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Elisabetta Jezek “Lessico, classi di parole, strutture, combinazioni”

CAPITOLO 1.
LESSICO E DIZIONARIO.

Lessico = Insieme delle parole di una lingua.

Dizionario = Descrizione del lessico di una lingua.

Lessico mentale = Il lessico è un oggetto astratto, un insieme strutturato di parole e di informazioni a

queste collegate, immagazzinato nella nostra mente. La struttura del lessico non corrisponde a quella del

dizionario. Non è organizzato alfabeticamente, ma piuttosto su base morfologica, semantica e sintattica.

Vocabolario = Da un lato è l’insieme dei vocaboli che costituisce una lingua, dall’altro è l’opera che

raccoglie e descrive questo patrimonio.

Le discipline che si occupano del lessico sono diverse.

Lessicologia = Studia il lessico di una lingua allo scopo di individuare le proprietà intrinseche delle parole e

illustrare il modo in cui queste sono in relazione tra loro e possono combinarsi. Si avvale di semantica e

sintassi.

Lessicografia = Ha come scopo principale quello della compilazione dei dizionari.

Nell’ambito della lessicografia possiamo distinguere

Lessicografia computazionale = Si serve di strumenti informatici per la compilazione dei dizionari

(Dictionary writing systems). Questi strumenti prendono il nome di corpora. Si occupa anche dei lessici

computazionali, ovvero banche da lessicali consultabili on line.

LESSICO E SEMANTICA.

Piano lessicale e del significato si intersecano senza sovrapporsi.

Concetti e codifica lessicale = Le parole hanno un contenuto (significato). Possiamo quindi isolare da un

lato il piano formale delle parole e dall’altro il loro significato.

Lessicalizzazione = Diretta associazione di un concetto con una forma lessicale (associazione tra un

significante e un significato) che porta all’esistenza di una parola in un dato lessico.

Interpretazione dinamica = Il termine lessicalizzazione è utilizzato per indicare un qualsiasi processo che

unisce un determinato concetto ad una forma lessicale.

Ogni singola parola è fru o di una lessicalizzazione.

Univerbizzazione (Univerbazione) = Procedimento specifico in base al quale una sequenza di elementi

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lessicali che solitamente si presentano adiacenti in un testo, acquistano progressivamente un significato

autonomo e quindi lo status di parola (Es. per lo più -› perlopiù ). Le sequenze che si formano

dall’univerbazione non presentano un significato desumibile dalla somma dei costituenti.

Interpretazione statica = Considera la lessicalizzazione non dal punto di vista del processo, ma da quello del

risultato, cioè della parola risultante. ( Ad esempio in italiano abbiamo tre lessicalizzazioni legno, legna,

bosco, per esprimere ciò che ad es. in francese si esprime con la sola parola bois.

TIPI DI LESSICALIZZAZIONI.

Tra concetti è parole non vi è mai una corrispondenza 1:1. Abbiamo per questo vari tipi di lessicalizzazione.

Lessicalizzazioni sintetiche = Nell’associazione forma contenuto si attua un processo di sintesi, cioè la

compressione di più elementi di contenuto in uno stesso elemento lessicale. (Es. CORRERE esprime il moto

e la maniera in cui avviene il movimento.)

Lessicalizzazioni analitiche = L’associazione forma/contenuto è attuata attraverso l’analisi, cioè la

distribuzione del contenuto su più forme lessicali. (Es. DARE UN PUGNO, PRENDERE IL VOLO).

Lessicalizzazioni descrittive = Il designato è associato alla parola tramite una descrizione. Ad Es.

LAVORATORE è un nome descrittivo poiché contiene il morfema –TOR che chiarisce si tratta di qualcuno

che svolge un’attività.

Lessicalizzazioni etichettanti = Il designato è associato alla parola tramite l’utilizzo di un’etichetta. MEDICO

è un nome etichettante, poiché non c’è nessun morfema che ne specifichi lo svolgimento di un’attività.

Molte lingue non lessicalizzano determinati concetti, cioè non li associano a nessuna parola, molte volte per

questioni di mancanze di quei determinati oggetti in una data cultura o, ancora, lessicalizzano uno stesso

concetto in maniere differenti. Un Es. è tra l’italiano OROLOGIO e l’inglese che distingue tramite due forme

lessicali differenti CLOCK (orologio da parete) E WATCH (orologio da polso)

SIGNIFICATO LESSICALE E SIGNIFICATO GRAMMATICALE.

Il significato è distribuito su tutti gli elementi che compongono una lingua. Ciò che contraddistingue le

parole è che hanno un significato più immediatamente percepibile e descrivibile. Distinguiamo vari tipi di

parole.

Parole contenuto = Fanno parte di questa classe le categorie lessicali maggiori ovvero: verbi, nomi aggettivi

e avverbi. Il significato di queste parole è chiamato significato lessicale. Queste hanno significato da sole,

sono cioè semanticamente autonome. Le parole contenuto costituiscono un insieme aperto, cioè entrano
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ciclicamente a farne parte sempre elementi nuovi.

Parole funzione = Fanno parte di questa categoria articoli, pronomi, congiunzioni e preposizioni. Il

significato di queste parole è chiamato significato grammaticale e acquisiscono senso in relazione alle

parole contenuto alle quali si riferiscono. Quella delle parole funzione è una classe chiusa

TIPI DI SIGNIFICATI GRAMMATICALI.

Non solo le parole funzione esprimono significati grammaticali. Adempiono a questo compito anche le

strutture sintattiche (come il passivo) e i morfemi non lessicali (quindi i morfemi grammaticali).

Passivo = E’ una struttura sintattica che il significato grammaticale di presentare un evento dal punto di

vista dell’elemento che subisce l’azione.

Morfemi non lessicali = Essi non esprimono il significato lessicale di una parola, bensì lo specifcano.

Prendiamo in analisi il morfema –a della parola italiana “ragazza”. Questo morfema contiene l’informazione

di genere e numero del morfema lessicale ragazz-.

Altre lingue a struttura Gessiva come l’italiano, hanno altri modi per lessicalizzare genere e numero

Prendiamo in esame il tedesco che u lizza un mezzo lessicale e non un morfema, per esprimere genere e

numero. JUNG- MӒJDCHEN.

Possiamo chiamare il significato lessicale e quello grammaticale come categorie. Ne esistono diverse.

Numero = Consente di distinguere tra “uno” da un lato e “più di uno” dall’altro. La categoria del numero

può essere espressa con raddoppiamenti del morfema lessicale (reduplicazione), con modifica del morfema

lessicale (mouse/mice) e con grado zero.

Genere = Nelle lingue naturali il genere è applicato non solo a parole che designano persone o esseri

animati, ma anche ad oggetti concreti e astratti. È necessario quindi distinguere tra genere naturale e

genere grammaticale.

Genere grammaticale = E’ una categoria linguistica che può coincidere con il genere naturale, oppure può

basarsi su elementi del tutto discordanti da quelli di genere naturale. È solitamente espresso con mezzi

morfologici, ma lo si può esprimere anche con mezzi lessicali.

Tempo = Fa riferimento alla distinzione cronologica tra passato/presente/futuro. Le lingue dispongono di

sistemi temporali che descrivono un determinato momento dell’enunciazione e possono essere diversi. A

volte iene espresso dalla morfologia verbale, altre da morfemi lessicali lega al verbo. (Ad esempio il futuro

italiano ottenuto dal presente verbali +avverbi di tempo)

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Aspetto = Fa riferimento al modo in cui un evento è presentato. La categoria dell’aspetto distingue tra

tempi IMPERFETTIVI e PERFETTIVI, momento INGRESSIVO (sta per piovere) e PROGRESSIVO (sta piovendo).

