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Il latino dei Colloquia scholica Rolando Ferri

1.1. Introduzione Con la titolatura moderna di Colloquia scholica (che riprendo da Goetz (1892), Colloquium scholicum Harleianum) si intendono una serie di dialoghi e narrazioni greco-latine, usate nellinsegnamento del latino e del greco come seconda lingua, e incluse dai manoscritti medievali nelle raccolte dei cosiddetti Hermeneumata.1 I Colloquia che intendo principalmente considerare sono Monacense, Harleianum, Montepessulanum, Vindobonense, Leidense, per i quali utilizzo le edizioni di Goetz in CGL III (Dionisotti (1982) per Vindobonense), con riferimenti ad altre edizioni o alle annotazioni di altri editori, ove opportuno.2 Per la loro semplicit e utilit nellinsegnamento del greco, i Colloquia attirarono lattenzione fin dallinizio della stampa dei testi classici, e esiste, del colloquio che oggi viene chiamato Monacense, unedizione del 1516, opera di Beato Renano.3
Sono debitore a J. N. Adams e F. Lechi per preziose correzioni e suggerimenti. Goetz (1892). edizioni Mon. in Krumbacher (1891), 307-64; Harl. = Goetz (1892); Montepess. Boucherie (1872), 277-615; Haupt (1876), 441-50; 508-20; CGL; Vind. Dionisotti (1982). Per una presentazione generale della pedagogia e della metodologia degli Hermeneumata, nonch per uninformazione generale sulle varie recensioni di essi si veda, in questo volume, il contributo di B. Rochette, passim, ma specialmente 90-4. 2 Altri colloquia, anchessi inclusi in CGL, non sono elencati qui perch si tratta di rimaneggiamenti cinquecenteschi dei precedenti, ad esempio gli Einsidlensia e il primo dei due colloqui pubblicati da Stephanus nei Glossaria duo del 1573 [originariamente una sorta di appendice al Thesaurus Graecae Linguae]. Relativamente allinteresse di Colloquia ed Hermeneumata pi in generale nellapprendimento del greco tra medioevo e rinascimento cf. Dionisotti (1984-85), passim, particolarmente 313-18 (su Glossaria duo e Glossae Loiselii), 322-4 (umanisti tedeschi del XV secolo e colloquia). Dionisotti (1982) ha attirato attenzione sul progetto di Conrad Celtis di far pubblicare a Manuzio un libro contenente una sua grammatica, un colloquio e un ricchissimo lessico, proprio come strumento per lapprendimento del greco. Manuzio rifiut (lettera del 3 settembre 1504, in Rupprich (1934), 569), dicendo che strumenti simili erano gi a disposizione degli studiosi (multa iam impressa habentur quibus erudiantur qui Graecas litteras discere concupiscunt). In effetti erano disponibili molte grammatiche a stampa, anche nel catalogo di Manuzio, e come dizionario esisteva, anche nelle edizioni aldine, la ristampa del Crastonus (1497). 3 Familiarium colloquiorum formulae Graece et Latine (Basilea, 1516). B. Wyss (1970) ha pubblicato unedizione delle conversazioni greco-latine di Reuchlin, basate sui Colloquia, del 1489.
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Rolando Ferri I vari titoli che nei manoscritti indicano le sezioni dialogiche che ci interessano non sono uniformi: de fabulis cottidianis (Monac.),4 (Vind.), de conuersatione (Leid.), de sermone cotidiano (Harl.). Nei titoli di queste sezioni allinterno degli Hermeneumata, notevole lenfasi sulla conversazione di tutti i giorni, quella che i grammatici chiamano consuetudo, anche se questo termine grammaticale per indicare la lingua parlata compare solo una volta nei Colloquia.5 Il registro informale dei testi sottolineato dalla presenza di sceneggiature quotidiane, come la spesa al mercato, la visita allamico ammalato, il risveglio al mattino, la scuola. La nostra conoscenza del latino parlato affidata a testi letterari (principalmente la commedia), che per loro natura ne danno una rappresentazione stilizzata, oppure alle informazioni ricavate dai grammatici,6 dallepigrafia, e dalle testimonianze subletterarie scritte, ovviamente, ma influenzate dal latino corrente, e pi o meno divergenti dalla norma scritta. Linteresse e la relativa unicit di questi Colloquia, destinati ad insegnare a parlare, consiste nel fatto che essi vogliono essere testi nei quali si insegnano a parlare in un greco o un latino esistenti ma corretti, non schiacciati sulla norma letteraria, o limitati al vocabolario letterario.7 Naturalmente la conversazione non spontanea; non c un tentativo di registrare fedelmente il parlato: lagenda quella dellapprendimento della lingua, non della rappresentazione dei fenomeni del parlato di per s. Proprio questa intenzione didattica del parlato nei Colloquia produce alcuni effetti visibili nella strutturazione di parte degli enunciati, ben evidenziati in Mancini (2004).8 Possiamo immaginare che i Colloquia
4 titoli nei mss: CGL III.210.44-5 de fabulis cottidianis (Monac.), (Vind.), CGL III.69.41-2 de conuersatione (Leid.), CGL III.108.1-2 de sermone cotidiano (Harl.). Per fabulae nel senso di chiacchiere, conversazioni informali cf. Apul. Met. 6.23 cotidianis ... fabulis nei discorsi di tutti i giorni. Laddove non specificato, si intenda che le citazioni dei Colloquia provengono dal Corpus glossariorum latinorum, III, eccezion fatta ovviamente per il Colloquium di Vienna, per cui faccio riferimento alledizione Dionisotti (1982). Da ora in poi ometto labbreviazione CGL III nelle citazioni dei passi dei Colloquia, eccetto nei casi dove si genererebbe qualche ambiguit. 5 108.27-30 uide ne quam consuetudinem facias / nel senso, non idiomatico in latino, di attento a non perderti in chiacchiere. La traduzione forse da glossario (per conuersionem, conuersationem, diuersionem??). 6 Sempre utile Kramer (1976). 7 Come osservato in Kramer (1996), 29 [che per si riferisce ai testi su papiro da lui pubblicati in Kramer (1983)]: Speziell diese sind fr unser Ziel, etwas ber das sptantike Umgangslatein zu erfahren, von Wichtigkeit, denn hier drfen wir erwarten, dass das Bestreben, Musterwrter und Musterstze zu bieten, die von jedem Lateinsprechenden verstanden werden konnten, die bei weitem strkste Motivation der Verfasser darstellte. 8 Cf. Mancini (2005) 176: i brani in sermo cotidianus ricalcano dichiaratamente una sintassi del parlato fatta di tranches brevi, nelle quali predomina lordine SVO dei costituenti, abbondano le

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Il latino dei Colloquia scholica venissero memorizzati (cf. 121.43-4 edisco interpretamenta, con riferimento a glossari, forse agli Hermeneumata in generale), oppure impiegati come canovacci per facili drammatizzazioni tra gli studenti. Una grande difficolt relativamente alla valorizzazione di questi testi in prospettiva linguistica risiede in primo luogo nella problematica datazione assoluta. Anche laddove un terminus post quem sembra identificabile (si veda pi avanti per una rassegna degli elementi di collocazione cronologica riscontrabili in qualche elemento dei testi), resta la posiibilit, prevedibile a priori, e verificabile nella struttura dei testi conservati, che questi Colloquia, ovunque abbiano avuto origine, siano stati utilizzati e rimaneggiati continuamente in epoche successive, con aggiunte di singoli episodi, oppure di singole frasi e parole allinterno di questi. Questa deve essere la difficolt maggiore che ha comportato la loro esclusione, ad esempio, dal libro di Hofmann sulla Lateinische Umgangssprache, anche se nel TLL la testimonianza di glossari e Colloquia continuamente richiamata. Anche se alcuni frammenti di Colloquia provengono da papiri tardo-antichi, i testimoni pi significativi sono manoscritti occidentali che vanno dal IX secolo al XV.9 Non si tratta dunque di documenti contemporanei allepoca ipotetica nella quale sono stati composti, e neppure documenti chiusi; anzi, al contrario, la loro natura stessa di testi di uso scolastico li avr esposti a un continuo rimodellamento, come fa subito sospettare il confronto tra le quattro versioni principali che ne possediamo, Vind. Harl. Monac. Montepess., simili nella struttura generale e nellandamento delle parti, ma di volta in volta pi o meno dettagliati. Unaltra questione importante per la valorizzazione dei Colloquia in chiave linguistica quella dellorigine geografica dei testi. Venivano utilizzati per insegnare il latino o per insegnare il greco? Quale delle due lingue pi autentica e idiomatica? Nei Glossaria bilinguia di Kramer (1983) e (2001) troviamo vari esempi di Hermeneumata di provenienza orientale;10 dunque luso di questi testi da parte di parlanti nativi di greco che imparavano il latino certo, ma i MSS medievali sono occidentali, e documentano la funzione degli Hermeneumata per parlanti latini desiderosi di imparare il greco.
domande del tipo bipolare s/no (una strategia ... volta allalleggerimento del carico linguistico dellapprendente), la portata a destra, la drastica riduzione di elementi focalizzanti. 9 mss utilizzati da krumbacher e goetz per i colloqvia: Coll. Mon. in Mon. Lat. Clm 13002, datato, 1158; Mon. Lat. Clm 22201, datato, 1165; Coll. Harl. BL Harl. 5642, sec. X; Coll. Montepess. in Montepess. Bib. Fac. Md. H 306, sec. IX; Coll. Vind. Vienna, Suppl. gr. 43, datato, 1495; P. Berl. 10582 = Glossaria bilinguia 15 Kramer. La famosa data riferita allanno 207 in III.56.30-2 = 103 Flammini, Maximo et Apro consulibus tertio Id. Septembres Hygini genealogiam omnibus notam descripsi / ... . Giustamente Dionisotti avanza il sospetto che si tratti in realt di una subscriptio alle sole genealogie. 10 Kramer (2001), 20.

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Rolando Ferri Tuttavia, la questione della priorit di una lingua sullaltra in parte indipendente da quella della lingua madre dei traduttori, in quanto, nella pratica corrente della traduzione letterale, possibile immaginare un traduttore di madrelingua latina che traduce dal greco e produce un testo fortemente grecizzato nella fraseologia e negli usi sintattici, anche volontariamente, non per difetto di competenza linguistica.11 In altre parole, la presenza di errori, o iperletteralismi di traduzione, ad esempio dal greco al latino, significa che il greco la fonte, il testo originale, la versione da tradurre, ma non ci dice senzaltro che la lingua madre del traduttore era il greco. Traduzioni non idiomatiche, oppure inappropriate al contesto, da vocabolario o glossario, in latino o in greco, non sono prove decisive della lingua madre del traduttore, n del luogo dove la traduzione stata fatta. I calchi o le false traduzioni nelluna lingua o nellaltra sono comuni a tutti i Colloquia, e a volte nello stesso testo se ne trovano che vanno nelluna e nellaltra direzione. Ad esempio sotto si pu vedere che ci sono sia errori dal greco in latino sia dal latino in greco in Harl. e in Montepess. Questo unulteriore prova di come questi testi siano aggregati di parti diverse, rifatti nel corso del tempo.12 Anche se in questa sede non sono interessato agli errori di traduzione, ma alla grammatica latina dei Colloquia, e al possibile uso di questi testi come documento per lo storia del latino parlato, la questione della lingua di partenza tuttavia importante, e ogni volta andr ridiscussa. Infatti sar naturalmente importante cercare di decidere, sulla base della documentazione disponibile, quali possibili calchi linguistici presenti, ad esempio, nel testo latino sono estemporanei (in altre parole, errori) e quali sono invece radicati nelluso linguistico corrente.13 Si tratta in altre parole di semplice bersetzungslatein oppure di fenomeni radicati, accettati come sviluppi propri del latino? 1.2. Dal greco al latino o viceversa? Mostro ora come allinterno dello stesso Colloquium coesistano errori dal latino e errori dal greco. Anche se io sono convinto delle buone ragioni di Kramer (2001), relativamente allorigine orientale degli Hermeneumata nella forma in cui li posseDionisotti (2005) illustra bene il trasformismo linguistico dei traduttori, indipendentemente dalla loro lingua madre. 12 Invece Vind. secondo Dionisotti (1982) una traduzione dal latino. 13 N il greco n il latino di questi Colloquia sono mai stati studiati in maniera approfondita (cf. anche Rochette, in questo volume, 108-9 per una descrizione generale delle forme grammaticali e sintattiche non presenti nei dialoghi, e n. 66, su per dictatum. Altri elementi lessicali del greco ancora poco chiari, nellattesa del completamento del LBG (principalmente i termini , , , ), sono discussi qui di seguito, 150-1. Le edizioni di Goetz, Krumbacher, Madvig sono per molti rispetti eccezionali. Tuttavia oggi la nostra disponibilit di les11

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Il latino dei Colloquia scholica diamo dunque si tratterebbe di materiali messi insieme per imparare il latino , errori nelle due direzioni coesistono, e sono indici di una stratificazione nel tempo di queste operette. La prima serie di esempi proviene dal Coll. Harleianum.
(1) 112.42 / timeor

La desinenza passiva del latino non corrisponde semanticamente a quella mediale del greco: come se il traduttore non sapesse o non si preoccupasse di considerare che il verbo greco un medio.
(2) 113.21-6 ... / acceperunt nobis olera ... stipendia

Si sta parlando di merci acquistate al mercato, e gli stipendi sono fuori luogo. Il termine greco, che significa anche carne, pietanza, companatico, e corrisponde al semplice opsonium della commedia romana, usato in questo senso perch le paghe dei soldati erano in parte in natura; il termine latino stipendium, tuttavia, non ammette la stessa duplicit di significato: si tratta dunque di un errore derivante dallutilizzo di un glossario.14
(3) 115.35 /sustinui15

Chi parla rimprovera il suo interlocutore per il ritardo con il quale si presenta: si fatto aspettare. sustineo un possibile calco, ma non estemporaneo, in quanto il senso ben documentato dalla Vulgata: cf. Vulg. Mc. 8.2 ecce iam triduo sustinent me nec habent quod manducent; Act. 18.18 Paulus uero cum adhuc sustinuisset dies multos fratribus ualefaciens nauigauit Syriam. Questo singolo caso dunque molto importante, perch la testimonianza

sici e strumenti di ricerca elettronici, greci e latini, nonch la disponibilit di edizioni documentarie (papiri) molto cospicue rende il lavoro di ricostruzione sotto certi aspetti pi agevole. 14 I casi di traduzione errata dovuti alluso di glossari sono in realt numerosi. Ne presento qui alcuni, con lindicazione del Coll. da cui provengono. 283.46 ,deprehendere [Montepess.]: il senso richiesto qui comprendere, ma il greco a volte significa anche sorprendere, ed questa la ragione dellerrore, evidentemente da glossario. 122.24 ,linguas [Monac.] la traduzione letterale propria, ma evidentemente non adatta al contesto, scolastico, dove si tratta proprio dei glossemi, o parole difficili della poesia. 211.45 ,ut omne uideas [Monac.]. Questa frase di tipo riassuntivo non ha molte attestazioni, ma una traduzione latina migliore parrebbe richiedere totum. Dunque un altro caso di traduzione non idiomatica. Sugli errori dei traduttori latini da testi greci cf., in generale, limportante repertorio di Lundstrm (1983); Weissengruber (1972). 15 Forse il testo greco dovrebbe essere corretto in .

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Rolando Ferri congiunta dei Colloquia e della Vulgata rafforza lidea che sustineo = aspetto (invece che sopporto) sia un grecismo ormai invalso, corrente nel latino dellepoca.
(4) 109.62-65 /ego ipse ueniam ibi nouiter

Nel discorso del padre, riportato dallallievo al maestro (il padre ha detto che verr qua lui stesso presto a portare il pagamento allinsegnante, che lo reclama), nouiter in realt molto oscuro. Il greco nei glossari significa subito o presto, tra poco,16 per cui il latino potrebbe essere una corruzione per obiter, con grafia volgarizzata.
(5) 108.21 / apud Latinum

Qui non si tratta di un vero errore del traduttore, ma di un uso, quello del nudo Latinum senza sostantivo per indicare il grammatico, che appare strano se fatto dove il latino era la prima lingua (in Vind. 28-9, che secondo Dionisotti mostra forme non idiomatiche o ricalcate sul latino nel greco, si oppongono il Graecus e il grammaticus, evidentemente in latino, considerato la prima lingua). Un caso molto significativo dato dal confronto tra
(6) 109.75-6

e la versione, purtroppo frammentaria, dello stesso colloquio contenuta in


(7) P. Prag. II.118.5-6 Kramer []

perch qui il dativo del papiro un dativo di traduzione, un calco dellablativo latino, che porta ad una forma non idiomatica in greco. Il papiro attesta uno stadio del cosiddetto Colloquium Harleianum in cui il latino la lingua da cui si sta traducendo,17 a cui il greco si adegua anche producendo rese non idiomatiche; nella versione medievale, la maggior parte dei casi sembrano indicare che il greco la lingua da cui si traduce. Ancora in Harleianum, il confronto tra papiro e versione medievale d almeno un altro errore significativo, dal quale emerge un altro punto dove nel MS medievale la traduzione stata rifatta sulla base del latino. Infatti lincomprensibile 110.41-3
E. g. CGL II.131.5 mox , , . Il papiro pubblicato e commentato in Kramer (2001), 83-9. Il dativo temporale, anche senza , ben attestato nel greco di tutte le epoche, ma normalmente con articolo e aggettivo dimostrativo (ad es. Act. 12.6 ), eccetto per alcune espressioni irrigidite come , , comunque limitate alluso poetico: cf. Schwyzer, 2.158-9; Blass-Debrunner-Rehkopf, 162-3.
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(8) 18 / secum in praetorium agebat

compare in P. Prag. II.118.17-20 Kramer come


(9) [][] / [nam tu]lit me [pater meu]s [in praetorium secum],19

che una versione molto pi chiara. della versione medievale (8) chiaramente rifatto su agebat, che traduce in maniera impropria rispetto al contesto ( non va bene per portare, condurre). Lerrore per non deve essere sopravvalutato, in quanto pu trattarsi di un caso isolato in cui un maldestro traduttore ha cercato di rimediare ad un errore materiale che aveva fatto perdere una parte del testo (un salto di una riga durante uno stadio della trasmissione era sufficiente per portare alla perdita di / tulit me).20 Un terzo confronto interessante fornito dal testo del P. Prag. II.118 alle righe 13-4:
(10) [ ] [ ] / [a]udiui omnia [ab] alumno tuo

corrispondente nella versione medievale a


(11) 110.36-7 / audiui omnia apud alumnum tuum,

una versione dove apud corrisponde meccanicamente a .21 Un possibile latinismo in Harleianum
Il MS ha . La versione latina quasi interamente ricostruita sulla base del greco: ad esempio delle prime tre parole si legge soltanto [nam tu]lit me. 20 Nel passaggio dalla versione antica a quella medievale, il soggetto deve essere caduto, e la frase stata reinterpretata come appartenente alla sezione narrativa successiva, nella quale si parla di un magistrato romano di rango superiore, che tra s e s lavorava nella tenda o nellappartamento pretorio. Tuttavia sia tulit me che agebat secum sembrano buon latino per condusse/ conduceva con s, ma la versione greca lennesimo caso di resa puntuale ( = fero, tuli), ma non appropriata contestualmente, perch significa solo sollevare. Dunque anche in questo caso nel papiro la direzione della traduzione procede dal latino al greco. Semmai, possiamo chiederci perch nella versione medievale tulit sia stato cambiato in agebat. Forse agebat era sentito come pi proprio e meno colloquiale, ma rimane una congettura (che baso su un passo di Pl. Pseud. 711-2, solitamente trascurato, CA. attuli hunc. /PS. quid attulisti? CA. adduxi uolui dicere (ti ho portato costui. come hai portato? volevo dire ho condotto.), dove il commento di Pseudolo sembra unosservazione sulla propriet linguistica di attuli rispetto a adduxi in riferimento ad una persona libera. 21 Vd. Kramer (2001), 89 per alumnus come maestro, tutore, accanto al pi corrente allievo.
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(12) 113.61-62 /ludi gladiatorum.

