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LESSICO

E livello di analisi più eterogeneo e numeroso suscettibile di essere incrementato


con nuove unità. L unità di base del lessico è detta lessema, pertanto il lessico è
l’insieme dei lessemi di una lingua; mentre il lemma è la parola intesa come unità
lessicale che costituisce l’entrata di una voce del dizionario. La lessicologia studia il
sistema lessicale di una lingua, le relazioni tra le parole e i cambiamenti del
Significante e del significato nel tempo. La lessicografia concerne la redazione dei
dizionari e di opere lessicografiche di vario tipo (dizionari, vocabolari specialistici
ecc.…).

Dizionario e vocabolario
Le parole di una lingua confluiscono nei repertori lessicografici, ovvero dizionari e
vocabolari. Anche se usati come sinonimi, ‘dizionario’ ha un significato più ampio di
‘vocabolario’. Il dizionario può registrare il patrimonio lessicale di una lingua ma
può anche raccogliere studi enciclopedici che contengono, in ordine
Alfabetico, nozioni di letteratura, arte, scienze (es. i dizionari enciclopedici); il
vocabolario raccoglie il lessico di una lingua e può essere usato per indicare
l’insieme di vocaboli appartenenti ad un certo settore o un singolo autore.
Tipologia di dizionari
In base alle finalità per cui sono stati concepiti si distinguono vari tipi di dizionari, tra
cui quelli dell’uso, quelli storici e quelli etimologici.
I dizionari dell’uso registrano il lessico di una lingua contemporanea nel suo
funzionamento segnalandone arcaismi, regionalismi, voci letterarie, per orientare al
corretto uso delle parole. I dizionari storici raccolgono le definizioni dei termini
seguite da esempi estrapolati soprattutto da opere della tradizione letteraria
italiana: le citazioni d’autore sono utili per attestare la storia dell’uso dei vocaboli o
delle locuzioni durante i secoli. I dizionari etimologici riportano la data di nascita di
una parola, la sua etimologia, la sua storia e ne registrano la prima documentazione
scritta. In teoria, ogni parola è suscettibile di retrodatazione grazie al ritrovamento
di nuove testimonianze. Tra questi dizionari ricordiamo il DELI, che ricostruisce la
storia della parola con le prime attestazioni e con le datazioni nei vari significati
riportati, e il LEI che attesta anche le forme di una parola nei dialetti italiani.
Struttura dei dizionari
In generale, tutti i dizionari seguono convenzioni comuni: i sostantivi sono
lemmatizzati al singolare analogamente agli aggettivi, mentre i verbi sono registrati
all infinito. L’insieme delle entrate di un dizionario costituisce il lemmario (o
nomenclatura), in ordine alfabetico. Subito dopo il lemma, può seguire la divisione
in sillabe o la trascrizione fonetica. Alcuni dizionari contemplano anche i
sottolemmi, non considerati vere e proprie unità lessicali, come gli alterati (es. casa
= casaccia, casetta) e gli avverbi in –mente (naturale > naturalmente).
Nella parola presa da esempio, il sottolemma è l’avverbio agevolmente.
• Infine, i dizionari forniscono sinonimi e contrari.
Quante parole usiamo?
il vocabolario di base (lista di parole condivise da tutti i parlanti della comunità
linguistica italiana) comprende circa 7000 vocaboli tra gli usi scritti e parlati. Nel
vocabolario si distinguono:
• Le parole fondamentali, circa 2000, comprensive delle preposizioni, degli articoli,
dei verbi più usati;
• Le parole di alta disponibilità, circa 1800, necessarie nella comunicazione e note
a tutti i parlanti, anche se meno frequenti delle precedenti (es. affinché, coloro,
acerbo, freddo);
• Le parole di alto uso, circa 2000, note a chi abbia un livello medio d’istruzione.
L’insieme delle parole del vocabolario di base e di quello comune formano il
vocabolario corrente.