L’aspetto può essere espresso anche attraverso il lessico.

Diatesi = E’ legata alla prospettiva dalla quale è presentato un determinato evento. Se il partecipante che

attiva l’evento è attivo, allora la diatesi è attiva. Al contrario se il soggetto indica il partecipante che subisce

l’evento allora la diatesi è passiva

LA NOZIONE DI PAROLA.

Nella nozione comune, costituisce una parola ciò che esprime un significato unitario, ciò che è compreso

graficamente tra spazi bianchi e può essere pronunciato in isolamento. Ma nella linguistica la nozione di

parola è molto più complessa e non immediatamente predicibile.

IL CALCOLO DELLE PAROLE IN UNA LINGUA.

Il calcolo non è semplice, per questo sono state istituite delle forme di riferimento (infinito del verbo,

singolare del nome).

Lessema= Indica l’unità del lessico assunta come forma base alla quale sono ricondotte tutte le altre forme

Gesse.

Lemma= Corrisponde alla singola voce di un dizionario e in ambito lessicografico costituisce la controparte

del lessema.

Cos0tuente seman0co = Sequenze di parole che dal punto di vista grafico sono formate da più elementi.

Esprimono un concetto saliente nella sua globalità e quindi unitario. (vuotare il sacco, chiedere scusa…)

Le espressioni linguistiche costituite da più parole prendono diversi nomi: unità lessicali superiori, unità

polirematiche, costruzioni lessicali, espressioni multiparola, parole complesse, lessemi complessi.

Quando queste sequenze hanno un significato che non è composizionale, si parla di locuzioni, espressioni

idioma0che, fraseologie. Per molti linguisti lo status delle espressioni multiparola è assimilabile a quello

delle costruzioni.

Costruzione= Unità intermedia tra sintassi e lessico, dotata di significato proprio, non totalmente

predicibile dalla somma dei costituenti, con struttura parzialmente flessa.

Lessemi omonimi= Due forme che hanno in comune il suono e la grafica, ma che non condividono il

significato. Solitamente gli omonimi, si escludono a vicenda in determinati contesti. Non possono, quindi,

mai occorrere contemporaneamente.

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Lessema polisemico = Unica forma in cui sono cumulati più significati. Unico significante, significati multipli.

METODI PER RITAGLIARE LE PAROLE.

La parola, per essere considerata tale, deve esibire due proprietà principali, ovvero: la COESIONE TRA LE

PARTI COSTITUENTI e l’ORDINE FISSO DEI COSTITUENTI. In più va considerata l’AUTONOMIA

Test di separabilità= Consiste nel separare le par che si suppone siano i costituenti di una parola e vedere

se il risultato è comunque accettabile. Gli elementi inseriti per separare sono generalmente elementi che

modificano il costituente principale (aggettivi e avverbi). Se il risultato è accettabile, allora i costituenti

formano una parola autonoma, in caso contrario no.

Test dell’ordine dei costituenti = Consiste nello scambiare l’ordine dei costituenti utilizzando speciali

costruzioni sintattiche (dislocazioni). Se il risultato di questo cambio d’ordine è accettabile, la sequenza

costituisce una parola complessa.

UNA PAROLA E’ PER DEFINIZIONE UN’UNITA’ LE CUI PARTI COSTITUENTI HANNO UN ORDINEFISSO CHE

NON PUO’ VARIARE.

Sostituibilità paradigmatica = Questo test consiste nel sostituire uno dei costituenti con un sinonimo o

quasi sinonimo. Se la sequenza ha uno status di parola, allora il sinonimo andrà a rompere la coesione

interna generando una sequenza senza senso.

TIPI DI PAROLE.

Le parole si distinguono in:

1. Parole che si sono formate attraverso le regole di formazione tipiche di una

lingua (composizione, derivazione)

2. Parole costituite attraverso la progressiva cessazione dei rapporti

semantici e sintattici tra due o più parole semplici che generalmente cooccorrono.

Parole semplici= Costituite da un unico morfema lessicale libero (ieri) o da un morfema lessicale legato ad

uno Gessivo (cane).

Parole morfologicamente complesse = Costituite da un morfema lessicale e da almeno un altro morfema

lessicale/derivazionale legato ad un morfema Gessivo (tavolino).

Parole sintagmatiche = Parole che si presentano come dei sintagmi, ma che si distinguono da questi ultimi

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in quanto hanno una coesione interna che non è pica dei sintagmi. (sala da pranzo).

Composti incorporanti = Parole formate attraverso il meccanismo dell’incorporazione. Questo fenomeno si

realizza quando un nome viene incorporato in una radice verbale (manomettere).

Composti giustapposti = Sono costituiti da più elementi lessicali accostati in sequenza lungo la catena

sintagmatica, allo scopo di esprimere un concetto saliente per una determinata comunità. I rapporti interni

del composto possono essere vari.

Abbiamo:

- tipo coordinativo (odio amore)


- tipo subordinativo (busta paga)
- tipo attributivo/appositivo (viaggio lampo)

Questi rapporti sono offuscati dall’assenza di un elemento che espliciti la relazione interna agli elementi del

composto.

Sintagmi fissi= Sequenze di parole che presentano una coesione interna decisamente maggiore a quella

delle combinazioni libere di parole.

TIPOLOGIA DELLA PAROLA.

La tipologia della parola va ricercata nel tipo linguistico. I principali sono isolante, polisintetico, agglutinante

e fusivo-Gessivo.

Parole isolanti= Tendenzialmente format da un unico morfema lessicale libero, il quale ha generalmente la

caratteristica di essere monosemico e invariabile nella forma (cinese mandarino e vietnamita).

Parole polisintetiche = Formate dall’unione di più morfemi, sia lessicali che grammaticali. La parola

polisintetica somiglia ad una frase ed è fatta di tanti pezzi, ognuno dei quali racconta qualcosa sul

signficato della parola. (Lingue Yupik dell’Alaska e della Siberia)

Parole agglutinanti= Formate da un morfema lessicale e da uno o più morfemi Gessivi e derivazionali in un

ordine rigido. In qualsiasi contesto hanno sempre lo stesso significato (turco e ungherese).

Parole fusivo-flessive= Un unico morfema somma spesso in sé più significati (italiano)

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CAPITOLO 2.

L’INFORMAZIONE LESSICALE.

Informazione lessicale = Si indica generalmente quell’insieme di informazioni contenute in una parola.

Queste informazioni condizionano l’utilizzo delle parole nei vari contesti.

Abbiamo visto che le parole possono avere sia un significato lessicale che uno grammaticale. Ma i significati

delle parole possono essere ancora molteplici.

Significato denotativo= La proprietà di una parola di poter indicare o di potersi riferire non solo ad un

oggetto, ma all’intera classe degli elementi che condividono le caratteristiche di quell’oggetto. È una

proprietà tipica di nomi comuni e NON propri. Il significato denotativo costituisce il significato oggettivo di

una parola.

Significato connotativo= Riguarda quegli aspetti del significato che hanno carattere di attributo. Sono le

proprietà che possono sommarsi al significato di base. Il significato connotativo può esprimere:

• L’attitudine dei parlanti nei confronti del referente della parola (significato emotivo o espressivo, ad

es. Finocchio per omosessuale).

• Riconoscimento del parlante della situazione comunicativa (significato stilistico, ad es. fanciullo per

bambino).

• Intenzione comunicativa del parlante (significato pragmatico, discorsivo o sociale). Questo

significato è strettamente dipendente dal contesto d’uso.

Significato collocazionale= Significato che una parola assume soltanto in combinazione con un’altra

parola specifica.

Oltre al significato, le parole hanno altre proprietà.

Proprietà foniche = Le parole hanno un suono caratterizzato da una struttura sillabica e da

un’accentazione.

