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Guerre romano-celtiche

Le guerre tra Celti e Romani o romano-celtiche racchiudono una serie di conitti il cui inizio viene fatto risalire ai primi decenni del IV secolo a.C., quando la prima
invasione storica della penisola da parte dei Celti mise a
repentaglio la stessa sopravvivenza di Roma.

anno dopo la tradizionale data del 390 a.C., descritto


come un evento dagli eetti pressoch distruttivi e potenzialmente destabilizzanti per la sopravvivenza di Roma.
Questa visione condivisa, pur con qualche signicativa
eccezione, da molti degli storici moderni.

La prima minaccia celtica portata contro Roma si inserisce in un contesto di grandi movimenti migratori
provenienti d'oltralpe, sia dalla Gallia nordorientale che
dall'Europa centrale, che nel IV secolo a.C., ebbero come risultato nale l'occupazione celtica di molti territori dell'Italia del Nord e del litorale adriatico centrosettentrionale, con puntate meridionali che, nel IV secolo
a.C., si spinsero no in Puglia e Campania. Le premesse a tali migrazioni di popoli furono poste da precedenti contatti del mondo celtico transalpino con l'ambiente
peninsulare, dovuti essenzialmente a traci commerciali in cui il fondamentale ruolo intermediario spettava alle
popolazioni dell'area centro-settentrionale della penisola, soprattutto Celti di antico insediamento della cultura
di Golasecca, Etruschi tirrenici e padani, Veneti, con
l'eventuale tramite di popolazioni alpine come i Reti.

L'irrompere della minaccia celtica sul territorio italiano


determin anche il pieno e denitivo ingresso dei Celti
alla ribalta della storia scritta, permettendo, da allora in
poi, di conoscere meglio i contorni storici e cronologici
delle loro vicende. Essa ebbe anche l'eetto di porre per
la prima volta sotto i riettori della storiograa greca la
citt di Roma, no ad allora quasi sconosciuta.
Le ostilit continuarono, nei secoli successivi, no a
quando la minaccia portata sul suolo italiano fu contenuta e inne soocata, con la conquista della pianura padana nel II secolo a.C. e la conseguente creazione della
provincia romana di Gallia cisalpina.
La conittualit tra Celti e Romani conobbe ancora vari sussulti e riemerse nell'ultimo quarto del II secolo
a.C., stavolta in pieno territorio gallico, quando la vittoria
romana port alla creazione della Provincia Narbonensis.

Basandosi sul complesso delle fonti, e sull'evidenza archeologica, ma anche sugli sviluppi successivi, la storiograa attuale giunta ad una concorde valutazione delle
occupazioni territoriali dei Celti in Italia, e degli episodi bellici che ne scaturirono: la penetrazione celtica in
Italia, un evento che potrebbe apparire spontaneo, fu invece il risultato di una consapevole pianicazione; esso,
anzi, fu caldeggiato, e forse addirittura perseguito ed eterodiretto, da uno degli attori principali degli equilibri politici che andavano delineandosi sulla penisola: Dionisio
I di Siracusa, l'ambizioso tiranno che da tempo era impegnato sul duplice fronte della rivalit con Cartagine e
della conittualit diretta contro il blocco coalizzato delle
poleis italiote: egli coltivava mire verso un'estensione della sua inuenza in Sicilia e sulle sponde tirreniche e adriatiche dell'Italia, oltre che, secondo il consiglio di Filisto,
sul versante adriatico greco-epirota- ed illirico: era quindi il primo a poter guardare con favore all'ingresso di un
nuovo soggetto nell'agone geopolitico, da cui poteva trarre molti vantaggi, soprattutto in un'ottica antagonista al
mondo etrusco, la cui alleanza con Cartagine suggellava
da tempo il dominio sul Tirreno.

Ma la minaccia celtica contro le politiche di Roma si


spense denitivamente solo alla met del I secolo a.C.,
quando Giulio Cesare pose ne all'indipendenza della
Gallia.

1 Contesto storico

La tradizione romana, pur tra evidenti deformazioni


propagandistiche, ci ha consegnato diversi resoconti
degli avvenimenti. Un accento particolare viene posto sulla portata della minaccia celtica nei confronti Il Galata Morente, copia romana di un originale greco rappredell'emergente Roma: il sacco celtico, il primo di una se- sentante un guerriero celtico scontto con il collo ornato da un
rie nella storia della citt, sicuramente avvenuto qualche torque. Musei Capitolini di Roma.
1

2 L'INVASIONE STORICA DELL'ITALIA DEL IV SECOLO A.C.

La storia delle guerre tra Roma antica e il mondo celtico ebbe inizio nei primi decenni del IV secolo a.C. La
deagrazione dei primi conitti fu preceduta dalla migrazione, verso alcuni territori dell'Italia, di trib celtiche
provenienti da un'Europa che, gi da lungo tempo, stava
conoscendo una massiccia celtizzazione,[1] ben anteriore
all'emergenza e all'irradiazione della facies lateniana,[1]
considerata dagli studiosi come la principale espressione culturale associata ai Celti storici, cio di quei Celti
invasori citati dalle fonti testuali latine e greche.[2]

1.1

I Celti di antico insediamento in Italia

Tra le zone d'Europa gi celtizzate in antico, oltre alla Celtiberia, la ricerca ha denitivamente permesso di
acquisire anche quelle aree poste tra la Lombardia e il
Piemonte dove, gi dall'inizio del I millennio a.C. (inizio
del Bronzo nale), si assisteva al orire di una facies autoctona, la cultura di Golasecca, la cui piena celticit[3]
ora denitivamente assodata grazie al riconoscimento
di una lingua celtica, impropriamente detta lepontica, su
alcune iscrizioni del VII secolo a.C., redatte in un alfabeto derivato da quello etrusco.[4] la celtizzazione di queste
zone della penisola va quindi tenuta distinta dalle ondate
migratorie del IV secolo a.C., che furono successive di
alcuni secoli. La oridezza politica ed economica di queste popolazioni celtiche era assicurata dal ruolo assunto
quali intermediari commerciali tra l'Etruria e le popolazioni transalpine, utilizzando il tramite delle popolazioni
alpine. Un ruolo analogo sar assunto nel V secolo a.C.
dagli Etruschi padani e, in parte, da popoli transpadani
come i Veneti: il tramite, in questo caso, era fornito dai
Reti.[3]

1.2

Roma nel quadro delle relazioni internazionali

non esulava da un ambito essenzialmente locale:[5] Equi,


Volsci, Sabini ed Etruschi, sono questi i nomi dei popoli, tutti connanti, con i quali Roma si era dovuta misurare no ad allora. Solo in alcuni casi le relazioni internazionali si erano spinte pi lontano, portando Roma
a intrattenere contatti diretti con Cartagine.[5][6] Ma tali
antiche relazioni si inquadravano comunque in un ambito pi vasto, all'interno di un ampio regolamento di interessi reciproci gi storicamente in atto tra l'area di inuenza etrusca e quella punica.[7] L'ampia portata di questa convergenza di antica data era culminata, nella seconda met del VI secolo a.C., nell'alleanza anti-focea della
battaglia di Alalia,[6] decisiva nel denire gli equilibri tirrenici all'approssimarsi del quinto secolo. I rapporti con
Cartagine erano proseguiti anche dopo la ne dell'et regia quando Roma, appena agli esordi della sua esperienza
repubblicana, stipul con Cartagine un trattato il primo
di una serie[8] di cui si ha notizia in Polibio, risalente alla
fase iniziale di transizione repubblicana della Roma monarchica[9] ma evidentemente iscrivibile nella consuete
relazioni tra l'area etrusca e Cartagine.[10]
Anteriormente al IV secolo a.C., altre relazioni ad ampio
raggio erano state intrattenute con capitali etrusche come
Clusium (Chiusi), con poleis magnogreche come Cuma
o, occasionalmente, e per contatti dettati soprattutto dagli
approvvigionamenti di frumento, con la Sicilia.[5]
Furono queste tre potenze Etruschi, Cartaginesi e
Greci, sia italioti che sicelioti a dominare gli equilibri
della penisola italiana nel V secolo a.C. e a determinare gli spazi politici entro i quali avrebbe mosso i primi
passi l'espansionismo di Roma. All'interno di quegli stessi spazi, a cavallo tra il V e il IV secolo a.C., si preparava
l'ingresso di un nuovo protagonista.

2 L'invasione storica dell'Italia del


IV secolo a.C.

L'invasione storica dei Celti nell'Italia del IV secolo a.C.,


e i primi conitti che ne nacquero, proiettarono Roma
in una dimensione diversa, e le vicende che ne scaturirono ebbero un impatto profondo non solo sulla storia
di Roma, ma anche su quella etrusca e di altri popoli della penisola.[3] Gli eventi riverberarono la loro eco
ben al di l dei ristretti limiti regionali o peninsulari,
riuscendo ad attrarre l'attenzione della tradizione culturale greca: Plutarco riferisce di come Eraclide Pontico,
losofo di poco successivo agli eventi,[11] in un suo libro sull'anima, desse incidentalmente conto di una cerRappresentazione schematica delle sfere di inuenza peninsulari ta notizia giunta dall'occidente, secondo cui un esercito,
e mediterraneo occidentali all'aacciarsi del V secolo, dopo la muovendo dall'Iperborea, aveva conquistato una citt grebattaglia di Alalia.
ca[12] chiamata Roma, posta in un luogo imprecisato del
Grande Mare.[13] La notizia venne a conoscenza anche
La celtizzazione di gran parte dell'Europa era avvenu- di Teopompo,[11] Aristotele[11][14] e di altri autori del IV
ta all'insaputa dei Romani il cui interesse alla sicurezza secolo a.C.[11]

2.2

2.1

Datazione dell'invasione: tradizione romana e cronologia greca

Sacco di Roma del IV secolo a.C.

Insubri, Verona, insediamento dei Cenomani, e Bononia


(Bologna), la Felsina etrusca, occupata dai Boi.[24]
I Senoni, in particolare, si stabilirono in un'area strategica delle Marche, compresa tra le attuali citt di Pesaro,
Macerata ed Ancona: quello stanziamento permetteva loro un facile controllo dell'accesso alla Valtiberina e alle
vie adriatiche che conducevano in Puglia e Campania.[25]

Cavalieri celti marciano su Roma antica all'inizio del IV secolo


a.C..

