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VARVARO- LINGUISTICA ROMANZA CORSO INTRODUTTIVO

CHE COS’È LA FILOLOGIA?


Il termine Filologia deriva dal greco: filos-logos e significa amore per il discorso.
L’oggetto della filologia sono i testi (scritti e orali, ma esamina soprattutto testi scritti
in quanto non abbiamo testimonianze del parlato).
I testi inoltre possono essere letterali e non letterali. Non esiste ad esempio una
Divina Commedia scritta da Dante di suo pugno, ma ci sono vari manoscritti, allora
come si decide il più affidabile? Questo è il compito della filologia, scegliere il
manoscritto più adatto, più corretto.
Il compito della filologia è educarci alla cura dei testi. Il compito fondamentale è di
mantenere i testi integri e comprensibili, cioè integri a fronte dei deterioramenti che
subiscono nel tempo.
Abbiamo un esempio di filologia applicato al mondo contemporaneo, che risponde
alla voce di wikipedia di mike pompeo.
Claudio Lagomarsini è uno studioso di letteratura francese medioevale che ha
applicato la filologia a wikipedia mettendo in luce problemi che riguardano i testi.
Lui quindi ha scritto di una voce wikipedia di Mike Pompeo (segretario di stato
americano): un problema di circolarità delle fonti, poiché in una voce wikipedia
qualche utente aveva scritto che Mike aveva partecipato alla Guerra del Golfo nel
corso della sua carriera militare segnalandola senza fonti x vari anni fino a quando,
nel 2018 egli è entrato come segretario di stato e alcune testate “Wilde, o il New
York”, rifacendosi alla voce wikipedia hanno pubblicato nei loro articoli
quest’informazione sbagliata.
A quel punto gli utenti di wikipedia hanno rimandato come fonti attendibili quegli
articoli di giornale che, in realtà, avevano preso come fonte wikipedia. Quindi è un
gioco di circolarità ma si tratta di una notizia non vera. Grazie alla filologia, è stata
fatta luce alla verità.
LA FILOLOGIA ROMANZA
La filologia romanza studia i testi ( x lo più letterari) scritti in una delle varietà
linguistiche neolatine (cioè romanze), interrogandosi in particolare sui problemi
della loro trasmissione.
Nella tradizione accademica italiana, la filologia romanza si occupa normalmente
di testi medievali: nella loro circolazione, i testi medievali sono soggetti a processi di:
- modifica,
- variazione,
- commento,
- elaborazione,
- espansione
- e editing.
La filologia romanza presuppone l’acquisizione di competenze linguistiche,
letterarie, ecdotiche. (ecdotico: concernente la filologia testuale).

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CHE COS è LA LINGUISTICA ROMANZA?
La linguistica romanza studia in ogni loro aspetto tutte le parlate che hanno origine
da una evoluzione della lingua latina. Proprio per questo le lingue romanze si
chiamano anche neolatine.
Con il termine lingue romanze o neolatine ci si riferisce a quelle lingue derivate dal
latino a seguito dell’espansione dell’Impero Romano. E con il termine latino
introdotto dalla linguistica moderna: ‘’Romània’’ ci si riferisce all’area in cui queste
vengono parlate.
Il termine ROMANZO deriva dall’avverbio latino ROMANICE riferito al parlare in
vernacolo, ROMANICE LOQUI contrapposto al LATINE LOQUI ( parlare il latino). Da
Romanice deriva la forma antico francese romanz, da cui l’italiano romanzo.
La linguistica romanza è parte di un campo disciplinare più ampio, la linguistica.
Nell'insieme vastissimo ed eterogeneo delle lingue parlate sul pianeta oggi e nel
passato, la linguistica romanza opera una delimitazione di tipo genetico, storico.
Ma questo non è l’unico tipo di delimitazione, le lingue possono essere suddivise e
classificate anche per tipi.
Le lingue possono essere sottoposte a vari tipi di classificazioni: classificazione
genealogica, areale e tipologica.
CLASSIFICAZIONE TIPOLOGICA
Quest’ultima si basa sullo studio delle varie lingue del mondo alla ricerca di fenomeni
strutturali comuni fra le lingue. Due lingue sono tipologicamente correlate fra loro se
possiedono una o più caratteristiche comuni. Importante anche sottolineare che la
classificazione tipologica è molto più complessa rispetto a quella genealogica, perché
una lingua potrebbe essere correlata ad un’ altra attraverso delle caratteristiche, ed
essere correlata ad una terza per altre caratteristiche. questi fenomeni sono stati
ricercati nelle classi di parole e gruppi di parole e frasi. Ed è per questo che possiamo
parlare di tipologia morfologica e sintattica. La prima di questa analizza le lingue
inserendole in un tipo morfologico, in base alla morfologia.
La tipologia morfologica distingue solitamente tre tipi canonici: il tipo isolante,
quello agglutinante e il flessivo.
• isolante: caratterizzato da una quasi totale mancanza di morfologia: i nomi non si
distinguono né per caso, né per genere, né per numero: i verbi non presentano
differenze di persona, di numero, di tempo o di modo, ma la forma verbale sempre
unica. Per indicare le varie relazioni tra le parole una lingua isolante fa uso
dell’ordine delle parole nella frase e di alcune particelle, che possono indicare se un
verbo si riferisce al presente, al futuro o al passato, oppure se è un nome e plurale o
singolare.
Una lingua in cui vi è corrispondenza uno a uno tra parole e morfemi: ogni parola
è formata da un unico morfema.
Un esempio di una lingua che si avvicina al tipo isolante è il vietnamita e il cinese.
In alcune discussioni sulla tipologia morfologica, si incontra il termine lingua
monosillabica. Sebbene esista una certa correlazione tra lingue isolanti e
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monosillabiche, i due parametri sono in linea di principio distinti e ai fini della
tipologia morfologica è rilevante la struttura isolante. Così si potrebbe immaginare
una lingua dove non c'è morfologia ma dove ogni parola (= morfema) può essere
composta da un numero qualsiasi di sillabe.
• Agglutinante: in questo tipo ogni parola contiene tanti affissi quante sono le
relazioni grammaticali che devono essere indicate. Una parola può consistere in
più di un morfema, ma i confini tra i morfemi nella parola sono sempre netti;
inoltre, un dato morfema ha almeno una forma più o meno invariante. Il turco
è un esempio di lingua agglutinante.
• Flessivo/fusivo In questo tipo è presente una flessione molto ricca. Spesso uno
solo suffisso esprime più relazioni grammaticali.
Esempio in gatte la “e” è un suffisso che ci informa non solo riguardo il genere
(femminile) ma anche riguardo il numero (plurale) dell’entità a cui si riferisce.
Un’altra caratteristica delle lingue flessive è quella di poter indicare diverse
funzioni grammaticali mediante la variazione della vocale radicale della parola
(esco rispetto a uscii) Questo fenomeno è noto come FLESSIONE INTERNA (
apofonia) ed è molto diffuso tanto all’interno delle lingue europee che all’interno
di quelle semitiche. A differenza che nelle lingue europee nelle lingue semitiche la
flessione interna non si applica solo ad un numero limitato di verbi, ma è un
procedimento regolare e produttivo. Per questo motivo quando si parla di lingue
come l’arabo o altre lingue semitiche si parla di tipo introflessivo.
Dunque nelle lingue flessionali ogni parola è formata da più morfemi, ma il confine
fra questi non è netto. L'espressione di diverse categorie all'interno della stessa
parola è fusa insieme per dare un singolo morfema non segmentabile. La
maggior parte delle lingue indo europee appartengono a questo tipo, come in
latino: LUPUS

L’identificazione delle lingue romanze però non è tipologica. Tutte le lingue


romanze rientrano con modalità varie nel tipo flessivo. Le lingue possono essere
suddivise anche in base ad una CLASSIFICAZIONE GENEALOGICA: due lingue
fanno parte dello stesso raggruppamento genealogico se derivano dalla stessa
lingua originaria o lingua madre, dunque se possiedono lo stesso capostipite. E
infatti un caso di lingue genealogicamente apparentate è quello delle lingue
romanze o neolatine : sono tutte derivate da un'unica lingua madre: il latino. A
loro volta, poi, le lingue romanze fanno parte di un'unità genealogica più ampia,
quella delle lingue indoeuropee, che costituiscono una famiglia linguistica ►la
famiglia linguistica è l'unità genealogica massima: se due lingue non
appartengono alla stessa famiglia significa che non sono genealogicamente
apparentate.
Alla fine del 18imo secolo e all’inizio del 19imo, fu riconosciuta la fondamentale
affinità di un gruppo assai cospicuo di lingue che include il latino, greco, armeno,
persiano, russo, albanese, sanscrito. Questa affinità fu dimostrata sulla base di
rigorose corrispondenze tra morfemi e suoni. Essa fu spiegata con la comune origine

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di tutte queste lingue da un capostipite unico, l’indoeuropeo. Poco a poco, la
metafora genealogica fu utilizzata per postulare fasi intermedie, anch’esse
scomparse, tra l’indoeuropeo e le lingue attestate, tali da spiegare che alcune lingue
indoeuropee sono più simili tra di loro rispetto ad altre. Così le somiglianze tra
tedesco, gotico, svedese, inglese ecc permettono di postulare una sottofamiglia di
lingue germaniche, o il russo, polacco, ceco, sloveno, rinviano allo slavo comune.
Dunque abbiamo la presenza unità genealogiche di livello inferiore alla famiglia che
sono chiamate gruppi, classi che a loro volta si suddividono in sottogruppi o rami e
così via.
Le lingue romanze sono dunque una ramificazione particolare della famiglia
indoeuropea, il solo caso conosciuto e documentato in cui da una lingua ben
attestata, il latino, sia nata un’intera famiglia. Non mancano però i problemi, infatti,
accade che ci siano lingue in cui ad esempio il lessico sia in maggioranza romanzo,
ma il sistema grammaticale no. Così accade per l’inglese che consideriamo lingua
germanica nonostante metà del suo lessico sia di origine latina.
3. GEOGRAFIA ED IDENTITÀ DELLE LINGUE ROMANZE ATTUALI.
Oggi le lingue romanze occupano un’area geografica continua nell’ Europa
occidentale, ad ovest di una linea che va dal Canale della Manica al mare Adriatico.
Questo confine linguistico ha inizio a Gravelines (alta francia), va verso sud fino a
est: Omer (calais), poi dal nord di lille taglia quasi orizzontalmente il Belgio lasciando
fuori Bruxelles che però è bilingue, fino a Visè (belgio). Da qui scende a sud
includendo solo qualche villaggio del Lussemburgo e le città francesi di Longwy e
Metz.
Dal monte cervino (una montagna delle alpi), il confine linguistico segue quasi
perfettamente la cresta delle alpi verso oriente. Sono romanzi il canton ticino e parte
del canton grigioni in svizzera, mentre non lo è l’alto adige. Più a oriente poi il
confine segue le alpi carniche e corre fino a Gorizia che è romanza, come Trieste.
(friuli-venezia-giulia).
LE LINGUE ROMANZE OGGI IN EUROPA
Corrispondono con la ROMANIA CONTINUA : cioè l’area geograficamente continua
nella quale oggi si parlano le lingue romanze e nella quale si parlava il latino in età
imperiale.
Romania: è il dominio romanzo dove sono parlate le lingue che derivano dal latino, il
cui uso deriva dalla rivista : Romania: di Paul Meyer e Gastor Paris.
Gli studiosi di linguistica romanza usano distinguono per lo più nove lingue:
- portoghese
-spagnolo o castigliano
- catalano
- occitano o provenzale
- francese
-sardo

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-italiano
-ladino o romanzo
-alpino
-e romeno
A queste se ne dovrebbe aggiungere una decima: il dalmatico, di cui l’ultimo
parlante è morto nel 1898.
Tra quest’elenco vi sono delle varietà nazionali e varietà che non lo sono.
Uno dei primi filologi romanzi, FRIEDRICH DIEZ, isolava solo 6 lingue: Portoghese,
spagnolo, francese, provenzale o occitano, italiano e romeno (da lui chiamato
valacco).
La sua classificazione contempla solo le lingue di cultura elevata, che sono diventate
anche lingue nazionali, ad eccezione dell’ occitano, che è stato però veicolo di una
letteratura di importante rilievo nel Medioevo. Come si può notare, egli esclude il
catalano, il sardo e il ladino, che non avrebbero l’ importanza politica e culturale
delle altre lingue, ciò durante l’800 periodo durante il quale Diez scriveva, perché
oggi, al contrario, ciò non è più vero, per il catalano, che è una lingua in netta ripresa
da oltre un secolo a differenza dell’ormai quasi moribondo occitano.
Queste lingue possono essere raggruppate in 5 famiglie:
- BALCANOROMANZO romeno e dalmatico
- ITALOROMANZO: italiano, sardo
- RETOROMANZO ( romanzo alpino): friulano e ladino (territorio italiano) e
romancio (svizzero)
- GALLOROMANZO: francese, francoprovenzale e occitano
- IBEROROMANZO : catalano, spagnolo e portoghese
Tra queste varietà, alcune si trovano contese fra due famiglie, come il dalmatico che
potrebbe essere classificato anche come italo romanzo, o il catalano che ha molti
tratti in comune con il galloromanzo, soprattutto con l’occitano.
Non tutte le varietà corrispondono alle aree geografiche a cui vengono associate, ad
esempio:
• il portoghese si estende fino in Galizia, all’interno dello Stato Spagnolo.
• Il francese è parlato in Belgio, Svizzera e nella Valle d’Aosta.
• il romeno si parla anche in Moldova e in alcune parti dell’Ucraina, dell’Albania,
Macedonia e del nord della Grecia.
• All’interno di un unico stato si possono parlare più lingue, come il sardo in Italia e
il Catalano in Spagna, che però si estende anche in Andorra, e nella città di Alghero, in
provincia di Sassari.
LE LINGUE ROMANZE OGGI FUORI DALL’EUROPA
In seguito alla colonizzazione del Vecchio e del Nuovo Mondo da parte di popolazioni
di lingua romanza, tali lingue si sono diffuse anche in altri continenti.
Quindi con il termine ROMANIA NOVA, si fa riferimento all’area dove queste lingue
sono state importate, territori dove oggi si parlano le lingue romanze non come

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conseguenza della latinizzazione in età antica ma dei processi di colonizzazione
iniziati in età moderna, e proseguiti fino a fine 800 inizio 900.
• Si parla dunque spagnolo, che è la lingua romanza più diffusa, in Messico e in molte
parti dell’America centrale e meridionale, come Panamà, Uruguay e Cile, nonché
ormai lingua di importazione negli USA. Anche in Guinea equatoriale e nelle filippine.
• il portoghese in Brasile, in Africa (Mozambigo, le isole di capo verde e angola) in
Asia (in Macao)
• mentre il francese viene parlato in Canada ( principalmente nel Québec)
saltuariamente negli Stati Uniti (Louisiana), in Guyana (sud america) in diverse parti
dei Caraibi, Africa (burundi, congo, costa d’avorio, nigeria, mauritius) e Oceania
(tahiti)
La varietà parlata in queste aree di nuova colonizzazione non è identica alla lingua
della madrepatria, ma è un creolo.
LA ROMANIA PERDUTA/SUBMERSA
È l’insieme dei territori una volta latinizzati ma dove per ragioni storico-cultuali, si è
smesso di parlare il latino il quale soppiantato da altre lingue, nella maggior parte dei
casi dalle lingue germaniche e slave, ciò dopo la caduta dell’impero d’Occidente
durante il secolo V e dopo il secolo VIII in Africa dall’arabo.
Fra le aree dove il latino venne soppiantato troviamo: la Germana, l’Austria, Olanda e
l’ Inghilterra meridionale.
Tra le lingue incontrate dai romani nella conquista dell’impero solo il greco fu un
serio rivale del latino, per motivi di prestigio culturale.
• Inghilterra ( territori ex britannia) c’è l’inglese
• Germania: tedesco
• Africa del nord: arabo
• Ex pannonia, dalmazia: lingue slave e ungherese.
DAL LATINO ALLE LINGUE ROMANZE
Le moderne civiltà romanze non prolungano il corso dell’antica civiltà classica
secondo uno sviluppo rettilineo sullo stesso piano, ma attraverso una fase di
ripiegamento e di faticoso recupero, rappresentato da quello che chiamiamo :
medioevo.
Il latino subì anche una variazione di tipo regionale. L'espansionismo di Roma ha
potuto accelerare il cambio della lingua in due modi:
-in primo luogo, uno sconvolgimento nelle popolazioni, sia delle popolazioni
conquistate sia delle masse di coloni inviati nelle diverse pari dell'Impero. Studi
sociolinguistici hanno dimostrato che quando un gruppo sociale compatto viene
disgregato, la lingua tende a cambiare più velocemente. A ciò si aggiunge il contatto
con le lingue indigene.
-Da un lato possiamo immaginare la necessità per i coloni di prendere in prestito

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termini dalle lingue locali per esprimere concetti sconosciuti al latino; dall’altro, gli
indigeni, nell'apprendere il latino, vi avranno introdotto tratti dalle proprie lingue,
com'è normale quando si impara una lingua straniera.
Possiamo concludere, dunque, che la diversificazione del latino, nelle varie aree
conquistate dai Romani, è da imputare anche all'influenza che su di esso hanno avuto
le differenti parlate preromane ovvero le lingue LINGUA DI SOSTRATO ▶ Una lingua
che in una determinata area linguistica viene sostituita da una nuova lingua che la
soppianta; si usa questa definizione per spiegare l’interferenza linguistica che le
lingue preesistenti esercitano sulle lingue che a queste si sostituiscono.
Un'altra fonte di prestiti lessicali in latino deriva dai contatti continui che i Romani
ebbero con i GRECI, i quali costituivano un modello culturale superiore da imitare.
Non si può infatti parlare di Sostrato per greco, che non fu mai soppiantato dal latino
almeno nell'Impero d'Oriente, ma piuttosto di ADSTRATO o semplicemente di
LINGUE IN CONTATTO. LINGUA DI ADSTRATO▶Una lingua continua ad un’altra
lingua che grazie al suo prestigio, esercita su di essa un’influenza.

Infine, un ulteriore apporto esterno al latino fu determinato dalle invasioni


barbariche che ebbero luogo dal v secolo in poi, che costituirono un atro momento di
contatto fra popoli di lingue diverse, risultando in prestiti lessicali provenienti da
quella che è tradizionalmente definita la LINGUA DI SUPERSTRATO. ▶Una lingua
che in una determinata area linguistica, si sovrappone alla lingua in uso.
4. POLITICHE LINGUISTICHE IN AREA ROMANZA
Come vediamo nel caso dell’Africa “romanza”, la situazione d’uso di una lingua non è
determinata solo dalle dinamiche sostanzialmente inconsce dei gruppi sociali. Nel
caso in questione, non sono i parlanti che hanno deciso di usare, in questo caso il
francese, ma i loro governi. Parliamo di politica linguistica quando ci occupiamo di
decisioni prese a livello governativo e simili.
Nella storia delle lingue romanze, alcune di queste decisioni sono rimaste
memorabili.
• Nell'anno 813, un concilio di vescovi dell’impero carolingio, riunito a Tours decise
che nelle chiese dell’impero, mentre la liturgia rimaneva in latino, le omelie
dovessero essere formulate in lingua volgare, romanza nelle aree romanze e
germanica nelle aree germaniche, affinchè i fedeli potessero intenderle. Questa
norma rappresenta oltretutto il più antico riconoscimento della distanza tra il latino
e le lingue romanze e dei problemi di comprensione che ne derivavano. Ma essa
soprattutto formula un dettame che dà leggittimità alle lingue volgari.
• Nel 1539 il re di Francia Francesco I, con l’ordinanza di Villers-Cotterets, segnò un
altro momento importante nella storia francese. Per evitare gli equivoci e le difficoltà
che nascevano dall’uso del latino nei tribunali del regno, il re decise che fosse
obbligatorio l’uso del francese. Questa norma era stata pensata a vantaggio di chi
non sapeva il latino e assegnò al francese uno status che riduceva quello di tutti gli

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altri dialetti del regno, a cominciare da quelli occitani del sud. Da qui ha inizio una
politica di unificazione linguistica della francia che sarà portata alle estreme
conseguenze dalla Rivoluzione, per cui l’eguaglianza tra i cittadini implica l’uso di
una stessa lingua, il francese.
• La storia del ducato di Savoia, e quindi del Piemonte, ebbe una svolta quando, dal
1560 in poi, il duca Emanuele Filiberto adottò l’italiano nell’amministrazione e nella
giustizia della parte italiana dei suoi stati.
• Un'altra decisione esemplare fu il decreto detto DE NUEVA PLANTA emanato nel
1707 dal re di spagna Filippo V; esso introduceva l’obbligo dello spagnolo nell’uso
amministrativo e giudiziario e si risolveva a danno delle altre parlate del regno e
soprattutto del catalano.
Atti non meno importanti di politica linguistica riguardano le ACCADEMIE, cui si
assegna il compito di regolare l’uso linguistico.
• La più antica è l’accademia della Crusca, 1582, che gode della protezione dei
Granduchi di Toscana ma non è propriamente un'istituzione pubblica. Inoltre la
crusca ha esercitato la sua ambizione di normatività sul lessico e non sulla
grammatica.
• Diverso è il caso della Academie francaise, 1636 dal cardinale Richelieu. Essa ebbe
il compito di dare al francese una norma lessicale ma anche grammaticale.
• La situazione è analoga per la Real Academia de la lengua fondata in Spagna dal re
Filippo V nel 1714. Ancora oggi determina in spagna e nel mondo ispano-americano,
che cosa è corretto e cosa no.
Nel mondo romanzo di oggi, solo in Francia è considerato normale che il governo
intervenga sull’uso linguistico, non solo combattendo l’introduzione di termini
stranieri ( infatti i francesi dicono ordinateur e non computer), ma anche stabilendo
che le insegne dei negozi debbano essere in francese e perfino legiferando su usi
grafici, come la dieresi o l’accento circonflesso.
Il campo più importante della politica linguistica è stato sempre LA SCUOLA perché è
qui che si dovrebbe insegnare ai giovani come parlare e scrivere. In italia dal 1861,
quindi dall’unità in poi, nelle scuole, il dialetto è stato sempre sanzionato, obbligando
i bambini all’uso dell’italiano, che per molti, specie in passato, era lingua del tutto
straniera.
Per questa via si è diffusa anche la generale convinzione che i dialetti siano una
corruzione dell’italiano. Solo recentemente, quando i dialetti si sono indeboliti e la
conoscenza dell’italiano è diventata pressochè generale, si è ammesso che
l’educazione scolastica possa partire dai dialetti.
La storia sembra mostrate che le decisioni linguistiche dei politici ottengono risultati
non in rapporto all’impegno di chi le prende ma alle circostanze che le favoriscono ed
alla volontà dei parlanti. Se nel mondo di lingua spagnola, come quello di lingua
inglese, non si è avuta la formazione di lingue propriamente neo-spagnole o neo-
inglese, è anche, o forse soprattutto, dovuto al fatto che il vincolo di solidarietà e di