Proprietà grafiche= Costituite dall’insieme di caratteri attraverso i quali il suono della parola è reso

nella tradizione scritta.

Proprietà morfologiche = è opportuno distinguere tra proprietà riguardanti la struttura morfologica e il

comportamento morfologico. Hanno struttura morfologica le parole composte da più morfemi.

Per quanto riguarda il comportamento morfologico le parole possono appartenere ad una specifica

classe Gessiva che condiziona il loro comportamento (ad es. la classe degli aggettivi invariabili).

Classe lessicale = Per quanto riguarda il comportamento morfologico, in base alla classe lessicale di

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appartenenza, una parola si presta a certi tipi di modificazione piuttosto che ad altri. Le parole possono

appartenere a più classi lessicali contemporaneamente (ad es. l’inglese con scarsa morfologia. Book

nome e to book verbo).

Predicato = Parole che nel discorso hanno la funzione di predicare, di dire cioè qualcosa a proposito dei

referenti indicati dalle altre parole. Un elemento linguistico è un predicato se esprime le proprietà di

un’entità o se descrive la relazione tra più entità.

Argomenti = Parole rispetto alle quali i predicati dicono qualcosa. Una parola è un argomento se

identifica una delle entità rispetto alla quale il predicato dice qualcosa.

Struttura argomentale = Le parole che hanno la funzione di predicare posseggono un’ulteriore

informazione lessicale. È l’informazione che specifica lo schema minimo di argomenti necessari per

completare il proprio significato.

Aktionsart= I predicati possiedono un ulteriore tipo di informazione rispetto alle parole. Questa

informazione riguarda il modo in cui si presenta l’evento in relazione alle fasi temporali che lo

costituiscono.

Struttura eventiva = E’ uno schema che mette in luce la composizione interna dell’evento espresso da

un verbo. È basata sull’idea che un evento sia scomponibile in unità più piccole dette sottoeventi.

INFORMAZIONE LESSICALE E CONOSCENZA ENCICLOPEDICA.

Informazione lessicale= Riguarda la quantità di informazioni associate ad una parola che si ritiene

debba entrare nella sua definizione. Deve essere esclusa la conoscenza enciclopedica.

Conoscenza enciclopedica= E’ genericamente quell’ampio insieme di conoscenze di cui dispone il

parlante e che egli associa al concetto espresso da una parola e che gli derivano dalla sua conoscenza

del mondo

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CAPITOLO 3.

IL SIGNIFICATO DELLE PAROLE.

Semantica lessicale = Ha il compito di chiarire quale sia il significato delle parole. Il significato delle

parole è particolarmente complesso per una serie di motivi:

• Perché la maggior parte delle parole acquistano un diverso significato in base al contesto in cui

si trovano. Questo dipende dall’alto grado di polisemia del lessico.

• Dal significato delle parole partiamo per costruire il significato delle frasi, ma quest’ultimo non

è quasi mai deducibile dalla somma delle singole parole.

Semantica frasale= Si occupa di chiarire come si forma il significato delle frasi a partire dalle parole che le

compongono. Il contesto in cui una parola si trova influenza fortemente il suo significato.

Contesto = E’ l’insieme di elementi linguistici adiacenti ad una parola, quindi gli elementi che la precedono

e la seguono.

- Contesto sintattico= Insieme degli elementi linguistici adiacenti ad una parola vis dal punto di vista
delle loro proprietà sintattiche. Il contesto sintattico può essere di tipo nominale, verbale…
- Contesto semantico= Insieme degli elementi adiacenti ad una parola visti dal punto di vista
semantico. Quando le parole si combinano il significato dell’una influenza quello dell’altra.
- Contesto linguistico= contesto sintattico + contesto semantico
- Contesto situazionale (pragmatico, extralinguis0co)= Quando il significato di una parola non è
disambiguato dal contesto linguistico, lo è dal contesto situazionale, ovvero dalla situazione
comunicativa in cui l’enunciato che contiene una determinata parola è utilizzato.

AMBIGUITA’ E POLISEMIA DELLE PAROLE.

L’ambiguità è la proprietà di una forma lessicale di avere più di un significato.

Ambiguità contrastiva= Omonimia. Due parole che hanno la stessa forma, ma significati diversi. Questa

ambiguità è detta contrastiva perché gli omonimi sono contraddittori per natura, quindi i loro significati
non possono essere attivati nello stesso momento.

Ambiguità complementare = Polisemia. Una forma lessicale che ha diversi significati in diversi contesti.

Anche nel caso dell’ambiguità contrastiva i significati correlati a quest’unica forma non possono essere

attivati contemporaneamente, ma in base al contesto.

Quasi tutte le parole di una lingua sono polisemiche proprio per la caratteristica delle lingue di tendere

all’economia linguistica. Proprio per questo motivo la lingua utilizza dei sistemi in grado di estendere il

significato delle parole.

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Metonimia = Attraverso la metonimia il significato di una parola si estende per contiguità concettuale a

partire dall’oggetto indicato a ciò che entra in contatto con oggetti di quel tipo. La metonimia, così come la

sineddoche, portano ai significati comunemente chiama estesi.

Metafora= Quando si applica una metafora il significato di una parola è reinterpretato grazie ad una

similitudine che utilizza la parola in un contesto inusuale, nel quale acquista un nuovo significato figurato.

La metafora è particolarmente produttiva in ambito verbale.

Bisogna distinguere tra ambiguità, polisemia e vaghezza.

Vaghezza= Parole che non hanno un significato definito. Ad es. i nomi che indicano le fasce d’età

(adolescente).

TEORIE SULLA NATURA DEL SIGNIFICATO.

Sulla natura del significato sono state postulate diverse teorie, tutte con punti di forza e punti deboli.

Teoria referenziale del significato = Le parole sono lo strumento attraverso il quale noi facciamo

riferimento a ciò che esiste e accade nel mondo. Il significato delle parole consiste principalmente nella loro

capacità di stabilire una relazione con la realtà extralinguistica. La capacità di fare riferimento.

Atto del riferimento = Segue due procedimenti distinti. Quello della denotazione e quello della

designazione. Tramite il primo noi denotiamo gli elementi di una classe come un insieme. Tramite il

secondo noi designiamo un elemento in particolare della classe. (Ad es. “Questa sera si mangia pesce” (1)

“Il pese che abbiamo mangiato ieri era salato” (2)).

Teoria mentalista o concettuale = Asserisce che il riferimento che le parole instaurano con il mondo

esterno non sia diretto, ma frutto di un’immagine mentale di queste entità. Tale teoria afferma, quindi, che

le parole sono associate a dei concetti. Nel linguaggio entrano in gioco tre entità:

• Le cose

• Le immagini mentali delle cose

• Le parole foniche

La teoria mentalista sostiene che il pensiero abbia un ruolo fondamentale nel costruire la realtà, anziché

semplicemente fotografarla. Questo succede perché con le parole possiamo parlare non solo di conce

esistenti, ma anche id concetti astratti. Le parole, quindi, acquistano significato perché sono associate ad un

concetto. L’approccio mentalista è alla base della semantica cognitiva.

Teoria cognitivista= Ha due caratteristiche principali:

• Pone l’accento sugli aspetti psicologici del significato


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• Enfatizza il legame esistente tra l’attività di concettualizzazione e l’esperienza psico-&sica

dell’individuo.

• Stabilisce una sorta di identità tra il significato di una parola e il concetto al quale si riferisce.

Il concetto è una interpretazione della realtà, l’individuo concettualizza in base alla sua esperienza del

mondo e tutto ciò che associamo alle parole fa parte del loro significato. Quest’ultima affermazione è poco

condivisa dagli studiosi.