Vita delle parole: arcaismi, neologismi, occasionalismi
Sono arcaismi le parole cadute in disuso come ‘augello’, ‘desìo’, ‘speme’, che non
usiamo quotidianamente. Sono arcaismi anche i termini scomparsi definitivamente
dall’uso della lingua viva di cui quasi nessuno conosce il significato (es. ‘abento’
riposo, ‘asto’ sollecitudine, ‘scoffone’ sopracalza). Ci sono poi degli arcaismi ancora
oggi usati perché cristallizzati in alcune espressioni come ‘povero in canna’,
‘sbarcare il lunario’, ‘uscirsene per il rotto della cuffia’. La lingua si rigenera grazie ai
neologismi, ossia le parole nuove introdotte nel lessico. I neologismi si formano per
rinnovamento endogeno o esogeno. Il primo riguarda le trasformazioni interne alla
lingua, che forma parole nuove attraverso la derivazione e la composizione; il
secondo riguarda gli apporti provenienti dai dialetti o da altre lingue come prestiti e
calchi. Un tipo particolare di neologismi sono gli occasionalismi, parole che durano
per un periodo di tempo limitato e che in seguito scompaiono assieme al motivo per
cui si erano generate (soprattutto in politica e giornalismo come i termini
‘rutellismo’ e ‘veltronizzare’ caduti con la scomparsa dalle scene di Veltroni e
Rutelli). In genere gli occasionalismi non sono registrati nel dizionario.
Come si formano le parole italiane?
La morfologia lessicale concerne la formazione delle parole che studia i modi in cui il
lessico italiano si amplia a partire da basi lessicali preesistenti. Mediante i
procedimenti di derivazione e composizione l’italiano forgia nuovi lessemi con l
aggiunta di prefissi e suffissi (prefissazione e suffissazione) o con la creazione di
parole composte (composizione).
Parole derivate
Il processo di derivazione consente la nascita di nuove voci partendo da lessemi già
presenti nel lessico italiano. La branca della linguistica che la studia è la morfologia
derivativa. Una parola derivata consta di un morfema libero detto anche base più
una forma legata (morfema legato). Da una base preesistente, possono derivarne
altre con l’aggiunta di affissi (suffissi e prefissi). Ad esempio, ‘fiore’, ‘fioraio’,
‘fiorellino’, ‘fiorire’ (famiglia di parole) hanno in comune la base lessicale fior-,
mentre -e, -aio, -ellino, -ire, collocati a destra della base, sono i suffissi;
‘straordinario’, ‘strapotere’ hanno invece il prefisso ‘stra-‘ che modifica il significato
dei lessemi. Le parole nuove che si formano con l’aggiunta di un suffisso sono dette
Suffissati, mentre i prefissati sono termini a cui si aggiungono prefissi. Alcune
parole hanno sia un prefisso che un suffisso (es. verbo parasintetico ‘scaldare’ con
prefisso s- e suffisso -are da ‘caldo’).

La suffissazione consiste nell’aggiunta di un suffisso a destra di una base. La nuova


parola potrà avere la stessa categoria grammaticale di quella di partenza (es. ‘libro’
e ‘libraio’ sono due nomi) oppure potrà subire una transcategorizzazione. A
seconda del lessema da cui deriva, il suffissato sarà denominale, deaggettivale,
deverbale. Saranno inoltre nominali, aggettivali o verbali a seconda se sono nomi,
aggettivi o verbi (es. ‘fiorire’ è un suffissato verbale denominale).
Anche la formazione delle parole è sottoposta a regole restrittive, sono tre le norme
alla base del processo di derivazione:
• L’ordine dei suffissi e dei prefissi rispetto alla base è fisso e non può mutare;
• I suffissi specificano la categoria grammaticale, per cui il suffisso -zione potrà dare
solo un nome (coltivare>coltivazione), il suffisso -ibile un aggettivo (fatto>fattibile)
• I suffissi indicano spesso quale significato avrà la nuova parola. Il suffisso -ibile
esprimerà la capacità di qualcuno o qualcosa di essere il soggetto passivo dell’azione
del verbo (amabile=degno di essere amato).
I rapporti di derivazione possono attenersi a due schemi (o paradigmi):
• Paradigma di derivazione a ventaglio, in cui ogni suffissato di un gruppo di parole
(o famiglia di parole) ha in comune la stessa base
Paradigma di derivazione a cumulo, in cui ogni nuovo suffissato diviene la base per
una nuova mutazione:

In alcuni casi in una stessa famiglia di parole si può avere una derivazione sia a
ventaglio che a cumulo:

Gli studiosi hanno individuato che i suffissi più produttivi in italiano sono quelli che
danno origine a verbi, nomi d’agente e d’azione. Nel passaggio nome> verbo e
aggettivo> verbo sono tre le desinenze con cui l’italiano forma l’infinito: -are, -ere, -
ire. La desinenza -are è molto produttiva e permette la formazione di verbi
denominali e deaggettivali; è molto produttiva anche nella formazione di neologismi
partendo da prestiti di altre lingue (es. click>cliccare). A questo gruppo di derivati
appartengono anche i suffissati creati con varianti di -are: -iare (finanziare), -eggiare
(sorseggiare), -izzare (alfabetizzare). A questi si aggiungono i suffissi alterativi in -
acchiare, -icchiare, -ucchiare. In questi casi sarebbe più corretto parlare di infissi,
cioè affissi che si interpongono tra la base lessicale e la desinenza (rid-acchi-are). Gli
infissi alterativi dei verbi forniscono spesso informazioni sul modo in cui si svolge
l’azione, per esempio, attenuandone la rilevanza (rubacchiare) o l’impegno posto
dal soggetto nel compierla (leggiucchiare).