Qui non la parola giusta per gli spettacoli dei gladiatori, mentre una resa possibile, ma scorretta in questa frase, del latino ludi. Potremmo per essere di fronte ad una confusione del copista greco, poich la resa pi appropriata, /22 (accanto al corrente ) potrebbe essersi corrotta in . Se non si ritiene necessaria la correzione, ad esempio in o , dobbiamo ritenere che si tratti di un errore da glossario, derivante dallabitudine di tradurre separatamente una parola dopo laltra, senza considerare sintagmi e frasi nel loro insieme, anche se questa volta dal latino piuttosto che dal greco.23 I quattro casi seguenti provengono dal Colloquium Montepessulanum, e sono ugualmente ripartiti tra errori dal greco e errori dal latino (2 contro 2).
(13) 283.40-1 / eius interpretationis quae dicitur Latinae.

interpretatio significa traduzione (normalmente = gr. ), ma non lingua lerrore difficile da spiegare, ma impensabile che se il testo era originariamente in latino chi scriveva definisse lapprendimento della propria lingua questa traduzione cosiddetta latina.
(14) 284.63-5 / deducit genus a Troianis Aeneadarum.

Il traduttore ha dimenticato la reggenza della preposizione, che in latino ab e richiede dunque lablativo.24 Come spesso accade, la traduzione condotta riga per riga, parola per parola. Nella traduzione latina della prima lettera di Clemente Romano ai Corinzi si trovano casi simili in cui la reggenza della preposizione latina dimenticata: cf. Clem. Rom. Epist. I ad Corinthios 41.2 Morin pro pontifice et illorum praedictorum ministeriorum, che traduce .
Cf. e. g. Plut. Praec. reg. reip. 802.D12 . Un caso dubbio invece 108.31-35 / nihil enim ita necessarium est nisi studia. Luso di cos con se non come correlativo non idiomatico n in latino n in greco: si tratta a mio parere di una contaminazione tra niente cos necessario come, che richiederebbe ut, e nientaltro necessario se non, che la costruzione richiesta dal senso del passo. pare invece una traduzione possibile per studia. 24 Goetz, nella versione emendata, a p. 655, stampa / a Troianis Aeneadarum, ma credo si debbano intendere Troiani ed Eneadi come due gruppi distinti, due espressioni quasi sinonimiche: bisogna dunque scrivere , < > , a Troianis, <ab> Aeneadis. Non esiste un gruppo distinto di troiani allinterno degli Eneadi. Aeneadae comune
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Il latino dei Colloquia scholica Un caso incerto, molto interessante,


(15) 285.54 , / rogo, ueni,

Come noto, il greco classico non ammette per il senso di richiedere (= chiedere per ottenere). Tuttavia questo senso, censurato dai grammatici, appare nellet ellenistica.25 Normalmente, nel greco ellenistico, la resa idiomatica dellillocutivo per favore , per anche sembra accettabile: per costruzioni con limperativo (ma sempre con il pronome personale) cf. NT Luc. 14.18 , , Vulg. ibid. rogo te, habe me excusatum; P. Mich. 8.491.9-10 (citato da Dickey, v. nota) , , . Bauer-Danker citano BGU 423.11 , . Dato che gli esempi greci sono tutti con il pronome personale, e la costruzione non ha dunque assunto la forma sclerotizzata del semplice latino rogo, credo che il brano vada interpretato come traduzione meccanica dal latino.
(16) 286.45-9 /eat aliquis et nuntiet quoniam uenio in balineum Tigillinum.

Anche qui la traduzione pare a me procedere dal latino al greco, perch non usato in greco come introduttore di dichiarative, a differenza di quoniam, su cui si veda pi avanti.26 Per concludere questa sezione, discuto due esempi di errori dal latino da due altri Colloquia, Leidense e Vindobonense.
(17) 71.49-50 ,/ego illi bene ualere dixi [Leid.].

La versione pi idiomatica qui quella latina (bene uale, da Plauto in poi); non ho trovato un esatto parallelo per la descrizione del saluto in questa forma (gli dissi arrivederci; ma, con il semplice imperativo, cf. Varro Sat. 303 Astbury quod pransi
in Virgilio e nella letteratura latina (Silio, Ausonio) sia per i compagni che per i discendenti di Enea, principalmente la casa imperiale, ma anche i re di Alba, oppure i latini in generale. Lamico in questione vanta dunque unorigine romana pura. 25 E. Dickey (Greek please expressions and their relationship to Latin, conferenza tenuta a Pisa, Dipartimento di Filologia Classica, 29/03/2006, inedita) sostiene con ampia discussione che luso di in frasi di cortesia ricalcato sulluso latino di rogo. 26 Unaltra possibile spia della direzione in cui procede la traduzione la maggiore o minore precisione terminologica. Ad esempio, in Montepess. la stessa parola linteum corrisponde in frasi diverse a , III.287.27; e a (= , un latinismo ben attestato), III.286.40che a me sembra poter indicare che il latino la lingua di arrivo, quella che perde alcune delle sfumature del testo di partenza.

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Rolando Ferri discedentes dicimus alius alii uale). Bene ualere allinfinito compare nellepistolografia latina dallet di Cipriano, e poi in altri scrittori ecclesiastici, nella formula opto te/uos (in domino) bene ualere, che di imitazione greca e non formula di commiato. Il saluto greco invece soltanto , o per il commiato (v. infra 000),27 mentre significa soltanto stare in buona salute, e non pu essere usato con la stessa funzione.
(18) Vind. 74 28 / quas hodie credo terminandas.

Come in altri esempi discussi in Dionisotti (1982), 95, il latino la parte pi idiomatica in Vind.; in questo caso con un esempio di perifrastica passiva con valore futuro (il nostro dovere con il senso di essere probabile). Un latinismo crudo anche , che non usato in greco con questo valore semi-dubitativo (a mio parere). Lunico valore adeguato in greco essere fiduciosi, esser convinti, che per sembra troppo forte in questo contesto.29 1.3. Conclusione Appare immetodico azzardare una conclusione generale, considerata la natura composita anche dei singoli Colloquia, nella forma in cui li abbiamo. La direzione greco>latino appare pi di frequente in Harl. Monac. Montepess., mentre quella latino>greco in Vind. e Leid., ma solo Vind. d limpressione di un greco ricalcato costantemente sul latino. Tuttavia le frasi veramente idiomatiche sembrano prevalere solo sul versante latino, mentre il greco appare pi scolorito. 2. Problemi di cronologia Abbiamo detto che la natura aperta degli Hermeneumata crea molte difficolt nello stabilire un qualsiasi termine ante quem di composizione.30 Una scena del Colloquium Harleianum contiene elementi interessanti per una datazione, in particolare una scena di sacrificio. Il sacrificio naturalmente pagano, ma anche questo elemento non veramente significativo per la data, e pu indicare qualsiasi momento fino alla fine del IV secolo.
Cf. Alciphr. Epist. 4.19.6 . MS . 29 Molto diverso luso di in Orig. Comm. in Rom. 220.20 . Per credo parentetico il greco userebbe , oppure , . 30 Korhonen (1996), 113-9 offre unampia discussione delle possibili datazioni degli Hermeneumata, principalmente dei Leidensia, che contengono testi pi unitari. Qui mi limito ai soli Colloquia, citando Korhonen dove appropriato.
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Il latino dei Colloquia scholica


(19) 31 32 . . salutatus est a magistratibus et epistolas accepit a dominis meis imperatoribus et continuo ascendit in templum33 et immolauit pro aeterno et uictoria imperatorum et descendit; hodie autem condiciones audit34 ab hora prima 110.44-63

Il breve testo inserito nella risposta di un giovane allievo, che si difende dallaccusa, rivoltagli presumibilmente da un precettore, di essere rimasto ozioso a casa; stato invece portato dal padre, un importante funzionario o magistrato, ad assistere ad alcuni momenti della sua giornata. Il contesto pu essere indifferentemente romano o provinciale. Ha luogo una salutatio di non definiti ,magistratus.35 Anche la menzione di un tempio situato su unacropoli (ascendit ... descendit), ricalcata forse sul Capitolium romano, plausibile anche in altri contesti. Questa contestualizzazione, e caratterizzazione del discorso, non in verit molto insistita: possibile che siano state aggiunte in seguito delle transizioni narrative che univano sezioni tra loro separate.36 Interessante la menzione dei due imperatori, che pi probabile per let post-dioclezianea, ma non impossibile anche in vari momenti da Marco Aurelio in poi. Il brano riporta varie informazioni sui compiti di un magistrato importante, e potenzialmente contiene informazioni utili per una collocazione storica del brano. Una delle frasi pi interessanti sembra essere
MS: un caso di semplice corruttela o errore di traduzione (per la preposizione latina a, poco prima tradotta con ?) 32 Non c corrispondenza tra e ascendo (ci si aspetterebbe , ). 33 Nelle lettere dei corrispondenti di Cipriano, lascesa quella del Capitolium. 34 Forse meglio condictiones, cio le accuse, le citazioni per le cause di prestito e credito non restituito, come da Gaio, Inst. 17b per condictionem ita agebatur: AIO TE MIHI SESTERTIORVM X MILIA DARE OPORTERE: ID POSTVLO, AIAS AVT NEGES. Se lavversario negava, la condictio consisteva nello stabilire un giorno per comparire davanti al giudice che dirimeva la causa. Sarebbe dunque una formula per causa condicticia. Nel testo greco, significa dispute, mentre condiciones sembra significare accordi, che il contrario. Il termine condictio compare frequentemente nel CGL, anche se la traduzione greca piuttosto . examinatio, discrimen, certamente non condicio. Unaltra soluzione possibile cognitiones, termine generico per processo, ma di solito si dice exercere. 35 magistratus qui vale genericamente per giudice, come in Ter. Ph. 403-4 magistratus adi / iudicium de eadem causa iterum ut reddant tibi. 36 Qualche elemento di tipo paratestuale sembra a volte affiorare allinterno dei Colloquia, ad esempio 110.42 forse indica una seconda sezione.
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Rolando Ferri /immolauit pro aeterno et uictoria imperatorum. La difficolt del brano risiede nel fatto che entrambe le versioni sono inaccettabili nella forma precisa in cui sono tramandate. Un elemento abbastanza certo che aeterno e uictoria devono appartenere allo stesso sintagma (forse il traduttore stato ingannato dalla desinenza maschile dellaggettivo greco, a due uscite): bisogna dunque intendere , pro aeterna uictoria.37 Anche se il dativo dopo ovviamente possibile con riferimento alla divinit a cui si sacrifica, la formula ricorrente sembra essere stata (oppure ) . Nelle iscrizioni latine, le formule del sacrificio (o pi precisamente la formula che accompagna la consacrazione di altari e statue) agli imperatori, due dal tempo di Marco Aurelio, sono ad esempio Victoriae Augustae, ma anche Victoriae Aeterni imuicti Iouis (CIL 5.7809), Victoriae aeternae d. n. imp. Caes. Aug. Marc. Aureli (CIL 14.2257). Con pro si confronti CIL 8.14546, Libero patri Augusto sacrum pro salute et uictoria imp. Neruae Traiani Caesaris Aug. Il titolo di aeternus in riferimento agli imperatori comune dallet di Costantino, anche in greco, e in riferimento ad imperatori cristiani.38 Qualche elemento di datazione si ricava anche dallincontro dei due amici in Monacense. Uno dei due ha una causa (dir dopo, pecuniaria, non di grande importanza), e chiede allamico assistenza nel collegio dei suoi avvocati. Laltro gli chiede i dettagli pratici: chi giudica la causa?:
(20) *** iudicium. ad quem? ad quaestorem? non ibi. sed ubi? ad proconsulem? nec ibi, sed ad magistratus ex subscriptione praesidis prouinciae 211.31-40.

Nella frase ex subscriptione praesidis prouinciae la denominazione praeses prouinciae risale almeno alla riforma di Diocleziano.39 praeses usato anche prima, in senso generiLuso del singolare pro aeterno si giustificherebbe solo in riferimento allimperatore, ma la formula piuttosto stereotipata, e per lo pi ricorre nella frase che serve per datare un documento, nellanno x degli Augusti eterni, etc., comune nella documentazione successiva al IV secolo. Inoltre le espressioni correnti per questo uso, ad esempio in Tacito, sono uota pro salute principis nuncupare, oppure sacrificare pro salute principis: cf. Plin. Pan. 67 nuncupare uota et pro aeternitate imperii et pro salute principum, immo pro salute principum ac propter illos pro aeternitate imperii solebamus. 38 In greco cf. ACO Schwartz, Chalcedon. (451) 2.1.3.61 ... . 39 Cf. Jones (1954), 224. Per la frase ex subscriptione praesidis prouinciae come citazione di un articolo di legge cf. Dig. 26.7.46.6 cum testamento duo tutores dati essent pupillo et alter ex his uita defunctus fuisset, in locum eius petente matre, ex praesidis prouinciae praecepto a magistratibus alius tutor datus est, a quo magistratus satis exegerunt rem salvam fore.
37

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Il latino dei Colloquia scholica co, come governatore, anche proconsolare. Invece con Costantino praeses diventa il grado pi basso delle varie cariche di governatore provinciale, prima di corrector, consularis, proconsul. Nel nostro brano, dove praeses opposto a proconsole e questore, luso sembra gi quello tecnico post-costantiniano.40 La subscriptio era una risposta ad una petizione, che aveva valore ufficiale. Poteva essere data da funzionari di vario livello, governatori e imperatori. Non un termine utile per la datazione, poich sono attestate in tutta let imperiale. In questo caso la clausola del governatore.41
(21) 212.53-4 /commoda mihi quinque sestertios.

I sesterzi non erano pi una denominazione corrente dallet di Diocleziano.42 Qui potrebbe trattarsi di una rievocazione, senza riferimento allattualit, poich in ogni caso lequivalenza con i denarii falsa. Korhonen (1996), 118 propone che il greco sia stato cambiato per adeguarsi alla realt storica, ma ho difficolt a pensare che il testo originario avesse quinque sestertios, una cifra ridicola da chiedere in prestito, da parte di un libero rispettabile. Tuttavia anche congetturando sestertia (sulla base del xestercias nei codici), dunque cinque mila sesterzi, non avremmo un cambio corretto con i cinque denari.
(22) 112.51 /crucifigaris.

La croce un supplizio servile tipicamente romano, ma abolito dagli imperatori cristiani, da Costantino in poi.43 Come insulto si trova nellepigrafia pompeiana (cf. CIL IV .2082 in crvce figarvs), oltre che naturalmente nella commedia (cf. Plauto, i in malam crucem e simili). Linsulto porta con s limplicazione che linterlocutore socialmente inferiore a chi parla. Naturalmente non possibile usare lespressione in modo rigoroso, come terminus ante quem, ad esempio antecostantiniano, poich la lingua potrebbe aver mantenuto per molto tempo questa espressione ormai non attuale.
(23) 285.12-14 . ; / laudem scripsi. cuius? Iouis Capitolini. lege, magne dixisti, tolle coronam, nemo tibi contradicit.
In Vind. 71-4, praeses reso costantemente con , dunque consularis, una dizione diversa, ma non del tutto indicativa per la data, che sembra essere il IV secolo, dato che poteva essere usato anche impropriamente, in riferimento a personaggi non consolari. Ad ogni modo nello stesso colloquio si parla di iudices alla presenza del praeses, evidentemente un caso simile a questo: Dionisotti parla di iudices pedanei convocati per cause minori, come quella pecuniaria di cui si parla in Monacense. 41 Dig. 4.8.32.14 libello cuiusdam id querentis imperator Antoninus subscripsit posse eum uti doli mali exceptione. 42 Korhonen (1996), 118, with reference to K. Regling, RE AII (1923), 1882. 43 Cf. Cassiod.-Epiph. Historia tripartita 1.9.13 (Sozomenus) supplicium crucis, quod primitus apud Romanos erat in usu, lege prohibuit.
40

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Rolando Ferri I Capitolia, se ad essi si fa riferimento (in realt sembra una imitazione in classe, ma questo non toglie che se ne presupponga la sopravvivenza e lattualit) si sono mantenuti almeno fino al IV secolo fine, secondo Wissowa in RE III.1527-29. Almeno con Teodosio devono essere stati eliminati. Le due menzioni ultime (sono assenti dai Fasti di Filocalo del 354) sono una incerta in Aus. Commemoratio 5.5 ss. e una indiretta in Cod. Iust. 10.53 Kruger, unordinanza di Diocleziano e Massimiano nella quale si stabiliscono esenzioni per quegli atleti che si sono distinti nei certamina sacra a Roma o in Grecia, e che Wissowa prende per prova sicura che i Capitolia esistevano ancora sotto questo imperatore, cio tra il 284 e il 304. La questione discussa in Friedlnder, SG 4.276-80, che ritiene che i Capitolia siano attestati con sicurezza per tutto il quarto secolo, ma che non siano andati oltre Teodosio e comunque non oltre di Onorio e Teodosio II del 15 novembre 407 Basso et Philippo consulibus (Cod. Theod. 16.10.19, de paganis sacrificiis). Nellimpero cristiano, fin dallet di Costantino, sale lopposizione contro i ludi gladiatori, citati in (12), che per devono essere stati difesi negli ambienti pagani. La data dellabolizione definitiva non pu essere anteriore al 434-8, e dunque anche questa allusione non pu che fornirci solo un terminus ante abbastanza vago. Progressivamente pi rari, i ludi gladiatori devono aver resistito pi a lungo a Roma, dove laristocrazia pagana li sosteneva anche per motivi religiosi.44 Il bagno di Tigellino citato in (16) deve essere stato un toponimo memorabile,45 che identificava Roma associandola con i memorabilia di Nerone, come oggi per evocare Parigi basta nominare il Louvre o Place de la Bastille, oppure Covent Garden o Trafalgar Square per Londra. Daltro canto il riferimento, pur non offrendo appigli di datazione, molto importante, perch dimostra che il materiale autentico (non medievale) e molto antico. Infatti i bagni di Tigellino sono testimoniati soltanto in Mart. 3.20.15, nonch da una tessera plumbea che serviva come gettone di pagamento.46 Laltra indicazione topografica, iuxta stoam Victoriae, non ha riscontri nella tradizione letteraria e neppure in LTVR, dove per sono elencate circa trenta porticus, alcune note solo da una informazione in uno scolio. In conclusione, la data di composizione di vari nuclei dei Colloquia sembra risalire non oltre la fine del IV secolo. Ma la cautela richiesta dalla natura composita e aggregativa di questi materiali, e dalla nostra incertezza relativamente allattualit di questi testi.
Sozomeno 1.8.6.1 ne attribuisce labolizione a Costantino (nel 325), ; Socrates, Hist. eccl. 1.18.1 ... ; Cod. Theod. 15.11.1. Sulle vicende di abolizioni e successive rinascite degli spettacoli gladiatori fino al V secolo si veda Ville (1960), 273-335. 45 Nella documentazione greca la forma prevalente , ma anche la forma con iota attestata; anche nella documentazione latina entrambe le forme sono ben documentate, Tigillinus e Tigellinus. 46 cf. LTVR s.v. balneum Tigellini.
44

