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Riassunto Libro F Benigno L età moderna Dalla scoperta dell


America alla Restaurazione
Storia moderna (Università degli Studi di Palermo)

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L’ETA’ MODERNA . (Cap. I / X).


di Francesco Benigno.

1. Il sogno dell’impero, la realtà di monarchie e repubbliche.

L’analisi delle vicende storiche dell’Europa all’inizio della prima età moderna non può prescindere
da una attenta valutazione dei principali attori politici e dai quadri di riferimento ideali in cui si
muovono. Occorre partire dal ruolo dell’impero e dall’idea della monarchia universale per
comprendere una situazione politico/territoriale complessa.
All’inizio del XVI secolo, Carlo V d’Asburgo, in seguito a varie eredità, riunisce sotto di se un
enorme insieme di possedimenti ( domini d’Asburgo – attuale Austria -, Franca Contea, Paesi Bassi,
Castiglia, Aragona, regno di Sicilia Napoli e Sardegna, gran parte dell’attuale Germania e Boemia),
sembra quindi realizzarsi la rinascita del Sacro Romano Impero in cui l’imperatore rappresentava
un onnipotente esecutore della volontà divina in terra. Già nei secoli precedenti l’impero romano
era stato considerato un modello da imitare; Carlo Magno, con l’appoggio di Leone III, tra il’VIII
e IX secolo, aveva tentato di far rinasce quell’antica istituzione universale.
Carlo V , quale nuovo Carlo Magno, possiede teoricamente risorse economiche e forze in grado di
far rinascere quel progetto, ma ben presto la complessità politica europea dimostra che quel sogno è
irrealizzabile. Alla morte di Carlo V il regno viene diviso fra il figlio; a Filippo II: Castiglia ed
Aragona, al fratello Ferdinando: Austria, Boemia ed Ungheria. E con questa divisione muore il
progetto di un unico impero cristiano europeo.

1.1 Le nuove monarchie…

All’inizio dell’età moderna le monarchie dispiegano la loro autorità su territori di ampie dimensioni
attraverso strutture burocratiche incaricate del controllo della vita civile e religiosa,
dell’amministrazione della giustizia e della riscossione delle tasse.
Precedentemente i sovrani erano visti come severi detentori della virtù della giustizia che, a
somiglianza di Dio, punivano e premiavano raddrizzando torti e ricompensando meriti, unica
autorità terrena in grado di riportare un’armonia sociale.
Tra i Quattro e Cinquecento i sovrani aumentano le loro capacità di controllo di vasti possedimenti
territoriali con conseguante aumento della capacità di prelievo fiscale. Con queste maggiori entrate
le corone riescono a finanziare apparati burocratici stabili e soprattutto eserciti e flotte sempre più
potenti. Questo accresciuto potere dei sovrani permetterà loro di liberarsi di ogni struttura di potere
che li minacci; si pensi ai feudatari che erano abituati a considerarsi «quasi pari al re» , o alle città
autonome che si autogovernavano e pretendevano una sostanziale indipendenza. Il secondo effetto
della crescita del potere del re fu quello di considerare la propria sovranità come direttamente voluta
da Dio e quindi non riconoscendo più alcun potere temporale come superiore al suo, né la teorica
supremazia imperiale, né quella spirituale del papato.
I sovrani pretesero un ruolo decisivo nella nomina di vescovi e abati, sino a giungere alla
separazione dalla Chiesa di Roma – Riforma. Protestante.-
Inoltre l’irrobustimento delle monarchie si legano con il primo formarsi di identità protonazionale
contribuendo alla nascita e sviluppo di tradizioni/costumi comuni.
Lo storico svizzero Jacob Burckhardt afferma che i processi di accentramento politico delle
«nuove» monarchie hanno le loro radici nella cultura rinascimentale.
Nel novecento agli storici la creazione di un entità superiore quale la monarchia è parsa il
presupposto necessario per l’affermarsi di un progressivo principio di tendenziale uguaglianza dei
sudditi.