Roma, al principio del IV secolo a.C., aveva appena


sperimentato un decisivo salto di qualit della sua storia, sia per l'importante acquisizione territoriale sia per
l'esibizione di un'accresciuta disciplina e organizzazione militare, uscendo vittoriosa nel 396 a.C. dalle guerre
con Veio.[15] La caduta di Veio aveva comportato un riequilibrio degli assetti politici delle altre capitali etrusche
e delle loro tradizionali tensioni interne: l'ostilit verso
Veio era malamente adombrata dalla neutralit manifestata dalle altre citt della dodecapoli etrusca gravitante
intorno al Fanum Voltumnae: in almeno un caso, questa ostilit era apertamente sfociata nell'aperta alleanza
oerta a Roma da Caere (Cerveteri).[15] Un altro eetto fu l'accresciuta consapevolezza delle potenzialit, anche militari, della res publica.[15] A minare questo clima di ducia e a mettere in allarme Roma fu una trib
particolarmente bellicosa[16][17] : i Senoni [17] invasero la
provincia etrusca di Siena dal nord e attaccarono la citt
di Clusium,[18] non molto distante dalla sfera d'inuenza
di Roma. Gli abitanti di Chiusi, sopraatti dalla forza
dei nemici, superiori in numero e per ferocia, chiesero
aiuto a Roma, che rispose all'appello. Cos, quasi senza volerlo,[16] i Romani non solo si ritrovarono in rotta di collisione con i Senoni, ma ne divennero il principale obiettivo.[19] I Romani li fronteggiarono in una
battaglia campale presso il ume Allia[16][17] variamente collocata tra il 390 e il 386 a.C. I Galli, guidati dal
condottiero Brenno, sconssero un'armata romana di circa 15.000 soldati[16] e incalzarono i fuggitivi n dentro
la stessa citt, che fu subire una parziale occupazione e
un umiliante sacco,[20][21] prima che gli occupanti fossero scacciati[17][20][22] o, secondo altre fonti, convinti ad
andarsene dietro pagamento di un riscatto.[16][19] Si racconta che i Galli sulla strada del ritorno, furono attaccati
in Sabina dagli Etruschi di Caere (alleati dei Romani), i
quali riuscirono a privarli del bottino che avevano depredato a Roma.[23] I Ceretani diedero, inoltre, ospitalit a
coloro che si erano rifugiati presso di loro, tra cui il fuoco
perenne e le vestali ad esso preposte.[23]

I Celti stabilitisi in Cisalpina potevano tra l'altro acquisire


a s il controllo del mercato di un materiale che da lungo
tempo esercitava su di loro una potente attrazione, grazie
alle virt magiche che essi gli attribuivano: il corallo, proveniente soprattutto dal golfo di Napoli, conobbe una vera esplosione, con frequenti applicazioni in torque, elmi,
foderi di spada e bule,[26][27] dando origine, soprattutto
in Svizzera, sia a un surrogato bronzeo, sia a vere e proprie
imitazioni, grazie all'invenzione celtica di uno speciale
smalto colorato,[27] realizzato con un particolare procedimento e ampiamente diuso dal centro-Europa no alla
isole britanniche e all'Irlanda.[28]

2.2 Datazione dell'invasione: tradizione


romana e cronologia greca

Capi dei Celti a cavallo e prigioniere romane, da un dipinto di


Evariste-Vital Luminais.

L'interesse suscitato dalla notizia attrasse le vicende di


Roma nella sfera degli interessi culturali greci: la notizia del sacco fu incorporata nella tradizione storiograca
greca e questo permise a Polibio, verso la met del II secolo a.C., di consegnarci una sua datazione, il 387-386
[14]
I popoli invasori si dislocarono a formare un'entit a.C., incardinata a ben noti eventi della storia greca.
territoriale che sar detta Gallia cisalpina. I principa- L'inserimento dell'evento nella precisa cronologia greli centri saranno Mediolanum (Milano) abitata dagli ca, conferisce maggiore adabilit a questa datazione,

2 L'INVASIONE STORICA DELL'ITALIA DEL IV SECOLO A.C.

successiva di tre-quattro anni rispetto all'anno 390 a.C.


tramandato dalla tradizione romana:[14] poco accurata
era infatti quest'ultima, legata al calendario luni-solare
pre-giuliano e basata sulla successione temporale delle
eponime magistrature annuali, secondo una sequenza di
date ssata in maniera convenzionale, e solo in epoca pi
tarda, probabilmente ad opera di Varrone[14] e viziata per
questo da un errore sistematico di 3-4 anni.[29]

2.3

Contesto archeologico dell'invasione


storica in Italia

L'individuazione dei riscontri archeologici all'invasione


del IV secolo a.C. non un compito facile, in parte a causa dell'attenuazione delle specicit etniche
nell'evidenza archeologica:[30] i Celti, come ci testimonia anche Cesare,[31] esibirono sempre una grande capacit di assimilazione e integrazione nei confronti dei
sostrati locali, agevolata in questo caso dalla gradualit dell'inltrazione, a cavallo di due secoli,[32] in un
contesto ambientale dominato dalla componente etrusca,
aermatasi nel V secolo.
Un'altra dicolt della ricerca archeologica, nasce dal
fatto che i Celti, in quella fase storica, non avevano ancora
maturato l'adozione di stabili strutture di insediamento: la
loro predilezione, piuttosto che a forme pi o meno mature di tipo urbano, era invece orientata a piccoli ed emeri
villaggi, pi consoni alle esigenze di un popolamento improntato a un'alta mobilit e a frequenti avvicendamenti
fra etnie.[30]
In alcune necropoli a nord dell'arco alpino, come ad
esempio in Champagne, l'esplorazione archeologica ha
evidenziato, in epoca anteriore al 400 a.C., una crescita
statisticamente signicativa dell'incidenza relativa delle
sepolture femminili: il relativo aevolimento della componente maschile sarebbe da attribuire alla migrazione
di elementi guerrieri i cui spostamenti, evidentemente,
non erano sempre accompagnati da una controparte femminile numericamente proporzionale.[24][33] Un altro elemento concomitante rappresentato dalla messa in luce di "un orizzonte [...] di distruzione"[24] : gli incendi e
le devastazioni osservabili in questo orizzonte archeologico, non sarebbero da collegare a eventi bellici, ma ad
una pratica propedeutica all'abbandono programmato del
territorio,[24] di cui si trova peraltro testimonianza scritta
nei Commentari di Cesare,[34] quando egli fa riferimento
alla migrazione della trib degli Elvezi.[24]

celtiche si mostrano, al contrario, come operazioni accuratamente pianicate, mirabilmente inserite nel complesso gioco di interessi e alleanze che da tempo andava
prolandosi sulla penisola.
Non vi fu estraneo, molto probabilmente, il lucido disegno strategico-militare di Dionisio di Siracusa, uno dei
pi ranati e ambiziosi protagonisti del gioco politico in atto. Il tiranno siracusano, nel solco di un'antica
conittualit greco-punica, era da tempo impegnato contro Cartagine che, a sua volta, intesseva con il mondo
etrusco alleanze di antica data, declinate in chiave antagonista all'espansionismo greco in Italia e concretizzatesi, gi nel VI secolo a.C., nello scontro navale del mare
Sardo. Analoghi rapporti di antica data sono attestati tra
Cartagine e Roma, come dimostra la gi citata serie di
trattati romano-punici. Dionisio, inoltre, aveva un conto
aperto contro le poleis coalizzate della Lega italiota mentre, d'altro canto, manifestava la volont di sostituire il
controllo siracusano a quello etrusco sul traco marino
commerciale nelle acque del Tirreno[18] e ad espandersi, dopo la pace di Antalcida, lungo entrambe le sponde
dell'Adriatico, assecondando il suo consigliere Filisto.[35]
Questo quadro di interessi e di mire egemoniche raorza
la credibilit di un suo protagonismo, in veste di regista
o suggeritore della calata sull'Italia centro-settentrionale
di un nuovo e bellicoso soggetto, potenzialmente in grado di innescare eetti perturbativi sugli equilibri della regione, soprattutto in chiave anti-etrusca.[36] In questo stesso quadro, si inseriva l'alleanza gi ricordata tra
Roma e i Cerriti, cementatasi in occasione delle guerre
veientane.[18]
L'assedio di Reggio pu essere quindi considerata una
data epocale[36] nelle vicende mediterranee: mentre ai
Celti erano aperte le porte dell'Italia, il tiranno siracusano mostrava il suo volto spietato nella repressione della colonia calcidese, alienandosi le simpatie di Platone e
attirandosi l'indignazione panellenica: alle Olimpiadi del
388 a.C., infatti, Dionisio fu fatto segno di manifestazioni
di ostilit, ben espresse dal vivido accostamento della sua
gura a quella un nemico della Grecia come Artaserse,
nell'orazione olimpica pronunciata da Lisia.[36]
Mercenariato celtico L'attribuzione di questo ruolo
al tiranno siracusano, appare coerente con il successivo
assoldamento di contingenti mercenari celti,[37][38] attinti
da un mercato in cui dovette probabilmente avere un ruolo centrale l'emporium dorico di Ancona, il cui porto era
nitimo al territorio dei Senoni.

Tra i presupposti dell'invasione storica dell'Italia sembra


Ruolo di Dionisio e degli arruolamenti merceesservi peraltro un'ottima conoscenza del terreno e denari
gli obiettivi, frutto di frequentazioni anteriori: probabile
Le evidenze archeologiche parlano dunque di una migra- che, nel quadro descritto, tali conoscenze si siano anada
zione programmata, e si accordano con l'opinione comu- te in preesistenti contatti mercenari, a cui sarebbero
[25]
attribuire
le
prime
inltrazioni
celtiche
in
Italia.
ne degli storici moderni sulle occupazioni celtiche in Ita2.3.1

lia e sugli episodi bellici collegati: ben lontane da spon- L'alleanza con Dionisio durer una trentina d'anni, durantanei ed improvvisati movimenti di popoli, le migrazioni te i quali i Celti imperverseranno in razzie che raggiun-

2.4

Emergenza di una facies artistica celto-italica

geranno anche la Puglia e la Campania. Proprio venendo


dalla Japigia, insieme ai siracusani porteranno un attacco
combinato alla citt di Caere,[39] parzialmente riuscito: a
Dionisio riuscir il saccheggio del santuario di Pyrgi mentre il massacro dei Celti, dal lato sud di Caere, gli impedir comunque di installare un presidio siracusano sul Tirreno, parallelo a quello del litorale adriatico tra Numana
e Ancona.[36]

loga a quella dei Fianna del ciclo feniano-della mitologia


irlandese[42][44] e probabilmente permeata e rinsaldata da
comuni sensibilit religiose, come il tema della ricerca
eroica della 'buona morte', evidente nell'ostentata ritualit di quei Gesati che, nudi in battaglia, andarono incontro
al nemico e alla morte sul campo a Talamone.[45]

Grazie a questi reclutamenti mercenari, i Celti fecero anche il loro primo ingresso storico sul suolo della Grecia, nel 368/367 a.C., dopo la battaglia di Leuttra quando, insieme a truppe iberiche, furono inviati a
combattere, al anco degli Spartani in dicolt, contro l'assedio di Epaminonda[35][38][40] secondo la testimonianza di Senofonte,[41] discepolo socratico che non aveva egli stesso disdegnato, un tempo, di imbarcarsi nella sua celebre anabasi mercenaria, ritrovandosi inne al
comando di un esercito di diecimila opliti.