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Il latino dei Colloquia scholica 3. Fonetica Se la data pi o meno plausibile di composizione del nucleo dei nostri testi si situa intorno al IV secolo, possiamo provare a confrontarne la lingua con quei non molti testi normalmente utilizzati dagli studiosi di latino con tratti volgari, ad esempio le lettere dei corrispondenti di Cipriano,47 e la Peregrinatio. Di fronte a queste, che possono essere considerate opere coeve (i corrispondenti di Cipriano scrivono al tempo della persecuzione deciana, met del III secolo, mentre la Peregrinatio tende ad essere datata tra la fine del IV e linizio del V secolo) i Colloquia appaiono assai pi attenti alla norma linguistica corretta, e molto pi selettivi nella scelta del lessico, e della morfosintassi.48 Korhonen (1996), 104, e n. 15, afferma che there is no tendency to teach correct forms of language in the manner of the grammarians, con riferimento al fatto che nelle liste di nomi degli Hermeneumata compaiono termini con sincopi e vocalismo evoluto o volgare che in testi come lAppendix Probi sono censurati. In realt, almeno nei cosiddetti Schulglossare, queste forme evolute sono molto rare. Inoltre i nostri MSS sono troppo lontani dalla data putativa di composizione, per poter servire da guide affidabili sullortografia originaria. Vero che alcuni glossari su papiro non per caso definiti da Kramer Gebrauchsglossare sono marcatamente volgari nellortografia,49 ad esempio scrivono binu, buca, focu. Nei Colloquia per non troviamo frida per frigida, ualia per ualeas, ebriacus per ebrius, cubiclu per cubiculum oppure domnus per dominus, caballu eccetera, molte delle quali forme appaiono gi attestate dal I secolo d.C. Il fatto che si tratti di testi copiati (e non di documenti autentici, autografi) ci mette in condizione di dover eliminare ad esempio lo studio dellortografia come fatto linguistico rilevante: ad esempio in
(24) 114.46-7 maledictus uestianus (= bestiarius),

oltre ad un evidente errore da minuscola, osserviamo lo scambio b/u, che un tratto tipicamente volgare, e diffuso fin da et molto antica, ma difficilmente ascrivibile alla facies originaria del testo, in quanto i grammatici antichi erano attenti allo scambio di fonemi e alle confusioni ortografiche che ne derivavano.50 La confusione frequente anche in et medievale, e corrisponde allevoluzione dei fonemi latini [b] e [w], in parte confluiti in [v] (cf. it. provare per probare, cavallo per caballus e cos
In particolare 21 e 22. Per il lessico della Peregrinatio faccio riferimento a Vnnen (1987). 49 Cf. Kramer (1983), n. 14 (= P. Louvre, Eg. Inv. n. 2329). 50 Per le differentiae di questo tipo in testi grammaticali cf. Stok (1997), 97-8.
47 48

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Rolando Ferri via): nei MSS degli Hermeneumata lo scambio b/u un errore ortografico che risale dunque pi probabilmente alla fase altomedievale della tradizione, e fa presupporre che questa ebbe luogo in aree romanze, dove ha pi senso questa interferenza tra parlato locale e scrittura del latino.51 Casi di scambio b/u si trovano in
(25) 215.19 betus (= uetus) (26) 216.38 ueni me admonuisti (= bene) (27) 217.45 bene labasti (28) 219.17 uillaria (= bellaria) (29) 219.36 uiue domine (= bibe) (30) 109.65 nouiter (= obiter, non sicuro)

Altri fenomeni fonetici evoluti sono: 1) confusione di e breve in tutte le posizioni, pretonica in iato ea>ia (215.57 uitriamina),52 tonica (287.27 lenteum; 286.22 pareclum, per cui vd. (58) in 5.4), postonica in fine di parola (112.19 male dices per male dicis; 212.45 uicemus per uicimus)53 2) aferesi esc-> sc- (219.6 cum scarias [forse lattughe]); Hisp-> Sp- (218.55 et oleum Spanum) 3) scambio di consonanti: -l-> -r- (215.32 curtellum per cult-: v. infra, Lessico) 4) -m finale a volte omessa, ma sporadicamente, e accanto alla maggioranza dei casi in cui invece mantenuta regolarmente: si tratta dunque di unomissione paleografica (di compendio), non di un aspetto della facies linguistica del modello originale. Tutti questi fenomeni sono potenzialmente antichi, ma in questi casi essi vanno attribuiti, a mio parere, piuttosto alla fase tardoantica o altomedievale della tradizione, in cui interferenze con fenomeni di vocalismo romanzo evoluto degli scribi sono facili da immaginare. 54
Ampie discussioni di questo scambio in Baehrens (1922), 79-81; Lfstedt (1961), 149-59. Vnnen (1966), 34-8; Adams (1977), 19, che cita uitriae da P. Mich. 8.468.17 e lentiamina da P. Mich. 8.471.11, 34 (lettere di Terenziano, inizio II secolo d.C.) 53 Vnnen (1966), 21-2. 54 Un caso particolare beni per bene in (26), (216.36-8 ; . / numquid uis uenire ad secessum? bene me admonuisti: uenter me cogit), a meno che non si tratti di una confusione dello scriba per ueni, con scrittura volgare. Il passaggio di e breve
51 52

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Il latino dei Colloquia scholica Infine, alcuni termini del lessico quotidiano esibiscono un vocalismo evoluto, in origine di registro basso, ma probabilmente determinato dalla sfera quotidiana di questo tipo di vocabolario, principalmente 287.59, colliculus (per cauliculus, v. infra, Lessico). Interessante il caso di
(31) 112.24 55 / expuderate,

dove expuderatus presenta una riduzione vocalica di tipo volgare (con molti paralleli soprattutto nella forma parallela impuderatus: cf. Act. Petr. 12 impuderate et inimicissime.56 La forma naturalmente rilevante anche per il tipo di formazione del composto (cf. Petr. Sat. 39.5 frontem expudoratam), che anticipa litaliano spudorato. Un problema correlato quello dei caratteri volgari del greco: questi sono molto difficili da riconoscere in MSS occidentali; ad esempio negli Hermeneumata monacensi il greco stato traslitterato, in una traslitterazione con fortissimi caratteri itacisti (non solo confusioni di tipo eta/iota, ma anche di tipo //) che fanno pensare ad un parlante pi bizantino che tardo-antico. Molte osservazioni di carattere linguistico sul greco degli Hermeneumata si trovano nel commento di Krumbacher (1891).57
finale postonica > i caratteristico di alcuni dialetti meridionali italiani (beni ad esempio la forma siciliana), ma sembra un tratto troppo specifico per essere rilevante in questo contesto. Non molto significativo balineum (286.48; Vind. 57), che comune accanto alla forma senza vocale epentetica, balneum. Alcune fonti grammaticali criticano la forma sincopata (e.g. GL 7.108.7 (Caper) balneum et balneas non balineum, ma altrove le due forme sono presentate come indifferenti. Non significativo anche lotus a 111.54-5 lotus ad cenam ibas (anche Vind. 63 saluus lotus), perch la forma con -o- sembra essere stata quella accettabile almeno fin da Quintiliano. 55 Il termine greco, al vocativo, come insulto, compare a partire dal II secolo (Acta Joannis), al posto dellattico . 56 Altri esempi in TLL s.v. impudor- passim; Heraeus (1937), 61 cita molti esempi con vocalismo analogo, soprattutto CGL II.590.40; cf. anche Schuchardt (1861) 2.212. 57 Dato che il greco stato traslitterato, e che i nostri MSS pi antichi di Monacensia sono del XII secolo, con errori da minuscola (anche nel greco gi traslitterato, ad es. clyn- da dyn- () e da falsa divisione delle parole, a volte difficile capire se si tratta di errori fonetici di parlanti greci o di parlanti latini (ad es. 213.60 blebe per ; 212.14 lauomen per ; 212.17 dimiticon per tutte caratteristiche che hanno paralleli nel greco dei papiri, ad esempio la lenizione delle consonanti occlusive sorde). Nel caso dei Monacensia, un deciso elemento volgare greco sembra essere stato presente, come gi confermato dal forte itacismo, e anche dalle fusioni sillabiche nel caso di incontri vocalici tra parole diverse. Altri errori tipici del greco parlato antico sono: la confusione di genitivo e dativo, ad es. 219.32 ; laferesi diffusa, ad es. diventa spesso (soprattutto Monac.) davanti allarticolo, ma anche nei nomi, es. 215.28 , craticulam; lintermittente assenza dellaumento; la presenza di desinenze dellimperativo aoristo secondo anche in verbi che hanno laoristo primo, cio - al posto di - (vd. anche nota 73). Largomento merita uno studio esaustivo.

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Rolando Ferri 4. Morfologia 4.1. Dativo non-pronominale alio La desinenza non-pronominale del dativo alio per alii in 121.42 iussus alio dedi ben attestata dall VL in poi.58 4.2. Vocativo -ie con nomi in -ius Il vocativo in -e per due nomi propri in -ius (211.21 Gaie, 211.25 Lucie) invece una rarit, che secondo me si spiega soltanto come caso di interferenza dal greco, dove queste forme sono comuni.59 Quella dellinterferenza mi sembra la spiegazione pi plausibile, in considerazione della rarit estrema delle forme in -ie con nomi propri cos comuni. 4.3 Preposizioni composte Alcune forme composte di preposizioni compaiono in alcuni testi tardi di registro basso, quali le le traduzioni di Oribasio e la Mulomedicina Chironis, o sono note, oltre che per gli esiti romanzi, per la censura dei grammatici (e.g. depost, deante, deintus, deforis). I Colloquia conoscono un solo caso, incerto
(32) 218.14 / effunde deinde modicum

dove credo sia meglio scrivere de inde versane da l un po: la traduzione normale di deinde in senso temporale , .60 4.4. Forme del futuro Nei Colloquia non viene evitato il futuro sintetico classico, n viene mai sostituito con forme perifrastiche attive o passive, n con uolo, habeo o debeo.61

Rnsch (1875), 275-276; esempi in TLL I s.v. alius, 1623.17-30. Cf. ad esempio Plut. Caes. 44 ; IG 14.482 (Sicilia) , . Nelle fonti latine, Dickey (2000), 548 cita un esempio da Pompei per Cassie, CIL 4.9115, e Marcie in un poema di Luxorio in AL 309. 60 Cf. Tekavi (1972), 3.217-218. 61 Ad es. 109.63 ueniam, 111.38 do tibi (il greco richiederebbe dabo), 111.76 ibo, 112.29 audiet, 114.51 excutio (il greco richiede il futuro), 114-64 inuenies.
58 59

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Il latino dei Colloquia scholica 4.5. Gradi di comparazione Le forme sintetiche del comparativo in -ior, -ius e del superlativo -issimus sono regolarmente attestate, mentre mancano le forme analitiche con magis, multum (soltanto al superlativo ualde). Per gli avverbi, sono presenti alcune forme in -ius prive di valore comparativo, ma si tratta di un fenomeno ben attestato in tutti i periodi.
(33) 111.2-4 / a prandio citius ueni (34) Vind. 55 / explica te celerius ut temperius lauemur62 (35) Vind. 70 63 / surge celerius

Lequivalenza tra avverbio al grado positivo e lavverbio latino al comparativo ben attestata fin dalla commedia, e verificabile nelle versioni della Bibbia (cf. TLL s.v. cito, 1211.70-1212.14, e.g. Vulg. Ioh. 13.27 quod facis, fac citius), e lo stesso vale anche per celerius = , , anche se meno di frequente (non nel Vind. per, perch la traduzione tende ad essere molto letterale). Un caso particolare di comparativo dellavverbio con senso positivo compare a
(36) 215.39-42 , , , <> / uade, curre, cito fac; nihil tardius, sed uelocius,

dove non trovo paralleli per nihil tardius. Senso e costruzione sono chiari: basta chiacchiere, bando agli indugi, ma in fretta. Il greco non ha attestazioni: la forma corrente . In Plauto abbiamo properatin ocius, nimium tarde, propera hercle, nihil morae, sed propere opust, cito et cursim. magis compare due volte con il senso di piuttosto, anche questo ben attestato (cf. e.g. VL, Mt. 10.6 ne introieritis, ite magis):
(37) 286.12-17 , / puerum mihi clama, aut magis de mulieribus unam clama

Le forme regolari di superlativo sono ben presenti (uetustissimus, optime, carissime, amantissime, come vocativi); tuttavia multum non usato davanti ad aggettivi,
Senza paralleli per questo senso di fare in fretta, spicciarsi, ma facilmente evoluto dal senso riflessivo di explicare se liberarsi. Il francese se depecher da *deimpedicare se, che non va bene. In CGL II.65.46 troviamo expedi ed effettivamente expedire se significa spicciarsi. 63 La forma corretta per .
62

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Rolando Ferri n per intensificare un verbo, bens ualde, che probabilmente percepito come pi accettabile di multum (nella Vulgata il rapporto tra ualde: multum 2 a 1):64
(38) 211.43 / non ualde magna (39) 110.76 / bene ualde

5. Lessico Come ho detto sopra, la destinazione scolastica65 fa pensare che si trattasse di testi che volevano insegnare una lingua corrente ma relativamente corretta: il contenuto linguistico di questi dialoghi dunque presentato come un livello di parlato accettabile quello appunto insegnato da maestri e grammatici: per i maestri dei Colloquia considerato accettabile dire che pu essere distinto da scrivere nuntia quoniam e anche in domum non eras?66 La direzione scolastica dei Colloquia, relativamente colta e aspirante a rappresentare uno standard socialmente prestigioso, produce una commistione di usi formali e informali, di espressioni tipicamente cortesi, ma anche, in alcune vignette animate, di espressioni aggressive. Tutto questo un elemento di grandissimo interesse di questa raccolta, che merita uno studio ravvicinato. Qui di seguito considero alcuni usi lessicali interessanti, che consentono di valutare anche contrastivamente, rispetto ad altri tipi di testi i registri linguistici utilizzati nei Colloquia. Il confronto con le analisi disponibili della lingua delle traduzioni della Bibbia, o di altre traduzioni dal greco mostra rilevanti differenze.67 Anche
Sulle perifrasi usate per sostituire il superlativo classico nel latino tardo cf. Salonius (1920), 188-91. Harl. Montepess. Mon. sono introdotti da un dialogo tra padre e figlio, o tra maestro e allievo, che crea unatmosfera di scuola (cf. ad es. 283.25-35 , . , , , . , / praeceptor, haue. quoniam uolo et ualde cupio loqui Graece et Latine, rogo te, magister, doce me. ego faciam, si me adtendas). Inoltre le prime scene di Harl. Montepess. Mon. Vindob. sono scene di lezione in classe. Dunque i testi esibiscono un rapporto con la scuola. Anche se forse nella forma in cui li abbiamo confluiscono scene di origine diversa, una destinazione in qualche modo scolastica sicura. La relazione con lo standard diventa importante in sede di edizione, poich ad esempio Dionisotti ha giustificato la sua scelta di non normalizzare il testo con il tentativo di ricostruire il modo in cui il greco era insegnato, e stampa il testo come se fosse stato scritto da uno schoolboy, cio come se larchetipo, che nel caso del Vindobonense forse era lesemplare stesso di Celtis, fosse stato scritto da uno studente. 66 Mancini (2005) discute la possibilit che alcuni testi grammaticali dimostrino una accettazione implicita della pronuncia evoluta, dimostrando lesistenza di una norma di accettabilit a livello della pronuncia, o ortoepia, mutate rispetto allo standard classico. Questo neostandard, a suo dire, riflesso in poche enunciazioni esplicite, come quella di Pompeius a proposito della pronuncia come affricata [ts] del nesso ti seguito da vocale (il passo GL 5.286.6-33, e.g. non debemus dicere ita, quem ad modum scribitur Titius, sed Tit<s>ius; media illa syllaba mutatur in sibilum), ed implicato da molte Differentiae, dove ci si limita a indicare la differenza ortografica tra omofonie sopravvenute a causa dellevoluzione della lingua, senza pronunciare condanne della pronuncia evoluta. 67 Molto utili gli studi di S. Lundstrm, specialmente (1948); per il lessico si vedano le pagine 101-16.
64 65

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Il latino dei Colloquia scholica se difficile formulare un giudizio definitivo sul registro lessicale dei Colloquia, anche per la difficolt di determinare il vocabolario del latino volgare, per definizione sommerso, limpressione che eccezion fatta per i vocaboli della sfera quotidiana le scelte di vocabolario siano piuttosto sul versante del registro sociolinguistico alto: si dice aegrotare piuttosto che male habere, caedere piuttosto che batt(u)ere, capere piuttosto che prehendere, (ad)ferre piuttosto che portare, iuuare piuttosto che adiutare. 5.1. Colloquialismi / volgarismi
mangiare

(40) 288.9 /manducemus

Si tratta di un caso noto, che sostituisce edo. Manduco gi una forma normale per mangiare (e non pi masticare) nel Satyricon (46.2 inueniemus quod manducemus; 56.4 boues, quorum beneficio panem manducamus), ma in contesti dove si sta rappresentando un uso stigmatizzato; inoltre la forma prevalente, assieme a comedo, nella Vetus Latina. Secondo Burton (2000), 162-4, manduco diventa gradualmente una forma accettabile (non considerata substandard) anche nelluso scritto dopo il 250.68 Nei Colloquia compare solo questo caso: la forma normale prandere (13 occorrenze, compresi casi di ad prandium con un verbo di movimento, ad es. dimisit ad prandium ci lasci andare a mangiare), probabilmente pi educata, e pi appropriata alle situazioni di cortesia formale che si verificano nei testi.69
andare

Sono evitate le forme monosillabiche di eo. Tra le forme usate per sostituire limperativo i duc te (gr. ; 111.66; 112.11, 15; 114.19; anche duco me), una perifrasi indicata da Donato come idiotismo, cio forma colloquiale: cf. Don. in Ter. Hec. 522 se duxit pro abiit.70 Altre forme imperativali sono ambula (111.36; 213.41)71 e uade (115.39; 215.39, 52, al., con 9 occorrenze totali).72
Burton cita SHA 18.34.8 (Severo Alessandro) dicens se in theatro et circo manducare, come testimonianza del fatto che intorno al 230 luso era ancora stigmatizzato, ma il contesto non cos esplicito. 69 E. g. 285.52-3 possumus hodie una prandere; 214.17-19 si tibi suaue est, hodie prande frugaliter. 70 Pl. Ba. 593 duc te ab aedibus; Ter. Hec.522 se duxit foras; Pollio apud Cic. Fam. 10.32.1 duxit se a Gadibus. dunque da respingere la proposta di correzione di Lucarini (2005), 488, subduc per corrispondere a , corrente da Menandro in poi, e la forma che porta a gr. mod. . 71 Sulla possibilit che ambula vada considerato etimologicamente legato allitaliano andare cf. Petersmann (1999). 72 Va osservato per che uade, anche se alla base delle forme romanze dellimperativo di andare, gi attestata in et classica, e non appare connotata come volgarismo, occorrendo in Virgilio e
68

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Rolando Ferri Un altro verbo interessante usato come sinonimo di eo manico (cf. 108.11 /manica ergo ( MS;73 anche in Vind. 4 ut manicemus ad scholam, 72 qui satis manicat).74 manico andare, originariamente alzarsi al mattino, mane surgere, compare inizialmente come traduzione del greco biblico . Cf. Vulg. Lc. 21.38 noctibus vero exiens morabatur in monte qui uocatur Oliueti et omnis populus manicabat ad eum in templo audire eum.75 Secondo Souter manico attestato dal IV secolo in avanti, ma la versione della VL potrebbe essere pi antica, anche del III. REW 5301 d come unica prosecuzione romanza il rumeno mneca. Il termine, quasi esclusivamente legato al latino biblico nel resto della nostra documentazione, colpisce qui per la sua diffusione anche in un ambito pagano.
civitas

(41) 115.28-9 / in ciuitatem

altro termine in comune con le traduzioni della Bibbia, dove urbs scomparsa.76
recens, gillo

(42) 219.25 / bibamus recentem de gillone

Luso di recens assoluto per lacqua fresca, contrariamente a quello del greco ,77
nelle tragedie di Seneca. Ampia discussione in Hine (2005), 219 n. 24. 73 La forma corrente sembra essere soltanto quella dellattivo (cf. e. g. OAmst 22.8 , ), dunque ci aspetteremmo . , la forma stampata da Goetz, non ha paralleli, mentre possibile accettare la lezione del MS pensando ad un imperativo aoristico attivo in - una forma attestata nei papiri sin dallet ellenistica (cf. Schwyzer, 1.803; alcuni casi anche in Mon. secondo Krumbacher (1891)). 74 Ma la forma greca di Vind. problematica: il MS a 4 ha (che Dionisotti interpreta come un futuro ), mentre a 74 ha , che suggerisce una forma diversa, = alzarsi prima dellalba, ma forse le due forme erano poco distinte, e ritengo possibile che anche vada interpretata come , pur continuando ad esprimere lidea di moto. Cf. infatti Moeris 204.19 , . 75 La forma passata nella Vulgata dallItala, ed commentata da Rnsch (1875), 174, dove si riportano oltre a questo passo anche il commento di Aug. Quaest. in Hept. 46 (ad Iud. 9.33) manicabis autem Latinum uerbum esse mihi non occurrit, per cui Agostino suggerisce diluculo surges, e Schol. Iuv. 5.79 Wessner, propterea semper manicasti per pluuiam Anche in Vulg. Sap. 6.15 qui manicat, ad eam non laborabit (U), notato da Lfstedt (2000), 315, sostituito da qui (de luce) uigilauerit in altre versioni. 76 Secondo Burton (2000), 159, gi nel III secolo o prima ciuitas era il termine delluso comune, come dimostrerebbe ad esempio la frequenza relativa dei due termini in Apuleio. possibile che luso indifferenziato di ciuitas per urbs sia pi antico, ma non esistono ricerche precise. 77 Da recente, il termine appare in uso gi nel II secolo (gr. mod. ), in Phryn. Ecl. 27 , , .