Alterazione
L’alterazione è un tipo di suffissazione che lascia inalterata la categoria
grammaticale della parola ma il modifica il significato del lessema nella misura,
perciò avremo alterati accrescitivi (aumentano la misura di qualcosa come
libro>librone) e diminutivi (diminuiscono la misura come casa>casetta).
I suffissi alterativi possono anche modificare il significato della base nella qualità e
nel valore dando vita ad alterati vezzeggiativi e peggiorativi. Nei vezzeggiativi
prevale il valore della simpatia e dell’apprezzamento per ciò di cui si parla
(bello>bellino), nei peggiorativi prevale il disprezzo (tempo>tempaccio). Riguardo gli
alterati verbali, l’alterazione è ottenuta con un infisso che connota la parola neonata
con una nuova accezione (saltare>saltellare). Vi sono inoltre i falsi alterati, ossia
parole che si sono allontanate dal significato acquisito con l’alterazione e si sono
lessicalizzate, assumendo un significato proprio. Nel vocabolario sono registrate
con forme autonome, come ‘mascherina’ che non è più solo una piccola maschera
ma un dispositivo utilizzato dai medici. Altri esempi sono ‘forchetta’ e ‘ombrellone’.
Prefissazione
La prefissazione consiste nell’aggiungere i prefissi a sinistra della base lessicale,
lasciando invariata la categoria grammaticale della base, fanno eccezione i verbi
parasintetici e i prefissi con anti- e inter che premessi a nomi possono formare
aggettivi (es. antiscivolo deriva dal sostantivo ‘scivolo’). Alcuni prefissi hanno
acquisito valore autonomo: ‘super’ con valore aggettivale oppure ‘ex’ usato come
sostantivo. Uno stesso prefisso può essere collocato davanti a nomi, aggettivi e verbi
ad eccezione del prefisso s- che si trova solo davanti ad aggettivi e verbi (es. sfiorire)
e del prefisso in- con valore negativo posto solo davanti a nomi e aggettivi (es.
insufficienza, indesiderato). I prefissi possono esprimere diversi concetti: valore
spaziale, unione, opposizione.
Prefissoidi e suffissoidi
I prefissoidi e i suffissoidi rivestono un significato autonomo e preciso al di la dell
elemento a cui si unisce: ‘antinebbia’, ‘macroeconomia’, ‘politologia’. Tali lessemi
Sono per lo più di origine greco-latina: sono considerate parole composte e definite
composti neoclassici. Nei precedenti esempi distinguiamo un nome italiano unite a
forme adattate di una parola di origine greca (macro-, -logia) e latina (anti-).
Verbi parasintetici
Sono verbi in cui alla base della parola, un nome o un aggettivo, è aggiunto sia un
prefisso che un suffisso: briciola > s- + briciol + -are. Tra i prefissi ricordiamo a-
seguito da raddoppiamento della consonante (accoppiare); de- (deteinare); in-
(inn-,im-,il-,ir-,i-: neve > innevare, lume > illuminare).
Parole composte
Il processo di composizione consente la genesi di parole nuove, i composti. Il
processo di composizione è molto antico e già attivo nel latino volgare. Un composto
è formato da TESTA + MODIFICATORE: la testa ovvero l’elemento che trasferisce la
categoria grammaticale al composto; a destra si colloca il modificatore, l’elemento
che fornisce notizie in più sulla testa che ne modifica il significato. Ad esempio, il
composto ‘pastasciutta’ (NOME + AGGETTIVO): la testa è ‘pasta’ che trasferisce la
categoria grammaticale a tutto il composto, ‘asciutta’ è il modificatore che indica la
qualità della pasta e che ne modifica il significato. Nel caso di composti NOME +
NOME, come in ‘capostazione’, si dovrà considerare i tratti sintattico-semantici:
‘capostazione’ è un nome animato maschile e tra le due forme libere che lo
compongono ‘capo’ è il nome animato maschile che trasferisce al composto questa
caratteristica. Inoltre ‘capostazione’ è un ‘capo’ non una ‘stazione’. Si possono
distinguere composti con base nominale e con base verbale. I composti con base
nominale presentano varie combinazioni come:
− NOME + AGGETTIVO: camposanto, palcoscenico;
− AGGETTIVO + NOME: gentiluomo, mezzanotte;
− PREPOSIZIONE + NOME: sottoscala
− NOME + NOME: cassapanca, divano letto.