Abbiamo vari tipi di concetti:

• Concetti cognitivi: Entità instabili, hanno confini labili. Possono essere condivisi individualmente e

culturalmente. Appartengono alla struttura mentale. Universali.

• Concetti lessicalizzati: Formano il significato lessicale di una parola. Sono ancora ad una forma

lessicale, più stabili nell’uso e sono condivisi sia individualmente che culturalmente. Appartengono

alla struttura linguistica. Lessicalizzati in modi diversi da lingua a lingua.

Teoria strutturale = Il significato ha in primo luogo una natura relazionale. Il significato di una parola non

consiste esclusivamente nella sua capacità di riferirsi a qualcosa, ma nel valore che la parola assume in base

al significato delle altre parole. Ciò che ha importanza, quindi, non è l’oggetto in sé, ma la gamma di parole

di cui la lingua dispone per riferirsi a quella classe di oggetti. In questo approccio non è tanto importante la

nozione di signicato, quanto quella di VALORE.

Valore semantico= E’ il contenuto informativo di una parola. Una parola significa ciò che non significano le

altre nello stesso campo semantico.

Teoria del prototipo= La nozione di prototipo come elemento esemplare di una categoria è stata indagata

in primo luogo dalla psicologia e dalle scienze cognitive. In ogni categoria riuniamo oggetti o eventi che

condividono delle somiglianze. Tali somiglianze scaturiscono dalla condivisione di caratteri che riteniamo

fondamentali per la categoria.

Categoria= Nella visione tradizionale è categoria un insieme di elementi che hanno eguale status.

Secondo la teoria dei prototipi la categoria è diversa. È un insieme di elementi che ne vede al centro uno

esemplare. Il prototipo è costituito da tra che non sono tu necessari.

Il concetto chiave di questa teoria è quello di similitudine. La categorizzazione è sostanzialmente una

questione di somiglianza a un prototipo.

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SIGNIFICATO= CONCETTO CON AL CENTRO UN PROTOTIPO.

Teoria distribuzionale = Afferma che l’insieme dei contesti in cui una parola occorre, quindi la sua

distribuzione, svelino il suo significato. L’ipotesi, quindi, afferma che è possibile caratterizzare il significato

delle parole in modo relazionale. Questa ipotesi oggi è avvalorata dal grande utilizzo di corpora. La nozione

chiave di questa teoria è quella di VETTORE.

Vettore= L’insieme dei contesti di una parola viene codificato matematicamente con un vettore a n

dimensioni. Ciascuna dimensione registra il numero di volte in cui una parla compare in un certo contesto.

La somiglianza tra le parole viene poi analizzata in termini di stanza tra i vettori che le rappresentano. Il

vettore non ha alcun valore semantico.

CALCOLO SINTAGMATICO DEL SIGNIFICATO.

Calcolo del significato= Spiega come si forma il significato delle frasi a partire dal significato delle parole

che le compongono.

Principio di composizione= E’ utilizzato per spiegare come a partire dalle parole si formi il significato delle

frasi. Il significato si un enunciato dipende dai singoli elementi lessicali che lo compongono a condizione che

siano rispettate le regole di restrizione imposte dagli elementi lessicali stessi.

Questo principio, però, non è efficace da solo per la polisemia delle lingue.

Enumerazione dei sensi = Sostiene che i diversi significati di una parola polisemica siano tu elenca nella

parola e quindi nella sua semantica lessicale. La selezione del significato pertinente ha luogo a livello

sintagmatico

Concezione dinamica del significato lessicale= un lessico così organizzato è anteconomico. È necessario

concepire le parole come entità permeabili che si influenzano a vicenda. Il risultato di questa interazione

genera il significato delle frasi.

Ci sono vari principi che consentono di illustrare l’interazione semantica tra gli elementi lessicali di un

enunciato:

• Principio di co-composizione: Il significato di un verbo è definito da quello dei suoi argomenti. Ogni

verbo ha un significato di base invariabile. A questo significato si aggiungono i significati degli

argomenti del verbo che non vanno a sommarsi a quest’ultimo, bensì ne specificano il significato.

• Forzatura di tipo: Nei casi in cui questo principio si applica vi è un verbo che, in combinazione con

un nome, lo spinge a significare ciò che è richiesto dalla semantica verbale. Questi verbi forzano

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l’oggetto ad assumere una interpretazione eventiva. (ad es. “Ho comperato un nuovo libro” (no

eventività) “Ho iniziato un nuovo libro” (Iniziare indica l’evento)).

• Legamento selettivo: Avviene tra l’aggettivo e il nome. Tra questi ultimi si crea un legame per cui

l’aggettivo seleziona una specifica porzione del significato del nome e modifica soltanto quella

porzione. Si tratta quindi di una modifica selettiva della semantica nominale che ha conseguenze

sull’ interpretazione dell’aggettivo.

MODI DI RAPPRESENTARE IL SIGNIFICATO DELLE PAROLE.

Per rappresentare il significato delle parole gli studiosi si servono di svariati formalismi.

• Tratti semantici = Il significato delle parole può essere concepito e descritto come un insieme di

componenti, ognuno dei quali corrisponde ad un pezzo di questo significato. Questi tratti sono

individuati tramite le opposizioni esistenti tra le parole di un lessico. I tratti sono delle categorie

binarie, o sono presenti o sono assenti. Questo tipo di analisi permette di elaborare delle

tassonomie strutturate su più livelli e basate su relazioni di entailment.

• Primitivo semantico = Il significato delle parole è concepito come una entità costruita attorno a

uno o più elementi basici detti primitivi. Questi vanno concepito come dei conce che

costituiscono il nucleo del significato.

• Decomposizione lessicale: Abbinata ai primitivi. Questo metodo è basato sulla decomposizione del

significato nella sua globalità fino all’identificazione del suo nucleo. (ad es. arrossire= diventa

x/rosso dove x=Anna. Quindi “Anna è arrossita”).

• Postulato del significato: E’ una corrispondenza che viene stipulata tra elementi lessicali di una

lingua sulla base del loro significato. L’idea è quella di definire il significato di una parola non

tramite decomposizione, ma tramite corrispondenza parziale o totale con un’altra parola. Possiamo

analizzare, ad es., il rapporto tra i verbi FRANTUMARE e ROMPERE. Tra i due non può esserci un

rapporto di completa equivalenza perché, se è vero che frantumare significa rompere, è anche vero

che rompere non significa necessariamente frantumare.

Nozione di Quale= Termine preso in prestito dalla filosofia per indicare un singolo aspetto
del significato di una parola, definito in base a una relazione tra un concetto che la parola denota e un

concetto ad esso associato. Si suppone che il significato di una parola possa essere espresso tramite

quattro relazioni QUALIA fondamentali:

• Il Formale: Codifica le informazioni che contraddistinguono l’entità denotata dalla parola. Tra

queste informazioni troviamo la classificazione tassonomica e le proprietà che definiscono il


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dominio concettuale. (Che cosa è x? Che cosa fa di x un y?)

• Il Costitutivo: Codifica la relazione tra l’entità denotata dalla parola e le sue par . Tra queste

informazioni troviamo ad es. il materiale di cui un’entità è fatto. (“x ha come parte y” “x è fatto

di y”)

• Il Telico: Codifica lo scopo per cui è fatta l’entità denotata dalla parola o la funzione che può

avere. È caratteristico degli oggetti creati dall’uomo (“Qual è lo scopo di x?” “A cosa serve x?”)

• L’Agentivo: Codifica i fattori riguardanti l’origine dell’entità denotata dalla parola. Tra queste

informazioni troviamo l’azione che porta in essere queste entità e la persona che attiva tale

azione (“Com’è venuto in essere x?” “Che cosa lo ha creato?”)

CAPITOLO 4.

LA STRUTTURA GLOBALE DEL LESSICO.

