Sei sulla pagina 1di 10

5 Lessico di Rosa Piro

1. Lessico e grammatica
Il lessico è un livello linguistico che è sottoposto a continue sollecitazioni, come la
formazione di nuove parole, prestiti da lingue straniere e modificazioni semantiche, che lo
cambiano. Infatti, si dice che il lessico è un sistema aperto e in teoria espandibile
all’infinito, mentre le strutture grammaticali (quelle fonologiche, morfologiche e
sintattiche) di una lingua sono sistemi chiusi.
2. Un po’ di terminologia
Parola  Per parola si indica un vocabolo in senso generale e, in base al contesto, può
essere sostituita da termine.
Termine  è una parola con un significato circoscritto e perlopiù appartenente a un
linguaggio settoriale.
Lessema  quando la parola è considerata come l’unità di base del lessico si dice lessema;
per questo si dice che il lessico è l’insieme dei lessemi di una lingua.
Lemma  si parla di lemma quando si fa riferimento alla parola intesa come unità lessicale
che costituisce l’entrata di una voce del dizionario.
Cos’è la Lessicologia? La Lessicologia studia il sistema lessicale di una lingua, le relazioni tra
le parole e i cambiamenti del significante e del significato nel tempo.
Cos’è la Lessicografia? La Lessicografia rinvia a due significati:
 La tecnica di redazione di dizionari che si avvale degli studi di lessicologia, di
semantica e di morfosintassi per la definizione di vocaboli di una lingua o di un
dialetto;
 L’insieme di opere lessicografiche di vario tipo (dizionari, vocabolari specialistici,
glossari, ecc.) dal punto di vista sincronico o diacronico.

3. Quante parole usiamo?


Il Vocabolario di base (VdB) dell’italiano è l’insieme dei vocaboli più frequenti e più
conosciuti della lingua. Nei dizionari, la frequenza di un lemma di solito si stabilisce sulla
base di alcuni testi scritti che formano un corpus, cioè si calcola in base al numero di volte
in cui una parola viene usata in quel corpus. Esistono diversi tipi di dizionari. Ci sono ad
esempio dizionari monolingue che ci danno più informazioni sul piano della sintassi, altri
dizionari nutrono scopi diversi e quindi fanno emergere altri tipi di informazioni. Il VdB è
stato sviluppato dal linguista Tullio de Mauro con lo scopo principale di dividere il lessico
su base di frequenza, inserendo ogni parola in una determinata categoria.
Il VdB, costituito di poco meno di 7000 parole, consta di 3 sottocategorie:
1
1. Vocabolario fondamentale (FO), di circa 2000 lemmi;
2. Vocabolario di alto uso (AU), di circa 2700 lemmi;
3. Vocabolario di alta disponibilità (AD), di circa 2000 lemmi.
Al VdB si aggiungono altri gruppi di parole.
Definiamo “Vocabolario corrente” tutti i termini che non sono nel VdB (non hanno
un’altissima frequenza), ma possono essere usate e comprese indipendentemente dalla
professione che si esercita e dalla collocazione regionale, e che sono note a chiunque abbia
un livello medio-superiore di istruzione. Si tratta di circa 40.000 lemmi. Il Vocabolario
esteso (200.000 voci) è costituito dal VdB, dal Vocabolario corrente, dai regionalismi e dai
tecnicismi. Le parole tecniche, che denotano, cioè, referenti tecnico-disciplinari (come
“lessema”, “mialgia”, “quark”, “eone”, “byte”), non sono molto frequenti in tutto il
repertorio dei testi in lingua italiana; sono molto frequenti nei testi specialistici. Per questo
motivo non appartengono né al VdB, né al Vocabolario corrente (non sono comprensibili a
tutte le persone con un livello medio di istruzione).
GRADIT (https://dizionario.internazionale.it/). Nel dizionario di Tullio de Mauro, che
prende il nome di GRADIT (Grande Dizionario Italiano dell’uso), per ciascuna voce si
trovano le marche d’uso che indicano l’appartenenza ad una categoria. I vocaboli marcati
con “TS” fanno parte del lessico tecnico scientifico, sono tecnicismi. Le marche sono
stabilite, appunto, in base al parametro della frequenza.
Marche d’uso nel GRADIT:
Lessico fondamentale (FO – altissima frequenza)
Lessico di alto uso (AU – alta frequenza)
Lessico di alta disponibilità (AD – bassa frequenza ma noti a tutti)
Lessico comune (CO – livello mediosuperiore d’istruzione)
Lessico tecnico-specialistico (TS – uso marcato in ambito tecnico e scientifico)
Lessico di uso letterario (LE – uso nei testi canonici della tradizione letteraria)
Lessico regionale (RE – uso nelle varietà regionali)
Lessico dialettale (DI – uso nelle comunità dialettali)
Esotismi (ES – vocaboli stranieri non adattati)
Lessico di basso uso (BU – rari)
Lessico obsoleto (OB – obsoleti ma ancora utilizzati)

