Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Il congresso di Parigi
I rappresentanti delle potenze di riunirono nel Congresso di Parigi il 25 febbraio, e il primo
atto fu la conclusione di un armistizio. Il trattato finale venne firmato il 30 marzo.
I Quattro Punti di Vienna costituirono la base del nuovo assetto: la Russia perdette
l’accesso al Danubio perché privata della piccola striscia di territorio tra la bocca
settentrionale del fiume e il Prut, che fu garantita alla Moldavia. Nulla rimase della pretesa
russa di possedere diritto esclusivo di protezione dei cristiani, mentre le potenze
proclamarono di non voler intervenire tra il sultano e i suoi sudditi. L’Impero Ottomano fu
formalmente riconosciuto come un membro del Concerto europeo. I principati e la Serbia
si videro garantiti i loro privilegi pur rimanendo sotto la sovranità turca. Venne costituita
una commissione delle potenze firmatarie incaricata di controllare le bocche del Danubio,
alla navigazione del quale vennero applicate le clausole dell’Atto di Vienna del 1815
riguardo i fiumi internazionali. La clausola più significativa era quella che stabiliva la
smilitarizzazione del Mar Nero, che sanzionò la pienezza della sconfitta russa.
Il Congresso di Parigi rappresentò un episodio assai importante nella Questione d’Oriente,
con lo scacco alla Russia e l’ingresso nel Concerto delle potenze dell’impero ottomano.
Effetti più precisi rispetto a quelli del Congresso si ebbero con le clausole riguardanti il
diritto marittimo firmate il 16 aprile dalle potenze, che diedero contribuiti validi allo sviluppo
del diritto internazionale.
Nella sfera di competenza del Congresso era di esaminare tutti i problemi che
interessavano l’Europa, dunque anche la questione italiana, anche se ci si limitò a
constatare l’esistenza di un problema italiano.
Il canale di Suez
L’evento di maggiore significato nel Vicino Oriente fu l’apertura del Canale di Suez. La
costruzione di questa via marittima non era un’idea nuova, ma le si attribuì nuova
importanza per via del grande sviluppo degli scambi commerciali del XIX secolo. Il
diplomatico ed ingegnere francese Ferdinando de Lesseps riuscì ad ottenere da Mehmet
Said, capo dello Stato egiziano, nel 1854, la concessione per costruire un canale. Si
trattava di un’impresa privata e la Compagnia del canale avrebbe avuto un consiglio di
amministrazione internazionale il cui presidente sarebbe stato della nazione che forniva la
maggiore aliquota di capitale. Ciò toccava l’Inghilterra, i cui interessi erano maggiori
rispetto agli altri paesi. Palmerston era contrario al progetto e tentò di opporvisi, sebbene
certi interessi britannici considerassero il progetto positivamente. Napoleone dapprima
sembrò interessarsi poco alla faccenda, ma quando le azioni del canale vennero poste in
vendita sui vari mercati finanziari d’Europa, la Francia si assicurò il controllo della
compagnia. Nel 1862, dopo iniziali tentativi di opposizione, l’Inghilterra cambiò posizione e
cercò di ottenere garanzie che il canale non sarebbe servito di base per l’estensione degli
interessi politici francesi. Il Canale di Suez venne aperto nel novembre del 1869: in certa
misura il canale restituì al Mediterraneo la posizione che aveva avuto come strada
maestra del commercio con l’Oriente. L’Inghilterra era ora la grande nazione commerciale
e doveva considerare il Mediterraneo con maggiore attenzione, anche se gli sviluppi degli
eventi mediterranei del decennio 1860-70 non provocarono attriti importanti tra le potenze.
La guerra franco-prussiana
La candidatura di Hohenzollern in Spagna
Nel 1868 fu offerta la corona spagnola al principe Leopoldo di Hohenzollern-Sigmaringen.
Non ci si poteva aspettare che la Francia rimanesse indifferente e le sue obiezioni a tale
candidatura vanno considerate ragionevoli. Il rifiuto del principe avrebbe chiuso la
questione, se Bismarck non l’avesse resuscitata nel maggio 1870 provocando una nuova
offerta seguita da un’accettazione. La reazione francese fu di rigida opposizione, e la
Prussia si trovò di fronte alla scelta di una guerra o di subire una sconfitta diplomatica.