132

Il latino dei Colloquia scholica non ben documentato nei lessici.78 mitto (in 218.15 / mitte recentem) ha gi acquistato il senso dellitaliano metti, corrente anche in et classica.79 Anche gillo (gello) un termine raro, attestato solo dal IV secolo in poi (Cassio Felice, Giovanni Cassiano), o nei glossari.80
riposare

(43) Vind. 66 / ite pausatum

Secondo TLL si tratta di un grecismo diffuso dal IV secolo in poi, in testi cristiani e tecnici (medici).
ricordarsi

(44) 212.9 , 81 / rogo, in mente habeas

Si tratta di una locuzione pi colloquiale, per ricordarsi, che sostituisce la forma difettiva, pi colta, memineris, e quella pi volgare, rememorare (imperativo da rememorari). Nelle iscrizioni cristiane, in mente habeas per ricordati ha buoni paralleli: cf. IChUR 15939 in mente habeas Marcellinu peccatore; VL, Mc. 8.18-19 neque in mente habetis de quinque panibus.82 Oltre che nelle traduzioni bibliche, in mente habere ricordare compare in Tertulliano e Cipriano; la forma classica, da Plauto, quaeso memineris, fac memineris, rogo ut memineris. maneo = abitare
(45) 213.39 ;/ ubi manet?
Solo in REW 7110 alla voce recentare (attestata nel latino tardo: Souter d solo Oribasio) viene attribuito (n. 2) il significato di mit Wasser absplen, ricostruito dal dialetto parmigiano e dal francese antico. F. Lechi mi segnala che resentar, in alcuni dialetti dellItalia settentrionale (veneziano, istriano) significa appunto risciacquare. 79 Cf. Adams (1974). 80 Goetz stampa il corrispondente greco come nel MS , ma questa forma non sembra esistere: soltanto attestato, principalmente nei papiri (la pi antica attestazione in LSJ del III secolo), oppure in scritti agiografici come lHistoria Lausiaca di Palladio e gli Apophthegmata patrum; la confusione delta/lambda facilmente spiegabile come errore da maiuscola. Si tratta di un recipiente a collo stretto, per conservare i liquidi freschi. 81 Goetz, 648, stampa invece (MS enmniechis). Ma non fa difficolt, e sembra diffuso almeno a partire da ps.-Luc. As. 31.3 . 82 Burton (2000), 182-3 discute le forme che sostituiscono memini nella Vetus Latina (nei Vangeli): la forma pre-romanza recordari, che molto frequente, ma anche in mente habere. J. N. Adams mi segnala
78

133

Rolando Ferri (anche 229.28 [Einsidl.]). Si tratta di un uso documentato, secondo TLL, fin da Marziale, anche se il parallelo non sicuro, 8.14.6, mentre altri sono pi sicuri, ad esempio in VL, Joh. 1.38 ubi manis, che nella Vulgata diventa habitas. Pi comuni sono le testimonianze del latino cristiano da Arnobio in poi e dalla vita Cypriani, ma non un fattore che aiuti la datazione in modo chiaro. iuuenis, detto di oggetti = nuovo
(46) 216.2-3 / uolo uidere quasi iuuenes

Preparazione del banchetto: probabilmente il padrone si riferisce alla pulizia degli aeramenta e dei uitreamina nominati poco prima, anche se non nella frase precedente (che era proicite foras aquam): intendo voglio vederli come nuovi. Questo uso traslato, molto colorito, di iuuenis accidentalmente senza paralleli, ma non fa difficolt (anche se il MS ha neaniscy = ). Strana lassenza di riferimenti pronominali (ea, illa?). 5.2. Composizione nominale Si ritiene generalmente che il latino parlato fosse molto pi ricco di termini composti diversi da quelli attestati dalla tradizione letteraria. Vnnen (1966), 106 riporta un graffito di Ercolano (ora CIL IV.10566) nel quale si legge, in una lista di utensili domestici, aqva in manvs dva cvm basis (...) aqva in manv cotidiane ii / cvm basis, dove aqua in manus sarebbe da interpretare come catino, bacino (acqua-mano), e cita lo spagnolo aguamanos (da aggiungere il composto verbo-nome del IV secolo labamanos).83 I Colloquia forniscono un interessante confronto per aqva in manvs con mappa ad manus (289.4 84da mappam ad manus), dove la traduzione greca chiarisce che il senso asciugamano, cencio da mano, non un fazzoletto alle mani, cio una specifica mappa che si usa per pulire le mani.85
questo sintagma nelle tavolette di Vindonissa (I sec. d.C.): cf. Speidel (1997), 178, 188; Adams (2007), 302 e n. 119. 83 Cf. Prati, (1931), 251. 84 Ho cos corretto la forma emendata da Goetz in CGL III.659, , che non esiste. 85 Altre volte aquam ad manus invece semplicemente (versa) acqua sulle mani, come in Petr. Sat. 27 aquam poposcit ad manus. I composti romanzi sono normalmente ritenuti tipologicamente distinti da quelli latini, sia per la -i- di legamento tra i due termini in composizione, sia per la differenza tipologica (nei romanzi compaiono tipi nome-aggettivo e nome-nome, che in latino non sono attestati. mappa ad manus, come aqua in manus, per quanto giustapposizioni formalmente, sono sentiti come composti, un asciugamano e un lavamano o bacino il secondo. Sulla differenza tra composti latini e composti romanzi, con qualche esempio di composti latini di registro volgare cf. Oniga (1988), 163-4.

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Il latino dei Colloquia scholica 5.3. Diminutivi che sostituiscono il termine classico Si tratta di una categoria classica del latino volgare (il tipo auricula> orecchia per auris), in realt non molto rappresentata nei Colloquia eccetto che nel lessico della cucina, degli utensili domestici e del cibo in generale, come del resto comune anche nel latino classico. Non ho incluso casi in cui la forma non ridotta non era attestata nel latino classico, oppure in cui il diminutivo gi ben attestato fin da data molto alta, come craticula, ofella, patella, matella, paruulus, amiculum [da Plauto; nei Coll. anche -ct-], aqualiculus, glossula (per glossa, da Persio). Cito dunque solo alcuni casi che meritano commento per la fonetica, o per il significato, o che sono in s interessanti: sui diminutivi in generale, in latino, cf. Adams (1995), 543-65.
(47) 287.59 /colliculos fac

Da cauliculus< caulis, per indicare una variet di cavolo, cavolino. Attestato sin da Catone, rientra nella categoria di termini per i quali il diminutivo ha acquisito un significato distinto. La forma evoluta col- e anche la scrittura con l geminata sono ben documentate in molte fonti antiche, e presumibilmente dunque non da ascriversi alla tradizione manoscritta (e.g. CPL 307.12 = CEL 78.12, coliclos, I-II secolo). Da notare luso del semplice facio per preparare (vd. infra, Informalit, 5.5).
(48) 218.43 / in canistellum inferat

canistellum<canistrum, solo da VL in poi.86


(49) 219.1-2 87 / ofellas iuscellatas

iuscellum<ius brodo. La forma iusculum gi in Cat. De agr. 156.7, ma iuscell- molto pi tarda, sia nella forma sostantivale, sia nella forma participiale, iuscellatus, che compare in CGL (gr. in brodo); questultima, in TLL, non ha attestazioni datate anteriori al V-VI secolo.
(50) 115.2-3 / et inuenies intro saccellum

Lattestazione pi antica sembra essere Petr. Sat. 140.15 sonantes aere saccellos.
Exod. 29.3 impones ea in canistello uno ( ). Termine sconosciuto al di fuori del CGL, dove glossato con armus, ofella, offla. Il piatto a cui si fa riferimento uno stufato di carne o spezzatino.
86 87

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Rolando Ferri
(51) 218.40 / glandulas

La forma pi corrente, per il commestibile, glandium (forse animella), ma anche il diminutivo attestato, da Marziale 3.82.20 in poi. Il termine greco significa pancreas.
(52) 217.34 / calliculas (53) Vind. 55 , / tollite soleas et caligulas

callicula e caligula sono termini spesso confusi, e attestati, oltre che in CGL, solo in fonti tarde (dopo il IV secolo). Si trova anche lortografia gallicula. Il senso dato dai lessici (OLD), calzatura militare, non certamente appropriato in questo contesto: qui chiaramente si tratta di calzature civili.88
(54) 219.23 / da phialulam

phialula voce congetturale (MS filiolam), e in effetti potrebbe trattarsi semplicemente della voce non ridotta, phialam: TLL d filia, filiala come forme corrotte, e fiole la forma romanza (francoprovenzale).
(55) 287.42-3 /89 adfer ungellam et uentraculum

In OLD sono registrate soltanto le forme ungula e uentriculus, ma ungella occorre in effetti in questa forma, oltre che altrove in CGL, anche in altri autori tardi (Marcello Empirico 20.27, Apicio 1.9, e nelle TVind.).90 uentrac- solo qui, ed forse una forma corrotta.
(56) 287.38 / da radices et cultellum (57) 215.32 / cultellum

Il diminutivo di culter ben attestato anche in autori del I secolo a.C., ma probabilmente ancora con una differenza di senso (OLD , mentre qui il termine neutro per coltello da cucina (culter non compare).
88 Interessante il traducente greco, , non attestato con questo significato, ma quasi certamente un termine esistente, prestito dal latino talaris (non in OLD in questo senso), o subtalaris, che significa calzatura che copre fino al polpaccio: cf. Isid. 19.33.7 talares calcei socci sunt, qui inde nominati uidentur quod ea figura sint ut contingant talum. 89 Si tratta dello zampetto di maiale, raro come cibo in greco, eccetto nei papiri: SB 1941 (IV secolo) . 90 Adams (1992), 106-7.

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Il latino dei Colloquia scholica 5.4. pareclum = coppia


(58) 286.22 ; / quanti pareclum?

Secondo TLL si tratta di una forma con sincope (-clum da -culum) e vocalismo evoluto di pariculum, diminutivo di par, i cui esiti romanzi, molto comuni, sono limitati al significato di somigliante (ad es. franc. pareil) o parecchio (il lessema romanzo per somigliante).91 Si tratta di un lessema senza attestazioni antiche (lunica altra attestazione in TLL nelle Leggi saliche del VI secolo (Lex Sal. Merov. caus. 6 tit. Eckhardt), pariculas causas, che lestensore della voce spiega con pari multa obnoxias). Du Cange registra pareclum in un testamento altomedievale: PL 72.435C (ChLA 14.592, Francia, anteriore al IX), testamentum illustris matronae Ermentrudis: lectaria par uno, et vestimenti mei pareclo uno fratribus ad minsa baselicae sancti Dionisi dari praecipio... alio pareclo uestimenti... tertio pareclo uestimenti. In Du Cange si trova una voce simile, paricla, dove ricorre la stessa forma nel significato di simile: (testamentum Bertichramni episcopi Cenomanensis:) praecipio ut unum caballum bonum et unum pareculum de proprietate mea praesumas. Sincopi di questo genere sono potenzialmente antiche, e molto comuni: cf. P. Mich. VIII.468.10 (CEL 142.10) amicla, TVind. 2.196 subuclas, 2.214 fraterclo, con Adams (1977), 21; (1995b), 92. Anche se pareclum compare oltre qui soltanto in documenti medievali, possibile che il termine debba essere considerato almeno tardoantico. 5.5. Informalit e formalit
(59) 121.2-3 /feci circa collum pallam

mi avvolsi la veste intorno al collo (cf., per contrasto, Pl. Ep. 194 palliolum in collum conice). Si tratta di un uso informale di facio con una locuzione locale, nella quale il verbo significa essere posto o essere vicino. In TLL citato un passo da VL, Ioh. 6.21 facta est nauis ad terram, cio si fece presso la costa, o meglio Sch. Cic. Gron. p. 436.20 Orelli dicimus: fac ad manum illum codicem; An. Val. 11.53 factum (sic) est usque ad sex solidos modius tritici (cio: crebbe fino a). Forse rientra nella stessa categoria di usi lessicali impoveriti anche 217.47 date hic cathedras, dove dare per portare sembra un uso colloquiale. Certamente ricade sotto questa voce anche habet in
(60) 213.32-4 . ; . / uisitemus eum. quid enim habet? aegrotat
La forma di accusativo singolare parium unum (= un paio) si trova nelle lettere di Gregorio Magno (Registrum epistularum 9.72 boues domitos parium unum; 13.16).
91

137

Rolando Ferri perch, cosa ha?, dove luso di habet per cosa gli capitato colloquiale-informale, anche se del tutto normale, e derivante dalluso di questo verbo con espressioni indicanti malattia (habere febrim,92 habere capitis dolorem ecc.) o situazioni spiacevoli (Petr. Sat. 41.11 mundum frigus habuimus). Vind. 46 usa unespressione leggermente pi studiata, ; / quid pateris hodie?
(61) 111.31-34 /uolo tibi iniungere administrationem actionis tuae.

Negli autori classici iniungo prevale in senso negativo (traducendo il greco , ) dunque imporre piuttosto che affidare ma gi nel latino giuridico prevaleva il senso di associare, mentre esiste anche un senso positivo, non come imposizione spiacevole: cf. Liv. 38.35 exsules quoque Lacedaemoniorum suam causam legationemque Achaeis iniunxerunt; Codex Theodosianus 1.15.1 Imp. Constantinus a. ad Siluium Paulum mag. italiae. post alia: ne tua grauitas occupationibus aliis districta huiusmodi rescriptorum cumulis oneretur, placuit has solas causas g rauitati tuae iniungere, in quibus persona potentior inferiorem aut minorem iudicem premere potest (documento datato al 25 febbraio 325). 5.6. Vocabolario tecnico (giuridico-economico)93 Explicare = soddisfazione di un debito
(62) 114.26 / explicatum est

explicatum est viene espunto da Goetz (III.643 e (1892), 16) perch lo ritiene unindicazione di explicit della sezione del dialogo. In realt si tratta di un termine economico, neppure raro in latino, equivalente a pagare i debiti:94 questo infatti largomento di questa sezione del Colloquium Harleianum. Questo senso non ben attestato per il greco, anche se in LSJ Suppl. (1996), 2 troviamo il senso arrange, settle. Cf. ad esempio P Turner 43.8, .
Cf. TLL s. v. habeo, 2403.28-47 e 2404.51-8, dove sono citati ad esempio Vulg. Ios. 15.18 suspirauit... cui Caleb: quid habes?; Vitae patrum, PL 73.640A quid habes, filia, quod sic ingemiscis? ibid. 691A quid habes, frater, quod sic tristis ambulas? ibid. 993A inuenit eum quiescentem et dixit ei: quid habuisti hodie, pater?; Chiron 312 iumenta... subito moriuntur quasi nihil habentes. Anche se numerosi confronti derivano da testi tradotti dal greco, non credo sia opportuno ipotizzare un calco per unespressione cos corrente. E il solito problema del registro basso, illustrato soprattutto da testi di traduzione. 93 Sulla relativa precisione tecnica dei Colloquia nella traduzione di tecnicismi giuridici greci in latino e viceversa cf. anche qui sopra il contributo di Rochette, 102 n. 98. 94 Cf. TLL s.v. 1731.17-32 (aes alienum, debita soluere; vd. anche TVind. 2.343 nerui pondo centum, explicabo; ibid. 3.648; Adams (1990),45.
92

138

Il latino dei Colloquia scholica .95 In CGL II.66.4 (Glossarium Philoxeni) troviamo explicat , anche questo comunemente usato per pagamenti di debiti. Non dunque possibile decidere se la forma greca di 114.26 sia un caso di traduzione meccanica oppure un latinismo corrente in greco per unespressione di tipo commerciale. In considerazione dellincertezza ortografica del greco nei MSS dei Coll., possibile che possa essere stata la forma originaria in 114.26.
(63) 113.37-8 / collegium fiat

Collegium qui impiegato, anche in latino, nel senso, non tecnico e scherzoso, di festa, bisboccia, un senso facilmente deducibile dal senso generale, ma non attestato dai lessici. Questo vale a maggior ragione per il greco, dove il termine comunque rarissimo, per lo pi in riferimento a istituzioni romane. Un passo non ben spiegato, proveniente dallo stesso contesto di (63)
(64) 113.39-45 , / sed uolumus simplices nobiscum homines delectare, cum talibus conuersare.96

e , rispettivamente, sono tradotti in LSJ con rinfrescare (anche in senso metaforico, portar sollievo dalle fatiche) e godere, far baldoria. Comunque compare anche come rilassarsi (take relaxation LSJ) in P. Oxy. 1296.7 (lettera di uno scolaro al padre, III secolo: , , . , ); vd. anche Sch. vet. Hom. Il. Erbse 11.624 . In CGL compare, oltre qui, il solo , glossato con delicias ago, che sembra avere connotazioni negative (LSJ live softly, or in excessive comfort or indulgence), qui assenti. Le traduzioni latine sono un po blande, delectare, conuersare, specialmente la seconda, ma un affievolimento del senso negativo sembra implicato anche dalla presenza di homines simplices.
(65) 213.24-5 ; / caruisti?

In CGL IV.316.36 carere: exsolui, liberari sembra indicare un termine economico; lequivalenza con data in CGL II.232.43. Lintero brano utilizza
Il papiro in realt (una lettera privata del III secolo d.C.) ha la forma , invece del raddoppiamento regolare. Leditore, Youtie, traduce the matter of the pitch has been concluded. 96 E probabilmente giusta la correzione di Goetz , che naturalmente richiede anche un intervento nel latino, simpliciter. cum talibus suggerisce di correggere il greco in .
95

139

Rolando Ferri termini tecnico-giuridici del prestito di denaro.97 Il termine latino non chiaro in questo significato nei lessici (TLL, OLD), ma lequivalenza con il greco sembra decisiva (saldasti il debito, ti liberasti dallobbligazione),98 anche se non intuitiva (careo significa essere privo di qualcosa). Nel greco la voce passiva crea qualche dubbio: forse si tratta di una corruttela per , con desinenza in - (aoristo primo e aoristo secondo vengono confusi nei papiri).99 infertor
(66) 286.28-30 . / non potest minoris. tanti constat de infertoribus.100

Per infertor in TLL registrato solo il significato servitore che porta il cibo in tavola. Il senso richiesto dal passo piuttosto fornitore, grossista, che al momento non pare documentato.101 La presenza di termini della sfera giuridico-economica ben illustrata dal passo seguente, molto dettagliato relativamente al vocabolario tecnico della transaLa formula del prestito di denaro in Monacense ricalca una formula chirografa corrente, ad esempio confronta Dig. Pauli (II secolo) 12.1.40 Lecta est in auditorio Aemilii Papiniani praefecti praetorio iuris consulti cautio huiusmodi: Lucius Titius scripsi me accepisse a Publio Maeuio quindecim mutua numerata mihi de domo et haec quindecim proba recte dari Kalendis futuris stipulatus est Publius Maeuius, spopondi ego Lucius Titius. si die supra scripta summa Publio Maeuio eiue ad quem ea res pertinebit data soluta satisue eo nomine factum non erit, tunc eo amplius, quo post soluam, poenae nomine in dies triginta inque denarios centos denarios singulos dari stipulatus est Publius Maeuius, spopondi ego Lucius Titius. Il brano mostra il significato tecnico-giuridico di alcuni dei termini usati nel dialogo (cautio, satis facere, proba). 98 Per questo senso giuridico-economico di in greco cf. Cass. Dio 51.17 Boissevain , ogni debito fu saldato a coloro che precedentemente avevano prestato del denaro; Dem. Or. 34.23 ; P. Tebt. 2.315 , . 99 Cf. Gignac, 2.348-9. 100 Per la scena del mercanteggiare al banco del pesce cf. Alexis, 16 K-A vv. 8-12 (specialmente 9-10 / ; e 286.26-7 / multum dicis. accipe centum denarios). non potest minoris naturalmente ricorda la famosa scena di Teofrasto, raccontata da Cic. Brutus 172 hospes, non pote minoris. La trattativa sembra condotta per il tramite del servo (almeno in 286.38 / confer et illi tratta anche con lui), non dal signore direttamente, anche se il saluto Iuli pronunciato dal libero. 101 Anche il greco non ben attestato: LSJ ha solo le attestazioni dei glossari, mentre per il verbo d Cod. Iust. 12.37.19.2 , che per significa soltanto comprando in anticipo ne abbiano un guadagno. Lunica attestazione significativa sembra ps.-Athan. Synopsis scripturae sacrae, in PG 28.372.17 (sc. ) , che dal contesto significa chiaramente servitore responsabile per le forniture del re. In CGL II.415.49 troviamo praeemptor .
97

140

Il latino dei Colloquia scholica zione relativa al prestito in denaro, dove chiaramente quanto veniva detto aveva un valore vincolante anche in termini di eventuale conflitto legale:102
(67) , ; ; ; , . <>,103 <>. ; . . ; . . . . . . . . . . , . , . . ; . ; ; <> ; ; . Domine, quid imperas? numquid habes pecuniam uacuam? quid opus habes mutuari? si habes, commoda mihi quinque sestertia.