2.3.2 Origine geograca degli invasori: Gallia nordorientale ed Europa centrale

Eterie e confraternite militari intertribali Gli storici si sono interrogati su quali dinamiche sociali abbiano permesso, a un complesso etnico cos politicamente frammentato, la pianicazione e il perseguimento di
movimenti di tale ampia portata, sia militare che demograca, come furono l'invasione storica dell'Italia del IV
secolo a.C. e l'espansione balcanica, greca e anatolica
del secolo successivo. Queste dinamiche accompagnano
una mutazione evidente nella struttura sociale dei Celti
del IV secolo a.C., il cui elemento di maggior rilievo
rappresentato dal declino delle antiche dinastie[42] alla
cui dominanza si era andata a sostituire, per cause ancora sconosciute, quella di un nuovo ceto guerriero. La
ricerca non stata ancora in grado di sottrarre le cause di questo rivolgimento sociale al dominio delle pure
ipotesi speculative[42] ma, in taluni casi, l'archeologia dei
popolamenti e dei contesti funerari ha comunque potuto
almeno suggerire l'estrazione dei componenti di questa
lite marziale: esponenti di una piccola aristocrazia terriera, disinteressata ad ostentare, almeno a giudicare dai
corredi funebri, evidenti dierenze di status, e inserita in
organizzazioni inter-tribali a base guerriera, quelle confraternite o etere militari chiamate in causa da Polibio[43]
a proposito dei Celti discesi in Italia.[42][44] Soccorrono
una simile ipotesi sia l'uniformit degli armamenti rinvenuti sia il riprodursi, nel IV e III secolo a.C., di alcuni
ricorrenti temi iconograci, come la coppia di draghi e la
lira zoomorfa: questi, probabili simboli di appartenenza
a simili consorterie, sono stati trovati su foderi di spada
diusi in un'area estesissima che dalla Transilvania arriva
no alle isole britanniche.[45]

I testi scritti e le evidenze archeologiche concordano


nell'individuare una duplice origine degli invasori: da una
parte la Gallia nord-orientale, con i Senoni, popolo gallico
che, dalla originaria Champagne, si stabilir in Romagna
e nelle Marche del Nord; dall'altro l'Europa centrale, soprattutto la Boemia, con il popolo dei Boi.[46] Sono considerati signicativi i numerosi indizi sull'esistenza, gi
nel V secolo a.C., di stretti contatti tra queste due regioni continentali e l'area peninsulare etrusco-italica e
italiota.[46] Altrettanto signicativo ritenuto il successivo perdurare di stretti legami tra i popoli che si stanziarono in Italia e le zone di origine:[47] alcuni dei riscontri sono forniti dalle produzioni artistiche dei Remi della
Champagne, la cui alta qualit, priva di precedenti, manifestamente debitrice di inussi greco-etruschi;[48] altro
elemento di questa continuit di relazioni dato dallo sviluppo in Boemia di una nuova e originale facies artistica
locale, debitrice di inussi e scambi stabiliti con le culture peninsulari attraverso la mediazione dell'ambiente
celto-italico.[48]
Non sono noti i motivi che spinsero alla migrazione. Alcune fonti si rifanno alla necessit, della ricerca di nuove terre per l'insucienza delle vecchie o sulla spinta di
carestie. Ma questi, motivi, che ricorrono spesso anche
in altre tradizioni, non trovano, in questo specico caso,
alcun riscontro archeologico.[49]

2.4 Emergenza di una facies artistica celtoitalica

In questa fase e con questi inussi, la sovrapposizione


dei nuovi venuti ai preesistenti sostrati locali dar luogo a processi di profonda integrazione i cui esiti appaiono molto complessi e dierenziati: in questo caso
l'archeologia si trova in contrasto con le fonti, che tramandano la percezione di un popolamento celtico non
solo apparentemente omogeneo, ma anche in perenne
[50][51][52]
Proprio l'attitudine ad aggregarsi in consorterie militari antagonismo con l'elemento locale.
potrebbe fornire la chiave in grado di spiegare le doti di Ma, al di l delle dierenze riscontrabili, il risultato
eccezionale dinamismo e mobilit palesate dai Celti nel emergente da questi processi sar un complesso di manisecolo e mezzo della loro espansione storica; questo fa- festazioni iscrivibili a un'originale e coerente facies celtorebbe luce anche sulla loro capacit nel saper andare oltre italica.[53] i cui eetti si ripercuoteranno ben presto a nord
gli angusti orizzonti ancestrali, ricomponendo la tradizio- delle Alpi, innescando una fase di rinnovamento dell'arte
nale divisione in una coesa dimensione super-tribale, ana- celtica.

SCONTRI DEL III SECOLO A.C.

vari siti, tra cui quello eponimo di Waldalgesheim. Uno


dei pi signicativi risultati di questa irradiazione rappresentato dall'elmo da parata di Agris, in Charente, dalla
complessa fattura in ferro placcato in bronzo, con rivestimento d'oro e inserti di corallo a cabochon, assicurati da
rivetti in argento.[26]

3 Scontri del III secolo a.C.

L'elmo di gala da Agris, in Charente, testimonia l'ampia irradiazione di un nuovo originale stile artistico maturato in ambiente
greco-italico, stile vegetale continuo, detto anche stile di Waldalgesheim, dalla localit renana che ne ha restituito molte cruciali
testimonianze.

Le popolazioni della Gallia cisalpina.

Ora che tra Celti e Romani era corso per la prima volta
il sangue, altri conitti intermittenti, per oltre due secoli,
2.4.1 Lo stile vegetale continuo o stile di Waldalge- continuarono a sorgere tra i contendenti: intorno al 360
sheim
a.C. Tito Manlio Imperioso vinse i Celti in battaglia presso il ponte sull'Aniene,[17][38] trasmettendo alla propria
L'interscambio con gli ambienti artistici greco-etruschi, discendenza il cognomen Torquatus, per aver sottratto il
soprattutto a sud del Po, far emergere in ambiente celto- torque a un nemico vinto in singolar tenzone.[58]
italico, un nuovo originale stile dell'arte celtica (detto 'vegetale continuo' o 'di Waldalgesheim' o ancora 'maturo'), Nel 332 a.C. tra Roma e i Senoni fu stipulato un trattato
garantir un interludio di
caratterizzato da decorazioni oreali e vegetali: motivi di pace che, a quanto sembra,
[25]
pace
durato
circa
trent'anni.
di origine etrusco-italiota, come racemi e palmette, sottoposti a lievi ritocchi, sono inseriti in inviluppi conti- Ma ben presto, nell'ambito della terza guerra sannitinui e concatenazioni, con molta pi verve e minore insi- ca, i Senoni seguirono le sorti della coalizione italica di
stenza per la pura simmetria geometrica,[54] o la sempli- etrusco-sannita con cui si erano alleati: insieme ad esce giustapposizione,[55] in favore di un utilizzo di nuovi si furono scontti nella battaglia di Sentino, che permiprincipi dinamici di composizione artistica, tra cui la se a Roma l'istituzione dell'Ager Gallicus e la fondaziosimmetria per rotazione.[55]
ne della colonia di Sena Gallica,[59] che ancora conserva,
Nella nuova voga, la gurazione umana e animale, pur nel moderno toponimo di Senigallia, la duplice memoria
non scomparendo, assume un ruolo pi velato[54] e dell'etnonimo e dell'origine di quel popolo celtico.
allusivo,[55] prelude all'evoluzione in cui l'evanescenza
delle forme rimane in equilibrio attraverso metamorfosi plastiche i cui esiti sfumati lasciano aperte molteplici e contemporanee interpretazioni della stessa File:
tomorfa, antropomorfa, zoomorfa o astratta.[56]
Sono esempi del 'vegetale continuo' il fodero e i torquis di
Filottrano o l'elmo cerimoniale in bronzo, ferro e corallo,
rinvenuto in un ipogeo di Canosa di Puglia, il pi meridionale tra i reperti in questo stile.[57] La nuova acquisizione stilistica si aerma rapidamente anche oltralpe, come
documentato da numerosi ritrovamenti di alta qualit, in

Nel 283 a.C., Roma vinse nella battaglia del lago Vadimone, combattuta contro una coalizione celto-etrusca.[17][59]
Nel 249 a.C. i Boi chiamano in soccorso i Galli transalpini, innescando una nuova crisi che si concluder nel 225
a.C.,[60] l'anno in cui si registra l'ultima[29] invasione gallica dell'Italia: i Romani perdono la battaglia di Fiesole
mentre l'anno successivo la vittoria contro Celti insubri,
Boii e Gesati[45] nella battaglia di Talamone,[61] spianer
a Roma la strada per la conquista del Nord. Per la prima
volta[59] l'esercito romano poteva spingersi oltre il Po, dilagando in Gallia Transpadana: la battaglia di Clastidio,

4.2

Sottomissione e rivolte dei Celtiberi

nel 222 a.C., valse a Roma la presa della capitale insubre e popoli gi assoggettati a Cartagine: tra questi vi eradi Mediolanum.
no i Celtiberi, la cui mancanza di coesione procurava
[66]
I Romani subiranno, nel 216 a.C., uno smacco contro i problemi alla pacicazione romana.
Boi, nell'agguato della Selva Litana ma saranno vittoriosi nella battaglia di Cremona, nel 200 a.C., e in quella di
Mutina (Modena), nel 194 a.C. Si compiva, con la sottomissione dei Boi, la conquista della Cisalpina: pochi decenni dopo, lo storico greco Polibio poteva gi personalmente testimoniare la rarefazione dei Celti in pianura padana, espulsi dalla regione o connati in alcune limitate
aree subalpine.[62]
La Gallia cisalpina fornir a Cesare il bacino a cui attingere per la coscrizione delle legioni da utilizzare nella campagna di Gallia: la ricompensa si avr nel 49 a.C.
quando, attraversato il Rubicone, innescata la guerra civile con Pompeo e ottenuto il titolo di dictator, Cesare
concesse la cittadinanza romana.[63]

Primi scontri fuori dall'Italia (II


secolo a.C.)

