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Linguistica italiana

Sintassi
La sintassi si occupa delle regole relative al collegamento e alle relazioni tra le parole
(quindi tra le categorie grammaticali: nomi, aggettivi, verbi, pronomi, articoli…).
L’analisi sintattica riguarda:
- l’ordine delle parole: *sul messo busta ho mobile la > ho messo la busta sul
mobile (la sequenza grammaticale delle parole è data dalle regole sintattiche
dell’italiano) -> Soggetto - Verbo - Oggetto: questo è l’ordine normale per
l’italiano);
- la forma delle parole determinata dalle funzioni che hanno in un enunciato:
*da; egli / da lui (morfosintassi);
- la concordanza (accordo) morfologica tra le parole (è una relazione per cui la
forma di una parola richiede una corrispondenza forma in un’altra parola: gli
studenti *avete hanno sostenuto l’esame (morfosintassi);*
Sintassi: terminologia dell’analisi per la frase
enunciato: atto comunicativo reale (un’espressione linguistica prodotta oralmente o
per iscritto, compresa tra due stacchi forti, di senso compiuto perché compresa tra due
enunciati-> quando ci riferiamo a una frase appartenente a una comunicazione reale;
una frase, dunque, che consideriamo a livello pragmatico-comunicativo);
frase: sequenza di parole dal punto di vista sintattico (cioè delle regole che
governano le relazioni /#reggenza# e *accordo*/ tra le parole che la compongono).
#reggenza -> legamento sintattico per cui una parola richiede a un’altra parola dopo
di sé di assumere una particolare forma morfologica -> mi fido di te.
proposizione (frase): in riferimento al contenuto semantico della frase
Sintassi: il sintagma
In una frase le parole si raggruppano in unità chiamate sintagmi.
Un sintagma è una sequenza di parole che in una frase ha lo stesso ruolo sintattico e
che è, dunque, uno dei costituenti di una frase:
1) Gianni parte domani
2) Il signor Gianni parte domani
3) Il figlio di Gianni parte domani
I sintagmi possono essere
- nominali (SN): il signor Gianni;
- verbali (SV): ha comprato i fiori;
- aggettivali (SA): molto belli, simile a te;
- preposizionali (SP): di Gianni.
Questa classificazione dipende dall’elemento che è la testa del sintagma: un nome, un
verbo, un aggettivo, una preposizione.
Un sintagma nominale è costituito quindi da un nome che funge da testa e poi da uno
o più elementi, il complemento o modificatore, che può svolgere funzione di
specificare, quantificare e determinare:
1. sono specificatori gli articoli e i dimostrativi
2. sono quantificatori gli indefiniti e i numerali
3. sono determinanti numerosi aggettivi.
In base alla posizione che la testa occupa nel sintagma nominale, a sinistra o a destra
del complemento, le lingue possono essere classificate con costruzione progressiva e
regressiva: l’italiano è una lingua con testa iniziale, quindi a sinistra del
complemento.
In base all’ordine degli elementi che lo compongono il sintagma può essere continuo
o discontinuo: nel primo caso gli elementi sono ordinati linearmente, cioè sono posti
uno accanto all’altro , nel secondo sono interrotti. Le sequenze che costituiscono un
sintagma si riconoscono con le prove della loro:
• spostabilità: se una sequenza di parole si può spostare in una diversa posizione
all’interno della frase, senza rompere quest’ultima, essa forma un sintagma ->
ha comprato il vino il figlio di Gianni
• sostituibilità: se una sequenza di parole può essere sostituita da una proforma,
essa forma un sintagma -> lui ha comprato il vino
• enunciabilità in isolamento: se una sequenza di parole in determinati contesti
può costituire da sola un enunciato, essa forma un sintagma -> Chi ha
comprato il vino? - Il figlio di Gianni.
• criterio della coordinabilità: sequenze di parole che costituiscono i membri di
strutture coordinate con sintagmi -> il libro di storia e di geografia non è
adatto alla scuola media inferiore

Oltre all’analisi dei componenti, una frase si può esaminare dal punto di vista del suo
contenuto informativo e quindi, della distribuzione delle conoscenze. In genere un
enunciato può contenere informazioni di due tipi: qualcosa che parlante e ascoltatore
sapevano già (informazione data), e qualcosa che non sapevano ancora
(informazione nuova).
Sintassi: la frase semplice
La frase semplice consta di una parte centrale, il nucleo (contiene verbo e i suoi
argomenti), a cui si possono aggiungere ulteriori elementi, distinguibili in circostanti
ed espansioni. Nelle grammatiche possiamo trovare queste definizioni di frase:  
• la frase è un’unità minima di comunicazione dotata di senso compiuto (o
l’espressione di un senso compiuto);
• la frase è una combinazione di parole governata da regole;
• la frase è una sequenza massima in cui vigono delle relazioni di costruzione.
Ma non tutte le frasi hanno senso compiuto ed esistono espressioni che hanno senso
compiuto e che nono sono combinazioni ma singole parole (Lui!, Ahi!, Sì).
Le definizioni dipendono dalla prospettiva d’analisi.
La prospettiva pragmatica considera il senso compiuto. La prospettiva grammaticale
considera piuttosto le relazioni di costruzione.
• Una definizione più comprensiva è quella data da Prandi: la frase è «la più
piccola unità linguistica in grado di trasmettere un messaggio
indipendente», «il modulo di un testo o un di discorso» (Prandi, De Santis
2019).
• Nella riflessione sulla lingua ciò che è importante capire è che una frase può
essere considerata un’entità astratta (per esempio le frasi dette o scritte per
ragionare sul funzionamento di una lingua) o un’entità concreta, cioè un
enunciato: ciò che realizza un atto comunicativo.
Sintassi: la frase semplice
La frase semplice italiana è formata da un sintagma nominale e un sintagma verbale:
Frase F = SN + SV (gruppo del nome + gruppo del verbo).
Per parlare di frase, dunque, è necessario tra e parole ci sia una “struttura
predicativa”, cioè una combinazione di soggetto e predicato (Il predicato è ciò che si
afferma del soggetto e può essere verbale, con verbi predicativi o nominale, unione
ausiliare essere+verbi copulativi). Questa non richiede sempre la presenza di un
verbo finito: può essere realizzate in modi diversi.
I costituenti si concatenano e si inseriscono uno dentro l’altro. Possono avere, cioè,
uno stesso rango o un rango diverso:
Il fratello di Paolo ha incontrato il professore di matematica
Il sapore piccante del peperoncino copre il gusto del piatto.
Tipi di frasi semplici:
La frase in generale può essere osservata in vari modi:
- Dipendenza (principali e subordinate)
- Polarità (affermativa, interrogativa)
- Diatesi (attiva, passiva)
- Segmentazione
- Modalità (dichiarativa, volitiva)
Una distinzione della frase semplice va fatta tra frasi con o senza presenza del
predicato:
- Tra le frasi senza predicato troviamo la frase ellittica, che è la frase con il
verbo sottinteso perché presente nella precedente
- Frase nominale
Nella frase nominale, che non è un’ellissi verbale, ma una frase assertiva usata in
modo marcato, il predicato è espresso con un’altra forma. Ovviamente sono nominali
le frasi anche non assertive prive di predicato:
- Imperativa
- Interrogativa
- Enfatica
Dal punto di vista del contenuto e della modalità si possono avere vari tipi di frasi:
1. Modalità enunciativa o dichiarativa o assertiva: sono frasi che contengono
un’enunciazione, una dichiarazione in modo affermativo o negativo.
L’indicativo è il modo abituale ma si può trovare anche il condizionale o una
costruzione con l’infinito.
2. Modalità volitiva: si tratta di frasi che indicano un comando, un’esortazione,
un desiderio o una concessione, si distinguono soprattutto per il modo verbale
usato (imperativo, congiuntivo, condizionale) e per una certa enfasi intonativa
e semantica.
3. Modalità esclamativa: le frasi esclamative comunicano un senso di stupore e di
sorpresa che, nel parlato, si manifesta attraverso una particolare intonazione
4. Modalità interrogativa: le frasi interrogative contengono una domanda espressa
in modo diretto. Si possono distinguere in:
- Interrogative totali o polari, che presuppongono una risposta affermativa o
negativa
- Interrogative disgiunte: che presentano un’altra alternativa
- Interrogative parziali: introdotte da elementi interrogativi o operatori di
domanda
- Domande retoriche: che rappresentano un tipo di interrogativa orientata, in cui
si conosce già la risposta.
Il verbo e i suoi argomenti
Il soggetto
L’argomento fisso di una frase e primo argomento è il soggetto, che ha due proprietà:
completa il verbo determinandone il genere, numero, persona, accordo ecc. e di solito
precede il verbo nell’ordine della frase non marcato. Le definizioni tradizionali non
sono del tutto soddisfacenti:
- «ciò di cui si parla»
- «chi fa l’azione (chi è nello stato)»
- chi o che cosa compie, fa, l’azione espressa dal predicato (verbo attivo): Carla
ha regalato un libro a Grazia
- chi o che cosa subisce l’azione (verbo passivo o riflessivo): Carla ha ricevuto
un regalo da Grazia (Grazia compie l’azione)
- a chi o a che cosa è attribuito uno stato o una qualità (verbi che indicano uno
stato o un modo di essere)
Difficile l’applicazione delle definizioni tradizionali a frasi come queste:
1. Carla capisce il tedesco
2. A Carla piacciono i libri di cucina
Per applicarle si ricorreva alla distinzione tra soggetto grammaticale (formale) e
soggetto logico (agente):
1. L’analisi logica “riconosce” ma non “definisce” il soggetto
2. Le analisi moderne intendono individuare le proprietà della funzione sintattica
del soggetto:
il soggetto è l’argomento che si accorda obbligatoriamente con il verbo di forma
finita in persona e numero :
1. A Carla e Grazia piace la cucina francese
2. A Carla e Grazia piacciono i libri sulla cucina francese
Sul piano sintattico il soggetto si accordo obbligatoriamente con il verbo, ma ci sono
dei casi, soprattutto nel parlato, in Cui tale accordo non può verificarsi:
- Nella concordanza a senso: Cioè quando il soggetto È un nome collettivo e il
verbo è il plurale
- Quando ci sono più soggetti può posposti al plurale, il verbo può talvolta
restare al singolare
- Con verbo singolare e si passiva ante.
Le due proprietà del soggetto, accordo e posizione, sono sintattiche ma non
esauriscono alla funzione del soggetto il quale ha anche un ruolo semantico.
Quanto alla posizione nella frase, il soggetto solitamente nell’ordine normale della
frase precede il verbo ma può occupare anche una posizione postverbale:
- Con i verbi inaccusativi
- Se si vuole marcare un confronto con un altro soggetto
- Nelle frasi interrogative
- Nelle frasi esclamative
- Con il verbo dire ed espressioni di significato analogo
- Negli ordini marcati che mettono in rilievo, sottolineano il soggetto
 Il soggetto non è introdotto da una preposizione:
 Se è un pronome ha una forma particolare (io / me): io ho cercato / hanno
cercato me
 spesso tende a precedere il predicato
 spesso è in apertura della frase
 spesso è topico (è il tema), cioè è l’elemento che riceverà il commento: Carla
(T) è partita (C)
 L’elemento topico è quello sul quale di solito si chiede un commento:
Es. chi ha comprato i dolci? I dolci li ha comprati Andrea
 C’è in genere coincidenza tra valore topico e posizione di rilievo nell’ordine
lineare di ricorrenza degli elementi nella frase (iniziale o finale).
 A volte il soggetto non è un nome o un pronome: tutte le parti del discorso,
anche il verbo, possono avere funzione di soggetto:
es. Nuotare rilassa / è rilassante
 Un infinito con valore nominale: Fidarsi è bene… Studiare l’arabo mi
piacerebbe molto
 Un aggettivo sostantivato: Il bello sarà l’oggetto del nostro corso
 Un avverbio: il male è assurdo
 Un articolo: Il non si usa davanti a parola che comincia per z.
 Una preposizione: di è una preposizione semplice…
 Una congiunzione: il perché di questa risposta è...
 Un’ interiezione: Un oh di meraviglia uscì dalle sue labbra…
L’oggetto diretto: è l’argomento aggiuntivo oltre al soggetto presente nel nucleo
formato da verbi bivalenti, trivalenti ecc., che può stabilire due tipi di legame con il
verbo. L’oggetto è appunto chiamato diretto, con verbi transitivi attivi, con verbi
intransitivi che hanno la possibilità di costruzioni transitivi (oggetto interno), con
verbi supporto. Inoltre:
- non è introdotto da preposizioni
- non determina la concordanza con il verbo finito -> Ho mandato un messaggio
a Nino
- Concorda con il participio passato -> La lettera / Le lettere, gliel’ho spedita /
gliele ho spedite (agrammaticali le altre possibilità)
- nel costrutto participiale assoluto: Fatta la valigia…
- è ripreso dalla particella partitiva ne (nei contesti con nessi nominali
quantificati): ha comprato tre cornici > ne ha comprate tre.
L’oggetto diretto di solito segue il predicato:
- Può precederlo nelle frasi che hanno effetti contrastivi (enfasi nella pronuncia):
IL PANE ho comprato (non un’altra cosa…)
- Forme per i pronomi atoni: lo, la, li, le
- Diventa soggetto nelle costruzioni passive:
1. Un gruppo di ricercatori ha presentato il progetto
2. Il progetto è stato presentato da un gruppo di ricercatori
L’oggetto indiretto (il tradizionale complemento di termine): ma esiste anche con
pronomi personali o con preposizione: di luogo, di causa, di mezzo, di agente, di
causa efficiente ecc.

