasatura (profumo) dopobarba.
Una particolare maniera di ricavare le parole composte è la composizione neoclassica: ARCHEOLOGIA – GEOLOGIA-
nuovo classicismo venuto in un secondo momento, che ha avuto successo tant’e’ vero che si sono coniate parole
composte per oggetti che riguardano la vita quotidiana:

- Il semaforo – “portatore di segni” sema  simbolo – foro  segnalazione - Telefono = tele  da lontano –
fono suono
In effetti questo succede perché le parole del latino e del greco che perdono il loro utilizzo, vengano successivamente
percepite come suffissi o prefissi, in questo caso diventano PREFISSOIDI E SUFFISSOIDI:
- Dal prefissoide “tele-” nasce “televisione” telegramma telefono telematico
- dal prefissoide “auto” che significa qualcosa che si muove autonomamente nasce “automobile”. Quindi da
parola classica che perde forza semantica, diventa prefissoide o suffissoide che aiuta la composizione di
altre parole.
Esiste un altro tipo di unione di parole, in realtà quando parliamo di “parole” spieghiamo spesso il
funzionamento della lingua, ma il termine parola è troppo impreciso, infatti noi distinguiamo tra:

- Lemma  l’entrata di una voce di un dizionario, che ha le sue regole, come abbiamo visto il maschile
singolare per aggettivi con più uscite e per sostantivi che hanno maschile e femminile, l’infinito per i
verbi;
- Lessema  unità minima di una lingua dotata di significato autonomo ed è un’entità astratta;

Mentre il lemma ha una sua concretezza perché lo vediamo materialmente scritto in un dizionario, il
lessema è un’idea della nostra mente, quando pensiamo ad una parola la riconduciamo quasi
automaticamente a qualcos’altro, come da cotto → cuocere.
Una parola può essere anche una parola composta. Si comportano come parole anche insiemi di elementi
che noi adoperiamo non pensando al singolo significato di questi elementi ma ad un significato
complessivo, come ad esempio “ferro da stiro”, “carta di credito”. Sono sintagmi, sono unioni di parole
che si creano nel corso di un enunciato, rimangono però stabilmente connesse nella lingua finendo con
avere un significato unitario. Questo tipo di formazioni vengono dette polirematiche o sintagmi fissi.
POLIREMATICHE proprio perché ci sono più elementi che ci danno delle informazioni. Perché diciamo che
si comportano come se fossero una parola unica? Perché non potrei dire “di credito la carta” e non posso
neppure dire “la carta vecchia di credito”. Non posso intromettere altri elementi.

Ci sono altre possibilità nelle formazioni fisse tramite i verbi  “rendere conto delle spese”, rendere ha
una sua stabilità, potrei dire “rendere adeguatamente conto” quindi tendenzialmente hanno lo stesso
comportamento di un’unità lessicale ma con qualche peculiarità, ovviamente però hanno un significato
unitario. Nel dizionario GRADIT abbiamo visto che alla fine di ogni lemma si forniscono le polirematiche,
cioè quei sintagmi fissi in quei entra stabilmente la parola.

Cosa diversa invece sono le collocazioni, ossia quella tendenza di alcune parole ad accoppiarsi stabilmente
con altre senza formare sintagmi fissi, per esempio --> “Piove a dirotto” per indicare la quantità di questa
pioggia abbiamo bisogno della preposizione <a> e l’aggettivo. Però non forma un sintagma fisso perché lo
interpretiamo come un modo di piovere ma non lo usiamo stabilmente per indicare qualcosa.

È difficile capire da cosa derivi “lacrime di coccodrillo”, ma fanno parte della cultura di una comunità
linguistica. Si parla di fraseologia di una lingua. Fanno parte di ogni lingua e vengono dette frasi
idiomatiche. Il comportamento, dal punto di vista lessicale, è lo stesso dei sintagmi fissi ma non si possono
modificare notevolmente e spesso. Tutto questo riguarda la formazione delle parole, tutto ciò rientra
nella formazione ENDOGENA delle parole.

