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STORIA DELLE ISTITUZIONI PUBBLICHE E SOCIALI

L’obiettivo è quello di dare conoscenze di base relative alla storia del diritto e delle istituzioni sociali e
private e del loro impatto sociale:
-acquisire la conoscenza e la comprensione dei principali modelli istituzionali europei
-comparare le diverse realtà istituzionali, che si sono susseguite nel corso dei secoli

La storia delle istituzioni ha una genesi che nasce nella facoltà di scienze politiche; quindi, per degli storici
puri è una disciplina un po’ fuori mano.
Storia delle istituzioni analizza il periodo compreso tra il medioevo e la realtà contemporanea.
Gaetano Cozzi e Claudio Povolo sono i due maestri della scuola di istituzioni sociali.

-primo esempio: perché negli Stati Uniti non si riesce a cancellare l’articolo riguardo il porto d’armi?
Solitamente si dice che è colpa delle multinazionali e delle lobby ma dal punto di vista della storia
istituzionale la risposta non è corretta o completa.
In realtà la corte suprema ha deciso di non toccare il secondo emendamento: se si abolisce
l’emendamento, ci sarà un monopolio coercitivo della violenza che viene dato alla polizia e quindi per la
libertà individuale ci sarebbe una perdita. E le colonie erano nate sul principio di difendersi da sole senza la
madrepatria.
Quindi sparirebbe una parte di libertà individuale, che invece andrebbe alla polizia.

-secondo esempio: la vicenda delle stragi di mafia di Falcone e Borsellino e la trattativa stato-mafia.
In Sardegna non c’è stata mai una nobiltà così forte come in Sicilia perché è sempre stato inglobata nel
Regno sabaudo.
Invece la Sicilia ha avuto sempre una forte nobiltà e delle élite ampie, che lo stato unitario non ha assorbito
e si sono create delle spinte centripete.
La Sicilia, nella storia, è sempre stata il granaio d’Europa.
In Sicilia, si creano dei poteri locali fortissimi e anche lo stato italiano deve fare i conti con questi poteri
locali.

-terzo esempio: le valli bergamasche nel 1797, dopo la caduta delle Serenissima, rimangono lo stesso fedeli
alla Repubblica in quanto godevano di molta autonomia.
Non hanno scelto di rimanere alla Repubblica in quanto essa era democratica ma perché la Serenissima
garantiva loro una forte autonomia, che avrebbero perso nel momento in cui si sarebbero allontanate da
Venezia.

-esempio veneziano: Isola di Perastro è l’ultima a tenere la bandiera di San Marco.


Gli abitanti di quest’isola hanno dei diritti maggiori rispetto ad altre popolazioni che vivevano sotto il
controllo di Venezia.
I cittadini di Perasto andavano a discutere dei loro problemi a Venezia tramite i 5 Savii alla Mercanzia,
quindi avevano un rapporto previlegiato con la città veneziana.
Gli abitanti di Perastro furono gli ultimi che consegnarono le insegne di San Marco a Venezia dopo la sua
sconfitta nel 1797. Famosa la frase del “tu con nu, nu con ti”.
Lo storico delle istituzioni deve spiegare perché politicamente accadono dei fenomeni e deve tener conto
anche di concetti antropologici.
IL CONCETTO DI EGUAGLIANZA
Nell’Antico Regime non esiste l’eguaglianza davanti alla legge e bisognerà aspettare la Rivoluzione francese.
E non esiste, quindi il concetto di corruzione perché non esiste il concetto di eguaglianza.

IL CONCETTO DI PATRIA
A metà ‘800 la maggioranza della popolazione identifica la patria con il paese da cui viene o con la sua
contrada e non dallo stato nazionale unitario.
Ad esempio, gli austriaci nella Prima guerra mondiale utilizzano il corpo dei Kaiserjager, cacciatori delle Alpi,
cioè soldati che provenivano da zone alpine, come la Pusteria, e che quindi avrebbero difeso in modo più
forte le proprie terre (le Alpi trentine) dall’avanzata italiana.

L’IMPERO ASBURGICO
Si chiamerà impero austro-ungarico solo dal 1867.
Tra il 1815 e il 1848 la giustizia nelle terre del Lombardo-Veneto ha una funzione fisiologica.

LEZIONE 2 8/2
L’IMPERO E LA DIMENSIONE IMPERIALE
Le province venete avevano vissuto un’ esperienza comunale, e poi un’esperienza dotto la serenissima (che
era stata ducato, comune e poi repubblica oligarchica) poi il Veneto ha avuto una breve esperienza
napoleonica, austriaca, ancora napoleonica e infine austriaca.
Il termine dominazione austriaca e napoleonica è un termine filo-risorgimentale, quindi in realtà e meglio
parlare di amministrazione. Dal punto di vista storiografico non si parla più di denominazione, solo da
quello archivistico.

L’impero asburgico era multietnico e non aveva infatti il tedesco come lingua ufficiale.
La prima immagine è tipicamente filo-risorgimentale perché fa vedere che il Veneto non è sotto l’egida
dell’Impero asburgico.
L’archivio che ha sede a Vienna si chiama archivio della casa, della corte e dello stato asburgico; quindi, è
importante la casata degli Asburgo.
Nonostante le riforme di Maria Teresa, l’impero fatica a definirsi come stato moderno in quanto le sue
caratteristiche erano tipiche degli stati premoderni.
Maria Teresa aveva cercato di innovare l’impero ma l’imperatrice pagava i suoi funzionari direttamente dal
tesoro della corona e non da ministeri adibiti al pagamento di pubblici ufficiali e questo dimostra
un’organizzazione precedente a quella degli stati moderni.
La Kaisertreue è la fedeltà al sovrano e lega i territori dell’impero alla corona tramite dei vincoli di tipo
personale.
Esistevano notevoli differenze tra impero asburgico e gli altri stati europei, infatti si contrapponeva alla
giuridicità della forma imperiale: non era un impero di diritto ma era una gerarchia di lealtà.
Gli Asburgo tendono ad innovare l’impero ma sanno bene che se diventasse come uno stato moderno può
crollare sotto i piedi infatti continuerà a basarsi sulla dinastia e non sullo stato di diritto.
I legami all’interno dell’impero erano personali (non di tipo vassallatici) = i proclami dell’Imperatore
Francesco Giuseppe durante la prima guerra mondiale iniziavano con la frase “ai miei popoli” e questo
indica il legame personale tra l’imperatore e le varie parti dell’impero.
Ad esempio, l’Imperatore aveva dei rapporti con la “lega dei contadini” del Tirolo.
Quindi l’imperatore aveva legami con tutti i territori dell’Impero (Lubiana, Timisoara, Budapest).
I vari comuni dell’Impero potevano mandare delle istanze a Vienna, che venivano lette direttamente dalla
figura imperiale: è molto importante la forma scritta.

Il primo rischio: dimenticarsi che le decisioni prese a Vienna sui nostri territori dovevano tenere presente la
cornice imperiale su cui erano inseriti.
Quando si decide su una questione che riguardasse il Veneto bisogna stare attenti alle ricadute che poteva
avere quella decisione su altre zone dell’impero: anche altre città potevano rivendicare le decisioni
riguardanti le terre imperiali del nord Italia.
È importante la decisione imperiale.

-secondo rischio: uomini come il cancelliere Metternich dovevano tenere a mente la realtà imperiale,
quindi deve bilanciare le proprie decisioni all’interno dell’impero.
Di fronte alla questione risorgimentale, deve tener conto di molteplici dinamiche con tanti territori.
Spesso si causano tensioni all’interno del potere centrale, infatti è famosa la diatriba tra Metternich e il
conte Kolowrat.
Quest’ultimo si occupava di finanze e deve finanziare le decisioni politiche di Metternich.
È facile che nascano questioni.

-terzo rischio: non comprendere a fondo la presenza asburgica dei nostri territori.
Per l’impero è ufficiale anche la lingua italiana e ci sono documenti italiani anche nell’archivio di stato a
Vienna.

In questa struttura imperiale è fondamentale la figura dell’imperatore, che è al vertice del potere.
L’impero ha un periodo rigoglioso con l’Imperatore Francesco (1792-1835).
Viene prima chiamato Francesco II e poi Francesco I perché inizialmente era imperatore del Sacro Impero
Germanico ma viene distrutto da Napoleone nel 1806 e quindi diventa imperatore austriaco.
È una persona molto cauta e teme la diffusione della Rivoluzione francese interpretata da Napoleone.
Francesco dice: meno tocchiamo e meglio è.
Muore nel 1835 ma la sua influenza politica perdura fino a metà anni ’40 e da quegli anni inizieranno i
problemi con la successione del figlio Ferdinando.
Ferdinando ha problemi mentali e Francesco II sa che suo figlio non sarebbe stato in grado di cambiare
nulla e quindi avrebbe perseguito la politica del padre, cioè di non toccare nulla o non intraprendere
decisioni politiche forti.
Egli è retto da Metternich, Kolowrat e l’arciduca Francesco Luigi, che è un esponente diretto della famiglia
asburgica.
È importante avere un reggente della famiglia imperiale perché fungeva da ago della bilancia rispetto agli
altri due reggenti e inoltre non gli interessava ambire al titolo imperiale.
I viennesi chiamano questo governo dei 30il 3 indica i reggenti e l’imperatore Ferdinando è lo 0 perché
non conta niente e valeva zero.
Ferdinando abdica a causa della rivoluzione del ‘48, e sale al trono Francesco Giuseppe (sarebbe dovuto
salire al trono Francesco Carlo ma fa andare al potere il figlio Francesco Giuseppe).
Di conseguenza diventa Francesco Giuseppe I (1848-1916) e sale al potere appena diciottenne ed è sposato
con Elisabetta di Baviera (Sissi).
(Il figlio di Francesco Giuseppe I, Rodolfo, si suicida e quindi a lui succede Carlo, che è sposato con Zita di
Borbone Parma. Inoltre, Francesco Ferdinando erede al trono e nipote di Francesco Giuseppe I, viene ucciso
a Sarajevo).
Occorre portare l’attenzione su singole aree e intraprendere studi locali per capire il funzionamento dei
territori, che ora sono italiani, con l’impero asburgico.
Non si parla di denominazione austriaca perché i territori del lombardo-veneto non erano controllati
dall’esercito, non c’era un’occupazione militare ma erano amministrati burocraticamente da Vienna

PERIODO 1815- 1848


È importante dal punto di vista giudiziario.
L’impero funziona in maniera fisiologica in questi trent’anni; prima c’era Napoleone e poi emergono i
militari come Radetzky, che non è austriaco ma boemo, eppure era asburgico ma non è austriaco.
Nel 1797 cade la Repubblica di Venezia.
Dal 1806 al 1813 c’è Napoleone.
Dal 1815 trona l’Austria.
Dopo il ‘48 c’è il decennio neo-assolutistico: l’assolutismo era settecentesco di Maria Teresa e Giuseppe II.
Poi il veneto passa nel regno d’Italia nel 1866.

In questo trentennio si ha un funzionamento fisiologico della giustizia austriaca perché siamo in una realtà
giurisdizionale.

LEZIONE 3 9/2
Raffaele Romanelli afferma che è proprio lo studio dell’elemento statuale, dello stato a costituire un punto
di svolta nella storia delle istituzioni politiche rispetto ad altre discipline storiche.
L’istituzione per eccellenza è lo stato.

La forma politica che l’Europa ha vissuto dal 1848 in poi, quindi dalla fine della restaurazione, è quello degli
stati nazionali, cioè dello stato di diritto.
Si parla del diritto della legge dello stato e del diritto dell’individuo in contrapposizione ai poteri e ai
privilegi dell’ordine antico (Ancien Regime). L’ordine antico era caratterizzato da ceti, gruppi, famiglie,
aristocrazie e lignaggi.
Lo stato di diritto ha preso forma dopo la Rivoluzione francese.
Prima di esso si ha lo stato giurisdizionale, in cui c’è il primato della giurisdizione: non esisteva una
funzione amministrativa distinta e l’esercizio del potere si attuava attraverso la pronuncia giudiziale.
Per lo stato giurisdizionale è importante il principio dello Ius dicere.
Lo stato giurisdizionale esercitava il potere attraverso i tribunali.
C’era un rapporto tra sovrano e ceti, di conseguenza si parla di ordinamento cetuale.

A metà Novecento c’è una nuova forma di stato, che è lo stato costituzionale, che è caratterizzato dalla
costituzione, cioè una carta costituzionale che tutela i diritti della persona.
Essa tutela le persone dalle leggi ordinarie e tutela la struttura democratica dello Stato.
Le funzioni dello stato sono affidate ad organi distinti tra loro. È uno stato nel quale l’ordinamento statale è
disciplinato dalla Costituzione.
In Italia e in Germania nasce lo stato costituzionale.
In Germania nasce con la Repubblica di Weimar e in Italia si ha lo Statuto Albertino, che il fascismo calpesta.

Le leggi raziali approvate dal fascismo erano legali perché si era in uno stato di diritto e le leggi sono state
approvate dalla maggioranza parlamentare.
Quindi formalmente le leggi sono legali.
Anche l’elezione di Hitler è legale perché approvato da una maggioranza; poi Hitler a colpi di maggioranze
parlamentari cambia la Germania da uno stato costituzionale (costituzione molto flessibile) a una dittatura.
Riesce a cambiare l’ordinamento dello stato perché la costituzione tedesca era molto debole.