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simpatia tra la madrepatria e le antiche colonie non si è rotto del tutto e che le
comunicazioni moderne hanno ridotto gli effetti della distanza e della separatezza.
5. LA VARIAZIONE
Le decisioni di politica linguistica hanno sempre lo scopo di adottare o imporre una
norma che si propone come unitaria.
L'UNITÀ LINGUISTICA, intesa come conformità di usi linguistici all'interno di un’
ampia comunità di parlanti, non è la condizione naturale della lingua che tra le
popolazioni arretrate a livello culturale si presenta molto diversificata. La variazione
è del tutto normale, non solo tra le diverse comunità, ma all'interno di ciascuna di
esse, ed è limitata soltanto dalla necessità di comunicare e dei limiti che ciò impone.
Ad esempio i malati che non si lasciano condizionare dai vincoli sociali giungono a
costruirsi dei linguaggi egocentrici che rendono imposta la comune, loro sono
appunto la manifestazione estrema della variazione.
In generale, invece, i parlanti restano all'interno dei vincoli imposti dalla necessità di
comunicare e quindi capire e farsi capire. Ma all'interno di questi vincoli rimane un
ampio margine alla variazione. Già Dante nel de vulgari eloquentia aveva osservato
che in una stessa città non si parla in tutti i rioni alla stessa maniera e che la lingua
del passato era certamente diversa da quella attuale.
I dialettologi dell'Ottocento assumevano che in ogni località esistessero usi
linguistici sostanzialmente omogenei e quindi si contentavano di uno o di pochi
informatori. Ma quando l'inchiesta sul terreno divenne più frequente fu inevitabile
constatare che non era così. La prima spiegazione di questa inattesa circostanza fu
messa carico del cambiamento nel tempo o della mescolanza.
Se nella stessa località c’erano usi diversi, ciò avveniva:
-o perché alcuni conservano le antiche abitudini ed altri le cambiavano
- o perché alcuni adottavano usi di cui avevano fatto esperienza nei paesi vicini che
avevano visitato, in cui avevano fatto il servizio militare, o dove erano andati a
lavorare come emigrati.
Poi si dette per scontato che se non un paese intero, almeno in una famiglia l'uso
linguistico fosse omogeneo. Ma l'inchiesta, condotta nel 1891 dal fonetista francese
Rousselot su una famiglia del suo paese natale, dimostrò che anche questo non era
vero. Risultò invece che i parlanti studiati differivano nel modo di parlare per sesso,
età, occupazione. Le donne non parlavano esattamente come gli uomini. I giovani si
esprimevano diversamente rispetto ai più anziani. Chi lavorava nei campi
diversamente rispetto agli artigiani e così via.
Più tardi fu ripreso il termine IDIOLETTO, che era stato coniato da Hermann Paul nel
1880. Esso viene definito come la somma delle caratteristiche personali di attuazione
della lingua da parte di un individuo.
Intanto l'uso normale del linguaggio è dialogico e quindi oltrepassa il concetto di
idioletto. Ma più grave è anche che l'uso linguistico di un individuo risulta incostante,

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ricco di variazioni, polimorfico. Ciascun parlante si serve di forme morfologiche,
sintattiche e lessicali alternative e le realizza foneticamente in modo diverso di volta
in volta. Ciò vale per il parlato, ma anche per l’uso scritto.
Si deve dunque riconoscere, che la variazione è un carattere intrinseco di ogni lingua.
Solo le lingue artificiali non hanno variazione. LE DIMENSIONI DELLA VARIAZIONE
sono molteplici. In rapporto alle lingue romanze ne abbiamo 3:
• DIATOPICA: quella che si realizza nello spazio. Tale variazione include sia la
differenza tra le famiglie linguistiche che può essere grandissima, sia quella tra le
parlate dei rioni di una stessa città, che può essere minima.
• DIASTRATICA: quella che si realizza all’interno di una comunità sociale in
rapporto al variare delle condizioni sociali stesse.
• DIAFASICA: quella che si realizza in rapporto ai registri espressivi, quindi ad
esempio tra solenne, formale, informale, di famiglia ecc.
• E poi c’è la DIACRONICA: quella che avviene nel tempo, ad esempio quella che è
intervenuta tra l’italiano del primo 800 e quello di oggi.
7. LA VARIAZIONE DIATOPICA: I PIDGINS ED I CREOLI.
Un caso estremo e problematico di variazione diatopica si è realizzato negli empori
commerciali creati dall’espansione oceanica degli europei dal medioevo in poi e più
tardi nelle colonie basate sul lavoro degli schiavi.
• Nel primo caso, piccoli gruppi di europei, quasi esclusivamente maschi, gestivano
sulle coste dell’Africa e dell’Asia stazioni commerciali. Gli europei avevano limitate
necessità di contatto linguistico con gli indigeni e non imparavano la lingua di
costoro. Erano i clienti a doversi arrangiare per farsi capire. A questo fine si
creavano lingue semplificate, dette PIDGIN: non ha parlanti nativi, ed è una lingua
occasionale che nasce quando delle persone hanno necessità di comunicare fra loro,
ma non hanno una lingua in comune. Le lingue pidgin nascono in situazioni
particolari come nel caso, per esempio, del commercio degli schiavi in Africa.
Queste lingue sono composte da elementi indigeni e lingue sovrapposte, modificate
da un forte fenomeno di semplificazione che caratterizza ogni fase iniziale
dell’acquisizione di una nuova lingua.
Infatti il pidgin è: regolarizzato, ridotto (dato che ha possibilità stilistiche ed
espressive ridotte, giusto per facilitare il commercio) e misto.
• Alcuni di questi empori sono stati attivi x secolo e vi si è creata una società
relativamente stabile. Gli europei si univano a donne indigene e i figli nati da queste
unioni erano detti meticci. Le famiglie si continuavano nel tempo. Il pidgin diveniva
la lingua materna di un piccolo gruppo sociale abbastanza stabile. A questo punto
non parliamo di pidgin, bensì di CREOLO: molte delle lingue pidgin cessano di
esistere con la fine dei rapporti che le hanno fatte emergere, ma se queste si
estendono nel tempo, e vi è una nuova generazione che ha quel pidgin come lingua
madre, assistiamo allora alla formazione di una LINGUA CREOLA, e quindi ad un
processo di creolizzazione, la quale dovrà rispondere a necessità più specifiche,

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come la necessità di ricoprire l’intera gamma di possibilità stilistiche ed espressive.
Infatti, la lingua creola, è ancora come il pidgin, regolarizzata e mista, ma non più
ridotta. Mista perché prende in presto, per far fronte alla sua necessità di
ampliamento lessicale, molti termini da un’altra lingua, generalmente quella dei
colonizzatori che funziona da lessificatore, e ne costituisce la base lessicale.
Le lingue creole, romanze e non, sembrano costituire una categoria linguistica ben
individuabile. Tutte hanno una grammatica molto semplificata, tendenzialmente di
tipo isolante. Caratteristica è in particolare la morfologia verbale: il tempo e l’aspetto
sono espressi non da desinenze ma da particelle che precedono il morfema lessicale
del verbo. Nei diversi creoli le particelle cambiano ma il sistema è analogo. Esso trova
corrispondenza in molte lingue africane.
Il lessico è formato per la maggior parte da parole della lingua europea, anche se
modificate nella forma, e quindi è differente da un creolo all’altro, ma le forme
grammaticali presentano somiglianze o almeno analogie. L'influsso delle lingue
indigene è apparentemente limitato ma le somiglianze tra creoli della stessa lingua
molto distanti nello spazio, o anche tra creoli di lingue diverse non si spiegano se non
con l’influsso di sistemi linguistici sottostanti.
Di norma il creolo non è effimero né limitato a comunità minuscole. Esso però può
accrescere o diminuire facilmente l’incidenza della lingua di base e al limite può
essere riassorbito da quella.
In alcuni casi, il creolo è riuscito ad avere il riconoscimento ufficiale. Ad esempio è
stato riconosciuto il creolo haitiano di base francese proprio dell’isola di Haiti, e
anche il papiamentu, il creolo spagnolo dell’isola di Curacao nell’america centrale.
14. DIGLOSSIA E LINGUE IN CONTATTO ALL’INTERNO DELLA FAMIGLIA
ROMANZA
Da qualche tempo si fa una netta distinzione tra:
▪ DIGLOSSIA: designa un fenomeno collettivo, per il quale una comunità attribuisce
a due varietà linguistiche funzioni comunicative diverse, di norma legate a ciò che
si chiama dominio linguistico, cioè un particolare ambito comunicativo.
In tal caso una delle varietà è riservata agli usi bassi (famiglia, amici ecc), e
un’altra agli usi alti (religione, cultura, insegnamento, amministrazione ecc).
Nel medioevo occidentale il latino fungeva come lingua alta mentre il volgare come
lingua bassa. Di norma la varietà alta non è lingua materna di nessuno, ma si
apprende a scuola.
▪ BILINGUISMO: è un fenomeno individuale, quello che osserviamo quando un
singolo parlante è in grado di usare due o più varietà nessuna delle quali si è
specializzata x usi specifici.
La differenza tra diglossia e bilinguismo è confermato dal fatto che possiamo
avere tanto situazioni in cui ci siano:
- diglossia e bilinguismo,
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- situazioni in cui non c’è ne diglossia ne bilinguismo,
- e anche situazioni intermedie.
-Si ha diglossia senza bilinguismo: là dove i gruppi sociali che usano le due varietà
sono nettamente divisi.
-Si ha bilinguismo senza diglossia: là dove sono vi è un gran numero di persone che
conoscono due o più varietà ma non esiste una differenziazione sistematica del loro
uso. Quest'ultima situazione, che di solito è quella delle società a forte mobilità
sociale. È quella dell’Europa romanza di epoca moderna.
Ogni volta che una lingua standard si impone su varietà regionali o sub-regionali,
riducendole a dialetti e poi eliminandole del tutto, ovvero quando le lingue standard
si misurano con varietà che un tempo avevano goduto di uguale prestigio e poi lo
hanno perduto, le dinamiche sono simili a quelle delle condizioni diglottiche ▶I casi
più studiati sono forse quelli dei conflitti tra:
- castigliano e catalano in Catalogna,
-e tra francese e occitano in Francia meridionale.
Sia il catalano che l’occitano hanno goduto nel medioevo di un prestigio paritario
rispetto alle varietà che poi sono diventate le loro antagoniste. Ma in epoca moderna,
il catalano e occitano hanno perso terreno tanto sul piano sociale che su quello
culturale. Le classi alte della Catalogna e della Francia meridionale hanno spesso
preferito il castigliano e francese.
L'amministrazione ha fatto lo stesso e gli scrittori hanno cercato un pubblico più
largo grazie all’uso della lingua più diffusa.
La situazione di Haiti, tra francese alto e creolo francese basso, era una di quelle su
cui era basata la definizione stessa di diglossia, ma si è poi constatato che qui, come
in altri paesi in cui la varietà alta è la lingua che ha dato origine al creolo, e quindi
esiste una forte affinità tra le due, il parlante non produce per lo più enunciati solo in
una delle due varietà, ma le mescola continuamente in ragione delle sue capacità ma
anche in rapporto all’ascoltatore, all’argomento, al luogo. Un insieme di enunciati si
dispone dunque lungo un continuum che va da enunciati ad esempio del tutto
francesi ad enunciati del tutto creoli, e che conosce una gradazione continua dall’uno
all’altro.

BASILETTO e ACROLETTO
Si parla di :
▪ Basiletto: varietà linguistica considerata di livello più basso
▪ Acroletto: varietà linguistica di livello più alto.
Quando il parlante passa da una varietà all’altra diversa avviene ciò che si chiama
CODE-SWITCHING (commutazione di codice).
Ma nel caso di cui parliamo, la commutazione non avviene fra varietà nettamente
diverse tra loro. Il parlante attribuisce più o meno coscientemente ad una serie di
tratti (pronunce, elementi morfologici, sintagmi, lessemi), una specifica
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connotazione sociale.
-Più i tratti sono sentiti come volgari più affiorano solo in prossimità del basiletto;
-più sono considerati socialmente approvati più si addensano verso l’acroletto.
Del tutto analogo è il comportamento del parlante italiano tra lingua e dialetto. Il
dialetto funziona come basiletto, lo standard invece come acroletto. Un
comportamento analogo si ha non solo quando il parlante cerca di apparire come
socialmente meno rozzo, ma anche quando ha interlocutori che non appartengono
alla sua area dialettale.
In tutte queste situazioni, le varietà in questione sono in contatto verticale e tra di
loro c’è una differenza di prestigio.
Bisogna però dire qualcosa anche del contatto orizzontale, che di solito si definisce
di adstrato ►Nella romania contemporanea le lingue standard si scambiano
elementi. È frequente il prestito lessicale, ad esempio, in italiano troviamo parole
francesi come garage, chaffeur, roulotte, autobus, camion. O parole spagnole come la
ola, desaparecido, franchismo, rumba, tango.
15. LINGUE ROMANZE E NON ROMANZE IN CONTATTO
Le lingue romanze non sono in contatto solo con altre lingue romanze. Esse hanno ed
hanno avuto rapporti di varia intensità con numerose altre lingue, che appartengono
a famiglie differenti.
Non si tratta solo di rapporti orizzontali, cioè di tipo adstratico, ma anche di veri e
propri casi di diglossia, in cui in epoca contemporanea la lingua romanza gioca il
ruolo di:
- varietà alta, come accade in tutte in tutte le comunità alloglotte di Francia, Italia,
e gran parte della Romania.
-A loro volta però alcune varietà romanze all’interno del gruppo daco-romanzo,
funzionano come varietà basse.
Il bretone attuale, come varietà celtica, è conseguenza dell’immigrazione di
popolazioni celtiche dalla GRAN BRETAGNA nei secoli V-VII dopo Cristo. Nell'alto
medioevo i Bretoni costituirono una struttura politica relativamente forte, il ducato
di bretagna, che solo nel 1532 perdette definitivamente la sua autonomia e fu
riassorbito nel regno di Francia. Il ducato comprendeva tanto zone abitate da
popolazioni bretoni che molte zone di lingua francese. La corte ducale usava il
francese e pertanto il bretone rimase sempre la parlata dei contadini, pescatori,
piccoli commercianti.
La frontiera linguistica divide:
- una Bretagna bretonnante di dialetto bretone,
- da una Bretagna gallo, di dialetto francese.
Ma questa frontiera illude perché anche nella bretagna bretonnante, il francese è
usato da quasi tutti i parlanti e gode di un prestigio sociale molto superiore a quello
del bretone.

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Diverso è il caso delle FIANDRE. Fino al 1900 circa, il fiammingo era considerato
basso rispetto al francese. Ma nel 900 ci sono stati 2 fenomeni che hanno capovolto
questa situazione:
▪ Da un lato il Belgio fiammingo ha avuto uno sviluppo demografico molto forte
ed ha prevalso sul Belgio vallone di lingua francese.
▪ Dall'altro questo è stato impoverito dalla crisi che ha colpito queste due
industrie. Il fiammingo ha dunque acquisito maggior prestigio sociale e funzioni
alte.
Oggi nelle città delle Fiandre sembra più diffuso il bilinguismo fiammingo-inglese
piuttosto che quello fiammingo-francese.

Se poi ci volgiamo all’AMERICA LATINA, dobbiamo ricordare che il castigliano e il


portoghese sono in contatto con centinaia di lingue amerindiane, quasi sempre
relegate ai più bassi livelli sociolinguistici. Ci sono però almeno 2 eccezioni:
▪ Il Paraguay ha avuto una storia particolare, fondata sulle missioni dei gesuiti nel
Sei e Settecento. Lo status che in esse aveva la lingua indigena, il guaranì, ha fatto
sì che esso sia parlato dalla grandissima maggioranza della popolazione. Da
qualche tempo il guaranì è accanto allo spagnolo, lingua ufficiale del paese e
dell’insegnamento.
▪ Il Perù e la lingua quechua. La lingua è legata al ricordo glorioso degli Inca ed è
parlata da milioni di persone. Ma il dislivello di prestigio rimane forte e il
tentativo di renderlo paritario con lo spagnolo, anche nell’insegnamento, è
sostanzialmente fallito.
Un altro grandioso fenomeno di contatto tra una lingua romanza ed una non
romanza si verifica a NORD DELLA FRONTIERA TRA MESSICO E U.S.A.
Le masse degli immigrati ispano-americani negli stati-uniti, i latinos, si sono
concentrate in California, Arizona, New Mexico, Texas, Florida, New York City e
sembrano mostrare una certa resistenza al melting pot, al calderone in cui
tradizionalmente avviene la mescolanza in cui si forma l’americano, di lingua inglese
quale che sia la sua provenienza.
Più in generale, il rapporto con l’inglese è oggi in tutto il mondo la più rilevante
forma di contatto tra lingue romanze e non. L'uso dell’inglese come lingua universale
di scienza, tecnologia, politica, commercio produce nelle lingue romanze numerosi
prestiti lessicali come computer o software.
Molto più limitati ma non assenti, sono gli influssi sul sistema delle lingue
romanze.
Per limitarci all’italiano si può notare come grazie ai prestiti sia diventata quasi
normale:
- l’uscita consonantica delle parole, come film o gol.
- Sono poi diventati accettabili i nessi di sostantivo + sostantivo, come in
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conferenza stampa o musica jazz.
- Dilagano poi suffissi che esistevano già ma che si appoggiavano all’inglese come –
izzare, -izzazione, -ista. Questo fenomeno si registra in tutte le lingue romanze con
conseguenze anche più estese.
18. TIPOLOGIA DELLE VARIETÀ ROMANZE
La tipologia linguistica, che è una branca della linguistica che si basa sulla ricerca di
fenomeni strutturali comuni tra le diverse lingue, si suddivide a sua volta in tipologia
morfologica e sintattica. Quest'ultima analizza e classifica le lingue in base alla
sintassi, e si basa sulla concezione secondo la quale esistono delle correlazioni
sistematiche fra le diverse lingue, tra l'ordine delle parole ed altre combinazioni
sintattiche.
Tre sono gli elementi base attraverso la cui combinazione è possibile individuare
ben sei tipi linguistici. I principali elementi costitutivi della frase sono il soggetto S,
l’oggetto O, il verbo V, e nelle diverse lingue si dispongono reciprocamente in modo
diverso.
Le lingue romanze di norma si servono dell’ordine SVO ma questa non era la norma
del latino, dove S e O potevano stare in qualsiasi ordine e V era di solito alla fine della
frase.
Si tratta di un universale implicazionale, questo ordine è solitamente correlato
sistematicamente con la presenza di preposizioni e non posposizioni, e con la
posizione post nominale del complemento di specificazione o genitivo e
l'aggettivo.
Il latino permetteva una grande libertà nell’ordine delle parole nella frase, questo
permesso dalla presenza dei casi morfologici che indicavano il ruolo assunto dalla
frase nominale e che quindi determinava le relazioni grammaticali. L'efficienza del
sistema dei casi rendeva possibile di separare addirittura il sostantivo dall’aggettivo
ad esso coordinato.
La perdita delle distinzioni casuali entro in relazione con l'importanza dell'ordine
delle parole, cambiando quello che è il soggetto con quello che è l'oggetto diretto il
significato cambia, mentre in latino in teoria qualsiasi cosa venisse fatta l'ordine delle
parole questo non influiva sulla distribuzione delle relazioni grammaticali e ci
sarebbe stata una sola interpretazione.
Se nelle proposizioni principali le lingue romanze condividono l’ordine SVO, ciò
non è sempre vero in altri casi.
Nelle interrogative, ad esempio, l’ordine cambia ► Il francese standard richiede
l’inversione obbligatoria del soggetto rispetto al verbo.
Si è osservato che le lingue romanze presentano alle loro origini un particolare
condizionamento, che è stato chiamato “LEGGE TOBLER-MUSSAFIA" dai due
studiosi Adolf Tobler e Adolfo Mussafia, che per primi lo hanno osservato nel
francese e nell’italiano: cioè la frase non ammette in prima posizione un pronome
atono.
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Nella Divina Commedia ad esempio troviamo “per me si va nella città dolente”, dove
il verbo è preceduto dal pronome personale tonico e dall’atono si, ma Dante non
avrebbe mai scritto ad inizio di frase si va per me bensì avrebbe scritto vassi per me.
In altre parole nelle lingue romanze delle origini la prima posizione della frase deve
essere occupata da un elemento accentato. Ancora oggi l’italiano non ammette mi di
oppure lo fa’, ma si dice dimmi oppure fallo.
Per l’antico francese e l’antico provenzale è stata avanzata l’ipotesi che si trattasse
di lingue tipologicamente verb second , cioè con il verbo obbligatoriamente nella
seconda posizione nella frase. Da alcuni secoli, il francese non solo ha abbandonato
l’obbligo di avere il verbo in seconda posizione, ma ne ha assunto un altro,
insuperabile cioè : il soggetto deve essere espresso, anche se con un pronome, il
soggetto è obbligatorio anche se generico. L'italiano invece non ha condiviso questa
caratteristica nè in passato ne oggi.
Dunque all’interno della Romania abbiamo una contrapposizione tra :
▪ Lingue a soggetto obbligatorio (il francese)
▪ Lingue a soggetto non obbligatorio (le altre).
Il panorama però cambia se esaminiamo la situazione nei dialetti.
Scopriremo infatti che:
▪ i dialetti dell’Italia settentrionale condividono l’obbligo di enunciazione del
soggetto, e che anzi il soggetto è espresso 2 volte.
▪ Nei dialetti italiani centrali, toscano compreso, la frequenza del soggetto è
maggiore che nello standard e finisce a volte per configurare l’obbligo.
Il panorama tipologico, a livello dialettale, è dunque diverso da quello a livello
standard, anche per l’oggetto marcato. Quando l’oggetto è un essere umano definito,
lo spagnolo ad esempio lo fa obbligatoriamente precedere da a , esempio Veo a
Maria.
Nulla di simile accade in italiano o francese, ma accade nei dialetti italiani
meridionali, infatti sentiremo giuseppe ama a maria. Esso è spesso considerato un
ispanismo anche se è documentato prima che cominciasse l’influenza spagnola.
Inoltre anche il romeno ha l’oggetto marcato.
Questi esempi ci permettono di capire come la tipologia sia per definizione un
sistema classificatorio senza necessaria relazione con l’origine e la storia delle lingue
interessate, è indipendente dalla classificazione genealogica.
LA STORIA DELLE LINGUE ROMANZE
19.LE LINGUE ROMANZE NEL 1100 E NEL 1600.
Ci sono stati importanti mutamenti nel corso dei 12 secoli della storia delle lingue
romanze. Scegliamo due momenti del passato: 1100 e 1600.