La formazione esogena è invece quel fenomeno che porta parole in una lingua dall’esterno, da fuori, e
arriva quindi un contributo al lessico di una determinata lingua. La parola “prestito” in effetti, significa
dare qualcosa che si deve poi restituire, ma rende bene l’idea dello scambio linguistico. Lo scambio
linguistico comincia già nel Medioevo con parole che vengono dall’arabo.

Possiamo classificare i prestiti in questo modo:

- prestiti integrali che entrano in una lingua e senza modificare, tutti quelli che derivano dall’inglese ad
esempio “computer” “mouse” “sport” “bar” “film;
- Prestiti adatti cioè adeguati alla nostra lingua, come “dollar”-->” dollaro” in cui abbiamo aggiunto un
morfema grammaticale finale, "beef steak" --> “bistecca”;
- Calchi strutturali o di traduzione con i quali traduciamo una parola composta di un’altra lingua.
“skyscraper” --> “grattacielo”, oppure per indicare una sequenza diversa da quella di base dell’italiano
come “cold war” --> “guerra fredda”. In questi casi abbiamo invertito l’ordine degli elementi originari
traducendo e riportando un ordine che è di base quello dell’italiano (“destra --> sinistra”);
- Calchi semantici --> consistono nell’aggiunta di un significato nuovo ad una parola che già esiste nella
lingua d’arrivo. Nella lingua di partenza ha un significato, nella lingua d’arrivo ne ha un altro. “to
realize” --> ha aggiunto al significato “realizzare” dell’italiano (che talvolta significa “ho realizzato,
ottenuto”) il significato di capire qualcosa, dall’inglese;
- Calchi semantici sinonimici --> stella (come astro celeste) aggiunge a questo significato anche quello
di “stella del cinema” e lo riprende da “star”. In questo caso i termini sono sinonimi in base al
significato ma l’aspetto fonetico è completamente diverso;
- Prestiti di lusso/necessità --> i secondi arrivano insieme con l’oggetto o con la scoperta nuova da una
qualche lingua come canoa, caffè, che deriva dal Turco ed era una bevanda che noi non avevamo. I
primi invece sono quelli che potrebbero anche non essere necessari, sostituiti da una parola Italiana
come babysitter e bambinaia, ma altre volte nella comunicazione per moda, location invece di sede.

Questi atteggiamenti sono sostenuti dai mezzi di comunicazione di massa e dei politici.

Molti termini sono giunti dal Francese:

- Gallicismi --> le parole che sono arrivate dal francese medievale. A proposito di suffissi abbiamo fatto
l’esempio di destriero o cavaliere, conte o marchese, ma anche altri termini come vassallo, come
cameriere (-iere è dal francese);

- Francesismi --> quando la Francia diventa terno delle vicende storiche e culturali dell'Europa, molti
termini della politica come democrazia, eguaglianza, sono giunti a noi tramite il francese. Anche
termini della burocrazia perché con Napoleone si sistemò lo stato secondo le regole amministrative
francesi. Con Napoleone arriva la parola “VACCINO” che risale all’800. Il numero enorme di
francesismi entrati nell’italiano non si avverte perché sono due lingue neolatine e quindi
l’assimilazione è stata piena e totale, così come anche alcuni modi di dire.

Ogni lingua ha avuto un periodo di “lingua veicolare” (lingua che apporta elementi linguistici in un’altra
lingua. Oggi sono molto frequenti gli elementi lessicali legati alla gastronomia, le eccellenze legate alla
cucina regionale come “pizza” o “mozzarella”, così come anche per il lessico della moda e del benessere
fisico.

Dai dialetti ci arrivano molte parole. Tra l’altro molte di queste penetrazioni sono favorite
dall’immigrazione di lavoratori dell'Italia meridionale trasferitisi al nord a partire dal 50. Ogni area ha un
proprio dialetto e questo ha caratterizzato la penisola di un forte plurilinguismo. Un altro fenomeno tipico
è quello dei geosinonimi ossia sinonimi su base geografica e distinti da un’area all’altra, che sono però in
qualche modo riconoscibili dagli Italiani. “Anguria” è un termine centro settentrionale, ma l’italiano
standard ha cocomero, mentre nell'Italia meridionale abbiamo melone.

Tutto questo costituisce la ricchezza del nostro lessico e non dobbiamo quindi temere i dialetti perché
sono una forma di vivacità della nostra lingua.

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