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Tuttavia, in tempi più recenti si è affermato che le varie esperienze monarchiche europee – a parte
la Francia – non hanno portato ad un superamento dei particolarismi amministrativi, culturale e
politici in quanto i vari sovrani si limitarono ad accumulare vari possedimenti e territori senza
portare ad un’effettiva fusione delle varie unità politiche, giuridiche ed amministrative.
Lo storico inglese J. Elliott parla a questo proposito di «monarchie composite» .
La prima e più importante monarchia sulla scena europea è quella di Francia, erede del regno franco
e retta dalla monarchia dei Valois che nella lunga guerra contro l’Inghilterra – guerra dei Cent’anni
1337/1453 - riuscì a cementare l’unità del regno nella difesa dalle pretese di dominio inglese.
Il re Luigi XI di Valois (1451/83) proseguirà questo processo di aggregazione annettendo al regno
di Francia le regioni dell’Angiò e della Provenza. Infine suo figlio, Carlo VIII (1483/98) completerà
questo processo di espansione sposando Anna di Bretagna, erede di quel territorio.
Questo processo di aggregazione e sostenuto da un rafforzamento dell’esercito, dall’imposizione
di nuove tasse, da un crescente controllo sulla Chiesa francese e dalla creazione di una
amministrazione e di apparati giudiziari stabili ed efficienti.
I successori di Carlo VIII, nella prima metà del 1500, si trovarono ad operare in un contesto
internazionale mutato dovendo agire per limitare la potenza degli Asburgo.
In Inghilterra, dopo la sconfitta nella guerra dei Cent’anni, vi furono una serie di conflitti intestini
fra le casate contrapposte degli York e dei Lancaster che si contendeva il diritto alla successione al
trono inglese,- guerra delle Due Rose 1455/85. Soltanto con Enrico VII, (1485/1509) erede dei
Lancaster e marito di Anna di York, la monarchia inglese ritrova la sua capacità di azione politica
riorganizzando il sistema fiscale, istituendo un tribunale di diretta dipendenza regia, e favorendo
con una potente flotta militare, una notevole espansione commerciale e marina.
Successivamente Enrico VIII (1509/47) separerà la Chiesa d’Inghilterra da Roma, dando vita alla
Chiesa anglicana, posta sotto lo stretto controllo della corona.
In Portogallo, la dinastia degli Avis, tra i Quattro e Cinquecento, darà il via all’esplorazione, per
scopi commerciali, della costa atlantica africana creando basi lungo le coste e sviluppando una rete
marittima di scambi Europa/Africa.
Gli altri stati iberici, a seguito del matrimonio di Ferdinando II d’Aragona con Isabella di Castiglia,
si uniscono mantenendo però leggi ed istituzioni distinte. Ferdinando ed Isabella (i re cattolici)
creano un potente esercito comune per condurre a termine il processo di riconquista della Castiglia
meridionale ancora sotto i dominio arabo/mussulmano. Dopo la conquista di Granada -1492- i re
cattolici si trovano a governare una popolazione composta anche da ebrei e mussulmani.
Grazie alla creazione nel 1478 di uno speciale tribunale ecclesiastico – Inquisizione spagnola -
riusciranno ad imporre, con la forza, l’uniformità religiosa cristiana.
Nel 1492 vengono espulsi gli ebrei, poi si cerca di convertire al cattolicesimo la popolazione di
fede mussulmana. Si giunge sino all’idea razzista della cosiddetta purezza di sangue cristiana
dall’assenza di antenati di religione ebraica e mussulmana
Solo dopo l’acquisizione del regno di Navarra si incomincia a parlare di Spagna.

1.2 … e le «vecchie» realtà.

La crescita delle «nuove» monarchie – Francia/Inghilterra/Spagna – avviene in un continente


caratterizzato da un minor tasso di innovazione istituzionale, una variegata galassia composta da
regni, principati indipendenti, città autonome, repubbliche. L’universo delle organizzazioni statali
appare frammentato e multiforme, una realtà sfrangiata e complessa, un puzzle.
In questo periodo la Germania, formalmente sotto la sovranità del Sacro romano impero, si
presenta come una confederazione di entità territoriali e politiche diverse: piccole città Stato
affiancate da grandi principati laici ed ecclesiastici.