102 103

Alcune espressioni di questo brano sono discusse infra, 9. Pragmatica. Per queste perifrasi con il participio perfetto, nel greco ellenistico, cf. Blass-Debrunner, 179-80.

141

Rolando Ferri
etsi non habuissem, undecumque104 explicassem. pignus uis? absit, <non opus habeo.> caue mihi te accepisse. quibus usuris? quibus uis. caui. gratias tibi ago. signa. signaui. numero. numera. numeraui. proba. probaui. sicut accepisti, probum reddas. cum tibi reddidero, et satisfaciam. bono die. uenisti? ueni. accepisti? dedisti illi? dedi. caruisti? numquid aliquid opus habes? te ualere.105 III.212.46-213.26

5.7. Conclusioni Con leccezione dello strano pareclum, dove anche laspetto fonetico ha tutto laspetto di una forma corrotta da scribi successivi, il vocabolario dei Colloquia non esibisce volgarismi evidenti, come quelli che sono presenti in altri testi classici del latino volgare. I Colloquia documentano inoltre una quantit di usi tecnici correnti, quasi gergali.

undecumque = undelibet ben attestato fin dal periodo classico (la frase relativa viene soppressa). solo dal IV secolo. 105 Signore, cosa desideri? Hai per caso del denaro disponibile? Quanto hai bisogno di prendere a prestito? Se li hai, prestami cinquemila sesterzi. Anche se non li avessi, in qualsiasi modo me li sarei procurati. Vuoi qualcosa in pegno? Non parlarne neppure. Non ne ho bisogno. / sottoscrivi che hai ricevuto da me (del denaro). A quale interesse? Quello che vuoi. Ho sottoscritto. Ti ringrazio. Firma. Ho firmato. Conta. Ho contato. Esamina (il denaro). Ho esaminato. Come lo hai ricevuto, restituisci denaro autentico. Quando te lo restituir, salder il debito. Buongiorno (?). Sei venuto? Sono venuto. Hai ricevuto? hai dato a lui? Ho dato. Hai saldato (il debito)? Hai bisogno di qualcos altro? Che tu stia bene.
104

142

Il latino dei Colloquia scholica 6. Sintassi dei casi e del verbo 6.1. Uso delle preposizioni In alcune espressioni preposizionali locali appaiono confusioni tra stato e moto che sono caratteristiche delluso tardo, addirittura primo-imperiale. La novit dei Colloquia che qui compaiono in una destinazione parascolastica, e quindi si ha limpressione che vengano presentati come usi accettabili. Tra le spiegazioni di questo fenomeno, Hofmann-Szantyr adducono (LHS 2.49; LHS 2.277-8) lindebolimento delle consonanti finali, soprattutto -m, e la conseguente fusione di accusativo e ablativo come casi distinti; molte di queste confusioni riguardano per locuzioni avverbiali, dove la spiegazione deve essere di natura psicologica. Nei Coll. inoltre i casi sono ben distinti, nelluso generale, e alcuni esempi di difficile spiegazione sembrano piuttosto determinati da contatto con il greco. Ad esempio
(68) 217.47 date hic cathedras / (69) 218.20-2 ubi iubes? in primo loco discumbe / (70) 212.8 /post modicum ibi uenio106 (71) 219.47 / suis locis repone (72) 70.20-2 / procedo foris de cubiculo (73) 216.14 ; / quid foras stas?

Come nel latino tardo domum compare con ad, in anche in assenza di altre determinazioni (genitivo di possesso, aggettivi):
(74) 217.40 sequimini ad domum (75) 111.75-76 primum in domum ibo

domi viene anche usato al posto di domum:107


(76) 122.42 / uenio domi; (77) Vind. 65 / eamus domi108
106 Qui si nota anche il colloquialismo espressivo del presente con un avverbio che indica tempo futuro, notato come un solecismo da Pompeo grammatico (cf. 6.9). 107 Per luso epigrafico substandard del genitivo locativo o perfino lablativo per esprimere anche moto a luogo cf. Mackay (1999). 108 Almeno in questo caso si tratta dunque di uno sviluppo nativo, non determinato da interferenza con il greco.

143

Rolando Ferri In un caso anche domo indica il moto a luogo (dalla scuola a casa):
(78) 71.45-6 dimitteret domo ad prandium

Il moto anche espresso da costruzioni accusativali, con la preposizione ad:


(79) 214.15 ad domum festino (80) 214.38, ad domum refer (81) 215.43 fuisti ad ipsum? (= da lui, a casa sua) (82) 215.45 ad domum sedebat (significa davanti alla casa?)

In casi come questo per difficile decidere con certezza se siamo di fronte a traduzioni meccaniche dal greco, oppure a sviluppi nativi del latino. Infatti nel greco della la preposizione con laccusativo tende a sostituirsi a anche nelle espressioni di stato in luogo, e viceversa , per ipercorrettismo, viene usata anche (con il dativo) in espressioni di moto.109 Faccio rientrare in questo gruppo
(83) 110.29 / in domum non eras (84) 113.49-50 / in balneum rixam fecit.

Vnnen (1967), 119-21 riporta esempi come Petr. Sat. 42.3 fui enim hodie in funus, ovvero Egeria 20.2 fui ad ecclesiam (anche Vnnen (1987), 40-1), e in generale la frequente costruzione di esse con in seguito dallaccusativo. Ma in domum non eras non mi sembra rientrare in questa tipologia, anche perch la forma domi era ben radicata. Altri casi di confusione sono:
(85) 121.18 / eo in scola (86) 213.29 /ubi?

Un caso di traduzione impropria deve essere


(87) 218.28-9 / mitte impensam ad acetabulum,

poich luso idiomatico latino richiede in per latto di versare un liquido dentro un recipiente (il greco non distingue).
109

Schwyzer 2.461.

144

Il latino dei Colloquia scholica 6.2. de de usata come preposizione generalizzata in sostituzione da e, ex, sia nelluso locale che nelluso partitivo.
(88) 286.61-287.2 ... , / da mihi tus... quod sufficit hodie ad homines uiginti, sed de bono.110

Questo complemento partitivo espresso con il solo aggettivo appare particolarmente veloce e informale, ma ci sono paralleli in testi di registro semplice: cf. Porf. Hor. Serm. 1.2.126 meretricem esse de nobilibus; Plin. Nat. 15.70, nigra et Rhodia et Tiburtina ficus de praecocibus; Nat. 15.84 arbor ipsa de amplissimis. de compare anche come destinazione della spesa, dove ci aspetteremmo pro (ma non c da sospettare corruttela nel latino):111
(89) 286.31-3 ; / de paradromis et fasciis quid dabo? quod iusseris.112

6.3. ad
(90) 213.56 / ad dexteram pulsate = bussate a destra.

I MSS hanno a dextera, mentre Goetz e Krumbacher emendano ad dexteram per analogia con il greco. Entrambe le forme sono possibili, in particolare considerate le oscillazioni tra moto e stato nei casi dubbi. 6.4. cum
(91) 219.6 / cum scarias

Nellestratto ricorre anche lunico caso di costruzione con ad e laccusativo per una reggenza al dativo (sufficit hominibus), non come volgarismo, ma per avere una corrispondenza con il greco . 111 Il greco invece sembra corrotto, probabilmente trascinato dal precedente , che indica provenienza. La preposizione giusta sar forse o . In greco, in ogni caso, anche il solo caso genitivo senza preposizione andrebbe bene: cf. Arist. Pax 1214-15 . ; / .. ; . ; . Nel brano dei Colloquia non chiaro se quod iusseris sia detto dallo schiavo, che in quel momento sta trattando con il venditore, o dal venditore stesso, che invita laltro a fare la sua offerta, fingendo che si adeguer a questa. 112 Cf. anche Vita Aesopi G 15.10 ; (...) .
110

145

Rolando Ferri Un solo caso di cum con laccusativo, gi attestato nelle iscrizioni pompeiane (cum discentes), nelle lettere di Claudio Terenziano (cum tirones in P. Mich. VIII.471.22: cf. Adams (1977), 36-7) e nelle lettere dei corrispondenti di Cipriano. 6.5. Avverbi ed espressioni temporali
(92) 109.62-5 / post modicum ibi uenio

vengo tra poco. Lesempio pi antico di post modicum usato assolutamente sembra essere in Gerolamo, ma modicum senza sostantivo tempus, temporis, come espressione temporale continuata gi in Apul. Met.
(93) 216.51-4 113 /ueni luctemus post tempus uno momento.

Per capire il significato di queste espressioni bisogna ricostruire landamento del dialogo, che qui va suddiviso tra i due interlocutori in questo modo: , ,ueni luctemus post tempus, uno momento, non scio si possum cio dopo tanto tempo, da un momento allaltro, non so se posso.114 post tempus significa dopo tanto tempo.115 Uno momento espressione pi corrente, mentre la frase classica era momento temporis. Impossibile datarla, anche se la prima attestazione del semplice uno momento in Celso (I sec. d. C.). (94) 113.58-64 . / tertium diem circus est, et postea ludi gladiatorum. nouiter ergo spectemus et sic cum illo lauemur. ambiguo in greco, che preferisce , oppure , . Anche in latino scorretto, si dice in o post tertium diem, altrimenti si capi113 Degna di nota la traduzione di , non letterale ma idiomatica, con ueni. seguito da prima persona plurale del congiuntivo molto comune, con il senso di suvvia, forza (ingl. come), e quasi grammaticalizzato come introduttore del congiuntivo esortativo indipendente, con una sfumatura di richiedere un permesso, e con una funzione simile a quella di (cf. Blass-Debrunner, 183-4): qui dunque il senso quasi hai voglia di lottare?. 114 Per il tempo continuato cf. invece Ioh. Chrys. In epist. alteram ad Cor. 61.464 , ; 115 Per post tempus dopo molto tempo cf. TLL s. v. post, 167.51-4, e. g. Phaedr. 4.20.1 qui fert malis auxilium post tempus dolet. A volte per il significato oscilla con quello di sero, troppo tardi. La prima attestazione sicura sembra essere nelle Declamazioni attribuite a Quintiliano.

146

Il latino dei Colloquia scholica sce da tre giorni riferito al passato. Sospetto inoltre che sia corrotto per , cio communiter, insieme, come in Leid. 37.40 et debemus inuicem commune cenare ( ). In questo caso nouiter potrebbe essere anche un errore paleografico, con la prima sillaba com- abbreviata. Espressioni usate per dire ora: iam, modo, nunc, in greco 6.6. Pleonasmi nella determinazione locale Non si tratta di un volgarismo, ma di un colloquialismo anche classico, in cui il parlante precisa meglio nel corso del suo enunciato lindicazione di direzione prima espressa in termini generici:
(95) 214.5-6 / illuc descendit ad laurentum.116

6.7. Accusativo di prezzo


(96) 214.34-6 interroga quantum piscis.117 denarios decem / . .

Si osservi luso dellaccusativo di prezzo al posto del genitivo della norma classica. Adams (1995b), 116 d paralleli subletterari per laccusativo di prezzo anche in date molto antiche (I-II d.C.). Ad ogni modo in et costantiniana laccusativo era gi molto diffuso.118 6.8. Uso dei tempi e dei modi verbali Nella maggior parte dei casi i verbi sono allindicativo o allimperativo, senza particolarit. Fanno eccezione alcuni casi in cui la consecutio non rispettata, ma che probabilmente sono corrotti (ad es. 112.9-10 , / expectabant me ut lauem, dove il latino probabilmente va cambiato in un presente; 111.53-6
Per la forma laurentum, forse ipercorretta, v. anche Macr. Sat. 3.12.3 pisce nel manoscritto principale, Mon. Clm 13002. impossibile utilizzare il prezzo del pesce, dieci denarii, per determinare la cronologia, visto che non si specifica bene di quale pesce si tratta (e il singolare potrebbe essere un collettivo). LEditto di Diocleziano conserva i prezzi di pesci diversi, dagli otto ai cinquanta denari. Cf. Apuleio, Met. 1.24, dove il venditore mette in vendita per cento nummi, mentre Apuleio compra per venti denarii, che sembra troppo alledile amico di Lucio. 118 Confronti in Parker (1996), 162-6.
116 117

147

Rolando Ferri / uideo quod lotus ad cenam ibas). possibile supporre interferenza meccanica del greco in almeno un caso in cui limperfetto sembra poco appropriato in latino:
(97) 111.43-6 / salutabam te die tertio sursum in templo et non adtendebas.

Lequivalenza imperfetto greco /imperfetto latino non del resto meccanica, e a volte un aoristo greco corrisponde ad un perfetto latino -- in (98) forse poco idiomaticamente rispetto alluso latino:
(98) 113.46-7 / frater autem meus excusauit.119

6.9. Presente per il futuro Alcuni testi grammaticali criticano luso del presente con avverbi di tempo che, indicanti un tempo successivo al momento in cui avviene lenunciazione, richiederebbero il futuro. Pompeo, ad esempio, censura cras dico, perch lavverbio richiederebbe il futuro o la perifrastica attiva.120 Luso del presente, con avverbi di tempo futuro, naturalmente diffuso allinterno dei Colloquia (cf. (92) post modicum ibi uenio, (94) tertium diem circus est). 6.10. Piuccheperfetto
(99) 213.57-8 121 / si tamen uenit: processerat enim.

Per questo uso del piuccheperfetto che attenua la forza di unasserzione, nelle parole del servo che esprime scetticismo sul ritorno del padrone di casa (se pure tornato: infatti era uscito) cf. Pl. Pseud. 549 CA. quin rus ut irem iam heri constitueram. Se il servo avesse detto uscito, come probabilmente sta pensando, si mostrerebbe troppo assertivo. Dicendo era uscito, lascia aperta la possibilit che nel frattempo sia tornato, e non sia stato notato da lui.
Luso di excuso intransitivo per scusarsi ben attestato: cf. Apul. Met. 1.26 excusaui comiter mi scusai gentilmente (rifiutando un invito a cena). 120 Cf. e.g. Pomp. Comm. GL 5.235.29-30, ergo siqui dicat festino, quia hodie dico, non bene loquitur, ea ratione quoniam non uidetur hoc agere, sed acturus esse. ergo melius dicit dicturus sum. Sulle osservazioni contrassegnate dalla formula nel commento di Donato a Terenzio molto materiale raccolto in Quaglierini (2007). 121 O anche .
119

148

Il latino dei Colloquia scholica 6.11. Ottativo


(100) 214.9-11 , ... / cum uenerit dices illi nos ad ipsum... uenisse.

come forma di imperativo congettura di Krumbacher (1891) accettata da Goetz sulla base della forma MS ipsis. La verisimiglianza paleografica grande (sigma onciale facilmente confondibile con omicron), ma la presenza dellottativo poco plausibile, nei Colloquia, e nel greco di questa data in generale. Lottativo indipendente come forma ingentilita di imperativo ben attestato per il greco classico,122 ma sembra scomparire in seguito, insieme allottativo in generale. Pi probabilmente, ipsis una trascrizione maldestra del futuro usato con valore di imperativo attenuato, come nel corrispondente latino dices (in maiuscola di tipo onciale anche gli scambi / e / sono frequenti). anche possibile che la forma originaria fosse un congiuntivo aoristo, anche questo talvolta usato in greco come congiuntivo esortativo con valore di imperativo, .123 6.12. Futuro Un caso di gerundivo latino usato come participio futuro passivo (18), Vind. 74, una costruzione tardolatina attestata dal III secolo: quas hodie credo terminandas.124 Il futuro con valore iussivo, considerato a volte una forma attenuata di imperativo,125 compare solo nel testo greco:
(101) 218.42-3 / unus de uestris panem frangat et in canistellum126 inferat.

In teoria clasi del MS potrebbe essere interpretato anche come congiuntivo aoristo, ma la presenza di sysi (= ) implica linterpretazione come futuro anche del primo elemento.

Zilliacus (1946); Schwyzer, 2.329-30. Per il congiuntivo affermativo della seconda e terza persona come ordine, soprattutto nel greco ellenistico, cf. Schwyzer, 2.316. 124 LHS 2.374, 394. 125 Blass-Debrunner, 183; Schwyzer, 2.291-3. 126 MS caniscellum, forse influenzato dal greco.
122 123

149

Rolando Ferri 7. Sintassi del periodo 7.1. Avere con linfinito Esistono in latino diverse costruzioni del verbo avere con linfinito, alcune attestate fin dallet classica. Il senso pi antico (da Cicerone in poi)127 sembra essere quello di potere, disporre di qualcosa a qualche scopo. Nei Colloquia questa costruzione attestata nel senso pi antico, quello di scopo (e non come dovere, o come modo per esprimere il futuro, entrambi sensi gi attestati da Tertulliano in poi).128 Si tratta senzaltro di una costruzione colloquiale, che ha molti paralleli nella VL e nella Vulgata (e.g. Vulg. Lc. 14.14 non habent retribuere; Joh. 16.12 multa habeo uobis dicere).
(102) III.288.54 ;/habemus quid cenare? abbiamo che cosa mangiare?; abbiamo che mangiare? (103) III.111.71-72 / habeo enim ei aliquid dicere (104) Vind. 47 iniunge tuo conseruo habeam gustare a balneo (abbia qualcosa da mangiare dopo il bagno).