Fino a quel momento, la conittualit tra Celti e Romani aveva sempre avuto come teatro la penisola italiana.
La propensione di Roma verso la Gallia non aveva potuto manifestarsi neppure dopo la vittoriosa conclusione
della seconda guerra punica, quando le legioni romane si
dovettero impegnare su altri fronti, in un regolamento di
conti con le ostiche trib dei Liguri[64] e con il popolo dei
Celti insubri.[65]

4.1

Guerra contro i Galati dell'Asia Minore

La Guerra galata fu combattuta nel 189 a.C. fra i Galati


dell'Asia Minore e la Repubblica romana, alleata con il
Regno di Pergamo. I Romani, dopo aver a lungo combattuto contro i Seleucidi in Siria ed averli denitivamente
scontti a Magnesia, volsero la loro attenzione alle trib
celtiche dei Galati stanziate in Galazia. Il console Gneo
Manlio Vulsone, adducendo al fatto che erano stati alleati
ai Seleucidi durante la guerra precedente, inizi la campagna senza averne ricevuto l'assenso da parte del Senato
romano. Raggiunti dalle truppe di Pergamo, i Romani
marciarono verso l'interno dell'Asia Minore e attaccarono
i Galati, battendoli in due scontri: prima presso il Monte
Olimpo, poi ottenendo una vittoria risolutiva nei pressi di
Ancyra, l'odierna Ankara.

L'insoerenza e il ribellismo celtiberico si manifestarono in una serie di tre conitti, indicati come guerre celtibere, svoltisi nell'arco di tempo tra il 181 e il 133 a.C.,
durante il quale emerse, come centro simbolico della lotta, la regione di di Numanzia: dislocata lungo l'alta valle
del Durius, la cui roccaforte seppe resistere per decenni a
vari tentativi di assedio prima della capitolazione nale.
La prima delle sollevazioni, quella del 181 a.C., fu temporaneamente sedata da Tiberio Sempronio Gracco nel
179 a.C. Ma, passati nemmeno trent'anni, Roma decise
di intervenire contro quelli che interpretava segnali premonitori di una ripresa: Quinto Fulvio Nobiliore concluse la seconda guerra, nel 153 a.C., con la presa di Segeda e l'assedio, poi revocato, ai superstiti asserragliati a
Numanzia.[59]

4.2.1 Terza guerra celtiberica e alleanza con i ribelli


lusitani
I problemi si acuirono quando la politica opprimente di
Roma, condotta con modi indegni[67] , ebbe l'eetto di
coagulare l'insoerenza generale e suscit una rivolta dei
Lusitani, guidata dal pastore Viriato, che, nell'onda di rivolta, raccolse attorno a s, nel 143 a.C., anche l'appoggio
delle popolazioni celtiberiche.[59]
Il leader ribelle non si or allo scontro aperto ma predilesse una tattica di logoramento con azioni e raid di
guerriglia, confortate da iniziali e cospicue vittorie. Il disegno di Viriato incontr per un limite nell'instabilit
della coalizione: i successi iniziali gli guadagnarono
l'indipendenza attraverso una pace onorevole, ma dovette subire l'immediato voltafaccia del senato romano che,
rimangiandosi i patti, gli invi contro un esercito a riprendersi i territori concessi. Anche la ne di Viriato, nel
139 a.C., fu ottenuta da Roma in maniera indegna: non
cadde in battaglia ma per mano di alcuni sicari, corrotti
e reclutati dai Romani tra i suoi stessi subalterni.[59]

4.2.2 Assedio di Numanzia


Ancora una volta il punto focale della ribellione fu Numantia, capace di resistere a due successivi assedi portati
nel 141 e nel 138 a.C.[68]

Si giunse al punto che il console Ostilio Mancino tratt


una resa disonorevole per salvare i suoi 20.000 soldati, ma
la sua decisione fu sconfessata da Roma: il senato, ispirato
4.2 Sottomissione e rivolte dei Celtiberi
da Scipione Africano Minore, riut l'intesa e consegn
il console ai nemici, quale atto riparatorio di una lesione
Intanto, l'ultimo scorcio del III secolo a.C., con l'epilogo dello ius gentium: i numantini, insensibili di fronte alla
del conitto con Cartagine, aveva fatto guadagnare a Ro- promessa di un riscatto, lo sottoposero, nudo e in catene,
ma, senza alcuna specica oensiva militare, territori ad un'umiliazione alle porte della citt.[68]

4 PRIMI SCONTRI FUORI DALL'ITALIA (II SECOLO A.C.)

Bellovaci
Parisii
Senoni
Aulerci
Mandubi

Edui

Sequani

Am
ba

bi

Cu

rri

igi

r
itu

Segusiavi
Arverni

La ne dell'assedio di Numanzia.
La confederazione edua,

i suoi alleati e gli avversari


Dopo altri insuccessi, tocc allo stesso Scipione risolvere la situazione con l'assedio di Numanzia, uno dei grandi assedi della storia, durato otto mesi e conclusosi con
la completa capitolazione dei ribelli e la distruzione della citt nel 133 a.C. L'evento, uno dei pi famosi del- La confederazione edua alleata di Roma a fronte di Arverni e
la storia militare di tutti i tempi,[69] ebbe due testimoni Sequani.
d'eccezione: lo storico greco Polibio e un romano destinato di l a poco a gloriosi successi militari contro Giugurta
la capitale Bibracte (nei pressi dell'odierna Autun). Quee contro Cimbri e Teutoni.[68]
ste relazioni sedimentarono, in breve tempo in una vera e propria alleanza, no al conferimento agli Edui di
uno status privilegiato, quello di amici et socii populi
4.3 Prime iniziative in Gallia
Romani (amici ed alleati del popolo romano): quest'alleanza doveva rivelarsi decisiva per le successive miLa prima apparizione delle insegne romane in Gallia si
re di Roma nella regione, dagli anni che immediatamente
avr intorno al 150 a.C., quando l'esercito di Roma sar
seguirono, no alle campagne militari di Cesare:[71] poimpegnato nel sud della Gallia ad ingaggiare la prima delco dopo, probabilmente con la fondazione della provincia
le campagne contro le trib celto-liguri dei Salluvii, spinarbonense, si fecero ancor pi stretti i vincoli di amicina nel anco di Massalia,[70] l'odierna Marsiglia, colonia
zia con gli Edui, ora promossi al grado di fratres populi
focea legata a Roma da amichevoli rapporti risalenti alRomani.[74]
meno all'inizio del IV secolo a.C.,[71] e meritevole della gratitudine di Roma per l'aiuto prestato nella seconda
guerra punica.[68] I Salluvi, che gravitavano sulla loro capitale Entremont (presso l'attuale Aix-en-Provence), fu- 4.5 La creazione della provincia Narborono rapidamente scontti e le legioni romane poteronense
no fare immediato ritorno in patria.[72] Una generazione
dopo, Roma costretta a intervenire di nuovo: i Sallu- Negli anni immediatamente successivi alla sottomissione
vi sono denitivamente scontti intorno al 125-124 a.C. dei Salluvii e alla conquista di Entremont, si acuirono le
dal console Marco Fulvio Flacco.[73] L'oppidum di En- tensioni con i popoli stanziati a est e a ovest del corso del
tremont cade in mano romana mentre i superstiti bene- Rodano, Allobrogi e Arverni.[68] Roma, forte anche della
ciano dell'ospitalit dei vicini e temibili Allobrogi[72] sua alleanza con gli Edui, si sent pronta a lanciare una
solo l'inizio di un processo che, in alcuni decenni, porte- campagna di espansione nelle regioni meridionali della
r alla decadenza politica e al completo assoggettamento Gallia e a contrastare il risorgente egemonismo arverno
della Gallia transalpina al potere di Roma.[68]
portato avanti dal suo leader Bituito:[68][71] questi avrebbe
radunato trecentomila uomini, ma i consoli che si avvicendarono in quegli anni, Quinto Fabio Massimo e Gneo
4.4 Alleanze con gli Edui
Domizio Enobarbo, portarono a termine l'annessione di
territori a sudest e a cavallo del Rodano. La vittoria di
L'ingerenza armata nei territori d'oltralpe, potrebbe aver Enobarbo, presso la conuenza tra il Rodano e l'Isre defornito a Roma le prime occasioni per stringere inedite cise denitivamente la contesa: nel 121 a.C. venne eretta
alleanze con popolazioni celtiche: fu probabilmente negli la provincia romana della Gallia Narbonensis e, tre anstessi anni dell'intervento contro i celto-liguri che Roma ni dopo, venne dedotta la colonia di Narbona, capitale
pot intessere i primi benevoli contatti con gli Edui,[71] provinciale con il suo porto:[72][75] le nuove acquisiziodislocati in Gallia centrale, in un territorio controllato dal- ni territoriali rendevano possibile la frequentazione di un
Edui
Alleati confinanti e clienti
Confederazione edua

Potenze avversarie

9
agevole collegamento con le province ispaniche, attraver- di Aquae Sextiae (Aix-en-Provence) e nella battaglia
so la Via Domitia, costruita da Gneo Domizio Enobarbo dei Campi Raudii: entrambe le popolazioni furono
negli anni dal 121 al 117 a.C.[68][71]
virtualmente annichilate e la loro minaccia allontanata.

4.6

La Gallia, teatro del conitto, ne usc profondamente


[77]
Guerre in Norico e Gallia contro provata, con gli insoerenti Allobrogi ancora non del
tutto pacicati: proprio tra loro, nel 63 a.C. Catilina si riCimbri e Teutoni
volger a loro nell'inutile ricerca di un sostegno alla sua
congiura.[75][78] Nonostante la lealt dimostrata in questa
occasione, solo due anni pi tardi Roma dovr spegnere
una loro rivolta.[75]

5 Campagne di Cesare in Gallia e


in Britannia (I secolo a.C.)

Le invasioni di Cimbri e Teutoni ebbero come teatro la Gallia. I


loro popoli, di stirpe germanica, erano percepiti dai Romani come
celtici.

