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IL LESSICO

Nozioni di base

Il lessico è l’insieme delle parole di una lingua: il lessico dell’italiano, del francese, ecc.
Invece il vocabolario è un settore determinato del lessico: il vocabolario di D’Annunzio, dei
Malavoglia, della chimica ecc. Nella lingua comune vocabolario e dizionario sono sinonimi, ma
nella terminologia linguistica il dizionario è l’opera che raccoglie in modo ordinato i vocaboli di
una lingua: dizionario dell’uso (ad es. lo Zingarelli), dizionario storico (ad es. il Battaglia o GDLI, il
Dizionario storico della lingua italiana della UTET in 20 volumi), dizionario etimologico, ecc. La
lessicologia è lo studio scientifico del lessico, la lessicografia è la tecnica di composizione dei
dizionari.
Le parole (o vocaboli) sono quelle che compaiono nella frase: i, tavoli, sono, arrivati, nel,
negozio, di, mobili. Il lessema è l’unita di base del lessico: il, tavolo, essere, arrivare, in, negozio,
di, mobile. Nel dizionario il lessema si identifica con il lemma, la voce in cui si tratta di ciascuna
parola (definizione, esempi, ecc.). Il termine è la parola propria di una determinata disciplina o di
un settore del lessico: rinite, fonema, presidenzialismo, software.
Mentre le strutture della grammatica (fonetica, morfologia, sintassi) costituiscono un sistema
relativamente chiuso, il lessico è un sistema aperto, suscettibile di variazioni e arricchimenti
continui, con l’aggiunta di nuove parole. La creatività lessicale è pressoché infinita; ne discende, fra
l’altro, la difficoltà a porre limiti precisi alla registrazione dei vocaboli nel dizionario.
Vi sono diversi livelli del lessico: parole comuni e rare; parole di uso corrente e parole di uso
letterario, parole antiquate (arcaismi) o nuove (neologismi). Gli arcaismi formali (come non mi
cale) si distinguono da quelli semantici: vago è un arcaismo nel senso di ‘bello’, ma non nel senso
di ‘impreciso’. Gli arcaismi possono essere usati con intenti ludici: si pensi a frasi come è d’uopo o
non mi tange, frequenti in Totò.
Il lessico presenta inoltre diverse varietà. Si distinguono in particolare: 1. varietà funzionali o
diafasiche, legate alla specificità della situazione comunicativa (varietà di registro) o
dell’argomento trattato (linguaggi settoriali, della scienza, della tecnica, di determinati ambiti
professionali); 2. varietà geografiche o diatopiche, alle quali appartengono i regionalismi (si pensi ai
cosiddetti geosinonimi come anguria settentrionale, cocomero centrale, melone meridionale);
varietà sociali o diastatiche, legate all’identità sociale del parlante, al sesso, all’età (damerino,
fighetto).

Le parole nuove

Le parole nuove possono essere formate sulla base di una parola già esistente nella lingua o
riprese da una lingua straniera. Il termine neologismo è comunemente usato per designare entrambi
questi tipi di parole nuove; ma nel secondo caso, quello dei forestierismi, è più appropriata la
nozione di prestito.
Il prestito linguistico si ha quando una lingua assume come proprio un elemento linguistico di
un’altra. Il parlante riconosce solo il prestito non integrato: bar, computer, film, server; boutique,
équipe; hinterland, strudel. Invece il prestito integrato (bistecca dall’inglese, ingaggiare dal
francese) non viene riconosciuto.
Un particolare tipo di prestito è il calco. Si ha un calco semantico quando il significato di una
parola italiana viene esteso sul modello di un'analoga parola di altra lingua: realizzare assume anche
il significato di ‘capire’ per influsso dell’inglese to realize; aperitivo, che in italiano era solo un
aggettivo indicante ‘ciò che apre’, assume il significato di ‘bevanda che eccita l’appetito’ per
influsso del francese aperitif. Si ha invece un calco traduzione (chiamato anche calco strutturale)
quando il modello straniero è un derivato o un composto, che viene riprodotto per mezzo di
elementi propri dell’italiano: l’inglese skyscraper (formato da sky, cielo e scraper, che gratta) è
stato ricalcato con il composto grattacielo, e così l’inglese self-government è stato reso con
autogoverno, basket-ball con pallacanestro.
Si può inoltre distinguere fra prestiti di necessità e prestiti di lusso. I primi riguardano cose
o nozioni prima sconosciute in italiano: boomerang, caffè, patata, walzer; i secondi sono dettati
dalla moda o dal prestigio che determinati forestierismi possono assumere in certi periodi o
ambienti: gap, che si sovrappone a divario; show, che potrebbe essere reso da spettacolo; trend,
anche se in italiano ci sarebbe a disposizione tendenza.
Il lessico italiano è quindi formato da tre componenti: il fondo latino ereditario, componente
fondamentale, ma non più numerosa delle altre; i prestiti da altre lingue, compresi i latinismi
(parole riprese dal latino per via dotta), più numerosi delle parole di tradizione popolare; le
neoformazioni o neologismi in senso stretto, che possono essere neologismi semantici o
combinatori. I neologismi semantici sono parole già esistenti usate con un nuovo significato:
spalmare i debiti ‘dilazionarli in rate’, memoria del computer. I neologismi combinatori sono
ricavati mediante i processi della formazione delle parole, e precisamente della derivazione
mediante prefissi (deconcentrare da concentrare) o suffissi (concentrazione da concentrare) e della
composizione (caporeparto, plurale capireparto, non caporeparti).

