MORFOLOGIA
5.1 INTRODUZIONE
La morfologia (teoria della forma delle parole) si occupa della struttura interna delle
parole e della varietà di forme che esse assumono
Le modificazioni formali si distinguono in:
DERIVAZIONE > consideriamo gli esempi “fare” > “contraffare” serve a dar
luogo a nuove parole, partendo dalla base e possono anche far parte di
categorie diverse dalla parola-base.
FLESSIONE > consideriamo gli esempi “fare” > “faccio” serve a dar luogo a
nuove forme della stessa parola
COMPOSIZIONE > consideriamo gli esempi “capostazione” “porta-finestra”
serve a dar luogo a una nuova parola attraverso l’unione di 2 o più parole.
5.2 MORFEMI
La morfologia analizza le parole per identificare gli elementi che la compongono e la
struttura che esse formano.
Scomponendo le parole si ottengono le unità minime della morfologia denominate
MORFEMI > ossia unità linguistiche minime dotate di significato.
Prendendo in esame le parole italiane “cortese” e “scortese” e le parole inglesi
“stable” e “unstable” ci rendiamo conto che ci sono SEGMENTI che modificano il
significato delle parole, e che hanno significato di per sé (in italiano la “s” e in
inglese “un” indicano negazione).
Queste unità sono morfemi, unità minime munite di un significante e un significato.
Il procedimento che permette di identificare i morfemi è detto segmentazione, e
consiste nello scomporre in segmenti successivi la catena sintagmatica. Se ogni
parola viene scomposta senza lasciare residui, per quanto riguarda la determinazione
dei confini dei morfemi, e la specificazione del significato di ogni morfema, si dice
che sono determinati rispetto alla segmentazione.
La segmentazione rende chiaro come le lingue
preferiscono riusare materiali già disponibili, piuttosto che crearne di nuovi
che i morfemi tendono ad essere fonologicamente stabili. Ciò non toglie
tuttavia che in diversi casi non possano avere diversi gradi di variabilità
fonologica.
5.2.2 METODO DELL’ANALISI MORFOLOGICA
La segmentazione si serve della procedura di comparazione a coppie.
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Un corpus di due parole “battere” “imbattibile” aggiungendo anche una sola parola a
questo corpus “imbattibili”, la lista dei presunti morfemi “batt- im- -ibile -ere” può
modificarsi > batt- im- ibil- -i -e -ere”
Continuando ad aggiungere parole la lista crescerà ancora, noteremo che alcuni
morfemi che sembravano unici vanno ulteriormente analizzati e danno luogo a due o
più morfemi nuovi.
5.2.3 DIFFICOLTA’
Benché l'identificazione del significante sia per lo più chiara, quella del significato,
non è sempre agevole -> basti pensare alla parola “migliore”; è quasi impossibile
determinarla dal punto di vista della segmentazione, considerando anche che la “e”
finale, agglomera in sé i significati “maschile/femminile”; questo è il caso in cui più
significati sono amalgamati o condensati nel medesimo significante.
5.3 MORFEMI LESSICALI E GRAMMATICALI
I morfemi si distinguono in:
1. Morfemi lessicali: esprimono un significato pieno e lessicale -> classe aperta
(possono essere aggiunti nuovi elementi)
2. Morfemi grammaticali: esprimono un significato grammaticale -> classe
chiusa (non è possibile aggiungere nuovi elementi)
Nelle lingue europee essi non si mescolano sull'asse sintagmatico, l’ordine in italiano
ad esempio è morfo lessicale + morfo grammaticale. “can-e” “bell-o”
Un'organizzazione morfologica di questo tipo è detta concatenativa., perché i
morfemi delle due classi si combinano tra loro occupando posizioni successive
Altre lingue, come le lingue semitiche hanno un meccanismo diverso, in cui morfemi
delle classi non si combinano in successione, ma innestandosi uni negli altri ->
Configurazione a pettine -> morfemi elastici = gli elementi che li compongono
possono essere divaricati linearmente senza che il morfema cessi di esistere
GUARDA ESEMPI
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Nelle lingue esistono parole che non si prestano ad alcuna segmentazione; è il caso di
“è”. Le parole quindi, in quanto sequenze di segmenti fonologici, si scompongono in
entità lineari denominate MORFI, costituiti da elementi fonologici. I morfemi,
invece, sono costituiti da significati.
Il morfo, in linguistica, è un'entità fonologica lineare che rappresenta
il significante di un morfema, ossia la forma concreta che assume un morfema.
Mentre il morfema è un'unità di significato, la cui consistenza può essere astratta e
non espressa materialmente (quindi percepibile per vie diverse da quella sensoriale),
il morfo è parte di una concreta realizzazione verbale ed è quindi composto da
materiale fonologico.
La parola “è” quindi è costituita da un solo morfo, il quale codifica più morfemi
(essere, presente indicativo, terza persona singolare). Chiamiamo pacchetto
morfemico l’insieme dei significati espressi dal morfo e stabiliamo che uno stesso
pacchetto morfemico può trovare espressione in uno o più morfi.