1. Ha spedito le fotografie all’architetto


- non concorda con il predicato
- è introdotto dalla preposizione a (semplice o articolata)
Circostanti ed espansioni
Circostanti: tutte quelle parole che si legano al verbo e ai suoi argomenti e li
specificano attraverso accordi morfologici o l’uso di preposizioni, o accostamenti di
significato.
Espansioni: si distinguono dai circostanti del nucleo per il fatto di non essere
collegate direttamente né a un costituente del nucleo né a un circostante ma di
riferirsi alla frase nel suo complesso. Le espansioni perciò sono elementi collocati
fuori dal nucleo.
Circostanti ed espansioni sono elementi che arricchiscono il contenuto della frase
aggiungendo relazioni concettuali marginali.
Ad esempio, sono margini (o circostanziali) le espressioni di spazio e di tempo se
sono informazioni esterne del processo (margini esterni): Ieri alla festa di Luca ho
incontrato Giulia.
Attenzione: con i verbi di stato, movimento e spostamento le espressioni spaziali
hanno funzione di argomento del verbo:
Giovanni va a Napoli. in riva al lago
Giovanni abita.
Uno stesso complemento può essere argomento o margine, dipende dal verbo e dal
contesto:
Argomenti
2. Oggi ricorre il nostro anniversario
3. Luca abita a Parigi
4. Luca si occupa di politica
5. Tuo figlio si è comportato molto bene
6. Mi congratulo con Luisa per il suo nuovo libro
7. Margini o circostanziali:
8. Ho visto Luca proprio oggi
9. Luca ha conosciuto Luisa a Parigi
10.Abbiamo parlato tutta la sera di politica
11.In quel ristorante abbiamo mangiato molto bene
12.Ho cenato con Luisa nel ristorante sul lago
Nel modello di Sabatini i circostanti funzionano come modificatori del nome o del
verbo, con i quali formano un sintagma.
- Circostanti del nome: aggettivi, espressioni nominali o preposizionali: libri per
ragazzi, con le figure, di Gianni Rodari… (identificare e descrivere meglio)
- Circostanti del verbo: Legge con attenzione, senza fretta, rapidamente…
La differenza tra circostanti ed espansioni emerge quando proviamo a trasformare
l’espressione in una frase:
- I circostanti diventano frasi relative e seguono il nome che modificano
- Le espansioni diventano frasi circostanziali che incorniciano il processo
dall’esterno collocandosi in modo relativamente libero:
1. Alessandra legge libri di filosofia > Alessandra legge libri che parlano di
filosofia
2. Alessandra legge libri a casa > Alessandra legge libri quando è a casa.
I margini (o circostanziali) si riconoscono con la prova della «staccabilità»
(un’osservazione fatta con una prospettiva testuale)
Ho incontrato Giulia. È successo ieri alla festa di Luca.
Gli argomenti dei verbi non si lasciano staccare dal nucleo della frase.
*Giovanni abita. Succede in riva al lago.
Le espressioni con valore di circostanza si lasciano staccare (lo stacco nella
prospettiva testuale – costruzione di due frasi legate sul piano del significato e
connesse tramite un segno di punteggiatura forte come il punto – con succedere /
accadere:
1. I pescatori riparavano le reti / vendevano il pesce in riva al lago. Questo
succedeva in riva al lago.
Le espressioni di tempo sono circostanze temporali se si lasciano staccare.
2. Colombo ha scoperto l’America (nel 1492). Accadde nel 1492.
Le espressioni di tempo possono indicare:
- un punto nel tempo (tempo determinato)
- la durata (tempo continuato): introdotte da per / fino al / dal…al
Ma sono argomenti con i verbi di durata (es. durare):
3. Lo spettacolo dura due ore e quindici minuti.