Nonostante la distanza storica e i molti anni trascorsi, era


ancora viva a Roma la memoria dell'umiliante sacco subto ad opera delle trib celtiche provenienti da oltralpe,
un evento storico ormai trasfuso in una tradizione leggendaria, da trasmettere di generazione in generazione.
Nessuno poteva per immaginare che Roma, nel giro di
pochi anni, si sarebbe trovata a fronteggiare gli spettri
di una nuova minaccia che incombeva dal nord, nascosta dietro i nomi di Cimbri e Teutoni: si trattava, in realt, di popoli di stirpe germanica, ma che, a quel tempo,
per un'errata percezione portava ad attribuire al mondo
celtico.[75] Nel 113 a.C., piombarono in forze sul Norico
e minacciarono l'Italia attraverso le Alpi.[76] I Celti Taurisci chiesero allora l'intervento dei Romani che si inlarono in un lungo e incerto conitto contro Cimbri e Teutoni: l'esordio si ebbe nel 112 a.C., nella battaglia di Noreia presso l'omonima citt, risoltasi in una grave scontta per i Romani, che subirono l'annientamento di un
esercito consolare.[75] I Romani patirono ulteriori rovesci presso il Rodano, prima di andare incontro, nel 105
a.C., presso Orange, alla disfatta di Arausio, la peggiore
dai tempi della scontta subita a Canne,[75] . La tradizione successiva vorr attribuire la debacle all'ombra di una
maledizione incombente sui profanatori dell'Aurum Tolosanum, come veniva chiamato il tesoro proveniente dalla
spedizione celtica a Del, sottratto con ignominia, qualche anno prima, dal proconsole Quinto Servilio Cepione,
da un nemeton celtico presso Tolosa.

Il mondo romano nel 58 a.C., prima della conquista della Gallia


da parte di Cesare.

Lo scontro navale del 56 a.C., presso la baia di Quiberon, contro


la talassocrazia dei Veneti, che solcavano e dominavano le rotte
per la Britannia.

Il problema celtico non si sarebbe risolto se non quando


Cesare avesse posto mano alle sue campagne galliche. Per
ottenere il pretesto per un suo intervento, egli agit proprio i vecchi fantasmi popolari del primo sacco celtico
di Roma, rinfocolati dai pi recenti spettri dei Cimbri e
dei Teutoni. Quando le trib di Elvezi e Tigurini[79] iniziarono una migrazione lungo una rotta che li avrebbe
portati a sorare appena, senza nemmeno attraversare, la
Ad allontanare la minaccia contro Roma sar inne provincia Narbonense, Cesare ebbe un pretesto a malapeMario, vincitore (nel 102 e 101 a.C.) nella battaglia na suciente per dare corso, tra il 58 e il 49 a.C., alle sue

10

5 CAMPAGNE DI CESARE IN GALLIA E IN BRITANNIA (I SECOLO A.C.)

campagne galliche. Dopo aver praticamente falcidiato la


trib elvetica,[80] Cesare dispieg un'aspra campagna, da
un capo all'altro della Gallia, contro altre trib, i cui territori furono annessi a quelli di Roma. I Galli si portavano dietro il peso delle loro tradizionali divisioni interne:
uscirono scontti da una serie di battaglie svoltesi lungo
l'arco di una decade.
Cesare sconsse gli Helvetii nel 58 a.C., nella battaglia di
Genava, nella battaglia del ume Arar e nella battaglia
di Bibracte (presso l'omonimo oppidum gallico); dalla
battaglia del ume Axona usc invece scontta la confederazione celto-germanica dei Belgi,[79][80] mentre i Nervii
furono battuti nel 57 a.C. nella battaglia del ume Sabis.[79] Aquitani, Treviri, Tencteri, Edui ed Eburoni subirono la stessa sorte in battaglie sconosciute,[80] mentre contro i Veneti che, in una sorta di talassocrazia[74]
armoricana, imponevano tributi[81] e dominavano le rotte
commerciali per la Britannia, dovette addirittura allestire
una otta sulla Loira: I Veneti furono scontti in battaglia
navale nel 56 a.C.[80] presso la baia di Quiberon, poco a
nord dell'estuario della Loira, grazie a particolari espedienti tecnico-tattici ideati e messi in opera dalla otta
romana.[82]

I momenti salienti della fase nale della battaglia di Alesia.

Nel 52 a.C. a Cenabum, oppidum centrale dei Carnuti, si


compie un eccidio premeditato di commercianti romani,
maturato in ambienti druidici[85] e ordinato dal gutuater
custode del locale nemeton.[86] Questo episodio prelude
all'entrata di Vercingetorige sul proscenio della storia, con
un sincronismo cos sospetto da non poter essere giudicato casuale[87] : il massacro di Cenabum si rivela il segnale
d'inizio di un vasto movimento di rivolta, destinato in breve a estendersi a quasi tutta la Gallia, no a raccogliere
5.1 Prime spedizioni romane in Britannia per strada anche la defezione dei pi fedeli alleati di Roma, gli Edui e i relativi confederati. Cesare, intuita n dal
Sempre nello stesso contesto bellico, Cesare diede cor- primo segnale la criticit della situazione, sar costretto a
so alle sue due spedizioni in Britannia degli anni 55 e 54 una precipitosa e audace manovra di rientro in Gallia dai
cisalpini presso i quali si era imprudentemente
a.C.,[80] le cui vicende furono legate principalmente alla territori[88]
ritirato.
vittoria sul re Cassivellauno.[83] I successi britannici non
procurarono alcun avanzamento territoriale, ma serviro- Solo e isolato nel cuore della Gallia, Cesare dovr spendeno a costruire una rete di re-clienti di Roma: negli anni re i suoi migliori talenti di generale contro l'audace e insuccessivi questo sistema di clientele avrebbe posto le ba- novativa iniziativa guidata da Vercingetorige: nel 52 a.C.,
si per una nuova politica di rapporti, proseguita attraverso dopo il vittorioso assedio di Avarico, e un sguito di batl'et augustea e no alla parziale conquista della Britannia taglie non decisive, Cesare avr inne ragione della ribelvoluta dall'imperatore Claudio.
lione nella celeberrima battaglia di Alesia, un evento destinato ad iscriversi nella serie degli episodi pi celebrati
della poliorcetica.[69]

5.2

La rivolta gallica di Vercingetorige e la


battaglia di Alesia

5.2.1 L'epilogo di Vercingetorige e della Gallia


celtica

Con la soccombenza di Vercingetorige, il grosso della rivolta era ormai denitivamente domato e la conquista della Gallia Transalpina poteva dirsi conclusa. Negli anni dal
52 al 51 a.C., infatti, Cesare si trov a estinguere le ultime
sacche di ribellione che ancora covavano in Gallia: con
il sopraggiungere dell'anno 50 a.C. la Gallia era interamente pacicata e saldamente sotto il controllo di Roma.
Gi in quegli stessi anni, durante un soggiorno invernaQuesto volto di capo gallico, con bula e paludamentum, potreb- le nell'oppidum celtico di Bibracte, Cesare poteva porre
be essere l'unico ritratto di Vercingetorige, emaciato e provato mano alla stesura dei suoi commentarii de bello Gallico.
dalla cattivit. Il denario argenteo fu infatti battuto, con ni propagandistici, da Saserna, magistrato monetale intorno al 48 a.C.,
negli anni in cui Vercingetorige languiva a Roma, prigioniero del
Tullianum.[84]

Vercingetorige fu fatto prigioniero e lasciato al languire alcuni anni nel Carcere mamertino, in attesa di ornare il sempre rimandato trionfo di Cesare che, si celebr inne, insieme agli altri, nell'estate del 46 a.C.: in

11
quell'occasione fu mandato a morte da un Cesare probabilmente restio a indulgere a un simile accanimento a
freddo, ma forse ancor pi riluttante ad opporsi ai desideri di vendetta del popolo plaudente, che chiedeva un trattamento no ad allora riservato al solo Giugurta.[84] Una
sorte ben pi dura di quella toccata a Bituito, l'altro ribelle arverno di 80 anni prima, a cui era stato concesso di
nire i suoi anni, insieme ai gli, in un tranquillo esilio ad
Alba Fucens.[71][84] Era ormai interrotto il lo rosso del
ribellismo arverno che, attraverso due generazioni, aveva
unito Vercingetorige a Bituito, attraverso l'interludio di
Celtillo, padre del leader ribelle.

Mondo romano all'apice


della crisi del III secolo

Treviri

Impero delle Gallie


Roma

Regno di
Palmira

Impero romano

La Gallia era entrata cos, denitivamente, nell'orbita


L'Impero delle Gallie nel 260, sotto Tetrico
della pax romana e non riacquist mai pi la sua originaria identit celtica, assoggettata a una inesorabile
romanizzazione, con la formazione di un'originale cultura 6 I conitti con i Celti
gallo-romana.

Palmira

in et

imperiale

5.3

Fuochi di ribellione nella Gallia roma- La sottomissione della Gallia ebbe l'eetto di sopire ogni
possibile minaccia diretta dei Celti verso i territori di Ronizzata

ma. La conittualit rimase ancora latente ma, da quel


momento in poi, fu legata a iniziative belliche decise e
La provincia fu percorsa nuovamente da alcune ribellioni,
programmate da Roma e nalizzate alla rimodulazione
imbevute ancora di residue inuenze druidiche,[89] come,
del limes stabilito da Cesare, o a nuove espansioni oltre
sotto Tiberio, la rivolta di Giulio Floro e Giulio Sacroquei conni.
viro del 21 a.C., o la fallita iniziativa di Giulio Vindice
nel 68 d.C., sotto Nerone.[90] Dopo la morte di Nerone,
nell'anno dei quattro imperatori, vi fu sotto Vitellio nel6.1 Campagne illiriche di Ottaviano (35-33
la popolazione dei Boi[91] l'emero tentativo di Maricco
a.C.)
nel 69, prontamente represso in corso d'anno.[89] Questi
aveva fomentato una rivolta contro Roma ngendosi ispirato dagli e dei e dicendo di essere lui stesso un dio. Lo
seguirono 8.000 uomini, ma quando cerc di allargare il
consenso in altri popoli limitro, questi, unendosi a coorti inviate da Vitellio, dispersero i fanatici. Maricco venne
catturato e mandato in pasto alle bestie.[91]

5.3.1

Rivolta dei Batavi e primo Imperium Galliarum (I secolo)

Un sussulto pi grave si ebbe in quello stesso anno,


con la rivolta batava di Giulio Civile e la confusa, poi
fallita prospettiva, di un'aggregazione celto-germanica,
l'Imperium Galliarum,[90] , proclamato da Giulio Classico[92] (da non confondersi con l'Impero delle Gallie,
l'omonimo esperimento politico del terzo secolo).
I popoli illirici della Dalmazia prima della conquista romana

5.3.2

Impero delle Gallie (III secolo)

L'ultimo e importante evento si ebbe, durante la crisi del


III secolo, con Postumo: l'impero delle Gallie, esperimento secessionistico da lui inaugurato nel 259, una sorta di
prima forma di Regno di Francia, comprendente Gallia,
Britannia e Spagna, dur una quindicina d'anni, prima di
esser fatto rientrare da Aureliano nel 274.