Con disappunto di Bismarck il re scelse la seconda, con il ritiro della candidatura del
principe Leopoldo. Nel tentativo di rendere maggiore la vittoria diplomatica francese,
vennero inviate istruzioni al diplomatico francese Benedetti di andare da re Guglielmo I a
garanzia che la questione non sarebbe stata ripresa, richiesta che fu rifiutata dal re.
Bismarck ebbe l’autorizzazione a pubblicare il dispaccio di Ems.
La guerra e i suoi effetti in Europa
I risultati furono quelli attesi da Bismarck. La decisione francese fu quella di fare la guerra,
che fu dichiarata il 19 luglio. La guerra rimase circoscritta ai due avversari e a rendere
doppiamente sicura la cosa Bismarck fece in modo che fosse pubblicato sul “Times” il
progetto di trattato che Benedetti gli aveva sottoposto in cui era considerata l’eventualità di
una annessione francese del Belgio. Questa notizia provocò in Inghilterra allarme e il
paese si affrettò a compiere accordi in agosto con Prussia e Francia che impegnavano
l’Inghilterra a opporsi alla potenza che violasse la neutralità belga. Il fatto che la Russia
fosse disposta a tenere l’accordo del 1868 con la Prussia valse a contenere l’azione
austriaca: l’Austria si dispose ad attendere i successi francesi. L’Italia pose come
condizione preliminare per l’intervento la soluzione della Questione romana e la Francia
non accettò.
Fin dall’inizio Bismarck ebbe poca difficoltà a difendere il territorio renano dall’intenzione di
annessione di Napoleone. Gli insuccessi francesi ebbero inizio quasi subito e il 2
settembre a Sedan un grosso esercito francese e l’imperatore si arresero. La notizia della
sconfitta a Sedan provocò la caduta dell’impero e la formazione di un governo provvisorio
di difesa nazionale. La pace si sarebbe potuta restaurare prontamente se non fosse stato
per la richiesta di annessioni da parte della Prussia, fortemente disapprovata dalle altre
potenze tra cui l’Inghilterra, perché un’eccessiva crescita della potenza prussiana sarebbe
stata dannosa per l’equilibrio europeo.
La Francia cercava di stimolare la possibilità d’intervento senza successo: un motivo
importante di questo fallimento venne dato dalla Questione d’Oriente. La Russia preferì
infatti ottenere vantaggi immediati abolendo le clausole del 1856 sulla smilitarizzazione del
Mar Nero. Bismarck temeva che complicazioni avrebbero potuto provocare l’intervento
britannico e procrastinò la mossa russa fino al termine della guerra; i russi non vollero
attendere e il 20 ottobre Gorcakov annunciò la denuncia della clausola. L’Inghilterra non
fece obiezioni alla pretesa prussiana di ottenere annessioni in Francia, e nella questione
degli Stretti si accontentò e non trovò il supporto dell’Austria, paralizzata dai suoi dissidi
interni. Bismarck propose la convocazione di una conferenza per definire il problema del
Mar Nero: la conferenza si riunì a Londra nel gennaio del 1871 e Bismarck si oppose alla
presenza di un rappresentante francese e ottenne ciò che voleva; a marzo veniva
sanzionata l’approvazione all’iniziativa unilaterale russa.
Anche l’Italia cercò di trarre profitto dal conflitto: dopo la sconfitta francese a Sedan, le
forze italiane entrarono a Roma e il papa cedette alla forza superiore non facendo altro
che denunciare l’atto illegale, ma nessuno in Europa si schierò a sua difesa e Roma
divenne la capitale d’Italia.
Il trattato di Francoforte e l’impero tedesco
Mentre si riuniva la conferenza di Londra, Jules Favre a Versailles conduceva i negoziati di
armistizio con Bismarck. Questo venne firmato il 28 gennaio, permettendo la
convocazione in Francia delle elezioni per un’assemblea che si riunì a Bordeaux. Con il
trattato di Francoforte la Francia cedeva alla Germania l’Alsazia e parte della Lorena. I
deputati dell’Alsazia protestarono a Bordeaux e nel Reichstag tedesco, e il sentimento
francese era che questa cessione fosse un atto moralmente condannabile. Sicuramente
rese impossibile ristabilire la normalità dei rapporti francotedeschi. Rispetto al trattato con
l’Austria di cinque anni prima, Bismarck in questo trattato decise di punire e umiliare la
Francia come non aveva fatto con l’Austria. Il 18 gennaio 1871 a Versailles il re di Prussia
venne dichiarato imperatore tedesco, come a spargere sale sulle ferite francesi.