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▪ Attorno al 1600 l’isoglossia non doveva essere molto diversa da quella odierna
dalla Manica fino all’Istria, ma nell’ultima sua parte meridionale includeva
nell’area romanza tutta la fascia marittima dell’istria ed almeno una parte di quella
della Dalmazia. Quest'area successivamente passata allo sloveno e al croato, usava
o il dalmatico o il veneziano.
▪ Ma poi attorno al 1100, l’isoglossia romanzo-germanica era diversa. Ad oriente ed
a nord del successivo confine linguistico rimanevano ancora isole linguistiche
romanze, anche se l’antico confine romano lungo il Reno ed il Danubio era stato
perduto da tempo.
- I dialetti bavaresi avevano cominciato da poco la colonizzazione dell’attuale
Alto Adige e probabilmente sussisteva la continuità tra il retoromanzo, il ladino
e il friuliano.
- L'inghilterra anglosassone era stata conquistata nel 1066 dai Normanni, il
paese appariva trilingue: celtico, anglosassone, anglo-normanno.
- Nella fascia meridionale, mediterranea della romania si erano avute perdite
devastanti.
- Una buona metà della penisola iberica ( portogallo, andalusia con granada,
valencia, murcia, aragona, baleari) era sotto il dominio musulmano e la
minoranza di lingua romanza (i mozarabi) si era ridotta a poca cosa. L'arabo
prevaleva ancora in Sicilia, isola riconquistata da poco, e che aveva oltre a
quella araba, una grande popolazione greca, ma ben pochi “latini”.
- Molto difficile è dire quale fosse la situazione nei Balcani; appare verosimile
che i nuclei daco-romanzi vi fossero più consistenti e diffusi che nei secoli
seguenti.
- Inoltre nel Levante, lungo le coste del Mediterraneo orientale esistevano gli
stati latini costituiti a seguito delle Crociate, dove accanto alle lingue delle
popolazioni indigene erano parlate varietà romanze.
Nel 1600 la situazione linguistica del Mediterraneo orientale sarebbe stata ancora
diversa, sia rispetto al 1100 che ad oggi.
▪ A Cipro e negli antichi stati crociati non rimaneva nessuna traccia di lingue
romanze, ma a Creta ed in alcune isole greche dell’Egeo e dello Ionio il veneziano
sembrava vivere in condizioni di diglossia con il greco.
Nel 1100, naturalmente, non esisteva ancora la futura Romania nuova in America,
Africa ed Asia.
-500 anni dopo, nel 1600 c’erano colonie commerciali portoghesi, e poi soprattutto
francesi, lungo le coste africane dell’Oceano Atlantico e di quello Indiano, fino a
Macao sulla costa cinese.
-Gli spagnoli si erano saldamente impiantati nell’America centrale e meridionale, ed
erano giunti fino nelle Filippine,
- i portoghesi occupavano le coste del Brasile,
- i francesi stavano mettendo piede in Canada.
La Romania nuova era in via di formazione.
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20. LA RICONQUISTA DELLA SPAGNA E DELLA SICILIA.
Nell'alto medioevo l'espansione rapidissima dell'islam ha eroso molta parte della
Romania meridionale. L'antica Africa romana invasa dagli arabi fin dal settimo
secolo, sembra aver perduto abbastanza rapidamente l'uso di un afro-romanzo che
certamente era in formazione.
Nel 711 un esercito musulmano formato da arabi e berberi attraversò lo Stretto che
sarà chiamato di Gibilterra e vinse in battaglia l'esercito del re visigoto della Spagna,
Rodrigo. Il re scomparve in battaglia e il regno cedette completamente nel giro di
pochi anni agli arditi gruppi di invasori.
In circa 20 anni gli arabi avevano conquistato non solo la penisola iberica, ma
avevano lanciato incursioni nella Francia meridionale. La Francia rimase cristiana,
ma l'islam avrebbe conservato almeno parte della Spagna fino al 1492.
La conquista musulmana non comportò né la scomparsa della chiesa cattolica,
né la scomparsa della parlata romanza. La maggior parte della popolazione rimase
là dove si trovava e continuò la vita di ogni giorno. I nuovi padroni non pretendevano
la conversione. Si limitavano ad imporre ai cristiani il pagamento di una tassa che i
musulmani invece non pagavano e poi vietavano le manifestazioni esteriori della
fede cristiana.
Per chi si convertiva il solo problema linguistico consisteva nel fatto che la lingua del
testo sacro da Latina diventava araba. La situazione linguistica, però, andò mutando.
-Intanto nella penisola erano venuti e continuavano a giungere immigrati da tutte le
regioni dell’ Islam, perlopiù di lingua araba o berbera:
- Poi l'arabo godeva del prestigio di rappresentare la lingua del potere e della civiltà
divenuta in breve tempo splendida.
- I cristiani delle vaste aree dominate dai musulmani avevano la possibilità di
emigrare verso nord. Chi restava in paese arabo, continuando a professare la fede
cristiana, fu detto mozarabo.
Abbiamo avuto così nella Spagna musulmana chiamata al-andalus, una convivenza
tra gente che:
- parlava arabo, gente che parlava berbero e gente che parlava dialetti mozarabici.
Questi ultimi non godevano di alcun prestigio. Se i mozarabi erano alfabetizzati,
conoscevano il latino o l'arabo. Di forme letterarie non esistevano che quelle più
popolari di trasmissione orale. Tra i secoli 11 e 13 alcuni poeti colti, arabi ed ebrei
inclusero alla fine delle loro poesie, alcune strofette mozarabiche. Queste poesie
erano dette JARCHAS.
Intanto il romanzo era rimasto negli stati cristiani del nord che si erano formati
proprio nelle regioni più marginali, più arretrate e meno colte dell'antica Spagna
visigotica. Questi dialetti presentavano molte differenze: Gallego, Asturiano,
Leonese, Castigliano, Navarro, Aragonese, Catalano.
I regni cristiani del nord hanno duramente combattuto con gli arabi e poco a poco,
sono riusciti ad espandersi verso sud, riconquistando la valle del Duelo. Poi
l'altopiano, castigliano e le due sierre centrali , poi la valle del Tago.
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▪ La riconquista aragonese e catalana della valle dell ebro è stata più lenta ma
Valencia, ripresa già attorno al 1000, tornò ai cristiani di Giacomo I d'Aragona.
▪ Intanto si era formato a occidente il Portogallo e il re di Aragona prendeva
Mallorca. Insomma, attorno al 1250 gli arabi non restava altro che il Piccolo
regno di Granada che sarà riconquistato dai re cattolici nel 1492. I moriscos,
musulmani rimasti in terra cristiana e battezzati, furono espulsi solo tra il 1609 e il
1614.
▪ Il peso maggiore della riconquista toccò ai castigliani che inglobarono il regno di
León e ripresero Estremadura , vecchia e nuova Castiglia, Andalusia e Murcia.
▪ L’ Aragona unita dinasticamente alla Catalogna, si ritagliò una fascia orientale che
a sud giungeva ad alicante ed includeva le isole Baleari.
Poiché la riconquista avvene in fasi che corrispondevano allo spostamento verso sud
di uno spazio sostanzialmente disabitato, isolato da continue scorrerie, e poiché nel
sud musulmano la popolazione cristiana e romanza diminuì sempre di più, le
parlate romanze dei territori riconquistati non continuano quelle degli
indigeni ma quelle dei conquistatori.
-Ne risulta che il tipo linguistico romanzo che finì per dominare fu quello
castigliano, in quanto la Castiglia ebbe l’espansione maggiore.
-Dalla Galizia si estese verso sud, il portoghese.
-Asturiano e leonese rimasero chiusi nell’ area originaria come il Navarro.
-L’aragonese occupò una striscia di poco spessore dal nord al sud e fu presto invaso
di tratti castigliani.
- Solo il catalano conservò una sua autonomia dai Pirenei fino ad Alicante.
Il caso voleva però che il castigliano fosse il più originale dei dialetti romanzi del
nord, quello che si distaccava da tutti gli altri. Si creò così un cuneo linguistico tra i
dialetti iberoromanzi occidentali e quelli orientali. Questi dialetti, ad esempio,
non conoscevano dittongamento spontaneo, mentre il castigliano sì. Essi conservano
la F iniziale latina mentre il castigliano la trasformava in h aspirata e poi sorda.
FILUM> hilo
Particolarmente importante è il caso dell’ Andalusia, riconquistata tardi. La
romanizzazione della Regione è dunque dovuta ad un immigrazione dal nord. Si è
determinato un gruppo di dialetti di base castigliana, ma non privi di innovazioni
importanti, come una diversa pronuncia della S che in fine di parola tende a cadere.
La lingua romanza che si è diffusa in America è proprio uno spagnolo di timbro
andaluso.
20. RICONQUISTA IN SICILIA.
L'invasione araba della Sicilia ha inizio nel 827 e si conclude con la conquista
completa nel 902.
L'isola apparteneva all'impero bizantino. Era di lingua greca nella parte orientale e
Latina in quella occidentale.
Come in Spagna ci furono emigrazioni di cristiani e immigrazione di arabi e berberi e

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soprattutto conversioni.
-Quando nell’ undicesimo secolo i bizantini prima e i normanni poi intrapresero la
riconquista, completata nel 1091, rimanevano ad Oriente, popolazioni di lingua
greca, specialmente nella zona di Messina.
-Ma non siamo sicuri che ad occidente ci fossero popolazioni di lingua romanza.
-Alla riconquista solo una parte dei ceti alti musulmani si trasferirono in Africa.
- All'immigrazione dei nuovi signori si aggiunse quella di numerosi contadini ed
artigiani, resa necessaria dalle molte distruzioni della guerra di conquista. Questi
immigrati provenivano dall'Italia meridionale, centrale, e in buon numero dal nord,
in particolare dall’ area ligure e piemontese.
Alcune colonne di immigrati hanno conservato fino ad oggi un dialetto di tipo
settentrionale, ad esempio nella provincia di Enna. Il dialetto siciliano appare meno
differenziato di quanto ci si attenderebbe in un'isola molto vasta e molto
montagnosa, ed anche meno meridionale di quanto ci aspetteremmo.
21. COME FURONO SCRITTE LE LINGUE ROMANZE
Tutto quello che noi sappiamo delle lingue romanze antiche lo apprendiamo da testi
scritti. Una corretta conoscenza delle antiche varietà scritte è quindi importante. Lo
studio delle lingue nel passato deve cercare di interpretare correttamente i testi
scritti e di ricavarne qualche informazione sul parlato corrispondente. Il primo
problema è quello di capire a che cosa corrispondano le grafie.
Chi scrisse per la prima volta in una varietà romanza aveva di norma appreso a
scrivere il latino ed è dunque ovvio che ne seguisse le consuetudini:
- In latino si usava un alfabeto di 23 lettere, cui in area anglonormanna si aggiunse W,
per rendere la bilabiale che esisteva nei nomi anglosassoni.
Il problema della mancata espressione della quantità vocalica non aveva più
importanza, dato che le lingue romanze non sfruttavano le opposizioni di durata, si
passa da una distinzione vocalica di qualità (vocali brevi e lunghe) a una distinzione
di qualità o timbro (vocali aperte o chiuse) ma restava l’uso ambiguo di V, sia per la
vocale u che per la semiconsonante w.
Nessuna lingua romanza ha usato grafemi diversi per distinguere tra E aperta ed E
chiusa, tra O aperta ed O chiusa.
Ancor più tarda è stata la normalizzazione degli accenti, che risalgono all’APEX che
i latini ponevano a volte sulla vocale per indicare che era lunga.
- Nella grafia delle lingue romanze l’accento segnala solo quale sia la vocale tonica e
viene usato solo quando la posizione dell’accento non è quella usuale.
- Il francese invece fa dell’accento un uso diacritico, ad esempio per distinguere tra E
aperta o E chiusa, e così via.
La più semplice via di uscita dal problema dei rapporti tra grafia tradizionale
(latina) e lingua evoluta (romanza) era di conservare le grafie, mutandone il
valore:

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- Ad esempio in francese tutte le U erano diventate (iu).
- Invece per il nostro suono u si usa il dittongo OU.
▪ Poi il latino aveva una sola /s/, quella sorda, ma le lingue romanze possiedono ora
anche la corrispondente sonora /z/ che si trova solo all’interno di parola.
- Semplice è il caso della doppia LL: in spagnolo da luogo a [ʎ] ma la grafia è
rimasta quella latina, tanto più che lo spagnolo non ha consonanti
doppie/geminate.
▪ Anche nel caso delle consonanti palatali provenienti dagli sviluppi di C, G seguite
da vocale anteriore, di norma si sono continuate le grafie che usava il latino, che
però leggeva queste consonanti come velari. Ad esempio in italiano si scrive
cicerone, ma i latini l’avrebbero letta kikerone.
▪ Così la grafia ci/ce vale [t̠ʃ] in italiano, valeva [t̠s] in francese, spagnolo e
portoghese antichi. Poi è diventata [s] in francese e portoghese moderni e fricativa
interdentale (θ) in spagnolo moderno.
▪ Nel sistema grafico latino X serviva poco. Il francese antico usò X come
abbreviazione di us, quindi deus lo si poteva trovare anche dex.
In tradizioni grafiche della penisola iberica, del sardo e del siciliano , X fu usata per
il suono [ʃ], mentre nei latinismi era letta [ks].
Lo spagnolo ha avuto il problema dell’oscillazione grafica tra b/u/v dovuta alla
confusione degli esiti di B e V latine. Nei testi antichi si trova spesso b quando ci
aspetteremmo v. Il problema è stato risolto solo nel 1726.
IL GRAFEMA H IN LATINO
Nell'alfabeto latino, H non corrispondeva ad un suono, si diceva infatti che non fosse
littera, bensì nota, cioè segno diacritico. Come tale essa fu usata in romanzo per
indicare suoni estranei al latino.
-Così nei Giuramenti di Strasburgo dh esprime la fricativa dentale [ð].
-Sh esprime la fricativa postalveolare [ʃ] in occitano antico.
- Invece in francese antico ch è usato per esprimere [t̠ʃ] affricata postalveolare sorda
e poi diventa [ʃ] ( esempio la chosa = ciose e poi scios).
- L'italiano ha invece fatto la scelta opposta, ch e gh esprimono l’occlusiva velare
sorda [k] e sonora [g].
Poi bisognava esprimere le nuove affricate alveolari [ts] e [dz]. L'italiano ricorse al
grafema Z senza distinzione tra sorda e sonora, altrove invece si usarono TS e TZ. La
distinzione fu resa possibile dalla diffusione di una particolarità grafica del latino
iberico: l’uso di una piccola z, una cediglia sotto la c.
Non sono stati inventati nuovi segni grafici, il che dimostra quanto la grafia tenda ad
essere conservatrice. Nella storia dell’ortografia romanza non sono mancati
addirittura gli sforzi per avvicinare la grafia delle parole romanze a quella delle
parole latine corrispondenti. Il sommarsi di interventi etimologici e mutamenti
fonologici che la grafia non seguiva, ha prodotto man mano una differenza sempre

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maggiore tra grafia e pronuncia. Ciò è evidentissimo in francese dove lo stacco è
molto forte.
Inoltre è frequente che le varietà romanze siano state scritte in alfabeti diversi da
quello latino. Nel medioevo infatti abbiamo testi romanzi scritti in alfabeto arabo,
mentre in alfabeto greco in Italia meridionale, Sicilia e nei Balcani.
22. I PRIMI TESTI ROMANZI
Il concilio di Tours. 813.
Nell'813 vi fu un concilio convocato da Carlo Magno, egli chiamò tutti i vescovi per
parlare di miglioramenti della chiesa. Quello fu detto durante questo concilio fu
riscritto in atti. Si dice ad un certo punto che i sermoni dovevano essere letti in
germanico o in rustica romana lingua. Quindi qui per la prima volta ci si pone il
problema di essere capiti e quindi almeno una parte della liturgia doveva essere non
in latino ma in rustica romana lingua. ( =lingua latina delle campagne), cioè una
lingua parlata e compresada tutti.
30 anni dopo il concilio di tours abbiamo il primo testo letterario scritto.
Nell'alto medioevo la lingua normalmente scritta è rappresentata dal latino, ma in
rapporto alla capacità di chi scrive può capitare che questo latino tradisca fenomeni
romanzi.
Nella coscienza dei parlanti era molto chiaro che latino e volgare fossero due lingue
completamente diverse, e questo grazie alla riforma carolingia.
▪ Il primo caso in cui sia sicuro che chi scrive abbia piena coscienza di opporre due
sistemi linguistici è rappresentato dal Giuramento di Strasburgo. (842). È il più
antico testo scritto in una lingua romanza.
Viene trattato il tema dell’alleanza dei 2 nipoti di Carlo Magno, i 2 re carolingi,
Carlo il calvo e Ludovico il germanico. Sono tramandati dall’ Historia latina di
Nitardo, storiografo contemporaneo agli eventi narrati e testimone oculare del
giuramento. I 2 fratelli pronunciano questo giuramento di alleanza contro il terzo
fratello, ma ognuno lo fa nella propria lingua volgare perché dovevano assicurarsi
di non essere capiti da tutti. E poi ognuno lo pronunciava anche nella lingua
dell’altro per far sì che l’esercito li capisse. Le due lingue in questione sono il
volgare tedesco e il volgare francese. Non c’è da pensare che si esprimessero in
maniera estemporanea/spontanea : un atto politico di questa
importanza era certamente preparato.
▪ Nel periodo successivo, abbiamo poi la SEQUENZA DI SANT’EULALIA. 882.
Si tratta di un testo paraliturgico, cioè non rientra nei testi della liturgia ufficiale
ma è comunque destinato ad un contesto liturgico.
È un testo agiografico, cioè parla della vita dei santi, veniva pronunciato ai fedeli.
È un testo in francese con accanto la versione latina. Era chiaro che per essere
capito doveva essere in volgare.
È importante sottolineare che la versione francese non è una traduzione, questa ha
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quasi un ritmo narrativo molto sostenuto per far sì che i fedeli restassero attenti.
Invece la versione latina ha un ritmo molto più lirico.
La sequenza di Eulalia è un componimento in versi, costituito da 29 versi. È un
testo che si colloca al confine nord-orientale della lingua d’oil.
Racconta il martirio di sant’eulalia, una santa spagnola del terzo secolo dopo
Cristo. Alla fine del martirio, Eulalia viene decapitata e si trasforma in una
colomba. È stata torturata per non aver voluto rinunciare alla sua fede.
Il manoscritto è conservato alla Biblioteca municipale di Valenciennes (al
confine tra Francia e Belgio), è il folio 141.
Abbiamo nello stesso codice (= libro manoscritto) 3 lingue diverse :
-latino, tedesco volgare e francese volgare. Questo testo lo abbiamo ritrovato
perché è stato trascritto nelle pagine bianche alla fine di un codice destinato a
contenere altri argomenti.

Nella penisola iberica l’uso scritto del volgare appare per la prima volta in un
documento modestissimo: la lista di formaggi che frate Semeno, dispensiere del
monastero leonese di San Justo y Pastor, annotò verso il 980 sul retro di una carta
latina del 959 x avere memoria di ciò che aveva dato a vari frati in occasione di alcuni
lavori.
Al secolo successivo risalgono le Glosse emilianensi che contengono intere frasi in
romanzo. Poi è inoltre importante la documentazione delle kharjas (jarchas)
mozarabiche, cioè strofe finali in volgare inserite in poesie arabe o ebraiche.
23. LE TRADIZIONI SCRITTORIE (LETTERARIE E NON).
Nessun testo scritto si sottrae alle convenzioni e alle abitudini di una tradizione. Chi
scrive deve aver appreso la capacità di tracciare segni e per ciò si inserisce in una
scuola e in una convenzione; dalla stessa fonte avrà anche ricavato le norme per far
corrispondere i segni ai suoni. Il primo aspetto del problema ci riporta alla
paleografia▶la scienza che studia le scritture. La paleografia è in grado di
individuare con una certa approssimazione, attraverso la forma delle scritture, il
tempo e l’ambiente in cui un manoscritto è stato vergato/rigato/listato.
Ciò è possibile proprio per la natura tradizionale della scrittura. Ed è tanto più facile
in quanto nel medioevo, le persone capaci di scrivere erano poche ed erano pochi i
luoghi dove c’era una consuetudine di scrivere : gli scriptoria.
Una volta individuata una tradizione grafica, basta trovare un testo scritto in quel
modo, di cui siano sicuri il luogo d’origine e la data, per collocare nel tempo e nello
spazio l’intera tradizione.
Parallelamente a quanto fanno i paleografi, i linguisti hanno sempre cercato nei testi
le tracce linguistiche della loro origine nel tempo e nello spazio. Tradizionalmente si
partiva dall’ipotesi che ogni autore avesse usato la propria varietà locale. Quest’
ipotesi è stata messa in crisi dalla constatazione che era assai difficile collocare
esattamente nello spazio i testi antichi in base alle loro forme linguistiche. Già i

23
giuramenti di strasburgo, per quanto se ne conosce data, luogo di enunciazione e
enunciatori, rimangono non localizzabili perché presentano tratti contraddittori.
Si è dovuto ammettere che chi scrive si inserisce in una tradizione più ampia , che
tende ad eliminare non solo i tratti individuali ma anche quelli giudicati troppo locali.
Si è dunque giunti alla nozione di scripta. (tradizione linguistica scritta).
Agli intellettuali medievali veniva naturale la distinzione aristotelica tra:
-sostanza (ciò che è essenziale)
- ed accidente (ciò che è superficialmente mutevole).
Il latino ed il volgare erano considerati diversi nella sostanza come il francese e
l’italiano, invece le diverse tradizioni linguistiche francesi o italiane erano
considerate accidenti di una stessa sostanza.
Parlando di scriptae, non ci riferiamo soltanto alla lingua della letteratura, ma anche
a quella delle scritture private e soprattutto pubbliche. In quest’ ultima categoria,
importante è il fatto che una data scripta sia adottata da una cancelleria. L'esempio
più evidente è forse quello del catalano, fortemente normalizzato in tutte le sue
forme scritte in riferimento alle scelte che prevalevano nella cancelleria barcellonese
dei Re d'aragona.
Si sono così costituite solide e durevoli tradizioni di scrittura che dal punto di vista
linguistico presentano tratti locali ma selezionati e presto divenuti normali, ben al di
là dell’area dove erano usati nel parlato. Non è dunque possibile prendere i testi
scritti del passato come testimonianza diretta del rispettivo parlato. L
' Analisi linguistica deve ogni volta tener conto del filtro rappresentato dalla scripta.

FONETICA
I mutamenti del sistema fonologico dal latino alle lingue romanze.
Già i primi testi romanzi, e poi quelli successivi, rivelano sistemi linguistici ben
diversi da quelli del latino.
SISTEMA VOCALICO DEL LATINO
Il sistema vocalico del latino classico era costituito da 5 vocali, ognuna delle quali
poteva essere breve o lunga.
ĪĬĒĔĀĂŌŎŪŬ
E da tre dittonghi: AE OE AU
La distinzione fra vocali breve e lunghe era una DISTINZIONE DI QUANTITA’ ed
inoltre, una distinzione fonologica, poiché la vocale lunga e quella breve costituivano
due fonemi diversi, e l’elemento di studio della fonologia è proprio il fonema,
mentre quello della fonetica è il fono. Sia il fono sia il fonema sono le unità più piccole
in cui si può suddividere una parola e sono prive di significato. Un fono diventa un

24
fonema quando ha valore distintivo, quando la sua sostituzione con un altro fono
può cambiare il significato di una parola. Utilizzare questo aspetto come prova da
vita alla così detta prova di commutazione. In latino quindi, la sostituzione di una
vocale breve con una lunga cambiava il significato o la funzione grammaticale delle
parole.
Nell’evoluzione del sistema vocalico del latino alle lingue romanze, la distinzione
di quantità, basata sulla lunghezza delle vocali, diventa una DISTINZIONE DI
QUALITÀ O TIMBRO, basata sul grado di apertura delle vocali. Cosi in italiano si
distingue ‘pesca’ con la e aperta che sta a significare ‘la frutta’ e pesca con la e chiusa
che sta ad indicare l’’azione del pescare’, così come ‘botte’ (colpi) e ‘botte’
(recipiente) in base all’apertura della vocale tonica.
Il sistema delle vocali toniche (VOCALISMO TONICO)
La differenza comincia fin dal sistema delle vocali toniche. In latino, sia in sede tonica
che atona, esistevano 10 fonemi vocalici, distinti tra di loro per apertura e per
durata. Infatti le 5 vocali che si disponevano su 3 gradi di apertura, possedevano sia il
fonema breve che quello lungo.
I u
E o
A
Nessuna lingua romanza funzionalizza in questo modo la durata: i sistemi romanzi,
pur diversi tra loro, sono tutti basati sul grado di apertura e valorizzano invece il
fatto che la vocale porti o no l’accento.
L’ACCENTO TONICO IN LATINO
Nel SISTEMA FONOLOGICO DEL LATINO era importante la struttura della sillaba
perché determinava la posizione dell’accento tonico nella parola. Per capire ciò
bisogna far riferimento ad un determinato campo della fonetica, essendo questa
suddivisa in: fonetica articolatoria, auditiva e acustica. È quest’ultima che aiuta a
determinare l’entità della struttura delle singole sillabe. La FONETICA ACUSTICA
studia l’aspetto fisico del suono, le onde sonore prodotte nell’emissione di un suono,
e riesce a calcolare la pressione espiratoria impiegata nella pronuncia anche di una
sola sillaba. Poiché il VOLUME ACUSTICO di un suono dipende innanzitutto dalla
quantità di respiro emesso quando lo si articola, in latino avviene che: - una Ā lunga
avrà nella parola un volume acustico, o un peso, superiore a quello di una Ă breve.
-Inoltre una sillaba chiusa, (in cui alla vocale si accosta una consonante car-ne), avrà
n volume acustico maggiore rispetto ad una sillaba aperta ( in cui la vocale è
libera, non seguita da una consonante ex: ca-ne)
Ă[ = +
Ă] = ++

25
Ā[ = ++
Ā] = +++
Questa regola però, presenta delle asimmetrie, se consideriamo che alcune sillabe
potevano avere un volume acustico complessivo particolarmente pesante se
erano composte da una vocale lunga in una sillaba chiusa, quindi, nel corso
dell’evoluzione del latino, si assiste ad una tendenza a parificare il volume acustico
complessivo della sillaba assestandolo sul tipo ++, e per fare ciò si tenderà ad
allungare una vocale breve in sillaba aperta e si accorcerà una vocale lunga in
sillaba chiusa. Lì dove in latino vi era le vocali lunghe e brevi, ad oggi, le prime
tendono ad essere pronunciate in modo più chiuso mentre le seconde in modo più
aperto.
La maggior parte delle lingue romanze si evolve in modo compatto per quanto
riguarda il vocalismo tonico, in un sistema che si chiama SISTEMA ROMANZO
COMUNE ( comune alle varietà iberoromanze, galloromanze e gran parte di quelle
italoromanze).
A partire dai 10 fonemi vocalici, nelle lingue romanze ne troviamo 7 del sistema
romanzo comune.
SISTEMA VOCALICO ROMANZO
La perdita della distinzione di quantità in favore di una nuova distinzione di qualità o
timbro portò alla riduzione delle vocali latine e alla formazione di nuovi sistemi
vocalici:
▪ Sistema sardo ( E UNA FASCIA DELLA BASILICATA) Ogni coppia di vocali è
fusa in un solo fonema.
▪ Sistema romanzo comune
▪ Sistema romeno / balcanico
▪ sistema siciliano
1) Il primo tipo di sistema vocalico è quello che risulta dalla semplice perdita della
quantità, con la riduzione delle dieci vocali latine a cinque, con la riduzione di Ă e Ā
a un solo fonema, comune a tutti i sistemi vocalici romanzi. Tale riduzione sta alla
base del SISTEMA VOCALICO DEL SARDO e di una piccola area tra Calabria e
Lucania, fino al Golfo di Taranto, detta area AREA LAUSBERG dal nome del linguista
che l’ha scoperta. Questo sistema non sopravvive in nessuna lingua romanza, ma è un
tramite necessario per lo sviluppo degli altri sistemi vocalici romanzi.