In (102) non chiaro se quid cenare sia una frase interrogativa o un infinito finale, con quid = aliquid, e se sia rilevante linfluenza greca. probabile che in sincronia la distinzione sfuggisse ai parlanti, ma alcuni paralleli dalla VL suggeriscono che non si tratta veramente di interferenza greca, e che anzi in (102) il greco sia secondario. Cf.
VL Mt. q 15.32 non habent quid manducare (Vulg. quod manducent, ) Vulg. Lc. 24.42 habetis aliquid manducare hic? ( ;)

Il passo di VL sembra offrire un parallelo esatto, e il confronto con il greco chiarisce che la costruzione piuttosto un fatto latino.129

Coleman (1971), 218, cita Cic. ND 3.93 haec fere dicere habui de natura deorum, Cic. Att. 2.22.6 de re publica nihil habebam ad te scribere. La forma letteraria prevalente habemus quod edamus. 128 Habeo come dovere compare in Vind. 45 dic meae matri quod iterum habeo reuerti ad domum magistri. 129 Esistono anche frasi simili con relativo e infinito: Gesta conl. Carth. 1.133 populos habemus quibus ordinare (a cui ordinare). cf. Thielmann (1885), 63-4, Lfstedt (1956), 2.171. In greco, a volte si rimane incerti sullinterpretazione esatta, come in Platone, Phaed. 80b ; possiamo dire qualcosa di diverso su questo argomento? abbiamo qualcosa da eccepire su questo?, dove potrebbe essere anche un interrogativo.
127

150

Il latino dei Colloquia scholica 7.2. Dichiarative introdotte da quod, quia, quoniam. Questa costruzione compare gi in Petronio, ma non nelle lettere di Claudio Terenziano n in quelle di Vindolanda. Nel I secolo doveva apparire ancora assai substandard. Chiaramente nei Colloquia considerata la forma normale. Largomento stato trattato in forma ampia da Herman (1963); (1989). Secondo Herman (1989), la dichiarativa al verbo finito senzaltro uninnovazione del parlato, che penetra nei testi scritti cristiani in proporzione non superiore al 10%, mentre molto superiore nelle traduzioni latine della Bibbia, dalla Vetus Latina in poi.130 Nei Colloquia il rapporto relativo tra queste due costruzioni di 8:6 a vantaggio delle costruzioni con lindicativo, dunque assai superiore a quello medio riscontrato da Herman. Sembra possibile dedurne che questa rappresentazione del parlato vede le costruzioni con quod come del tutto standard.
(105) 110.67-71 nescis quod feriae pueros indoctos faciunt? (106) 111.53-5 uideo quod lotus ad cenam ibas (107) 112.53-4 nescis quod non expedit tibi? (108) 113.8-10 ne obliuiscaris dicere illi quia hic eram (109) 119.29-30 multos enim uideo conatos esse (110) 212.44-5 audisti quia uicimus? (111) 212-3.61-1 caue mihi te accepisse (112) 213.36 (numquid tibi opus est?) te ualere (113) 214.8-13 nos ad ipsum gratulantes uenisse (114) 219.30 spero enim et aliam bibere (115) 284.3-4 nuntia quoniam uenio (116) 286.46-7 nuntiet quoniam uenio (117) Vind. 45-46 dic meae matri quod iterum habeo reuerti ad domum magistri (18) Vind. 74quas hodie credo terminandas131
Adams (2005) ha mostrato che nel latino subletterario le costruzioni con quod, quia non sono attestate, anche dove compaiono numerose forme di approssimazione, o cambi di costruzione di tipo substandard, come in P. Mich. VIII.471 dove una coordinata allinfinitiva allindicativo. Adams conclude che almeno allinizio del II secolo la subordinata con quod non avanzava nel latino parlato, mentre laccusativo e linfinito era saldamente presente, anche se in forme semi-rigide, e con molte cadute (ad esempio accanto alla paratassi). Questo quadro simile a quello presentato da Petronio, che per presenta la subordinata con quia come la forma dei liberti, dunque almeno quella decisamente un tratto substandard gi presente. 131 Ho escluso costruzioni a controllo di tipo volitivo e non dichiarativo come iubet me legere e anche le costruzioni ipotattiche senza espressione della congiunzione subordinativa. Bisogna inoltre notare il gran numero di casi in cui si ha un verbo di dire allimperativo con un discorso diretto invece che un discorso indiretto, tipo dic, roga ueni invece di dic ut ueniat, dic eum nos sero facere cenare. (e.g. 216.7-9 dic illi sero nos facis prandere; 109.59-65 petiui patrem et dixit ego ipse ueniam ibi nouiter).
130

151

Rolando Ferri Quoniam limitata a due soli casi di Montepess. (il secondo sembra una citazione del primo). Questa congiunzione, tradotta in greco con che non sembra idiomatico in greco come introduttore di dichiarative, molto frequente nelle traduzioni da Ireneo (III secolo), poi scema, fino a scomparire quasi del tutto.132 7.3. Costruzioni paratattiche di tipo imperativale, con ellissi di ut Molto comuni nella documentazione subletteraria, a volte anche in alcuni autori della documentazione letteraria, il tipo dic ueniat, fac uenias attestato raramente in commedia, solo in Orazio, ovvero Marziale (Cicerone peto senza ut), ma rogo facias, scribe mittat non fanno alcuna difficolt.133 Nei Coll. queste non sono in realt molto frequenti:
(44) 212.9 rogo, in mente habeas134 (104) Vind. 47 iniunge tuo conseruo habeam gustare a balneo (118) Vind. 45 dic tuo conseruo sapidos cibos faciat ( ).135

Una categoria a parte formata dalle costruzioni grammaticalizzate del tipo lascia / fa con linfinito:
(119) 112.32-33 / sine uideam quid mihi facis

La frase sarcastica: fammi vedere cosa mi fai, e sembra idiomatica in entrambe le lingue. Cf. NT Mt. 27.49 . Molto interessante Don. in Ter. Eun. 739 sine veniat cui dicit sine? nulli, sed comminantis est, ut sine modo.

Lfstedt (2007), ad 3.8; cf. anche LHS 2.576-8: quia appare predominante, e percepito come pi colloquiale rispetto a quod. Agostino, che ha una precisa preferenza per accusativo e infinito, usa molti casi di quia, ma solo nei Sermoni. 133 Bibliografia in Adams (1990), 48, 51; Penney (1999), 257 e n. 24. Molti esempi nel NT (BlassDebrunner 185, per esempio Mt. 13.28 ; ibid. 241) e nei papiri, ma anche negli autori classici, cf. KG 1.221 (congiuntivo deliberativo): P. Mich. VIII.473.1-2 . . Goodwin (1889), 98-9 ha numerosi esempi, soprattutto con , e il congiuntivo paratattico, in Platone, oppure in NT, dove si alterna con la costruzione . 134 Forse da interpretare come congiuntivo esortativo, con rogo per favore. 135 Il greco chiaramente una traduzione meccanica, specialmente nella forma dellimperativo aoristo ( nel codice), che non ha paralleli in frasi completive (solo seguito da un congiuntivo aoristo).
132

152

Il latino dei Colloquia scholica Pi complicato sembra laltro caso di


(120) 110.72-5 , / ostende, uideam quomodo scripsisti,

dove il congiuntivo, sia in latino che in greco, potrebbe essere un congiuntivo indipendente di tipo volitivo o voluntativo (Schwyzer 1.314, e.g. Plat. Rep. 457c , parla allora, voglio vederla; Bennett, 1.161-162: Pl. Mos. 849 mane, sis, uideam, ne canis ... aspetta un momento, voglio essere sicuro che il cane non....; Poen. 1075 ostende, inspiciam; Trin. 1136 sed maneam, opinor; LHS 2.335). Nellattico classico appare sulla strada di costrutto ipotattico, mentre nel greco ellenistico imperiale, oltre ad , si trova anche con il congiuntivo senza congiunzioni.136 N n ostende sembrano grammaticalizzati in queste costruzioni, dunque forse il passo va interpretato come congiuntivo indipendente (mostra, che io veda). 7.4. facio con linfinito
(121) 114.54-57 / ego te faciam in carcerem ire137 (122) 216.8-9 / sero nos facis prandere

Questa costruzione attestata anche nel latino letterario classico, ma lordine delle parole di queste due citazioni assai sbilanciato verso la fraseologia romanza, cio pronome + faccio con infinito, in questordine (laltro tipo ad es. in Ev. Marc. (VL, Vulg.) 1.17 faciam uos fieri piscatores hominum, ancora analizzabile come facio con accusativo e infinito).138 7.5. Si come introduttore di interrogative indirette / interrogative indirette allindicativo Il modo delle interrogative indirette normalmente lindicativo, come fin dalla commedia palliata. Evidentemente si tratta di una marca del livello colloquiale, del resto nota ai grammatici che la censurano (pur non dicendo che non latino).139

136 Ad es.Vita Aesopi G41.3 (fa vedere se pronto); Athanas. Apologia 19 ; id., Doctrina ad Antiochum ducem 2.15.26 , . 137 te congetturale, sulla base del testo greco. 138 Su facio con infinito cf. Thielmann (1886); LHS 2.354; Salonius (1920), 327. 139 Diom. GL 1.395.15 Keil hanc speciem in consuetudine parum multi observant inperitia lapsi, cum dicunt nescio quid facis, nescio quid fecisti.

153

Rolando Ferri
(120) 110.72-5 / ostende uideam quomodo scripsisti140 (123) 216.58-9 / tamen tempto si possum (124) 213.60 / uide quis est (125) 285.25-7 / antecede me et scito si intus est et obuia mihi

In (125), luso dellimperativo di scio per indicare non un possesso gi acquisito, ma un cercare di sapere, corrispondente allopposizione italiana tra sapere e cercare di sapere, informarsi, non sembra attestato in latino, e forse si tratta di un caso di interferenza. Per informati cf. P. Fayum 110 , Fl. Ios. Ant. 9.33.3 , .141 Il congiuntivo tuttavia presente, forse per segnalare la lingua di un personaggio pi educato, in una situazione di registro pi alto:
(126) 116.13-6 / da illam (sc. epistulam) ut uideam quid mihi scripserit

7.5. Altre costruzioni del latino tardo peto con laccusativo della persona. In TLL tutte le attestazioni di questa costruzione sono posteriori al II secolo, e specialmente frequenti nella VL e in autori cristiani.
(127) 109.59-60 /petiui patrem

7.6. Riflessivi Riflessivi propri, con verbi di vestire e di movimento:


(128) 108.16 uesti te, (129) 108.17 calcia te, (130) 70.42 densa te (131) Vind. 70 leua te142
Per ostende uideam come costruzione perifrastica per fammi vedere cf. 7.3. Cf. anche : Sept. Gen. 37.32 ; Vita Aesopi 25.1 G <> , , Origenes, Homiliae in Lucam 23.145.19 , . 142 Leuo nel senso di destarsi (il greco ha , a meno che non si debba interpretare ) compare nel TLL soltanto nelle traduzioni della Bibbia, e.g. VL Ps. 118.62 media nocte leuabam confiteri tibi (gr. ).
140 141

154

Il latino dei Colloquia scholica Un caso che merita commento


(132) 121.4-5 indui me superariam.

La forma standard classica corrente induo mihi tunicam, o induo me tunica.143 Le attestazioni date nel TLL, s.v. induo, 1269.81-1270.10, sono tutte cristiane, le pi antiche nella VL (ad es. I Macc. 3.3. induit se loricam; ibid. 8.14 induebant se purpuram; per un confronto non cristiano vd. Hist. Apoll. Rec. A 48 induit se regium habitum), a volte corrette dalla Vulgata con lablativo della cosa. Normalmente si suppone uninfluenza del doppio accusativo greco (o medio con laccusativo, ), ma naturalmente si tratta di uno sviluppo anche nativo. Non riflessivi ma confrontabili sono altri casi in cui un verbo di vestire o lavare costruito con il doppio accusativo della persona e dellindumento o parte del corpo che viene lavata.
(133) 287.23-4 / calciet me aliquis gallicas (134) Vind. 61 , <> / extergite me caput et humeros.144 (135) 111.33 / bene habeamus

Facciamo festa, trattiamoci bene. La forma latina sembra richiedere il pronome riflessivo: cf. Petr. Sat. 58.3 bene nos habemus. A Pompei per troviamo un graffito (forse presso un lupanare) calos habvi (CIL IV.1553), che a favore della forma non riflessiva. La forma non riflessiva inoltre comune nelle traduzioni della Bibbia: cf. Vulg. Mc. 16.18 super aegrotos manus inponent et bene habebunt. 7.7. Frasi interrogative con doppio pronome interrogativo
(136) 218.3 / quis quid uult?145
Discussione in Ronconi (1959), 18-20. Gli editori non hanno riconosciuto questa costruzione, adottando punteggiature diverse: ad es. Dionisotti stampa me, caput et humeros, ma il genitivo (al posto del dativo) del greco suggerisce uninterpretazione diversa. Cf. 217.31-3 , terge mihi caput et pedes. A 287.23-4 Goetz lega gallicas al rigo seguente, da uestiam me, cio gallicas da, uestiam me, ma limperativo da sempre seguito dal complemento oggetto nei Colloquia, e inoltre il congiuntivo esortativo da solo non sembra soddisfacente. da uestiam me invece preferibile, dammi da vestire, come spesso da bibere, da gustare, e in particolare 284.39 da legam. Su da imp. seguito da un congiuntivo (da bibam) cf. Penney (1999), 257. 145 La forma latina non sicura, perch i due MSS monacensi hanno quisque uult, che potrebbe essere una aplografia per quod quisque uult.
143 144

155

Rolando Ferri chi vuole cosa? Per un simile cumulo di pronomi interrogativi cf. Mc. 15.24 , (Vulg. quis quid tolleret); BGU 2.665 ... . 7.8. Connettivi
enim

Molto comune per tradurre il frequente del greco, come del resto nelle traduzione bibiche, dove nam assai pi raro di enim. Allo stesso modo, autem comune come traduzione di . La totale assenza di nam sembra in effetti unindicazione della preminenza del greco come lingua da cui si traduce, anche se altri elementi (false traduzioni, traduzioni non idiomatiche di espressioni genuinamente latine) non sembrano sostenere questa ipotesi in maniera pervasiva. Un uso idiomatico, ben attestato,
(60) 213.32-4 . ; . / uisitemus eum. quid enim habet? aegrotat

dove enim nella risposta del secondo interlocutore ha un valore confermativo (rende la risposta meno brusca del semplice quid habet: perch, cosa gli successo?), ed appartiene alluso normale latino.
sic

Sic compare assai pi frequentemente di ita, a volte in correlazione con quomodo (ita ... ut invece assente):
(137) 211.29-30 / gratulor tibi sic quomodo mihi (138) Vind. 66 <sp. uac.>; / quis sic facit dominus quomodo tu?146

A volte sic ha un contenuto un po vago, di riassunto di unintera preposizione precedente (non dunque in questo modo, ma dopodiche):
(139) Vind. 37 (uniuersa pertranseunt) / sic fit silentium

146

Si noti anche luso colloquiale di facio per comportarsi.

156

Il latino dei Colloquia scholica


ideo

La principale congiunzione conclusiva, usata per tradurre gr. , ergo. Riporto qui un caso particolare della pi rara ideo, usata sarcasticamente per riprendere i servi che hanno fatto un cattivo lavoro nella preparazione del letto per la notte:
(140) 219.50-1 . ; / commoliuimus. et ideo durum est?
etenim

Questa congiunzione compare solo due volte, in Vind. 46 ( / etenim esurio) e 76 ( /hic etenim habebit euentum). In entrambi i casi si tratta di sensi documentati; anche quello avversativo (ma, in Vind. 76) pi raro ma ben documentato.
et

Annoto qui di seguito due casi espressivi in cui la paratassi con et sostituisce lelaborazione di periodi pi complessi, nel primo caso una frase ipotetica (se mi lasci, gli faccio vedere io), nel secondo una temporale (quando arrivano, li seguo):147
(141) 114.48-51 148 / dimitte me et eius dentes excutio (142) 215.51-2 / ueniunt et sequor (143) 111.36-9 149 / ambula et ego do tibi quid agas

In generale, tuttavia, i Colloquia sono poveri di particelle asseverative, limitative, concessive, ad esempio quidem, enimuero, uero, che sono invece molto frequenti nei dialoghi della commedia latina. Lunico caso utique:
(144) 218.47-9 / utique ille dignus est apud nos cenare

Cf. Hofmann, LU, 256; LHS 2.656-7. Un costrutto non particolarmente latino o greco. In greco cf. Sept. Iud. 16.26 (cod. Vat.) . 149 Questa la versione emendata in Goetz. Pi idiomatico sarebbe , ma sono a volte scambiati anche nel greco classico (cf. Winer (1882), 211, e. g.), Soph. OC 317 .
147 148

157

Rolando Ferri Si tratta solo in parte di una differenza diacronica (probabilmente alcune, come quidem, erano divenute obsolete), ma anche dell uso di una lingua relativamente schematica dovuta al tradurre parola per parola (il dialogo non cos sottile, e attento alle sfumature psicologiche da richiedere uso di particelle attenuative, ad esempio). 8. Ordine delle parole e pronomi personali La forte dipendenza del latino dal greco almeno nei tre pi importanti Colloquia rende problematica losservazione dellordine delle parole quale criterio per seguire lo sviluppo del latino. Prevedibilmente, le frasi sono molto brevi (per i quattro Coll. Harl. Montepess. Mon. Vind. ho contato circa 1700 frasi, molte delle quali limitate ad un solo imperativo).150 Lordine largamente prevalente quello verbo-oggetto (VO), come di norma osservato in testi substandard di registro linguistico confrontabile dellet imperiale. Ad esempio, nel Coll. Vind., dove il latino la lingua di partenza, (circa 320 frasi) solo 3 frasi hanno OV (54 omnia parata habe; dic tuo conseruo sapidos cibos faciat, 64 gratias ago balneatori). I pronomi personali clitici, per la generale concisione delle frasi nel dialogo, sono quasi sempre collocati in immediata prossimit del verbo, spesso seguendolo (perch la frase formata dai soli verbo e pronome). Al di fuori dei casi in cui la frase ha due soli elementi, il comportamento dei pronomi non enfatici corrisponde a quanto si evidenzia per questi costituenti nel latino classico. Essi cio si legano a deittici in posizione iniziale [ille me, ego te], avverbi e locuzioni locali [modo te laudo, in foro te inquisiui], pronomi relativi (3 soli casi, qui me resalutauit, qui te uiderunt talem, quod tibi dixi, ma le frasi relative sono poco numerose), interrogativi (uideo quid mihi facies), subordinatori (si me adtendas, ut me dimitteret).151 Nei tre Coll. maggiori dove il greco sembra essere la lingua di base, lordine deve essere stato influenzato dalla struttura del testo di partenza. In alcuni casi lordine delle parole sembra in deroga ai comportamenti preferenziali individuati da Adams, di solito per motivi di enfasi contrastiva:
(145) 114.63 / non curo te (probabilmente te ha funzione distintiva: non mi preoccupo di te (ma eventualmente di altri)
Ho incluso come frasi a parte anche frasi subordinate, del resto non molto numerose. Il calcolo delle frasi ha un elemento di soggettivit, perch in alcuni casi il dialogo diventa una lista di parole, spesso verbi allimperativo misti a sostantivi che appartengono al vocabolario della scena in questione. In questi casi non ho conteggiato i verbi delle liste non integrate in dialogo come frasi. 151 Si veda qui soprattutto lo studio di Adams (1994), dove viene affrontato il tema della legge di Wackernagel in relazione al comportamento dei pronomi personali nel latino classico.
150

158

Il latino dei Colloquia scholica


(146) 112.45-6 / possum te ego caedere152

In altri casi di difformit dallordine previsto, la posizione dei pronomi clitici deve essere determinata dallinterferenza con il greco:
(147) 111.57-60 / et non possum contradicere ei (148) 111.61-2 / multa enim dixit mihi (149) 114.18 ; /non cognoscis me? (150) 286.20-1 / ego duco me ad uestiarium

dove il pronome non-contrastivo, e quindi enclitico, non risale verso un host ad inizio di frase o di colon, ma occupa la posizione alla destra del verbo.153 Tra le forme di is, ea, id sono del tutto assenti i tre nominativi singolari (il pronome nominativo pi usato ille (7), seguito da iste (2)), mentre eum (5) la forma di is pi usata (accanto ad eius), in competizione con illum (6); nel dativo il rapporto tra ei (8) e illi (18) assai pi sbilanciato a favore del secondo. Compaiono alcuni casi in cui ipsum usato senza evidente funzione asseverativa (proprio quello), ma semplicemente come pronome di terza persona, in un caso in riferimento ad una cosa:
(100) 214.9-11 / dices illi nos ad ipsum gratulantes uenisse (81) 215.43 ; / fuisti ad ipsum? (151) 218.6 / ipsum illi misce

I pronomi personali soggetto e ipse sono normalmente usati con valore contrastivo (tu, non io), come normale in latino.154 Cf. e.g. (152) 112.22-3 / ipse ista fac Liperbato quasi del tutto assente dai Colloquia, non soprendentemente: i casi pi rilevanti sono
(153) 70.35-39 / locum mihi date meum (154) 109.3-6 / gratias confiteor maximas apud deum
Cf. P. Mich. VIII.469.15 sed posso tibi epistula scribere; nel Coll. possum si oppone al successivo sed uereor te et diuinam prouidentiam. 153 Vind. 75 quaestionarius pulsat, ei pectus uexatur potrebbe ammettere una punteggiatura diversa rispetto a quella scelta in Dionisotti (1982), e cio pulsat ei pectus, uexatur ecc. 154 Prisc. GL 3.207 dicimus enim ipse facis et ipse fac.
152

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Rolando Ferri
(155) 211.48-50 / iudices enim diem nobis dederunt hodiernam