La guerra francotedesca significava che la Germania era unificata ed era l’unità più
potente d’Europa, e dopo il conflitto si trovò al centro della politica europea.
Il congresso di Berlino
Il congresso di Berlino segnò una tappa importante come quella del congresso di Parigi
nella storia della Questione d’Oriente e della diplomazia delle potenze europee. Le linee
fondamentali erano state definite negli accordi stretti tra Inghilterra, Austria e Russia. I
lavori del congresso si svolsero rapidamente, concludendosi il 13 luglio 1878.
La Bulgaria costituì il primo argomento di discussione. Il 22 giugno era stato raggiunto un
accordo tra Inghilterra e Russia per cui quanto era risultato dal trattato di Santo Stefano
sarebbe stato diviso in tre parti. I principali risultati del congresso di Berlino furono:
- non vi sarebbe stato un grande Stato bulgaro ma una Bulgaria assai ridotta, alla quale
riuscì difficile ottenere Sofia e Varna. Al suo sud sarebbe stata la Rumelia, che avrebbe
ottenuto uno stato intermedio sulla via dell’indipendenza
- la Bosnia e l’Erzegovina sarebbero state occupare e amministrate “temporaneamente”
dall’Austria-Ungheria, ma la sovranità delle province rimaneva al sultano. La striscia di
territorio adiacente verso il sud-est avrebbe accolto una guarnigione austriaca
- gli altri Stati balcanici vennero dati compensi
-l’Inghilterra aveva scarso interesse diretto ai particolari delle frontiere balcaniche, la
preoccupazione maggiore di Disraeli era di proteggere la rotta attraverso il Mediterraneo
verso l’India. La Russia poté conservare le annessioni nell’Armenia, ma l’8 luglio fu
stabilito da un accordo anglo-turco che l’Inghilterra avrebbe occupato “temporaneamente”
l’isola di Cipro.
Quanto alla situazione locale balcanica, si mantenne una situazione di equilibrio, ma la
lotta per l’indipendenza era ancora la questione più importante. Il paese con il disappunto
maggiore fu la Bulgaria, e anche la Romania ne uscì scontenta. La Grecia non era
direttamente implicata nella questione, ma a Berlino si posero le basi per darle compensi.
Con la convenzione del 1881, dopo lunghi negoziati, ottenne parte della Tessaglia e una
parte dell’Epiro meridionale, ma Creta rimase turca, continuando a costituire una
preoccupazione per le potenze.
La Russia aveva portato avanti una guerra vittoriosa e ne aveva dovuto dividere i vantaggi
con le altre potenze, e non ne usciva soddisfatta, soprattutto per il mancato appoggio che
si attendeva da Bismarck nel congresso.
Una delle maggiori conseguenze di questa fase fu la rottura dell’Intesa dei tre imperatori.
L’Austria a Berlino si accontentò di mantenere una sorta di equilibrio con la Russia, e in
ciò ebbe successo, ma il suo destino dipendeva in larga parte da elementi imponderabili.
Quanto a Francia ed Italia, le loro parti avute nel congresso sono trascurabili. L’Italia si
accontentava di essere accettata come grande potenza; la Francia era ancora in una fase
di ripresa e saggiava il cammino tra le potenze con incertezza. In entrambi i paesi la
disillusione subita in seguito al congresso di Berlino fu notevole.
L’alleanza franco-russa
Fra la Francia e la Russia non vi erano punti importanti di contatto né di divergenza, salvo
che nel Vicino Oriente, e in questo caso la Germania calcolava che non avrebbero potuto
intendersi, per cui rompere il vincolo tra Germania e Russia non sarebbe stato pericoloso.