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Due le principali differenze tra l’impero e le «nuove» monarchie:


- il carattere elettivo e non ereditario del titolo imperiale – l’imperatore viene eletto –
- l’esistenza in tutto il territorio dell’impero di poteri autonomi, solo formalmente soggetti
all’autorità imperiale, ma in sostanza svincolati dal suo potere.
Di fatto l’imperatore è sempre più una entità formale con limitati poteri reali.
Ma la forza del «nuovo» modello regio si fa sentire anche nelle terre dell’impero.
La carica imperiale da elettivo diventa quasi - ereditaria ; dal 1438 l’imperatore vien eletto fra i
membri di una sola dinastia: Asburgo. Questo, unito ad una accorta politica di alleanze
matrimoniali, creano un forte blocco territoriale nell’Europa centro-orientale capace di arginare
l’impero ottomano ad oriente ed il peso politico/economico della repubblica di Venezia.
Ma anche i sovrani della Russia pretendono di essere i legittimi eredi dell’impero romano
affermando che la loro sovranità deriva dall’impero romano d’Oriente, sopravvissuto a lungo dopo
la caduta dell’impero romano d’Occidente – 476 - .
A Costantinopoli, ribattezzata Istanbul si sono insediati sultani ottomani che governano sul
mediterraneo orientale e sui Balcani; l’impero ottomano è di fede mussulmana, ma tollera sudditi di
religioni diversa. Però sia l’impero ottomano, sia quello russo, hanno grande difficoltà a governare
grandi estensioni territoriali molto diversificate, istituzioni e tradizioni differenti, lingue, culture e
fedi religiose diverse. Molti regni, nell’Europa orientale e settentrionale, continuano a mantenere
caratteristiche diverse dalle «nuove monarchie». In Polonia la monarchie non riesce a divenire
ereditaria, rimanendo elettiva e quindi più debole e condizionata.
Molti signori europei, alla guida di Stati medio/piccoli, non possono manco fregiarsi del titolo di re.
In Italia vi sono una varietà di entità politiche diverse: città indipendenti che si reggono in forma di
repubbliche eredi dei liberi comuni medievali. Le più importanti repubbliche sono: Venezia che ha
costruito un ampio impero commerciale e si è espansa territorialmente in parte del Veneto, della
Lombardia e del Friuli; Firenze che aveva dato vita ad uno Stato di dimensioni regionali.
Genova che aveva creato una serie di basi commerciali sparse nel mediterraneo.
In Svizzera i cantoni – piccole repubbliche – si sono unite in una confederazione -1499 – che si
occupa essenzialmente della politica estera comune.
Però la repubblica viene considerata una forma di governo adatta solo a comunità cittadine o Stati di
piccole dimensioni in quando esempio di democrazia diretta difficilmente applicabile in governi di
grandi Stati.

1.3 Le guerre d’Italia.

Dal 1494 al 1554, l’Italia divenne un vero e proprio campo di battaglia dimostrando quanto fosse
più potente ed attuale il modello delle «nuove monarchie» rispetto alle precedenti istituzioni
statali. Questo momento è stato definito come lo sciagurato periodo del dominio straniero, della
perdita della cosiddetta «libertà d’Italia».
In realtà queste possono essere considerate le prime vere guerre europee perché l’Italia non era solo
una delle nazioni più colte e ricche dell’epoca, ma era anche la sede della massima autorità
spirituale del mondo cristiano: il papa. Chi avesse dominato la penisola avrebbe di conseguenza
avuto l’egemonia sull’intero continente.
Alla fine del Quattrocento l’Italia risulta divisa in numerosi stati medio/piccoli, incapaci di
assoggettarne altri, ma capaci di opporsi ad essere assorbiti dagli altri.
-Il ducato di Savoia, la repubblica di Genova, il ducato di Milano, la repubblica di Venezia, la
signoria di Firenze, lo Stato della Chiesa, il Regno di Napoli. -
Con la pace di Lodi (1454) i maggiori stati della penisola aveva siglato un accordo che mirava al
rispetto del principio di equilibrio, dello status quo esistente. Nondimeno nel 1494, il re di Francia,
Carlo VIII, scende in Italia con l’intento di acquisire il regno di Napoli che egli rivendica in quanto
erede della estinta casata degli Angiò.