Margini
La causa e la concessione sono altri margini esterni (al processo descritto dal verbo)
- la causa: introdotta da per / a causa di;
- la concessione (circostanza contraria, causa frustrata): introdotta da
nonostante, malgrado
1. L’albero è caduto a causa della pioggia
Margini interni (del predicato, predicato d’azione)
- lo strumento: con un coltello / mediante / per mezzo di o anche viaggiare in
treno, in macchina
- il collaboratore dell’agente (compl. di compagnia): con Andrea / insieme a
(compl. di esclusione: senza)
Si riconoscono anch’essi con la prova della staccabilità, fatta però con il verbo fare:
1. Ha tagliato il foglio con un righello / L’ha fatto con un righello (fare riprende
solo il predicato, del quale conserva il soggetto).
Margini interni (del predicato, predicato d’azione)
2. Il beneficiario (compl. vantaggio e svantaggio): per sua sorella / contro il suo
nemico, a favore di, a danno di
3. il fine: per (ma il fine è un processo: l’espressione tipica è con la frase)
Espressioni eccettuative: eccetto, salvo, tranne indicano ridimensionamento,
correzione, rettifica di un argomento o di un margine: «parassiti»)
Modificatori del nome:
- aggettivi (attributi):
1. Caterina ha letto un bel libro (aggettivo anteposto, descrive la qualità)
2. Caterina ha letto un libro illustrato (aggettivo posposto, restringe l’insieme
dei libri: ‘restrittivo’, valore ‘descrittivo’
- nomi : apposizioni, anche preceduti da come, in quanto, in qualità di
Complementi del nome:
- espressioni preposizionali: il figlio di Antonio (complemento di
specificazione)
- argomenti: un viaggio in Francia

Il complemento di specificazione
Stabilisce una relazione tra i contenuti di due nomi: il muro del giardino
Nota: «la preposizione di non codifica la relazione, che può essere inferita di volta in
volta a partire dal contenuto dei nomi collegati» (la codifica è povera: il complemento
apporta al processo le più svariate relazioni concettuali:
- La vittoria di Cesare (agente)
- La sconfitta del Milan (paziente)
- L’esame di gennaio (tempo)
- L’albero del giardino (luogo)
- Le ruote della macchina (parte-tutto)…
Il contenuto viene inferito a partire da criteri di coerenza di appropriatezza
Concettuale
Frase: argomenti e margini (circostanziali)
Una frase semplice (verbo e suoi argomenti) può diventare più ricca di informazioni
con l’aggiunta di espressioni marginali. Si tratta di informazioni che sul piano
sintattico si trovano ai margini del nucleo della frase. Chiamiamo circostanti ed
espansioni quegli elementi facoltativi (cioè non richiesti obbligatoriamente dal
verbo) che danno altre informazioni oltre a quelle essenziali date dagli argomenti di
un verbo.
Sono margini (espansioni)
• le espressioni di tempo e di spazio: oggi a casa ho dato il biglietto a mio
fratello
• la causa, introdotta dalla preposizione per o dalla locuzione a causa di: indica
ciò che ha provocato un evento (i fogli sono cascati a causa del vento);
• la concessione, introdotta tramite le preposizioni nonostante e malgrado (sono
uscito malgrado / nonostante la pioggia).
Margini del predicato interni al processo lo strumento (con), il collaboratore
dell’agente (con, insieme a), il beneficiario (per, in favore di), il fine (per + frase).
Frase: determinanti
Il soggetto non è introdotto da nessun elemento (In quel locale non sono mai andato,
di quel locale conosco il proprietario).

Ma se è un nome può essere accompagnato dai determinanti:


- articoli
- aggettivi possessivi
- dimostrativi
- indefiniti di quantità e di qualità (es. poco, alcuni, qualsiasi… detti
quantificatori)
- numerali cardinali
- interrogativi ed esclamativi (quanto, quale…)
I determinanti determinano il nome nel senso che lo collegano a un referente
particolare (dal concetto generale si passa a un unico referente: es. un > il
Frase: espansioni dei nomi
Anche ai sintagmi nominali si possono aggiungere espansioni che danno più
informazioni su di essi, e che ne modificano quindi il significato. Questi modificatori
(o espansioni dei nomi) sono i seguenti:
- gli aggettivi (che possono essere modificati da un avverbio: una casa molto
bella;
- l’apposizione, cioè un nome che viene dopo il nome: Marco, l’amico di
Giulia;
- il complemento di specificazione, che è introdotto dalla preposizione di;
mette in relazione due nomi: il fratello di Giulio ha comprato una torta;
- complemento di argomento, che indica qual è il tema o l’argomento di
qualcosa ed è introdotto da di, su, intorno a: ho comprato un libro sulla
storia di Napoli.
Frase: espansioni dei nomi
Nota. Basterà chiamare complementi del nome tutte le espressioni preposizionali che
aggiungono informazioni a un nome:
- gli spaghetti al pomodoro
- il tavolo della cucina
- il giro in bicicletta ecc.
Ma alcuni complementi del nome sono argomenti dei nomi. Anche nomi e aggettivi,
infatti, hanno una valenza e richiedono argomenti. Si tratta dei nomi di processo,
come regalo, paura o vittoria: è un regalo di Alessandra per me, ha paura del buio,
la vittoria del Napoli, la somiglianza di Andrea con suo padre.
Esempi di aggettivi che hanno una reggenza sono simile o indipendente: è simile al
mio, è indipendente da questi fattori…
Frase: modificatori del verbo
Sono modificatori del verbo quegli elementi che precisano il processo descritto dal
verbo (sono quindi espansioni del verbo).
Si uniscono al verbo per formare un significato più ricco e selettivo:
- avverbi di modo: avverbi in -mente
- locuzioni avverbiali: in modo + aggettivo (in modo preciso, in modo esaustivo)
- espressioni di modo (compl. di modo): con cura… (forma negativa: senza,
compl. di privazione)
Frase marcata
Le frasi marcate presentano un ordine dei costituenti diverso da quello tipico (SVO).
Dal punto di vista delle informazioni, chiamiamo
- TEMA (TOPIC): l’argomento principale: ciò di cui si afferma qualcosa.
- REMA (COMMENT): ciò che si dice dell’argomento, ciò che si afferma (è la
parte che realizza lo scopo dell’enunciato)
- FOCUS: parte dell’informazione messa in risalto e che in genere coincide con
il rema.
Il tema a volte coincide con il soggetto e il rema con il predicato:
A volte coincide: Pier Mattia è simpatico
A volte non coincide: A Pier Mattia piacciono le fotografie
d’epoca
Nuovo -> rema; dato -> tema
Nelle frasi non marcate la parte iniziale della frase coincide col dato e quella finale
col nuovo (prima il vecchio e poi il nuovo).
Con alcuni verbi il soggetto è normalmente posposto al verbo. È una costruzione
marcata sintatticamente ma non pragmaticamente (l’intonazione è normale):
1. È arrivato Luca
2. È caduto Luca
Accade con i verbi inaccusativi (arrivare, succedere…: il soggetto ha le proprietà
dell’oggetto diretto, che ha normale posizione postverbale). La possibilità di avere un
soggetto postverbale dipende dalla proprietà di alcuni verbi di sottintendere un
argomento locativo: ad es. qui, che corrisponde al tema dato; il soggetto è il nuovo.
1. Ha telefonato un tuo amico
2. Me l’ha regalato un mio amico: l’ordine è dato > nuovo
3. L’ha bevuta Luca in (il clitico indica l’elemento dato, il soggetto va dopo il
verbo e indica il nuovo)
- L’ordine della parole è condizionato dal rapporto con la struttura informativa
dell’enunciato: dal dato e dal nuovo, da ciò che il parlante suppone sia o non
sia presente nella memoria del suo ascoltatore al momento dell’enunciazione
- Le frasi con focalizzazioni indicano quali informazioni sono di primo piano e
quali sono sullo sfondo.
- Le frasi possono avere un ordine delle parole marcato o non marcato:
1. non marcato = uso normale
2. marcato = ragione speciale
Una frase può essere NON marcata
- pragmaticamente (adatta a un numero illimitato di contenuti e situazioni)
- sintatticamente: l’ordine dei costituenti corrisponde all’ordine che essi hanno
nella struttura ricostruita dalla teoria linguistica
- fonologicamente: ha un andamento melodico di una curva continua senza
interruzioni o picchi, una sua intonazione propria, attesa.
Se ci occupiamo dell’ordine delle parole guardiamo alla marcatezza pragmatica e
sintattica
1. Frase non marcata: Roberto beve una birra S V OD
2. Frase marcata: La birra, la beve Roberto OD V (OD) S (marcatezza: anche
con interruzione e picco intonativo dopo la pizza)
La frase è fondata su un argomento di cui si dice qualcosa.
Le focalizzazioni
«Per focalizzazione si intende l’insieme di fenomeni che consentono di mettere una
porzione di enunciato in maggiore evidenza di altre». 
Sono segnalazioni di informazioni in primo piano (più importanti, attivate per la
prima volta) rispetto a uno sfondo (meno importanti, già attivate)
«Le strutture marcate hanno la funzione di mettere in evidenza una parte
dell’enunciato rispetto al resto, e quindi sono strumenti della focalizzazione. Quando
l’enunciato ha forma non-marcata, il rema può coincidere con l’intero enunciato
[…]»:
1. [Ciao, eccoti: ci domandavamo dove fossi]
2. Sono andato a casa di un mio vecchio amico (rema)