26
2) Il SISTEMA, VOCALICO OCCIDENTALE, detto anche EPTAVOCALICO perché
formato da sette vocali toniche, è il sistema che sta alla base delle principali lingue
romanze, in cui vi è una distinzione di qualità per quanto riguarda le vocali mediane
anteriori e posteriori. Le vocali latine Ē e Ĭ e Ō e Ŭ presenteranno la stessa vocale
nella maggior parte delle lingue romanze ► GŬLAM > it. gola, fr. gueule, port. cat. oc.
gola.

3) A questi due sistemi va aggiunto quello BALCANICO presente anche in una piccola
area dialettale italiana compresa tra le città di Potenza e Matera, che segue il sistema
occidentale per le vocali anteriori e quello sardo per le posteriori:

4) Infine, un quarto sistema vocalico è proprio del SICILIANO e dei dialetti di Reggio
Calabria e del Salento. Esso prevede la coincidenza delle tre vocali più alte,
anteriori e posteriori, in un’unica vocale, /i/ ed /u/ Considerato in passato come un
quarto sistema derivato direttamente dal latino, il sistema siciliano è visto ora
piuttosto come derivato dai sistema occidentale fino a giungere a un sistema a
cinque vocali. Tale sviluppo è stato attribuito da alcuni al continuo contatto con il
greco che aveva un sistema a cinque vocali. Così abbiamo SĬNUM greco > sinu (it.-
seno), PLĒNUM-> chinu (it. Pieno)

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I sistemi delle vocali atone corrispondono a quelli delle toniche, ma hanno sempre un
numero inferiore di fonemi.
Esempi: oculu ( prima u breve) -> oclu -> occhio [sistema occidentale]
Viride ( prima i breve) -> virde -> verde [balcanico]
IL DITTONGAMENTO
Molte lingue romanze hanno subito un processo di dittongazione, detta spessa
SPONTANEA principalmente delle vocali toniche mediane (e,o). I risultati della
dittongazione sono:
a) la formazione di un dittongo ascendențe (accentato sul secondo elemento):
b) in francese e in alcuni casi in retoromanzo, la formazione di un dittongo
discendente (accentato sul primo elemento).
-Toscano: dittonga le vocali medio basse ( e aperta ed o aperta) in sillaba aperta.
esempi:
Ĕ > ie PĔDEM > it. Piede
Ŏ > uo NŎVUM > it. Nuovo
-Francese: dittonga le vocali medio basse e medio alte in sillaba aperta.
esempi:
PATREM-> pere ( a-> ae-> e aperta) ;
Ŏ > ue NOVUM> nuef
Ĭ,Ē > ei > oi PĬLUM > afr. Peil > fr. Poil TĒLAM > afr. Teile > fr toile
-Castigliano : dittonga le vocali medio basse sia in sillaba aperta che in chiusa.
esempi:
Ĕ > ie PĔDEM > sp. Pie VENTUM -> viento
Ŏ > ue NŎVUM > sp. Nuevo
Le lingue escluse dal fenomeno della dittongazione spontanea sono il portoghese,
l'occitano e a prima vista, il CATALANO. In questa lingua il problema risiede nella
particolare evoluzione di Ĕ. Ricordiamo che nell'evoluzione delle vocali nel sistema
occidentale, dalla Ĕ discende /ɛ/ l e dalle vocali latine Ē e Ĭ discende la /e/ l. Nel
catalano moderno registriamo il fenomeno contrario e quindi abbiamo che parole come
CATĒNA > cadena si leggeranno /cadɛna/ viceversa HĔRBA > herba /erba/.
Inoltre vi è un altro tipo di dittongazione che interessa le lingue romanze: LA
DITTONGAZIONE PER METAFONESI O ARMONIZZAZIONE:
28
▪ della vocale tonica con un altro elemento vocalico che segue, normalmente I o
U. Il risultato è un innalzamento della vocale tonica, come succede anche a volte
per le vocali mediane:
*TŌTTI > it. tutti, afr. tuit,
FĒCI > fr. occ. fis, sp. hice, port. fiz, cat. fiu.
▪ La DITTONGAZIONE PER METAFONESI è inoltre comune nei dialetti italiani
meridionali, anch’essi esclusi dal tipo di dittongazione più generalizzato. Qui le
vocali latine Ĕ e Ŏ dittongano solo quando nella sillaba finale compare una
vocale alta, che può scomparire in seguito come in napoletano;
VĔNTUM > vientu
DĔNTI > diente (pl.) ma non DĔNTEM > dente (sing.)
PŎRCUM > porcu

In molte varietà che non conoscono dittongamento spontaneo, se ne ha uno indotto


dalla vicinanza dei suoni palatali che è dunque un'altra modalità di armonizzazione.
Un importante caso di armonizzazione è anche la NASALIZZAZIONE, vale a dire
l’adeguamento delle vocali alle condizioni di pronuncia della successiva consonante
nasale. In francese antico tutte le vocali seguite da consonante nasale sono più o
meno leggermente nasalizzate. Più tardi la vocale in sillaba chiusa da consonante
nasale, è diventata completamente nasale e la consonante è scomparsa.
L'ACCENTO E LA SUA POSIZIONE
Abbiamo visto che nelle lingue romanze la vocale tonica subisce un trattamento
diverso rispetto a quella atona. Ciò ci conduce a parlare della natura e posizione
dell'accento. Sulla natura dell’ accento latino ci sono state e ci sono discussioni accese
tra chi lo considera di natura musicale e chi lo considera di natura espiratoria:
-Natura musicale: La vocale tonica sarebbe stata pronunciata su un tono più alto
delle altre.
-Natura espiratoria: La vocale tonica sarebbe stata prodotta con una più forte
emissione di fiato.
Il passaggio alle lingue romanze implica un accento sensibilmente espiratorio, in cui
la vocale che porta l’accento è pronunciata con forza maggiore rispetto alle altre.
Questo ha come conseguenza l’indebolimento delle vocali atone.
Malgrado questo mutamento di natura, la posizione dell'accento rimane di norma
quella che era nella corrispondente parola Latina.
In latino vigeva una regola semplice : l'accento cadeva sulla penultima sillaba, a meno
che la vocale di questo non fosse breve. In tal caso se la parola aveva almeno 3 sillabe
l'accento passava sulla terzultima.
Per la posizione dell'accento contava però non soltanto la qualità della penultima
vocale, ma anche la sua posizione. Una vocale breve seguita da due o più consonanti,
vale come lunga e quindi se penultima porta l'accento.

29
Nel latino di età imperiale si sono però verificati alcuni fenomeni che hanno
portato a spostare la posizione dell'accento. Ecco i tre principali :
1. Se la vocale breve era seguita da una occlusiva e da una R, essa non diventava
lunga per posizione.
Quindi si pronunciava CA’TEDRA-> cattedra, I’NTEGRU-> intero, entier, entero.
2. In latino i verbi composti con prefisso preposizionale applicavano la regola
dell’accento e spesso la vocale breve divenuta atona, si modificava.
Cum + tenet= continent
Re+ capit = recipit
Nel tardo latino imperiale, l’accento è stato riportato là dove si trovava nel verbo
semplice. Demorat: dimora / recipit: riceve
Alcune volte è stata addirittura restituita la vocale del verbo semplice :
continet-> contenet -> contiene
3. Ma il caso più grave di spostamento dell’accento è quello che coinvolge le
numerose parole latine in cui la penultima Ĕ oppure Ŏ era preceduta da I oppure E
senza che si formasse dittongo (si trovava dunque in iato). Per la regola
dell’accento, era questa terzultima vocale a portarlo.
È il caso di FI-LI'-O-LU. ( figliolo).
~CONSONANTISMO~
Anche per l’evoluzione delle consonanti è importante il contesto fonetico, ovvero
la posizione del suono nella parola. Così, le consonanti in posizione iniziale sono
più forti, sono più deboli in posizione finale e, poste all'interno della parola, sono
spesso soggette a cambiamento per l’influenza esercitata dai suoni circostanti o a
causa della caduta di vocali► fenomeno che produce nuovi nessi consonantici.
Rispetto alle vocali, vi è un numero minore di cambiamenti delle consonanti che
investono l’intera area romanza e che sono quindi riconducibili al periodo latino
comune.
In primo luogo bisogna mettere in luce il fatto che le consonanti possono essere: -
orali o nasali - sonore o sorde ed inoltre vengono classificate in base al punto e al
modo di articolazione.

SUONI CONSONANTICI LATINI E ROMANZI

30
L’inventario dei fonemi consonantici latini è più ridotto rispetto a quello romanzo.
Mentre il latino ha coppie di fonemi sordi e sonori per le consonanti occlusive,
mancano:
• le fricative sonore /v/ e /z/, corrispondenti alle sorde /f/ e /s/, mancanza che
sarà colmata in vari modi nel corso dell’evoluzione della lingua.
• Assenti sono anche le affricate dentali /ts/ e /dz/, palatali /ʧ/ /ʤ/,
• le fricative palatali /ʃ / / ʒ/
• e la palatale laterale /ʎ / e nasale /ɲ / presenti in tutte o in parte nelle diverse
lingue romanze.

D’altra parte il latino aveva alcune consonanti che sono scomparse dai sistemi
consonantici romanzi.
CONSONANTI SCOMPARSE Tra le consonanti scomparse notiamo:
• in primo luogo le LABIOVELARI kw, gw (scritte QU, GU) che vanno considerate
un fonema unico e non un nesso consonantico. Queste consonanti sono state
ridotte tendenzialmente al solo elemento velare /k/ e /g/,

31
oppure velare più semivocale a seconda delle lingue e delle vocali che seguono.
QUATTUOR> [kw] it. Quattro, sp. cuatro [k] fr. occ. Quatre
• la FRICATIVA LARINGALE /h/ scompare in tutta la Romania già in epoca antica,
come è testimoniato da forme quali IC per HIC, ABERE per HABERE, HOLIM per
OLIM. L’ultimo esempio citato è un IPERCORRETTISMO, cioè una correzione
sbagliata, chi scrive o parla è cosciente di fare un determinato errore e cerca di
correggerlo anche quando non è necessario. SCHOLA > *SCOLA > it. Scuola
• Il latino non conosceva la FRICATIVA SONORA LABIODENTALE /v/.
I grafemi u e v rappresentavano la vocale /u/ quando costituiva i nucleo della
sillaba, o la sua variante semivocalica [w]. In età imperiale questa [w] si evolve in una
fricativa bilabiale /β/, testimoniata dall’uso del grafema b in iscrizioni, per arrivare
poi, nella maggior parte delle lingue romanze, alla fricativa labiodentale /v/. Solo
lo SPAGNOLO e alcune varietà di catalano mantengono la fricativa bilabiale /β/
come variante dell’occlusiva bilabiale /b/ a seconda della posizione nella parola:
/b/ in posizione iniziale [β] all’interno della parola o della frase, rappresentata
graficamente sia da b che da v
• Vi è anche la RIDUZIONE DEL NESSO CONSONANTICO NS>S
CONSONANTI FINALI
Mentre le CONSONANTI INIZIALI, nella maggior parte dei casi, rimangono invariate
nel passaggio dal latino alle lingue romanze così come il nesso formato da
CONSONANTE + R, mentre il nesso S + CONSONANTE è preceduto talvolta da una e
protetica.
Le CONSONANTI IN POSIZIONE FINALE sono le più deboli e quindi le più propense
a cadere, per una difficoltà naturale ad articolarle in modo completo quando non
sono seguite da una vocale.
In latino alcune consonanti potevano trovarsi in fine di parola, ma le più frequenti,
anche per ragioni morfologiche, erano due: M ed S.
― -M: Tra le consonanti finali più diffuse in latino, anche con funzione grammaticale
(serviva ad indicare gran parte dei casi accusativi singolari) è scomparsa
precocemente la –M finale.
È presente come generico suono nasale solo in alcuni monosillabi come: REM > fr.
rien; oc.ren.
Nelle parole di più sillabe della m non rimane alcuna traccia. Esempi: amicum ->
amico fabulam -> fabula.
―La -S marca alcune voci verbali, nonché il plurale nel sistema nominale. Tale
funzione caratterizza ormai solo le lingue romanze occidentali che conservano la –s
finale, anche se, a livello fonetico, la sua presenza è spesso solo grafica. Dunque si
conserva nelle lingue della Romania occidentale ma cade initaiano e romeno. Tale
funzione viene riempita, però, adeguatamente nel romanzo orientale da una vocale: -
e o –i ( CANTAS> fr.chantes; sp.port.occ.cantas MA it.canti; rom. Cînti) Il dileguo di
questo suono già avveniva in latino arcaico e sembra collegato a un problema di
FONOSINTASSI ►cioè la resa dei suoni nella catena parlata.
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― -T: dilegua in italiano ma permane come marchio della terza persona singolare del
verbo francese arcaico AMAT > aimet
― -L, -N, -R: cessano a causa della riorganizzazione dei casi grammaticali. Compaiono
infatti i casi nominativi.
L’evoluzione del sistema fonetico del latino ha fatto sì che siano venute a trovarsi
in posizione finale altre consonanti, in seguito alla caduta di vocali finali. Tali
consonanti, dette FINALI SECONDARIE, per distinguerle da quelle del latino che
sono dette PRIMARIE, tendono anch’esse ad avere un articolazione debole,
diventando sorde o dileguando. Oltre alla posizione iniziale o finale, anche altri
contesti fonetici possono influenzare le consonanti modificandole. Due tipi di
cambiamento sono piuttosto importanti nella storia delle lingue romanze,
trattandosi di cambi che hanno alterato la distribuzione dei suoni nella parola o
che hanno introdotto suoni sconosciuti al sistema latino:
-LENIZIONE e PALATALIZZAZIONE
A. LENIZIONE
Si tratta dell’indebolimento delle consonanti, principalmente le occlusive /p, t, k/ (
quindi sorde) in posizione intervocalica.
1. Queste consonanti passano, in un primo stadio da sorde a sonore: /b, d, g/
2. arrivando poi in un secondo stadio, ma solo in alcune lingue, ad un suono
fricativo ( f,v,s,z, ʃ,ʒ)
3. o al dileguo totale.
Pp-> p p-> b,v b-> b, v, scompare
Kk->k k-> g, y, scompare g-> g, y, scompare
Tt-> t T -> d, d fricativa, dileguo totale d-> D, d fricativa, scompare.

▶ Questo fenomeno divide le lingue occidentali, che ne sono affette, da quelle


orientali. Infatti non riguarda il romeno e l’italiano centro-meridionale, mentre
tocca i dialetti gallo-italici, lo spagnolo, l’occitano e il francese in gradi diversi. È

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più spinto in francese dove si ha una fricativa sonora oppure il dileguo.
La lenizione è un fenomeno che interessa anche, ad esempio, le lingue dialettali
settentrionali, che sono al di sopra della linea La spezia- rimini, una linea
immaginaria che distingue i dialetti settentrionali dai dialetti centro-meridionali.
Esempi:
latino CAPPONE italiano CAPPONE francese CHAPON spagnolo CAPON
Lat SAPERE, italiano SAPERE, francese SAVOIR, spagnolo SABER
Lat CABALLU italiano CAVALLO francese CHEVAL spagnolo CABALLO.
▶ La lezione colpisce pure il nesso consonantico +S la /s/, che in italiano era
sempre sorda, mentre nelle lingue romanze occidentali diventa sonora e quindi /z/,
anche se il grafema rimane lo stesso.

▶ Rientra nel fenomeno della lenizione anche la RIDUZIONE DELLE


CONSONANTI GEMINATE ( o doppie) presenti in latino, che si riducono
consonanti semplici.
CAPPAM> rom. capâ sp.port.occ.cat. capa fr.cape MA it. cappa
Da quest’esempio possiamo trarre una generalizzazione e dire che l’italiano
tende a mantenere le geminate, ma non solo, le estende anche là dove il latino
non le contemplava come nel caso di: FACCIAM > faccia
La lenizione ha interessato anche NN e LL, producendone la riduzione a N e L.
Ma in questi due casi lo spagnolo ha optato per la palatalizzazione. Ad esempio dal
latino ANNUS, abbiamo l’italiano ANNO, ma lo spagnolo ano con la nasale palatale
[ɲ].

B. LA PALATALIZZAZIONE
È il fenomeno per cui le consonanti diventano palatali. Si tratta di un cambiamento
nell’articolazione del suono di alcune consonanti, che si sposta in avanti o indietro
verso il palato. La palatalizzazione gioca un ruolo importante nell'evoluzione dal
latino alle lingue romanze, introducendo suoni palatali, affricati e fricativi,
sconosciuti al sistema fonetico del latino. Si tratta di un fenomeno comune a tutte le
lingue romanze, anche se i suoni coinvolti ed i risultati nelle singole lingue non sono
identici. E’ un fenomeno iniziato molto presto, infatti possiamo dire che è un
FENOMENO PANROMANZO, iniziato già in latino e attestato in iscrizioni risalenti al
III secolo nelle quali si trovano esempi di confusione del tipo DEFENICIONES per
DEFINITIONES

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1. Lo jod palatalizza tutti i suoni che coinvolge in tutte le lingue romanze,
2. mentre al contrario solo nel gallo e retoromanzo la [a] palatalizza [k] e [g]
velari: lat. castellum diventa chastel in francese antico, château in moderno ([ʃ]).
3. I suoni [k] e [g], velari in latino, palatalizzano davanti a [i] e [e] in tutte le
lingue neo-latine tranne il sardo (anche il dalmato non ha subito completamente
una dando luogo a esiti vari: il latino cervum diventa cervo in italiano e cerb in
romeno ([ʧ]), cervo in portoghese ([ʃ] e [s]), cerf in francese e ciervo in spagnolo
([θ]).

PALATALIZZAZIONE DI iod: Il suono che provoca il maggior numero di


palatalizzazioni, e che dunque ha avuto l’effetto più sconvolgente sul sistema
consonantico del latino è IOD, che palatalizza, o comunque modifica, qualunque
consonante che lo PRECEDE, talvolta con effetti sulla vocale che si trova prima di
questa consonante.

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Esempi:
maiorem -> maggiore -> majeur
Palatiu -> palazzo -> palais
Fortia -> forza -> force -> fuerca
L+J: produce un suono palatale laterale spingendosi in spagnolo alla fricativa velare
/x/ FOLIA -> foglia -> fueilee -> hoja
PALATALIZZAZIONE DI ALCUNI NESSI CONSONANTICI

Poi, in latino, la semivocale velare [w] occorreva soprattutto nelle labiovelari come
antiqua, aqua, lingua , quinque, sanguine. I risultati romanzi di queste parole sono:
• Antica antique antigua
• Acqua eau agua
• Lingua langue lengua
• Cinque cinc cinco
• Sangue sang sangre

25. I MUTAMENTI DEL SISTEMA MORFO-SINTATTICO DAL LATINO ALLE


LINGUE ROMANZE
Il SISTEMA MORFOLOGICO DEL LATINO sì articola in 3 sottosistemi: nominale,
verbale, ambedue con forme flesse, e una serie di parole invariabili.
Per quanto riguarda il sistema nominale latino, come nelle lingue romanze moderne,
comprendeva i SOSTANTIVI, gli AGGETTIVI, i PRONOMI e i NUMERALI. Queste
classi erano declinate, cioè si servivano di desinenze diverse per esprimere:
- il numero (singolare o plurale),
-il genere (maschile, femminile o neutro),
- la funzione grammaticale attraverso il caso (soggetto, complemento oggetto,
complemento indiretto ecc.).
SISTEMA NOMINALE
Quindi parliamo di DECLINAZIONE:
Il latino aveva 6 CASI:
• il NOMINATIVO che indicava il soggetto,

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• l'ACCUSATIVO che indicava il complemento oggetto
• il GENITIVO che indicava l'appartenenza o più comunemente il complemento di
specificazione,
• il DATIVO che indicava il complemento di termine,
• il VOCATIVO la persona o la cosa a cui ci si rivolgeva,
• e l'ABLATIVO che indicava diversi complementi quali agente, origine, mezzo,
modo, luogo. Ogni desinenza esprimeva non solo il caso ma anche il il numero e/o il
genere
Questo sistema era tutt'altro che perfetto. Dal punto di vista formale sono numerosi i
sincretismi. (L'uso della stessa forma per casi diversi.). Inoltre alcuni casi,
soprattutto l'ablativo, erano sovraccarichi di funzioni.
Ma il latino esprimeva molte funzioni, anche mediante preposizioni. Si trattava
dunque di un sistema in evoluzione.
RIDUZIONE DELLE DECLINAZIONI
I sostantivi latini si dividevano inoltre in 5 DECLINAZIONI ognuna con il singolare e
il plurale e con 6 casi. Il sistema nominale del latino, nel corso della sua evoluzione,
si è notevolmente mutato. Abbiamo una riduzione dei casi da 6 a (generalmente) uno
solo. Allo stesso tempo vengono ridotti i generi e le declinazioni.
Le 5 declinazioni si riducono a 3;
―le parole della quinta declinazione, principalmente femminili, finirono nella
prima declinazione,
―mentre quelle della quarta, formalmente simili ai maschili della seconda, finirono
per lo più nella seconda.
Ciò portò a 3 CLASSI DI SOSTANTIVI.
― le prime due distinte per distinte per genere, la terza mista.

Certo è che in gran parte delle lingue romanze non abbiamo traccia di declinazione. I
sostantivi hanno una sola forma del singolare e una per il plurale.
RIDUZIONE DEI CASI
Diversi fattori contribuiscono alla riduzione dei casi:
1. in primo luogo la PERDITA DI –M FINALE che rese identiche: le forme del
nominativo (ROSA) e dell’accusativo (ROSAM) della prima declinazione latina e
quelle dell’accusativo (DUCEM) e dell’ablativo singolare (DUCE) della terza
declinazione.