Tocc ad Ottaviano, non ancora insignito del titolo di


Augusto, assumersi il compito di mettere in sicurezza
i conni nord-orientali del nascente impero romano.[63]
Questa sua opera lo condusse a misurarsi con residue
popolazioni celtiche non ancora soggiogate: negli anni
dal 35 al 31 a.C. egli diresse personalmente, rimanendovi anche ferito,[93] una serie di campagne illiriche[93]
in cui aront un insieme di popolazioni di eterogenea
indole, tra cui quelle celtiche e celto-illiriche che occupa-

12

6 I CONFLITTI CON I CELTI IN ET IMPERIALE

vano i territori dalla conca carpatica, sia ungherese che


transdanubiana, no alla vicina Mesia, come gli Iapidi
della regione di Krain (Carniola), i Taurisci, i Boi, gli
Scordisci, gli Eravisci, ecc., ottenendo avanzamenti territoriali abbastanza modesti ma strategicamente molto rilevanti. Nonostante l'importanza dei successi conseguiti
nelle sue campagne illiriche,[94] proprio l'episodio del
ferimento, dovuto a una consapevole e temeraria esposizione al pericolo, a gettare luce sul prevalere dei moventi
personali rispetto a quelli squisitamente strategici:[95] il
peso di eventuali progressi territoriali gli doveva tornare
utile nel confronto con Antonio, mentre l'onorevole ferimento, con tanto di accostamento della sua gura a quella
di Alessandro, soddisfer il suo desiderio di gloria in battaglia, quella stessa gloria che non lo aveva neppure sorato a Filippi, n tanto meno gli aveva arriso nella contesa
triumvirale contro Sesto Pompeo.[95][96]

Le popolazioni celtiche delle Alpi intrattenevano


all'epoca rapporti generalmente buoni con Roma, che
poteva cos contare, di volta in volta, sul valico sicuro di
quei territori montani. Questa certezza fu turbata nel 35
a.C., mentre Ottaviano era impegnato in Illirico, quando
si rivoltarono i Salassi, il popolo che, insieme ai Taurini,
controllava ad occidente i passi e le adiacenze del Gran
San Bernardo.[93] I Salassi furono scontti da Terenzio
Varrone, generale di Augusto, nel 25 a.C.: ridotti in
schiavit, civili e militari furono venduti sul mercato di
Eporedia (Ivrea),[98] mentre la vittoria fu consolidata
con la fondazione di Augusta Praetoria (Aosta).[93] Il
tradizionale sistema di dazi praticati da questo popolo fu
ereditato da Roma con l'esazione del portorium del 2,5%
della quadragesima Galliarum.[99]

Le campagne di Ottaviano, distratte da contese interne,


non diedero luogo alla completa sottomissione della regione: l'assoggettamento degli Iapidi si risolse praticamente nella quasi estinzione di quel popolo, i cui superstiti, donne e uomini, si abbandonarono a una forma di suicidio collettivo;[93][97] ma l'intera regione dovette soggiacere al controllo di Roma solo dopo la repressione della
rivolta dalmato-pannonica del 6-9 d.C.

6.2

Guerre cantabriche

Con la vittoria di Numanzia, del 133 a.C., Roma si


era assicurata buona parte della penisola iberica: sottratte alla conquista romana erano rimaste solo le regioni
dell'estremo estremo nord. La conquista romana della penisola iberica si complet con le guerre cantabriche, dal
29 al 19 a.C., che consegnarono a Roma le province
dell'Asturia e della Cantabria.[68] L'Iberia fu interamente
conquistata gi nel 25 a.C. e l'ultima rivolta si ebbe nel
19 a.C.

6.3

L'Arco di Augusto costruito da Cozio a Susa

Sottomissione e accordi con i Celti Nel settore delle Alpi Cozie (provincia romana) facente capo all'attuale Valle di Susa e zone limitrofe, territoalpini (35 - 7 a-C.)
rio con importanti valichi verso il Sud della Gallia (Colle

Il Trofeo delle Alpi, monumento celebrativo della sottomissione


dei popoli alpini, eretto a La Turbie, a nord del Principato di
Monaco.

del Monginevro) e il Nord (il direttissimo Colle Clapier


e l'appena pi lontano Colle del Moncenisio) vi fu un accordo con il re delle trib locali, Cozio, con un patto di
alleanza ricordato anche attraverso l'erezione nella capitale Segusium (odierna Susa (Italia) dell'Arco di Augusto
il cui fregio riporta l'accordo di pace stipulato. Ma il bisogno di garantirsi la sicurezza di valichi e conni, anche
verso le future aree di espansione di Rezia e Vindelicia,
rese necessaria un'operazione di complessivo assoggettamento delle enclave di popolazioni alpine, grazie a una
serie di campagne, anche diplomatiche, fra il 35 e il 7
a.C.,[99] la pi importante delle quali fu la manovra a
tenaglia condotta nel 15 a.C. dai due fratelli Tiberio e
Druso: in quell'occasione Roma si assicur la Rezia e la
Vindelicia estendendo i domini oltre il Brennero e no

6.4

Espansione in Britannia

13

alle fonti del Danubio: probabile che quelle stesse cam- 6.4.1 Britannia pre romana
pagne portassero alla denitiva distruzione dell'oppidum
celtico di Manching ad opera di Tiberio, vicino al cui sito L'interesse romano per il controllo della Britannia si era
fu eretta la citt di Augusta Vindelicorum.[93]
gi manifestato ai tempi della conquista della Gallia di
Nello stesso periodo, anche il Norico cadde sotto il do- Gaio Giulio Cesare, inserito, a quel tempo, nel contesto
minio di Roma: fu Publio Silio Nerva, proconsole della di un vasto disegno strategico che percepiva l'isola, per la
provincia illirica, militarmente attivo nella regione, a san- sua vicinanza, come fonte di insicurezza per la progettata
cirne la sottomissione nel 10 a.C., forse grazie a una tran- espansione romana in Gallia.
sizione indolore, indotta probabilmente dall'estinzione Le due spedizioni di Cesare in Britannia raggiunsero
della locale dinastia regale.[90]
l'esito sperato da Cesare, riuscendo utili a neutralizzaLa sottomissione delle Alpi fu celebrata con la costruzio- zione il pericolo esterno, ma, in termini puramente terne del Trofeo delle Alpi (Tropaeum Alpium), a La Turbie, ritoriali, gli eetti furono invece nulli. Le legioni romala cui frammentaria iscrizione, ricostruita solo grazie al- ne furono ritirate, di fronte alla minaccia della rivolta
la tradizione pliniana,[100] riporta i nomi dei 46 popoli di Vercingetorige in Gallia e in seguito, nel clima della guerre civili con Pompeo e della successiva morte di
soggiogati.[101]
Cesare, la Britannia venne dimenticata.[102]

6.4

Espansione in Britannia

Nonostante questo, l'aver messo piede nell'isola permise a Roma la costruzione di una rete di clientele regali che avrebbe dato la stura a tti rapporti commerciali
e diplomatici con la provincia di Gallia e Roma stessa:
era l'inizio a una forma di romanizzazione condotta per
vie commerciali, che incise soprattutto sugli Atrebati, sui
Trinovanti sui Catuvellauni.[102][103] Indipendentemente
da atteggiamenti lo o anti-romani, reti di commercio e
graduali inltrazioni[104] , entrambe archeologicamente
documentate in questo periodo, ponevano i presupposti
per un futuro assoggettamento.[105]

6.4.2 I progetti di Augusto e la spedizione di


Caligola
La conquista dell'isola fece inizialmente parte anche
dell'agenda politica e militare di Augusto, che fu per distolto dal proposito a causa della gi ricordata insorgenza dei rivoltosi Salassi.[106] Emerse allora la gura di Cunobelino dei Catuvellauni il quale, in un quadro di buoni rapporti commerciali con Roma,[102][103]
riusc a estendere la propria sfera di inuenza sulla
Britannia sud-orientale no al Kent, muovendo la residenza da Verulamium (St Albans) a Camulodunum
(Colchester), tanto da essere indicato da Svetonio[107]
come Britannorum rex.[104][106]

Le tappe della conquista romana della Britannia dal 43 all'84.

Nonostante i rapporti commerciali, nell'atteggiamento


espansivo di Cunobelino poteva essere apprezzata una
componente spiccatamente anti-romana, di cui furono
eredi e continuatori due dei suoi tre gli, Carataco e
Togodumno; questa politica non avrebbe tardato a a produrre i suoi eetti:[99] il quadro cambi infatti quando il
re entr in dissidio con l'altro glio Adminio che, con la
sua inclinazione lo-romana, supplic Caligola e lo sollecit a tentare un'invasione in forze della Britannia, che
per si concluse in un nulla di fatto. Gli storici di estrazione senatoriale (e dunque notoriamente estremamente avversi a Caligola) Svetonio e Dione Cassio aermano che
l'iniziativa ebbe un epilogo farsesco: i soldati del corpo di
spedizione, obbedendo agli ordini di Caligola, anzich es-

14

6 I CONFLITTI CON I CELTI IN ET IMPERIALE

La rivolta di Budicca (61)

Conquista di Claudio (43-48 d.C.) Tre anni dopo il


velleitario insuccesso di Caligola, il disegno politico di
Augusto fu fatto proprio da Claudio che prese a spunto proprio la politica espansiva espressa dalla dinastia
che originava dal re cliente Cunobelino per dare inizio,
nel 43 d.C., a una sistematica opera di conquista e
L'imperatore Caligola progett un'invasione della Britannia che
sottomissione.[106] A fornirgli il pretesto, dopo la morte
si risolse in un nulla di fatto.
di Cunobelino, fu la pressione politica esercitata dal glio
Carataco sul popolo degli Atrebati britannici, il cui re, il
sere lanciati in battaglia, dovettero calarsi in mare per rac- loromano Verica, fu esautorato da Carataco ed esiliato
cogliere conchiglie, a costituire il bottino da ricondurre a dal regno, tanto da doversi recare a Roma per chiedere
Roma per gli ornamenta triumphalia.[106][108][109]
l'intervento di Claudio.
6.4.3

Prottando di questa occasione, Roma sbarc in forze in


Conquista romana della Britannia (I secolo Britannia e, negli anni dal 43 al 46, le legioni romane ebbero ragione della resistenza dei due gli di Cunobelino,
d.C.)
Carataco e Togodumno: il sud-est dell'isola fu conquistato, la capitale fu insediata a Camulodunum e Togodumno
fu ucciso. A Carrataco tocc una sorte pi mite: rifugiatosi presso il popolo dei Briganti, fu consegnato a Roma dalla regina Cartimandua; ricevuta la grazia dall'imperatore,
trascorse il resto dei suoi giorni a Roma.[110]

Veduta dell'Hillfort di Maiden Castle, Dorset. Le evidenze archeologiche del rifacimento delle sue mura e del cimitero di
guerra sono considerate conseguenze dell'azione della Legio II
Augusta al comando di Vespasiano, futuro imperatore romano,
durante la conquista della Britannia.