LE CLASSI DI PAROLE.

Classe di parole: insieme delle parole di un lessico i cui membri condividono una o più

caratteristiche morfologiche e sintattiche. È possibile collocare ciascuna parola di un lessico in

almeno un insieme. Le parole si organizzano in insiemi omogenei in base alle proprietà che

mostrano in base alla funzione che svolgono nel discorso.

Classi variabili: Soggette a modificazioni morfologiche (nomi, verbi, aggettivi, articoli…)

Classi invariabili: NON soggette a modificazioni morfologiche (avverbi, preposizioni…)

Esistono vari modi in cui le parole si inseriscono nelle loro classi:

• L’appartenenza di una parola ad una classe si manifesta a più livelli contemporaneamente.

In italiano, ad es., il nome è Gesso per genere e numero (p. morf.), è preceduto da articoli

(p. distribuzionale) ed è modificato da aggettivi (p. sintattica).

• Nelle lingue del mondo alcune classi non mancano mai (nome, verbo).

• L’appartenenza di parole è più classi è frequente in lingue con scarsa morfologia (ad es.

l’inglese “book” nome e “to book” verbo).

• In una singola classe si possono individuare sottoclassi e sottoinsiemi. I verbi, ad es., hanno

classi diverse in base al numero degli argomenti che richiedono.

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CLASSI MORFOLOGICHE, SINTATTICHE E SEMANTICHE.

Secondo gli studiosi la dimensione sintattica è più produttiva di quella morfologica, in quanto

esistono lingue con morfologia scarsa se non nulla, ma tutte le lingue utilizzano la sintassi. La

classificazione sintattica ha luogo su più livelli:

• Analisi che una parola consente sul piano sintagmatico. (Alcune parole richiedono

l’articolo e altre no).

• Analisi della modificazione sintattica a cui una parola si presta. (Soltanto alcune parole

e non altre ammettono di essere modificate da un avverbio).

Ma l’analisi si sposta anche sul piano semantico. Un criterio fondamentale prevede:

• Parole che si riferiscono a delle entità.

• Parole che attribuiscono una proprietà alle entità.

• Parole che esprimono la qualità delle entità.

RAPPORTI TRA IL SIGNIFICATO E LE CLASSI DI PAROLE.

Esistono delle convergenze tra le proprietà formali delle parole e il loro significato. Lyons ha individuato

delle categorie principali dette entità e sono categorie tripartite:

• Entità di primo ordine: Persone, luoghi e cose. Entità che esistono nel tempo. (Nomi)

• Entità di secondo ordine: Azioni, eventi, processi. Sono cose che accadono o hanno luogo nel

tempo. (Verbi).

• Entità di terzo ordine: Fatti possibili. Questi sono al di fuori del tempo e dello spazio.

Rango: Si intende la proprietà di una parte del discorso di poter modificare un’altra parte o esserne

modificata.

È sbagliato affermare che le entità di primo ordine siano sempre designate da nomi, questo però è vero

per gli oggetti concreti. Le categorie di nome e verbo sottolineano l’esistenza di un’opposizione tra la

modalità del riferimento (designazione) per i nomi e la predicazione per i verbi.

Riferimento: Quando compiamo un atto di riferimento identifichiamo e delimitiamo un particolare

oggetto e lo introduciamo come un partecipante del discorso.

Predicazione: Quando compiamo un atto di predicazione asseriamo il verificarsi di un evento in cui tale

oggetto è coinvolto, stabilendo delle relazioni tra gli oggetti.

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SOTTOCLASSI DI PAROLE.

È possibile distinguere sottoclassi di parole in base alle loro proprietà formali o in base al significato.

CLASSE DEI VERBI.

Ci sono almeno tre modi per classificare un verbo:

• Significato denota0vo: Basato sull’analisi del tipo di evento che il verbo esprime dal punto di

vista concettuale. (Verbi di moto, maniera, percezione).

• Aktionsart: Basato sull’analisi del tipo di evento che il verbo esprime dal punto di vista

aspettuale (verbi di stato, di cambiamento puntuale).

• Valenza: In base a questo parametro si possono distinguere verbi zerovalenti (nevicare),

monovalenti (nascere), bivalenti (conoscere)…

• Transitività

Significato denotativo e Aktionsart sono criteri semantici, mentre Valenza e Transitività sono sintattici.

Inoltre la valenza prevede anche:

• Sottocategorizzazione degli argomenti: Il modo in cui gli argomenti sono espressi dal punto di vista

sintattico.

• Restrizioni sulla selezione degli argomenti: Le condizioni semantiche imposte dal verbo agli

argomenti.

• Ruoli tematici: Le funzioni che gli argomenti svolgono negli eventi espressi dal verbo.

Verbo transitivo: Quando è accompagnato da un complemento oggetto o diretto.

Verbo intransitivo: Quando non può essere accompagnato da un complemento oggetto o diretto.

I verbi transitivi possono generalmente essere resi passivi, mentre gli intransitivi no.

I verbi intransitivi si dividono in due classi:

• Verbi inergativi: Sono quelli che in italiano utilizzano l’ausiliare avere per i tempi composti.

• Verbi inaccusativi: Sono quelli che selezionano l’ausiliare essere per i tempi composti. Fanno parte

di questa categoria anche i verbi pronominali (o riflessivi). I verbi inaccusativi sono degli intransitivi

particolari, poiché possiedono caratteristiche dei verbi transitivi, come la possibilità di essere

sostituiti con il pronome “ne”. Questo tipo di verbi tende ad indicare dei cambiamenti di stato.

È possibile trovare coppie di verbi sinonimici dove uno è transitivo e l’altro no (chiamare – telefonare).

Il modello della valenza prevede: principio di selezione, principio di proiezione, struttura argomentale e

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struttura attanziale.

In una data frase si costituiscono degli elementi intorno al verbo che lo specificano e ne completano il

significato. Questi sono gli argomenti (o attanti) che devono essere necessariamente espressi, altrimenti

parliamo di elementi accessori.

Circostanti o circostanziali: La teoria della valenza distingue tra complementi che sono retti dal verbo e altri

che non lo sono. Ma non è sempre facile applicare il principio della valenza per due motivi principali:

1. Distinzione tra argomenti ed elementi accessori. Lo stesso complemento può essere argomento in

un caso e accessorio in un altro.

2. Alcuni verbi consentono di non esprimere alcuni dei loro argomenti, che però sono deducibili dalla

semantica verbale. Questi argomenti nascosti prendono il nome di ARGOMENTI DEFAULT.

Argomento ombra: Diverso da quello di default, in quanto può essere espresso soltanto se

ulteriormente specificato.

È inopportuno parlare semplicemente di valenza. Dobbiamo distinguere tra:

• Valenza sintattica: Corrispondente all’insieme degli argomenti di un verbo che devono essere

obbligatoriamente espressi.

• Valenza semantica: Corrispondente all’insieme degli elementi implicati dal verbo a livello

logico-semantico.

Frame semantico: E’ la struttura concettuale evocata da un verbo, della quale fanno parte un insieme di

partecipanti di cui alcuni sono argomenti e altri accessori.

Pattern verbale: E’ inteso come una struttura argomentale con la specificazione del tipo semantico atteso

per le diverse posizioni argomentali.

È necessario distinguere ancora tra:

• Verbi predicativi: Che coincidono con il predicato della frase.

• Verbi copulativi: Che non coincidono con il predicato, ma fungono da copula. Può essere costituito

da un nome (Luca è ingegnere), da un sintagma nominale (Luca è un bravo ragazzo) oppure da un

aggettivo (Luca è grande).