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2. La perdita della quantità vocalica rese indistinte le forme del nominativo e
dell’ablativo singolare della prima declinazione (ROSA) – la prima con A breve e
l’ultima con A lunga. e portò confusione anche in altre declinazioni.
Il CASO CHE SOPRAVVIVE NELLE LINGUE ROMANZE, con pochissime eccezioni, è
l’ACCUSATIVO, usato come base per le lingue romanze, e che le forme di queste
discendano dall’accusativo e non dal nominativo o da altri casi è dimostrato dai
vecchi imparisillabi latini ► parole per cui il numero delle sillabe era diverso al
nominativo rispetto ad altri casi.
-Se prendiamo ad esempio la parola italiana ‘notte’ ; in francese: nuit , in spagnolo:
noche, in portoghese: noite e in catalano: nit, possiamo notare come non possa
derivare dal nominativo NOX ma bensì dall’accusativo NOCTEM (con
palatalizzazione del nesso CT=jod + t = francese: nuit ; portoghese: noite) o al
massimo dall’ablativo NOCTE.
-o ancora l’italiano: Carbone e il francese charbon, spagnolo carbon, non deriva dal
nominativo CARBO ma dall’accusativo CARBONEM.
Ma testimonianze antiche, fin dai graffiti pompeiani, confermano la predominanza
delle forme dell’accusativo su quelle dell’ablativo. La riduzione dei casi fu un
lungo processo, completato solo tra i secoli V e VIII.
Un esempio SISTEMA BICASUALE, cioè ridotto a due soli casi, è quello del
galloromanzo e del retoromanzo. Mentre il retoromanzo mantiene ancora alcune
forme casuali, il galloromanzo le ha conservate solo nella fase medievale ovvero fino
al 1300 circa.
MANTENIMENTO DEI CASI IN FRANCESE E OCCITANO
Per quanto riguarda il francese e occitano si usa parlare di:
― CASO RETTO (detto anche CAS SUJET) per le forme derivanti dal nominativo e
che fungono da soggetto della frase e vocativo,
― CASO OBLIQUO (CAS REGIME) per le forme derivanti dall’accusativo e che si
utilizzano per tutte le altre funzioni.
La declinazione dei sostantivi si articola in:
- tre classi per quelli maschili
- e tre classi per quelli femminili
Caso retto singolare termina con s Caso retto plurale non termina con s
Caso obliquo singolare non termina con s
ma in -m Caso obliquo plurale termina con s
1) Sostantivi maschili di prima classe derivano dai sostantivi della seconda
declinazione latina:
Singolare Plurale
CASO RETTO MURUS> murs MURI>mur
CASO OBLIQUO MURUM>mur MUROS>murs

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Nella seconda parte del medioevo, poi, il francese ha eliminato la declinazione quasi
sempre a vantaggio della forma dell'obliquo, raggiungendo dunque lo stadio delle
altre lingue che non avevano mai avuto traccia di declinazione. In realtà il francese
andava perdendo le S finali e quindi la distinzione tra i due casi cominciò a divenire
problematica come quella tra singolare plurale. Le forme moderne del francese
testimoniano che a sopravvivere è il CASO OBLIQUO e quindi l’ACCUSATIVO:
MURUM> mur,
PATREM> père,
AMICAM> amie,
SOROREM> soeur.
I PLURALI
Apparentemente la spiegazione dei plurali italiani è molto semplice. Infatti sembra
evidente che:
-amiche venga dal nominativo plurale AMICAE,
-e lupi dal nominativo plurale LUPI.
C'è però la stranezza che si tratterebbe delle uniche forme, sistematicamente
provenienti dal nominativo invece che dall'accusativo.
Mentre amici sembra un normale risultato di AMICI con la palatalizzazione di –CI,
che in il latino suonava in origine [ki]; al femminile dovremmo trovare * amice con il
suono affricato palato-alevolare mentre abbiamo la fricativa velare /k/
Si è dunque osservato che, poiché -S finale dà [j] prima di dileguare, la forma AMICAS
avrebbe dato *amicaj ed il dittongo aj si sarebbe potuto ridurre ad e dopo che era
terminata la palatalizzazione di C + E/I.
Più difficile sembra però spiegare amici da AMICOS perché non abbiamo riscontri per
un eventuale passaggio di oj ad i.
I GENERI
Il latino presentava una distinzione di tre generi: MASCHILE, FEMMINILE, NEUTRO.

PERDITA DEL NEUTRO > Il genere che non è sopravvissuto è il genere NEUTRO.
Questo, infatti, era diventato solo una categoria grammaticale e non corrispondeva
a nessuna realtà esterna. L’eliminazione del neutro non fu così rapida e diede luogo
ad alcune situazioni più complesse.
Sembra che la resistenza alla totale eliminazione del neutro fosse più forte nelle
lingue orientali, dove si sono mantenuti i neutri plurali con significato plurale, come
nel caso del ROMENO, dove il neutro presenta ancora una categoria viva.

-Il singolare il neutro latino spesso era marcato dalla terminazione -UM, tanto al
nominativo che all’ accusativo. Sicchè per la perdita della consonante finale veniva ad
identificarsi con la forma del maschile.
-Al plurale i neutri avevano sempre uscita in -A che portò a far considerare queste
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forme come singolari femminili, conservando però traccia dell'origine plurale nel
significato collettivo. Difatti, alcuni plurali neutri terminanti in –A, forse per il loro
senso collettivo, cioè riferiti ad un insieme di cose, vennero reinterpretati come
femminili singolari di prima declinazione: creando una serie di doppioni▶
Esempio: FOLIUM, al singolare è stato assimilato ai normali maschili in –o ed ha dato
foglio. Ma si è continuato pure nella forma plurale FOLIA, da cui viene il singolare
femminile foglia, che aveva in origine il valore collettivo di “fogliame”.
Resti del neutro ci sono anche in plurali italiani in –A come: le braccia, la legna, le
membra.
L'ARTICOLO E I DIMOSTRATIVI
ARTICOLO DETERMINATIVO
L'articolo determinativo non esisteva in latino ma è presente in tutte le lingue
romanze. La sua formazione, che risale al VI secolo circa, è parallela a quella dello
stesso articolo nelle lingue germaniche e si basa sui dimostrativi latini. Per lo più
sono le forme di ILLE, declinate come un aggettivo della prima classe, a fornire le
basi dell'articolo e solo in poche aree, come la Sardegna e nel catalano delle
Baleari e di alcuni paesi della Costa Brava, si usano derivati da IPSE: l'evoluzione
dell’articolo riflette la sua posizione quasi esclusivamente proclitica, cioè preposta
alla parola che determina, e dunque ATONA, per cui vi è la tendenza a perdere una
sillaba, generalmente la prima. Allo stesso modo sono cambiate le forme derivate da
ILLE nelle altre lingue romanze
Le forme italiane:
• il, lo derivano da ILLU. Esempi: illu caballu-> il cavallo / illu amicu -> l’amico
• La viene da ILLA, esempi: illa amica -> l’amica / illa casa -> la casa
• I/gli vengono da ILLI. Esempi: illi lupi -> i lupi / illi amici -> gli amici
• Le viene da ILLAE . Esempi: illae amicae -> le amiche.
L'origine è la stessa in tutte le lingue romanze, tranne che in sardo ed in alcune
varietà catalane in cui la base Latina è l'altro dimostrativo: IPSE:
IPSA DOMUS -> sardo : sa domo,/ IPSOS HOMINES -> sardo sos omines /IPSA
ROCCA -> catalano sa roca
Articoli in sardo e catalano ( sardo : so, sa, sos) ( catalano: so, sos, sa, ses).
Si badi però che la posizione dell'articolo determinativo non è uguale per tutte le
lingue. Mentre in tutte le altre varietà romanze prevede una posizione PROCLITICA
( cioè preposta alla parola che determina) ll ROMENO rappresenta un caso a parte. (
per il nominativo e per genitivo/dativo. Anche se l'articolo deriva da ILLE, come nelle
altre lingue, cambia la posizione, che non è proclitica bensì ENCLITICA: l'articolo
cioè è posto alla fine della parola, un tratto che il romeno condivide con altre lingue
balcaniche come l'albanese e il bulgaro.
Quindi abbiamo lupul <- LUPU ILLU ( il lupo).

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ARTICOLO INDETERMINATIVO
deriva, in tutte le lingue romanze, dal numero cardinale UNUS/ UNA. Per questo
articolo, il romeno si allinea alle altre lingue, ponendolo in POSIZIONE PROCLITICA.
Esempi: UNU CABALLU -> un cavallo / UNA CASA -> una casa
PRONOMI
Il sistema dei pronomi romanzi riproduce abbastanza bene quello latino per
quanto riguarda i diversi tipi di pronomi: dimostrativi, anaforici, personali,
possessivi, interrogativi, relativi, indefiniti, alcuni dei quali sono impiegati anche
come aggettivi. Non succede, però, lo stesso per le forme, alcune delle quali sono: -
scomparse - oppure hanno cambiato funzione, - o sono state sostituite da
creazioni nuove e da forme analogiche. I pronomi che hanno subito più
rimaneggiamenti in questo senso sono quelli dimostrativi e anaforici, che sono
anche andati a riempire funzioni mancanti in latino, ma presenti nelle lingue
romanze, come l'articolo determinativo, come si è visto, oppure il pronome
personale di 3ª persona.
Il latino aveva una serie di PRONOMI DIMOSTRATIVI, che distingueva 3 GRADI DI
LONTANANZA DAL SOGGETTO CHE PARLA:
HIC HAEC HOC 'questo' (vicino a chi parla, associato alla 1 persona)
ISTE ISTA ISTUD 'codesto' (vicino a chi ascolta = 2* persona)
ILLE ILLA ILLUD ´quello' (lontano da chi parla e da chi ascolta = 3ªpersona).
Alcune forme scompaiono e ciò lascia solo TRE forme, ISTE, ILLE, IPSE, con la
conseguente perdita anche dei 3 gradi dei dimostrativi. Ciononostante, in alcune
lingue romanze si continua a distinguere i 3 gradi grazie all'impiego di altre forme o
alla creazione di forme nuove.
-I 3 gradi della distanza sono ormai limitati principalmente alle lingue iberiche
(spagnolo, portoghese) e il sardo.
-Mentre occitano, francese, catalano e rumeno hanno solo 2 gradi ottenuti mediante
la fusione dei primi due. Ad esempio in francese moderno, abbiamo celui-ci e celui-la.
Sono sostanzialmente eliminate dall’italiano, il quale si è ridotto a solo 2 gradi
impiegando questo e quello, mentre codesto risulta arcaico o dialettale (toscano):
Poiché i pronomi dimostrativi latini hanno dato origine agli articoli, per indicare i
veri dimostrativi si è ricorso a una forma rafforzata dalla particella ECCE 'ecco', che,
a seconda delle aree, può mantenere la sua forma semplice o modificarsi in ECCU. Le
diverse forme assunte dalla particella ECCE si deducono dalla comparazione delle
lingue romanze;
-ECCE/ACCE danno luogo a forme palatalizzate, questo, este, este(port), aquest
(cat) codesto (it) ese (sp) esse(port) aqueix(cat)
-ECCU/ACCU a forme senza palatalizzazione. quello (it), aquel (sp), aquele (port)
aquell (cat)
SISTEMA VERBALE E PERIFRASI.

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Il sistema verbale delle lingue romanze, non è meno articolato di quello latino, ma ciò
non vuol dire che non vi siano stati cambiamenti che come la soppressione di
forme latine da un lato e la creazione di nuove forme dall'altro. Inoltre un
importante fattore nell'evoluzione del sistema verbale è l'analogia, che ha reso
possibile la creazione di nuovi verbi 'regolari o la riformazione di un intero tempo
per eliminarne le irregolarità introdotte dal cambio fonetico
IL VERBO LATINO
Il verbo latino come quello romanzo è coniugato, ricorre cioè a desinenze o talvolta
anche a temi (la parte fissa alla quale si aggiungono le desinenze) diversi per
esprimere le varie funzioni delle voci verbali. Ad esempio nella voce verbale italiana
amo, la desinenza -o ci dice che si tratta della 1ª persona singolare del presente
indicativo attivo. Allo stesso modo il verbo latino è marcato:
• dalla persona (1ª", 2ª, 3ª)
• dal numero (singolare o plurale),
• dal tempo (presente, passato, futuro),
• dall’aspetto (perfettivo o imperfettivo),
• dal modo (indicativo. congiuntivo, imperativo)
• e dalla voce (attiva, passiva, deponente).
▪ Nell’evoluzione dal latino alle lingue romanze la distinzione di TEMPO ha avuto il
sopravvento su quella di APETTO, che invece sembra fosse quella primaria in latino.
▪ Un'altra categoria che manca nel sistema italiano e romanzo è la VOCE
DEPONENTE accanto a quella ATTIVA E PASSIVA. • La VOCE DEPONENTE in latino
è impiegata per lo più quando ľ azione espressa dal verbo coinvolge principalmente
il suo soggetto, il quale genera l’azione e ne riceve esso stesso gli effetti; sì tratta di
una categoria si può esprimere in italiano con un uso riflessivo del verbo
Il VERBO LATINO si divide tradizionalmente in QUATTRO CONIUGAZIONI:
-ARE: cantare
-ĒRE: habēre
-ĔRE: vendĕre
-IRE: dormire
▪ Apparentemente le quattro coniugazioni del latino sono conservate in italiano,
francese, catalano, -ARE: cantare, chanter, cantar -ĒRE: avere, avoir, haver, aver -
ĔRE: vendere, vendre, vendre -IRE: dormire, dormir
▪ In spagnolo e in portoghese vi è invece una confusione tra la II e III
coniugazione che risulta nel passaggio dei verbi di III alla II
▪ Alcune lingue hanno aumentato il numero di coniugazioni. Il romeno, per
esempio, ha sviluppato una quinta coniugazione.
SOPRAVVIVENZA DI FORME
Le forme verbali latine che sopravvivono pur subendo, a seconda delle lingue,
regolari cambi fonetici e alcuni cambi analogici sono;
• l'indicativo presente,

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• congiuntivo presente,
• l'indicativo imperfetto,
• l'indicativo perfetto.
SCOMPARSA DI FORME
Alcune forme latine sono scomparse del tutto, come:
• l'infinito perfetto,
• l'infinito passivo.
• I verbi deponenti, che avevano forma passiva, vengono per lo più provvisti di
desinenze attive: MORIOR MORIRE > it. morire, fr. mourir, sp. cat, occ, morir, rom. a
muri, ma port. morrer. La perdita dei verbi deponenti dipende anche dal fatto che:
scompaiono tutte le forme sintetiche del passivo in parte, probabilmente, a
causa di cambiamenti fonetici che ne rendevano indistinte le desinenze.
• il participio futuro.
•Un'altra importante scomparsa è quella del FUTURO avvenuta per una serie di
motivi. -Era in effetti un tempo debole che non aveva una singola serie di desinenze
distintive, una situazione resa più confusa dal cambio fonetico. - A questo si aggiunge
il fatto che non è del tutto necessario avere forme distinte per il futuro, che può
essere adeguatamente espresso con il presente più un avverbio di tempo: 'domani
vado'.
FORME NUOVE
La perdita di forme ha significato, in parte, la loro sostituzione con forme nuove,
alcune sconosciute al latino:
• futuro 'romanzo'
• condizionale
• passato perifrastico
• perfetto perifrastico
• passivo perifrastico

FUTURO ROMANZO
Con la scomparsa del futuro latino si è compensata la sua mancanza in due modi:
• si è ricorso all'uso del presente accompagnato da un avverbio temporale,
questa soluzione è adottata ancor oggi nelle espressioni regionali soprattutto
meridionali; ‘’domani vengo da te’’
• si impiega un'espressione perifrastica composta da un verbo, che implica dovere
o intenzione, cioè un'azione futura, all'indicativo presente, seguito da un infinito.
Le varie possibilità attuate sono:
VOLO CANTARE 'voglio cantare',
DEBEO CANTARE `devo cantare’,
HABEO CANTARE `ho da cantare
Questi tre tipi di perifrasi trovano continuatori, in misura diversa, nelle lingue
romanze, La perifrasi VOLO CANTARE é alla base del futuro in romeno; DEBEO
CANTARE > in dialetti sardi.

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CONDIZIONALE
Parallelamente al futuro si creò una nuova forma verbale mancante in latino, il
condizionale, che segue un modello perifrastico simile al futuro basato
sull'infinito + HABERE al passato, poiché alľ origine costituiva un futuro anteriore.
-Il tempo passato più comunemente usato per la formazione del condizionale è
l'imperfetto e risulta in una serie di desinenze che corrispondono a quelle
dell'imperfetto di HABERE nelle varie aree: CANTARE HABEBAM > fr. chanterais, sp.
cantaría, port. cat. occ. cantaria.
-In italiano standard ha prevalso invece un condizionale formato dall'infinito + il
passato remoto (perfetto) di HABERE: CANTARE HABUI > canterei; ma sia in
italiano antico sia a livello dialettale non mancano esempi di condizionale del tipo
cantaria.

PERFETTO PERIFRASTICO
Si assiste alla creazione di forme perifrastiche con valore perfettivo con i verbi
HABERE o TENERE seguiti dal participio passato: HABEO CANTATU(M) > ho cantato.

PASSIVO PERIFRASTICO
La sostituzione del presente passivo latino (di tipo sintetico) con le forme
analitiche che in latino esprimevano i tempi del perfetto passivo:
AMATUS SUM > sono amato, AMATUS ERAM > ero amato (in latino valgono ‘sono
stato amato’, ‘ero stato amato’)
Dunque le forme sintetiche del passivo sono scomparse e sono state sostituite da una
perifrasi composta dal verbo 'essere' più il participio passato.
Una simile perifrasi già esisteva in latino per il perfetto passivo dove l’idea di
perfettività e di passato era espressa dal participio e l'ausiliare andava al
presente.
Il diffondersi del passato prossimo, però, in cui è l’ausiliare a indicare il tempo, ha
fatto sì che anche questi passivi fossero reinterpretati in base al tempo dell’ausiliare.
CANTATUS EST da perfetto diventa presente e per tutti i passivi perifrastici è
l’ausiliare che indica il tempo, oltre che la persona, il numero e il modo: indicativo
presente: è cantato; indicativo futuro sarà cantato

Possiamo notare, assistendo alla nascita di un gran numero di forme perifrastiche,


che il sistema verbale romanzo è, dunque, più analitico di quello latino, tende
cioè a esprimere attraverso perifrasi ciò che il latino esprimeva in modo sintetico:
AMATUR : è amato, VĒNIT : è venuto, DICITUR : si dice, etc.
Questa tendenza analitica (o perifrastica) si trova anche in altre aree della lingua: il
comparativo (NOBILIOR > più nobile), il sistema dei casi (PATRIS : del padre)
ORDINE DELLE PAROLE.
In latino vi era una certa libertà per quanto riguarda l'ordine delle parole, in
principio qualunque cosa venisse fatta all’ordine delle parole questo non influiva
sulla distribuzione delle relazioni grammaticali in quanto vi erano i casi grammaticali
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e inoltre l'indicazione della funzione attraverso la desinenza permetteva perfino di
separare il sostantivo dall'aggettivo che ad esso si riferiva. La posizione del verbo,
inoltre, non era fissa.
Una situazione diversa caratterizza le lingue romanze. Vi è maggior rigidità
nell’ordine delle parole:
-Un esempio può essere dato, nel gruppo nominale, dalla posizione del articolo
rispetto al nome che è fissa. L'articolo si trova in posizione prenominale in tutte le
lingue romanze tranne che in rumeno, dove invece segue il nome.
-L'aggettivo può essere separato dal nome solo in alcune espressioni politiche o
burocratiche, ma di norma l'aggettivo si trova in posizione post nominale. Se lo
precede ha un valore semantico diverso, una differenza che si può notare mettendo a
confronto la frase nominale: “un uomo buono” e “un buon uomo”.
-La posizione del determinante, precede il nome: La casa di mio padre.
-Per ciò che concerne gli argomenti verbali questi, nonostante in altre lingue
assumono una posizione diversa, nelle lingue romanze, che prevedono un ordine
sintattico: SVO questo è correlato sistematicamente con la presenza di preposizioni,
l’oggetto che segue il verbo, lo stesso accade con gli altri complementi.
Il genitivo e l’aggettivo in posizione post-nominale.
-Quanto alla posizione del verbo della frase, Il verbo segue il soggetto e precede
l'oggetto. Questa sequenza, ad esempio in Francese è diventata assolutamente
obbligatoria. Nel medioevo il francese sembra una lingua tipo v2, cioè con il verbo
costantemente in seconda posizione nella frase. Ma questa caratteristica è andata
poi perduta man mano.
In conclusione, dunque, l'ordine delle parole delle lingue romanze risulta conforme a
ciò che la tipologia linguistica normalmente riscontra nelle lingue del tipo SVO.
LA SUBORDINAZIONE.
Dopo un'importante serie di verbi, quali quelli che esprimevano dire, pensare,
sperare, percepire, il latino rendeva la proposizione subordinata con:
- il soggetto in accusativo invece del nominativo,
- il verbo all'infinito, invece di un normale tempo finito.
Esempio: CREDO TE REGINAM ESSE: “credo che tu sia la regina”.
Questo tipo di frase si chiama oggettiva perchè TE REGINAM ESSE costituisce
l'oggetto di CREDO.
Nessuna lingua romanza, continua nelle sue forme parlate, questo tipo di
costruzione, che è stata sostituita da QUOD seguito dal verbo in modo finito, da cui
provengono le frasi italiane con che più indicativo o congiuntivo.
26. ALCUNI MUTAMENTI NELLA STORIA DEL FRANCESE E DELLO SPAGNOLO
Durante la storia delle lingue romanze, queste non sono rimaste immutate,
presentando trasformazioni non solo in fonetica ma anche in morfologia e sintassi.

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-Oggi un italiano colto è in grado di leggere Dante incontrando tuttavia difficoltà
appartenenti per lo più al lessico.
-in Francia solo chi ha studiato l’antico francese può leggere direttamente le opere
medievali, altrimenti ci si serve di traduzioni.
- In spagna invece lo stacco è meno forte.
FRANCESE:
Alcuni dei cambiamenti che hanno reso il francese classico e moderno differente
da quello medioevale:
• Indebolimento e dileguo delle uscite consonantiche in –t, -s, -nt, che avevano
importanti funzioni morfologiche.
la –s finale dilegua attorno al 13 esimo secolo attraverso una fase di sonorizzazione
in [z], che si mantiene fino ad oggi, ma solo se la parola successiva inizia con vocale
provocando un fenomeno denominato: liaison.

-Ciò provoca nel parlato, nel 1300 circa, la perdita delle distinzioni tra caso retto
e caso obliquo.
-Nello scritto la distinzione tra plurale e singolare rimase chiara, ma nel parlato
anche questo si perdette. La distinzione di numero, diventata impossibile tramite la
disenneza, venne recuperata tramite un elemento a sinistra, un articolo. Le champ /
les champs
La perdita di –s che si aggiunge a quella di –t e di –nt, unita al dileguo della vocale
finale –e, ha gravi conseguenze anche nella coniugazione verbale, perché ben 4
persone (la prima, seconda e terza singolare e la terza plurale) del presente finiscono
per avere suono identico: chante, chantes, chante, chantent.
Il recupero della necessaria distinzione avviene tramite un elemento a sinistra, il
pronome soggetto a cui si fa ricorso tutte le volte che è necessario e che poi diventa
obbligatorio in francese: je chante, tu chantes, il chante, ils chantent.

Nei testi del 12esimo secolo era assai frequente l’ordine delle parole OVS, cioè in
francese antico il verbo tendeva ad occupare la seconda posizione. Questa
caratteristica si perde man mano che il soggetto diventa sempre più frequente e poi
obbligatorio a sinistra del verbo. A questo punto cambia un’altra caratteristica tipica
della lingua, che non è più V2 = verb second.