La Legio II Augusta, guidata dal futuro imperatore


Vespasiano, fu dispiegata verso sud-ovest, impegnata nella conquista di oltre una trentina di hillforts e nella sottomissione di varie trib della Cornovaglia. L'archeologia
della Britannia meridionale ha evidenziato una fase
di ripresa, dal precedente declino edilizio, della manutenzione di queste fortezze d'altura, in coincidenza
con l'invasione romana intorno alla met del I secolo. L'evidenza particolarmente stringente nei siti sudoccidentali (come Maiden Castle, con la sua necropoli
di guerra, o South Cadbury), proprio nell'area in cui Vespasiano e la sua Legio II Augusta ingaggiarono la loro
metodica repressione.[111]
Rivolta di Budicca (54-70 d.C.) Le nuove acquisizioni della provincia di Britannia furono minacciate nel 61,

6.5

Irlanda

sotto Nerone, dalla rivolta di Budicca (o Boadicea), regina degli Iceni: da poco divenuta vedova di Prasutago, gi
re britannico cliente di Roma, la regina ispir una vasta
sollevazione di popoli britannici grazie alla quale furono
sottratte al controllo di Roma le citt di Camulodunum,
Verulamium e Londinium (risp., le odierne Colchester, St
Albans e Londra). La reazione romana riusc a soocare
la ribellione nella battaglia della strada Watling, dopo la
quale Boudica si diede la morte con il veleno.[112] .

15
resa evidente da frequenti ribellioni di trib delle attuali Scozia e Inghilterra settentrionale: la situazione indusse Roma, sotto Adriano, a realizzare due basi militari, a
partire dalle qualile truppe romane costruirono e presidiarono il Vallo di Adriano, tra i ordi del ume Tyne e
il Solway Firth (122-125).[113]
Un avanzamento del conne per 160 km pi a nord, si
ebbe sotto Antonino Pio, con l'erezione di una seconda
struttura difensiva, il Vallo Antonino,[113] lungo l'istmo
tra le due insenature del Firth of Forth e del Firth of Clyde: meno imponente ed ecace del precedente, fu mantenuto per una ventina d'anni, dopo i quali Roma si attest
nuovamente sul precedente limes di Adriano.
Un nuovo avanzamento vi fu sotto Settimio Severo, le cui
campagne britanniche, condotte negli ultimi anni della
sua vita, pur coronate da successi, non furono in grado di
ricostituire un limes pi settentrionale:[113] infatti, dopo la
morte dell'imperatore a York, gli avanzamenti territoriali
ottenuti furono abbandonati dal glio Caracalla.

6.5 Irlanda

Il Vallo di Adriano nel Northumberland, tra Vercovicium


(Housesteads) e Once Brewed.

Durante tutta la storia di Roma, blando fu invece


l'interesse mostrato per l'Irlanda, una conseguenza dello scarso rilievo politico ed economico attribuito a
quell'isola che i romani chiamavano Hibernia.[113]
L'imperialismo romano l'aveva infatti appena sorata, ai
tempi della spedizione di Agricola, con la costituzione di
una testa di ponte sulla costa orientale (per la cui collocazione avanzata anche l'ipotesi del sito archeologico di
Drumanargh[114] ), un'operazione esplorativa a cui, per,
non fu dato mai alcun sguito militare.[113]

7 Note
[1] Kruta, I Celti e il Mediterraneo, p. 10.
[2] Kruta, I Celti e il Mediterraneo, p. 8.
[3] Daniele Vitali, I Celti in Italia, in S. Moscati et al., I Celti,
1991.
[4] Kruta, I Celti e il Mediterraneo, pp. 9, 11 e 14.
[5] Robert Maxwell Ogilvie, Le origini di Roma, Parte prima
- cap. 13 - p. 159.
La celebre allocuzione di Calgaco ai Caledoni nell'imminenza
della battaglia del Monte Graupio

Campagne di Agricola (78-84 d.C.), denizione del


limes (II secolo) e campagne di Settimio Severo (inizio III secolo) Roma inizi a premere a nord no al
Galles e alla Scozia centrale: nell'80, sotto Domiziano,
Agricola circumnavig l'isola e sconsse i Caledoni di
Calgaco nella battaglia del monte Graupius (83 o 84).
La necessit di proteggere a nord il limes britannico fu

[6] Ogilvie, cit, Parte prima - cap. 7 - p. 78.


[7] Di questi rapporti era a conoscenza Aristotele, Politica,
1280a 25 ((EN) su Perseus project). Una conferma scritta
dei rapporti, almeno con l'ambiente fenicio se non punico,
considerata l'iscrizione bilingue, fenicio-etrusca contenuta nelle Lamine auree di Pyrgi - CIE, 6314-6316 (cfr.
Ogilvie, cit., Parte prima - cap. 7 - p. 78).
[8] Ogilvie, Le origini di Roma, Parte prima - cap. 7 - p. 77.
[9] Polibio, Storie, III.22 (trad. inglese su LacusCurtius).

16

[10] Ogilvie, Le origini di Roma, Parte prima - cap. 7 - p. 76.


[11] Kruta, La grande storia dei Celti, p. 194.
[12] La denizione di Roma come citt greca fa parte della tradizione, presente nella storiograa ellenica, di una
fondazione greca di Roma.

[39] La contemporaneit dei due attacchi sostenuta da Marta


Sordi, Il mondo greco dall'et arcaica ad Alessandro (par.
L'intervento di Dionigi in Italia), cit., argomentando sulla contraddizione delle fonti in Diodoro (XIV.17.7 e
XV.14.3).
[40] Kruta, La grande storia dei Celti, p. 196.

[13] Plutarco, Vite Parallele - Camillo, XXII.

[41] Senofonte, Elleniche, VII, 1.20.

[14] Ogilvie, Parte prima - cap. 13 - p. 166.

[42] Kruta, La grande storia dei Celti, p. 241.

[15] Paola Ruggeri, Roma. Dalle origini della Repubblica al


Principato, (par. La conquista di Veio).

[43] Polibio, Storie, II.17.

[16] Livio, V, 33-38.


[17] Floro, I, 13.
[18] Paola Ruggeri, Roma. Dalle origini della Repubblica al
Principato, (par. Il sacco Gallico).

[44] Kruta, La grande storia dei Celti, pp. 250.


[45] Kruta, La grande storia dei Celti, pp. 251.
[46] Kruta, I Celti e il Mediterraneo, p. 38.
[47] Kruta, I Celti e il Mediterraneo, p. 39.

[19] Pennell, Ancient Rome, Ch. IX, par. 2.

[48] Kruta, I Celti e il Mediterraneo, p. 42.

[20] Livio, V, 48.

[49] Ogilvie, Parte prima - cap. 13 - p. 162.

[21] Lane Fox, The Classical World, p. 283.

[50] Kruta, La grande storia dei Celti, p. 216-217.

[22] Appiano, Storia romana, estratto bizantino dal IV libro


(traduzione inglese su Livius.org).

[51] Kruta, I Celti e il Mediterraneo, p. 45.

[23] Strabone, Geograa, V, 2,3.


[24] Demandt, p. 22.
[25] Christiane Elure, I Celti barbari d'Occidente, p. 68.
[26] Christiane Elure, p. 71.
[27] Kruta, La grande storia dei Celti, p. 202.
[28] Lo smalto era ottenuto dal vetro di quarzo, addizionato
di ossido rameico (Cu2 O) e piccole quantit di piombo;
durante la fusione, un processo di ossidoriduzione evitava
la formazione di ossido rameico (CuO), dall'indesiderato
colore verde. Cfr. Gnter Haselo, Lo smalto celtico, in S.
Moscati et al., I Celti, 1991.

[52] Christiane Elure, p. 65.


[53] Kruta, I Celti e il Mediterraneo, p. 46.
[54] Lloyd and Jennifer Laing, The Art of the Celts, p. 63.
[55] Kruta, La grande storia dei Celti, p. 121.
[56] Kruta, La grande storia dei Celti, p. 122.
[57] Christiane Elure, pp. 64 e 71.
[58] Eutropio, Breviarium ab Urbe condita, II.5
[59] Demandt, p. 86.
[60] Christiane Elure, p. 69.

[29] Ogilvie, Cronologia.

[61] Polibio, Storie, II.25.

[30] Ogilvie, Parte prima - cap. 13 - p. 160.

[62] Polibio, Storie, II.35.4

[31] Cesare, De bello Gallico, VII.22

[63] Demandt, p. 92.

[32] Ogilvie, Parte prima - cap. 13 - p. 161.

[64] Floro, II, 3.

[33] Pierre Roualet, La facies marniana della Champagne, in


S. Moscati et al., I Celti, 1991.

[65] Floro, II, 19-20.

[34] Cesare, De bello Gallico, I.5.


[35] Marta Sordi, Il mondo greco dall'et arcaica ad Alessandro, (par. Dionigi in Adriatico e in Illiria).
[36] Marta Sordi, Il mondo greco dall'et arcaica ad Alessandro, (par. L'intervento di Dionigi in Italia).

NOTE

[66] Floro, Epitome di Tito Livio, II, 17.