I composti con base verbale possono avere le sequenze:
− VERBO + NOME: passatempo
− VERBO + VERBO: fuggifuggi
− VERBO + AVVERBIO: posapiano
− AVVERBIO + VERBO: benedire
− PREPOSIZIONE + VERBO: sopravvalutare
I composti possono essere distinti in endocentrici ed esocentrici e coordinativi e
subordinativi. Un composto endocentrico è ‘pescespada’ in cui l’elemento di cui si
parla, il pesce, si trova all’interno del composto stesso, mentre ‘spada’ è il
modificatore; nel composto esocentrico si fa riferimento a un elemento che non è
rappresentato dalle parole del composto, la cui testa non è presente ma va
sottintesa: ad esempio, con ‘dopobarba’ si intenderà il profumo da indossare dopo
la rasatura. I composti coordinativi si hanno quando i due elementi del composto
hanno ugual peso nella formazione del significato del composto stesso, sono quindi
costituiti da due teste: per esempio, divano letto o cassapanca (è più un letto o più
un divano?); nei composti subordinativi il modificatore è subordinato alla testa che
trasferisce la categoria grammaticale e il significato principale: ‘carro attrezzi’ (è un
carro, per cui attrezzi è subordinato a carro).
Altre possibilità di formazione delle parole
L’italiano forma parole anche con sigle e acronimi, abbreviazioni e retroformazioni e
per conversione. Le sigle sono formate dall’unione delle iniziali di una serie di
termini che possono essere italiani o stranieri (es. ASL, AIDS) e possono essere usate
come parole autonome quando si assegna loro un genere grazie all’articolo (es.
lavorare al PC). La parola che risulta dalla pronuncia di una sigla è detta acronimo.
Gli accorciamenti sono un processo di riduzione delle parole molto frequente in
italiano che interessa le formazioni endogene (auto, bici) ed esogene (app, demo,
info). Il processo della retroformazione consiste nel formare nuovi lessemi a partire
da lessemi considerati erroneamente come derivati. La conversione consiste nella
creazione di nuove parole attraverso il cambiamento della funzione grammaticale di
un lessema di cui non si muta la forma. Esistono conversioni da verbo a nome e
avremo l’infinito sostantivato in cui il verbo ha la funzione di sostantivo (SBAGLIARE
è umano), o l’infinito declinato (GLI ESSERI umani sono volubili.
Origini del lessico italiano
Il lessico italiano contemporaneo si origina da tre matrici:
• L’insieme delle parole ereditate dal latino per trasmissione diretta o indiretta;
• L’insieme delle parole prese in prestito dai dialetti e da altre lingue;
• L’insieme delle parole nuove formate all’interno della lingua (neologismi).
Il vocabolario di base dell’italiano è formato in gran parte da parole derivate
direttamente dal latino, che in molti casi hanno subito variazioni di pronuncia e di
significato, poiché soggetto all’uso dei parlanti. Se dal latino aqua abbiamo acqua,
solem > sole. Con i secoli, l’italiano si è arricchito con l apporto di latinismi colti (o
cultismi), termini tramandati da una tradizione dotta.
Grazie ai cultismi l’italiano ha potuto formare famiglie semantiche più complesse.
Per esempio, per esprimere concetti che hanno a che fare con l’occhio (lessema
ereditario da oculum), l’italiano ha introdotto latinismi come oculare, oculista. In
alcuni casi, l’entrata di cultismi in italiano ha generato gli allotropi, ossia parole
derivanti dalla stessa matrice latina ma con significati diversi. Vi sono, inoltre,
latinismi che sono entrati in italiano attraverso il tramite di altre lingue europee e
sono stati definiti prima eurolatinismi, e in seguito xenolatinismi. Dall’inglese sono
giunti aquarium, auditorium, media, solarium, video ecc., dal francese abbiamo
palmarès, dal tedesco album e libido.
Lessico delle varietà regionali
Ad arricchire il vocabolario italiano comune sono gli apporti dilettali e le varietà
regionali: ammanicato, bancarella, cafone, carosello.