SPAGNOLO
Lo spagnolo subisce minori trasformazioni rispetto al francese ma ciò non significa
che non presenta importanti mutamenti, questi avvenuti soprattuto tra la fine del
medioevo ed il 16esimo secolo. Lo spagnolo medioevale usava l’opposizione tra
sorde e sonore non solo nelle occlusive ma anche nelle affricate e nelle fricative.
-Fricativa alveolare sorda [s] (passar) sonora [z] (oso)
-Affricata alveolare sorda [ts] (es: braco) sonora [dz] (fazer)
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-Fricativa palatale sorda [ʃ] (baxo) sonora [ʒ]toscana (oreja)
-Affricata palatale sorda [ʧ] (mucho) sonora [ʤ]
Il sistema entra in crisi perché entra in crisi la distinzione di sonorità: in ogni
coppia, l’elemento sonoro confluisce in quello sordo.
-Avviene che ad esempio passar e oso non presentino alcuna differenza dal punto di
vista fonetico, pronunciandosi entrambe le parole con il suono sorda [s] creando un
certo numero di omofoni .
-In Castiglia inoltre, braco e fazer tendono ad essere pronunciate con la stessa
consonante che però da alveolare [ts] diventa fricativa interdentale e resta sorda
[ɵ]
-Vengono poi pronunciate allo stesso modo (sorde) , le consonanti di baxo e oreja, il
fonema diventa fricativo palatale [ʃ] e poi fricativa uvulare [x]
Quindi abbiamo : affricata palatale sorda [ʧ] / fricativa interdentale sorda [ɵ]/
fricativa alveolare sorda [s] / fricativa uvulare sorda [x].
Ma l’ANDALUSO presenta uno sviluppo più particolare e diverso in quanto la
fricativa interdentale [ɵ] e quella alveolare [s] restano sì sorde ma si fondono:
• Nella maggior parte della regione il risultato è cio che si chiama seseo cioè vi è la
realizzazione come [s] di entrambe le consonanti.
• Ma ci sono anche zone in cui si applica il ceceo dove il grafema s, c+e,i sono
realizzate dalla fricativa interdentale.
• Nella lingua spagnola troviamo anche un altro fenomeno denominato: yeísmo che
consiste in un maniera di pronunciare il gruppo LL come se fosse una Y (ye o i
griega). Per esempio, dire cabayo invece di caballo.
Consiste nella fusione dei: due fonemi approssimanti palatali (la semivocale /j/,
rappresentata dalla y, e la laterale /ʎ/, rappresentata da ll).
Questo fonema unificato si pronuncia in differenti maniere, normalmente come
una fricativa che nella maggior parte dei casi, appare come una fricativa sonora
palatale [ʝ] (palatale) o postalveolare [ʒ] (postalveolare). “calle” si pronuncia caje o
caʒe, “llorar” si pronuncia jorar o ʒorar.
IL RAPPORTO CONTINUO CON IL LATINO
Il rapporto tra lingue romanze e il latino non è stato solo un rapporto di filiazione,
in quanto le prime discendono geneticamente dal latino, ma anche di influenza, in
ragion del fatto che il latino è rimasto la lingua della chiesa, della scuola, della cultura
e si è presentato come una miniera sempre disponibile, da cui attingere parole,
forme, e sintagmi. Solo il romeno rimane al margine di questo rapporto, perché la
lingua della chiesa ortodossa è stata il greco.
Lo status del latino è però cambiato nel corso dei secoli. All'inizio, subito dopo la fine
del mondo antico, esso si poteva considerare come il registro alto di un sistema
diastratico e diafasico in cui le divergenze andavano accentuandosi, fino ad arrivare
nel pieno medioevo ad una situazione di diglossia ( latino varietà alta e volgare

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varietà bassa). Man mano che usciva dall’uso dei domini alti, nei quali lo sostituivano
le lingue romanze, il latino passò allo status di lingua straniera, conservando sempre
però il prestigio culturale e religioso.
L'effetto più evidente di questo rapporto di dominanza è la presenza di prestiti
lessicali nelle lingue romanze. Poiché esse discendono dallo stesso latino, bisogna
introdurre la distinzione tra:
◾ Termini latini di origine patrimoniale che sono stati di continuo presenti nella
lingua parlata.
◾ Prestiti , che erano assenti nelle lingua parlata e vi sono rientrati perché ripresi dal
latino da persone che conoscevano questa lingua ( si tratta di parole colte o
semicolte).
In realtà noi ricaviamo questa distinzione dalla forma delle parole:
◾ se una parola di origine latina ha subito i mutamenti fonetici caratteristici della
lingua romanza essa sarà patrimoniale,
◾ altrimenti sarà un prestito colto.
◾ Ad esempio il sostantivo italiano ORECCHIA proviene da AURICOLA con dei
mutamenti, dunque è un termine patrimoniale.
◾ Se l’aggettivo AURICOLARE non presenta dei mutamenti vuol dire che non è
patrimoniale ma che è stato preso in un certo momento della storia dell’italiano.
Dato che uno dei fenomeni più importanti avvenuti durante il passaggio dal latino
alle lingue romanze è stata la perdita della distinzione vocalica di quantità a favore di
quella di qualità, in italiano, francese, portoghese dovremmo avere:
- [ɛ] ed [ɔ] aperte da e ed o brevi.
invece abbiamo solo e ed o chiuse dalle vocali lunghe.
Se in italiano e portoghese, una parola di origine latina ha [ɛ] ed [ɔ] aperte per ogni
e e d o, e in francese ha [e] ed [o] chiuse per ogni e ed o, si tratta di prestiti.
Poi il francese ad un certo punto della sua storia medioevale, ha perso la /s/
quando seguita da una consonante; esempi :
HOSPITALE -> hopital
SCHOLA-> ecole
STUDIUM-> etude
Ma ci sono, tuttavia, altre parole di uso colto in cui il ricordo della pronuncia latina ha
impedito tale dileguo di s seguito da consonante.
CASTU-> chaste
SPERARE-> esperer
SPIRITO ->esprit
Solo una piccola parte dei prestiti latini viene assunta dalle lingue romanze senza
alcun adattamento. Si tratta di termini religiosi o scientifici: continuum, credo,
deficit, humus, lavabo, pancreas.
Poi, nelle parole colte:
◾ tutte le –a finali vengono conservate tranne che in francese che si trasformano in –

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e.
◾ Le –u invece diventano –o in italiano e spagnolo.
La possibilità di prendere a prestito termini latini ha prodotto un gran numero di
coppie di parole che hanno la stessa origine ma diversa trafila storica, una volta
patrimoniale, l’altra di prestito. Esempi:
◾ Italiano: angoscia (patrimoniale)/ angustia (prestito); comprare/comperare;
freddo/frigido; parola/parabola
◾ Francese: chose/cause ; froid/ frigide; sembler/simuler.
◾ Spagnolo: entero/integro; frio/frigido; leal/legal.
Inoltre abbiamo già visto a proposito di orecchio e auricolare che può accadere che ci
siano coppie derivative nelle quali un termine è patrimoniale e l’altro è un
prestito. Esempi: legge/legale; occhio/oculare;
A volte, addirittura, il presunto derivato proviene da un altro termine latino ad
esempio: città e urbano.
O addirittura guerra e bellicoso, dove guerra deriva da WERRA (germanico) , e
invece bellicoso da BELLUM (latino).
Ciò non accade solo al lessico ma ad esempio anche in morfologia in ambito flessio,
dove è un latinismo il suffisso del superlativo, derivante dal latino ISSUM, (
italiano santissimo, francese antico saintisme, spagnolo santisimo).
Il rapporto secolare con il latino come lingua di superstrato culturale in funzione
centripeta, quindi accresce la somiglianza delle lingue romanze tra di loro.
IL RAPPORTO CON IL GRECO
Il latino aveva avuto per secoli un rapporto assai stretto con il greco e ne aveva
assorbito non pochi elementi, che le lingue romanze hanno però ricevuto non come
grecismi ma come parte integrante del patrimonio latino.
Attraverso il latino sono così pervenute alle lingue romanze, in genere come prestiti
colti, parole di origine bizantina come:
◾ camba o gamba, catalogus, catarrhus, craneum, idioma, masticare, pharmacia,
protocollum di cui troviamo esiti in tutte le lingue romanze di cultura.
◾ Termini ecclesiastici come : ecclesia, monacus, monasterium, hanno esiti
semicolti.
◾ Alla rilevanza politica e amministrativa dei bizantini dobbiamo parole come duca,
despota, catasto, schiavo.
◾ La marineria bizantina fu a lungo la più potente del Mediterraneo, abbiamo
dunque : gondola, pilota, sandalo, scala, scalo. Al commercio marittimo si deve un
concetto astratto come risico, rischio.
◾ Dalle tecniche artigianali bizantine abbiamo tappeto, brocca, vernice.
◾ Ma non mancano termini della più comune vita quotidiana: maccheroni, pasta.
◾ Accanto a questi termini penetrati in latino e nelle lingue romanze occidentali in

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genere, ci sono anche grecismi locali nelle aree in cui il greco è un importante
sostrato, come la Sicilia e l’Ialia meridionale.
Ad esempio in italiano meridionale abbiamo cuccuvaia, civetta / in salento
abbiamo mantile, grembiale, in
romano/napoletano/pugliese/calabrese/siciliano, abbiamo scorfana (nome di
un pesce).
Se da noi il greco funge in parte da adstrato, in parte da sostrato in ROMENO esso
funziona sempre da adstrato ma con una durata e ad un livello diversi da quelli delle
altre lingue romanze occidentali. Infatti la pressione del greco sul romeno dura per
un periodo più lungo (1711-1821).
Inoltre, lo sviluppo della scienza moderna ha determinato dovunque una nuova
fortuna del lessico greco. Gli scienziati hanno avuto bisogno di un enorme numero di
parole nuove, anzitutto per designare nuove scienze o nuovi concetti, ed hanno fatto
amplissimo ricorso al greco antico, che ha fornito i componenti necessari alle nuove
parole, per lo più composte Esempio: dialettologia, otorinolaringoiatria.
Composti e derivati formati con :
◾ Prefissi come bio- , dia- , geo- ,idro- , iper- , macr- , micro- ,
◾ Suffissi come –grafia, -logia, -mania, -metria, -terapia.
IL RAPPORTO CON L’ARABO
Le parlate arabe avevano avuto contatti con il latino, perché l’impero romano aveva
posseduto per secoli una fascia settentrionale del deserto. C'era stata una provincia
romana dell’ Arabia e un arabo, Filippo, era perfino diventato imperatore romano. Le
cose cambiarono con Maometto e con l’immediata espansione che già nel 711 portò
gli eserciti arabi alla conquista della penisola iberica.
La conquista araba non comportò solo la presenza di un ceto poco numeroso di
dominatori: molti furono gli immigrati dall’Arabia e dalle altre province orientali
man mano arabizzate, moltissime furono le conversioni all’islamismo, abbastanza
rapido fu il cambio di lingua.
Questo grande processo storico ridusse di molto l’area della romania e creò in
Spagna e in Sicilia una vera e propria romania arabica. Siviglia rimase araba per
536 anni, Palermo per quasi 250 anni.
In queste aree l’arabo è un vero e proprio sostrato delle varietà romanze, o quanto
meno un importantissimo adstrato.
L’arabo pre-coranico aveva ricevuto qualche latinismo, che è poi ritornato nelle
lingue romanze con la forma ed il significato acquisiti in arabo.
Un esempio è CASTRUM, diventato in greco KASTRON, e da qui giunto all’arabo come
QASR; dall’uso di questa parola nella terminologia marinaresca viene l’italiano
CASSERO.

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La riconquista della Spagna ha determinato fenomeni di ripopolamento e di cambio
di lingua su tale scala che le parole di origine araba sono numerosissime, soprattutto
in Andalusia, in Aragona e Valencia, dove i moriscos rimasero a lungo. Si calcola
che il Castigliamo abbia circa 4000 arabismi.
Questo contatto non determina interferenze fonetiche ma lascia tracce nella
morfologia, un esempio può essere:
- il suffisso aggettivale -ì che si ritrova in termini legati al mondo mediterraneo,
come marroquì o tunecì.

L'ultima grande ondata che travolse i territori dell'lmpero d’Occidente dunque fu


quella degli Arabi nella penisola iberica. Sbarcati attraverso Gibilterra, gli Arabi
furono fermati nella loro avanzata ma rimasero nella penisola iberica fino a quando
cadde Granada, ultimo regno musulmano in territorio europeo. In questi quasi sette
secoli di occupazione è ovvio che le lingue iberoro- manze abbiano subìto l’influenza
dell'arabo, un influenza soprattutto lessicale che comporta sistematici adattamenti,
non tanto perché l’arabo possiede solo 3 vocali, ma perché possiede consonanti
ignote alle lingue romanze. Infatti numerosi termini riferiti, ad esempio,
◾ al CIBO sono arabi, come azafrán zafferano', algodón 'cotone', azúcar`zucchero',
arroz 'riso', naranja 'arancia'.
◾ Gli Arabi hanno anche lasciato il segno nella COSTRUZIONE DEI PAESI: aldea
'villaggio, barrio `quartiere', azulejo 'piastrella',
◾ nell'AMMINISTRAZIONE: alcalde *sindaco', almirante 'ammiraglío', aduana
`dogana’,
◾ La superiorità della cultura araba in CAMPO SCIENTIFICO e filosofico ha fatto sì
che diverse parole, prese in prestito dallo spagnolo, si siano poi diffuse in tutta
Europa: alquimia 'alchimia', , alcohol. Come si può vedere, i prestiti arabi in
iberoromanzo sono spesso riconoscibili dall'INIZIALE A- O AL-, che è l'articolo
determinativo arabo interpretato come parte integrante della parola.
Il tratto più caratteristico è che gli arabismi iberici integrano l’articolo arabo al .
Pertanto quasi tutti gli arabismi spagnoli cominciano per a- . Esempi: aceituna
(oliva), alcachofa (carciofo), algodòn (cotone), azucar (zucchero), alfayate (sartp),
alfombra (tappeto), almohada (cuscino), arroz (riso), alcalde (sindaco), aldea
(villaggio).
◾ Ci sono però arabismi di ogni genere, come i sostantivi tarea ( compito) e tarifa
(tariffa). Molti nomi di centri abitati, monti, fiumi sono arabi come : alcàntara,
gibraltar, medina.
Ovviamente non è solo lo spagnolo, fra le lingue iberoromanze, a essere influenzato
dall'arabo, ma anche il portoghese e il catalano. Gli Arabi occuparono anche la Sicilia
per ben due secoli fino all'arrivo dei Normanni, e il contatto con questa civiltà portò a
diversi prestiti lessicali, entrati poi a far parte dell'italiano: zucchero, zafferano,
arancia; dogana, e gli aggettivi azzurro e meschino,

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I PRESTITI INTERNI
Durante il corso della loro storia, le lingue romanze sono state in contatto costante
tra di loro, con la parziale eccezione del romeno.
◾ FRANCESE: In una prima fase medioevale, approssimativamente dall’epoca
carolingia fino al 1400, il FRANCESE ANTICO ha avuto un prestigio particolare
tanto in area romanza quanto in area germanica grazie al fatto che appariva
strettamente collegato alla civiltà feudale prima, e cortese poi. Non mancano le
dichiarazioni esplicite in cui persone di altra lingua madre riconoscono il francese
più adatto della loro stessa lingua per particolari funzioni elevate. Ad esempio ciò è
detto da Brunetto Latini nella sua opera scritta in francese Tresor.
Ma al di là della letteratura, la prova oggettiva della dominanza del francese si
rinviene nel flusso di prestiti che da questa lingua irrompe nelle altre varietà
romanze occidentali, ma anche, tra le lingue non romanze, come nei dialetti tedeschi
e soprattutto nel Middle-English.
-L’italiano medievale ha centinaia di francesismi, ad esempio: conte -> conte;
DAMOISELLE-> damigella; LEVRIER-> levriere; SAGE -> saggio; BASTARD->
bastardo; COUSIN -> cugino; JARDIN -> giardino; LANGAGE-> linguaggio.
-Francesismi in occitano: AMADOR -> amadore; AMISTAT-> amistà
-Ondata di francesismi anche per l’ibero-romanzo: fraile (frate); lenguaje; viaje
Francesismi in castigliano: BALAR-> bailar; CORRIEU -> correo.

◾ CATALANO: Le conquiste che la casa d’Aragona fece nel meridione d’Italia e nelle
isole durante gli ultimi secoli del medioevo ci hanno portato un gruppo di
catalanismi che a volte penetra anche in italiano standard e resta nei dialetti
meridionali, un esempio è la parola napoletana: muccature da MOCADOR oppure
addunarse da ADONARSE.

◾ ITALIANO: Con la fortuna di Dante, Petrarca e Boccaccio, comincia intorno al 1400


una fase di grande prestigio dell’italiano, che dura almeno fino a Torquato Tasso.
Ne sono un riflesso i numerosi italianismi nelle altre lingue :
-Italiano -> francese : APPARTAMENTO -> apartement; QUADRO -> cadre ;
PORCELLANA -> porcelaine
-Italiano -> spagnolo : BELLEZZA-> belleza; SENTINELLA -> centinela; DISEGNO ->
diseno
-Italiano -> portoghese : PILOTA -> piloto; SENTINELLA -> sentinela.

◾ SPAGNOLO: Nel 500 e nel 600 si afferma anche la fortuna europea dello spagnolo
ALFEREZ-> alfiere; BESAMANOS -> baciamani; FANFARRON -> fanfarrone;
GUERRILLA -> guerriglia; CIGARRO -> sigaro.
I dialetti di aree a lungo dominate dalla Spagna, come Napoli, hanno i loro ispanismi
dialettali.
-Le voci napoletane: ammoina (confusione) e ammoinare (confondere) vengono da

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AMOHINA.
-La voce siciliana loccu (stupido) viene da LOCO .

◾ PORTOGHESE: Dal 1500 in poi, anche il PORTOGHESE esercita una certa


influenza sulle altre lingue, soprattutto come mediatore di americanismi. Esempio:
CARAVELA diventa caravella in italiano e caravelle in francese.
◾ FRANCESE MODERNO: Dal 1700 in poi, il francese torna ad essere in tutta
Europa la lingua dominante e di mediazione delle relazioni internazionali, nella vita
aristocratica e nella cultura, mantenendo fino alla prima guerra mondiale (1914) lo
status che sarà poi sarà attribuito all’inglese.
Questo grande successo della lingua francese determina un nuovo afflusso di
francesismi in tutte le lingue romanze, stavolta anche nel romeno.
Esempi: fr. ALLIANCE -> it. Alleanza -> sp. Alianza;
BARRICADE -> barricata -> barricada;
CARABINIER -> carabiniere -> carabinero;
CHIMIQUE -> chimica -> quimica;
CRAVATE -> cravatta -> corbata;
EMPLOYé -> impiegato -> empleado;
GUILLOTINE -> ghigliottina -> guillotina.
LA ROMANIZZAZIONE DELL’AMERICA LATINA E GLI AMERICANISMI.
Nella storia moderna delle lingue romanze, il più grandioso fenomeno di
romanizzazione è stato senza dubbio la loro diffusione in America, che ha coinvolto
milioni di persone parlanti lingue diverse.
Cenni sullo spagnolo.
La premessa è stata ovviamente l'arrivo di Cristoforo Colombo, il 12 ottobre 1492
all'isola di Guanahanì e la scoperta di Cuba e Haiti. I primi insediamenti furono di
poche decine di spagnoli. Gli indigeni furono presto decimati dalle malattie del lavoro
forzato.
-Fin dal 1513, si pose il problema di trasportare nelle isole caraibiche degli africani
come forza lavoro. Nelle isole non si può propriamente parlare di ispanizzazione
degli indigeni perché questi furono completamente piuttosto sostituiti.
Le lingue di questi gruppi sfortunati fornirono però agli spagnoli le denominazioni di
piante, di animali, di cose di cui non ne conoscevano l’esistenza e non avevano mai
visto, e che dunque necessitavano un nome per identificarli > così entrarono in
spagnolo e poi nelle altre lingue europee termini come: canoa, hamaca, mais, patata,
tabaco.
-Le modalità della conquista restarono le stesse quando gli spagnoli passarono nelle
zone inospitali di Panama, fondando la città di Darien, scoprendo l'oceano pacifico,
fondando sulle sue rive la città di Panama. Ma le cose cambiarono quando Hernan
Cortes abattè l’impero azteco e conquistò il MESSICO. Questa volta gli spagnoli
avevano a che fare con un paese sviluppato e molto popolato. L'insediamento
europeo a Città del Messico fu consistente e si estese man mano nel paese, ma si

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trattava pur sempre di un numero esiguo di immigrati. Ancora nel 1821, quando il
Messico divenne indipendente, gli abitanti di origine europea erano una piccola
minoranza della popolazione la quale era formata maggiormente da indios e per il
resto dai così definiti meticci ▶All'inizio gli spagnoli erano quasi soltanto uomini e
per di più giovani, s’ intende che si unissero quindi a donne indigene e generassero
meticci. Questi nuclei familiari sono una delle prime vie che diedero il via al processo
di ispanizzazione degli indigeni perché le donne finivano con l’apprendere lo
spagnolo così come i loro figli. Un'altra via era il contatto nelle città ed il servizio
domestico. Diverso era il caso fra le masse di contadini.
Anche il contatto con la LINGUA DEGLI AZTECHI (il nahuatl) produsse
rapidamente prestiti lessicali. Parole come : cacao, chocolate, coyote, tomate.
Una successiva fase altrettanto importante fu la spedizione che permise a Francisco
Pizarro la conquista del secondo grande impero che esisteva allora in America:
l’impero Inca della zona centrale delle Ande.
Preso il Perù i conquistatori, risalirono verso Quito e scesero in Bolivia e poi in Cile.
Nella zona andina si parlava e si parla ancora soprattutto il QUECHUA, da cui pure si
ebbero prestiti, come : alpaca, condor, lama, puma.
Dalla LINGUA DEGLI ARAUCANI del Cile i prestiti sono meno numerosi e meno
diffusi. Parole come : calamaco (tessuto sottile di lana.) e malon (scorreria) non sono
giunte alle lingue di cultura europea.
Più lenta fu la colonizzazione delle terre base del versante Atlantico, per quanto
Buenos Aires fosse stata già stata fondata nel 1536. Il Paraguay fu poi raggiunto dal
Rio de la Plata. Nella zona tra Paraguay e Brasile, la lingua indigena più diffusa era
ed è il TUPÌ-GUARANÌ da cui provengono parole come: ananas, petunia, tucan.
La conquista si estese man mano anche alle aree secondarie, fermandosi solo dove la
foresta amazonica era impenetrabile o dove gli spagnoli incontravano i portoghesi.
Queste enormi colonie furono organizzate in vice-regni direttamente dipendenti
dalla Spagna.
-Il primo fu quello di NUEVA ESPANA nel Messico creato nel 1530.
- Seguirono il VICEREGNO DEL PERù,
- quello della NUEVA GRANADA,
- quello del PLATA.
Dalle autorità spagnole dipendevano ora milioni di indigeni in grande maggioranza
contadini. Prima del problema di insegnare loro la lingua: lo spagnolo si pose quello
di convertirli alla loro religione: il cristianesimo. L'evangelizzazione fu opera
soprattutto dei frati.
Ma dopo la conversione le nuove comunità usavano lo spagnolo, mentre prima la
liturgia era in latino, dunque la cristianizzazione fu una potente motivazione per il
cambio di lingua. Lo spagnolo era comunque la lingua del potere ed anche della
scuola. Si mise così in moto un gigantesco processo prima di bilinguismo e poi di
cambio linguistico definitivo.
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Dal Messico alla Patagonia, si sono formate comunità di ispanofoni. Ci
attenderemmo che si siano verificati grandiosi fenomeni di sostrato, ma non fu così.
Mentre in morfologia non riscontriamo nulla, quanto alla fonetica spesso le lingue
indigene avevano ed hanno sistemi diversi da quello spagnolo e suoni che ad esso
mancano. In effetti pronunce non standard sono state registrate di frequente
soprattutto tra le varianti meno colte: Il quechua e l’aimara ,che sono il sostrato di
buona parte dell’ Ecuador, Perù e Bolivia, queste presentano un sistema vocalico
formato solo da tre vocali (a/e/u) . I parlanti tendono quindi a pronunciare
indifferentemente e ed i, oppure o ed u.
Ma queste varianti sembrano veramente alternative alla pronuncia standard e non si
può certo dire che in questa regione il sistema vocalico spagnolo sia in crisi,
ciononostante spagnolo d'America non è identico a quello della penisola iberica, ma
presenta un carattere nettamente andaluso. La ragione di ciò risulta chiaro quando si
osserva, grazie al prezioso e minuzioso registro conservato a Siviglia , che il maggior
gruppo di immigrati nel sedicesimo secolo proviene appunto dall’ Andalusia. Importa
osservare che il tipo linguistico americano che si è costituito nei primi decenni dopo
la conquista su base andalusa, è rimasto sostanzialmente tale, anche se poi i rapporti
si sono estesi a tutte le regioni della penisola.
Ciò è confermato ed è visibile dal punto di vista fonetico:
- in America la S non è pronunciata a fine parola e l’occlusiva [d] dentale come in
Castiglia, ma dorso alveolare come in andalucia.
- I due fonemi [ʎ]e [j] confluiscono in uno solo. Quindi ad esempio ‘caballo’ si
pronuncia come ‘mayo’.
Lo spagnolo d'America non è una varietà compatta. Vi è dove questi mutamenti sono
diffusi maggiormente o minormente.
Esistono varietà regionali che fanno capo ai grandi centri: Città del Messico,
Caracas, Bogotà, Lima, Buenos Aires. Queste varietà sono sempre comprensibili
tra di loro e con lo spagnolo peninsulare. Sono dunque varietà di una stessa lingua.
La loro diversità in minima parte dipende da fenomeni indotti dalle differenti lingue
indigene.
IL RAPPORTO CON IL TEDESCO E L’INGLESE
In epoca moderna sono cambiati non solo i rapporti fra lingue romanze ma anche
quelli fra queste e quelle non romanze come ad esempio le parlate germaniche, la cui
influenza avuta sul latino è stata importante nella fase delle invasioni, più scarsa è
l'incidenza delle varietà tedesche dal medioevo in poi. Sostanzialmente essa è
limitata alle aree di contatto tra romanzo e tedesco, cioè:
- ai dialetti francesi che risentono a nord del neerlandese,
- sulle Alpi dell’alemannico,
-In Trentino del bavarese.
Un'area di contatto secolare è stata la contea di fiandre. La popolazione era in
massima parte fiamminga, ma ad occidente anche francese. Le Fiandre erano un