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Nel 1495 Napoli viene occupata senza che vi sia alcuna resistenza contro il potente esercito
francese, successivamente il pontefice Alessandro VI promuove un’alleanza antifrancese Venezia/
Milano/Imperatore/Re cattolici- che costringe Carlo VIII a ritirarsi. La spedizione francese
evidenza comunque l’instabilità e debolezza della realtà italiana dovuti ai contrasti fra i potentati
locali accentuata anche dallo spregiudicato papa Alessandro VI il quale mira ad istituire nella Stato
della Chiesa una vera e propria dinastia a favore del figlio Cesare. A Firenze intanto dopo la morte
di Lorenzo il Magnifico, il potere dei Medici viene rovesciato da una rivolta di impronta
repubblicana. Successivamente Girolamo Savonarola, predicando un ritorno allo spirito del vangelo
e alla purificazione dai peccati della Chiesa corrotta, riesce ad influenzare il governo repubblicano
della città spingendola ad allearsi con la Francia. Alessandro VI scomunica Savonarola che privo di
appoggi viene condannato al rogo nel 1498. In un secondo tempo, nel 1512, le forze ispano-
pontifice travolgono la repubblica fiorentina e ristabiliscono la signoria dei Medici.
Nel 1499, il nuovo re di Francia, Luigi XII, si accorda con Ferdinando il Cattolico per spartirsi il
Regno di Napoli; ma poi scoppia di nuovo la guerra fra i due che viene vinta dagli spagnoli.
Intanto il papa Giulio II tenta di salvaguardare il potere temporale della Santa Sede minacciato dalla
repubblica di Venezia in Romagna; dapprima con l’imperatore Massimiliano e Ferdinando il
Cattolico da vita alla lega di Cambrai, ma poi con la cosiddetta Lega Santa costituisce una alleanza
per scacciare i francesi dell’Italia. Nel 1513 Luigi XII è costretto ad abbandonare la penisola.
Nel 1515, il nuovo re francese, Francesco I, torna in Italia per conquistare Milano; con il trattato di
Noyon, Milano viene assegnato alla Francia e Napoli alla Spagna. Nel 1521 Carlo d’Asburgo,
divenuto imperatore con il nome d Carlo V, muove nuovamente guerra alla Francia sconfiggendola
nella battaglia di Pavia, 1525, il re francese, Francesco I, rinuncia ad ogni pretesa sull’Italia.
A questo punto papa Clemente VII (1523/34) opera un rovesciamento delle alleanze e da vita ad
una lega anti ispanica con Francia/Venezia/Milano /Genova/Firenze. L’esercito di Carlo V torna in
Italia e riesce ad occupare Roma; i suoi mercenari tedeschi -lanzichenecchi- saccheggiano la città
eterna. L’orrore e lo sconcerto per il sacco di Roma alimenta ansie apocalittiche e di fatto suggella
l’egemonia spagnola sull’Italia. Ma il conflitto franco-asburgico per il controllo della penisola non è
ancora concluso – nuove campagne militari nel 1535-37 e 1542/44. – solo nel 1559 i francesi
vengono definitivamente espulsi dall’Italia che finisce sotto l’egemonia politica spagnola.

1.4 Il sogno infranto.

Solo nel 1530, con la trionfale incoronazione da parte di Clemente VII, Carlo V, eletto imperatore
nel 1519, ottiene il decisivo riconoscimento del suo ruolo solo grazie alla potenza dei suoi eserciti
temuti in tutta Europa. Egli era riuscito a farsi nominare elargendo ai grandi elettori una somma
maggiore di quella di Francesco.
Ma governare su così vasti ed eterogenei territori risulta un’impresa molto ardua.
In Spagna la sua ascesa suscita timori e resistenze e viene contrastata sino a dar vita ad una
divisione politica che degenera in una guerra civile vinta però dai lealisti. A questo punto Carlo V
sembra in grado di dar vita ad un impero europeo che si richiami al modello della Roma imperiale e
all’impero carolingio medioevale. Tuttavia diversi fattori minano alla base questo sogno.
- Il primo: l’espansionismo ottomano nel mediterraneo che grazie all’abile ed intraprendente
sultano Solimano II porta le truppe mussulmane all’assedio di Vienna 1529, e a conquistare Rodi
nel 1522. Le truppe di Carlo V, pur ottenendo significative vittorie contro gli ottomani e contro i
corsari arabi loro alleati, non riescono mai a raggiungere successi decisivi.
Di fatto Solimano II non viene mai definitivamente sconfitto.
- Il secondo: le continue guerre contro la Francia, il vero bastione contro cui si infrange il sogno di
egemonia continentale degli Asburgo.
- il terzo: la nascita a la diffusione della Riforma protestante in Germania che da vita ad una dura
conflittualità religiosa e politica in ampi territori del suo impero.