[67] Appiano, VI, 60 e seguenti.
[68] Demandt, p. 87.
[69] Demandt, p. 91.
[70] Zecchini, p. 6.

[37] Giustino, nella sua epitome delle Storie lippiche di


Pompeo Trogo, in un passo in cui debitore di Teopompo:
XX, 5 (testo latino e versione inglese).

[71] Zecchini, p. 7.

[38] Demandt, p. 24.

[73] Livio, Periochae, LX, 125

[72] Christiane Elure, p. 80.

17

[74] Zecchini, p. 10-11.


[75] Demandt, p. 88.
[76] Christiane Elure, p. 81.
[77] Christiane Elure, p. 82.
[78] Sallustio, De Catilinae coniuratione, 40.
[79] Plutarco, Vite Parallele - Cesare.
[80] Floro, III, 10.
[81] Cesare, De bello Gallico, III.8.
[82] Strabone, Geograa IV 4,1.

[103] Evidenza di questa acculturazione per contiguit commerciale si trova nell'aspetto romanizzante della monetazione
catuvellauna di Cunobelin e di suo padre Tasciovano, di
quella dei Trinovanti sotto il dominio di Epaticco, con
assorbimento di temi iconograci spiccatamente mediterranei come il raro Apollo liricine, quasi certamente
ripreso dall'analogo Mercurio con lira dei denarii della
monetazione romana (cfr. Lloyd and Jennifer Laing, The
Art of the Celts, p. 124-125 e J.V.S. Megaw, La musica
celtica, in S. Moscati et al., I Celti, 1991).
[104] Ian Mathieson Stead, I popoli belgi del Tamigi, in S.
Moscati et al., I Celti, 1991.
[105] Tacito, De vita et moribus Iulii Agricolae 13.

[106] Demandt, p. 96.


[83] Cesare, De bello Gallico, IV, 20-35; V, 1, 8-23. La testimonianza cesariana inoltre integrata da quelle di [107] Svetonio, Vite dei dodici Cesari - Caligola,IV.44.2 ((LA)
su LacusCurtius).
Dione Cassio (Storia romana, XXXIX, 50-53) e di Floro
(Epitome della Storia romana, I, 45).
[108] Svetonio, Vite dei dodici Cesari - Caligola, IV.46.
[84] Zecchini, pp. 82-83.
[109] Dione Cassio, Storia romana, LIX.25.2
[85] Cesare, De bello Gallico, VII, 1.
[110] Tacito, Annali XII, 33-38; Dione Cassio, Storia romana,
Epitome of Book LXI, 33,3c
[86] Irzio, De bello Gallico, VIII, 38.
[87] Zecchini, p. 36.
[88] Zecchini, p. 35.
[89] Zecchini, p. 86.
[90] Demandt, p. 94.
[91] Tacito, 61, in Historiae, II.

[111] Barry Cunlie, Gli Hillforts, in Sabatino Moscati et al., I


Celti, 1991.
[112] Tacito De vita et moribus Iulii Agricolae 14-16, 15; Annali
14:29-39; Cassio Dione Cocceiano, Storia romana 62:112; Floro, Epitome della Storia romana 1.38; Svetonio, Vita di Nerone 18, 39-40; Kevin K. Carroll, The Date of
Boudiccas Revolt, Britannia 10, 1979; Sheppard Frere,
Britannia: A History of Roman Britain, 1987, p. 73

[92] John Bagnell Bury, A History of the Roman Empire, from [113] Demandt, p. 97.
its Foundation to the Death of Marcus Aurelius, cap. XX,
sez. II, 1893
[114] Barry Raftery, Pagan Celtic Ireland, Thames & Hudson,
Londra, 1997 (p. 206)
[93] Demandt, p. 93.
[94] Colin M. Wells, L'impero romano, Il Mulino, 1984 - Cap
I - L'ordine nuovo, p. 29.

8 Bibliograa

[95] Colin M. Wells, L'impero romano, Il Mulino, 1984 - Cap


I. L'ordine nuovo, p. 28.

Fonti antiche

[96] Un ulteriore motivo, in Velleio Patercolo (Storia romana,


II, 78.2) e Dione Cassio (Storia romana, XLIX, 36), viene
indicato nella necessit di tenere impegnate e in ecienza
le truppe.
[97] Dione Cassio, Storia romana, XLIX, 35.4.
[98] Strabone, Geograa IV 6.7.
[99] Attilio Mastino, Le province occidentali durante la repubblica, in Storia del Mediterraneo nell'antichit. IX-I
secolo a.C., a cura di M. Guidetti, cit., p. 343.

Publio Annio Floro, Epitome di Tito Livio


testo latino e versione inglese su LacusCurtius
Tito Livio, Ab Urbe condita

Testo latino e traduzione italiana, latin.it.


Tito Livio, Periochae

[100] Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, III, 136-137.


[101] Demandt, pp. 93-94.
[102] Attilio Mastino, Le province occidentali durante la
repubblica, cit., p. 342.

Testo latino completo su VICIFONS

Testo latino completo su VICIFONS

Testo latino e traduzione inglese su Livius.org

Polibio, Storie

18

9 VOCI CORRELATE
traduzione inglese su LacusCurtius

Plutarco, Vite Parallele

Testo greco su
Versione inglese su LacusCurtius

Senofonte, Elleniche

traduzione inglese su en.WIKISOURCE

Marco Giuniano Giustino, Epitome delle Historiae


Philippicae di Pompeo Trogo
Testo latino e traduzione francese ed inglese,
da ForumRomanum.org
Gaio Sallustio Crispo, De Catilinae coniuratione

Testo latino completo su VICIFONS

traduzione di Vittorio Aleri su it.WIKISOURCE

Appiano di Alessandria, Storia romana


traduzione inglese su Livius.org
Cassio Dione Cocceiano, Storia romana
Versione inglese con excerpta bizantini a
fronte, su LacusCurtius
Gaio Plinio Secondo, Naturalis Historia
testo latino su LacusCurtius.
Svetonio, Vite dei dodici Cesari

Testo latino completo su VICIFONS


testo latino e inglese su LacusCurtius

Fonti contemporanee
Venceslas Kruta, I Celti e il Mediterraneo, Jaca
Book, collana Enciclopedia del Mediterraneo, 2004,
ISBN 88-16-43628-X.
Venceslas Kruta, La grande storia dei Celti. La nascita, l'aermazione e la decadenza, Roma, Newton
& Compton, 2004, ISBN 88-8289-851-2.
Alexander Demandt, I Celti, Bologna, Il Mulino,
2003, ISBN 88-15-09306-0.
Robert M. Ogilvie, Le origini di Roma, Bologna, Il
Mulino, 1995.
Giuseppe Zecchini, Vercingetorige, Roma-Bari,
Laterza, 2002, ISBN 88-420-6698-2.
Paola Ruggeri, Roma. Dalle origini della Repubblica al Principato, Jaca Book, collana Enciclopedia del
Mediterraneo, 2004, ISBN 978-88-16-43630-5.

Marta Sordi, Il mondo greco dall'et arcaica ad


Alessandro, Jaca Book, collana Enciclopedia del
Mediterraneo, 2004, ISBN 978-88-16-43631-2.
Christiane Elure, I Celti barbari d'Occidente,
Milano, Electa/Gallimard, 1994, ISBN 88-4450053-1.
Colin M. Wells, L'impero romano, Bologna, Il
Mulino, 1984, ISBN 88-15-00609-5.
Sabatino Moscati, Otto Hermann Frey, Venceslas
Kruta, Barry Raftery, Mikls Szab (a cura di), I
Celti, Catalogo della mostra veneziana I Celti, la prima Europa, a Palazzo Grassi, Milano, Bompiani,
1991, ISBN 88-15-00609-5.
(EN) Lloyd Laing, Jennifer Laing, Art of the Celts, rist., Londra, Thames & Hudson, 2000 [1992],
ISBN 0-500-20256-7.
AA.VV., L'Or de Tolosa, Catalogo dell'omonima
esposizione presso il Museo Saint-Raymond (17
ottobre 2001 - 20 gennaio 2002), Tolosa, ditions Odysse, 2001. ISBN 2-909454-16-9; ISBN
2-909478-14-9

I singoli volumi dell'editore Jaca Book, inseriti dalla


collana editoriale plurilingue Enciclopedia del Mediterraneo, sono anche disponibili all'interno dell'opera
collettanea dello stesso editore:
Massimo Guidetti (a cura di), Storia del Mediterraneo nell'antichit, Milano, Jaca Book, 2004. ISBN
88-16-40660-7

9 Voci correlate
Al sacco celtico di Roma sono legati alcuni racconti tradizionali, come l'intervento provvidenziale
delle oche del Campidoglio, presso il tempio
di Giunone Moneta sul colle capitolino o l'aneddoto
sull'arroganza ricattatoria di Brenno, condensata
nella famosa invettiva che le fonti gli attribuiscono:
Vae victis!.
La storia dei contrasti tra Celti e Roma si inserisce
nella fase di espansione europea dei cosiddetti
Celti storici, cio, sostanzialmente, dei portatori della
cultura di La Tne: la tendenza espansiva li port
in aree peninsulari di antica e precedente estrazione
celtofona ( Cultura di Golasecca), anche se solo
tardivamente coinvolte (III secolo a.C.), e in maniera parziale, dall'irradiazione della facies lateniana.
L'ostilit con Roma, iniziata nel IV secolo a.C., inserisce nella plurisecolare storia delle campagne
militari romane, ed ebbe l'eetto di contenere e poi
annullare l'avanzata celtica sul suolo italiano.

19
L'espansione europea dei Celti storici si rivolger
successivamente anche all'area danubiana a ancora
al sud Europa, sperimentando un nuovo sussulto nel
secolo successivo, con le invasioni dei Celti storici in Grecia e Anatolia e con l'emergere di nuove
realt etniche, come la stabile confederazione degli
Scordisci celto-illirici, o di enclave celtiche dagli
esiti duraturi, come la Galazia anatolica, o altre,
dall'esistenza pi emera, come il regno tracico di
Tylis

20

10 FONTI PER TESTO E IMMAGINI; AUTORI; LICENZE

10
10.1

Fonti per testo e immagini; autori; licenze


Testo

Guerre romano-celtiche Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Guerre_romano-celtiche?oldid=81990546 Contributori: Pasquale, M7, Panairjdde, SunBot, Eumolpo, 1204grandine, Ascia, Demostene119, Castagna, Skyfall, Lord Hidelan, BetaBot, SanniBot, Formica rufa,
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18

10.2

Immagini

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