4. Vita delle parole: arcaismi, neologismi, occasionalismi


2
Le parole sono come gli esseri viventi: nascono, vivono, si trasformano e scompaiono.
5. Come si formano le parole italiane?
Le filiere di formazione di parole in italiano sono tre:
I. Morfologia derivativa o rinnovamento endogeno: consiste nella formazione di nuove
parole all’interno della lingua stessa che avviene attraverso i meccanismi di derivazione
e composizione. Con questi meccanismi formiamo nuove parole a partire da parole che
già possediamo nella lingua. Questo sarà importante per l’analisi morfologica dei
tecnicismi.

II. Rinnovamento esogeno (prestiti): riguarda parole che vengono da altre lingue: i
prestiti (grecismi, francesismi, germanismi, anglicismi, ispanismi, ecc.). Esistono alcune
lingue che si “specializzano” in parole da prestare alle altre, ad esempio: l’italiano
esporta prevalentemente prestiti nei settori del cibo e della musica; il francese esporta
termini della gastronomia e della moda, e molti tecnicismi amministrativi e giuridici (è
stato molto prolifico sulla formazione di questo tipo di parole grazie alla Rivoluzione
francese); l’inglese esporta termini della tecnologia, dell’informatica, dell’economia,
dell’intrattenimento. Oggi l’inglese esercita un’egemonia culturale significativa, per cui
riesce ad esportare le proprie parole di molti campi del sapere. In qualche caso i prestiti
vengono adattati all’italiano (“luna di miele” da honeymoon, “grattacielo” da
skyscraper), in altri casi no (chance, sport).

III. Eredità latina: riguarda le parole che derivano dal latino che in qualche caso fanno da
base per il rinnovamento endogeno. Distinguiamo una tradizione diretta (o popolare) e
una tradizione colta. Le parole che derivano dal latino per tradizione diretta sono quelle
che dal latino volgare (quello parlato da tutte le popolazioni in tutti i territori di area
latina in tutta la storia di Roma) arrivano ai volgari italiani e alle altre lingue romanze
con soluzione di continuità, senza interrompere la loro presenza. (es.: civitatem > città;
domina > donna; focum > fuoco). La filiera della tradizione colta riguarda parole di
origine latina che recuperiamo nel ‘400/’500, cioè durante i secoli dell’Umanesimo e
del Rinascimento, quando ci fu un enorme revival della classicità e molti testi greci e
latini vennero riscoperti e tradotti. Per tradizione colta introduciamo in tutte le lingue
romanze alcune parole che per tradizione popolare non erano proprio arrivate, ma
anche forme diverse di parole che ci erano arrivate già per tradizione popolare. (es.:
plebem > pleve (t. popolare) / pieve (t. colta); angustiam > angustia (t. popolare) /
angoscia (t. colta)). In qualche caso, quindi, nelle lingue romanze oggi due parole
derivano dalla stessa parola latina e hanno delle forme diverse.