In uno stato di diritto vale il diritto della legge dello stato: se viene approvata una legge dal parlamento
allora è legalmente e formalmente ineccepibile (come le leggi raziali).

Al momento c’è un indebolimento dello stato costituzionale-nazionale a favore di una forma politica
costituzionale comune.
Ma non esisteva ancora una costituzione europea ma esistevano degli emendamenti emanati dalla corte di
giustizia europea.
In questo senso si può parlare di una forma di stato neo-giurisdizionale.
La corte europea emana sentenze che vengono poi assorbiti dai vari stati dell’Unione: ad esempio epr
approvare i bilanci si sceglie all’unanimità e non con la maggioranza.
Gli emendamenti sono frutto di mediazione tra i vari stati dell’Unione.

-da XIII sec a metà ‘800 in Europa continentale stato giurisdizionale, ius dicere, potere attraverso
tribunali e pronuncia giudiziaria
-stato di diritto da metà ‘800 a metà ‘900: legge dello stato e diritto degli individui (no dei ceti)
-dalla seconda metà del ‘900: stato costituzionale, salvo la variante dell’Unione europea che
originariamente legiferava con le coorti ed era detto stato neo-giurisdizionale.
Poi è arrivato il parlamento europeo e altri organi di governo.
Con le decisioni prese all’unanimità le decisioni sono più macchinose e farraginose.

Alle diverse forme di stato vanno associate diverse forme di ordinamento cioè di costituzione o di
ordinamento complessivo capaci di organizzare il processo di governo e di distribuzione dei vari poteri.

-Nello stato giurisdizionale, si ha una costituzione cetuale; quindi, non c’è l’uguaglianza delle persone di
fronte alla legge. Contano i gruppi e i soggetti collettivi come il patriziato a Venezia, che ha privilegi che
esercita sul popolo
-allo stato di diritto corrisponde una costituzione liberale: ci sono diritti degli individui con uguaglianza di
fronte alla legge
-allo stato costituzionale corrisponde una costituzione o ordinamento di tipo democratico: i principi
fondamentali dello stato sono intangibili con leggi ordinarie, quindi la maggioranza non può decidere su
questi medesimi principi. La costituzione blinda alcuni principi fondamentali.

In Europa continentale si ha la Civil law, che è un modello di ordinamento giuridico derivante dal diritto
romano-germanico.
Un discorso diverso fa fatto per il mondo del Common law, come l’Inghilterra e i paesi anglofoni.
L’Inghilterra si forma con Guglielmo di Normandia che batte Aroldo II, re dei Sassoni, nella battaglia di
Hastings nel 1066. Quindi l’Inghilterra ha una forma statuale molto antica rispetto alle controparti europee
ed è lo stato europeo più vecchio.
In Inghilterra c’è un ruolo fortissimo della giurisprudenza dei presidenti giudiziari.
In Inghilterra vige il principio del Kings in Parlament: alle camere arriva il re con lo scettro e lo deposita
nell’aula, e significa che le decisioni nelle camere avvengono alla presenza del re, quindi lo scettro non
torna a Buckingham Palace.
Fin dai tempi della Magna Carta il re contratta con i notabili del regno i diritti che hanno i notabili e quindi
non serve una costituzione.
In Inghilterra non esiste una costituzione perché non è necessario difendersi dagli effetti nefasti del primato
della legge.
Ma allora perché gli Stati Uniti hanno una costituzione? Perché se non avessero adottato una costituzione,
avrebbero continuato ad utilizzare le leggi approvate dal parlamento di Londra e i coloni volevano bloccare
l’ingerenza delle leggi inglesi.
Ai coloni non bastava cacciare gli inglesi ma volevano difendersi dall’Inghilterra dal punto di vista
giurisdizionale. E la costituzione americana è intangibile eccetto che dalla corte suprema, che può
modificarla solo di fronte ad una pretesa giuridica.
Così la corte suprema ha il diritto di decidere se discutere il caso.
Se ritiene che non ci siano lobby o basi giuridiche che appoggiano la richiesta di discutere il caso, none
esaminerà mai l’argomento.
Quindi i giudici supremi analizzano argomenti che hanno un interesse generale.

LE COSTITUZIONI CETUALI
Queste costituzioni sono tipiche dello stato giurisdizionale sono caratterizzate da soggetti collettivi e non
individui.
Dal 1200 fino al 1789 le vicende dello sviluppo statale dell’Europa continentale sono segnate da un primato
della giurisdizione: nella storia europea la rappresentazione più

CRISI DELLO STATO DEI CORPI o gruppi


Questa crisi è causata da fattori di carattere fiscale a causa di guerre sempre più frequenti e dispendiose
per cui i sovrani hanno bisogno di finanze, quindi si crea un’alleanza privilegiata tra governo, sovrano e
contribuente (singolo proprietario), il quale diventa un interlocutore privilegiato.
Il fatto innovativo è che il singolo proprietario ora ha un rapporto unico e privilegiato mente prima si ha una
miriade di stati, gruppi, ceti (come gli stati generali francesi, che erano numerosissimi).
Con la crisi dello stato dei ceti o corpi, un interlocutore privilegiato del governo è il singolo contribuente,
che è una persona ricca e potente.
La Rivoluzione francese combatte questo pluralismo caotico pre-moderno dei ceti perché idealmente vuole
sostituirlo con uno stato di singoli individui tutti uguali e non di ceti.
Ma è la figura di Napoleone a mettere in pratica questa teoria, poiché riteneva ci fosse bisogno di ordine
per governare uno stato.
Quindi Napoleone è d’accordo sul principio che tutti gli individui siano uguali di fronte alla legge ma la
novità politica che porta è che lo stato deve essere forte e deve avere il controllo del Napoleone.
Quindi per Napoleone è importante avere uno stato non con individui organizzati in gruppi o ceti ma dei
singoli individui per scongiurare il fatto che ognuno sceglie per sé e si crei un’anarchia.
Quindi la Rivoluzione aveva degli ideali, che napoleone li usa per i propri interessi.
Infatti, è Napoleone è d’accordo che la società non sia divisa in nobiltà e clero potente ma ci vuole uno
stato forte.
Per esigenze organizzative si fa portatore degli ideali rivoluzionari: allo stesso tempo è rivoluzionario e
controrivoluzionario, quindi conservatore.
Sarà lo stato napoleonico a diventare il modello per gli stati europei con temporanei: prefetti, province,
corte di cassazione, consiglio di stato, tar.
Lo stato con Napoleone non ha più ceti o corpi ma individui controllati da istituzioni forti.
Allora inizia a formarsi un forte apparato amministrativo e comincia a indebolirsi l’apparato giudiziario nello
stato giurisdizionale.
Nasce il diritto amministrativo e si crea una differenza incolmabile con l’esperienza inglese, che continua ad
avere caratteristiche giurisdizionali piuttosto che amministrative.
Ad esempio, in Inghilterra non esiste il Tar, che è un tribunale amministrativo che può bloccare decisioni
anche non sul campo amministrative.
Nell’impero asburgico non ci sarà mai una giustizia amministrativa: si discute tutto nei tribunali ordinari.
Per questo l’impero continuerà ad avere delle caratteristiche da stato giurisdizionale, tenterà ad
ammodernarsi ma non ce la farà mai perché sa che la sua anima è giurisdizionale e cetuale e se toccherà
questi meccanismi rischia di far collassare il sistema.

In Francia si impone l’individualismo contro una società dei corpi dei gruppi (Stande Ordnung o ordine dei
corpi) tipica dell’Impero asburgico.

LEZIONE 4 14/02
Fine XIX c’è la crisi dello stato dei corpi o dei ceti a causa di guerre sempre più dispendiose crearono una
alleanza più stretta tra governi e proprietario in quanto contribuente e lo elessero come contribuente
privilegiato.
In questo modo perdono potere i gruppi e assume potere il singolo che ha soldi.
La Rivoluzione francese combatté il caotico pluralismo premoderno.
Lo stato napoleonico è diventato modello per gli altri stati europei per napoleone era importante avere
uno stato forte e non organizzato in ceti o corpi altrimenti si creerebbe anarchia.
Ha bisogno di uno stato forte o detto monolitico.
In questo panorama a livello continentale emergono le peculiarità della Prussia e dell’impero austriaco.
A livello teorico si può ipotizzare una quarta forma di stato, che è lo stato assoluto va posto tra lo stato
giurisdizionale e lo stato di diritto. Un esempio è la Francia di Luigi XIV.
Ma gli storici delle istituzioni e del diritto si sono resi conto che più di una forma di stato è una forma di
governo, quindi era accettabile l’idea di costituzione/ordinamento cetuale-assolutistico ma non di stato
assoluto. Perché?
Questa forma di costituzione cetuale-assolutistica
Già dal 1576 ne aveva parlato ne “les 6 livres à la Republic” Jean Bodin, un filosofo e giurista francese.
Anche lo stato che consideriamo assoluto per antonomasia, la Francia di Luigi XIV (l’état c’est moi e il re
sole) emana nel 1667 emana le “ordonnances” in materia civile, penale, diritto marittimo.
Queste ordonnances hanno una forza limitata, che non scalza i tanti diritti particolari esistenti perché dove
le ordonnaces sono lacunose, possono essere eterointegrate (integrate dall’esterno) da contesti normativi
di diritti particolari (leggi private).

Invece i codici settecenteschi, che in un contesto molto diverso si porranno come testi normativi completi e
non sono più integrabili dall’esterno.
Per questo motivo è sbagliato parlare di stato assoluto ma è meglio parlare di costituzione o ordinamento
cetual-assolutuistico, dove i ceti permangono e in più c’è uno stato di tipo assoluto.(no stato assoluto ma
ordinamento cetual-assolutistico) perché il massimo della legislazione assoluta, le ordonnnaces di Luigi XIV,
sono eterointegrate, quindi integrate dall’esterno da altre giurisdizioni, mentre i codici del ‘700 sono
completi e non hanno bisogno di testi normativi che li completano.

L’IMPERO ASBURGICO
L’impero asburgico è rimasto immune dall’ondata rivoluzionaria, infatti, l’impero ottocentesco presenta
una forte formalizzazione delle funzioni di giustizia e amministrazione.
C’è un lento cammino di riforme, avviato dal ‘600 e poi da metà ‘700.
Il processo di rinnovamento inizia in un primo momento nel ‘600 con il Giusnaturalismo di Wolf e
Thomasius dal ‘600 pongono le basi di questo stato asburgico con una riforma lenta e non una
rivoluzione.
È una riforma Lenta perché nell’impero asburgico ci sono modelli contradditori con elementi moderni e di
antico regime.
Poi, le riforme del ‘700 modificano ma non travolgano l’ordine corporato, dei corpi, esistente.
Il lessico del nuovo ordine del diritto convive fino a metà ‘800 con linguaggi e tradizioni antiche.
Una dimostrazione è il codice penale di Maria Teresa, la Teresiana, del 1768 e il codice penale di Giuseppe
II, la Giuseppina, del 1787 e il codice penale universale austriaco del 1803, che troverà applicazione nel
lombardo-veneto nel 1815.
In tutti questi codici, è detto che tutti gli individui sono sottoposti alla stessa legge ma ci sono ancora
distinzioni status, come l’esacerbazione che prevede frustate per soggetti non nobili.
Quindi il codice è moderno ma ci sono, anche linguisticamente delle differenze di status.
Lo sviluppo austriaco è lento, si innova ma resta ancorato al passato e questo sistema rimane fino al ‘900
perché gli Asburgo non se la sentono di innovare e cambiare le basi dell’impero a causa della paura di
perderne il potere.
L’impero asburgico rimane immune dal carattere rivoluzionario.
Con Giuseppe II si ha una forte formalizzazione delle funzioni di giustizia e amministrazione, che però non è
radicale perché il processo di cambiamento è lento e progressivo che modifica e non travolge (differenza
tra gli altri stati) l’ordine corporato dei corpi e dei ceti.
Quindi questo Stande Ordnung non si tocca e i ceti non vengono toccati da questa lenta e timida riforma.

I due imperatori, promotori della riforma basata sulla modernizzazione dell’apparato amministrativo
dell’impero sono Maria Teresa e poi suo figlio Giuseppe II.

MARIA TERESA e GIUSEPPE II


Regna dal 1740 ai 1780 ed è figlia dell’imperatore Carlo VI.
Carlo VI ha anche un figlio che i chiama Leopoldo, che muore anche lui da piccolo.
Ecco perché nel 1713 viene emanata la Prammatica Sanzione per cui Maria Teresa può diventare, anche se
femmina imperatrice.
Maria Teresa genera il figlio Giuseppe II, che dal 1765 è in co-reggenza con la madre.
Il figlio di Giuseppe II è Francesco I di Lorena: ecco perché la dinastia è chiamata asburgo-lorenna poiché
Maria Teresa, che è della dinastia asburgica sposa un duca di Lorena.
Dal 1780, quando la madre muore, governa da solo per dieci anni fino al 1790.
Loro due sono sovrani importanti per le riforme: Maria Teresa nel 1748, in Boemia, crea gli uffici circolari,
attraverso i quali la monarchia si confronta per la prima volta con la montagna di consuetudini che
regolavano la vita quotidiana delle signorie rurali.
Viene creata la carica dei capitani circolari, che svuotano progressivamente l’attività dei tribunali signorili.
Ma questi tribunali vengono svuotati ma non cancellati e vuol dire che la fisionomia esterna delle
giurisdizioni feudali non viene toccata (innovazione ma preservando quello che c’è).
Queste giurisdizioni feudali si chiamano Grundeherrschaften.