Sottocategorizzazione: Permette di classificare i verbi in base al modo in cui gli argomenti sono espressi

sintatticamente (soggetto, oggetto diretto o indiretto). La sottocategorizzazione di un verbo è, quindi, il

contorno sintattico che quel verbo richiede.

Restrizioni sulla selezione: I verbi pongono delle restrizioni semantiche di argomenti con cui possono

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combinarsi.

Ruolo tematico: Il ruolo che gli argomenti svolgono nell’evento che il verbo descrive. Il ruolo tematico può

essere aggiunto al quadro di sottocategorizzazione del verbo.

Un altro criterio di classificazione del verbo è l’Aktionsart (o aspetto lessicale) che ha diverse
caratteristiche:

• Dinamismo.

• Durata.

• Presenza / assenza di un punto in cui l’evento necessariamente si conclude. (Telicità).

Verbi stativi: Hanno una durata, ma nell’arco del tempo in cui hanno luogo non introducono cambiamenti,

non sono quindi dinamici.

Verbi di processo indefinito: Hanno una durata e sono dinamici, in quanto nel tempo in cui hanno luogo

introducono cambiamenti.

Verbi di processo definito: Hanno una durata e sono dinamici. Sono caratterizzati da una progressione

dell’evento verso un punto finale.

Verbi istantanei: Non hanno durata e indicano una culminazione istantanea

Dal punto di vista dell’Aktionsart ricordiamo anche:

• Ingressività o egressività: ciò che c’è prima o dopo l’evento descritto dal verbo.

• Iterattività: Presente in verbi che nella maggior parte dei loro usi esprimono ripetizione.

• Incrementalità: Presente in verbi che descrivono un vento costituito da una successione di stadi.

I verbi possono essere infine classificati in base al significato dell’evento che descrivono. Ma i verbi sono

polisemici, per cui il criterio migliore da applicare è quello fondato sull’esame del loro comportamento

sintattico.

CLASSI DEI NOMI.

Nomi di primo ordine: Possono essere classificati in base al tipo di entità che denotano, in base al modo in

cui la presentano.

Per parlare dei nomi è necessario classificare i tipi di entità denotate dai nomi.

• Oggetto fisico vs. astratto: E’ una dimensione univoca in quanto ciò che è fisico esiste nello spazio,

mentre ciò che è astratto no. Ci sono però delle entità problematiche come gli oggetti mentali.

• Animatezza: Un’entità o è animata o non lo è.

• Entità naturali vs. manufatti


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• Entità costituite da masse (sostanze).

Da un punto di vista strettamente linguistico è utile valutare se ci sono delle correlazioni tra il tipo di entità

che il nome denota e il suo comportamento morfologico e sintattico.

Nomi massa: Non ammettono generalmente il plurale, ma dei classificatori. Ammettono solo quantificatori

singolari. (Oro, sabbia, sangue – granello di sabbia, goccia di sangue).

Nomi numerabili: Si distinguono in NOMI PROPRI (che si riferiscono ad un singolo individuo) e NOMI

NUMERABILI DI CLASSI DI INDIVIDUI (che hanno la capacità di riferirsi ad una classe di individui). Non

ammettono di norma l’articolo (nomi propri), mentre quelli del secondo tipo lo ammettono, anzi lo

richiedono per specificare a cosa si riferiscono. Ammettono la forma plurale e i quantificatori plurali.

Nomi d’azione: Sono quelli che esprimono un evento. Sono deriva morfologicamente da verbi. (La

costruzione, la camminata).

Bisogna fare una distinzione tra

1. Nomi derivati da verbi tramite suffissazione

2. Nomi derivati da verbi.

- I nomi del primo tipo sono il risultato di un processo di nominalizzazione.

Nominalizzazione: Fenomeno che consiste nell’utilizzare in un contesto nominale materiale linguistico che

non lo è. La nominalizzazione porta all’effettiva creazione di a. un nome con una marca morfologica di

nominalizzazione b. una conversione c. nome composto. Un caso interessante è quello degli infiniti

nominali che hanno una sintassi mista tra il nome e il verbo (Il bere).

Nomi di secondo ordine: Sono chiamati nomi di azione, eventivi o di evento.

Nomi di evento: Agiscono secondo due criteri, quello della valenza e quello dell’Aktionsart. Secondo il

criterio della valenza anche il nome di evento possiede un certo numero di argomenti. Il nome proietta gli

argomenti, non a livello di frase, ma a livello di sintagma nominale. (nomi zeroargomentali,

monoargomentali…).

È opportuno interpretare la valenza come un concetto primariamente sintattico, cioè come l’insieme dei

partecipanti all’evento denotato dal nome e presenti a livello di interpretazione semantica della frase in cui
il nome compare.

Nome passivo: Nome la cui semantica è intrinsecamente orientata verso il partecipante che subisce. In

italiano l’argomento agente di un nome passivo può essere espresso a delle condizioni:

• Soltanto attraverso la locuzione “da parte di”


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• In seconda posizione rispetto al paziente (“L’abbattimento del palazzo da parte

dell’amministratore)

• Preferibilmente non come unico argomento.

In base al criterio dell’Aktionsart distinguiamo:

• Nomi di stato: Indicano situazioni che si protraggono nel tempo, ma che non comportano

cambiamenti (no dinamici) e non prevedono un culmine (no telici). Designano stati psicologici o

fisici.

• Nomi di processo indefinito: Indicano situazioni dinamiche, definite da fasi temporali che si

susseguono (durativi), non proiettate verso un punto finale (no telici). Infinito verbale

nominalizzato di verbi processuali.

• Nomi di processo definito: Possono essere distinti in due categorie. Il primo tipo denota eventi

costituiti da fasi identiche l’una all’altra (Camminata). Il secondo tipo denota eventi costituiti da fasi

diverse l’una dall’altra (Costruzione).

• Nomi istantanei: Denotano gli eventi che finiscono nel momento in cui hanno inizio (Partenza).

Tra un verbo e un nome ad esso correlato non sempre l’Aktionsart coincide, anzi dipende dal tipo di

nome.

SISTEMI DI CLASSI DI PAROLE NELLE LINGUE.

Il criterio che più si presta a costituire il termine di paragone per identifcare i sistemi di classi lessicali

delle singole lingue è quello sintattico, poiché tutte le lingue hanno una minima organizzazione

sintattica.

Questa classificazione osserva due elementi:

• La funzione che la parola svolge nell’unità sintattica in cui è collocata, cioè se è la testa

dell’unità o se ne è il modificatore.

• Funzione dell’unità sintattica in cui la parola si trova (sintagma verbale o nominale).

L’incrocio di questi due criteri permette di individuar quattro posizioni sintattiche:

• Verbo: Testa di un’unità sintattica con funzione predicativa

• Nome: Testa di un’unità sintattica con funzione referenziale

• Aggettivo: Modificatore di un’unità sintattica con funzione referenziale

• Avverbio: Modificatore di un’unità sintattica con funzione predicativa

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La distinzione più importante è quella tra:

• Sistemi flessibili: Tipici di lingue che non hanno tutte e quattro le classi lessicali. Le parole di queste

lingue coprono le classi mancanti. (Neerlandese)

• Sistemi rigidi: Tipici anch’essi di lingue che non possiedono tutte le classi lessicali. Sono, cioè, lingue

non specializzate. A differenza delle lingue flessibili, le parole dei sistemi rigidi non coprono le

funzioni delle classi mancanti. (Lingue irochesi).

• Sistemi differenziati: Lingue che possiedono tutte e quattro le classi lessicali (Inglese).

Esiste una gerarchia nelle lingue che individua elementi più universali e altri meno universali:

VERBO > NOME > AGGETTIVO > AVVERBIO

Se una lingua rigida manca di aggettivi mancherà anche di avverbi. Le classi del nome e del verbo sono le

più universali, quindi le ultime a mancare.