9. Pragmatica Forse lelemento pi interessante dei Colloquia lintenzione, in qualche modo letteraria, di rappresentare in maniera caratterizzante livelli di lingua colloquiale, informale. Questo avviene, in primo luogo, attraverso la scelta di situazioni di routine quotidiana che hanno pochi analoghi coerenti nel panorama delle letterature antiche, naturalmente stilizzate verso il sublime e lontane dal realistico. La maggior parte dei confronti pertinenti provengono dal latino e dal greco della commedia, del NT, e di qualche epistolario, soprattutto quello di Cicerone, che contiene in effetti scene di dialogo vivace. Lattenzione degli autori di questi libri di scuola, spesso definiti spregiativamente magistelli, si sofferma molto sulla cortesia linguistica e sul suo opposto, che passo ora ad esaminare sia analizzando alcune formule singole, sia cercando di illustrare anche gli strumenti della caratterizzazione complessiva. 9.1. Saluti, ringraziamenti, termini di assenso e diniego Trascrivo qui sotto, nella forma emendata, due sezioni nelle quali le formule di cortesia sono molto numerose e in parte originali, evidenziando, per quanto possibile e in alcuni casi con grande margine di aleatoriet, la divisione in battute. I due brani, tratti da Harleianum e Montepessulanum, sono molto simili in andamento e struttura generale, con alcune interessanti differenze al livello di singole espressioni.
(156) , . , ; , . ; , . . 155, . . domine salue. saluus sis semper, amantissime. quomodo res tuae ? omnia bene, quomodo di uolunt.156
Ci si aspetterebbe . Lespressione, in questa forma almeno, sembra attestata solo nelle fonti latine. Buoni paralleli in Petr. 76.1 ceterum, quemadmodum di uolunt, dominus in domo factus sum; 76.8 cito fit quod di uolunt; 61.6 ibi,
155 156

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quid agis modo ? agebam, nunc autem uacat mihi. uolo tibi iniungere administrationem actionis tuae. eamus, ambula, et ego do tibi quid agas. omnium enim bonorum dignus es.157 111.18-42 (157) <> , . ,158 ; ; . ; .159 ; ; . ; ; , . ; , .160 ,161 .162 .

quomodo dii uolunt, amare coepi uxorem Terentii coponis; Pl. Miles 117 fit quod di uolunt; Apul. Apol. 97 uerum, ut dii uoluere, quasi caeca bestia in cassum hiauit. 157 Salve, signore. Carissimo, salve. Come vanno le cose? Tutto bene, come vogliono gli dei. Cosa fai ora? Facevo, ora sono libero. Ti voglio affidare la gestione di una mia causa (MS tuae). Andiamo. Cammina e ti do da fare. Infatti sei degno di ogni bene. 158 MS caloseses (calozesis nel gemello Clm 22201). 159 al medio considerato medievale da Krumbacher (1891), ad loc. (altri esempi pi avanti, 214.8 , 214.10 ): in realt oggi possiamo vedere che, anche al presente indicativo e allinfinito, ci sono attestazioni antiche, soprattutto in autori cristiani (Origene, Passio Perpetuae), almeno dal II secolo. 160 Probabilmente da correggere in come in Einsidl. 227.39, che corrisponde anche al parallelo latino di Pl. Ep. 702 Sed quis east mulier? EP. tui gnati amica, ut omnem <rem> scias. 161 Goetz (p. 648) scrive [], per isscolazissu dei manoscritti. Il greco pi idiomatico, perch la forma impersonale di questo verbo per avere tempo esiste solo in latino, ma su potrebbe essere anche la trascrizione del dativo, o meglio del genitivo al posto del dativo, come normalmente accade. Saremmo dunque di fronte a un calco meccanico della costruzione impersonale latina si uacat tibi, senza bisogno di espungere una supposta glossa. 162 Forse (cf. Iust. Nov. 327.35 ; ACO Ephes. 437.24 ) oppure ; in questo caso anche il latino andrebbe emendato in dicturi.

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Rolando Ferri
; . ; . . ; ; ; . . . , . 163 .164 et pater procedens occurrit amico suo. et dixit: aue, Gaie et osculatus est eum; et resalutauit dicens: bene ualeas, Lucie; est te uidere? quid agis? omnia recte. quomodo habes? gratulor tibi sic quomodo mihi. * * * iudicium. ad quem? ad quaestorem?165 non ibi. sed ubi? ad proconsulem? nec ibi,166 sed ad magistratus ex subscriptione praesidis prouinciae. qualis autem est ipsa res? non ualde magna; est enim pecuniaria, ut omne uideas. si uacat tibi, adesto nobis; iudices enim diem nobis dederunt hodiernam sententiam dicitur. quare uolo te praesente de causa cum aduocatis tractare. adhibuisti? adhibui. quos? tuos amicos. bene fecisti. constituisti? circa quam horam? in quo loco? in foro, in porticu, iuxta stoam Victoriae.167 post modicum ibi uenio.
Sono attestate solo le formule , . Cio me ne occupo io. 165 Il questore aveva compiti di magistrato giudicante: ad esempio Cesare compare quaestor iure dicundo pro mandato praetoris nella Vita di Svetonio, in Spagna. 166 notevoli nec = neppure (gi in TVind), e sed = ma allora. 167 In latino stoa come nome comune del portico non attestato, almeno nei lessici correnti. La forma rimane dunque dubbia. A Roma non cera una porticus Victoriae.
163 164

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Il latino dei Colloquia scholica


sed rogo, in mente habeas. securus esto; mihi pertinet.168 211.16-212.11

Le espressioni di saluto sono estremamente frequenti, e con queste una serie di formule di cortesia e del loro rovescio, linsulto e laggressione verbale, che rendono i Colloquia un campo privilegiato, accanto alla commedia, per losservazione di questi fenomeni nel latino. Troviamo baci, diffusi dalla prima et imperiale anche a Roma (tra padri e figli, ma anche tra amici per strada e tra allievo e maestro), e i saluti verbali comuni, cio haue / , /bene tibi sit, questultima una forma di saluto benaugurale non attestata, se non nella forma di te ament, in commedia. Tra i titoli troviamo domine, anche con praeceptor, detto dal ragazzo, oppure domine semplicemente detto a sconosciuti, una forma di saluto che nota fin dallet di Marziale e di Seneca.169 Sono invece del tutto assenti le designazioni descrittive del tipo adulescens, senex, mulier, mi homo, uir e cos via, ma non si ha motivo di pensare che siano state comuni al di fuori della commedia dove noi le troviamo. Mancano i saluti cristiani, pax tibi, pax uobis, anche se non si sa quanto questi saluti fossero riservati agli ecclesiastici, anche in et successive al V secolo. Petiliano, nei Gesta conlationis Carthaginis (V secolo), usa un espletivo, per Deum (3.234 satis illos defendis per Deum), ma anche questo assente qui. I personaggi sono praticamente solo uomini, liberi prevalentemente, con qualche risposta di schiavi. Tutto questo deve essere ricavato dal contesto, dato che non ci sono sigle dei personaggi del dialogo nei testi.

E il padre, uscendo di casa, incontr lamico e disse: Ave, Gaio, e lo baci e (lamico) gli rese il saluto dicendo: salute, Lucio. Finalmente ti si vede. Come stai?. Tutto bene. (tu) come stai? Ne sono lieto per te come per me. LA CAUSA. (opp. ho una causa da discutere). Presso chi? Davanti al questore? Non l. Ma dove? Davanti al proconsole? Neppure l, ma davanti ai magistrati, per il rescritto del governatore. Ma di che causa si tratta? Non una cosa molto grave: infatti si tratta di soldi, per dirtela tutta. Se hai tempo, assistimi: infatti i giudici hanno assegnato questo giorno per la conclusione; perci voglio discutere della causa con gli avvocati insieme a te. Li hai convocati? Li ho convocati. Chi? I tuoi amici. Hai fatto bene. Hai preso accordi? Per che ora? In quale luogo? Al foro, sotto i portici, presso il portico della Vittoria. Tra poco sar l. Ma, ti prego, non ti scordare. Sta tranquillo: ci penser io. La traduzione fornita naturalmente provvisoria, poich il senso di alcune espressioni, semitecnico, non ancora chiarito pienamente, in assenza di strumenti esegetici di commento, e anche la divisione in battute di dialogo un primo tentativo. Non forse da ignorare che due scene tra loro imparentate, Ter. Eun. 338-40 cras est mihi iudicium. quid tum? ut diligenter nunties patri, aduocatu mane mi esse ut meminerit. e Hor. Serm. 1.9.38 si me amas... paulum hic ades, descrivono incontri tra conoscenti uno dei quali chiede allaltro di assisterlo in una causa. 169 Dickey (2002), 92-3: domine diventa corrente nel primo secolo d.C., persino in riferimento a servi, quando non se ne ricorda il nome. Cf. Bang (1921), 86.
168

163

Rolando Ferri 9.2. Forme di allocuzione con il nome proprio Nei Colloquia compaiono anche tre nomi propri, al vocativo. Si tratta di nomi romani, che confermano una destinazione originaria per un pubblico prevalentemente grecofono (cio si tratta di strumenti destinati ad imparare il latino, e con esso usanze sociolinguistiche tipiche del latino).
(158) 286.57-60 . ,170 , / ...unguentarium salutabo. Iuli, haue, saluto te (159) 211.21-4 , , / et dixit have Gaie et osculatus est eum et resalutauit dicens bene ualeas Lucie

In questi due estratti, un libero saluta lunguentario con il gentilizio Iulius, mentre due amici che si incontrano si rivolgono lun laltro con il prenome. Recenti ricerche hanno analizzato le connotazioni di formalit, o informalit della titolatura e le naming conventions dei romani da Cicerone in poi.171 La presenza del nudo Iuli nellallocuzione al venditore di unguenti in (158) fa riferimento ad un liberto o ad uno straniero che abbia ricevuto la cittadinanza. Ritengo che si tratti di una forma di allocuzione non realistica, poich il gentilizio Iulius del tutto anonimo nellet imperiale, ma immaginabile che per un maestro greco che immaginava una scena di vita quotidiana a Roma (evocata poche righe sopra nel contesto di Montepess. con la menzione dei Bagni di Tigellino e di Tivoli), Iuli potesse apparire un nome adatto da usare.172 Usare il solo gentilizio in unallocuzione, anche se relativamente raro, tuttavia possibile: ad esempio nel De oratore Servio Sulpicio Galba chiamato Sulpici pi volte, e il vocativo Iuli compare una volta in unallocuzione a Cesare Strabone. Si tratta per di aristocratici romani, per i quali questo gentilizio era altamente specifico, e identificativo. Nellet imperiale invece il nomen dei nuovi cittadini troppo anonimo per essere significativo; sappiamo che molti liberti amavano essere chiamati con il prenome,173
nel MS. Cf. Adams, (1978), 145-166; Powell (1984), 238-239, dove si mostra che molti casi di allocuzione con il solo praenomen sono una parodia delluso greco, che ignora luso pi educato romano dellallocuzione per praenomen + cognomen, o con il semplice cognomen (quando disponibile) o praenomen + gentilicium. Salway (1994): il praenomen tradizionale scompare del tutto dallonomastica latina intorno al V secolo (ultimo attestato nel 485, un Simmaco). 172 Laltro nomen imperiale usato nei Colloquia Aurelius, anche questo usato da solo a III.6-7 si uenerit Aurelius e a P. Berol. 10582, l. 68 . 173 Petr. Sat. 67.1, 74.7: Trimalcione viene chiamato Gai, e non Pompei (il suo gentilizio come si ricava da 71.12).
170 171

164

Il latino dei Colloquia scholica altrimenti con il vecchio nome, ora cognomen una volta assunti i tria nomina.174 Si tratta di una allocuzione credibile, perch non troppo rispettosa (non lo chiama Marce Iuli e non usa il solo prenome, come farebbe per un amico intimo, o un superiore). Anche amici intimi, nellet di Cicerone, usavano il cognome. Lallocuzione credibile, ma non bisogna ritenere che il realismo sia estremo, in quanto probabilmente si tratta di una Roma immaginaria di un manuale concepito ad oriente. In (159), due cittadini liberi si salutano con il prenome. Nella nostra documentazione, lallocuzione con il semplice prenome evidentemente possibile, in contesti informali, anche se il prenome non indica da solo il massimo dellintimit ( noto il caso di Cicerone che si rivolge allamico Attico nellepistolario soprattutto con Attice, mentre Tite usato solo in De leg.175 Nella commedia togata, ad esempio, lallocuzione praticamente solo per prenome, evidentemente perch questo era lunico modo di introdurre personaggi del tutto anonimi: cos abbiamo Tiberi, Sexte, Serui, Caeso e poco altro. In Trimalcione il nudo Gai usato per Trimalcione, mentre anche gli altri liberti sono probabilmente cittadini romani, ma usano solo i loro nomi greci. In Apuleio solo Lucio Lucio; evidentemente il prenome come forma di allocuzione vale solo per i veri romani, o quelli che fingono di esserlo, ed questa la funzione in cui esso compare qui. Nelle epistole di Cicerone, il prenome riservato ai familiari. Attico preferibilmente Attice nelle lettere pi personali, o nelle prime lettere Pomponi, mentre Tite compare nel Brutus e nel De legibus, che sembrerebbe suggerire un qualche genere di formalit associata al prenome. Il prenome tradizionale, probabilmente, era un contrassegno di romanit, e tende a scomparire dalla documentazione epigrafica successiva al primo secolo, anche se non per questo era ignoto. Ad ogni modo, per remoto che possa essere dalla realt dei provinciali romani, doveva essere un contrassegno di rispettabilit e romanit.

Il nudo gentilizio Iuli in latino compare in Cic. De orat. 2.229 ac tamen inquit Antonius cum artem esse facetiarum, Iuli, negares, aperuisti quiddam quod praecipiendum videretur. e in Marz. Epigr. 1.15 o mihi post nullos, Iuli, memorande sodales. Cicerone adopera Corneli per Cornelio Silla in Pro Sulla, ma di nuovo si tratta di un aristocratico. Comunque, Marz. 1.35.3 ha il nudo Corneli evidentemente per un non nobile, e il nudo Corneli viene usato in Vulg. Act. 10.3, 10.31 et ecce uir stetit ante me in ueste candida et ait Corneli, exaudita est oratio tua, con riferimento ad un centurione che evidentemente non appartiene ad una famiglia aristocratica. Nelle lettere latine su papiro raccolte in CPL lallocuzione con il solo nomen non infrequente: e.g. CPL 257 Priscus Petronio patri suo; 303 Rustius Barbarus Pompeio fratri salutem. 175 Una relativa formalit associata al prenome in Hor. Serm. 2.6.36-7, dove Orazio viene chiamato Quinte (de re communi scribae magna atque noua te / orabant hodie meminisses, Quinte, reuerti) ricevendo un messaggio dai colleghi del collegium scribarum (il latore potrebbe essere un servo).
174

165

Rolando Ferri 9.3. Altre forme di saluto e ringraziamento Troviamo inoltre una serie di saluti, solo in parte noti da altre fonti, e comunque bisognosi di interpretazione nelle edizioni attualmente in circolazione. Pi volte compare il termine di saluto pater familias, :
(160) 114.2-3 , . , ;176 / haue, pater familias. nondum possum accipere meum, quod mihi debes tanto tempore?177

Si tratta di un saluto non attestato per il latino, mentre almeno per il greco ricorre in due passi, nel Philogelos 33 (ad un estraneo) e nella Vita di Esopo 64 (ad un superiore).
(161) 109.23-27 , . / haue, domine praeceptor. bene tibi sit178

Bene sit tibi compare tre volte in Plauto (Merc. 327, Persa 735, Ps. 714) e una in Terenzio (Ph. 151), sempre come saluto di commiato eccetto in Ps. 714 dove significa ti ringrazio (bene sit tibi, Charine). I confronti chiariscono che bene tibi sit la risposta del maestro, come non risulta chiaro nelledizione del CGL. Si tratta di una risposta anche nei brani che seguono:
(162) 111.19-21 , . [] , 179/domine, sa, lue. saluus sis semper, amantissime

come forma di saluto compare negli Apophthegmata dello Pseudo-Macario, ad es. PG 34.240.34; 260.19 (IV secolo d.C.); pi tardi comune nelle lettere di Teodoro Studita (VIII-IX secolo d.C.), dove chiaramente la forma si sclerotizzata (si tratta tuttavia di lettere di un religioso).180 Ce n una traduzione latina nelle Vitae
Cf. NT Joh. 14.9 , ; Compare anche a 288.43, dove il termine usato aggressivamente. 178 In TLG ho trovato solo la forma con ottativo, per dire grazie nelle Diss. di Epitteto, e.g. 3.24.97 ; ; Epict. Diss. 2.5.29 . . , , .; Strabo, Geog. 14.2.21 ; Marco Aur. 5.28.1. 179 nel MS ed la forma stampata da Goetz, ma questa forma non esiste. Il termine latino, amantissime, compare a partire dalle lettere di Frontone. 180 Cf. Epist. 374, ed. G. Fatouros (Berlin, 1992) (Litoio filio) . Nelle lettere cristiane della tradizione letteraria oppure su papiro - naturalmente questi saluti sono molto comuni, come vi custodisca la divina provvidenza (), .
176 177

166

Il latino dei Colloquia scholica Patrum contenute nel volume 73 del Migne. (De uitis patrum liber septimus, siue uerba seniorum, PL 73.1027D saluus sis). In latino invece la forma una variazione del pi comune salue, nota fin dalla commedia, cf. Ter. An.802 o Mysis salue:: saluus sis Crito, comune anche in Plauto, e.g. Men. 775-6 salue multum mi pater: salua sis, anche in CIL IV.9158. Anche in questo caso saluus sis appare una forma di risposta, e meglio radicata nella documentazione latina che in quella greca, almeno con questa funzione. Per il greco, uninteressante osservazione scoliastica suggerisce che potesse essere usato, in data tarda, come saluto di congedo: Sch. in Odys. 13.39 , . Purtroppo la data di questo scolio non determinabile.
(163) 217.45-6 . 181/ bene lauasti. bene tibi sit (164) Vind. 16, , , , / haue, domine, hauete, bene tibi sit (165) Vind. 63 , , /uale, domine, bene tibi sit. (166) 109.3-6 / gratias confiteor maximas apud deum

per ringraziare non una forma classica (al contrario di , , , ; a volte , , dal quale evoluto luso tardo), ma compare a partire da autori del periodo romano (la pi antica attestazione in Luciano, poi Eusebio e poi comune). rende pi complicata la situazione. Infatti gratia apud deum si trova nelle traduzioni della Bibbia, ma la versione greca sempre con e il dativo ( ), anche se in rari casi, in altri autori, e non in questa frase, il sintagma attestato. Sembra per esserci una differenza di significato: con il dativo significa che qualcosa gradito a Dio, mentre qui il senso sembra essere ti ringrazio, di fronte a Dio, cio una sorta di formula asseverativa. In ogni caso almeno linserzione di apud Deum sembra pi tarda, o almeno estranea al tono pagano complessivo dei Colloquia.
(159) 211.24 , / bene ualeas, Lucie182

non idiomatico in greco. La traduzione greca standard delluso per bene ualeas piuttosto , o semplicemente , quando due si incontrano.
Goetz. MS caloceses. Forse possibile pensare anche a una restituzione (come in Luc. Salt. 76.16; P. Oxy. 3357.19 ). Di solito tradotto uiuas, nelle iscrizioni di augurio (ad es. su anelli) dove si ha la versione bilingue: rimandi in Mawer (1989), 239.
181 182

167

Rolando Ferri Tuttavia la formula augurale zeses /zesais compare nella documentazione epigrafica, ad esempio nei graffiti su coppe o anelli, anche nella forma , senza connotazioni cristiane, ma lequivalente latino piuttosto uiuas, non ualeas, che un saluto. Si tratterebbe dunque di un altro caso di latinismo delluso, tradotto letteralmente in greco, ma privo di corrispondenti nelluso corrente.
(167) 111.5-7 . / bonas horas. bene tibi sit.