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paese ricco, specie per la produzione tessile, il commercio e le finanze, di fatto non
mancano termini che provenendo dalle Fiandre, si sono diffusi in francese ed anche
nelle altre lingue. Dalla città di Arras viene il termine arazzo. Dalla città fiamminga
Poperinge viene il nome di tessuto popeline.
Il rapporto che vi è stato tra il tedesco e lingue romanze è meno intenso, ma non
per questo assente. Nel 500 l'imperatore germanico cominciò a coniare una grossa
moneta d'argento che, in quanto battuta in origine nella valle di San becchino in
Boemia, si chiamò Joachimsthaler e poi solo Thaler. La moneta ebbe grande
diffusione e il nome entrò:
- in francese sia nella forma alto-tedesca (taler), sia nella forma neerlandese
(daaler).
- In Italia la moneta fu conosciuta nella forma austriaca, quindi come tàllero.
-Ma in America arrivò la forma neerlandese e così la moneta degli stati uniti fu
chiamata dollaro.
Importante ricordare che vi sono dei prestiti provenienti dal tedesco dovuti al
successo della scienza tedesca tra 800 e 900, ma sono più popolari quelli dovuti ai
successi militari tedeschi come il termine: Blitzkrieg (guerra lampo) o Panzer
(carro armato).
ANGLICISMI
La lingua germanica, che dal medioevo in poi, ha avuto più contatti con quelle
romanze è stata l'INGLESE. Ripetiamo che in epoca medievale il rapporto è tutto a
vantaggio del francese che dona all'inglese innumerevoli prestiti. Ma la corrente si
inverte soprattutto a partire dal diciottesimo secolo. Si calcola che in quel secolo
siamo entrati nel lessico francese ben 123 anglicismi e che essi siano poi divenuti
578 nel XX secolo.
Gli anglicismi erano un tempo adattati alle condizioni dell'italiano, ma il loro ingresso
in gran numero e la capacità di resistenza nella forma originaria hanno reso più raro
l'adattamento: boom, check-up, drive-in, goal, jazz, jeans, week-end). Gol è uno dei
pochi casi che rende anche graficamente quello che spesso resta un adattamento solo
nella pronuncia che non rispetta quella originale.
Capita perfino che parole in realtà latine come ITEM o MEDIA siano considerate
inglesi, quindi pronunciate come tali. L'adattamento è invece indispensabile nei
verbi, quindi abbiamo bluffare, sprintare, scannerare.
Spesso vi è il problema di identificare il genere grammaticale degli
anglicismi/anglismi/inglesismi. Dove si può fare riferimento al genere naturale, la
soluzione è facile. Esempio: la cover-girl, il cow-boy, il play-boy.
- i sostantivi in –tion sono in genere femminili e anche quelli in –ity.
Per la FORMAZIONE DEL PLURALE, il francese non ha problemi e segue l’inglese :
les ladies; ma l’italiano solo in qualche caso conserva la forma plurale originale
(esempio i fans), ma per lo più considera gli anglicismi come immodificabili: i bar, gli
sport, i film, senz’ aggiungere alcuna marca morfologica per indicarne il numero o
genere.
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Più complesso è il discorso sulla SEMANTICA. In genere gli anglicismi giungono
nelle nostre lingue con uno solo dei loro significati. Ad esempio GAY è registrato nei
lessici inglesi con 4 significati:
1. Gaio, felice, allegro
2. Brillante di colore
3. Immorale
4. Omosessuale
Di cui è rimasto solo il 4 significato, tanto più che ad esempio il 1 è occupato da GAIO,
della stessa origine.
A volte il significato della parola di origine inglese usata nella lingua romanza non
corrisponde a quello dell’equivalente nella lingua inglese. Ad esempio, il significato
dell'italiano smoking corrisponde oggi a quello che in inglese chiamiamo dinner
jacket, il traducente italiano della parola inglese “smoking” è la forma in -ing del
verbo fumare.
Oppure quello che in italiano chiamiamo parking e piuttosto in inglese car Park.
L’ afflusso degli anglicismi incide su quasi tutti i campi del lessico italiano, come delle
altre lingue romanze e non. In Italia solo negli ultimi anni del periodo fascista si ha
avuto una politica linguistica, avversa ai forestierismi, ma i risultati sono stati scarsi.
Ad esempio nel calcio, Corner ha lasciato il posto a calcio d'angolo; Fan ha lasciato il
posto a tifoso; ma rete non ha soppiantato il termine gol.
GLI INFLUSSI ESTERNI SUL ROMENO.
Poiché la storia dei paesi romeni è stata del tutto diversa da quella delle regioni
romanze dell'Europa occidentale, diversi sono anche gli influssi di superstrato o di
adstrato a cui risultano esposte le varietà daco- romanze.
Il primo testo rumeno a noi pervenuto risale al 1521.
Nei primi secoli dopo il 274, la popolazione di lingua Latina subì le incursioni e le
violenze dei germanici ed i vari popoli della steppa, tra cui soprattutto gli Unni e gli
Ungari. Ma furono le invasioni slave dal VI secolo in poi che formarono dei veri e
propri insediamenti e frammentarono i gruppi romanzi. Esse imposero una variante
dello slavo antico come lingua della chiesa cristiana ortodossa e poi delle cancellerie
dei principi. Questo slavo ecclesiastico esercitò sul rumeno un influsso paragonabile
a quello esercitato in occidente dal latino.
L'alfabeto cirillico fu abbandonato ufficialmente in Romania solo nel 1860.
Lo stato più antico degli slavismi e quello che è comune alle quattro varietà
romene.
◾ È verosimile che gli SLAVISMI comuni siamo anteriori al 1000. Essi sono poco
meno di un centinaio e riguardano Concetti centrali. Furono abbandonate parole
latine e adottati gli slavismi corrispondenti.
Il rapporto tra le due lingue è stato così stretto che alcuni termini di origine Latina
hanno assunto significati della corrispondente parola slava. Esempio FLORE ->florae,
non solo significa fiore, ma anche colore.
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Tra l'XI e il XV secolo abbiamo la maggiore pressione dello slavo come lingua della
politica, della società, della cultura e della religione. Da etnico il rapporto diventa
culturale. Molti termini politici e sociali però sono caduti poi in disuso.
Nella fase successiva gli slavismi entrano in Romeno soprattutto dalle lingue slave
dei paesi vicini, quindi dal bulgaro, dal serbo, dall'ucraino.
◾ Dopo il 1700 è la volta dei RUSSISMI.
◾ Nel complesso si calcola che gli slavismi rappresentano circa il 14% del lessico
romeno attuale, nel quale i latinismi patrimoniali sono soltanto il 20%. Il 37% invece,
sono i Francesismi. In questo modo il romeno è stato profondamente riportato alla
base romanza.
◾ Assai importante è stato per il rumeno per tutto il medioevo e ancor più nel 600 e
nel 700 L’INFLUSSO GRECO, diverso da quello esercitato sulle lingue romanze
occidentali. I grecismi qui risultano da contatti personali, ad esempio matrimoni
misti che aumentarono dopo la conquista turca di Costantinopoli nel 1453.
◾ L'esposizione alle invasioni germaniche ha lasciato anche in Romeno un certo
numero di GERMANISMI ANTICHI, in genere diverso da quello delle altre lingue
romanze. Ma ci sono anche germanismi dialettali nel rumeno di Transilvania, dove
per parecchi secoli ci sono state importanti insediamenti Sassoni.
◾ Il contatto con l'ungherese ha lasciato in transilvania toponimi e termini comuni.
Ancor più lungo è stato il contatto con Popolazioni di lingua turca.
L’ORIGINE DELLE LINGUE ROMANZE
IL ROMANZO PRIMA DELLA DOCUMENTAZIONE ROMANZA.
Di anno in anno, di generazione in generazione, gli individui, dall’ epoca di
Sant'Agostino e San Girolamo, (inizio del V secolo), fino a quella dei figli di Ludovico
Dio (metà del nono secolo) hanno parlato tra di loro, pensando di parlare la stessa
lingua dell’anno precedente, della generazione precedente. Eppure, mentre al tempo
d’ Agostino e Girolamo, tra la lingua di tutti i giorni e quella in cui era detta la messa e
in cui scrivevano le persone colte, c'era solo una differenza di registro linguistico, è
poi venuto il momento in cui ci si è accorti che la lingua usata ogni giorno era cosa
diversa da quella della messa e dei testi scritti. La coscienza di un insuperabile
alterità tra le due lingue non deve essere maturata nello stesso momento per ogni
individuo e in ogni luogo. Per le persone colte possiamo ragionevolmente sostenere
che in Francia settentrionale ci si è resi conto della novità parecchio prima che in
Italia, diciamo attorno all 800 per la Francia e verso il 950 per l'Italia.
A che cosa possiamo ricorrere per cercare di sapere cosa sia accaduto nei
secoli che vanno dal 476, data della caduta dell'impero romano d'occidente, a
circa l’800 quando la Francia si è resa conto di tale differenza a qualche secolo
dopo, dove vi giunsero anche l'Italia e la penisola iberica?

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1) Per questa epoca noi non abbiamo testi propriamente romanzi. Scartando l'ipotesi
che i testi latini dell'alto medioevo siano in realtà testi romanzi in veste latina, resta
praticabile qualche altra via: Abbiamo una documentazione diretta, ma non di testi,
bensì di fenomeni romanzi, nonostante questa sia relativamente scarsa o comunque
dispersa. Accade spesso che singoli fenomeni romanzi siano documentati in testi
latini, soprattutto nei nomi di persona e di luogo quali del latino hanno solo una
patina superficiale:
◾ Facciamo l'esempio della lezione romanza. Se gli estensori di carte redatte tra
713 e 737 in Lombardia scrivono DOGUMENTUM <- documentum , e se un castigliano
nel 908 scrive DOMNIGA <- dominica, o se nel 883 un portoghese scrive PAREDES <-
paretes, che a queste date ed in queste aree il fenomeno della lenizione era già
avvenuto.
◾ Oppure se nel 824 un castigliano scrive CRISTUEBALO<- christophoru, oppure
CUESTA<- costa, tutto ciò vorrà dire che esisteva già il dittongamento delle vocali
medio-basse.
◾ O inoltre se in un documento di Cava de tirreni nel 996 si legge il nome di luogo
LU MERCATU non c’è dubbio che qui l’articolo determinativo esista ed abbia la
forma lu/la.
Nella PENISOLA IBERICA abbiamo a partire dal nono secolo, abbondanti
testimonianze di termini romanzi delle opere di medici botanici arabi di origine
andalusa che, scrivendo in arabo riportano i nomi che le piante avevano in quella che
per loro era la lingua volgare di al- andaluz.
2)Ma abbiamo anche la possibilità di seguire un'altra via, il recupero attraverso la
comparazione e la ricostruzione dei fenomeni non direttamente documentati.
Il principio di base è che se un fenomeno innovativo, appare in più varietà e se si può
escludere che una di esse lo abbia trasmesso orizzontalmente allora è lecito
ipotizzare che tutti l'abbiano autonomamente ereditato da una verità più antica che
già lo possedeva anche se non abbiamo prova diretta di ciò.
◾ Facciamo il caso dell'articolo determinativo. Tutte le lingue romanze lo
posseggono , quasi tutte lo traggono dal Dimostrativa latino ILLE.
Quasi tutte lo antepongono al nome, non c'è ragione alcuna per pensare che si tratti
dell’ innovazione di una lingua romanza, trasmessa poi alle altre. L'innovazione deve
dunque risalire più indietro ad una fase cronologica tale che le diverse varietà
romanze non fossero ancora autonome. Ma nessun testo latino presenta articoli
determinativi. Tutt'al più, in alcuni testi tardo latini troviamo un uso frequente dei
dimostrativi HIC, ISTE, ILLE, IPSE assumendo una funzione che possiamo chiamare
articoloide.
La comparazione è in contraddizione con la documentazione. La soluzione può
trovarsi nell’ ipotesi che nel tardo latino, prima che si rompessero i contatti tra le
lingue romanze, l'articolo esistesse già ma non sia documentato in quanto
appartenente a livelli parlati molto bassi e in quanto non ancora obbligatorio.
Né la documentazione diretta dei singoli fenomeni, né la comparazione ci
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permettono di scrivere una soddisfacente storia linguistica del arco di tempo che va
dal 500 al 800 d.C, cioè la fase cruciale per la formazione delle lingue romanze.
IL LATINO E LA SUA DIFFUSIONE ANTICA
Il latino, la lingua madre delle lingue romanze, appartiene alla famiglia linguistica
indoeuropea. In origine esso era parlato soltanto a Roma ed in qualche località
minore dei dintorni. Ben più diffuse nella penisola erano altre varietà europee,
abbastanza affini al latino, quelle che chiamiamo italiche.
Delle LINGUE ITALICHE faceva parte :
1. L’umbro parlato tra l'adriatico e l'alta valle del Tevere.
2. L’osco, parlato nell Italia centrale.
3. Il siculo diffuso nella Sicilia orientale.
4. Il venetico proprio del nord est.
Ma nell'italia antica erano presenti altre lingue indoeuropee come:
1. Il Celtico parlato nella pianura padana e nelle Marche
2. Il greco parlato nei numerosi insediamenti della Magna Grecia e della Sicilia.
3. Il messapico, insediatosi in Puglia.
C'erano però anche lingue di sicura o probabile origine non indeuropea:
1. Il ligure in Liguria e nel Piemonte.
2. Il retico nella zona alpina.
3. L'etrusco in Toscana e Umbria, e in Campania.
4. Il sicano, l’elimo ed il punico nella Sicilia occidentale.
5. Lingue non indoeuropee in Sardegna e Corsica.
L'area di partenza dell'espansione linguistica Latina è incredibilmente modesta. Il
confronto ci mostra al di là di ogni dubbio, come l'espansione continentale del latino
sia stata la conseguenza diretta del grandioso estendersi del dominio politico della
città di Roma.
-Ancora attorno al 300 a.C, il territorio romano non comprendeva che il Lazio e la
moderna terra di lavoro.
-Ma 200 anni dopo erano romani, quasi tutta la penisola iberica, la fascia
meridionale della Gallia, la Pianura padana, la Dalmazia, tutta la penisola
italiana, Sicilia, Sardegna, Corsica, Baleari el'odierna Tunisia.
-Con Cesare ed Augusto si aggiungono le Gallie, tutta la riva sinistra del Reno, le
Alpi e i territori tra le alpi ed il Danubio, la Pannonia, nonché un'altra buona parte di
Africa settentrionale.
-Più tardi si aggiunsero ancora la Bretagna e la Dacia.
La latinizzazione di questi immensi territori, le cui popolazioni avevano lingue molto
diverse e diversi gradi di civilizzazione, è stato un processo secolare. Si può anzi
dire che non sia mai terminata, dato che il basco e l'albanese sopravvivono fino ad
oggi. Questo straordinario processo, consistente da una parte nella emigrazione in

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tutto l'impero di persone che parlavano il latino come lingua madre, ma anche e
soprattutto nel cambio di lingua (da quella indigena al latino) da parte degli
indigeni, non è stato promosso da una cosciente politica linguistica.
Nei primi tempi ci sono indizi a favore dell’ idea che i romani considerassero l'uso del
latino un privilegio e che ne fossero gelosi come della cittadinanza romana. Ma è
chiaro che il fatto stesso che si trattasse della lingua del potere rendeva la
padronanza del latino appetibile alle genti conquistate, o almeno alla loro porzione
più dinamica.
◾ Il primo contatto dei popoli d'Italia e poi dei provinciali con il latino, fu
attraverso la presenza vittoriosa dell'esercito romano, la cui lingua rimase sempre il
latino. La presenza delle truppe è dunque stata un mezzo di latinizzazione sulla
frontiera renana o danubiana, dove esse permasero per secoli.
◾ Altrettanto importante fu la penetrazione dei mercanti romani che a volte
precedette la conquista. Roma creò un enorme mercato, unico che assieme alla
circolazione dei beni, favorì la circolazione delle persone e dunque delle lingue.
L'imponente rete stradale creata per ragioni militari e di dominio, costituì di per se
un veicolo di diffusione della lingua. Lungo le strade non si muovevano soltanto i
soldati e i mercanti. L'impero ebbe un' amministrazione omogenea che si servì del
latino.
◾ Più tardi un fattore importantissimo fu la rete di rapporti tra le comunità cristiane,
quando queste da Greche divennero prevalentemente latine.
◾ Il fatto decisivo è stato comunque che gli indigeni abbiano deciso di adottare la
lingua Latina. Perché il potere romano si basava sull’appoggio delle classi alte
indigene. Fu subito chiaro che l'integrazione era possibile, ma presupponeva
l'adozione dei valori della civiltà romana e tra questi la lingua. Gli schiavi che in gran
numero vivevano nelle case dei romani imparavano naturalmente il latino.
Il prestigio della cultura romana era incomparabile con quello delle culture indigene.
Esso fu riaffermato continuamente dalla diffusione delle scuole che furono latine.
Il processo non fu breve come non lo fu quello di concessione dei diritti politici. I
romani erano molto gelosi della loro cittadinanza, e concessero i vari gradi dei diritti
politici con molta lentezza e non senza verificare che chi li riceveva fosse
effettivamente partecipe della civiltà romana. E la lingua ne era un pilastro, una
condizione necessaria.
La scomparsa delle lingue pre-romane è stata molto lenta.
◾ L'Italia di Augusto ai primi del I secolo d.C, appare sostanzialmente Latina,
◾ ma nelle Gallie, il Gallico era vivo almeno fino all'inizio del V secolo.
◾ In Britannia il celtico si continuava a parlare al momento dell'invasione degli
Anglo-Sassonie, con il celtico che ha generato lingue come il gallese ed il cornovalese.
La latinizzazione delle campagne deve essere stata completata soltanto in parallelo
alla loro cristianizzazione, che è stata lenta ed indipendente dall' esistenza o dalla
caduta dell’ impero.