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Anche l’ipotesi di proseguire nel suo progetto - instaurare un ordine imperiale europeo –affidando
al proprio figlio, Filippo, unico erede, l’insieme dei propri domini, viene osteggiata da suo fratello
Ferdinando che pretende la successione.
Il regno viene diviso fra il figlio; a Filippo II: Castiglia ed Aragona, Paesi Bassi, domini italiani;
mentre al fratello Ferdinando: Austria, Boemia ed Ungheria.
E con questa divisione muore il progetto di un unico impero europeo.

2 Ordini, ceti e forme della rappresentanza politica.

Alle soglie dell’età moderna, nell’Europa cristiana l’universo naturale è ritenuto essere preordinato
e predisposto da Dio per la salvezza dell’uomo. L’universo è un insieme che funziona entro un
disegno divino, di conseguenza la società deve essere organizzata gerarchicamente in parti che
disposte in un preciso ruolo creano l’equilibrio dell’insieme. Vi sono tre gruppi chiaramente distinti:
- gli oratores, quelli che pregano, il clero; - i bellatores, quelli che combattono, i guerrieri;
- i laboratores, quelli che lavorano, tutti gli altri. Queste tre funzioni sociali sono complementari e
gerarchicamente il ruolo principale spetta al clero i cui membri vengono selezionati tra i membri
degli altri ordini. La funzione del clero – garantire alla comunità la benevolenza divina –
è considerata la più importante, di conseguenza gli ecclesiastici devono godere degli onori sociali
principali. Il clero è perciò nella società europea di antico regime il primo ordine o primo stato.
Siccome il clero – il primo stato - gestisce istituzioni educative, sanitarie ed assistenziali, consiglia
e guidi le coscienze di politici e sovrani, si troverà presente nelle principali nelle istituzioni politiche
rappresentative dei vari ceti.
Anche i guerrieri svolgono una funzione vitale, quella di proteggere, mediante le armi, le vite ed i
beni di tutti. Pure i guerrieri devono essere mantenuti ed anche ad essi vanno riservati particolari
onori. Diversamente dal clero, i guerrieri sono un gruppo sociale che si riproduce e quindi perpetua
i propri beni e privilegi. Esiste quindi una barriera, non invalicabile ma tangibile, tra loro e gli altri.

2.1 Nobili.

Anche la nobiltà affianca ben presto all’originale proprio ruolo militare, compiti di direzione
politico/amministrativa. Si tratta di una delega da parte del sovrano di funzioni di governo ai vari
feudatari. Tale delega finisce per diventare perpetua ed il potere del sovrano si riduce di molto
perché i vari feudi si trasmettono in via ereditaria e l’eventualità di confisca del feudo dal parte del
sovrano è molto remota.
Si afferma nell’universo mobiliare una scala gerarchica: principi/duchi/marchesi/conti.
Di fatto l’universo nobiliare non è mai stato completamente a disposizione del potere del re.
I re possono concede titoli o crearne dei nuovi, mai i vari nobili rivendicano una discendenza
comune con il re dagli antichi conquistatori barbari – il sovrano è solo un primus inter pares -.
Si è tanto più nobili quanto più la discendenza è antica ed acclarata; contemporaneamente nasce non
soltanto dalla concessione, ma anche dall’esercizio concreto del potere signorile e questo spesso
sfugge al potere del re.
L’ordine nobiliare nella società europea occidentale non è stato un gruppo sociale chiuso ed
impermeabile. Nobili si nasce, ma lo si può anche diventare sia attraverso il servizio della corona in
alte cariche politiche/amministrative o in campo militare, sia attraverso la ricchezza – a partire dal
XVI secolo i sovrani (per bisogni finanziari) incominciano a vendere massicciamente titoli
nobiliari e onorificenze.

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2.2 Le corporazioni.