Il primo grande mutamento del decennio 1890-900 fu invece proprio l’alleanza franco-
russa. Se tra Russia e Germania non vi erano i motivi per un conflitto, la situazione era
diversa con la Francia, i cui sospetti nei confronti della Germania e la sua speranza di
riconquistare l’Alsazia e la Lorena persistevano. Questo interesse francese lasciava però
la Russia del tutto indifferente. A meno che non fosse per intenti di aggressione generale,
un effettivo legame fra la Francia e la Russia non avrebbe potuto essere costituito che dal
timore della Germania. E non bisogna dimenticare la divergenza ideologica tra i due paesi.
I rapporti tra la Germania e Londra e Parigi assumevano importanza maggiore una volta
tagliato il filo con Pietroburgo. Con l’Inghilterra erano soddisfacenti, come dimostrato dalla
conclusione di un trattato il 1° luglio 1890 secondo il quale in cambio dell’isola Helgoland
la Germania cedeva Zanzibar alla Gran Bretagna, scambio che suscitò i sospetti della
Russia, alimentati anche da altri fatti. In Italia Crispi era fortemente antifrancese e nel
discutere del rinnovamento della Triplice Alleanza intendeva anche includere l’Austria nella
garanzia tedesca contro la Francia, e la Germania nella garanzia austriaca dei Balcani. Il
tentativo non riuscì ed egli fu sostituito da Rudinì, francofilo. Ma la speranza francese di
staccare l’Italia dall’Alleanza ebbe l’effetto di portare al rinnovamento di questa, con la
fusione dei tre trattati in uno con determinate varianti ed una clausola che stabiliva
l’appoggio della Germania all’Italia nel caso in cui lo status quo nell’Africa settentrionale
non si fosse mantenuto e l’Italia avesse dovuto intraprendere un interesse di equilibrio o
compenso in quelle regioni. Un discorso di Rudinì del 1891 suscitò l’impressione che
l’Inghilterra si fosse unita alla Triplice Alleanza, il che causò preoccupazione in Russia e
Francia. Se il desiderio francese di stabilire un’alleanza con la Russia era maggiore di
quello russo di intraprendere quell’intesa, il quadro cominciò a cambiare nel 1890 quando
il corso degli eventi cominciò a provocare i suoi effetti in Russia. Fu stabilito un accordo tra
il generale Boisdeffre e il capo di Stato Maggiore russo Obrucev il 27 agosto del 1891,
secondo il quale: i due governi si sarebbero accordati su ogni questione che minacciasse
la pace generale; nel caso in cui la pace o una delle due parti fosse minacciata di
aggressione le due parti sarebbero venute ad un’intesa sulle misure da adottare. Nel 1891
la diplomazia francese ottenne il successo di una convenzione militare che ebbe l’effetto di
definire l’aspetto antitedesco dell’intesa franco-russa minimizzando i possibili aspetti
antibritannici. Il 27 agosto 1892 fu firmata dalla Russia e dalla Francia una convenzione
militare che stabiliva che nel caso di un attacco tedesco contro la Francia o di un attacco
italiano appoggiato dalla Germania, la Russia avrebbe messo in campo tutte le forze
disponibili per combattere contro la Germania; reciprocamente un attacco tedesco contro
la Russia o un attacco austriaco appoggiato dalla Germania avrebbe portato ad un obbligo
analogo da parte della Francia; e la mobilitazione di una forza della Triplice avrebbe
determinato la mobilitazione franco-russa. L’accordo era difensivo, costituiva una risposta
alla Triplice Alleanza e per entrambe le potenze significava sfuggire all’isolamento. Non
sembrava probabile che sarebbe servito alla Francia per riconquistare l’Alsazia e la
Lorena, salvo forse nel caso di un conflitto generale che nascesse da altri problemi. La
Russia avrebbe potuto perdere interesse in questa alleanza, ma dipendeva dalle decisioni
di Berlino.
La prima reazione tedesca fu di minimizzarne l’importanza, ma nel 1892 la situazione
cambiò: i francesi misero in rilievo ai russi il pericolo tedesco. Nell’estate di quell’anno
Schlieffen fu scelto come capo dello Stato Maggiore tedesco, il che determinava
l’adozione di una nuova strategia per affrontare la guerra contro la Francia su due fronti.