Le focalizzazioni
«In enunciati più lunghi, una struttura non-marcata permette anche che una parte
dell’enunciato sia tematica, cioè fornisca solo appoggio semantico alla comprensione
del rema»:
[Ciao, eccoti: ci domandavamo dove fossi]
 Appena uscito dalla palestra    sono stato in biblioteca
       (tema)                                       (rema)
Il contenuto della subordinata anteposta «può anche essere nuovo per il ricevente ma
dall’emittente è presentato come accessorio. Solo la parte rematica dell’enunciato è
davvero asserita, e quindi riceve piena attivazione».
Strumenti delle focalizzazioni:
1. Segnali prosodici
«Negli enunciati assertivi la posizione della prominenza accentuale è marcata se non
è sull’ultima parola dell’enunciato». Quando la tonica è in posizione marcata, il
costituente è focalizzato come rema ristretto. Es.:
- CARLO è arrivato
- non ho MAI parlato di soldi
Se lo stesso enunciato avesse la tonica sull’ultima parola, il rema potrebbe coincidere
con tutto l’enunciato: Carlo è arrivato. Il costituente che porta la tonica in posizione
marcata è focalizzato.
Strumenti delle focalizzazioni:
2. Segnali sintattici
Alcuni costituenti «per essere focalizzati, vengono spostati dalla loro posizione
naturale (non-marcata) ad una speciale (marcata)» (dislocazioni) Questo
meccanismo è la dislocazione […], che si accompagna alla segnalazione prosodica
del rema ristretto.
Con le dislocazioni si hanno focalizzazioni (segnalazioni di un costituente come
rema ristretto) o topicalizzazioni (segnalazioni di un costituente come tema) che si
possono avere con uno spostamento sia a destra che a sinistra rispetto alla posizione
non-marcata e con una particolare prosodia.
- l’amica di Federica, hanno bocciato
Dislocazioni: «spostamenti di un costituente dalla sua posizione non-marcata a
un’altra marcata, con la funzione di segnalare univocamente il suo statuto
informativo».
• Focalizzazione con costituente spostato a destra, sotto la prominenza
accentuale:
ci attirava             l’idea
(tema)                  (rema)
(ordine sintattico: OI OD V S)
me l’ha regalata            Riccardo
(tema)                          (rema)
Dislocazione a destra
Se l’elemento dislocato è posto dopo la prominenza accentuale esso è tematico. La
focalizzazione è sul costituente che porta la tonica, che diventa un rema ristretto (il
costituente dislocato è così un particolare tipo di tema posposto al rema,
un appendice). La dislocazione a destra ha due varianti: una in cui il referente del
tema posposto è anticipato da un pronome clitico, e una in cui il clitico non c’è:
è rimasta proprio indietro  la Chiesa
(rema)   (tema)

secondo me stava sulla sinistra la Roma-Fiumicino


 (rema)                           (tema)
Con il clitico:
lo vuole    un caffè?
(rema)              (tema)
 Per posizione marcata della prominenza accentuale si possono intendere due
condizioni:
- la prominenza non è sull’ultima parola dell’enunciato.
- la tonica è su un costituente dislocato (dislocazione a destra o a sinistra).
solo questo     volevo dirti
(rema) (tema)

ah, ecco la banca ho dimenticato!


(rema) (tema)
«Poiché la prominenza accentuale individua il rema sia a destra che a sinistra, e più in
generale in ogni posizione dell’enunciato, è ragionevole attribuire ad essa, e non
all’una o all’altra posizione sintattica, il ruolo determinante nel fare di un costituente
il rema; ma il fatto che il costituente sia dislocato (condizione B) o che sia spostata la
tonica (condizione A) sono responsabili della natura ristretta del rema, e quindi della
presenza di una focalizzazione».
3. Segnali lessicali
Alcune parole tendono a essere usate con la focalizzazione di un costituente. Sono
avverbi o congiunzioni come anche, neanche, pure, neppure, solo, soltanto,
solamente, proprio, soprattutto, perfino (persino), addirittura.
Sono stati chiamati avverbi paradigmatizzanti «perché evocano un paradigma, cioè
una lista di altre entità della stessa natura di quelle che introducono, e rispetto a cui
esprimono inclusione, esclusione, diversa probabilità».
Anche la forma varia  
(rema) (tema)
La topicalizzazione
Il costituente è dislocato a sinistra ma la prominenza accentuale rimane a destra
(segnalazione di un tema delimitato).
In italiano moderno il costrutto è perlopiù con un pronome clitico di ripresa (più
frequente del suo corrispondente senza clitico):  
  francese     l’ho fatto alle medie           
(tema, topic) (rema, comment)
Frase marcata: le dislocazioni
Il costituente dislocato è in genere dato (TEMA O TOPIC).
- La dislocazione a sinistra serve a mantenere il flusso dato-nuovo anche se il
dato non coincide con il soggetto della frase.
- La dislocazione a destra tendenzialmente serve a chiarire la frase
(ripensamenti di ciò che si presuppone dato)
Il clitico di ripresa (anaforico) è obbligatorio nel caso di dislocazione a sinistra
dell’OD; è facoltativo negli altri casi e nella dislocazione a destra, dov’è cataforico:
4. Roberto, non l’ho più incontrato
5. A Roberto non (gli) ho comprato niente
6. (L’) ho dato a Roberto il telefono
7. (Ci) vado domani, a Firenze

Frase marcata
• Gli studi diacronici hanno evidenziato che le frasi con ordine dei costituenti
marcato sono attestate nello scritto fin dall’antichità. D’altro canto, le moderne
analisi condotte su ampi corpora di testi suggeriscono di ridimensionare la
presenza di questi costrutti nell’italiano parlato contemporaneo. Tuttavia,
le frasi marcate sono spesso avvertite come tipiche dell’italiano parlato o di
uno scritto che riproduca le caratteristiche dell’oralità. Questa presentazione,
che ha pure le sue ragioni, è anche il riflesso della condanna o
dell’estromissione di questi costrutti nelle grammatiche tradizionali (da quelle
cinquecentesche a quelle novecentesche).
• Effettivamente, nelle loro manifestazioni più ridondanti e spezzate, le frasi
marcate restano molto più frequentate nel parlato; effettivamente, la norma
continua a incidere sulla quantità e sulla qualità delle frasi marcate nei registri
scritti più alti e controllati; ed effettivamente, la loro presenza si fa più
sostanziosa mano a mano che ci spostiamo verso scritture di fruizione più
ampia e frequentata (giornali, testi di divulgazione scientifica) o verso scritture
più spontanee e occasionali, come ad esempio quelle mediate dalla rete.
• Le frasi marcate occorrono molto spesso nel parlato spontaneo perché sono
utili per evidenziare le componenti informative degli enunciati. Svolgono bene
questa funzione in una produzione spesso frammentata (microprogetti),
soggetta al cambiamento di progetto e a un minor grado di controllo sintattico,
com’è quella orale non pianificata. Inoltre, permettono di mettere in rilievo
nella conversazione faccia a faccia le condivisioni di conoscenze e gli intenti
comunicativi degli interlocutori.
Frase marcata: le dislocazioni a sinistra
Funzioni delle dislocazioni a sinistra e dei temi sospesi
• Se realizzate «con una netta soluzione di continuità tra l’elemento iniziale e il
resto della frase, le dislocazioni e i temi sospesi possono essere la conseguenza
del processo di esecuzione linguistica tipico del parlato spontaneo:
un’esecuzione, come si diceva, che procede ‘pezzettino per pezzettino’, che
non controlla l’enunciato nella sua interezza, e che a ogni movimento
informativo lascia aperta la possibilità di un cambio di microprogettazione del
discorso». Ad es.:
1. lo psichiatra / io ho un’alta considerazione
• adesso noi / di veri burattinai / ci sono i fratelli Ferrari
Le frasi marcate a sinistra mettono al primo posto il tema o Topic dell’enunciato:
Questa torta /metterla in frigo / è inutile, no?. In merito a questi costrutti si parla
pertanto di topicalizzazione. Nel parlato, infatti, è abbastanza naturale richiamare
prima ciò di cui si parla e poi ciò che si vuole dire su questo Topic. Questo rilievo
del Topic ha spesso anche una funzione contrastiva o aggiuntiva:
Sì ma / ci provo // che me frega // a me mi basta passare (rafforzamento
fonomorfologico del pronome clitico: non errore di grammatica come talvolta si è
insegnato a scuola).
• Le costruzioni marcate a sinistra possono essere sfruttate anche per imporre un
nuovo Topic nella conversazione: Ma a tua mamma gliel’hai detto?
(interrompendo qualcuno che ci racconta qualcosa. E, ancora, l’elemento
dislocato a sinistra o il tema sospeso possono indicare “il centro di interesse
per il locutore”; per esempio, quando le frasi marcate cominciano con il
pronome di prima persona Io: Io di solito tutti i libri che ho controllato dal sito
poi c’erano in biblioteca (da un messaggio postato in rete).
Frase marcata: la dislocazione a destra
Funzioni della dislocazione a destra
• presentare il Topic o tema come già dato nella conversazione o più in
generale come già noto (effetto di familiarità, “quasi di ammiccamento”);
• enfatizzare il Comment o rema (effetto combinato al precedente);
• mettere in rilievo l’elemento extraposto (specie quando questo è un pronome
tonico; il rilievo è assicurato sul piano intonativo dalla posizione finale senza
soluzione di continuità e marcato dalla ridondanza morfosintattica (che dà un
appoggio fonologico alla sequenza in cui si inscrive il Topic); es. Eppure
gliel’avevo detto di smetterla;
• registrare un movimento comunicativo che è un “ripensamento”: si
aggiunge alla fine della frase un’informazione che si giudica importante,
considerata in un primo momento scontata.