(la tecnica sulla quale si basavano le riforme asburgiche era quella di mettere in pratica una riforma in un
territorio assai limitato per vederne gli effetti e se avevano conseguenze positive la riforma veniva applicata
su larga scala altrimenti veniva lasciata decadere)

Ancora più decisa è la riforma di Giuseppe II, il figlio di Maria Teresa.


Già nel 1781 emana dei regolamenti che organizzano i livelli degli impiegati, come se fosse uno stato
moderno.
Regola i concorsi, l’esame d’ingresso fino alle pensioni quindi cerca di uniformare.
Il problema è che non ci riesce perché muore pochi anni dopo.
Alla sua morte, nel 1790, prende per breve tempo la reggenza il fratello Leopoldo II di Toscana (1790-
1792).
Leopoldo II di Toscana trova una linea di accordi con le élite dei singoli territori, quindi si interrompe la
modernizzazione e si torna all’antico perché l’idea che solo una modifica graduale delle costituzioni dei ceti
(stande ordnung), e non il centralismo che voleva imporre Giuseppe II, potevano rappresentare la strada
delle riforme.
Quindi con Giuseppe II poteva esserci una forte modernizzazione, anche più forte rispetto a quella della
madre ma il successore, Leopoldo II, è contrario ad una riforma intensa e non vuole centralizza e vuole
tornare ai vecchi stati e ai ceti.
Leopoldo II muore improvvisamente e gli succede al trono il Figlio Francesco che nasce a Firenze.
Francesco teme ancora di più l’innovazione in quanto in Europa si diffonde il germe della Rivoluzione
francese.
Francesco II diventa improvvisamente sovrano del Veneto con il Trattato di Campoformio nell’ottobre del
1797: la Francia cede il Veneto all’Austria e in cambio riceve le isole Ionie e il riconoscimento della
Cisalpina.
Con Campoformio, Francesco II diventa sovrano del Veneto oltre che dell’Istria, della Dalmazia fino alle
Bocche di Cattaro (ex Albania veneta o Montenegro).
Nel 1806, Francesco II viene umiliato da Napoleone nella Pace di Bratislava o Brestwurd dopo la disfatta
della terza coalizione antinapoleonica ad Austerlitz.
Nel 1806 Francesco II perde il Veneto che torna in mano ai francesi e inoltre perde la corona imperiale del
Sacro romano impero infatti da questo momento verrà nominato Francesco I imperatore d’Austria.
Napoleone, successivamente, sconfigge la quinta coalizione antinapoleonica a Wagram, a nord-est di
Vienna nel 1809.
È un colpo duro per Francesco, che firma la pace nel castello di Schönbrunn, che è al residenza estiva per gli
Asburgo.
Napoleone firmerà la pace proprio in questo castello nel cuore dell’impero.
Francesco I, dopo quest’altra umiliazione compie delle azioni strategiche:
-fa dimettere il primo ministro, il cancelliere Stadion e lo rimpiazza con Metternich, che era ambasciatore a
Parigi.
-Francesco fa sposare sua figlia, Maria Luisa, con Napoleone (la prima moglie di Napoleone era
Giuseppina) questo matrimonio fu altamente consigliato da Metternich che credeva che questo
matrimonio avrebbe portato prosperità in Austria
Maria Luisa, oltre ad essere moglie di napoleone, è duchessa di Parma, Piacenza e Guastalla.
In questo contesto politico risulta importante la politica matrimoniale consigliata da Metternich.
La politica matrimoniale è un espediente politica asburgico quando i sovrani versano in momenti di
difficoltà militare e instabilità politica.

Nell’autunno del 1814, Metternich e Francesco I hanno in mente di riprogettare i domini austriaci in quanto
napoleone è fuori dallo scacchiere politico europeo.
Il sovrano e il cancelliere austriaco ritengono che la diversità e varietà di costumi, lingue e religioni storiche
all’interno dei confini imperiali devono essere considerate un punto di forza e non un punto di debolezza.
Quindi all’uniformità dell’amministrazione napoleonica, viene contrapposta l’unione dei territori austriaci
(Boemia, Moravia, Galizia, Lombardo-Veneto) tenuta assieme da un vincolo di fedeltà sentimentale alla
dinastia e non allo stato in sé.
Questa fedeltà è tipica da antico regime.
Questo sistema elaborato nel 1814 prende il nome di “sistema Metternich”, con il quale si prenderà
coscienza della propria forza dall’eterogeneità culturale all’interno dell’Impero.
Territori come la Boemia o l’Ungheria facevano parte dell’impero asburgico fin dal ‘600 mentre il legame
con il Veneto è molto più recente.
Durante il ‘700 si aggiungono anche la Polonia, la Galizia e l’Ucraina, con la capitale Leopoli.
Milano e la Lombardia appartengono all’impero dal 1714 mentre il Veneto ha uno storia differente a causa
del suo passato repubblicano-patrizio.
Venezia ha ostacolato gli austriaci nella Prima dominazione dal 1797 al 1806, quando Napoleone si
riprenderà nuovamente il Veneto.
Dal 1797 al 1806, gli austriaci sono ostacolati dall’eredità repubblicana veneziana, che non coincide con una
dinastia imperiale.
Il 7 Aprile 1815 viene emanata la patente istitutiva del nuovo Regno Lombardo-Veneto, che è incorporato in
perpetuo all’interno dell’Impero austriaco.
Nel 1818, è il fratello dell’Imperatore Francesco I, Ranieri o Reiner, a governare il Regno Lombardo-Veneto.
Ranieri è viceré nel Regno dal 1818 al 1848.
È uno dei pochi Asburgo non sepolti a Vienna perché fu sepolto a Bolzano nel Duomo.
Ranieri deve lavorare su materiale politico-istituzionale con cui ha scarsa dimestichezza perché il Lombardo-
veneto è una nuova concessione quindi non ha una costituzione, non ha assemblee cetuali, non ci sarà mai
una tradizione regia come in Boemia e in Ungheria.
La struttura del modellò statuale lombardo-veneto è napoleonica quindi Ranieri si adatta a questa struttura.
Lo governa con le caratteristiche di uno stato napoleonico perché non ha altri riferimenti in quanto non è
un regno ben costituito come altre province imperiali.
Nel Regno Lombardo Veneto non si sono costituite assemblee di ceti poiché già in Ungheria si sono
riscontrati problemi con la costituzione di assemblee cetuali, quindi per evitare ulteriori problemi, gli
Asburgo preferiscono agire diversamente.
Quindi gli Asburgo effettuano le proprie scelte politiche in base alle esperienze che hanno già vissuto in un
altro territorio: se ovviamente i risultati non furono quelli sperati, si procede in maniera differente.

Nel 1835, muore Francesco I e sale al trono Ferdinando, suo figlio che è l’incapace.
Francesco stesso l’aveva voluto al trono in quanto a seguito della sua inabilità politica non avrebbe
stravolto le politiche imperiali ma avrebbe continuato una politica conservatrice seguendo le mosse del
padre.
Infatti non è in grado di fare riforme.
Quello che Francesco dice all’erede è: “amministra e non cambiare nulla”.
Il motto di Ferdinando è: “lasciar perdere è la migliore soluzione” ma a causa di questo immobilismo molti
problemi emergeranno prepotentemente nel 1848.
Celebre è la frase di Radetzky su Venezia: “la caduta di Venezia mi ha colpito come un fulmine a ciel
sereno” il governatore del Veneto di origine ungherese è il conte Palfi, lascia subito la città di Venezia e
quindi la dirigenza austriaca a Venezia implode: gli Asburgo in questo periodo agirono in modo molto
negativo ma grazie al feldmaresciallo Radetzky, gli austriaci prendono il controllo di Milano (Strauss scriverà
una marcia in suo onore).
In Lombardia conta molto l’elemento nobiliare e in veneto quello borghese.

Il 25 aprile del 1848, l’imperatore Ferdinando emana una costituzione ti tipo liberale ma non la applica
all’Ungheria e al lombardo-veneto perché sono i territori più caldi.
In veneto le rivolte furono guidate da Manin mentre in Ungheria dal politico-rivoluzionario Kossuth.
Manin ha buonissimi rapporti internazionali ma pessimi rapporti con il Veneto.

La capitale del Regno lombardo-veneto è per sei mesi alternati Milano e Venezia e sono collegate con la
ferrovia ferdinandea.

Manin ha un pessimo rapporto con le campagne ma ha tanti agganci internazionali come con l’Inghilterra.
Invece Kossuth ha ottimi rapporti con le campagne ma pessimi internazionali ma entrambi i due politici
rivoluzionari cadono.
Nel 1848, emergono progressivamente i militari perché sono stati gli unici a salvare l’impero: a Vienna si
forma la Cricca dei Militari. (ne parla lo storico Meritti)
Essi acquisiranno peso soprattutto nel governo centrale.
Il 2 dicembre del ’48 Ferdinando abdica e il potere va a Francesco Giuseppe I.
Sale al trono a 18 anni.

LEZIONE 5 15/02

Neo assolutismo: ritorno all’indietro a una situazione antecedente al ’48 ma c’è un nuovo ordine di priorità.
Fino al 1852 il massimo cancelliere di questa politica è Schwarzenberg.
In seguito, c’è il cancelliere Bach.

L’obiettivo del neo-assolutismo è far scomparire le individualità storiche dei regni attraverso la costruzione
di uno stato unitario, il Gesamstadt.
L’obiettivo era avere uno stato unitario austriaco con un solo popolo che con esso si identifica.
Questo stato è in realtà privo di connotati tipici dello stato moderno perché si mantengono gli assetti dei
ceti.
L’obiettivo era abbandonare la struttura di un impero di tipo dinastico, dei diritti storici anazionali (non
plurinazionali) di antico regime.
Anche questo tentativo di modernizzazione neo-assolutista fallisce a causa di un fattore esterno di politica
estera in quanto si crema un clima internazionale sfavorevole: durante la guerra di Crimea 1853-1855 si
rompono i rapporti con un alleato storico, cioè l’Impero zarista.
Il secondo fattore di politica estera che blocca l’applicazione del neo-assolutismo è la perdita della
Lombardia perché nel 1859 l’impero asburgico si scontra con Napoleone III ed il Regno di Sardegna.

I decenni a seguire sono caratterizzati dall’ascesa della Prussia di Bismarck, che diventa primo ministro in
Prussia nel 1862 e port una brusca sterzata antiasburgica.
Nella terza guerra di indipendenza del 1866, l’impero asburgico vince a Custoza e per mare a Lissa ma
subisce una pesante sconfitta a Sadowa da parte dei prussiani.
È una guerra per controllare gli stati della Germania.
Con la Pace di Praga del 23 agosto del 1866 l’impero perde il Veneto (che ha un sentimento più
antiaustriaco che filoitaliano) ma soprattutto l’Impero perde ogni legame federativo con gli stati tedeschi,
come la Baviera, che vengono fagocitati dalla Prussia.

L’impero capisce che persa la Lombardia, il Veneto e i legami con gli stati tedeschi non gli rimane che
rafforzare i legami con l’Ungheria e nel 1867 viene siglato un patto con l’Ungheria chiamato compromesso
di Ausgleich, quindi dal 1867 si parla di Impero austro-ungarico perché se prima l’Ungheria era un provincia
come un’altra, adesso ha un rapporto privilegiato con Vienna sancito anche sul piano politico.

Le sconfitte del ’59 e ’60 indicano la fine del sistema Metternich.


Nel tardo ‘800, Vienna definisce dei singoli accordi con le singole nazionalità, quindi non si parla più di
inclusione bensì di separazione o federazione in vista di una auspicata pacifica convivenza.
Il problema di questi patti, creati da Vienna con le singole nazionalità, rientra nella categoria nazione perché
la categoria nazione, come elemento costituzionale, non era ancora stata puntualizzata né a livello ideale
né giuridico.
Le categorie etnico-nazionali si mescolavano alle categorie politico-giuridiche e a quelle dei diritti storici, i
ceti la nazione come elemento costituzionale non si può istituire con la velocità e la facilità, che avrebbe
auspicato una logica dello stato nazionale, la quale si andava imponendo sempre più= questa era e rimane
la contraddizione più forte dell’Austria fino al suo tracollo.
Si intende in questo caso nazione dell’ancien regime che ha rapporti con i ceti e non nazione in senso
moderno, che non è nemmeno definita da un punto di vista giuridico-istituzionale da Vienna.
Per questo la guerra perde la guerra: l’impero austro-ungarico perde perché crolla al suo interno e non a
causa della guerra contro l’Italia.
Nel 1918, l’Austria diventerà Repubblica fino all’Anschluss con la Germania di Hitler.

La morte di Francesco Giuseppe I e il crollo dell’Impero sono simultanei, ovviamente non si tratta della
causa della caduta dell’Impero ma il sovrano ha cercato fino all’ultimo di tenere saldo il sistema
incontrando tuttavia molte difficoltà verso la fine dei suoi anni.