Ciò rendeva necessario un organismo militare più vasto ottenuto con la legge del 1892.
La convenzione militare franco-russa del 1892 ottenne l’impegno di un trattato. La visita
russa alla base mediterranea francese di Tolone sembrava indicare la costituzione di una
forza navale russa permanente nel Mediterraneo, il che avrebbe rivelato una tendenza
antibritannica dell’alleanza, che sarebbe stata nell’interesse russo.
Problemi mediterranei
Uno dei motivi dell’atteggiamento passivo dell’Inghilterra in Estremo Oriente era
rappresentato dai dubbi britannici sulla viabilità della Cina, gli stessi che aveva sull’impero
ottomano. La situazione del Vicino Oriente era rimasta relativamente tranquilla per alcuni
anni. La sola Inghilterra sembrava disposta ad intervenire però per risolvere i problemi del
malgoverno turco. Nel 1895 Salisbury era ritornato al governo e si prospettava la
possibilità di una soluzione alla Questione d’Oriente con la spartizione dell’impero
ottomano. Il progetto non venne attuato per l’incapacità delle potenze di accordarsi. Le
rivolte dei cristiani continuarono a verificarsi e nel 1896 fu la volta di Creta; l’aiuto greco ai
cretesi portò ad una dichiarazione di guerra turca alla Grecia nel 1897. La sconfitta dei
greci offrì alle potenze la possibilità di collaborare e impedire la punizione della Grecia da
parte turca, mentre l’emancipazione di Creta compì un passo avanti che avrebbe portato
all’autonomia dell’isola nel luglio 1898.
Anche in Macedonia si erano verificati disordini che vennero osservati dall’Austria con
speciale interesse. In quel paese il ministro Kalnoky era stato sostituito da Golucowski nel
maggio 1895. Golucowski non aveva intenti aggressivi, e la sua era una politica di
opposizione ai disegni russi. Ma il fatto che i russi non avessero in quel momento interessi
nei Balcani aprì la strada per un’intesa diretta austro-russa nel maggio 1897, che ebbe per
effetto il “congelamento” dei Balcani. La pace continuò a prevalere nei Balcani salvo
l’intermezzo greco-turco, ma il vero motivo di essa fu che la politica estera russa era
concentrata in Estremo Oriente.
Una delle difficoltà per stabilire un accordo sui progetti della spartizione dell’impero
ottomano era data dalla questione dell’Egitto. L’Inghilterra era ormai saldamente stabilita
in quel paese e la richiesta dei francesi di ritirarsi non sarebbe stata accolta da Londra.
Quando Hanotaux nel novembre 1895 decise di inviare una spedizione in Africa, il suo
scopo era di esercitare una pressione che conducesse ad un esame internazionale del
problema egiziano.
L’Italia, considerata spesso una pedina inglese, aveva progetti ben precisi: Crispi era
esponente dell’imperialismo, ma fu sconfitto nella guerra con l’Abissinia, il che lo portò a
dimettersi. La valutazione della potenza italiana in Europa subì un colpo severo. Gli italiani
si ritirarono nelle colonie che già possedevano, il che significava che la loro funzione di
contrappeso a possibili ambizioni francesi nel Sudan venne a mancare e l’Inghilterra
dovette occuparsi della questione direttamente, e decise di conquistare il Sudan nel marzo
1896.
L’alleanza anglo-giapponese
L’avanzata russa in Estremo Oriente preoccupava il Giappone e la Gran Bretagna. Il
Giappone, che dal principio non aveva pensato di potersi scontrare apertamente con la
Russia con successo, decise di affrontare la situazione cercando un accordo, ma la tattica
russa prospettò al Giappone la possibilità di una collaborazione con l’Inghilterra sulla base
del loro comune interesse a contenere la Russia. Nel 1901 si svolsero i negoziati tra i due
paesi che portarono il 30 gennaio 1902 alla firma di un trattato di alleanza tra i due paesi.
Questo stabiliva la neutralità di una delle parti nella eventualità che l’altra fosse impegnata
in una guerra con un’altra potenza, mentre avrebbero partecipato allo scontro insieme nel
caso in cui una delle due si fosse trovata in guerra con più di una potenza. L’Inghilterra per
il prezzo della Corea si era garantita contro la possibilità di una combinazione russo-
giapponese, mentre nel caso in una guerra tra Giappone e Russia il pericolo di un
intervento britannico avrebbe trattenuto la Francia dall’intervenire in aiuto della Russia.