CAPITOLO 5.

STRUTTURE PARADIGMATICHE NEL LESSICO.

CHE COS’E’ UNA RELAZIONE PARADIGMATICA?

Si dice che Saussure fu il primo ad utilizzare il termine paradigmatico, ma in realtà utilizzava il termine

relazione associativa.

Relazione associativa: Rapporto che si stabilisce tra due o più elementi di una lingua sulla base di

un’associazione.

Associazione: E’ un’operazione mentale. Consiste nell’accostamento di parole che condividono qualcosa. Le

associazioni possono essere basate sulla forma delle parole (significante) oppure sul contenuto delle parole

(significato).

Relazione sintagma0ca: E’ quella che intercorre tra due o più elementi linguistici (parole), quando sono

combinate per formare unità linguistiche più complesse come i sintagmi, le frasi e i testi.

Restringendo la definizione di relazione associativa possiamo arrivare alla definizione di relazione


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paradigmatica.

Relazione paradigmatica: Rapporto esistente tra due o più parole che possono essere sostituite una

all’altra in una stessa posizione sintagmatica. (Ad es. “Ho letto un libro bellissimo”. Libro può essere

sostituito con “volume” oppure “romanzo”).

Paradigma lessicale: Insieme delle parole che possono stare in uno stesso contesto sintagmatco (libro,

volume, romanzo).

Dimensione paradigma0tica (verticale): Insieme dei rapporti paradigmatici esistenti tra le parole di una data

lingua. Questa viene definita una relazione “in absentia” in quanto riguarda parole che sono in alternativa

tra loro. È detta anche relazione “either-or”, quindi o una o l’altra.

Dimensione sintagmatica (orizzontale): Insieme dei rapporti sintagmatici esistenti tra le parole di una

lingua. È detta anche relazione “in praesentia” oppure “both-and” in quanto le parole di questa dimensione

occorrono una dopo l’altra in sequenza.

TIPI DI ASSOCIAZIONI SEMANTICHE TRA LE PAROLE.

Abbiamo vari tipi di relazioni basate sul significato delle parole.

Relazioni verticali (gerarchiche, inclusione): Uno dei termini è sovraordinato (veicolo) e l’altro è

sottordinato (macchina).

Relazioni orizzontali: Possono essere di due tipi, di EQUIVALENZA o di OPPOSIZIONE. In questo tipo di

relazioni gli elementi non sono uno subordinato all’altro, ma si trovano sullo stesso piano.

Questo raggruppamento in associazioni di significato è però problematico per due motivi:

• Si occupano primariamente del significato e solo secondariamente delle relazioni tra le parole.

Infatti le parole polisemiche attivano associazioni diverse per ciascun significato.

• Le associazioni dovrebbero essere interpretate tra elementi di una stessa classe, ma spesso

vengono estese anche ad altre classi lessicali.

RELAZIONI GERARCHICHE DI INCLUSIONE: IPERONIMIA/IPONIMIA, MERONIMIA/OLONIMIA.

Iperonimia/Iponimia: Lega due parole delle quali una (iponimo) ha un significato più specifico dell’altra

(iperonimo). Dobbiamo tenere presente caratteristiche principali:

• La relazione di iperonimia/iponimia è una relazione verticale poiché l’iponimo è sottoordinato

rispetto all’iperonimo.

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• La relazione è orientata e asimmetrica, quindi unilaterale (La macchina è un veicolo, ma un veicolo

non è necessariamente una macchina).

• Esistono più livelli di iperonimia/iponimia. Un iponimo può essere a sua volta iperonimo di un altro

elemento.

• La relazione è transitiva poiché consente il trasferimento di informazioni semantiche attraverso più

livelli (Possiamo dire che utilitaria è una macchina, ma anche che è un veicolo).

• Uno stesso iperonimo può avere più iponimi. Questi sono chiamati co-iponimi che sono tu sullo

stesso livello di significato.

Meronimia/olonimia: Lega due termini dei quali uno (meronimo) indica la parte e l’altro (olonimo) indica il

tutto. Ci sono vari tipi relazione meronimica, ovvero:

• Relazione tra un intero e le sue parti costituenti (mano olonimo di dito, dito meronimo di mano)

• Relazione tra un oggetto e la sostanza di cui è fatto (muro olonimo di cemento, cemento meronimo

di muro).

• Relazione tra un insieme e i suoi membri (parlamento olonimo di deputato, deputato meronimo di

parlamento)

• Relazione tra un intero e gli elementi di cui è composto (sabbia-> granello, granello-> sabbia)

• Relazione tra un luogo e un altro in esso contenuto (deserto-> oasi, oasi-> deserto).

Anche la meronimia è una relazione di inclusione, ma mentre gli iponimi sono un TIPO di qualcosa, i

meronimi sono una PARTE di qualcosa.

La meronimia è alla base dell’anafora associativa, ovvero la menzione di un’entità in qualche modo

associabile ad un’entità precedentemente menzionata.

RELAZIONI DI EQUIVALENZA: SINONIMIA, QUASI SINONIMIA.

Sinonimi: sono generalmente parole che hanno lo stesso significato. La sinonimia è la relazione di perfetta

equivalenza semantica tra due parole che possono essere sostituite l’una all’altra senza che questo cambi il

significato dell’enunciato.

La perfetta equivalenza tra sinonimi è rarissima per la natura polisemica delle lingue. Esiste un’altra

definizione più ampia di sinonimo che dice:

Sinonimo (2): relazione esistente tra due parole che in un dato contesto possono essere sostituite l’una

all’altra senza che questo influenzi il significato della frase.

Sinonimi assoluti: Sono sempre intercambiabili e il loro rapporto è di 1:1.

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Sinonimi contestuali: Sono intercambiabili in un determinato contesto. No rapporto 1:1.

Quasi sinonimi: Coppie di termini che rispondono al test: qualcosa/qualcuno x, quindi qualcosa/qualcuno y.

(Gianni chiacchiera, allora conversa).

I quasi sinonimi divergono quando:

• Grado: Uno dei due termini esprime lo stesso concetto dell’altro, ma in modo più forte (pieno ->

colmo)

• Modo: due verbi quasi sinonimici denotano lo stesso tipo di evento, però secondo modalità diverse

(sorridere->sghignazzare).

• Connotazione: due termini hanno denotazione identica, ma diversa connotazione (gatto->micio)

• Registro: Uguale denotazione, ma diverso registro (sciocchezza->cazzata).

• Campo: uguale denotazione, ma utilizzati in campi diversi (ricetta medica/cucina)

• Area geografica: uguale denotazione, ma utilizzati in aree geografiche differenti.

RELAZIONI DI OPPOSIZIONE: ANTONIMIA, COMPLEMENTARITA’, TERMINI CONVERSI.

Oppos0: Tutte le coppie o serie di termini che si oppongono in relazione ad uno o più aspetti del loro

significato. Esistono vari tipi di opposizione.

Antonimi: coppie di parole che designano una proprietà o un evento, i quali hanno caratteristica di essere

graduali, scalari. I due antonimi, quindi, si oppongono l’uno all’altro in relazione ad una scala di valori della

quale costituiscono i due poli. Non è né x, né y.

Opposizione polare: La negazione di uno dei due termini non equivale al suo opposto (non facile non

significa necessariamente difficile).

Complementari: due termini che si oppongono rispetto ad una relazione binaria. I termini complementari si

escludono a vicenda e non vi è mai un termine intermedio. X non è y.

Conversi: termini il cui significato esprime una relazione necessaria tra almeno due elementi (padre/figlio).

Sono termini intrinsecamente relazionali.

ALTRE RELAZIONI SEMANTICHE: CAUSA, IMPLICAZIONE TEMPORALE, RUOLO, MODO.