L’ORGANIZZAZIONE DEL VENETO


Le province venete sono all’interno del Regno lombardo-veneto e sono diverse da quelle lombarde.
In seguito al Congresso di Vienna si assiste alla fondazione del Regno lombardo-veneto con una nuova
formazione giuridica.
Ci si riallaccia alla tradizione napoleonica con lo scopo di mantenere anche sotto il dominio austriaco un
regno; con Napoleone esiste il Regno d’Italia.
Quindi gli austrici si appoggiano alla concezione napoleonica.
Le realtà politico e sociali di queste terre avevano poco in comune rispetto con le altre realtà dell’impero
inoltre queste regioni non hanno una tradizione legata ai principi e ai ceti, cosa indispensabile per
trasformarli in una regione o in un Land.
Non c’è nemmeno una tradizione reale di statalità autonoma come esisteva in Ungheria o in Ungheria.
Quindi erano regioni molto diversificate e per questo viene creato un regno ex novo basandosi su quello
che aveva fatto napoleone con il Regno d’Italia.
Lo stato amministrativo moderno nel lombardo-veneto esisteva già ed era funzionante da qualche anno
perché c’era stato napoleone quindi il tentativo sarebbe dovuto essere quello di trasformare le vecchie
tradizioni dell’Ancien Regime in una nuova situazione nell’ambito dello statao moderno e per questo scopo
gli austriaci decisero di servirsi del modello napoleonico.
Si voleva avere un territorio più moderno di altri rispetto alla Boemia o Ungheria.
Risulta chiaro che anche il sistema dell’impiego pubblico differisce molto dagli altri domini asburgici
soprattutto per la totale assenza dei poteri amministrativi e giudiziari in mano ai ceti e alle signorie
territoriali.
L’obiettivo primario di questo sistema istituzionale imperiale (che aveva caratteristiche di stato
giurisdizionale anche in seguito alle timide riforme di Maria Teresa e Giuseppe II) era quello di assicurare
equilibri sociali e culturali tradizionali e conservativi.
Non si può infatti innovare totalmente ma si deve avere delle caratteristiche simili al resto dell’Impero.
Infatti, soprattutto dal piano giudiziario si tende a garantire questi assetti tradizionali della società.
In Lombardia e in Veneto le problematiche sono affrontate e discusse da istituzioni collegiali perché so ha
paura del decisionismo individuale napoleonico e per questo nel lombardo-veneto non ci saranno mai i
prefetti di tipo napoleonico.
Quindi si deve bilanciare.
Si applica il “Sistema Metternich” all’implacabile uniformità dell’amministrazione napoleonica, viene
contrapposta l’unione di territori tenuti assieme da un vincolo di fedeltà: il sistema Metternich non
considerava un punto di debolezza il fatto di avere una varietà di elementi culturali all’interno dell’impero.
C’è un rapporto privilegiato tra il viceré Ranieri, chiamato ad amministrare i territori del lombardo-veneto,
e Metternich.
Questo rapporto è lombardo centrico perché ha Milano come punto di riferimento.
Fino al 1835, l’equilibrio è garantito da Francesco II, che non è mai d’accordo con Metternich infatti
sostiene che occorreva bilanciare le relazione con il Regno e perdere quindi la caratterizzazione lombardo-
centrica e di conseguenza conferire più visibilità a Venezia.
Finché Francesco è in vita c’è un buon rapporto tra la Lombardia e il Veneto ma Ranieri e Metternich
preferivano puntare solamente sulla Lombardia e non su Venezia.
Il problema nasce quando Francesco muore e gli succede Ferdinando però l’eredità politica di Francesco
dura oltre la sua morte ma si conclude con le rivolte del ’48.
Quindi si può affermare che tra il 1815 e il 1848 le province venete godono un periodo di relativa stabilità
istituzionale grazie ai buoni rapporti con l’imperatore Francesco.

Visione teleologica analizzare un periodo o un fenomeno di una certa epoca in base a quello che succede
dopo e può essere pericoloso poiché si può arrivare a soluzioni influenzate dagli avvenimenti politici che
succedono dopo.

TERZA GUERRA DI INDIPENDENZA


Avviene nel 1866, ma l’esercito italiano viene sconfitto per due volte dall’esercito asburgico: via terra a
Custoza e per mare a Lissa.
La Marina italiana viene sconfitta dalla marina austro-veneta

L’AMMINISTRAZIONE LOMBARDO-VENETA
Da un punto di vista istituzionale siamo in una realtà imperiale in cui ci sono tanti territori con tanti diritti
diversi. Però al vertice di questa struttura c’è il viceré Ranieri, fratello di francesco, che è assistito da dei
consiglieri vicereali.
La cancelleria vicereale si trova a Milano (verrà ampiamente distrutta del 1943 dai bombardamenti
americani).
Ranieri riferisce direttamente a Vienna tutto ciò che concerne le questioni del lombardo-veneto ma per
influenza di Francesco è costretto a spostare la capitale di sei mesi in sei mesi da Venezia a Milano.
In realtà Ranieri preferisce stare nella villa reale di Monza piuttosto che a Venezia.
Come afferma lo storico marino Barengo, Ranieri negli anni sviluppa un’attitudine a giudicare gli affari
amministrativi ed è molto attento agli equilibri amministrativi e personali anche nella scelta dei singoli
funzionari che devono amministrare delle realtà molto particolari.
Ad esempio, ha scelto un funzionario abile nelle lingue slave per amministrare i territori del Natisone in
Friuli.
È sempre Ranieri a contrastare la vecchia scelta di Napoleone nel concentrare tutte le opere d’arte nelle
gallerie di Venezia perché sa che un’opera d’arte tolta a delle comunità di campagna sarebbe un colpo per
la stessa e per i suoi equilibri.
Il suo punto debole è che è impreparato nell’amministrazione dell’Alta polizia (si occupa della sicurezza
dello stato) e sulle questioni militari.
Quindi è pessimo nei rapporti di Alta polizia e militari ma egregio negli aspetti amministrativi.

Dal punto di vista gerrarchico, sotto l’amministrazione di Ranieri c’è un governatore di Lombardia e uno per
il veneto.
Ovviamente non governano in modo napoleonico, quindi da soli, ma sono affiancati da un consiglio di
governo (organismo collegiale).
Il governatore, dopo il 1848, sarà chiamato con il nome di Luogotenente.
Tutti i governatori del veneto dal 1815 al 1848 saranno tutti di lingua tedesca ma non vuol dire che siano
austriaci ma parlano tedesco.
Ad esempio, un governatore si chiama Goss, un altro Inzaghi e l’ultimo ha origini ungheresi e si chiama Palfi.
Anche i giudici sono affiancati da un collegio.
Nel 1816, le province venete sono divise in 8 delegazioni: Venezia, Belluno, Padova, Rovigo, Treviso,
Verona, Vicenza e Udine.
A sua volta queste delegazioni sono suddivise in distretti, che sono 93 prima del ’48 e 78 dopo il ’48 perché
nel ’48 a causa delle ingerenti spese belliche, Vienna decide di tagliare le spese e quindi diminuisce il
numero di distretti.
Alla testa delle delegazioni c’è un delegato provinciale assistito anche lui da un consiglio di delegazione.
Se governasse autonomamente sarebbe come un prefetto napoleonico.
A capo di ogni distretto viene nominato un commissario distrettuale: in origine si chiama cancelliere del
censo ma nel ’19 viene chiamato commissario distrettuale.

LEZIONE 6 16/2
Il delegato provinciale era coadiuvato da un consiglio di delegazione composto da un vice delegato e altri
aggiunti, quindi in tutto cinque persone.
Invece nel consiglio di governo, che assiste il governatore, ci sono in tutto una decina di persone.
Cosa distingue il delegato provinciale dal vecchio prefetto napoleonico? Il delegato provinciale non è
dotato di autonomie decisionale e finanziarie, quindi non decide nulla in autonomia.
Al contrario dei governatori, i delegati possono essere anche di lingua italiana o tedesca ( i governatori solo
lingua tedesca).
Il delegato provinciale fa da tres d’union tra i ceti possidenti cittadini, quindi deve essere una figura per
forza sia di lingua tedesca che italiana e non deve essere mal visto dai ceti locali ma ciononostante deve
essere fedele a Vienna.

Al di sotto dei delegati ci sono i commissari distrettuali all’amministrazione dei 93 e poi 78 distretti.
Sono una figura importante perché agiscono alla base della struttura imperiale nel lombardo-veneto, infatti
sono a diretto contato con le comunità devono garantire l’effettiva esecuzione dei provvedimenti emanati
dalle autorità superiori.
Quindi sono funzionari in parti esecutivi.
Questo funzionario ha una triplice funzione:
-funzionario censuario (si occupa di censo e catasto)
-amministratore dei bilanci comunali
-funzionario esecutivo
All’inizio della restaurazione, quasi nessuno possiede queste triplici caratteristiche accomunate in una
persona sola.

La Polizia era costituita da due direzioni generali: quella della Lombardia e quella veneta.
La prime ha sede a Milano e la seconda a Venezia.
Ci sono i commissari superiori di Polizia a livello provinciale: la direzione generale di Milano e Venezia
dialoga con i commissari superiori di polizia, che sono dotati di più autonomia rispetto ai colleghi della
politica perché il commissario superiore non è totalmente dipendente dal delegato specie negli affari di Alta
Polizia.
L’alta polizia è la polizia che si occupa della sicurezza dello stato (ex inquisitori di stato di Venezia).
Un commissario superiore può interloquire direttamente con un’ apposita magistratura a Vienna, che si
chiama di dicastero centrale (dicastero deriva da diche, che in greco vuol dire giustizia visione
giurisdizionale dello stato). Non è un ministero perché il ministero è moderno.
Fino ad ora l’amministrazione e l’apparato politico è sempre scisso, infatti ci sono appositi funzionari e
magistrature per il Veneto e per la Lombardia ma questo dualismo si unifica nei distretti perché ivi la polizia
cessa di essere una struttura distinta da quella politico amministrativa.
Il punto di congiunzione e riferimento è il commissario distrettuale (anche per la polizia) perché questa
strutturazione è stata voluta fortemente dall’imperatore Francesco, così in questo modo i commissari erano più simili
alla figura di alti funzionari di altre province dell’Impero che avevano anche la funzione giudiziaria (diversamente dai
commissari del lombardo-veneto) chiamati giudici distrettuali.
Tutto questo perché siamo in una realtà giurisdizionale, quindi non esiste amministrazione separata dalla giustizia.
Quindi il Lombardo-veneto è una piccola eccezione ma francesco preferisce che il poliziotto sia anche
l’amministrazione, il commissario distrettuale.
Quindi era contro la separazione tra giustizia e amministrazione.
L’elemento giudiziario nella realtà è separato: nelle altre province dell’impero i giudici circolari hanno anche poteri
giudiziari mentre nel lombardo-veneto il commissario distrettuale non esercita funzioni giudiziarie perché ci sono i
pretori che sono figli di Napoleone.
Napoleone crea prima i giudici di pace, che si trasformano in pretori.
Quindi Francesco per quanto riguarda la polizia ottiene che ci sia un commissario distrettuale che si occupa anche di
polizia ma sul giudiziario deve cedere perché ci sono i pretori c’è questo dualismo perché si è deciso che il
lombardo-veneto deve basarsi sull’eredità napoleonica.

Il commissario distrettuale di Vienna è una figura caratteristica per il lombardo-veneto perché è un segno tangibile di
un avvicinamento diretto tra i sudditi, l’imperatore e lo stato che non c’era nelle altre terre dell’Impero perché lì c’era
la presenza delle signorie locali e rurali, che fingevano da area intermedia.
Nel lombardo-veneto c’era un signore dello stato e non un signore feudale.
La realtà lombardo-veneta richiama i vecchi tentativi riformatori tentati da Maria Teresa e da Giuseppe II.
È possibile adottare questo tipo di amministrazione perché ci si è bastai sul modello napoleonico.

Il commissario distrettuale ha una duplice natura: in parte napoleonica e in parte asburgica.


Questa duplice origine verrà rielaborata e sintetizzata.
I commissari, che sono i più vicini al popolo, sono tutti di lingua italiana salvo i commissari delle valli del Natisone in
Friuli, che parlano slavo.

I MILITARI NEL TERRITORIO VENETO


Il corpo degli ufficiali è straniero e vengono dalle altre province dell’impero (non per forza austriaci ma anche
ungheresi).
Anche i sott’ufficiali o i soldati di leva provengono dalle differenti province imperiali.
La leva obbligatoria è molto delicata nelle campagne, le cui famiglie si vedono provate della propria forza lavoro.
La leva obbligatoria, nell’impero dura otto anni.
La coscrizione sarà una modalità di assunzione di soldati molto delicata: per scegliere i nuovi cadetti di una comunità si
utilizza il sorteggio eseguito dal parroco e dal commissario distrettuale perché sono figure riconosciute come garanti
della comunità stessa.
Naturalmente avvengono brogli, che vengono puniti con delitti.
Le autorità asburgiche decisero di costituire una marina austro-veneta: gli Asburgo sanno che Venezia si bassava su
una tradizione marinara, che con Napoleone era sparita.
Quindi per avere dei legami positivi con Venezia, vogliono ricostituire la marina veneziana.
I marinai sono per lo più veneti fino al 1866.
Dopo il 1866, a questi marinai si costituiscono marinai che provengono più dal litorale, quindi dall’Istria e dalle isole
del Quarnaro perché ormai i veneziani non ci sono più.
Nella battaglia di Lissa del ’66 la marina sutro-veneta sconfigge quella sabaudail comandante della corazzata
austriaca, l’arciduca Ferdinando Massimiliano, fa affondare la corazzata sabauda, la Re d’Italia, e si rivolge al suo
timoniere di origini slovene esortando in questo modo: “daghe dosso che la ciapemo”.
Quindi viene usato un termine dialettale veneto.
Gli Asburgo vogliono tenere viva tra i veneziani l’attaccamento alla tradizione del mare, quindi si preoccupavano di
finanziare l’Arsenale, tuttavia questa decisione asburgica non sempre è stata ricompensata dai veneziani e un esempio
è la rivolta degli arsenalotti durante le proteste del ’48.