I germanismi

I rapporti fra i Germani e i Latini sono anteriori all’era volgare. Alla prima fase di contatto dei
Germani con i Latini, fino all’età imperiale, si possono fare già risalire sostantivi come alce,
guerra, sapone, vanga e sostantivi come guardare rubare smarrire.
Una maggiore influenza delle lingue germaniche sui volgari italiani si è avuta con le invasioni
barbariche e in particolare con il dominio degli Ostrogoti (493-553 d.C.), poi con quello dei
Longobardi (568-774 d.C.) e infine con quello dei Franchi (774-887 d.C.).
Sono dovute all’influenza della dominazione gotica voci come bando, elmo, guardia, albergo,
fiasco; recare, smaltire; astio e bega sembrano sintomi di una convivenza non facile.
L’influsso dei Longobardi è più ampio e significativo, grazie anche alla loro fusione con la
popolazione italiana; fra l’altro i Longobardi adottarono il latino e si convertirono al cristianesimo.
Alla loro lingua risalgono diversi nomi per indicare parti del corpo umano (guancia, milza, nocca,
schiena, stinco) e diversi termini della casa (balcone, panca, scaffale, spiedo), mentre alcune voci
sono andate incontro a uno scadimento del significato: manigoldo per i Longobardi era il ‘tutore’,
sgherro il ‘capitano’, sguattero la ‘guardia’, stamberga la ‘casa di pietra’, un progresso rispetto alla
precedente casa di legno (ma non è certo che la parola stamberga, attestata solo dal secolo XVI, sia
un longobardismo). Notevole anche l’influsso longobardo sulla toponomastica: Fara, che indicava
un ‘corpo di spedizione’; da sculca ‘posto di vedetta’ deriva Sgurgola; da *wald ‘insieme di beni
fondiari’ discende Gualdo; a *braida ‘pianura’ risale Brera.
L’occupazione dei Franchi riguardò solo la classe dirigente. Si trattava inoltre di bilingui, che
parlavano sia il fràncone (lingua germanica) sia il galloromanzo (varietà di latino volgare della
Gallia, quasi coincidente con l’attuale Francia). Vocaboli franchi sono bosco, dardo, guanto e il
verbo guadagnare (giunto probabilmente attraverso il francese).
I germanismi, penetrati quando il volgare italiano era ancora in una fase di formazione, non
sono veri e propri prestiti. Lo sono invece i tedeschismi, come guelfo, ghibellino (sec. XIII),
lanzichenecco (sec. XVI) e numerosi termini entrati negli ultimi due secoli, appartenenti al settore
alimentare (crauti, strudel, würstel), alla moda o al costume (loden, walzer), all’ambito politico e
militare (bunker, diktat, lager), all’attività culturale e scientifica (aspirina, Bildungsroman).
Soprattutto in quest’ultimo settore si registrano inoltre diversi calchi: imperativo categorico,
plusvalore, psicanalisi, superuomo.

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