PROBLEMI
Ci possono però essere dei problemi che questa distinzione tra morfo e morfema, non
può risolvere:
Se consideriamo gli esempi “ri-tenere” “ri-fare” notiamo che il morfo ri- è
uguale in entrambe le parole ma nella prima significa “nuovamente” nella
seconda non indica nulla di preciso.
Esistenza dei morfi cranberry: il primo morfo non si trova né da solo né in
combinazioni diverse da quelle citate
5.5. ALLOMORFIA E SUPPLETIVISMO
Ci sono casi in cui uno stesso morfema viene rappresentato da diversi morfi a: in
italiano, ad esempio, il morfo “in-“che rappresenta una negazione si modifica a
seconda della parola che segue (si assimila alla consonante che lo segue) “immaturo”,
irresponsabile .
Dunque tale morfema assume anche le forme “imm-“, “irr-“ eccetera. Tutte queste
forme si dicono ALLOMORFI e il fenomeno degli allomorfi si dice
ALLOMORFIA o ALLOMORFISMO. si presenta in una vasta varietà di forme;
un caso estremo di allomorfia è rappresentato dal SUPPLETIVISMO, che si ha
quando nella flessione di una parola, a un morfo di base si collega un altro morfo che
non ha fonologicamente nulla in comune col primo. -> “essere -> stato” e “andare ->
andato”.
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5.6 PAROLE
La nozione di PAROLA è difficile da definirsi ed è anche molto legata alla lingua
specifica cui ci si riferisce
l’uomo occidentale, abituato alla pratica della scrittura, ha una concezione della
parola puramente grafica PAROLA = porzione di scrittura che sta tra due spazi
bianchi ma prendendo in esame “telegrafandoglielo” ci rendiamo conto che in realtà
non è così, poiché questa “parola” è composta da 3 parole o morfi “telegrafando” +
“glie” + “lo” che possono trovarsi anche da sole.
Ci sono parole, poi, che compaiono solo in determinate figure lessicali come ad
esempio “mettere a repentaglio” (la parola repentaglio non esiste se non è in questo
enunciato). Queste, non possono essere definite perciò parole.
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Possono accettare l’intrusione di altre parole (ho messo immediatamente in moto
la macchina)
Non accettano l’inversione dei componenti (in moto mettere)
Rispettano la condizione di isolabilità (l’unica)
Condizione di non sostituibilità del tutto con la parte (mettere in moto non può
essere sostituita da una sola delle tre parole)
5.7. MORFI LIBERI E LEGATI; RADICI E AFFISSI
Dal punto di vista della combinabilità, i morfi vengono divisi in:
Morfi liberi: “ieri”, “oggi”, “no” ... un morfo può comparire da solo e
costituire di per sé una parola
Morfi legati: “ini”, “s” … un morfo non può comparire da solo, ma solo in
combinazione con altri morfi
In base alla loro natura, i morfi possono essere suddivisi in:
Radici -> morfi lessicali
Affissi -> morfi grammaticali; gli affissi possono comparire in posizione
diversa rispetto alla radice:
Prefissi (a sinistra della radice)
Infissi (dentro alla radice)
Suffissi (a destra della radice)
Vi sono lingue in cui, in particolare tra i verbi, nel morfo lessicale si ravvisano due
morfi minori: la radice propriamente detta e la vocale tematica. L’insieme dei due si
dice tema (es.: “amare” -> am (radice) - a ( vocale tematica) – re (suffisso
dell’infinito).
L’italiano utilizza tutti i tipi di affissi. Altre lingue no, esistono inoltre gli affissi a
pettine.
5.9.4 Sandhi
I processi accennati possono essere complicati da un ulteriore processo, il SANDHI (
termine indiano che indica fusione/connessione), ossia un processo di assimilazione,
che opera in corrispondenza di confini di morfo e di parola, modificando i segmenti
fonologici ai 2 lati del confine;
un tipico esempio di sandhi è la liasion francese > la s finale di parola viene
pronunciata quando la parola che segue inizia per vocale “les amis”
I disturbi che colpiscono i confini di morfo, danno luogo ai fenomeni di rianalisi. >
un esempio tipico si ha nella fusione, per cui gli utenti non sono più in grado di
leggere un confine e finiscono per fondere più morfi in uno es: morfo inglese -dom
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(originariamente un nome > stato o dominio) in freedom nessuno percepisce il
confine.
5.9.5 conversione
La CONVERSIONE è il processo per cui una parola appartenente ad una categoria,
viene convertita in un’altra categoria senza che nulla delle sue proprietà fonologiche
o morfologiche cambi.
Es: “bere”verbo -> “il bere”nome e “vecchio aggettivo -> “il vecchio”nome
5.10 REGOLE MORFOLOGICHE
I processi morfologici possono essere rappresentati mediante delle REGOLE
MORFOLOGICHE, ossia notazioni che rendono espliciti i processi messi in atto.
SUFFISSAZIONE > prevede un’aggiunta morfologica a destra della radice
che fa si che la base iniziale, appartenente alla categoria lessicale x [ per
esempio “nomi”], produce una parola che può appartenere ad una categoria
lessicale diversa da x, cioè y es: nazione nome < nazionale agg.