Frase marcata: le dislocazioni


Rilevate per l’«italiano dell’uso medio»
Nel parlato spontaneo la dislocazione a sinistra svolge le funzioni che spesso ha il
passivo nell’uso più formale:
- si mette in rilievo un elemento diverso dal soggetto (l’oggetto, oggetto
indiretto; il passivo permette anche di non esprimere il soggetto)
È stato notato che nel parlato spontaneo toscano l’unico ricorso naturale al passivo è
quello di informazioni in cui il soggetto è inanimato e non si specifica l’agente; ad
es.:
2. La pietra è stata spostata
3. Altrimenti, sarebbero di registro più alto frasi come le seguenti:
4. La pietra è stata spostata dai ragazzi
5. La donna è stata vista passare.
Nel parlato spontaneo, infatti, queste informazioni sarebbero date con le dislocazioni
a sinistra:
1. La pietra l’hanno spostata i ragazzi, La donna l’hanno vista passare
Frase marcata: dislocazioni a sinistra
Se l’oggetto dislocato è un pronome di prima o seconda singolare può essere
preceduto dalla preposizione a, e non solo nelle varietà regionali che presentano l’
accusativo preposizionale:
2. A me mi hanno già chiamato…
3. A te non ti chiameranno
Con i pronomi di terza singolare e plurale e con un nome la costruzione con a è tipica
dell’italiano spontaneo centro-meridionale (assente in quello settentrionale e
toscano):
4. a loro non li controlla nessuno
5. Secondo me a lei non la dovevi lasciare
Frase marcata
Si notano in frasi con ripresa finale di un elemento anticipato con il pronome. In
genere si riprende un tema come dato. Ma si dislocano a destra anche temi nuovi:
1. Non lo capivo dove voleva arrivare (con tema nuovo rispetto al contesto)
2. Ce l’hai cinque euro…
E si nota anche un’evoluzione nella direzione della frase non marcata:
1. Lo vuole un caffè? senza la prosodia della dislocazione
2. Ci vai domani al corso?
3. L’ho studiata la lezione
4. Lo sapevo che facevi tardi.
5. Verso forme non marcate?
Frase marcata: la frase scissa
Un altro costrutto marcato è la frase scissa, una frase che ha questa una struttura
spezzata in più parti: essere + elemento contrastato (REMA) + che + TEMA. Il verbo
essere mette in rilievo il “nuovo”; il che apre il “noto”. Il costituente focalizzato è
quello tra il verbo essere e il che e si trova a sinistra:
1. è lui che mi ha chiamato
2. è a Roberto che ho regalato il libro
3. è in questo modo che si risolve il problema
La frase scissa ha anche una forma implicita, che si può avere quando l’elemento
focalizzato è il soggetto:
1. è stato Roberto a chiamare Luisa ( = che ha chiamato Luisa ‘e non è Luisa
che ha fatto la telefonata’).
2. La costruzione delle frasi scisse può essere anche inversa, con focalizzazione
sul rema a destra: a farmi paura è la nebbia (= è la nebbia che mi fa paura)
- Gli elementi evidenziati in grassetto in queste frasi scisse sono il focus nella
progressione informativa. La frase scissa mette in rilievo così l’informazione
più importante e la sua relazione con l’informazione di sfondo: l’elemento
scisso ha un rilievo prosodico e coincide con il focus della frase, cioè con
l’informazione più importante dal punto di vista comunicativo.
- La frase scissa può mettere in rilievo l’informazione più importante e la sua
relazione con l’informazione di sfondo: l’elemento scisso ha un rilievo
prosodico e coincide con il focus della frase, cioè con l’informazione più
importante dal punto di vista comunicativo.
- Nel parlato le frasi scisse servono a segnalare in modo chiaro il focus, anche
per contrastare o correggere ciò che qualcun altro crede; ad es.:
1. - Perché gli hai telefonato? ma è lui che mi ha chiamato! (‘non sono io che ho
telefonato’).
Funzioni della frase scissa (nel parlato e nello scritto)
• Nelle frasi scisse l’elemento scisso ha un rilievo prosodico e coincide con il
focus della frase, cioè con l’informazione più importante dal punto di vista
comunicativo. Questo elemento è un contenuto presupposto, dato per scontato
es.
2. Hai pensato subito a Francesco? – No, è a Maria che ho pensato.
Da non confondere con le frasi scisse le normali frasi relative appositive:
3. Chi è quella ragazza? – Non la riconosci? è Maria, che è appena tornata dal
Cile (questa frase non mette in rilievo con l’intonazione l’elemento che segue
la copula è).
Altre possibilità di costruzione delle frasi scisse:
1. è Maria a cui pensavo (subordinata con pronome declinato)
2. Sono tre ore che ti aspetto (l’elemento scisso è un sintagma nominale con
valore di durata temporale: perde la preposizione che avrebbe nella frase non
marcata: ti aspetto da tre ore).
3. Se faccio così è per il tuo bene: con frase pseudo condizionale
Funzioni della frase scissa (nel parlato e nello scritto)
• Nel parlato le frasi scisse hanno due usi tipici, che sfruttano il forte rilievo
attribuito al loro Focus (lo segnalano in modo molto chiaro, con la sitassi e
l’intonazione). Il primo impiego ha carattere polemico, refutativo:
1. Tu vuoi avere ragione a tutti i costi. – No, sei tu che vuoi parlare a tutti i
costi. ll secondo uso è di tipo metadiscorsivo (subordinata con verbi del dire e
espressione di atteggiamenti comunicativi su ciò che si è appena detto o si sta
per dire):
2. È questo che ti sto dicendo, è a questa cosa che dovresti pensare (ibidem).
• Nello scritto, anche in quello formale, la frase scissa oggi viene usata senza
mettere in contrasto l’elemento che regge il verbo essere; lo scopo è soltanto
metterlo in rilievo:
1. È De Niro che raccoglie il testimone di Matteo Scuro, il personaggio di
Mastroianni nel terzo film di Tornatore.
Nello scritto la frase scissa è usata infatti come dispositivo coesivo: l’elemento scisso
riprende con un elemento anaforico una parte del testo e la subordinata introduce un
nuovo Topic
Frase marcata: frasi pseudoscisse
• Le frasi pseudoscisse sono normali frasi copulative che non hanno le
caratteristiche sintattiche marcate delle frasi scisse. Il costituente posto dopo il
verbo essere è focalizzato e si trova a destra:
2. chi ha sbagliato sei tu
3. ciò che mi fa paura è la nebbia
4. Quello che non sopporto è che…
• Nelle frasi pseudoscisse si nota un soggetto non individuato (un dimostrativo,
un pronome relativo indipendente o un nome generico) +  una frase relativa
restrittiva + verbo essere.
• Al contrario di quanto accade nelle scisse, però, l’elemento focalizzato occupa
qui la normale posizione finale. La costruzione inversa è qui, ad esempio, sei
tu quello che ha sbagliato (focalizzazione a sinistra).
Funzioni delle frasi pseudoscisse
• Le frasi pseudoscisse isolano da un punto di vista sintattico e intonativo il
Focus informativo della frase, danno per scontato il contenuto nella
subordinata iniziale. Presentano il Focus alla fine della frase e non all’inizio:
1. Chi mi dà fastidio è lui
2. Quello che non capisco è il motivo.
O in un costrutto inverso:
1. È Maria quella di cui mi fido di meno (si sposta il Focus in posizione iniziale,
come nella frase scissa)
La frase complessa
• Mentre la frase semplice presenta un solo processo (un solo verbo con i suoi
argomenti; oppure un solo verbo, argomenti del verbo e margini), la frase
complessa, o periodo, presenta un processo complesso.
• Una definizione di periodo può essere dunque la seguente: «una struttura di
frase che contiene una o più frasi tra i suoi costituenti, indipendentemente
dal fatto che le diverse frasi che la compongono siano coordinate o
subordinate»
Frase complessa: la coordinazione
Le frasi possono essere legate per coordinazione (paratassi): Marco ha chiamato
Laura e le ha raccontato tutto.
Possiamo dire che le frasi coordinate:
1) sono esterne l’una all’altra
2) non sono in rapporto di inclusione
3) hanno la stessa funzione sintattica
• Il rapporto della relazione tra queste frasi non è sempre codificato. Dipende dal
significato della congiunzione che lega le due frasi (e, o, oppure, ma, né ecc.).
La congiunzione e, ad esempio, stabilisce la cooccorrenza di due processi. A
volte basta questo per formare un periodo coerente. Altre volte il rapporto tra le
informazioni presentate dalle frasi si capisce ragionando sui significati delle
due singole frasi legate:
1. Carlo gioca a tennis e fa un corso di inglese (cooccorrenza)
2. Marco ha chiamato Laura e le ha raccontato tutto (successione temporale,
rapporto finale?).
• Il rapporto può diventare più chiaro se si usano avverbi o locuzioni adatte
(espressioni più esplicite):
1. Marco ha chiamato Laura e poi le ha raccontato tutto.
• La congiunzione coordinativa ma, invece, stabilisce una relazione avversativa
(un contrasto, un’opposizione).
• In questo periodo, ad esempio, sono coordinate due frasi che hanno la stessa
funzione sintattica, sono due frasi causali (margini che esprimono una causa):
2. Andrea si è alzato tardi perché ieri ha lavorato tutta la notte e perché non ha
messo la sveglia.
I tipi di coordinazione possono essere i seguenti:
 copulativa, introdotta da e, né, anche, pure…
 avversativa, introdotta da ma, però, bensì…
 disgiuntiva, introdotta da o, oppure (presenta un’alternativa)
 esplicativa, introdotta da cioè, vale a dire
 correlativa, costruita con de… e, né…né, non solo… ma anche (Alessandra
non è solo molto intelligente, ma è anche molto simpatica)
• Nella grammatica tradizionale la coordinazione è identificata in base al
criterio dell’autonomia sintattica e semantica (si indica che sono coordinate le
frasi che possono reggersi da sole). Sono criteri, però, che non sembrano
sempre validi. In una frase complessa come questa le due completive sono
coordinate ma non autonome: Mi pare che si sia accorto dell’errore e che si
sia scusato.
• La coordinazione, tuttavia, riguarda più spesso elementi minori come parole o
sintagmi: La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove…,
L’appartamento ha due grandi stanze e un bagno.
• “La coordinazione non dovrebbe essere definita a partire dalle frasi principali.
Dovrebbe essere considerata il fenomeno che unifica due o più costituenti di
qualsiasi estensione, facendone un costituente di uguale funzione che agisce
nel contesto della frase”
Frase complessa: la giustapposizione
• Le frasi possono essere collegate anche soltanto con la punteggiatura. Si ha
così un collegamento per giustapposizione e si crea una sequenza:
3. Non esco. Piove.
• Nella giustapposizione le relazioni concettuali tra le frasi si capiscono con
un’inferenza, cioè con un ragionamento sui significati delle frasi:
1. Non sono uscito oggi: pioveva (frasi giustapposte, sequenza)
2. Pioveva. Non sono uscito (frasi giustapposte, sequenza)
3. Pioveva e io non sono uscito (frasi coordinate)
4. Siccome pioveva non sono uscito (frase subordinata e frase principale)
Frase complessa: la subordinazione
Con la subordinazione (ipotassi) alcune frasi sono incluse in altre frasi:
• si segnala un rapporto di dipendenza logica tra una frase secondaria
(subordinata, dipendente) e una frase principale (reggente); la codificazione
esplicita è fatta con una congiunzione.
• Così come nella frase semplice dobbiamo distinguere gli argomenti del verbo
dai margini del processo e del predicato, anche nel periodo distinguiamo frasi
argomentali da frasi circostanziali (margini: tempo, causa, concessione, fine,
strumento…).