Qui lallievo si congeda dal maestro. Anche priva di confronti precisi per questa funzione nella documentazione classica, ma fa pensare al greco moderno = arrivederci. Ho trovato questa espressione augurale soltanto in Const. Porph. De Caer. 2.183 Vogt, dove compare come grido rituale in latino, bona hora, accanto allaltro bona tua semper. Nel lessico delle espressioni relative ai rituali di corte (2.186), viene data la resa greca, . In P. Par. 18 troviamo , alla buonora.
(168) 111.19-21 . ;/ bono die. uenisti?

a meno che non si debba interpretare bono die uenisti benvenuto.183 invece attestato un funzionario addetto al buongiorno nel De caerimoniis di Costantino Porfirogenito (X secolo), (599.9 , ; 2.178 ( ...) , , ). Nei papiri kalemeros solo un nome di persona, o un aggettivo che annuncia un buon giorno, certamente sulla strada del saluto nella lingua parlata. In latino non ne trovo tracce. detto dallo schiavo al re indigeno compare nel famoso mimo di Charition, P. Oxy. 413, v. 67: lespressione tradotta da Andreassi (2001) buongiorno, salve, mentre Cunningham, nella Loeb recente (2002), traducono bringer of fair days, greetings. 184
Come a 113.12 / opportune uenisti, dove Goetz stampa erroneamente che sarebbe propriamente facilmente. Come provano molti passi di prosa ellenistica e tarda, ha rimpiazzato espressioni sintagmatiche del tipo , : cf. Sch. Eur. Rh. 52 (Gloss. Cod. Vat. 909) , .DL Vit. 7.2.11; Chariton, Chaer. 1.12.8 , , . 7.1.3 . 184 Questa specifica traduzione basata sul traducente di LSJ, corretto in LSJ Suppl. (1996), enjoying a fair day, sulla base dellinterpretazione di un epigramma di Pallada in AP. Anche Montanari traduce che ha un giorno fortunato, per nella Charition il vocativo chiaramente un saluto, e non pu significare tu che hai un giorno fortunato, ma possa tu avere un giorno fortunato. Inoltre la frase nella Charition detta in maniera particolarmente ironica, perch il servo sfida il re indiano a parlare, laltro non lo capisce. Il contesto fa presupporre che si tratti di una frase gi standardizzata dalluso.
183

168

Il latino dei Colloquia scholica Si pu immaginare che la forma moderna di saluto, ellittica, buongiorno sia una forma breve per ti auguro un buon giorno. Questo tipo di augurio attestato anche in latino: cf. bonum annum, bonam salutem, bonam fortunam peto a dis die natali tuo, in Front. 94.26 N = Antonini epistulae .. van den Hout.185 9.4. numquid / nequid in richieste cortesi Lavverbio interrogativo numquid non usato, come insegna la grammatica scolastica del latino, soltanto per introdurre una domanda retorica a risposta negativa. In molti casi numquid un avverbio che introduce una domanda a risposta aperta, ma con un leggero scetticismo, appropriato a situazioni in cui non si vuole dare per scontata la risposta affermativa dellinterlocutore. Questo meccanismo ben studiato dagli specialisti di cortesia linguistica, e appartiene allambito della cosiddetta cortesia negativa. In italiano, le domande con numquid possono essere tradotte spesso con non che per caso...?.186
(169) 216.35-6 numquid uis uenire ad secessum?/ ; (170) 212.48-50 numquid habes pecuniam uacuam?/ ; (171) 213.25-6, 33 numquid aliquid opus habes?187 te ualere./ ;

Nellultimo esempio interessante la risposta te ualere, gr. . normale in greco come saluto di commiato. Al tema dedicato un testo di Luciano, De lapsu,
185 La sintassi di saluti e auguri spesso ellittica. Lablativo una possibilit, feliciter et bono omine, ite bonis auibus, bona fortuna, che corrisponde al dativo greco . 186 Alcuni esempi delluso cortese di numquid da altri testi: Petr. Sat. 48.6 rogo inquit Agamemnon mihi carissime, numquid duodecim aerumnas Herculis tenes? Phaedr. Fab. App. Perottina 26.6 quaeso, bubulce, numquid huc venit lepus? Come si nota, in questi due esempi numquid accompagnato da un verbo di chiedere sclerotizzato in espressioni cortesi, cio rogo, quaeso, e la situazione stessa chiarisce il tono non pressante della richiesta. 187 Numquid aliquid non classico, e il nesso compare solo nellet di Agostino (ovvero cf. Vulg. Lc. 22.35 numquid aliquid defuit uobis? Ps.-Acronis ad Hor. Serm. 9.6 numquid uis, occupo idest praeuenio illum [hoc sermone] dicens: numquid aliquid uis, numquid tibi necessarium [est]? In Pl. Poen. 1008 cf. roga numquid opus sit chiedi se possiamo fare qualcosa per lui. Lespressione greca attestata in TLG un paio di volte, in Plutarco e in Demetrio, Formae epistolicae 1.18, dove viene consigliato come scrivere una lettera di cortesia, nella quale opportuno chiedere se a quelli di casa pu servire qualcosa. Plut. De uitioso pudore 533C , Dem. Formae epistolicae 1.18 .

169

Rolando Ferri in cui Luciano si scusa per lerrore di aver usato al posto di .188 Sarebbe il saluto della sera, almeno nel II secolo quando scrive Luciano, mentre dalle fonti del V secolo e drammatici postclassici non risulta questa distinzione, anche se principalmente un saluto di commiato, ad esempio nei dialoghi di Aristofane (Ran. 165; Eccl. 477), equivalente del latino uale. La risposta te ualere attestata per Plauto, anche se solo nella forma ut ualeas o uale (Cist. 119 GY. numquid me uis? LE. ut ualeas; Truc. 883 DIN. numquid uis? PH. fac ualeas; Merc. 325 LYS. numquid uis? DEM. uale)189 ma confronta cura ut ualeas alla fine di molte lettere, mentre in greco linfinitiva attestata nelle lettere su papiro dellet ellenistica-romana o successiva, nella forma . In latino te ualere cupimus oppure opto te bene ualere sono moduli che compaiono nelle chiuse epistolari: ualere cupio compare in Hier. Ep. 5.3; 34.2, e poi diventa comune nellepistolografia latina medievale; ualere te ... cupimus ipotizzato da Parsons in P. Rain. Cent. 164.17, con unimportante rassegna di moduli di salutatio epistolari, ibid. p. 488, incluso il pi comune opto te bene ualere. Soprattutto numquid opus est che sembra una traduzione di numquid uis come formula di commiato.190 In conclusione, lo scambio di battute a (171), con un esempio di cortesia scherzosa, sembra ricalcato su un uso latino, forse ma non necessariamente con una reminiscenza comica. Nei Colloquia accanto a numquid si trova la forma nequid. Entrambe sono tradotte in greco con .
(172) P Berl. 10582 (Kramer, Glossaria bilinguia 15r, col. 1.25) . , ; / ; (173) 288.60-1 ; /nequid uultis bonas oliuas?

In effetti si tratta di una forma del ne interrogativo non enclitico, attestato secondo LHS 2.462 in testi di traduzione influenzati dal greco, particolarmente nella VL laddove la Vulgata sostituisce numquid, evidentemente ritenendo questa costruzione substandard.191
Laps. 1.4 , , , , , , . 189 Interessante anche Ter. Eun. 341-2 rogo numquid velit. recte inquit. abeo, dal quale emerge recte come risposta sclerotizzata alla richiesta (formalmente gentile, non letteralmente c qualcos altro, che per noi suonerebbe scostante) di potersene andare. 190 In Menandro, uno schiavo che vuole andarsene non chiede il permesso come in latino, dove una formula di cortesia usata anche tra persone che non sono subordinate luna allaltra, ma tipicamente tra liberi. Ad esempio in Men. Georg. 84 . 191 Rnsch (1875), 400. Cf. ad esempio PL 73.946C (Dicta seniorum) ne opus habes aliquantos panes? (= Apophthegmata 286.18 ;).
188

170

Il latino dei Colloquia scholica A mio parere, il ne interrogativo non pu essere considerato soltanto uno sviluppo non nativo, una mera trascrizione del greco . Deve essersi trattato di un caso di estensione della particella enclitica, che era diffuso nelluso substandard.192 9.5. iubeo, impero in formule di cortesia
(174) 216.24-7 ; ; / ubi iubes? ad thermas aut in priuato? ubi iubetis (175) 218.20 . ; / discumbamus. ubi iubes? (176) 212.47 , ; / domine, quid imperas? (177) 286.33-4 ; / quid dabo? quod iusseris.

I verbi iubeo, impero, in (174)-(177) figurano in contesti nei quali non vanno intesi in senso letterale, ma come equivalenti di prego. Questuso ben attestato nel greco tardo, dove pu essere usato in questo senso. Nella Vita di Esopo troviamo ad esempio (G 41.1) (detto dal padrone di casa), prego, alziamoci e mettiamoci a tavola. Questuso deriva dalla consuetudine di chiedere ad un superiore di ordinare che una cosa avvenga.193 In (174) e (177) gli interlocutori sono presumibilmente servi, ai quali si lascia la scelta dellopzione migliore. quid imperas in (176) detto da un usuraio corrisponde a impera detto da servi nella commedia palliata (Naev. Com. 68 quid imperas? Ter. Eun. 213 numquid aliud imperas?), ma in Pl. Aul. 193 dic, si quid opust impera detto da un senex allamico, a cui viene offerta gentilmente la propria disponibilit. 9.6. Perifrasi illocutive per prego Limperativo modificato da perifrasi ben attestate, come si uultis, si uis, si tibi suaue est, si uacat tibi oppure rogo, la forma corrente dalla prima et imperiale al posto di quaeso, obsecro, amabo dellet repubblicana
(178) 218.18 , / sedete si uultis (179) 213.27 / si uis (180) 214.17 / si tibi suaue est194
Un caso particolare e non chiaro Vind. 46 aut numquid ( ) ieiunus lauaris, quoniam utile est, eoque temperius surgis? dove il pedagogo nota che lallievo ha mangiato poco, e secondo me gli sta proponendo di andare al bagno per farsi venire appetito, cosa che succede poco sotto, con il risultato sperato (sic credo, sic fiat. age ergo eamus domum, etenim esurio). Il senso sembra essere perch non prendi un bagno prima di pranzo... e per questo ti alzi di buonora?. 193 Shipp (1983), 102. 194 Lespressione greca, come formula di cortesia, sembra occorrere soltanto in Lib. Ep. 1544.3 e in Acta Barnabae 8.14 , ,
192

171

Rolando Ferri
(181) 211.46-7 , / si uacat tibi, adesto nobis (44) 212.9 , , 195/ sed, rogo, in mente habeas (15) 285.54 , / rogo, ueni

Un problema posto dalloccorrenza della forma sis a


(182) 213.40-1 . / non longe, sis ambula

Infatti i MSS hanno (al rigo 40) umacranides / ne longe sis. La correzione di Krumbacher (1891), ed accettata da Goetz. Tuttavia sis appare caduta in disuso almeno dalla prima et imperiale.196 Se la correzione giusta (un dubbio rimane) potrebbe trattarsi di una forma recuperata in maniera antiquaria, oppure di una semplice scrittura per si uis, la forma non contratta, che forse semplicemente uninterferenza greca. 9.7. Fare conversazione
(183) 111.27-8 quid agis modo ? agebam/ ;

quid agis significa letteralmente cosa fai? (ci si informa sullattivit che impegna il nostro interlocutore in quel momento; in qualche caso ha invece una sfumatura critica: non fare quello che stai facendo), ma anche come stai?, e si accompagna, ad esempio a ut uales? (cf. Pl. Most. 719 quid agis? SI. hominem optumum teneo).197 La risposta standard recte, tutto bene, che dimostra il senso non letterale acquisito dallespressione in contesti di cortesia. In greco un buon confronto viene da Men. Georg. 43-6 , , , [] [ . 9.8.puto parentetico
(184) 213.42-3 , , / haec est, puto, domus eius

. Non ho trovato paralleli in latino, dove lespressione corrispondente sembra piuttosto si libet (cf. ps-Char. Syn. Cic. 445.31 Barw. Si libet. si uidetur. si placet. si uacat. si commodum est. si fert animus. si fert uoluntas. 195 In greco loccorrenza pi antica di questa frase, nel senso di tenere a mente, sembra essere in Gal. De methodo medendi 10.509 Khn. 196 Le ultime occorrenze sono in Sen. Contr. 2.4.13.17; Contr. 9.5.3.1 (dove sembra significare soltanto su, via); sis doveva aver perduto qualsiasi valore di cortesia almeno dallet di Cicerone. 197 Plin. Epist. 3.20.11 si lamenta del frasario trito delle buone maniere: et hercule quousque illa uulgaria quid agis? ecquid commode uales?.

172

Il latino dei Colloquia scholica Questo uso, molto comune in latino, per attenuare la perentoriet di un giudizio, non sembra idiomatico in greco, almeno con . Tipicamente, invece, espresso con . 9.9. S e no S etiam come nel latino classico, mai sic o ita. No non. Esistono anche forme pi ricercate per contraddire, prevedibilmente, perch in parte i Colloquia, come abbiamo visto, sono un repertorio importante di espressioni di cortesia linguistica, ad esempio nelle occasioni sociali (banchetti o altro). Un esempio significativo a
(185) 219.27-9 ; / in maiore? in minore libenter

dove, allofferta di altro vino nella coppa pi grande, linvitato declina senza usare una negazione: volentieri, (ma) in quello piccolo. Sia in greco sia in latino, no espresso da grazie (gr. ,198 lat. benigne):
(186) P. Berol. 10582.29-21 / .

Gli ospiti hanno rifiutato lofferta di passare la notte presso il loro anfitrione, che conclude dicendo come volete: io ho fatto il mio. Per lassenso si trova anche
(187) Vind. 46 , 199 / sic credo, sic fiat (188) 214.23, 28 () / sic fiat (nobis)

Nelle fonti classiche compaiono solo ita fiat, ita credo, ad es. in commedia, come formula di assenso:200 la sostituzione di ita con sic non sorprende nei Colloquia. Nella commedia latina il nudo fiat usato come assenso ad una richiesta (va bene, concesso, sar fatto), anche da parte di un superiore.201 Il senso dei Colloquia piuttosto
Cf. Quincey (1966). Il MS legge , che potrebbe essere anche una forma di ottativo, , una traduzione letterale fuori luogo in questo contesto. 200 Si tratta per solo di formule di assenso ad una asserzione, non ad un invito a fare qualcosa: dunque piuttosto lo penso anchio che facciamo come dici. Pomp. Bon. 35-6 bene euenat. /:: ita fiat. et tibi bene sit qui recte ominas. 201 Donato, in Ter. Eun. 500, fa una distinzione tra la risposta servile, fiet, oppure faciam, e la risposta del libero, fiat, che suona appunto come una concessione.
198 199

173

Rolando Ferri daccordo, facciamo cos, ma anche questo non troppo lontano dal senso che troviamo nella palliata.
(189) 212.59 / absit

Un caso di resa idiomatica e non letterale, per una formula frequente di rifiuto, in questo caso allofferta, da parte del cliente, di lasciare un pegno al prestatore. Si tratta di una forma di cortesia, per far capire allaltro che tra galantuomini non ce n bisogno. 9.10 Altre formule onorifiche
(190) 112.47 / set uereor te et diuinam prouidentiam

Il riferimento alleulabeia come timore di Dio appartiene al linguaggio cristiano. In questo caso, chi parla adduce questa come la ragione che lo trattiene dal picchiare il suo avversario. Cf. Hier. Comm. in Isaiam 14.50.10 sed hic timor pro timiditate et ponitur; de quo et alibi legimus: beatus qui omnia metuit, propter eulabeian, hoc est propter timiditatem, quos uulgo appellant timoratos in religione dei; Eus. Vita Constantini II.48-60 potentiam (domini) religiose formido, . 9.11 Alcuni termini di insulto Le scene di litigio meritano altrettanta attenzione quanto quelle cortesi, ma sono in effetti pi difficili da interpretare, in quanto esistono meno confronti pertinenti.202 Trascrivo alcuni estratti significativi.
(191) ; ; ; , (), .
Uno dei pochi Rhet. Ad Her. 4.14 nam ut forte hic in balineas uenit, coepit, postquam perfusus est, defricari; deinde, ubi uisum est, ut in alueum descenderet, ecce tibi iste de trauerso: heus, inquit, adolescens, pueri tui modo me pulsarunt; satis facias oportet. hic, qui id aetatis ab ignoto praeter consuetudinem appellatus esset, erubuit. iste clarius eadem et alia dicere coepit. hic: uix; tamen, inquit, sine me considerare. tum uero iste clamare uoce ista, quae perfacile cuiuis rubores eicere potest: ita petulans est atque acerba, ne ad solarium quidem, ut mihi uidetur, sed pone scaenam et in eiusmodi locis exercitata. conturbatus est adolescens: nec mirum, cui etiam nunc pedagogi lites ad oriculas uersarentur inperito huiusmodi conuiciorum. ubi enim iste uidisset scurram exhausto rubore, qui se putaret nihil habere, quod de existimatione perderet, <ut> omnia sine famae detrimento facere posset?
202

174

Il latino dei Colloquia scholica


, ; , . . 203 , . , . . . , . . 204 ; . , . , ; . ; ; , <>. ; . , ; . . ; . . . . ... ; . . . <> .205 , ; quid stas? quid tibi pertinet? procurator meus es? duc te. recede (recessio), impostor.206
nel MS, e bene nel latino. Lerrore probabilmente procede dal greco, dove la confusione pi facile. Il senso deve essere accidenti a te: cf. Vita Aesopi G 66 ... . 204 la forma ellenistica. 205 Forma di infinito aoristo non attestata. 206 Prima attestazione data in TLL in Ulpiano (et di Caracalla, intorno 220).
203

175

Rolando Ferri
maledicis me, maligne et odiose? ipse ista fac, expuderate. tace, male tibi sit, nequissime homo. ista audiet dominus tuus, si obuiat mihi. sine uideo quid mihi facis. non curo minationes. multa uindico,207 desperate. ibi manus habe. et caedis me? timeo: magna tua dignitas. possum te ego caedere, sed uereor te et diuinam prouidentiam. male dicis me, male caput? crucifigaris. male facis et nescis quod non expedit tibi. quare? quoniam ego ingenuus homo sum. tu autem nequam seruus. silentium habe. uis ergo discere? non sum tibi par. non, impostor? uolo discere utrum seruus es aut libertus. non do tibi rationem. quare? quoniam non es dignus. eamus ad dominum tuum. fortasse: ego enim ingenuus omnibus notus et pater familias. apparet a facie tua. ... et maledicit bestiarius? dimitte me, et dentes eius excutio. ego te excaeco. uideo quid mihi facies. ego faciam te in carcerem ire, ubi dignus es senescere. maledicis me, custodite? 112.12-113.4; 114.46-62

Il brano, molto vivo ed efficace, contiene tratti sottili della caratterizzazione del discorso aggressivo, ad esempio lallocuzione in terza persona (et maledicit bestiarius? si noti et nel senso di addirittura), quasi parlando a terzi, che condividono lindignazione.

Espressione non chiara in questo contesto. nei Colloquia significa difendere, in una causa. Forse qui significa lamentarsi, avere numerosi capi di accusa?
207

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Il latino dei Colloquia scholica quid tu?


(192) 111.57-60 / quid te? et non possum contradicere ei

quid te sembra unallocuzione analoga al frequente quid tu? ftico frequente nelle fonti latine (e allora? opp. senti un po), qui in un contesto aggressivo, purtroppo troppo limitato per poter essere comprensibile in maniera soddisfacente.
(193) 114.61-2 /custodite

compare soltanto a partire dallet bizantina nella documentazione letteraria, mentre significa ufficiale di polizia nei papiri, LSJ. In realt il senso di prigioniero compare senza ombra di dubbio in un testo del IV secolo, le Constitutiones apostolorum 4.2.5(una descrizione dei compiti dei vescovi) , , . Si tratta dunque di un senso di questo termine non registrato dai lessici, ma con un significativo parallelo.
(194) / desperate

secondo TLL gi in Cic. Catil. 2.10 desperatorum hominum flagitiosi greges, poi in Apul. Met. 10.11, desperatissimum istum latronem.208 Un caso problematico
(194) 112.75 /fortasse

fortasse con ellissi del verbo molto frequente nella commedia, normalmente usato per insinuare un commento malizioso, oppure per cooperare al discorso dellaltro senza essere troppo interventisti. Nel passo sopra citato, invece, chi parla sembra contestare laltro, che imperiosamente ordina andiamo dal tuo padrone; forse, infatti tutti sanno che sono un libero. Men. Periceir. 373 (in risposta alla domanda sei di qua?). ;

In greco solo Orig. Comm. in Euang. Iohann. 13.28.168 . Pi comunemente con -ma non in vocativo.
208

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