Regionalismi e dialettismi
sono, dunque, termini appartenenti a varietà regionali delimitate ed entrano
nell’italiano come prestiti adattati perché si adattano alla fonetica della nostra
lingua. Altri esempi sono: posteria (negozio di commestibili) in Lombardia, o
complimento (rinfresco) in Abruzzo, caramella a molla (gomma da masticare) in
Basilicata. Particolari regionalismi sono i geosinonimi, lessemi della lingua italiana di
uso regionale, che indicano lo stesso referente, hanno forma diversa e significato
uguale: ometto, gruccia, stampella.
Si parla, invece, di dialettismi quando le parole originariamente legate a un
particolare territorio, sono adottate poi in tutta Italia: sono soprattutto nomi legati
alla gastronomia come: cassata siciliana, mozzarella napoletana, panettone
milanese. Si parla, infine, di geoomonimi quando la stessa parola ha, nelle diverse
aree linguistiche, significante uguale ma significato diverso.
Dalle altre lingue: prestiti e calchi
Sono espressioni o vocaboli importati da altre lingue. Distinguiamo tra prestiti di
necessità e prestiti di lusso: nei primi rientrano quei vocaboli che sono stati
importati da altre lingue insieme all’oggetto che designavano (cacao è un prestito
azteco del XVII sec, mediato dallo spagnolo; così come patata è un prestito delle
lingue precolombiane dell’America Latina, mediato dallo spagnolo e arrivato in Italia
insieme al prodotto alimentare); nei secondi troviamo: i vocaboli forestieri che
hanno un corrispondente in italiano, ad esempio, babysitter. Si distinguono, inoltre, i
prestiti adattati o integrati, dai prestiti non adattati o non integrati. I primi sono
quelli che si adattano al sistema fonetico e morfologico della lingua di arrivo come
bistecca da beef steak, paltò dal francese paletot; i secondi, invece, sono presi
integralmente dalle lingue straniere: dal francese camion, chance, tranche o
dall’inglese bar, film, supermarket invece di supermercato, week-end al posto di fine
settimana. Un particolare tipo di prestito è il calco che può essere di due tipi: il calco
di traduzione (o lessicale, sintattico, strutturale) quando la struttura del modello
straniero e
Riprodotta nella lingua di arrivo (es. luna di miele è un calco della traduzione
sull’inglese honey-moon, grattacielo è modellato su skyscraper, superuomo sul
tedesco Ubermensch. Abbiamo il calco semantico quando una parola già esistente
in una lingua aggiunge al proprio significato quello di una parola straniera: per
esempio, ‘realizzare’ in italiano aveva solo il significato di attuare concretamente
qualcosa, ma dal secondo dopoguerra, per influsso dell’inglese, ha assunto anche il
significato di “to realize”, ossia rendersi conto.
Greco
Molte delle voci di origine greca sono arrivate in italiano per mediazione del latino,
che ha ricevuto dal greco un duplice influsso dall’alto e dal basso. Appartengono
all’influsso dall’alto tutti i termini della filosofia e della letteratura come
‘antonomasia’, ‘elegia’, ‘historia’ ecc…
Apporto dell’inglese
il settore dello sport deve molto all’inglese, soprattutto grazie proprio alla parola
sport, e poi football, tennis, performance, outsider, yatch, base-ball, croquet,
handicap, match, record, trainer. Dal mondo degli affari: business, banconota,
copyright, trust. Molti prestiti provengono dal modello di vita americano, che
suggerisce un modo di esistere diverso rispetto a quello europeo: arrampicatore
sociale, (personaggio) big, playboy, first lady, privacy, status symbol, overdose. Tra i
termini legati a lingue settoriali ricordiamo, per l’informatica, computer, input,
hardware, software, per la medicina by pass, check up, pace maker, contraccettivo.
Italianismi nel mondo
Gli italianismi sono prestiti dell’italiano alle altre lingue. Tra le lingue che hanno
accolto più prestiti italiani si colloca il maltese, seguito da albanese, neogreco,
francese, serbocroato e sloveno, polacco, dialetti tedeschi tirolesi e carinziani e per
Ultimo, dal turco. Le parole italiane esportate sono soprattutto nomi (pizza,
spaghetti) o aggettivi (adagio, andante), locuzioni (dolce vita) e alcuni suffissi come –
esco (grottesco) e –issimo (ricchissimo). Non mancano gli pseudo italianismi,
ovvero formazioni che sembrano italiane ma non lo sono: la locuzione tuttifrutti, per
esempio, ha significato in alcune lingue di frutta mista, oppure gelato misto è il
gelato con più gusti. In inglese si trovano composti inesistenti in italiano come
pococurante (indifferente), oppure alfresco dinner

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