I contadini delle campagne venete accolgono calorosamente gli austriaci in quanto esausti e poco soddisfatti dalle
coscrizione obbligatoria attuata da napoleone.
La capacità di reclutare i parroci e inserirli nell’apparato amministrativo, cosa non voluta ed effettuata da Napoleone,
è una prerogativa tipica dell’antico regime.

Un aspetto caratteristico del lombardo-veneto rispetto alle altre realtà italiane e alle altre realtà all’interno dell’impero
è il funzionamento di funzioni più o meno rappresentative.
A Milano, come a Venezia, ci sono delle assemblee chiamate congregazioni centrali, che avrebbero dovuto farsi
portavoce dei sudditi delle varie province venete e lombarde.
In realtà il loro potere è molto basso perché hanno un ruolo consultivo e non detengono nessun potere decisionale.

De Gasperi, che è tirolese siede al Parlamento di Vienna a fine ‘800 e si fa portatore dell’autonomia tirolese.

È il delegato e i suoi aggiunti di delegazione che fanno la politica in queste delegazioni però ci sono delle congregazioni
provinciali, che dovevano portare al delegato le istanze dei sudditi della provincia.

Al terzo livello ci sono i comuni.


I comuni nascono perché così gli Asburgo possono fare riferimento ad un loro presidente.
Maria Teresa aveva creato i comuni nel 1755 in Lombardia e questo modello comunale lombardo è stato proposto
anche per il Veneto successivamente.
I comuni sono divisi in tre classi:
-prima classe Milano, Venezia e i capoluoghi di delegazione e le città regie (non hanno sedi di delegazione ma sono
importanti, ad esempio Bassano D.G.).
Il comune di prima classe ha un consiglio e una giunta chiamata congregazione municipale con funzione esecutive.
La congregazione è presieduta dal podestà nominato dal sovrano.
Solitamente i podestà erano appartenenti alla vecchia classe patrizia veneziana.
Il podestà è affiancato da assessori.
In questi consigli con funzioni deliberative non siedono tutti i cittadini perché c’è un criterio discriminante infatti è un
criterio legato alla contribuzione fondiaria, quindi in primo luogo è importante essere dei proprietari terrieri però c’è
una quota riservata agli esponenti della proto-industria veneta.
Quindi i posti per partecipare al consiglio sono occupati per 2/3 da proprietari terrieri e per 1/3 da commercianti o
industriali.
Gli Asburgo non rinnovano nulla e usano il metodo del censo, che fu già impiegato in passato.
È con i notabilati che la dinastia deve trattare e non con i contadini, ad esempio ci sono delle eccezioni come in Tirolo,
dove è presente la Lega dei Contadini (BauerPunt) e hanno un ruolo politico perché pesano.

-seconda classe ci sono comuni che hanno oltre trecento censiti, cioè persone economicamente rilevanti.
Non sono capoluoghi di delegazioni, né capitali, né città regie.
Essi hanno un consiglio, come i comuni di prima classe, ma la giunta non si chiama congregazione municipale con
podestà e assessori, si chiama deputazione comunale.

-terza classe comuni cosiddetti minori, che hanno come consiglio comunale chiamato convocato e riunisce tutti gli
abitanti di quel comune che hanno un reddito minimo.
Il reddito minimo è molto più basso rispetto ai comuni di seconda e prima classe.
Anche questi, come quelli di seconda classe hanno un organo esecutivo che si chiama deputazione.

Se nelle province venete i comuni con un consiglio ammontavano nel 1816 a 69, nei decenni successivi c’è una vera e
propria trasmigrazione guidata dal governo dal sistema convocato.
Nel 1819, si stabilisce che è obbligatorio per i comuni che hanno sopra i 300 contribuenti dotarsi di un consiglio.
Quindi si smette con i convocati perché nel 1835 si decide che il governo potesse decretare d’ufficio il cambiamento
da convocato a consiglio per ragioni di ordine pubblico.
Gli Asburgo in realtà hanno in mente un progetto molto preciso che concluderanno solo nel 1839 e prevedeva di non
avere questi comuni in cui sono riuniti tutti gli abitanti con censo.
Nel 1839 viene emanata la cosiddetta la sovrana patente (legge sovrana) che prescrive la vendita dei beni comunali
incolti destinati ad usi collettivi, come pascoli, prati o boschi con lo scopo di fare cassa.
Se un comune con convocato decide di mettere a voto la vendita di terreni adibiti ad uso collettivo succede un caos:
l’obiettivo è quello di trasformare i numerosi convocati in consigli perché (con il comune a convocato) i beni collettivi
sarebbero venduti ai maggiori possidenti mentre con la nuova politica Asburgo si farebbero entrare molti più soldi
nelle mani dello stato.
Se ci sono tanti piccoli proprietari, non vogliono vendere un pascolo o un bosco perché serve a tutti ma il governo nel
1835 impone di trasformare il comune a convocato in comune di seconda classe (perché un conto è votare in 300 e
un conto è votare in 10).

Lezione 7 21/2
Trasformazione d’ufficio del comune da CONVOCATO a CONSIGLIO per una questione di ordine pubblico strettamente
legata alla vendita dei terreni demaniali utilizzabili da tutti in articolare per pascolo. Il progetto chiamato SOVRANA
PATENTE - inizia nel 1839 e troverà piena attuazione nel corso degli anni successivi e terminerà nel 1846.
L’obiettivo era la necessità di fare cassa (forma di imposte indirette), il comune vendeva tali lotti di terreno a soggetti
che avevano disponibilità economica per acquistarli e generalmente erano soggetti abbienti e già proprietari di
terreni. Nel caso in cui il comune fosse rimasto “CONVOCATO” la partecipazione di tutti i sudditi del comune avrebbe
sicuramente generato disordini ed ostruzionismi e rese difficili le vendite.
A queste assemblee partecipava anche il Commissario Cetuale.
Per le comunità fu un contraccolpo e piccoli proprietari si opposero alla vendita dei terreni di pubblica utilità ai già
potenti proprietari terrieri; questi sentimenti di avversità alle decisioni reali, si ritiene, possano aver contribuito ai
movimenti del 1848 seppure essi si concentrarono più sulle città rispetto alle campagne.

ORGANIZZAZIONE GIUDIZIARIA DELLE PROVINCE VENETE


Nella società vi sono diverse tipologie di crimine: contro la morale, contro l’ordine pubblico, contro la persona ecc..
Se di per sé il crimine è mutevole, la giustizia penale è ugualmente variabile e risponde alla epoca e cultura.
La giustizia penale concentra la gestione della giustizia sottraendola al singolo.
Rif. “Il sistema giuridico nella prospettiva delle scienze sociali” di Friedman Lawrence - rapporto tra legge e società.
La giustizia penale è uno specifico tipo di risposta al crimine, che accentra nello stato e socializza la funzione punitiva
sottraendola al singolo (no giustizia da sé).
La giustizia penale in tutto il lombardo-veneto aveva assunto le caratteristiche di una tortura giudiziaria più che
esecutiva (diversamente dal clima napoleonico): in questa realtà si offriva la possibilità di appello alle numerose
istanze superiori collegiali, quindi anche un qualsiasi suddito nei confronti di un funzionario di qualsiasi ordine e grado.
È una modalità di amministrazione simile a quella giudiziaria.
Esplicativo è la questione della Carnia: i comuni non volevano un accentramento della Carnia con capitale Tolmezzo
quindi i comuni presentano una supplica al viceré Ranieri, il quale la invia a Vienna, infine Vienna la accoglie e lascia la
Carnia divisa in tanti comuni.
Il modello stabilito dallo stato asburgico è diverso da quello napoleonico basato su un forte centralismo di governo e
su una pubblica amministrazione dove i funzionari godevano di ampia discrezionalità e responsabilità personale come
i prefetti.
Invece la macchina statale austriaca è caratterizzata da un ossessionante formalizzazione delle procedure per cui
affidava le pratiche ad organi collegiali collocati a diversi livelli ed assomigliò fino al 1848 ad un apparato di giustizia
che ad un’amministrazione vera e propria.
In proposito a ciò Meritti dice: “se Napoleone aveva reso esecutiva anche la giustizia, invece il governo austriaco rese
giudiziaria anche l’amministrazione esecutiva”
Ovviamente queste premesse sottolineano ancora una volta la natura giurisdizionale dell’impero.
Se l’impero è giurisdizionale, l’esercizio della giustizia penale risulta ancora più importante perché è attraverso
l’esercizio della giustizia penale che si attua la politica.
LA STRUTTURA DEL SISTEMA GIUDIZIARIO AUSTRIACO NEL LOMBARDO-VENETO
Nel regno fu ultimata questa organizzazione nel 1818 ma è a pieno regime solo nel 1832 perché in quel momento
entrano in funzione le preture di origine napoleonica.

Chi si occupa dei delitti (crimine era un termine napoleonico)?


In prima istanza se ne occupa il tribunale provinciale, che ha sede nel capoluogo di ciascuna provincia.
I tribunali provinciali sono otto e facilmente identificabili in alcune città come a Treviso, che si trova di fronte al
Duomo.
La seconda istanza è svolta dai tribunali generali d’appello, che hanno sede a Milano e a Venezia.
Essi si occupano di diramare provvedimenti.
Essi organizzano la giustizia in modo amministrativo.
La terza istanza è costituita da una sezione del Supremo Tribunale di Giustizia di Vienna che dal 1816 al 1851 è
decentrato a Verona.
Dal ’51 si riporta tutto a Vienna per via del neo-assolutismo.
Questo supremo tribunale di giustizia è chiamato Senato lombardo-veneto con sede a Verona nel palazzo dei Capitani.
Poi verso al fine verrà spostato a Palazzo Carli (oggi Palazzo Basilea).
Perché proprio Verona? Perché è equidistante tra Venezia e Milano; ed inoltre era una città geograficamente
strategica in caso di fuga verso Vienna.
Questo Senato non è una corte di cassazione (la corte di cassazione è di origine napoleonica e decide se una sentenza
di secondo grado va bene o meno, quindi se la corte di cassazione cassa una sentenza, il processo va rifatto in appello)
perché ricomincia un processo come un tribunale ma si tratta di una vera e propria magistratura di terzo grado.
Poi ci sarebbe un quarto grado rappresentato dalla Grazia, che può essere conferito dal sovrano che ha l’abilità di
commutare una pena di morte (oggi la grazia viene concessa solo dal presidente della repubblica su proposta del
Ministro di Giustizia).
Quindi Francesco Giuseppe deve esaminare dei casi giudiziari e vedere se conferire o meno la grazia.
Se l’accoglie favorevolmente, il senato deve commutare la pena capitale in pena detentiva m se non l’accoglie si
condanna a morte.

I tribunali provinciali di primi grado erano aiutati dalle preture a livello locale, che sono attive sono dal 1832.
Il giudice con una decisione può causare tensioni terribili all’interno della società.
Dalla popolazione, questo sistema diviso in gradi (3+1) era percepito come inefficiente.
Silvio Pellico finisce in una fortezza austriaca dello Spielberg in Slovacchia, vi finisce perché confessa, dice il trentino
Salvotti.
Fu impiegata una tecnica di interrogatorio tale da farlo esaurire ma non lo torturano.
Il Codice penale austriaco prevede che un reo possa rimanere sulla negativa, quindi vuol dire che può decidere di
negare (diverso dal non dire nulla) ma Pellico non ha scelto la strada di negare le sue azioni ma ha confessato.

Nel contesto austriaco sul processo penale non è previsto l’avvocato ed è il giudice che si occupa sia di accusa che
difesa.
Questi giudici sono controllati dal viceré su un controllo gerarchico e non hanno autonomia decisionale totale e che
siano sottoposti a controlli delimita le loro prerogative.
Così, in questo modo, non si rischia di avere sentenze che scombussolano la società e creano disordini sociali (di base
c’è la paura matta di cambiare da parte degli Asburgo).
(ai giorni nostri, il giudice può decidere se condannare o meno anche senza prove schiaccianti perché è convinto della
colpevolezza) questo modus operandi si evita nel mondo asburgico perché la giustizia deve stare attenta a non
rompere gli assetti nella società ma non vuol dire non condannare ma condannare il giusto.

IL CODICE
Dal punto di vista normativo, nel lombardo veneto vigeva il Codice civile austriaco varato nel 1812, che conteneva
norme e decisioni di carattere generali e disposizioni puntuali riguardanti i rapporti di istituti giuridici.
Quindi enuncia dei principi molto generali e non si concentra sulla singola istanza.
Il processo civile si basava su tre istanze: era un processo orale nelle preture a richiesta delle parti anche nei tribunali
provinciali. Negli altri casi era scritto e non pubblico con l’assistenza di un avvocato limitata alla prima istanza di primo
grado.
Alla seconda e terza istanza nel processo civile era solo scritto e senza la possibilità di aggiungere nuovi atti.

Il codice penale si chiama Codice dei delitti e delle Gravi Trasgressioni Politiche o di Polizia è anche detto Codice
Penale Universale austriaco.
Universale perché all’interno dello stato codice si ah sia la parte sostanziale che quella procedurale mentre
attualmente esiste il Codice penale e di procedura penale, quindi come si svolge il processo.
Al tempo era unico.
Esso entra in vigore nel 1815 nel Veneto ma era già in uso in Lombardia dal 1803.