Relazione di causa: Lega tra loro coppie di parole, ad es. UCCIDERE/MORIRE. Uccidere CAUSA morire.

L’evento espresso da x causa quello espresso da y.

La relazione di causa può essere:

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• Fattiva: Applicarsi necessariamente (uccidere causa necessariamente morire)

• Non fattiva: L’evento causato da verbo può anche non compiersi. (mirare PUO’ CAUSARE colpire.

Non è detto né scontato). L’evento espresso da x può causare l’evento espresso da y.

Relazione di implicazione temporale: Questa relazione riguarda i verbi ed è simile a ciò che per i nomi è la

meronimia. Una singola parte temporale costituisce per il verbo una parte dell’intero evento. (russare

IMPLICA dormire).

Relazione di ruolo: Lega un verbo a un nome quando il verbo include l’informazione del nome o viceversa.

Relazione di modo: collega un verbo e un avverbio quando quest’ultimo indica il modo in cui l’evento

espresso dal verbo ha luogo. (scaraventare/con forza).

CONFIGURAZIONI LESSICALI.

Configurazione lessicale: profilo relazionale di una parola dal punto di vista del suo significato, cioè

l’insieme e il tipo di relazioni semantiche che attiva in ciascuna delle sue accezioni. Nel caso di parole

polisemiche la configurazione varia per ogni significato.

CAPITOLO 6.

STRUTTURE SINTAGMATICHE DEL LESSICO.

Sintagma: elemento linguistico complesso formato dall’unione di elementi linguistici semplici.

Quando le parole si combinano tra di loro all’interno del sintagma creano delle relazioni sintagmatiche. Non

tutte le combinazioni sono però possibili. Il motivo non ha a che fare con l’ordine delle parole, ma con il

loro contenuto semantico.

RESTRIZIONI SULLA SELEZIONE E SOLIDARIETA’ LESSICALE.

Solidarietà lessicale: implicazione sintagmatica di contenuto, codificata linguisticamente, tale per cui uno

dei due termini funziona da tratto distintivo del secondo (aquilino->naso).

Principio di selezione: in base al quale il predicato seleziona i propri argomenti. Abbiamo vari tipi di

restrizioni sulla selezione:

• Restrizioni concettuali o ontologiche: derivano dalle proprietà intrinseche del referente della

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parola, dei quali siamo consapevoli a seguito della nostra esperienza del mondo. La violazione di

queste restrizioni causa un conflitto concettuale.

• Restrizioni lessicali su solidarietà seman0ca: non è fondata su un conflitto ontologico, ma su uno

lessicale. Questo conflitto ha a che fare con il modo in cui una lingua lessicalizza un concetto (it.

Crescere in francese ha due modi-> grandir per le persone e pousser per le piante).

• Restrizioni lessicali basate sulla solidarietà consolidata dall’uso: sembrano trovare una ragione

nella tendenza delle lingue a esprimere determinati concetti con abbinamenti preferenziali di

parole.

TIPI DI COMBINAZIONE TRA PAROLE.

Vari criteri sono utili per distinguere i vari tipi di combinazione.

• Presenza di una restrizione semantica sulla combinazione.

• Possibilità di calcolare il significato della combinazione. Questa possibilità va intesa come la

proprietà per cui il significato è desumibile dalla somma dei significati dei membri.

• Sostituibilità paradigmatica e autonomia sintattica dei membri della combinazione. Bisogna tener

presente due aspetti ovvero, la possibilità di sostituire uno dei membri della combinazione e la

possibilità di modificare la combinazione dal punto di vista sintattico. Le modifiche sintattiche più

salienti sono:

a) Modifica della determinazione del nome.

b) Relativizzazione del nome.

c) Dislocazione del nome.

d) Passivizzazione della combinazione

e) Inserzione di parole tra i membri della combinazione.

COMBINAZIONI LIBERE.

Combinazione libera: Combinazione di due o più parole non sottoposta a restrizione. Decisamente rara in

quanto qualsiasi combinazione è sottoposta ad almeno un minimo di restrizione. Una combinazione può

essere definita libera quando:

 È creata ex-novo da un parlante nell’atto comunicativo.

 I suoi membri possono essere combinati con altre parole mantenendo lo stesso significato

 I referenti denotati dalle parole sono disponibili nel discorso e per questo ci si può riferire ad essi

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tramite pronomi.

 I membri sono sintatticamente autonomi e possono essere modificati da un elemento libero.

 Il significato della combinazione è composizionale.

COMBINAZIONI RISTRETTE.

Tutte le combinazioni rispondono ad almeno una restrizione. Possiamo definirle tali quando:

 Le restrizioni si distinguono in quanto sono più circoscritte di altre. Il verbo può ammettere più

classi di oggetti ad esso collegati o un’unica classe, tendendo in questo caso alla monosemia. Anche

l’aggettivo può riferirsi a più classi di oggetti o ad una sola.

 Il significato della combinazione ristretta è generalmente composizionale.

 La sostituibilità dei membri è ridotta a causa della presenza di una restrizione

 I membri della combinazione sono autonomi dal punto di vista sintattico.

COLLOCAZIONI.

Collocazione: E’ una frequente co-occorrenza di due parole in una lingua soggetta a restrizione o meglio,

una collocazione è una combinazione di parole soggetta ad una restrizione lessicale, per cui la scelta di una

specifica parola (collocato) è influenzata da una seconda parola (base) alla quale questo significato è

riferito. Distinguiamo vari tipi di collocazione:

 Verbo di creazione + nome (stipulare un contratto)

 Verbo di annullamento+ nome (revocare una licenza)

 Nome + aggettivo (saluto caloroso)

 Nome + verbo che esprime un’azione caratteristica del nome (l’allarme scatta)

 Unità di quantificazione + nome al quale l’unità è riferita (lasso di tempo)

 Avverbio + aggettivo (intimamente connesso)

 Verbo + avverbio (odiare visceralmente)

COSTRUZIONI A VERBO SUPPORTO.

Costruzione a verbo supporto: Formata da un verbo e da un nome, quest’ultimo preceduto da un articolo o

una preposizione. Condividono varie caratteristiche con le collocazioni:

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 Presenza di una restrizione lessicale attivata dal nome.

 La restrizione è condizionata dall’uso ed è soggetta a variabilità interlinguistica.

 Il nome mantiene sempre il suo significato originale.

 I membri della costruzione sono sintatticamente autonomi.

Le costruzioni a verbo supporto possono essere definite come delle collocazioni in cui il significato è

espresso quasi interamente dal nome. Inoltre, il nome è sempre eventivo. Il predicato è costituito dal
nome, il verbo funge da supporto per costruire la frase.

Criterio di referenzialità del nome: Le costruzioni i cui membri non sono totalmente autonomi sono quelle

con nomi referenziali.

LOCUZIONI.

Locuzione o espressione idiomatica: il significato non è propriamente costruito, ma si costituisce in blocco

attraverso la similitudine, le regolari combinazioni. SI comporta come una parola sola.

RICADUTE SUL LESSICO DEI FENOMENI COMBINATORI.

Distanza sintagmatica e vicinanza sintagmatica: riguarda sia il piano semantico, in quanto è il piano in cui

ha origine l’attrazione delle parole, sia il piano sintattico, dove si manifestano le ripercussioni di questo

fenomeno.

Il concetto di lessicalizzazione è solitamente associato alla perdita da parte della sequenza di parole, della

proprietà di avere un significato calcolabile. La lessicalizzazione va invece intesa come un fenomeno di

rianalisi dei confini di una parola. Inoltre, la perdita dell’articolo da parte del nome, denota anche la perdita

della sua natura referenziale, ovvero quella di riferirsi in modo specifico a qualcosa.

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