Frase complessa: le frasi completive


Le frasi argomentali sono argomenti di un verbo (soggetto o oggetto). Si chiamano
anche frasi completive, proprio perché completano il significato di un verbo
svolgendo il ruolo di oggetto diretto (oggettive) o di soggetto (soggettive).
Frase complessa: le frasi completive OGGETTIVE
Le frasi oggettive nel periodo hanno il ruolo di complemento oggetto:
1. Gli ho spiegato che non andrò a Roma
2. Pensi che io ti stia dicendo una bugia?
3. Ricordati di spegnere il computer
4. Mi sono accorto che il computer non funzionava
- I verbi che reggono le oggettive sono perlopiù quelli che descrivono le attività
percettive o psicologiche (percezioni: vedere, sentire, accorgersi…;
espressione linguistica: dire, scrivere, raccontare…; conoscenza: sapere,
imparare…; giudizio: credere, pensare, ritenere…; sentimenti: augurarsi,
meravigliarsi, preoccuparsi… O, ancora, verbi come promettere, ordinare,
permettere, consigliare, suggerire…
- Le costruzioni delle frasi completive possono essere esplicite o implicite. Nel
costrutto esplicito il verbo dell’oggettiva è introdotto da che ed è all’indicativo,
al congiuntivo o condizionale (modo finito): Credo che Marco sia in ritardo.
- Una frase oggettiva può essere introdotta anche da come: Ho spiegato a Luca
come sia difficile studiare insieme a lui.
- Nel costrutto implicito il verbo dell’oggettiva è introdotto dalla preposizione di
ed è all’infinito: Credo di essere in ritardo
- Anche alcuni nomi e aggettivi possono reggere frasi completive oggettive:
1. La sensazione che tu mi stia nascondendo qualcosa mi dà fastidio.
2. Sono certo che questa lezione vi sarà utile.
Frase complessa: le frasi completive SOGGETTIVE
Le frasi completive soggettive svolgono il ruolo di soggetto della frase principale:
1. Che domani il professore faccia lezione non è certo.
2. Pare / sembra che domani torni il bel tempo.
3. Basta fargli alcune domande / è sufficiente fargli alcune domande.
4. Non mi andava di incontrare Paolo e Luca.
5. Si dice che lui sia il responsabile del problema.  
- Hanno bisogno di una frase soggettiva verbi o predicati come questi: accadere,
succedere, sembrare, parere, è bello, è giusto, è ora, è meglio; o anche le
forme impersonali dei verbi: si dice, si sa, si crede. Anche la forma esplicita
della frase soggettiva è introdotta da che. Nel costrutto implicito le troviamo
introdotte da di: Si consiglia di non mettersi in viaggio; oppure hanno
un’introduzione diretta:
1. è ora di cominciare la lezione
2. è meglio cominciare adesso la lezione.
Frase complessa: le frasi completive INTERROGATIVE INDIRETTE
Le frasi interrogative indirette sono quelle che esplicitano un dubbio, una domanda,
un quesito contenuti nella frase principale (nel verbo che completano). Sono un tipo
particolare di frasi oggettive: sono l’oggetto di un verbo che esprime una domanda,
un verbo di conoscenza o percezione in forma negativa, interrogativa o imperativa.
Possono esplicitare quindi un dubbio o una domanda. O essere il resoconto di un
domanda:
1. Gli ho chiesto da dove venisse
2. Non so che cosa vuole fare
3. Gli ho chiesto se sapeva l’indirizzo del museo.
4. Non so quando sarò libero da impegni nella prossima settimana
5. Mi piacerebbe sapere che cosa farebbe.
6. Mi domando se direbbe le stesse cose anche davanti a lui.
7. Mi chiedevo se sarebbe davvero partito.
Le domande totali (quelle che hanno come risposta sì o no) sono introdotte da se. Le
domande parziali (a risposta aperta) sono introdotte da avverbi, pronomi e aggettivi
interrogativi: chi, che cosa, dove, quale, quando, come, perché
Frase complessa: dislocazioni delle frasi completive e uso del congiuntivo nelle
completive.
Come accade nella frase semplice, anche l’oggetto rappresentato da una frase
oggettiva in un periodo può essere dislocato. Ciò accade quando si tematizza
l’informazione contenuta nella frase completiva:
1.  Mi aveva detto che tornava > Che tornava me l’aveva detto (l’ = pronome
anaforico)
2. Come sia scappato non si sa / nessuno lo sa.