La guerra di Libia
Un mese prima che venne firmato l’accordo che chiudeva la crisi di Agadir, l’Italia inviò alla
Turchia un ultimatum che fu seguito da una dichiarazione di guerra. Il problema concreto
era dato dai vilajet (divisioni amministrative) di Tripoli e della Cirenaica, dove l’Italia
lamentava che i suoi interessi venivano danneggiati dai turchi. Anche in Italia si era avuto
uno sviluppo del nazionalismo più aggressivo, e Giolitti (né nazionalista né imperialista)
dovette lanciare il paese nell’avventura della Tripolitania.
La situazione internazionale era ancora più importante: la Tripolitania costituiva l’ultimo
territorio non accaparrato da potenze imperialistiche dell’Africa settentrionale
mediterranea. Tutte le potenze avevano espresso il loro consenso a che l’Italia si stabilisse
a Tripoli, e con il generale intensificarsi delle rivalità nel Mediterraneo si rese conto che era
venuto il momento di stabilirvisi per non correre il rischio che qualcuna delle potenze
prendesse a pretesto qualche mutamento della situazione per prendere il suo posto. La
guerra italo-turca costituì un motivo di preoccupazione per tutte le potenze poiché riapriva
l’indesiderata riapertura della Questione d’Oriente. L’impresa italiana si rivelò più ardua di
quanto non ci si aspettasse, anche se infine l’Italia prevalse. Nell’intendo di chiudere la
porta ad interventi dall’esterno che potevano creare complicazioni essa stabilì il fatto
compiuto proclamando l’annessione della Tripolitania e della Cirenaica il 5 novembre.
Fra le potenze dell’Intesa solo la Russia pareva favorevole all’impresa italiana. La Francia
tenne un atteggiamento riservato, e la sola ragione per cui l’Inghilterra non espresse una
più forte avversione per l’impresa fu il timore di maldisporre nei suoi confronti l’Italia.
L’attrito fu maggiore con gli alleati dell’Italia: la Germania provò un forte disappunto e non
poteva che considerare con avversione un aperto conflitto tra un’alleata ed un’altra
possibile alleata. La reazione dell’Austria fu la più aspra: i termini formali dell’alleanza
furono usati per impedire all’Italia di intraprendere un’azione nei Balcani. Mentre in
Tripolitania la resistenza locale continuava, l’Italia si volse verso l’Egeo. Procedette
nell’aprile-maggio del 1912 all’occupazione del Dodecaneso. Ciò aumentò i timori delle
potenze e le loro proteste contro l’estensione della zona di operazioni. Seguì un’intensa
attività diplomatica, fin quando la Turchia non fu indotta a venire a patti dal timore di
complicazione nei Balcani; acconsentì a cedere la sovranità e a ritirare le truppe dalla
Libia, con la condizione che gli italiani sarebbero rimasti nelle isole del Dodecaneso.
L’episodio era servito a mettere alla prova l’equilibrio e gli allineamenti europei.
La diplomazia ideologica
Scopi di guerra e proposte di pace
Inizialmente tutti i belligeranti avevano l’unico scopo della vittoria, ma con l’andare avanti
della guerra si pose sempre più grande il problema: per cosa si combatte?
Che cosa avrebbe significato una chiara vittoria dell’una o dell’altra parte era un problema
di grande importanza per tutti, non solo i belligeranti. Gli Stati Uniti, lontani dal conflitto, ma
si preoccupavano di un eventuale dominio russo sull’Europa o del militarismo
conseguente ad una vittoria tedesca.
Il commento di Pilsudski riguardante il problema della liberazione della Polonia fu “la
Germania deve prima sconfiggere la Russia e poi deve essere a sua volta sconfitta dalle
potenze occidentali”; e questa frase contiene quella che giunse ad essere l’ideologia della
guerra e della pace, cioè l’autodeterminazione dei popoli e la democrazia. La necessità di
indurre i popoli ad accettare i sacrifici loro richiesti pose in rilievo fattori come le ideologie
con contenuto morale, e questo divenne un aspetto importante della lotta che introdusse
in essa e negli assetti di pace un elemento di ambiguità. Gli Stati Uniti consideravano
senza elementi passionali il conflitto in maniera ragionevole e il colonnello House si recò in
Europa nel 1915 e nel 1916 per scoprire che non esisteva alcuna base di compromesso.