3
La morfologia lessicale si occupa della formazione delle parole in italiano a partire da basi
lessicali già presenti nella lingua che avviene attraverso i meccanismi di derivazione e
composizione. Il rinnovamento endogeno consiste nella formazione di nuove parole
all’interno della lingua stessa, e questo avviene attraverso i meccanismi di derivazione
(suffissazione, prefissazione, composizione...). Con questi meccanismi formiamo nuove
parole a partire da parole che già possediamo nella lingua. Questo sarà importante per
l’analisi morfologica dei tecnicismi.
5.1. PAROLE DERIVATE: DERIVAZIONE
La derivazione è un meccanismo di formazione di nuove parole a partire da lessemi già
presenti nel lessico italiano. La morfologia derivativa è la branca che studia la derivazione.
Una parola derivata è costituita da: morfema libero o base e un morfema legato. Dalla
parola già esistente, cioè la base lessicale, possono derivare altre parole grazie all’aggiunta
di affissi (suffissi e prefissi).
Le famiglie di parole sono formate da vocaboli accomunati dalla stessa base lessicale, es.
fiore, fioraio, fiorellino, fiorire in cui la base è fior- e -e, -aio, -ino, -ire sono i suffissi che si
collocano a destra.
Le parole nuove formate con l’aggiunta di suffissi si chiamano suffissati, mentre quelle
formate con i prefissi si chiamano prefissati. Alcune parole possono avere sia un prefisso
che un suffisso: es. s-cald-are.
I meccanismi di derivazione sono:
 Suffissazione:

La suffissazione consiste nell’aggiunta di un suffisso alla destra di una base lessicale: Libr –
aio, Fior –ire; quest’ordine è fisso. I suffissi specificano la categoria grammaticale e a
seconda del tipo di suffisso che aggiungiamo otteniamo parole di categorie grammaticali
diverse e anche con significati diversi. La nuova parola può avere la stessa categoria
grammaticale (es. libro > libraio) della base di partenza oppure può subire una
transcategorizzazione, cioè un cambio di categoria grammaticale (fiore > fiorire). A
seconda del lessema da cui derivano i suffissati possono essere: denominali, deaggettivali
o deverbali; poi sei i suffissati derivati saranno nomi, aggettivi o verbi si chiameranno
rispettivamente suffissati nominali, aggettivali o verbali. Sono meno frequenti i suffissati
deavverbiali.

4
Inoltre, i rapporti di derivazione possono seguire due schemi: (1) paradigma di derivazione
a ventaglio in cui ogni suffissato di un gruppo di parole ha in comune la stessa base (lavoro
> lavorare, lavorazione, lavoratore, lavoratrice, lavoretto) o (2) paradigma di derivazione a
cumulo in cui ogni nuovo suffissato diventa la base per una nuova mutazione (es. banale,
banalizzare, banalizzazione); in alcuni casi si ha un misto fra questi due paradigmi.

Suffissi che creano verbi: -are è molto produttivo nella formazione di neologismi a partire
da altre lingue, -ere non è più produttivo, -ire produttivo nella formazione dei verbi
parasintetici. Gli infissi sono degli affissi che si interpongono tra la base lessicale e la
desinenza (rid-acchi-are) e spesso forniscono informazioni sul modo in cui si svolge l’azione
o sull’impegno nel svolgerla (es. rub-acchi-are, leggiucchiare).

Suffissi produttivi per la formazione di nomi d’azione sono:

 -zione (asportare > asportazione);


 -mento (divertire > divertimento);
 -tura (pulire > pulitura).

I suffissi più produttivi per i nomi d’agente sono:

 -tore e -trice (ricercare > ricercatore, ricercatrice);


 -ista e -aio (arte > artista, forno > fornaio).

Nei linguaggi specialistici scegliamo specificamente alcuni suffissi per veicolare alcune
precise informazioni, e per ciascun linguaggio specialistico ci sono dei suffissi più produttivi
di altri. Ad esempio –ite forma solo parole mediche, –orio solo parole del linguaggio
giuridico come “deliberatorio”; –anza forma prevalentemente parole del linguaggio
giuridico come “cittadinanza”.