L’Imperial-regio in tedesco si dice Konig und Kaiserlitz.

Lezione 8 22/2
I CODICI PENALI AUSTRAICI
-nel 1768 c’è stata la Teresiana
-nel 1786 c’è stata la Giuseppina
-1803 c’è stata la Francescana di Francesco I

Nel 1810 viene emanato il “code Napoleon” in confronto, quello austriaco sembra quasi annunciare un trattato
scientifico poiché è attento a descrivere le caratteristiche intrinseche del crimine, mirando a determinare gli elementi
che costituiscono o lo modificano stabilendo con cura i requisiti che devono far constare la colpevolezza, dando
grande rilievo alla soggettività.
Quindi per questo codice è importante la Gravità d’Intenzione: intenzione o malizia di un reo di compiere un delitto a
cui doveva, però, seguire una successiva azione.
Alcuni criteri qualitativi erano:
- la valenza del reato rispetto all’oggetto, alla persona e alle circostanze
-la pericolosità
-gravità del delitto
Tutte queste permettevano di distinguere le azioni criminose in delitti e in gravi trasgressioni di polizia, di cui ci si
occupava rispettivamente nella prima e nella seconda parte del codice.
Nella seconda parte c’è un giudice politico.
I pretori, delegazioni e dicastero aulico di polizia sono tutti elementi politici che si occupano di elementi giudiziari.

Il codice, oltre alle norme sostanziali, contiene le norme procedurali, che sono norme particolarmente minute e
analitiche per quanto riguarda l’assunzione e la contestazione delle prove e ciò sottolinea l’importanza che si dava agli
strumenti di garanzia dell’imputato.
Il magistrato inquirente era come il pubblico ministero attuale o pm.
Il processo penale austriaco era un processo segreto, non pubblico, scritto e non ammetteva la difesa; è definito
inquisitorio.

La distinzione tra delitti e gravi trasgressioni di polizia è una distinzione che risale a prima di Montesquieu e di Beccaria
(‘700), infatti risale al ‘600 deriva dal giusnaturalismo di Thomasius e Wolf, che dividono i delitti (che si chiamano
mala in sé) e le gravi trasgressioni di polizia (mala quia prohibita), che sono infrazioni della norma.
Compiere una trasgressione è ben diverso da compiere un mala in sé, che è un omicidio.
I giudici austriaci sono molto controllati perché siccome sono dotati di grande potere, l’impero vuole garantirsi una
stabilità, quindi si ha la necessità che una persona che riveste un ruolo così delicato, sia monitorata costantemente.

I MARGINI DI DISCRIZIONALITA’ DEL GIUDICE


Ci sono due elementi, i quali limitano la libertà di azione del giudice inquirente.
La prima modalità per perimetrare il suo raggio d’azione è l’adozione di un sistema di prove, che è detto Sistema di
prove legali negative.
Questa teoria in tedesco si dice Negativen Beweisreglen.
Napoleone porta il principio del libero coinvolgimento del giudice ma gli austriaci non sono d’accordo infatti il primo
modo per bloccare la discrezionalità di un magistrato è alterare il sistema napoleonico.
Perché si dice che agisce a favore dell’imputato? Perché se un giudice non è convinto della colpevolezza può non
condannare l’imputato e se non ci sono prove ma il giudice è convinto della colpevolezza, il giudice non può
condannare.
Solitamente le prove regali positive rendono obbligatoria la condanna senza alcun convincimento da parte del giudice
ma le prove regali negative consentono la condanna solo se il giudice è convinto e se non ci sono prove sufficienti è
prevista l’assoluzione dell’imputato.
Quindi con le negative, il giudice agisce a favore dell’imputato.
Paolo Rondini, uno storico del diritto milanese, dice che gli austriaci sono convinti che ad un sistema di prove legali
positive pre-rivoluzione non si può tornare perché Napoleone ha introdotto il libero coinvolgimento che può
condannare anche senza prove e non è corretto.

l’adozione delle prove regali negative non costituisce una funzione di ripiego, o un tentativo dei nostalgici dell’ancien
regime di preservare il vecchio sistema dele prove legali ma è frutto di una decisione meditata tra gli organi legislativi
e la monarchia viennese, che voleva superare il principio del libero convincimento da parte del giudice (che napoleone
aveva introdotto).
Quindi si adotta una condizione di mezzo.

Con le prove legali negative, il libero convincimento agisce solo in favore dell’imputato: l’obiettivo di questo sistema è
uno dei due stratagemmi che Vienna adotta per limitare il libero arbitrio dei giudici perché un libero convincimento
portato all’eccesso stravolge la società e i suoi assetti.

Con le prove negative, il libero convincimento agisce solo in favore dell’imputato perché il giudice può non
condannarlo (e non in favore del giudice); in questo modo si evita che la decisione del giudice sconquassi la società.

Il secondo elemento, che blocca la discrezionalità del giudice, sono i controlli gerarchici, che sovrastano e influenzano
le azioni dei magistrati, quindi equilibrano la discrezionalità del giudice e il loro stesso operato.
Si predisponevano delle garanzie procedurali nei confronti dell’imputato.
Con napoleone, vigeva il principio che quello che diceva un giudice fosse giusto ma l’imperatore Francesco non
approva questa teoria e cerca di limitare l’azione di giudici.
L’obiettivo non è proteggere l’imputato ma è quello di conservare gli effetti tradizionali della società e salvare gli
equilibri.
La decisione del giudice è esaminata dall’appello e dal senato, quindi sta ben attento dal fare errori.
Questi strumenti erano necessari perché il processo penale austriaco ea inquisitorio e non ammetteva la presenza
dell’avvocato; gli austriaci capiscono che il processo penale è uno strumento molto incisivo in mano ai giudici e quindi
bisogna controllarli.
I giudici sono una categoria da controllare perché sono funzionari a vita, non esenti da sanzionabilità ma esercitavano
il loro potere a vita.
Inoltre, l’avvocato nei processi penali non serviva perché era lo stesso giudice a cogliere gli elementi per accusa e per
la difesa.

Il processo inquisitorio scritto, puro, segreto e senza la presenza dell’avvocato si rafforza nel contesto europeo dal XVI
sec. perché c’è la necessità per gli stati di controllarli i sudditi e il territorio dal centro.
Ma le consuetudini e il sistema della vendetta sono ancora in voga ed esiste il bando.
Perché un processo è segreto? Perché non si sa chi testimoniava contro l’imputato.

IL PROCESSO PENALE AUSTRIACO


C’è il processo penale ordinario e militare.
Si articola in tre fasi distinte.
Covolo e Cozzi hanno studiato i processi penali austriaci e hanno dato un ordine allo svolgimento del processo penale.
1.FASE INVESTIGAZIONE o INQUISIZIONE GENERALE e PRELIMINARE
2.FASE INQUISIZIONE SPECIALE
3.FASEDELIBERAZIONE DELLA SENTENZA

Di volta in volta si scelgono dei magistrati del tribunale provinciale di competenza e tra questi magistrali viene scelto il
giudice relatore, che sintetizza gli atti costituenti, quindi raccoglie tutti gli elementi di accusa e di difesa dell’imputato.
Poi il giudice relatore estende un rapporto.
La relazione del giudice relatore si chiama referato.
Al termine della prima fase del processo, il giudice relatore stende il referato, una relazione scritta, che legge al
collegio giudicante dei giudici.
Il referato raccoglie l’opinione del giudice relatore sul fatto esaminato e sull’esistenza di indizi sufficienti alla
continuazione del processo.
(la prova si forma nel dibattimento del processo ma l’indizio avviene prima)
In totale ci sono almeno tre giudici, un giudice relatore, due assessori giurati, che attestano che tutto sia avvenuto
nella maniera legale e un cancelliere.
Il collegio poi si pronuncia sulla decisione del giudice relatore; quindi i giudici di collegio decidono se continuare o
meno il processo.
Se si decide di non proseguire il processo si parla di conchiuso di desistenza (è diverso da assoluzione di condanna o
archiviazione).

Se si decide di andare avanti con il processo si entra allora nella seconda fase ed il giudice relatore è lo stesso della
prima fase e scrive un altro referato di finale inquisizione e la legge, anch’essa, davanti al collegio.
In questo referato di finale inquisizione propone o:
-la pena
-l’assoluzione dell’imputato
-la sospensione del processo per difetto di prove legali (si vede la limitazione dell’arbitrarietà del giudice)  non si
tratta di assoluzione dell’imputato per assenza di prove ma si tratta di una sospensione, che potrà essere riaperto in
un futuro
È sempre il collegio giudicante a scegliere quale di queste tre opzioni del referato di inquisizione scegliere.

La sentenza emessa va trasmessa d’ufficio ai tribunali superiori e in caso di pena capitale, il senato si rivolgeva
addirittura al sovrano.

Il processo va in appello in automatico o per la gravità del delitto o per una particolare specie di truffa nell’appello o
per la qualità della prova che può essere poco legale.
Altri paragrafi del codice prevedono che si va in automatico al senato: gravità del delitto, gravità della pena, differenza
dalle precedenti sentenze.
I casi in cui il processo va in appello dal primo al secondo grado: al par. 483 si evince che se il soggetto dell’inquisizione
è stato uno dei seguenti delitti i.e. alto tradimento, sollevazioni, ribellioni, pubblica violenza, abuso della podestà
d’ufficio, falsificazione di monete, perturbazione della religione, omicidio, uccisione, duello, rapina, appiccato
incendio, quella qualunque sentenza che fu proferita dal primo grado deve sempre, prima della pubblicazione, essere
portata alla condizione del superiore giudizio criminale dell’ appello, sia che si tratti di un delitto consumato, sia
tentato.
-Il par. 434 si concentra sulla truffa, se essa presenta date caratteristiche, va in appello: ad es. quando la condanna è
appoggiata al legale convincimento di un reo negativo (i.e. colui che continua a negare), quando la pena oltrepassa la
durata dei 5 anni (quindi una pena lunga), quando alla pena legale è aggiunto inasprimento del bando o
l’esacerbazione con colpi di bastone o di verghe.
Quando si passa dall’appello al senato?
-Par. 442: i delitti di alto tradimento, abuso della potestà d’ufficio, falsificazione di carte di pubblico credito.
Il senato viene denominato nella norma “supremo tribunale di giustizia”.
-Par. 443: davanti al senato ancora vanno i casi in cui vengono imposti la pena di morte o il carcere a vita, quando la
pena stabilita in appello eccede di 5 anni rispetto a quella del primo grado, quando il giudizio criminale giudica la
dimissione dell’imputato, quando l’appello reputa degno il delinquente di una mitigazione di pena, che eccede i limiti
delle facoltà ad essa attribuite.
-Par. 444: nei casi in cui secondo legge è da imporsi la pena di morte, il supremo tribunale di giustizia (i.e. il senato)
deve rassegnare la sua sentenza con tutti gli atti e con i motivi che militassero a favore del reo al sovrano, che ha il
diritto di far grazia.

Lezione 9 23/2

CASO 1: GRAVITA’ DEL DELITTO


CASO 2: FATTISPECIE DI PAERTICOLARI TRUFFA
CASO 3: QUALITA’ DELLA PROVA
CASO 4: RIGORE DELLA PENA

Quando si va in automatico al Senato? Gravità della pena, gravità del delitto, differenza dalle precedenti sentenze e
mitigazione di una condanna paragrafi 442, 443, 444 del codice del 1803

CONTROLLO SOCIALE
Attraverso questo sistema giudiziario e attraverso uno strumento penetrante come il processo inquisitorio puro nelle
province veneto della restaurazione sembra che da parte delle autorità giudiziarie asburgiche fosse attivo sulle
comunità una forma di controllo sociale, grazie anche lo strumento codicistico.
Il controllo sociale è un concetto originario dei primi del ‘900 dal sociologo statunitense Ross ed è stato poi
approfondito da Donald Black, Horwitz, e Mark Coney.
Il controllo sociale può essere formale, cioè che deriva dalle istituzioni, e informale, rappresentato dall’autotutela a
livello di comunità.
Coney ha teorizzato che quando emerge un conflitto non è scontato che la cosiddetta terza parte, chiamata a
risolverlo, sia esclusivamente rappresentata dai giudici, che secondo Coney, risulterebbero più autorevoli se
appartenenti ad uno stato sociale superiore da quello dei contenenti perché un mediatore dello stesso livello dei
litiganti troverebbero difficoltà simili ad operare.
Quindi è meglio che la terza parte sia
Ad esempio, molti contadini veneti a processo si aprono di più con il cancelliere che con il giudice perché il cancelliere
ha un’estrazione sociale più simile a quella dei contadini che non rispetto al giudice.
Lo stato ha la giurisdizione su un territorio più vasto e i mezzi necessari per ridurre alla ragione con più facilità gruppi
seppur minoritari intrattabili e violenti costantemente ostili e minacciosi con i loro vicini.
Tra ‘500 e ‘600 lo stato veneziano si serve di banditi per affermare la sua autorità.
Questa modalità di giustizia formale può causare proteste e per questo una gestione da parte di una giustizia più
informale può causare accese proteste.
Per giudicare i crimini, è stata creata una Missione di conciliazione di verità e giustizia e viveva di cooperazione e di
consenso e non era formale come un tribunale.