Frase complessa: le frasi RELATIVE


Un altro tipo è rappresentato dalle cosiddette pseudo relative chiama una funzione
predicativo. Allora abbiamo la relativa debole formata dal
1. Che polivalente o indeclinato Ad esempio torno nella città che sono nato.
2. Il che scisso o analitico (che + ripresa): simile al che polivalente con un Ky
invariabile, una struttura doppia, in cui il che è accompagnato da un pronome
più spesso clitico che esprime la funzione sintattica.
3. Con ripresa tramite un clinico: è simile allo standard, perché il relativo non è
indeclinato, ma è seguito da una ripresa ridondante tramite clitico esempio il
consiglio comunale di cui mi hanno fatto parte vari cittadini.
4. Con dove non locativo: sono relativi frequenti nel parlato di oggi esempio è
una situazione dove mi sono trovato a disagio
• Le frasi relative sono l’espansione di un nome. Nel periodo hanno la funzione
di attributo (aggettivo), sono quindi un modificatore di un nome. Sono
introdotte dai pronomi che, il quale, cui, quanto, dove.
• Le relative possono avere un antecedente, possono cioè riprendere un nome:
1. Sto aspettando il treno che parte alle 11.
2. Il fatto risale allo scorso giugno, quando la signora decide di partire per le
vacanze.
3. Si è trasferito anche lui a Milano, dove abita mio fratello.
O possono essere frasi relative libere: quando sono introdotte da un pronome relativo
“doppio” (non c’è la ripresa esplicita di un nome): *Relativi doppi: quanto, chi,
chiunque. A questa categoria appartengono anche le relative con valore locativo
introdotte da dove, dovunque, laddove.
1. Chi vuole raggiungerci può avvisarci con un’e-mail.
2. Chi arriva per ultimo paga per tutti
3. Non invitare chi si è comportato in modo antipatico
4. Non fidarti di chi ti dice queste cose.
 È importante distinguere tra relative restrittive e relative appositive.
Le relative restrittive o limitative limitano il significato del nome a cui si riferiscono;
ad. es.:
1. Gli studenti che non hanno ancora sostenuto l’esame possono presentarsi
domani nell’aula 2.1. (soltanto quegli studenti tra tutti gli studenti).
Le relative appositive danno una proprietà o attribuiscono un’azione, un fatto a un
referente già identificato:
3. Gli studenti, che questa mattina hanno fatto l’esame, oggi pomeriggio erano
tutti molto più rilassati (tutti gli studenti).
 Frasi temporali.
Le frasi temporali inseriscono il processo verbale principale nel tempo, creando una
cornice temporale. Indicano, perciò, tre tipi di rapporti temporali: contemporaneità,
posteriorità e anteriorità.
La relazione di contemporaneità è presentata dalle congiunzioni mentre, quando,
come o da locuzioni come nel momento in cui nel costrutto esplicito; in quello
implicito l’infinito è introdotto dalla preposizione articolata nel, dalla locuzione al
momento di, oppure la relazione è contenuta in un gerundio:
1. L’attore è stato fotografato mentre usciva da un albergo di Londra
2. Arrivando a casa, si accorse che… ( = ‘mentre arrivava’)
3. Camminando, osservava chiese e monumenti ( = ‘mentre camminava”)
4. Al momento di partire, si accorse…
Quando può avere indicare un momento preciso (puntuale) o può avere anche anche
il significato di ogni volta che (iterativo):
1. Quando è arrivato ci ha subito avvertito
2. Quando l’ho visto l’ho chiamato
3. Quando (Ogni volta che) viene a Roma passa sempre a salutarmi
La relazione di anteriorità è indicata dalla locuzione prima che, che vuole un verbo al
congiuntivo nel costrutto esplicito; in quello implicito si usa la locuzione prima di:
1. prima che arrivi domenica le telefonerò
2. prima di passare ti telefonerò
La relazione di posteriorità è indicata dalla locuzione dopo che nel costrutto esplicito;
la forma implicita della frase si costruisce invece con dopo più infinito o una volta
più il participio passato:
1. Ripartirò dopo che avrò fatto colazione
2. Dopo aver fatto colazione, ripartirete
3. Una volta arrivato, si accorse…
Altre possibilità sono le introduzioni con come e con la costruzione participio
passato + che + indicativo (tipo Giunto che fu):
1. come ebbe finito, si guardò allo specchio
2. Giunto che fu sulla spiaggia, Pinocchio dette una grande occhiata al mare.
La relazione di successione temporale può essere espressa anche da sequenze di frasi
coordinate o giustapposte, eventualmente con l’aggiunta di avverbi di tempo come
prima o poi:
1. Ho fatto colazione e poi sono uscito.
 Frasi causali
Le frasi causali indicano la causa, la ragione o il motivo che determina il fatto
espresso dalla frase principale. Nel costrutto esplicito sono introdotte da perché,
poiché, giacché, siccome o da locuzioni come dato che, visto che, considerato che,
dal momento che, in quanto, per il fatto che, tanto più che (che rafforza la causa); con
siccome la causale precede la principale:
2. Non sono uscito, perché pioveva
3. Non sono uscito, avendo visto che pioveva.
4. La mensola è cascata perché le cose che ci avevi messo sopra pesavano
troppo.
5. Siccome dovevo studiare, non sono uscito (si noti che la causale introdotta da
siccome va anteposta alla reggente).
Nel costrutto implicito la causale all’infinito è introdotta da per o per il fatto di o può
anche essere una frase al gerundio passato:
1. Per il fatto di aver avuto ragione una volta, pretende di avere sempre ragione
2. essendo arrivati tardi, non sono riusciti a prendere il treno …
Anche la relazione causale può essere inferita in una sequenza:
1. Arrivarono tardi. Non riuscirono a prendere il treno (la causa precede
l’effetto)
Nota: nell’italiano parlato il motivo per il quale si dà un ordine può essere espresso
anche con il che polivalente, il che usato per più funzioni (come congiunzione
generica, con valore causale, finale, consecutivo…); es.: Sbrigati che è tardi. Nello
scritto molto formale, per esplicitare la relazione logica, si ricorre talvolta alla
variante grafica ché:
2. Non ho lo scopo di dire qui, ché sarebbe fuori luogo, che cosa sia o debba
essere tale disciplina.
Le causali indica un motivo retrospettivo:
3. Non sono uscito, perché dovevo studiare
4. Siccome dovevo studiare, non sono uscito; o un motivo prospettivo (il
significato è ‘prevedere di’, ‘avere l’intenzione’):
5. Esco adesso perché dopo ci sarà traffico, È uscito adesso perché voleva
prendere il treno delle sette.
Altri esempi di costrutti impliciti delle frasi causali:
- a + infinito: Lui gli diceva ch'era un asino ad aver lasciato che lo prendessero
- Con + infinito: lo chiamavano Malpelo, e persino sua madre, col sentirgli dire
sempre a quel modo aveva quasi dimenticato il suo nome di battesimo
1. Bruna com’era, pareva sporca
2. Adesso che lo so, li avverto (temporale-causale)
3. Ora che ha tempo, può dedicarsi alla musica.
 Frasi finali.
Le frasi finali indicano la fine, lo scopo, l’intenzione verso i quali si orienta la frase
principale; indicano un motivo collocato nel futuro (che coincide con un’intenzione):
1. è uscito adesso perché voleva prendere il treno delle 7.40 (la prospettiva è
verso il passato, obiettivo contenuto nell’intenzione: frase causale);
2. è uscito adesso per prendere il treno delle 7.40 (l’azione è proiettata al futuro,
l’obiettivo è esterno all’intenzione: frase finale)
Nella forma esplicita sono introdotte da perché che vuole il congiuntivo o da
affinché. La forma implicita è introdotta da per o locuzioni come al fine di, allo
scopo di, nell’intento di + infinito
1. è andato in America per fare fortuna
Alcuni verbi reggono una frase completiva dal contenuto finale (la cui forma è
sempre all’infinito):
2. verbi di movimento: è andato a comprare il biglietto; siamo venuti a
prenderti.
3. verbi di tendenza: ho cercato in tutti i modi di aggiustare il computer.
4. verbi direttivi: l’ho esortato a scrivere presto l’articolo
Un’introduzione tipica delle frasi finali è quella di perché + congiuntivo. Si
comprende bene il valore finale di questa codifica nei versi di questa poesia di
Giorgio Caproni, nei quali la prima frase introdotta da perché è una causale, la
seconda, una finale:
“ma prego: / prego (e in ciò consiste / – unica! – la mia conquista) / non, come
accomoda dire / al mondo, perché Dio esiste: / ma, come uso soffrire / io, perché Dio
esista”