PREFISSAZIONE > prevede un’aggiunta a sinistra della radice che genera
una parola che appartiene alla stessa categoria lessicale es: scrivere <
in+scrivere
Esistono anche le regole di riaggiustamento, tra cui la più ricorrente in italiano è
la regola di cancellazione di vocale (es. rumorosissimamente > rumore + oso =
rumor + -os) e la regola che sostituisce l’occlusiva dentale sorda con [ts] quando
segue il suffisso –ione (es.: descritto / descrizione).
5.11.3 Restrizioni
5.11.4 Lacune
Il gioco delle combinazioni morfologiche opera sulla base di un complesso sistema di
RESTRIZIONI e LACUNE:
Per quanto riguarda le restrizioni > si nota come in inglese, il suffisso degli
avverbi “ly” non si attacca ai nomi; perciò, determinati suffissi si attaccano
solo a determinate basi.
In italiano la parola “casa” ha come derivato la parola “casetta” solo se questa
indica residenza o domicilio; non si puo’ dire “casetta editrice”.
Per quanto riguarda le lacune > Si dicono lacune quelle parole che, nel sistema
morfologico di una lingua sono teoricamente possibili ma inesistenti, come ad
esempio le parole “acchiappa mento” “consegna mento”. All’inverso, ci sono
casi in cui ad una determinata matrice semantica non corrisponde, in una
lingua nessuna parola (es.: in inglese “goer”, non si puo’ tradurre con
“andante” ma con “persona che va”). Le lingue usano diversi metodi per
rimediare alle lacune morfologiche; l’italiano dispone dell’infinito sostantivato
(“il bere” prende il posto dell’inesistente “bevimento”).
5.12 MORFOLOGIA NELL’ENUNCIATO
Le modificazioni morfologiche hanno una funzione essenziale nell’enunciato
offrono un vasto repertorio di segnali di collegamento degli elementi se si
considera la MORFOLOGIA NELL’ENUNCIATO
Se un elemento A dispone del pacchetto morfemico 1,2,3 ed entra in relazione
sintattica con B che possiede un pacchetto morfemico 1,2,3,4,5, A può attivare
alcuni o tutti i morfi di B che sono uguali o diversi da A.
ACCORDO: nell’esempio “una bella casa”, “bella” è concordata con “casa”;
affinché esso avvenga, un elemento che presenta un determinato pacchetto
morfemico, attiva in altri elementi dello stesso enunciato, alcune o tutte le unità
identiche a quelle del pacchetto stesso. L'elemento che proietta il proprio
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pacchetto morfemico è il controllore, mentre quello che lo recepisce è il
controllato.
o Accordo morfologico: “la folla si è dispersa”
o Accordo semantico: “sono arrivati una folla di ragazzi”
o Accordo con la realtà: “prendiamo questo”
REGGENZA: La reggenza consiste nel fatto che un elemento controllore attiva in
uno o più elementi controllati alcuni morfemi del pacchetto morfemico.
L’elemento controllore regge una determinata forma dell’elemento controllato.
ES: Il verbo inglese help deve essere seguito da un verbo in –ing, mentre per lo
più i sintagmi verbali dipendenti da verbi principali hanno la forma to+ infinito.
La reggenza si presenta dunque in diverse forme. La più diffusa è: un elemento
pieno (V,N o Agg) controlla un altro elemento pieno. Un’altra forma: l’elemento
reggente si collega al controllato attraverso un elemento vuoto(adposizione), che
impone una modificazione del pacchetto morfemico: “listen to me”
Possiamo distinguere una reggenza libera da una obbligatoria. Nella prima
categoria rientrano le reggenze in cui il controllore può occorrere anche in assenza
del controllato: “io sono sensibile” (possiamo dire sensibile anche senza essere
seguito da nulla).
Nella seconda categoria il controllore non può ricorrere se non accompagnato da
un controllato: “fare a meno” necessita di “di+nome” fare a meno del tuo aiuto”
Dal punto di vista morfologico, le lingue si classificano in tipi:
ISOLANTE: riferibile alle lingue che tendono a isolare ciascuna parola,
ovvero a non fornire segnali morfologici delle relazioni reciproche. La parola
tende a essere formata da un solo morfo (morfo lessicale) -> la parola è priva
di struttura interna. Il ruolo delle parole nell’enunciato è segnalato dalla loro
posizione (lingue configurazionali).
o Vietnamita, cinese, inglese (se si considera la parte monosillabica del
suo lessico)
AGGLUTINANTE: tendono ad agglutinare i morfi alle radici; le parole sono
quindi composte da più morfi, ciascuno dei quali porta un solo morfema.
o Turco
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FLESSIVE: le parole costituite da morfi liberi sono relativamente poche e uno
stesso morfo può codificare un complesso pacchetto morfemico. Il morfo
lessicale deve dotarsi di una flessione, ossia un affisso variabile
o Latino, greco, tedesco, russo, lingue neolatine
INTROFLESSIVE: la flessione non ha luogo al margine della parola, ma
nella parte centrale di essa
o ebraico
INCORPORANTI: in una sola parola vengono incorporati nomi e verbi
o Lingue amerind del nord
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