Tuttavia non vuol dire che non siano sopravvissute realtà di controllo informale: ci sono realtà comunitarie in cui
esistono diversi livelli e non solo quello statale.
La funzione di controllo sociale funziona a prescindere dal periodo determinato e dal sistema politico: in età
contemporanea con i regimi totalitari.

L’impero asburgico si tiene fuori dalle comunità perché è l’importante l’equilibrio delle comunità; interviene
solamente in questioni pressanti.
Conta solo l’armonia sociale asburgica che è sinonimo di lealtà alla corona e alla dinastia e coincideva con la sicurezza
e la stabilità del sistema statuale: per gli Asburgo contavano questi rapporti tra sovrano i vari territori per creare
un’armonia.
Il perseguimento di una correttezza etica e morale era un principio cardine giuseppino sui cui rotava anche
formulazione di dettami legislativi perché è un principio funzionale alla stabilità del sistema monarca-stato, e
nonostante le riforme il controllo è influenzato dall’antica concezione di rapporti di fiducia personale tra i corpi sociali
e la dinastia.
Il controllo sociale significa garantire la stabilità (non per forza all’interno della comunità se non necessario) perché si
deve garantire la stabilità del sistema e dei diversi corpi con la dinastia.
Ecco perché il giudice è limitato dai poteri gerarchici perché altrimenti sconquasserebbe gli equilibri.
Le tradizioni sono consuetudini che hanno legittimità giuridica.

Perché i magistrati sono tenuti sotto controllo?


Perché può essere che abbia degli interessi allora bisogna controllarlo.

I funzionari più vicini al controllo sociale sono i commissari distrettuali, che sono a contatto con le comunità e sono alla
base della struttura di governo.
Loro devono o controllare il territorio ma anche mediare nei conflitti presenti nel territorio.
Quindi il commissario aiuta la giustizia penale ma si scontra con altri funzionari, come i pretori o le autorità comunali.
Ecco perché risulta fondamentale lo spoglio nei processi penali perché solo grazie ad essi si riesce a scavare negli
aspetti di questi commissari.
Un commissario può arrestare, perquisire, raccogliere informazioni e ha una fama piuttosto rispettata, si serve dei
confidenti come, i parroci in campagna, o le osti e le prostitute in città.

È importante non rompere i vari assetti sociali tra dinastia e comunità perché è proprio su questi assetti che si basa
l’impero.
L’obiettivo primario è la stabilità.

Il codice del 1803 viene revisionata e nel 1833 viene introdotta la Sovrana patente, che dovrebbe innovarlo e con la
Sovrana Patente i giudici avrebbero più potere su condannare ma gli effetti non furono quelli sperati dai giudici.

La difficoltà del commissario è essere efficace sul territorio ma anche essere regale al tempo stesso.

Francesco Giuseppe da più potere ai militari nel ’48 e sedano le proteste.


Infatti Radetzky dal quadrilatero (Verona) viene a sedare la protesta nella Terraferma veneta e anche militari austriaci
da Udine vi sopraggiungono, aiutando Radetzky a sedare la rivolta.

È difficile garantire la stabilità all’interno dell’impero perché ha territori molto diversificati che vanno da Milano, al
Tirolo fino a Leopoli in Ucraina.

IL FASCICOLO PROCESSUALE
Il codice si produce in una descrizione minuziosa con il fascicolo, o meglio dei diversi protocolli (verbali degli
interrogatori), che uniti ad altre documentazioni costituiscono il fascicolo.
Gli Asburgo ritengono che le carte negli anni possono tornale utili e preferiscono tenerle ( a differenza di napoleone
che bricia le carte degli archivi).
Grazie all’archivista di allora, Jacopo Chiodo, nominato dagli Asburgo, le carte dell’Archivio di Venezia vengono salvate.
Chiodo rivolge una supplica a Francesco per chiedere di radunare tutte le carte della Repubblica.
Molti dei fascicoli processuali austriaci sono i cosiddetti “atti restituiti dall’Austria”, che vengono restituiti all’Italia
dopo la sconfitta dell’Austria nella Grande Guerra.

C’è il mito della giurisdizione asburgica che è tanto efficiente quanto lenta: due aspetti della stessa medaglia.

All’interno del fascicolo ci sono i protocolli e il primo protocollo che si trova quando si apre un fascicolo è il “protocollo
del legale riconoscimento del fatto”: serve una documentazione che attesti che un indizio è stato commesso.
Dopo questo protocollo, scatta la cooperazione tra il tribunale e le preture nel territorio siamo nella prima fase
preliminare del processo e bisogna raccogliere più elementi possibili.

Una volta che si ha a disposizione dell’imputato si procede con l’interrogatorio (costituto), che può essere svolto in
due modi:
-costituto sommario primo interrogatorio che l’imputato subisce (prima di questo c’è il costituto sommarissimo che
avvien nel momento dell’arresto dell’imputato da parte del commissario distrettuale in quanto poliziotto a livello
locale).
Il codice sul costituto sommario dice che l’interrogatorio deve redigersi un protocollo su verbale scritto di fronte ad un
cancelliere giurato e a due uomini degni di fede ed imparziali (detti assessori e sono membri della comunità).

Lezione 10 28/2
Almeno una volta al mese si ispezionano le carceri: è il numero di protocollo del carcere a fare da legame con il “libro
giornale”, cioè il giudizio criminale e viene riportato cosa succede ogni giorno durante il processo.
In questo libro giornale si conservano tutte le lettere di requisizione, cioè lettere che sostanzialmente passano dal
tribunale, che fa richieste, e vengono spedite al tribunale per rispondere a queste richieste.
La parola lettere di requisizione deriva dal latino “require”, ricevere.

-costituto ordinario anche su di esso si estende un verbale, protocollo.


Il superamento di una giustizia che porta un controllo dello stato avviene esattamente con io costituto ordinario,
riconosciuto anche come costituto opposizionale, de pleno o stretto.
Con questo tipo di costituto viene tolto spazio alle parti.
Nello stesso Codice penale, c’è scritto che il costituto ordinario deve essere scritto in un foglio piegato in due colonne
(una per le domande e l’altra per le risposte).
Secondo il protocollo vengono annotate anche cambiamenti di stati d’animo da parte dell’accusato.
In aggiunta, nel protocollo si riportano osservazioni sulla condizione fisica del carcerato e anche sulla condizione
d’animo perché queste informazioni possono risultare determinanti per una successiva sentenza e/o tortura.
Infine, il protocollo viene legato con due spaghi tenuti assieme dalla cera latta.

LA TORTURA
Con la Giuseppina, essendo di stampo illuminista, la tortura fu abolita ma con l’imperatore Francesco viene
reintrodotta in tre casi specifici:

- paragrafo 363, che era stato abolito dalla Giuseppina dice: se la riposta è data con alterazione di mente o simulata si
minaccia la tortura.

-paragrafo 364: se l’ostinazione di un carcerato di non rispondere è forte allora viene sottoposto a tortura
Non viene punito il reo negativo ma il reo che non collabora.

-paragrafo 365: se l’interrogato usa modi indecenti ed offensivi e usa testimonianze false con lo scopo di depistare le
indagini o indurre in errore il tribunale

In tutti e tre i casi le modalità di azione della tortura sono le medesime.


La tortura ha diversi gradi: per prima il reo viene messo a mangiare pane a acqua per tre giorni consecutivi.
Poi si passa ai colpi di bastone ogni tre giorni partendo da un numero di 10 colpi e crescendo di 5 colpi ogni volta fino
ad arrivare ad un massimo di 30 colpi.
Se l’imputato non parla, si indica il caso al tribunale superiore infatti il tribunale provinciale attende che l’appello
risponda.

la tortura è comunque regolamentata da un medico che studia lo sttao fisico della persona per vedere se è in grado di
reggere una tortura.

I TIPI DI CARCERE
-carcere normale
-carcere duro
-carcere durissimo

La differenza è l’alimentazione e i ferri cioè come e se è legato alle mani e ai piedi.


Nel normale non si è legati, al duro si è legati solo ai piedi e al durissimo ai piedi e alle mani.
Nei confronti delle donne o dei minori non si applicano le bastonate.

-paragrafo 377: se i parenti degli imputati non vogliono fare testimonianza dipende dal loro arbitrio ma non possono
commettere l’alto tradimento.

L’incidente probatorio è il confronto imputato e testimoni e va portato nel protocollo del costituto ordinario.

Successivamente il giudice relatore legge la propria proposta di sentenza, detta voto (siamo in inquisizione speciale
non preliminare), quindi si decide di condannarlo o assolverlo o sospendere il processo per difetti di prove legali.
La proposta di sentenza è preparata per iscritto nel referato.
Poi in aula si discute circa la proposta del giudice relatore per annunciare se si è favorevoli o meno.
Il codice prevede che la sentenza passi all’appello, dove arriva il libro giornale con tutti gli atti del protocollo della
sentenza.
E così sarà anche per il Senato e poi nel caso anche per l’imperatore.
Non arriva mai un estratto ma arrivano tutte le carte.
Alla fine del processo tutte le carte arrivano al tribunale provinciale da cui è partito.
Nessuna carta viene scorporata da questo fascicolo ad un’eccezione: se un imputato che è strato assolto, può chiedere
una copia dell’assoluzione.

Il fascicolo originale è blindato perché ivi vengono annotate tutte le fasi del processo: il fascicolo viene aperto solo se
ci sono nuove circostanze o elementi.
Il fascicolo può uscire dal tribunale se una vittima chiede un risarcimento: se il tribunale non è riuscito a stabilire a
quanto ammonta il danno il caso viene analizzato da una parte civile per poi ritornare nel tribunale provinciale.

PROTOCOLLO DEGLI ESIBITI


Rappresenta tutti gli atti processuali che sono stati raccolti.
Nessuno ha accesso alla visione degli atti se non in casi previsti dal codice.
Il tribunale d’appello va al tribunale provinciale per controllare e vedere se tutto è in ordine.

Come sostiene un grande storico veneziano, Gaetano Cozzi, per conoscere una società bisogna conoscere anche il suo
diritto, che è uno strumento di vita e di risoluzione dei problemi di una società.

Alcuni fascicoli austriaci hanno una doppia numerazione perché hanno una numerazione romana per le preture
mentre il tribunale usa la numerazione normale, quindi è doppia perché le carte provengono da realtà diverse.
Nella prima fase di indagini, svolta dalle preture locali, il giudice chiede alle preture con le lettere requisitorie i reati.

Molto importanti sono i protocolli di consiglio, conservati nei tribunali provinciali.


I protocolli di consiglio raccolgono i dibattiti e le discussioni del giudice.
Nella sentenza c’è un estratto/riassunto di questa discussione ma per avere la discussione intere si deve andare a
vedere i protocolli di consiglio.
I protocolli di consiglio vengono protetti da un sigillo.
Il fascicolo deve consentire anche a distanza di decenni anche il più piccolo dettaglio della sentenza giudiziaria di un
cado avvenuto in un qualsiasi angolo dell’impero.
Per verificare l’esistenza e la veridicità delle prove legali serve un fascicolo per provarne appunto l’autenticità della
documentazione.
Ecco perché il fascicolo è una sorta di caposaldo nel processo.
L’obiettivo finale è mantenere ad ogni costo lo status quo statuale e cetuale e l’equilibrio tra gli ordini e i corpi.

Se un superiore si accorge che per garantire la vittima si va ad intaccare lo status quo è probabile che l’appello o il
senato riformino le sentenze, quindi c’è una struttura processuale inquisitoria molto penetrante però accompagnata
dal contenimento del ruolo decisionale dei giudici, che è efficace per il mantenimento dell’ordine statuale e cetuale.
Quindi c’è un forte legame tra potere politico e potere giudiziario che si basava sul preservare l’ordine sociale.

Lezione 11 1/3
Questi due casi sono conservati presso l’archivio di Stato di Vicenza.
Questi processi sono fonte di molte implicazioni giuridiche, antropologiche e culturali.

CASO 1
Il primo caso si sofferma sul rapporto tra commissari preture e tribunali provinciali.
Siamo nel 1831 e vede imputato per truffa ed omicidio una vittima di 80 anni, che si chiama Virginio Zampieri, di
Cittadella (che è capoluogo di distretto).
L’accusato è Antonio Bevilacqua di Fontaniva sul Brenta, sempre nel distretto di Cittadella.
Il 28 maggio 1831 il cadavere del vecchio Zampieri venne trovato nei campi di sua proprietà.
L’autorità comunale, appena fu avvisata, trasmise, come da norma, l’informazione sia al commissario che alla pretura.
Il commissario si chiamava Luigi Sgobano e viene da Cividale del Friuli, che aveva già operato come cancelliere del
censo a San Pietro degli Schiavoni (oggi San Pietro Natisone).
Nel ’29 viene nominato a Cittadella e ci sta per tre anni fino al ’32, anno in cui Ranieri sa che a San Pietro Natisone
chiama come commissario uno che parli dialetto slavo.
Il delitto viene messo alla luce il 28 e il giorno dopo il commissario ha già pronto un rapporto, che invia alla pretura di
Cittadella.
Il rapporto è molto dettagliato sulle voci relative all’omicidio.
Il rapporto del giudice cita che: “pubblicamente si vocifera che l’autore della morte del vecchio sia Francesco Bressan
dimorante nel quartier Cusinati nel comune di Rosà”.
Cusinati è in territorio di Bassano e quando il commissario di Cittadella avrà bisogno di informazioni su questo
soggetto, chiede al collega di Bassano.
Esecutore di questo delitto è Bevilacqua Antonio e ha avuto un ruolo di cursore (porta lettere) nell’amministrazione
comunale ed è stato dimesso e vive nel sospetto dell’opinione pubblica.
Inoltre, si sa che vive senza mezzi di sussistenza.
Sempre il commissario dice che giovedì scomparve da Cittadella dirigendosi sopra un carretto verso Porta Bassano
senza più tornare a casa. Cosa insolita perché di sera è sempre a casa.
Nell’intervallo dalla partenza al ritrovamento del cadavere, Zampieri fu trovato a Cusinati in casa di Bressan.
Dunque può essere che Zampieri si trovasse in territorio di Fontaniva dove trovano il cadavere o può essere che è
stato trasportato a Fontaniva magari con l’aiuto di qualcuno.
Infine, il giudice termina scrivendo in modo troppo esplicito che il reo perisca.
Il giudice cita l’oste Guadagnin, un testimone, viene indicato come quello che possa aver qualche parte nell’uccisione.
Quindi il commissario un giorno dopo il ritrovamento del cadavere manda rapporto alla pretura in cui descrive il fatto,
gli imputati possibili ed esorta la pretura di essere celeri.