5
 Alterazione:
L’alterazione è un tipo di suffissazione per cui il suffissato non cambia di categoria
grammaticale (gatto > gattino, letto > lettuccio) ma modificano il significato del lessema
conferendogli un valore accrescitivo o diminutivo, vezzeggiativo o peggiorativo. Per i
linguaggi specialistici, essendo poco variati sul piano emotivo, ci interessa poco.
 Prefissazione
Consiste nell’aggiunta di un prefisso a una base lessicale (es. Post-operatorio, con-
nazionale, anti-nebbia, para-militare, iper-acidità, a-cefalo). Solitamente i prefissi hanno
dei valori, cioè non veicolano un’informazione sul piano lessicale ma fanno riferimento ad
un concetto, per esempio:
o valore spaziale (circum- e anfi-: circumvesuviana, anfiteatro) e temporale (ante- e
post-: anteguerra, postoperatorio, retroattivo);
o unione (con- e sin-: connazionale, compaesano, sintonia, sincronico);
o opposizione (contro-, contra-, anti-: controbilanciare, contraddire, antigelo,
antinebbia);
o affinità (para-: paramilitare);
o grado superiore rispetto alla base (arci-, extra-, super-, stra-, ultra-: arci-prete,
arciricco, extralusso, supermercato, stracotto, ultramoderno) o massimo grado
(iper, per-, sur-: iperacidità, pertosse, suralimentazione);
o valore negativo (in-, s-, dis-, senza-, a-/an-, non-: indeciso, sgonfiare, disgiungere,
senzatetto, acefalo, analfabeta, nonsenso).

 Verbi parasintetici
Sono dei verbi che si formano con l’aggiunta sia di un suffisso che di un prefisso: S-briciol-
are, Im-brutt-ire, In-oltr-are.

 Prefissoidi e suffissoidi
I prefissoide e suffissoidi sono una sorta di prefissi o suffissi che derivano dal greco o dal
latino, sono dotati di un significato autonomo e formano i cosiddetti composti neoclassici.
La composizione neoclassica si colloca a metà tra la suffissazione/prefissazione e la
composizione. Nella composizione abbiamo due parole con significato autonomo che si
legano in una sola parola (pastasciutta, mezzanotte). I suffissoidi e i prefissoidi, come i
suffissi e i prefissi, devono per forza legarsi ad un altro elemento, ma sono – a differenza di
suffissi e prefissi – portatori di significato nel composto. Non svolgono solo una funzione,
non veicolano solo un valore (affinità, opposizione, ecc.). Ad esempio, in gastro-patia
abbiamo due componenti, di cui –patia è definito suffissoide perché di derivazione greca
6
(da pathos, sofferenza). Esso ha un significato proprio, ma per essere utilizzato in italiano
deve per forza unirsi ad una base. Per i prefissoidi vale lo stesso discorso (auto- analisi,
dove auto- di derivazione greca, vuol dire “indirizzato a se stesso”).

5.2. PAROLE COMPOSTE: COMPOSIZIONE


La composizione è un meccanismo di formazione di parole nuove dette composti partendo
da basi lessicali già presenti le lessico italiano (es. pastasciutta, capostazione, gentiluomo,
pescecane). Un composto è formato da due parole libere:
 Testa o determinato: l’elemento di cui specifichiamo qualcosa e che trasferisce la
categoria grammaticale al composto;
 Modificatore o determinante: l’elemento che ci dà informazioni sulla testa e ne
modifica il significato.
In base alla tipologia i composti possono essere scritti uniti oppure separati da un trattino o
da uno spazio. Inoltre, esistono:
 Composti a base nominale:
• NOME + NOME: cassapanca, divano letto.
• PREPOSIZIONE + NOME: sottoscala, sovraccoperta;
• AGGETTIVO + NOME: gentiluomo, mezzanotte;
• NOME + AGGETTIVO: camposanto, palcoscenico;

 Composti a base verbale:


• VERBO + NOME: passatempo, schiaccianoci;
• VERBO + VERBO: fuggifuggi, tiremmolla;
• VERBO + AVVERBIO: posapiano, tiratardi;
• AVVERBIO + VERBO: benedire, maledire;
• PREPOSIZIONE + VERBO: sopravvalutare, sottoporre.
I costituenti dei composti possono essere forme libere (lavastoviglie) o non libere
(antropofago)
Esistono poi:
 Composti endocentrici: quando la testa è all’interno del composto (es. pescespada,
pesce è la testa e spada è il modificatore);
 Composti esocentrici: quando la testa non è presente ma è sottintesa (es.
dopobarba, in cui è sottointeso profumo che si indosserà dopo la rasatura).
e anche:

7
 Composti coordinativi: quando c’è un rapporto di coordinazione fra testa e
modificatore (es. caffè-latte, agro-dolce, chiaro-scuro)
 Composti subordinativi: quando c’è un rapporto di subordinazione fra testa e
modificatore (es. capotreno = il capo del treno).
Infine:
 Composti ibridi: sono frequenti dell’italiano contemporaneo e sono creati con forme
liberi inglesi e italiane (es. clownterapia).

5.3. Altre possibilità di formazione delle parole:

 Sigle e acronimi: le sigle sono formate dall’unione delle iniziali di una serie di termini
(es. ASL = Azienda sanitaria locale, CGIL = Confederazione generale italiana dei
lavoratori, TAC = Tomografia Assiale Computerizzata). L’acronimo è un sottotipo di sigla
in cui possono esserci non solo le iniziali delle parole ma anche alcune delle prime
lettere (es. AssITerm); a volte formano nuove che vengono utilizzate nella lingua
comune e che sfruttano la appetibilità, per esempio PRESTO (Preservation Technology).

 Accorciamenti: è un procedimento di riduzione delle parole molto frequente in italiano


che interessa sia formazioni endogene, come auto da automobile, foto da fotografia,
moto da motocicletta, ma anche esogene per esempio dall’inglese app da application,
info da information.

 Retroformazione: consiste nel formare nuovi lessemi a partire da lessemi che vengono
considerati erroneamente come derivati (es. il sostantivo correlazione non viene da
correlare, ma è il verbo che è derivato dal sostantivo; il verbo redarre è stato ricostruito
erroneamente dal participio redatto che in realtà deriva da redigere).

 Conversione: consiste nella creazione di nuove parole attraverso il cambiamento della


funzione grammaticale di un lessema senza cambiare la forma: Sbagliare è umano, il
verbo diventa sostantivo. (Fenomeno di lessicalizzazione).

 Parole macedonia: si formano dall’unione di due o più parole, in particolare dall’unione


di due accorciamenti o di un accorciamenti + parola intera (es. ortofrutta,
gastrolibreria, gastronomia, cartolibreria, informatica)