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LE VARIETA’ DEL LATINO
Sarebbe piuttosto singolare che una lingua come il latino parlato per tanti secoli in
un'area così ampia e che ha visto fenomeni demografici tanto rilevanti, fosse rimasta
compatta.
Fin dall’Ottocento il metodo comparativo, fondato sul confronto fra le lingue
romanze per cercare di ricostruire le forme che ne stanno alla base, ha messo in
evidenza che molte forme usate oggi sono derivate dal latino, il quale però non
coincide con la lingua “classica".
Peraltro i documenti più antichi mostrano piccole divergenze dialettali perfino tra
Roma e dei paeselli che la circondavano. In effetti i primi testi letterari cospicui, come
le Commedie di Plauto, non esibiscono un’ latino del tutto identico a quello dei
classici successivi.
La linguistica romanza ha spesso la possibilità di confermare i risultati della
comparazione con DOCUMENTI LINGUISTICI REALI, che ricadono in diverse
categorie: Autori classici, autori cristiani, le grammatiche, testi pratici,
iscrizioni, testi post-imperiali
◾ AUTORI CLASSICI: poche informazioni possono essere ricavate da questi autori
data la loro aderenza ai canoni classici, ma vi sono delle eccezioni.
-Cicerone per esempio, nelle lettere Familiares tende a uno stile, appunto, più
familiare. Cicerone sa che nella conversazione familiare si fa un uso più rilassato
della lingua ed allude alla parlata della plebe, come distinguibile da quella delle
persone di classe più alta.
◾ Sono all'inizio del quinto secolo d.C, abbiamo indicazioni più esplicite.
-San Girolamo ci dice che il latino cambia nello spazio e nel tempo.
-Sant'Agostino ci informa della difficoltà che hanno i suoi fedeli africani, ma non
solo, nel distinguere le vocali brevi dalle lunghe.
◾ Nelle GRAMMATICHE, i quali appartengono al periodo tardo imperiale, troviamo
correzioni di ogni genere di errori.
Il fatto straordinario e che fino a questa data noi non siamo in grado di stabilire in
base a criteri linguistici, da dove provenga un testo latino.
Intanto anche i testi della letteratura alta a volte fanno un uso cosciente di un latino
meno accurato.
◾ Vanno poi tenuti in conto i TESTI DI CARATTERE PRATICO. Opere come il
trattato di architettura di Vitruvio oppure un manuali di veterinaria, e altri di
agraria, medicina, farmacologia ecc., sono resti per addetti ai lavori, privi di velleità
letterarie e che usano uno stile gergale e meno formale.
◾ Ma il mondo antico ci ha soprattutto lasciato migliaia e migliaia di epigrafi,
ISCRIZIONI che vanno da quelle solenni degli imperatori alle scritte di semi letterati
sulle mura di una casa. Si pensi che le rovine di Pompei ci hanno dato un numero
enorme di iscrizioni, in massima parte di carattere privato e perfino erotico. Anche
da Roma abbiamo una messe ricchissima, ma l'importanza di Pompei sta nel fatto
che la città fu distrutta dal Vesuvio nel 79 d.C e quindi le iscrizioni sono tutte databili
prima di quell'anno.
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Le indagini molto minuziose non hanno portato alla luce differenze sostanziali. La
lingua dei cristiani non ha altra particolarità che i tecnicismi religiosi, in modo
sostanzialmente parallelo a quanto accade nei gerghi di mestiere.
LATINO VOLGARE
Alcuni scrittori parlano esplicitamente di differenze all'interno del latino. La lingua
dei contadini viene considerata distinguibile e giudicata in maniera negativa rispetto
a quella della città che rimarrà sempre il modello della latinità.
Tradizionalmente gli studiosi di linguistica romanza hanno chiamato per comodità
quest'altro latino LATINO VOLGARE, un’espressione coniata dal linguista tedesco
Hugo Schuchardt e che ricalcava l'espressione antica sermo vulgaris, che
distingueva lo stile colloquiale da quello più aulico o urbanus. Con questa formula
egli si riferiva, non al latino della plebe, del volgo, né dà giudizi di valore, ma alla
lingua parlata da tutti, a ciò che oggi chiameremmo la varietà bassa di un sistema
diastratico. Un termine concorrente, preferito in alcuni ambienti, è quello di
protoromanzo.
In seguito al lavoro di Schuchardt si è fatta strada l’idea errata che il latino volgare
fosse una lingua in qualche modo scorretta rispetto al latino classico e che fosse
l’idioma degli incolti. Più recentemente il romanista inglese Roger Wright ha
osservato che l'espressione sermo vulgaris non si riferiva solo a un determinato
ceto sociale, bensì alla varietà parlata da tutti nella quotidianità e in situazioni non
formali. Da ciò si evince che non esistono due varietà linguistiche parallele (latino
classico e latino volgare), ma un’unica varietà con livelli stilistici diversi.
Dell’etichetta di LATINO VOLGARE si è però fatto un uso pericoloso:
-Da un lato si è pensato ad uno sviluppo diacronico continuo, dal latino arcaico a
quello volgare fino a giungere alle lingue romanze. In questo modo il latino volgare
finisce per essere il vero latino, mentre quello dei classici diviene una pura lingua
artificiale.
-D'altro canto, la pratica di riunire in comodi manuali tutte le deviazioni dalla norma
classica ha dato impressione che questo latino volgare sia una forma diversa di latino
in cui si ritrovano in un solo sistema tutte le scorrettezze di luoghi, tempi e di autori
diversi.
Ne consegue anche che le lingue romanze finiscono per essere considerate
discendenti esclusivamente dal latino volgare.
L'impero romano non ha conosciuto alcuna diglossia, bensì una situazione del tutto
diversa: la presenza di una lingua dominante, il latino, mentre si estendeva nello
spazio e assorbiva attraverso il cambio di lingua intere popolazioni, conservava una
sostanziale omogeneità, che non presentava certo una totale invariabilità e
immutabilità nel tempo e nello spazio ma che, ciononostante, non dava luogo ad
avvertibili varietà locali.
Non c'è dubbio però che la lingua del tardo impero, quella che noi chiamiamo
TARDO LATINO, non era identica a quella del tempo di Cicerone e Cesare. Da lingua
di un ristretto numero di cittadini di Roma e dell'Italia, essa era diventata la lingua
della maggioranza della popolazione di un vasto impero.
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Insomma, il tardo latino è una lingua che conserva quasi del tutto la norma classica,
ma conosce anche un'ampia gamma di variazioni da tale norma, variazione che
rimane sempre non sistematica.
Le lingue romanze non provengono dal latino del volgo ,come non provengono
da quello dei classici, ma da questo complesso e variegato insieme del latino
tardo.
I SOSTRATI DEL LATINO
Il latino tardo si differenziava da quello arcaico e poi da quello classico, oltre che
per i cambiamenti interni, anche per effetto dei rapporti che aveva avuto e che
continuava ad avere con altre lingue.
La grande maggioranza di coloro che nell'impero romano parlavano latino:
- o avevano cambiato lingua durante la loro vita
- o questa era discendente da qualcuno che aveva abbandonato la propria lingua
materna a favore del latino.
Oggi buona parte degli americani si trova in questa situazione rispetto all'inglese, ma
nell’ impero romano i discendenti che parlavano latino da sempre erano meno
numerosi di quanto non siano oggi gli americani di origine anglosassone. Per di più,
mentre gli americani sono stati tutti immigranti, molti abitanti dell'impero romano
avevano cambiato lingua, ma rimanendo nella località d’origine.
È dunque presumibile che il latino mostri le conseguenze di questa situazione, cioè
quelli che i linguisti chiamano EFFETTI DI SOSTRATO, vale a dire i mutamenti
indotti dalla lingua che vengono abbandonati nella lingua che ad essa si sovrappone.
L'espansionismo di Roma ha potuto accelerare il cambio della lingua in due modi:
-primo luogo, uno sconvolgimento nelle popolazioni, sia delle popolazioni
conquistate sia delle masse di coloni inviati nelle diverse pari dell'Impero. Studi
sociolinguistici hanno dimostrato che quando un gruppo sociale compatto viene
disgregato, la lingua tende a cambiare più velocemente.
-A ciò si aggiunge il contatto con le lingue indigene. Da un lato possiamo immaginare
la necessità per i coloni di prendere in prestito termini dalle lingue locali per
esprimere concetti sconosciuti al latino; dall’altro, gli indigeni, nell'apprendere il
latino, vi avranno introdotto tratti dalle proprie lingue, com'è normale quando si
impara una lingua straniera, un qualcosa di estraneo che si introduce è rappresentato
sicuramente dall’accento in quanto fenomeno individuale.
Possiamo concludere dicendo, dunque, che la diversificazione del latino, nelle varie
aree conquistate dai Romani, è da imputare anche all'influenza che su di esso hanno
avuto le differenti parlate preromane, ovvero le LINGUE DI SOSTRATO.
Nell' Italia antica, il latino, si era sovrapposto a lingue affini come l’osco-umbro o a
lingue del tutto diverse come l'etrusco:
◾ Per l’OSCO, ha in comune con il latino una serie di parole in cui ad un B latina
corrispondeva una F osca. Quando troviamo in latino coppie lessicali con questa
caratteristica, ad esempio RUBER (rosso porpora) e RUFUS ( rosso fulvo), sembra
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evidente che la seconda forma sia un prestito dall’osco. Ma non è facile distinguere
tra prestito (da un adstrato) e relitto (da un sostrato) . RUFUS è entrato in latino
quando le due lingue erano alla pari.
Più dubbio è un fenomeno fonetico assai più diffuso. I dialetti dell'Italia
meridionale e della Sicilia conoscono il passaggio:
–MB- ⟿ -mm- esempio: PALUMBA> palomma
-ND- ⟿-nn- QUANDO> quanno
L'area di diffusione moderna del passaggio corrisponde parzialmente all'area in cui
2000 anni fa era parlato l’osco. Si è dunque concluso che il fenomeno romanzo è una
conseguenza del sostrato osco. In altre parole, quando chi parlava osco passò a
parlare latino avrebbe conservato la pronuncia osca –mm- per –mb- e –nn- per –nd-.
Questa pronuncia è poi stata trasmessa dal latino della zona osca al romanzo > Il
focolaio di diffusione del fenomeno romanzo effettivamente all'interno dell'area
osca.
◾ Quanto agli ETRUSCHI, la cui lingua non aveva alcuna affinità con il latino, la loro
relazione con Roma era stata nei primi tempi della città strettissima. Non a caso gli
ultimi re di Roma sono essi stessi etruschi e dall’ Etruria viene l'alfabeto latino.
Per quanto riguarda il lessico , dall’etrusco passano in latino parecchi nomi di
persona e parole come: HISTRIO (istrione), PERSONA (in origine maschera),
POPULUS (popolo). Ma prestiti del genere vanno considerati di adstrato.
Con la latinizzazione dell’ Etruria il rapporto diventò invece di sostrato. Molti
studiosi hanno tenacemente sostenuto la tesi che agli etruschi risalga la cosiddetta
gorgia Toscana: cioè l'aspirazione dell’occlusiva intervocalica (esempio la hasa).
Se dunque è incerto se il latino avesse o no subito mutamenti fonetici a causa delle
lingue indigene alle quali si era sovrapposto, è invece sicuro che il lessico latino era
stata arricchito da nuovi termini corrispondenti alla flora, alla fauna, ai prodotti, alle
pratiche agricole ed artigianali ed insomma alla civiltà dei paesi conquistati e
sottomessi.
GLI ADSTRATI DEL LATINO
Si ha un influenza di adstrato quando la lingua da cui si dà ha un rapporto paritario
con quella che riceve. Dunque non parliamo di quelle lingue alle quali il latino si era
sostituito, ma quelle con le quali aveva strette relazioni ed è per questo che possiamo
parlare anche di LINGUE DI CONTATTO, queste possono poi diventare di sostrato
quando le popolazioni che ne parlano sono Romanizzate. Ma per ciò che concerne il
latino due furono le lingue con le quali instaurò esclusivamente un rapporto di
adstrato: il greco (per questioni di prestigio culturale) ed il germanico.
IL LATINO E IL GRECO
Il latino presenta parole di origine greca fin dall' origine: Esempio: OLIVA, OLEUM,
MALUM(melo), MACHINA, CAMERA, BALNEUM(bagno), SPATHA(spada). Insomma,
questi prestiti ci assicurano che la relazione arcaica tra Roma e Grecia riguardò
ambiti centrali della vita di tutti i giorni.
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Più tardi, nella piena epoca classica, abbiamo un’altra ondata di influenza Greca.
Quando romani e greci vengono nuovamente a contatto nel terzo secolo a.C in poi, è
la cultura greca ad abbagliare i romani. La letteratura Latina nasce come imitazione
di quella greca. La retorica e la filosofia vengono dalla cultura Grecia. Le persone
colte parlano greco e spesso hanno studiato in Grecia. Si capisce perché molte parole
colte siano grecismi puri e semplici. Esempio: idea , poesis, musica, tragoedia,
comoedia, philosphia, schola, grammatica, paedagogus, athleta, palaestra, gymnasium.
Ma accanto al grecismo dei ceti colti c'è quello popolare indotto da immigrati dall’
Oriente e forse ancor più degli schiavi che in buona parte erano anch'essi orientali e
ricorrevano al greco anche se magari non era la loro lingua madre. Da qui termini
relativi alla vita comune come APOTECA che significa bottega.
Il bilinguismo fu così diffuso da introdurre in latino perfino elementi morfologici
come:
- il suffisso nominale –ICUS ( comicus, exoticus, tragicus),
- quello verbale -ISSARE e l’altro verbale –IZARE > (-izzare) e –IDIARE > (-eggiare).
I rapporti popolari fra latini e greci spiegano poi la TERZA ANDATA DI GRECISMI,
quelli legati alla diffusione del cristianesimo. La nuova fede era nata tra gli ebrei,
ma si era presto diffusa in greco tra i greci. La lingua dei riti rimase greca per più di
un secolo. Poi, andavano prevalendo i convertiti che non sapevano il greco e per la
predicazione ed il rito, si passa al latino.
Non sorprende che in latino dei cristiani, oltre a qualche elemento ebraico come
amen, sia folto di grecismi di tutti i tipi, come : evangelium, eucharestia, baptisma,
ecclesia, martyr, episcopus, presbyter, angelus, diabolus. Ma non si può dimenticare
PARABOLA, che ha dato parabola e poi parola.
Il cristianesimo, del resto, modificò il senso di parole già latine, parole come:
-ORARE o ORATIO, vennero ad indicare pregare e la preghiera;
-MISSA = sacrificio eucaristico;
-PAGANUS = che era abitante del villaggio diventò pagano e così via.
Ancora sul piano lessicale, una parola greca come THEIOS riuscì a soppiantare in
Italia: ‘zio’ ed in Spagna: ‘tio’ > termini di parentela originali del latino.
Inoltre il greco faceva largo uso di perifrasi verbali e lo stesso accade nel latino tardo
con alcune di queste che si grammaticalizzano poi nelle lingue romanze.
Inoltre il greco non prevedeva la costruzione con l’accusativo e l'infinito e faceva
invece uso di OTI che significa “che” + verbo finito. Parallelamente, il latino tardo,
ricorrerà a QUOD + verbo finito.
IL LATINO E IL GERMANICO
Quanto al germanico, i romani avevano cominciato ad avere a che fare con i germani
verso la fine del II secolo A.C. I germani si rivelarono avversari indomabili. Fin da
Tacito è evidente l'ammirazione dei romani per la loro immagine di Barbari, amanti
della libertà. Successivamente ebbero inizio le invasioni germaniche in territorio

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imperiale, che nel V secolo non trovarono più ostacoli e portarono alla formazione di
vari regni:
• Regno ostrogoto in Italia
• Regno Franco in Francia settentrionale.
• Regno visigoto in Spagna e Francia meridionale.
• Regno Svevo nella Spagna nord occidentale.
• Regno vandalo in Africa.
Dobbiamo anche qui distinguere strati diversi di germanismi.
◾ Un certo numero di termini germanici entrarono già nel latino imperiale, ad
esempio: BRUTIS “nuora”; BURGUS “cittadella, borgo”; HARPA “arpa”; MACHIO
“muratore”. Questi prestiti sono propriamente di adstrato.
A questo gruppo appartiene forse anche
WERRA “guerra” che ha sostituito BELLUM;
RIKS -> ricco.
◾ Si considerino anche i nomi dei colori: BIANCO è un germanismo presente in
tutte le lingue romanze occidentali, così come BIONDO, BRUNO, GRIGIO
I prestiti entrati più tardi, quando i germani costituivano già il ceto dominante dei
nuovi regni, vanno considerati piuttosto effetti di superstrato, di una lingua che si
impone come usata da un gruppo sociale superiore, ma i cui parlanti finiscono poi
per adottare la lingua delle genti soggette.
◾ Nell'ultima fase imperiale cominciano a diffondersi anche nomi di persona
germanici. Tipici germanismi, onomastici della penisola iberica, sono ad esempio:
Alfonso, Alvaro, Elvira, Fernando, Gonzalo, Rodrigo.
TEORIE ED IPOTESI SUL PASSAGGIO DAL LATINO AL ROMANZO.
È ormai conosciuto il fatto che la lingua è in uno stato di continuo mutamento, ciò
serve a spiegare, ad esempio, perché il Latino della scolastica e di San Tommaso nel
XIII secolo, sia diverso da quello di San Girolamo, ma non spiega perché nello stesso
secolo, accanto a questo latino esistano con piena vitalità, le diverse lingue romanze.
Il nostro scopo consiste nel tentativo di trovare una spiegazione della
frammentazione del latino in un gruppo di lingue differenti, non solo dal latino, ma
anche tra di loro.
◾ LA CORRUZIONE BARBARICA Fin dal XV secolo questa catastrofe è stata
addebitata alle invasioni germaniche. Le lingue romanze sono considerate forme
corrotte del latino, forme imbarbarite a causa della minoranza etnica e linguistica
determinata dalle invasioni. La pluralità delle lingue romanze corrisponde alla
pluralità delle genti germaniche che hanno corrotto il latino. Questa spiegazione in
realtà rimane sul piano moralistico e non spiega granché sul piano storico del
mutamento linguistico.

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◾ LA DIGLOSSIA Sempre al XV secolo risale una spiegazione alternativa che ipotizza
l'esistenza nel mondo antico, di una permanente diglossia, cioè l'esistenza, già nella
Roma classica della lingua alta (quella della letteratura) diversa dalla lingua bassa
(quello che gli studiosi moderni chiameranno latino volgare)
-Mentre la prima si sarebbe cristallizzata nell’ immobilità della grammatica
- la seconda si sarebbe sviluppata man mano nelle lingue romanze.
Purtroppo non c'è alcuna prova dell'esistenza di tale diglossia. Inoltre questa ipotesi
non ci dice nulla sull’ articolazione del mondo linguistico romanzo in varietà diverse.
◾ SPIEGAZIONE SOSTRATISTA Un ipotesi affiorata prima e poi formulata con rigore
scientifico successivamente da Ascoli attribuisce il peso decisivo nella formazione
delle lingue romanze ai sostrati prelatini (=le parlate preromane) Il latino parlato
si sarebbe frammentato in varietà diverse, in rapporto ai diversi sostrati che hanno
influenzato il latino nelle diverse regioni dell'impero.
-Contro questa ipotesi si può far valere l'estrema difficoltà di dimostrare volta a volta
che i fenomeni delle lingue romanze trovano la loro causa in fenomeni di lingue mal
conosciute e di età remota.
-Inoltre, l'ipotesi impone di considerare già differenziato il latino di età tardo
imperiale, sul quale i sostrati dovevano aver già operato.
-Un ulteriore argomento contro un eccessivo ricorso alla spiegazione sostratista si
ricava da quanto si può osservare in America Latina, dove l'influenza delle lingue
indigene fuori dal lessico è modestissima o comunque non ha determinato una
pluralità di varietà linguistiche neocastigliane. Non è improbabile che alcuni
mutamenti romanzi abbiano la loro remota origine in fenomeni di sostrato. Ma essi
sono comunque una parte molto limitata dei fenomeni che hanno trasformato il
latino nelle lingue romanze.
◾ L'EPOCA DELLA LATINIZZAZIONE DELLE PROVINCE Grober sviluppando una
precedente idea di Schuchardt, collegò la differente fisionomia delle lingue romanze
allo stadio di sviluppo raggiunto dal latino alla data della prima latinizzazione della
provincia corrispondente.
-Così il sardo sarebbe più conservatore del francese.
- Sardo e francese sarebbero più conservatori del romeno.
-Perché il sardo continuerebbe un latino piuttosto arcaico quale era attorno alla
metà del II secolo a.C, quando la Sardegna fu conquistata e se ne cominciò la
latinizzazione.
-Il francese continuerebbe il latino della seconda metà del I secolo a.C, quando
cominciò la latinizzazione delle Gallie.
- Il romeno, infine, rappresenta il latino quale era diventato all'inizio del secondo
secolo d.C, quando Traiano conquistò la Dacia.
Questa è una spiegazione più articolata delle precedenti, ma il primo ostacolo è che
anch’ essa presuppone che il latino imperiale fosse assai differenziato al suo interno.

Ci sono due altre obiezioni da tenere in considerazione:


1. In primo luogo la latinizzazione è un fenomeno di lunga durata che comincia nel

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momento della conquista di una provincia ma a volte continuò anche dopo la caduta
dell’impero. Considerarlo come un processo immediatamente conseguente alla
conquista è una semplificazione inaccettabile.
2. In secondo luogo è impensabile che il latino di una provincia non abbia risentito
degli sviluppi che avvenivano altrove. La circolazione delle persone e quindi della
lingua rimase intensa per tutto il periodo imperiale ed in parte ancor più tardi.
Però qualche conferma all'ipotesi si è trovata nella constatazione che nelle tradizioni
linguistiche coloniali, la fase di costituzione di una tradizione locale è importante,
sicchè la lingua della colonia conserva a volte qualche tratto diatopico e diacronico
che dipende da:
-dall' epoca in cui si è costituita la tradizione e dalla provenienza dei colonizzatori.
Ad esempio, lo spagnolo d'America conserva l'originale impronta andalusa, per
quanto le colonie abbiano avuto poi rapporti secolari con Madrid e con le altre
regioni della penisola.
Insomma, la teoria di Grober non va considerata del tutto errata, ma non può essere
accolta alla lettera. Essa ci fa capire che sarebbero necessarie ricerche serrate sui:
- tempi e modi della colonizzazione Latina e sulla provenienza dei coloni.
◾ I LIVELLI LINGUISTICI DELLA LATINIZZAZIONE Deve essere considerato un
tentativo in questa direzione la teoria di Von Wartburg, che dando importanza
fondamentale alla frattura del mondo linguistico romanzo lungo la linea La Spezia-
Rimini oppone:
-una Romania occidentale che sarebbe stata romanizzata dall'alto (dalla scuola, dai
ceti colti) e quindi avrebbe ricevuto la lingua ligia alla grammatica,
- ad una Romania orientale romanizzata dal basso (da soldati e contadini che
parlavano un latino molto meno regolata)
Più tardi, a questa bipartizione fondamentale si sarebbe aggiunta e sovrapposta
all'influenza dei diversi superstrati germanici, responsabili ad esempio del
dittongamento, producendo risultati eterogenei.
La direzione indicata dallo studioso svizzero collega la storia linguistica alla storia
tout court.
◾ L’IPOTESI PROTOROMANZA CON IL PROTO ROMANZO
In direzione opposta si muovono le indagini che operano con il concetto di Proto
romanzo cui hanno fatto ricorso negli ultimi 50 anni prima HALL JR e DE DARDEL
poi.
Fin da quando si è sviluppato nel secondo 800 la metodologia di ricostruzione
comparativa, c'è stata una spinta ad applicare tale metodo alle lingue romanze.
Se noi compariamo tra di loro, le lingue romanze con lo stesso metodo con cui
compariamo quelle germaniche, così come da queste ricostruiamo il proto-
germanico, attraverso la comparazione di quelle romanze ricostruiremo la rispettiva
lingua madre: appunto il proto-romanzo.
Usare un nome specifico è necessario ed opportuno perché questo Proto romanzo
ricostruito non risulta identico al latino: esso ha:
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- in più, rispetto al latino, i tratti comuni alle lingue romanze inesistenti in latino ed
- ha in meno i tratti esistenti in latino ma che le lingue romanze non permettono di
ricostruire.
Questa proto lingua ricostruita è dunque il presupposto teorico delle lingue
romanze storiche come il germanico ricostruito per lingue germaniche e l’indo
europeo ricostruito per le lingue indoeuropee.
-Per ciò che concerne il germanico il problema è che non esiste alcuna
documentazione attraverso la quale è possibile verificare dove il germanico
ricostruito si scosti dal germanico storico.
- Invece del latino abbiamo una documentazione abbondante.
-Inoltre delle circostanze storiche in cui il germanico comune diede luogo alle diverse
lingue germaniche, non sappiamo altro che leggende sulle origini delle diverse
popolazioni germaniche,
- mentre il periodo tra tardo impero ed alto medioevo è puramente storico è
tutt'altro che privo di documentazione.
Infine, mentre in genere il frazionamento delle altre Protolingue viene
sommariamente giustificato invocando ipotetiche migrazioni di singoli gruppi di
coloro che le parlavano, nel caso romanzo non ci sono state migrazioni che possono
spiegare la formazione di lingue romanze diverse
L’ipotesi protoromanza ha una sua indiscutibile coerenza astratta, ma non riesce a
superare la verosimiglianza storica. Oltretutto non si riesce a capire bene dove
questa lingua vada collocata nel tempo e nello spazio. Il vero tallone di Achille della
teoria del proto-romanzo è la sua astrattezza.
◾ L'INVENZIONE DEL LATINO MEDIEVALE Recentemente ha avuto fortuna un’altra
tesi. Secondo l’inglese Wright, ciò che andrebbe spiegato sarebbe il latino medievale
che non sarebbe affatto una continuazione diretta del latino scritto antico, piuttosto
che spiegare la nascita delle lingue romanze, le quali non sono altro che la
rappresentazione della naturale evoluzione del latino.
Per Wright fino all'epoca di Carlo Magno, chi sapeva scrivere, scriveva in realtà testi
romanzi, camuffandolo sotto una veste grafica Latina, perché così si era sempre fatto.
Accadeva dunque qualcosa di simile a ciò che è accaduto con il francese e l’inglese
che presentavano un totale distacco tra grafia e pronuncia.
In tutti e tre i casi la lingua è cambiata, ma la grafia no.
I dotti della Corte di Carlo Magno credettero bene di restaurare il latino. Infatti
inventarono il latino medievale e ruppero con la loro riforma la prassi di una grafia
remota dalla pronuncia. Ne conseguì che venne a mancare il consueto modo di
scrivere il romanzo e bisognò anche inventare a poco a poco, le grafie di ciascun
romanzo. Una volta inventato il latino medievale, fu necessario inventare il
castigliano. Questo secondo Wright è avvenuto verso il 1200 quando per lui il
castigliano venne scritto per la prima volta.
Questa teoria, ha a suo vantaggio il fatto stesso di capovolgere ciò che era dato per
scontato e che nell’alto medioevo si scriveva in un modo e si leggeva in un’ altro.

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Che una lingua non si legga come si scrive, è vero sempre, ma fino ad un certo punto.
Non si capisce come Wright possa spiegare in che modo la grafia Latina coprisse non
solo la fonetica romanza, ma anche la grammatica romanza tanto diversa da quella
Latina. La teoria in fondo non spiega nulla.
◾ QUALCHE IPOTESI CONCLUSIVA Il latino imperiale era la lingua di una comunità
estesa ed estremamente complessa dal punto di vista sociale, economico, culturale e
religioso. Essa fu adottata da masse sempre più ingenti di alloglotti attraverso un
processo di cambio di lingua che è cominciato, almeno nel terzo secolo a.C, ma non
era compiuto dovunque al momento della deposizione dell'ultimo imperatore
d’occidente.
Malgrado tutto, la forza centripeta della rete politica militare, scolastica e,
commerciale che avvolgeva l’ impero era abbastanza forte da generare una coesione
effettiva.
Grazie al prestigio della letteratura e del modello di lingua parlata, l'unità del
latino imperiale, non fu mai considerata in pericolo. Vi erano dei gradi di variazione
ma senza irrigidire inizialmente tale variazione in varietà individuabili.
Nei decenni a seguire però, cambia qualcosa: l’impero d'occidente era scomparso. Gli
orizzonti della vita, politica, sociale ed economica si erano ristretti in modo
catastrofico. In Spagna si guardava a Toledo, capitale del re goto. L'Italia si spezzava
tra aree bizantine e aree Longobarde. I mercati si restrinsero non meno di quanto si
riducessero gli orizzonti della vita politica e sociale.
La patria ideale, Roma fece posto alla patria reale, al campanile.
La scuola continua ad insegnare la norma grammaticale classica e la letteratura che
la realizzava. Ma le nuove classi dirigenti non consideravano più l’istruzione come il
valore sociale più alto. Il modello di prestigio su cui i parlanti regolavano idealmente
il loro comportamento era la lingua usata dal gruppo al potere, cioè il latino sub
standard, in quanto parlato da alloglotti.
Così la variazione linguistica che già esisteva fu sottratta al controllo di una NORMA
UNITARIA, In meno di due secoli le lingue romanze avevano individualità distinte
collegate a nuove identità sociali, a nuovi sensi di appartenenza a comunità che non
era più da tempo quella romana.
Quando Carlo Magno e i suoi dotti promossero con successo una riforma di questo
latino e lo resero più aderente alla norma antica ed anche più unitario, il guscio si
spezzò. Le lingue romanze acquisirono un identità piena e la diversità che esisteva da
tempo diventò evidente a tutti.

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