La polizia in campagna è composta dalle Guardie di sicurezza mentre in città dalle Guardie militari di Polizia.

Il rapporto aggiunge che Bevilacqua è un alcolizzato.


Quindi questo personaggio è molto sospettato e infatti viene sentito già il 31 maggio e viene inoltre chiesto al
commissario di trattenerlo ma il commissario rifiuta perché deve liberarlo.
È stato arrestato grazie ad una diffida arrivata dalla delegazione provinciale (autorità politica non giudiziaria).
Il commissario cita come fonte una spia meritevole di fede, quindi di cui cis i può fidare.
Bevilacqua è arrestato per tre giorni e poi è libero.
Bevilacqua aveva rapporti con Bressan ed era un precettato, cioè colpito da precetto politico, che è una misura di
polizia in cui una persona è sotto controllo e non può frequentare certe persone e certi locali.
Quindi l’ipotesi è che Bevilacqua sia stato l’autore materiale del delitto su ordine di Bressan perché Bressan stesso, se
fosse morto Zampieri, avrebbe ricevuto una donazione.
Ma non era provato che la sera del delitto Bevilacqua e Bressan fossero stati visti assieme.

Nel momento di spedire gli atti al tribunale provinciale di Vicenza, la pretura non fa minimo accenno al ruolo del
commissario.
Eppure, nel 19 giugno si presentano altri testimoni in favore del commissario e rendono dichiarazione contrarie.
Il commissario gira le informazioni alla pretura e la pretura al tribunale.
Il commissario ha un tono più dimesso con il giudice relatore.
Anche il referato di preliminare investigazione viene redatto il 9 agosto: è redatto dal giudice relatore di Vicenza,
Fostini, evidenzia che gli elogi della pretura senza soffermarsi sui meriti del commissario.
Il 17 luglio del 1832 viene emanato il referato di inquisizione speciale in cui viene sottolineato lo zelo della pretura e
non viene fatto accenno minimo al ruolo del commissario.

Il principale indagato è Bevilacqua e viene condannato a sei mesi per truffa mentre per il processo per l’uccisione di
Zampieri viene sospesa per difetto di prove legali.
Quindi questo caso mette in luce il rapporto tra commissari, preture e tribunale e in questo caso il tribunale ignora il
commissario.
Solitamente il rapporto tra pretura e commissari speciali è molto duro mentre tra commissari e tribunali provinciali è
un rapporto più positivo.

I commissari sono liberi di muoversi e conoscono ben la comunità e i tribunali apprezzano questa cosa ma i tribunali
hanno bisogni di atti legali e spetta alla pretura di renderli legali.
Se il commissario fa una lezione illegale subisce provvedimenti legali.

C’è una contrapposizione tra la pretura e il commissario perché si pestano i piedi.


Il commissario è stato messo perché nelle terre del lombardo-veneto c’era stata una tradizione napoleonica forte

CASO 2
Si pone l’attenzione sulla meditazione e sul filtraggio dei conflitti presenti in una comunità: chi meglio del commissario
sa mediare ai conflitti in una comunità e di conseguenza preservare l’ordine sociale e politico?
16 aprile 1832, il padre di Domenica Rancan, San Pietro Mussolino denuncia al distretto politico, quindi all’autorità
comunale un episodio un episodio di stupro con seguente aborto che la figlia aveva subito.
Il comune avvisa solo il commissario, Giovanni Maria Fossati, invece che avvisare anche il pretore.
Il commissario parte autonomamente con le indagini e trasmette alla procura competente di Schio ed esattamente un
mese dopo la stessa pretura gira il fascicolo al tribunale di Vicenza.
Il giudice relatore di Vicenza è Marchesin, famoso nel vicentino considerato filoaustriaco e misogino.
Nella documentazione realizzata dal commissario, che poi la procura girerà al tribunale, sono presenti due
interrogatori della vittima, che sono dei costituti sommarissimi.
Inoltre allega un paio di lettere che il parroco del paese aveva fatto avere al commissario, che indicano i principali
sospettati: il chirurgo del paese e suo figlio.
In questo caso si ha a che fare con gente con una certa importanza sociale all’interno della comunità infatti sono
chiamati in causa un parroco e un medico mentre nel caso 1 i protagonisti provengono da una bassa estrazione sociale
e sono ubriaconi.
Quindi il commissario deve stare attento a come muoversi per garantire gli equilibri.
Il parroco ha paura che il chirurgo e il figlio lo incastrino perché si vogliono vendicare nei suoi confronti accusando il
prete stesso di essere autore dello stupro perché li aveva richiamati più volte per una condotta morale poco degna al
loro ruolo nella società.
Il commissario chiede alla procura di essere discrezionali in questo caso giudiziario delicato.
Il commissario dice che la vittima, la ragazza, viene definita ingenua mentre il chirurgo viene definito un donnaiolo, il
figlio si definisce succube del padre mentre il parroco è definito zelante ma vendicativo e poco tranquillo.
Poi il commissario scrive che il parroco già nel ’19 era finito indagato.
Quindi con queste figure sensibili si è molto cauti.
Come termina il processo? Con un compito di inesistenza. Il magistrato, grazie anche al lavoro del commissario, non
rileva gli estremi del comportamenti voluttuoso per nessuno dei protagonisti; quindi la ragazza non ha un suo
colpevole.
Quindi si vede esplicitamente il tentativo di mediare i fatti per non turbare la comunità.
Purtroppo, la ragazza ne esce nel peggiore dei modi perché è considerata consenziente del rapporto sessuale perché
prestava servizio presso di loro e aveva una certa familiarità con loro.
Ma Marchesin manda una proposta con il referato al collegio di denunciare il parroco: la proposta viene votata a
maggioranza e verrà segnalato il caso del parroco.

Chi gestisce il tribunale è un funzionario dello stato, quindi il tribunale non è visto come copia del sistema per ceti.
Quindi i tribunali sono tutti statali e i giudici pagati e nominati dallo stato.
Il giudice non è nobile ma è un funzionario statale.

IL COMMISSARIO DISTRETTUALE
Originariamente si chiamano cancellieri del censo.
Nel ‘700 Maria Teresa deve numerare/ fare ordine sui beni mobili e immobili (lavorare sul catasto) e reputa che i
singoli cancellieri della comunità siano le persone giuste per intraprendere la riforma catastale.
Essi sono una figura utile e fondamentale perché conoscono la gestione dei beni nelle piccole comunità ma il
problema nasce nel 1753 quando con le riforme teresiane si stabilisce da allora in avanti sarebbe stata la giunta del
censimento stessa a scegliere gli stessi cancellieri e le comunità non devono che accettare questa decisione.
Quindi nasce il cancelliere del censo di nomina statale, che è il progenitore del commissario distrettuale.
Nel 1819 si decide che il cancelliere del censo deve avere anche delle funzioni diverse e non solo catastali come di
polizia e di sicurezza di conseguenza cambia la denominazione e diventa commissario distrettuale.
Il commissario distrettuale dipende dalla delegazione provinciale e vigila sui comuni.

Lezione 12 2/3
Il commissario è la figura più caratteristica del regno lombardo-veneto.
Il commissario, quindi, ha origine teresiana.
In epoca napoleonica i cancellieri del censo hanno funzioni amministrative rappresentando lo stato di fronte ai
comuni, quindi hanno una duplice origine.
Dal 1819 i cancellieri del censo diventano i commissari distrettuali con funzioni di polizia e sicurezza ma solo nei
comuni di seconda e terza classe mentre nei comuni di prima classe hanno prerogative limitate al censo perché i
comuni di prima classe sono il luogo di residenza dei notabilati, persone che contano, quindi le altre mansioni sono
svolte dal delegato provinciale che ha un potere più elevato.

L’ufficio del cancelliere del censo è formato, oltre che dal commissario, da un aggiunto e da uno scrivano.
L’aggiunto è scelto dal governo.
Lo scrivano è scelto dalla delegazione provinciale.
Il commissario si occupa di garantire l’esecuzione dei provvedimenti che provengono dall’autorità superiore, quindi si
occupa di varie materie non solo di polizia o censo ma nomina i maestri, lavori pubblici, elezione dei parroci, leva
militare, riscossione imposte…
I commissari sono tutti di lingua italiana e si diventa commissari su nomina del viceré Ranieri, che sceglie su una terna
di nomi.
Dal 1822 quando c’è il concorso per commissario non c’è più nell’avviso l’indicazione della sede da ricoprire perché
altrimenti succedeva che nelle sedi più disagiate non andava nessuno, invece in questo modo si potevano mettere i
più giovani in distretti più semplici da seguire per farsi le ossa.
Per scegliere i commissari ci si avvale di molte informazioni che sono fornite dalla polizia.

In questo modo il commissario a livello locale rappresenta lo stato: l’obiettivo è ricomporre l’ordine sociale.

Giovanni Maria Fossati a 33 anni nel 1825 diventa commissario in un comune del veronese.
Ha superato l’esame per fare commissario ma non ha i requisiti di legge.
Se uno vuole fare il commissario deve seguire l’assolutorio legale, cioè un corso universitario di carattere politico-
giudiziario nelle università di Padova o di Pavia.
Con l’assolutorio legale occorre seguire gli esami senza laurearsi con la tesi.
Poi ci sono due anni di allunato/pratiche.
Poi c’è da fare un esame e superato l’esame si fa un concorso pubblico, prima per aggiunto e poi per commissario.
Fossati è veneziano e lavora da quando ha 16 anni perché nel 1808 entra bella direzione provinciale di polizia, allora
detta polizia dipartimentale dell’Adriatico.
Poi passa all’ispettorato della stampa edile.
Nel 1917, dopo aver vinto solo il concorso, quindi senza fare l’alunnato e l’assolutorio, è nominato come giunto alla
cancelleria del censo di Colonia veneta.
Quindi nel suo caso viene fatta qualche eccezione perché non ha i requisiti necessari per ricoprire quel ruolo.
Nel 1820, in una tabella riassuntiva delle sue caratteristiche, Fossati viene descritto egregiamente e con una moralità
distinta e come persona prudente.
Diventa commissario nel ’25 e ci rimane fino al ’35 a Val d’Agno, poi passa a Chioggia e infine a Treviso.
Lascia la sede di Treviso nel ’48 perché insultato dai rivoluzionari come filo-austriaco.
Chiede al governo provvisorio-rivoluzionario un impiego a Venezia per riavvicinarsi alla famiglia e viene assunto alla
direzione del censo.
Anche quando ritorneranno gli austriaci preferisce rimanere a Venezia nella direzione del censo senza fare più il
commissario.
Andrà in pensione nel 1850 a 58 anni (41 anni di servizio). A Venezia non è commissario ma è nell’ufficio del censo.

I cosiddetti “commissari vecchi” non hanno tutti i requisiti perché vengono da una realtà che non è pienamente
asburgica.
Invece, i “commissari nuovi”, che subentrano dal ’48 in poi sono tutti con queste caratteristiche.
Allora perché inizialmente gli Asburgo si appoggiano a funzionari che non soddisfano i requisiti stabiliti dalla legge?
Perché non hanno immediatamente disponibilità di altri funzionari.
In Lombardia questa pratica non è diffusa perché gli Asburgo hanno consolidato il potere dal ‘700.

Gli Asburgo sono ossessionati dalle società segrete, come la loggia massonica.
E la polizia fa di tutto per scoprirne i partecipanti e smantellarle e dall’altra parte i massoni temono che gli austriaci
instaurino uno stato di polizia.

Un commissario vecchio che non è stato confermato dal governo austriaco può avere più conflitti di interesse con i
pretori: i vecchi erano molto più abili nel muoversi liberamente all’interno della comunità ma il giovane risulta più
inquadrato e tiene più stabili gli equilibri all’interno della società.
I vecchi sono caratterizzati da una spericolata intraprendenza mentre i giovani è meno esperto a mediare in una
disputa perché ancora non ha così esperienza.
Quindi per garantire gli equilibri erano meglio i vecchi.
I giovani sono più burocrati ed è più difficile che un giovane pesti i piedi ad un pretore, che apparteneva all’ordine
giudiziario.

Fino alla vigilia del ’48 la maggior parte dei commissari sono vecchi ma dal ’48 pesa di più l’autorità politica perché si
crea una situazione di emergenza.

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