8
6. Origini del lessico italiano
6.1. Dalle altre lingue: prestiti e calchi
I prestiti e i calchi fanno parte del lessico ereditario dell’italiano e sono giunti a noi da
molte lingue diverse in periodi storici diversi. Distinguiamo tra:
 Prestiti di necessità: sono quei vocaboli importati da altre lingue insieme all’oggetto
che designavano (es. cacao dall’azteco cacahuatl mediato dallo spagnolo, patata).
 Prestiti di lusso: quei vocaboli forestieri che, in realtà, hanno un corrispondente in
italiano, ma si preferisce usare il forestierismo.
 Prestiti adattati: vocaboli che si adattano al sistema fonetico e morfologico della
lingua di attivo (es. bistecca da beef steak).
 Prestiti non adattati: vocaboli che sono presi integralmente dalle lingue straniere
(es. dal francese chance, camion, tranche; dall’inglese bar, film, sport).
Un tipo particolare di prestito è il calco, che può essere:
 Calco di traduzione (detto anche lessicale, sintattico o strutturale): quando la
struttura del modello straniero è riprodotta nella lingua di arrivo.
 Calco semantico: quando una parola già esistente in una lingua aggiunge al proprio
significato quello di una parola straniera, ciò solitamente accade quando c’è una
somiglianza fonetica tra le due lingue di contatto (es. realizzare in italiano significava
solo ‘attuare concretamente qualcosa’, ma dal secondo dopoguerra per l’influsso
dell’inglese ha assunto anche il significato di to realise ‘rendersi conto’).
Greco. La maggior parte delle voci di origine greca è arrivata in italiano per mediazione del
latino. Alcuni grecismi appartengono a: termini della filosofia e della letteratura, nomi di
piante, nomi di animali marini, nomi della casa o della città, delle parti del corpo, degli
oggetti domestici. Il greco contribuisce alla formazione dei cosiddetti composti neoclassici.
Influsso del francese. Il francese è la lingua da cui l’italiano ha attinto più prestiti, infatti, le
parole di origine galloromanza costituiscono il 4% del repertorio lessicale italiano
(gallicismi, francesismi e provenzalismi). Le prestiti dal francese in italiano:
 Tra XII e XIV secolo: cultura feudale;
 ‘600: politica, moda;
 ‘700: gastronomia;
 ‘800: ambito giuridico-amministrativo (appello nominale, burocratico, Corte
d’Appello, Corte di cassazione, lavori forzati, stato civile, prefetto e prefettura,
unilaterale, versamento, vidimazione, votazione), linguaggio dell’economia (debito
consolidato, succursale, titoli di rendita), ambito alberghiero;
 ‘900: alcuni gallicismi della moda e alcuni modi di dire.

9
7. Relazioni semantiche tra parole
In base al significato, le parole instaurano tra loro dei rapporti associativi o paradigmatici,
e, in base ai contesti in cui ricorrono instaurano dei rapporti sintagmatici.
a) Rapporti associativi: Basati sul significante: parole che condividono lo stesso morfema
lessicale; Basati sul significato: parole che condividono lo stesso campo semantico (es.
fiore, petalo, stelo, radice).
b) Relazioni di equivalenza: la sinonimia è la relazione di equivalenza semantica tra due o
più parole; i sinonimi.
c) Relazioni di opposizione: l’antonimia è la relazione di opposizione tra due significati,
parliamo degli antonimi o contrari e ne esistono di diversi tipi.
d) Relazioni di omonimia: quando due parole hanno la stessa forma, significante. Esiste
anche l’omofonia e l’omografia. La polisemia è quando a un solo significante
corrispondono più significati.
e) Rapporti di iperonimia e iponimia: l’iponimo è una parola specifica e l’iperonimo è una
parola più generale: gondola e motoscafo sono iponimi di imbarcazione che è
iperonimo di questi due termini.
f) Relazioni di parte per il tutto o tutto per la parte: il meronimo è il termine che indica la
parte di un intero (petalo), mentre l’olonimo indica il tutto (fiore).

g) Tra lessico e sintassi


I rapporti sintagmatici riguardano i modi con cui le parole si combinano tra di loro.
Quando le relazioni tra due o più parole diventano stabili si parla di collocazioni. Nelle
collocazioni le parole conservano il loro significato quando non vengono usate insieme (es.
dare un preavviso) e possono essere sostituite con dei sinonimi. Le collocazioni possono
essere costituite da:
 VERBO + NOME: bandire un concorso (e non *annunciare);
 NOME + VERBO: la situazione precipita (e non *cade);
 VERBO + AVVERBIO: discutere animatamente (e non "fortemente);
 NOME + AGGETTIVO: giornata nera (e non *scura).
Le polirematiche (dette anche lessemi complessi o unità lessicali superiori) sono costituite
da due o più parole che si comportano come se fossero un unico lessema, ma il loro
significato non si ricava dalla somma dei significati dei costituenti, ma acquisiscono un
significato nuovo che in alcuni casi è trasparente. Assomigliano alle collocazioni da un
punto di vista paradigmatico, invece dal punto di vista sintagmatico l’ordine delle parole è
fisso e non può essere modificato, mentre nelle collocazioni può essere invertito (alta
tensione e non *tensione alta).

10

Potrebbero piacerti anche