Alla fine del 1916 la guerra aveva posto a dura prova tutti i belligeranti, le risorse erano
scarse e le potenze centrali sembravano avere la meglio. In Gran Bretagna si era appena
insediato un governo sotto Lloyd George. La Germania in dicembre annunciò di essere
disposta a stabilire i negoziati ma dal momento che le risorse materiali erano nelle mani
tedesche era difficile pensare che la Germania potesse cederli, e gli Alleati non avevano
intenzione di riconoscere le loro perdite territoriali e declinarono l’offerta.
Il presidente Wilson si rivolse ai belligeranti invitandoli ad indicare i loro scopi di guerra: le
potenze centrali non intendevano rinunciare ad alcuni dei territori ottenuti e declinarono
l’invito. Gli Alleati risposero all’invito americano e il 10 agosto 1917 proclamarono
precisamente i loro scopi di guerra: il ristabilimento della situazione preesistente, e
sostennero il principio di nazionalità. Ormai la guerra era stata posta su un piano di
ideologie e principi, ed era quindi assai meno aperto a soluzioni di compromesso di un
semplice conflitto di potenza. Ai vantaggi che l’adesione al principio di autodeterminazione
recava agli Alleati, vi era l’eccezione della questione polacca: il paese nel 1915 si era
trovato sotto il controllo austro-tedesco e cosa fare a riguardo rappresentava un problema
per gli Alleati poiché a parte le divergenze austro-tedesche, le potenze centrali coltivavano
l’idea di una pace separata con la Russia. Il 5 novembre 1916 gli imperatori tedesco ed
austriaco indirizzarono una proclama al popolo polacco promettendogli la creazione di uno
Stato polacco indipendente.
Gli Alleati occidentali avrebbero voluto essere in grado di fare promesse di libertà ai
polacchi ma i loro timori di una defezione russa sotto forma di una pace separata li
spinsero a mostrare diffidenza per i russi. Nel febbraio 1917 venne stabilito un accordo
franco-russo che impegnava la Russia a lasciare la Francia libera sul Reno in cambio di
un consenso francese a che la Russia fosse libera in Oriente (Polonia).
L’associazione austro-tedesca era forte militarmente ma non mancava di debolezze,
specialmente per quanto riguardava l’Austria-Ungheria: la morte di Francesco Giuseppe
nel novembre 1916 e la sua successione con Carlo I, che ammetteva nuove possibilità per
il suo Stato ed era meno legato all’alleata tedesca. Carlo I offrì la “pace austriaca” agli
Alleati, con il tentativo di indurre la Germania a sua volta a negoziare. Le trattative
vennero condotte attraverso il principe Sisto di Borbone-Parma, che recò le proposte
austriache al governo francese. I francesi e gli inglesi erano molto interessati ma videro
nel progetto prima di tutto un tentativo per indebolire la Germania. Quando si giunse ad
una discussione degli interessi italiani e russi la possibilità di un accordo svanì
velocemente e il risultato fu una serie di recriminazioni fra francesi e austriaci e fra gli
ultimi e i tedeschi.
La stanchezza della guerra si fece sentire su tutti i partecipanti nel 1917, soprattutto in
Austria e Russia, ma la volontà di battersi prevaleva ancora in Germania e negli Alleati
occidentali. In Germania i militari costrinsero Bethmann, aperto al compromesso, a
dimettersi, e la reviviscenza del socialismo internazionale che propendeva verso una pace
senza indennità né annessioni non impedì ai favorevoli a continuare la guerra fino alla
vittoria finale di tenere il controllo del potere politico. In Francia nel 1917 si formò un
ministero diretto da Clemenceau, autentica incarnazione della volontà di vittoria francese.
Il risultato dell’attività politica del 1917 fu di dare maggiori aspetti ideologici al conflitto,
accresciuto dagli eventi che si verificarono che nacquero entrambi dal conflitto.