 Frasi concessive.
Le frasi concessive esprimono un evento o uno stato che dovrebbe portare a una
conseguenza, la quale però è contraddetta dalla principale. Indicano il mancato
verificarsi dell’effetto, introducono un elemento inatteso. Sono introdotte nel
costrutto esplicito da anche se (+ indicativo) benché, malgrado (che), nonostante
(che), sebbene (+ congiuntivo), con tutto che, ancorché, seppure:
1. Sono soddisfatto di quanto abbiamo fatto, anche se abbiamo commesso
qualche errore.
2. Guidava la sua macchina nonostante avesse la patente sospesa dal 2009.
Le forme implicite sono introdotte da pur + gerundio costrutti impliciti:
Pur senza + infinito:
1. Ebbene, pur senza fare allarmismi, con questo dossier vogliamo invitare i
nostri lettori a prestare un po’ di attenzione ai mille pericoli che si
nascondono dietro l’acquisto di un giocattolo.
2. L’allenatore non perde di vista l’obiettivo dei tre punti, pur dovendo fare i
conti con tante assenze / pur non avendo a disposizione molti giocatori.
3. Hanno senso del comico e sanno mettersi in gioco anche come attori e attrici
senza eccesso di pudore, pur non rinunciando al rigore richiesto dalle
partiture.
per + infinito:
Nemmeno a, neanche a, manco a:
1. Non voleva neanche a pregarlo
2. Nel parcheggio della stazione non c’è un posto nemmeno a pagarlo.
A costo di:
1. Nessuno mi fermerà, a costo di andare a nuoto
Il participio passato può avere valore concessivo:
2. Questa conclusione, benché trovata da povera gente, c'è parsa così giusta, che
abbiamo pensato di metterla qui, come il sugo di tutta la storia.
3. Frontone, per quanto celebrato dai contemporanei come il più grande oratore
del tempo e la massima autorità in campo di teoria retorica, è giudicato
abitualmente un letterato di ristrette vedute.
 Frasi consecutive
Le frasi consecutive indicano la conseguenza dell’azione o del fatto contenuto nella
reggente; l’effetto o il risultato di un elemento o di un intero evento della frase
principale:
1. è tanto vecchio che non esce più di casa
(+ conseguenza: tanto – intensificatore – indica che la causa provoca necessariamente
l’effetto)
2. Era così stanco che si è addormentato subito.
3. È talmente volgare che non lo sopporto.
Si trovano al congiuntivo in una frase negativa o retta da una frase negativa:
1. È lontanto, ma non così tanto che non si possa andare a piedi (connotazione di
eventualità o potenzialità)
E anche al condizionale:
2. questa preparazione è talmente facile che non avrebbe neanche senso forse
descriverla
Si riconoscono consecutive con costrutti forti: hanno un antecedente strettamente
legato a un sintagma della sovraordinata, così, tanto, a tal punto, tale, talmente,
tanto…:
3. Odia a tal punto l’Inter che la vorrebbe in serie B.
4. Era così bella che non potevo smettere di guardarla.
5. il fastidio era così leggero che l'ho trascurato e ho continuato a fare attività
sportiva.
6. si prese una tale paura che non pensò neppure a difendersi
7. È talmente presto che non si può limitare la lotta a due squadre
8. era tanto distratta che cadde nel mare (avverbio)
E consecutive con costrutti deboli: legano una sovraordinata che ha una sua
autonomia semantica, che esprime un contenuto in sé compiuto e sono introdotte da
sicché, cosicché, tanto che, in modo che, in maniera che, al punto che:
1. la squadra di Pellegrini, in vantaggio 2-0 all'intervallo, si è fatta rimontare
nella ripresa, cosicché le posizioni di testa rimangono invariate 
 Frasi ipotetiche o condizionali.
La relazione condizionale si esprime in una costruzione chiamata periodo ipotetico.
Il periodo ipotetico è formato da una pròtasi (premessa) introdotta da se e
un’apòdosi (conseguenza); è un ragionamento su cause e motivi non reali, su
un’ipotesi:
2. Se non piove, andrò al mare.
3. Se lo sapevo, non uscivo di casa.
4. Se l’avessi saputo, non sarei uscito di casa.
5. Se fosse rimasto qui, avrebbe sicuramente trovato un lavoro.
6. Se non cambia la situazione, saremo costretti ad andare via.
7. Se non vorrà parlare con noi, dovremo spedirgli una lettera.
8. Se anche volessimo fare qualcosa, che cosa potremmo fare?
Altri introduttori della frase ipotetica sono casomai, qualora e locuzioni come
ammesso che, posto che, a condizione che, a patto che:
1. Non ci saranno le elezioni. Casomai ci fossero, sarebbero organizzate per la
prossima primavera.
2. Qualora fosse annunciato un ritardo per il volo, è comunque necessario
presentarsi al gate d’imbarco negli orari previsti in origine?
Sfumature di significato con altre introduzioni:
1. Se anche: se anche volessimo fare qualcosa, cosa possiamo fare? (ammissione
ipotetica)
2. Se pure, seppure: se pure dovesse  accadere, non sarebbe una tragedia 
3. Se mai, semmai: semmai avesse bisogno di altri chiarimenti…
Ove, dove, laddove:
1. Gli illeciti edilizi comportano sanzioni sia amministrative che penali e, in
alcuni casi, laddove risultasse necessario, anche la messa in opera dei sigilli.
2. Qualora: Qualora fosse annunciato un ritardo per il volo, è comunque
necessario presentarsi al gate d’imbarco negli orari previsti in origine?
3. Quando (sfumatura temporale): Con l’Europa, succede quello che succedeva a
Sant’Agostino col tempo: quando non ci si chiede cosa sia, si sa cos’è, ma
quando lo si domanda, non lo si sa più.
Introducono frasi ipotetiche anche locuzioni congiuntive come Ammesso che, dato
che, posto che (possibili sfumature concessive ),Ammesso e non concesso che, A
condizione che, a patto che
Nella misura in cui + indicativo
Esempi di costrutti impliciti:
1. A sentirli, si direbbe che il loro collega abbia ragione.
2. È una malattia tutto sommato normale. Non curata, può peggiorare.
3. Inserire utente e password, se richiesti.
4. Stando alle voci, non era nato in Italia.
5. Speravo, ottenendo quella risposta, di poter partire.
Pur di + infinito: Cioccolato:
1. pur di mangiarlo si sopporta anche il dolore
Con le frasi condizionali si può formare anche un costrutto biaffermativo, una
struttura che ‘afferma due volte’: si presenta così una premessa vera per contrapporre
poi un’altra affermazione vera; è come se si desse all’interlocutore la possibilità di
considerare vera la premessa per poter poi affermare la verità della conseguenza (ciò
che si presenta quindi è un collegamento tra due diritti di affermare due fatti):
2. Se in questi giorni al Nord piove, al Sud nevica.
Un costrutto simile è quello binegativo, con il quale si presenta l’assurdità di una
conseguenza per togliere verità alla premessa (l’intento è quindi polemico):
3. Se lui è il quarto cuoco più bravo del mondo, io allora sono Carla Fracci.
 Frasi comparative.
Le frasi comparative servono a fare un paragone rispetto a ciò che è detto nella frase
reggente (a indicare quindi una relazione di maggioranza, minoranza, uguaglianza
con un termine di paragone). Gli introduttori del paragone saranno quindi più / meno
che, più / meno di quanto, di quello, di come; tanto quanto:
4. Riparare il computer costa più che comprarlo nuovo (maggioranza).
5. Ha piovuto meno di quanto ci aspettassimo (minoranza).
6. tanto quanto è indispensabile alla natura, l’acqua è indispensabile anche al
nostro corpo (uguaglianza).
 Frasi modali.
Sono frasi modali quelle che esprimono la maniera in cui si realizza il contenuto della
reggente (e possono servire anche a fare una comparazione di analogia; queste sono
introdotte da come: Facciamo come dice lui; oppure possono essere espresse con il
gerundio): camminava appoggiandosi al bastone
Se indicano il fatto per mezzo del quale si realizza quanto è detto nella reggente
hanno valore strumentale.
1. Mi ha convinto discutendo
2. È guarito curandosi bene
 Nota: le frasi al gerundio (gerundive).
Quando una frase è al gerundio occorre inferire il suo valore logico considerando il
significato delle parole che costituiscono le frasi del periodo. Il gerundio potrà avere
un valore
- modale (strumentale)
- temporale
- causale
- ipotetico
- concessivo (pur + gerundio; es.: pur avendo frequentato il corso, questo
studente non ha fatto l’esame a giugno).
Attenzione: il gerundio ha sempre il soggetto della frase reggente a cui è legato;
esiste tuttavia la possibilità di fare una frase con un gerundio assoluto, un gerundio
che ha il suo soggetto espresso:
1. Essendo i suoi genitori cittadini argentini, gli venne automaticamente
assegnata la cittadinanza argentina (causale).
Gerundio coordinato (corrisponde a una frase coordinata):
2. La Cardinale, che attendeva l'imbarco per le isole Mauritius nella sala VIP,
ha reagito male passando alle maniere forti contro l'esterrefatta impiegata (‘e
è passata alla maniere forti’)
 Frasi avversative.
La relazione avversativa, quella che c’è tra due processi reali ma presentati come
opposti, può essere espressa dalla congiunzione coordinativa ma (indicazione di un
evento che contrasta con quanto si dice nella frase precedente), e anche da però o
bensì. Oppure può essere codificata con le congiunzioni subordinative mentre (o
anche quando):
3. tu insisti mentre dovresti stare zitto
4. In montagna l’aria è pulita, mentre in città in questi giorni non si respira.
5. ha dato tutta la colpa ai suoi dipendenti, quando è lui il responsabile
E nel costrutto implicito può essere introdotta da anziché o invece di:
1. Anziché lanciare allarmi, si lavori per dare ai lavoratori precari una
pensione giusta.

 Frasi eccettuative.
Le frasi eccettuative indicano una restrizione, hanno funzione di introdurre
un’eccezione rispetto al contenuto informativo dato nella frase reggente (ne
rettificano, ‘correggono’, il contenuto). Sono introdotte da a meno che, eccetto che,
salvo che, tranne che, fuorché,:
2. Penso di partire a meno che non cambi il tempo.
3. Tutto si può dire di quest’artista fuorché che non abbia ironia
4. Sono disposto a tutto tranne che a tradire un amico.
 Frasi esclusive.
Le frasi esclusive introducono un’esclusione, sottolineano il mancato verificarsi di
una circostanza:
1. Il tempo è passato senza che me ne accorgessi
2. è andato via senza avvisarci
 Frasi aggiuntive.
Le frasi aggiuntive danno un’informazione in più su ciò che dice la frase reggente.
Sono introdotte dalle locuzioni oltre a e oltre che e nell’italiano contemporaneo sono
solo in forma implicita, con il verbo all’infinito:
1. Oltre a essere un’appassionata di romanzi, adora l’arte e la storia.
 Frasi limitative
Le frasi limitative esprimono una limitazione rispetto alla reggente, secondo un
particolare punto di vista:
2. Per quanto ne so, non ci sono più possibilità.
3. Facile a dirsi.
Hanno questi introduttori:
- Per quanto, a quanto + indicativo o congiuntivo:
1. A quanto ne so, ancora non è in vendita
2. Per quanto ne sappia, questa teoria è tutta da dimostrare
- Per quel che:
1. per quel poco che ne so, ho sentito che non è male come marchio.
Seguito da un verbo come concerne, si riferisce, riguarda ecc. costituisce una
locuzione preposizionale con valore limitativo.
2. Che + cong.: che io sappia queste cose danneggiano la batteria

Il costrutto implicito richiede l’infinito introdotto da in quanto a, Quanto a…:


3. Quanto a partecipare alla vita lavorativa qui in Svezia non c'è quasi differenza
tra uomini e donne.
Sono interpretabili come limitativi altri costrutti con gli aggettivi bello, brutto, facile,
difficile, strano ecc.:
4. sono cose difficili a spiegarsi
5. È un frutto bello da vedere
6. Il disegno era facile da fare
Uno stesso aggettivo può avere più costrutti diversi:
1. Un pretesto non era difficile a trovarsi
2. Quella storia pareva più difficile da raccontarsi
 Nota: La costruzione fattitiva o causativa: i verbi fare e lasciare
La costruzione fattitiva o causativa è quella costruzione composta da due frasi unite
senza connettori, formate con il verbo fare o lasciare + l’infinito di un altro verbo:
1. Lo farò vedere a un esperto d’arte antica
2. Devo farlo sapere anche a Roberto
3. Gli ho lasciato prendere quello che voleva
Serve a presentare due agenti: il primo è il soggetto del primo verbo; l’altro, diverso,
quello del secondo verbo all’infinito. Indica che il primo soggetto ha il potere di agire
sul secondo: gli fa fare, appunto, l’azione indicata (es. mi fa ridere). Il contenuto del
verbo poi cambia il ruolo del soggetto: con lasciare si indica qualcuno che si limita a
non impedire che un’azione accada: gli ho lasciato scegliere il suo regalo.
Dalla costruzione causativa o fattitiva si è arrivati spesso a un verbo sintagmatico
(polirematici: più forme verbali che si usano sempre insieme per indicare un solo
significato):
- fare avere: ‘dare’ fammi avere il documento
- fare vedere: ‘mostrare’ fammi vedere la fotografia
- farsi vedere: ‘venire, essere presente’
- lasciare intendere: ‘alludere’.

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