Ogni città d’antico regime europea è popolata da una quantità di gruppi definiti rispetto al lavoro
che svolgono; centrale è il ruolo sociale ed economico delle corporazioni, che vengono anche
definite arti/collegi/compagnie,. Gli artigiani ed i mercanti dello stesso settore produttivo si
uniscono per difendere i rispettivi interessi ed impedire che qualcuno di essi diventi troppo ricco
e potente a danno degli altri.
Le corporazioni mirano ad acquisire anche il monopolio nei diversi ambiti manifatturieri e
commerciali controllando i rispettivi settori di attività. Esistono arti maggiori, maggior prestigio
economico/sociale, arti minori, lavori più umili.
Dal XIV secolo si incrina il meccanismo tradizionale di ricambio, l’accesso alla corporazioni
diventa più rigido. La struttura interna delle associazioni è gerarchica: all’apice i maestri che
eleggono i capi della corporazione i quali fissano le regole; il rispetto delle norme può essere
verificato mediante ispezioni. Le corporazioni sono spesso affiancate da organizzazioni religiose
laiche: le confraternite; e da società di mutuo soccorso che gestiscono un fondo comune destinato
ai momenti di bisogno dei vari membri.
Col passare degli anni le corporazioni acquistano sempre più un notevole grado di controllo sulle
attività produttive delle varie regioni europee riuscendo ad influenzare le autorità cittadine: possono
assumere la tutelare l’ordine pubblico, ma anche destabilizzare. In sostanza le corporazioni
organizzano una parte importante dello spazio sociale dei non nobili e dei non ecclesiastici.

2.3 Una società di ceti e privilegi.

Funzione religiosa: potere religioso – il papa –


Funzione militare: potere politico – il sovrano: imperatore o re -.
Il cosi detto Terzo Stato - la maggioranza della popolazione; accumunata dalla funzione lavoratrice
– si differenzia a secondo del ceto di appartenenza. Dai meno prestigiosi, ordine crescente:
artigiani (suddivisi in corporazioni); titolari di professioni (avvocati, medici,notai); titolari di uffici
pubblici; infine mercanti.
Solo attraverso l’appartenenza ad uno di questi gruppi, che gode di riconoscimento politico,
un individuo può avere una voce pubblica ed essere tutelato.
Una società in cui la legge non è uguale per tutti, ma è diversa a seconda dell’appartenenza ad un
determinato ceto, che gode di determinati privilegi.
Il clero e la nobiltà sono considerati i grandi i ceti privilegiati per eccellenza.
Vi sono privilegi giurisdizionali: diritto di essere giudicati con particolari e specifiche modalità da
tribunali speciali; privilegi economici: non pagare certe imposte e godere di particolari beni.
I privilegi contribuiscono a determinare il rango di un gruppo sociale, ovvero la posizione sociale
in rapporto con gli altri gruppi.
La conflittualità dell’antico regime è originata dalla tendenza dei vari ceti a difendere la propria
posizione e le proprie preminenze. Nell’ordine nobiliare, forte del proprio ruolo militare,
le questioni di precedenza sfocia spesso in duelli perché i nobili si sentono obbligati a difendere
il loro status – noblesse oblige : l’essere nobili obbliga-
Il processo di inflazione dei ranghi nobiliari, dovuto alla vendita dei titoli da parte dei sovrani,
a partire dal XVI secolo, portò ad una distinzione tra antica e nuova nobiltà.
Questa funzione di distinzione dai folti ranghi della nobiltà minore viene svolta dagli antichi ordini
militari e cavallereschi. I più prestigiosi e antichi: Ordine di San Giovanni di Gerusalemme (XII
sec) che stabilitosi a Malta diventa Ordine di Malta; Ordine di Toson d’oro (1430); ordini
casigliani: Santiago, Calatrava, Alcantare.
Quelli nuovi: Ordine di Santo Stefano (1562); Ordine San Maurizio e Lazzaro (1572).

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2.4 Le forme di rappresentanza politica.

In questa società che pensa a se stessa come parte di un ordine dato, immutabile in quanto divino,
un individuo partecipa alla vita politica non quanto tale, come persona, ma in quanto parte di un
ordine o ceto. La società politica nasce perciò dalla composizione di questi corpi sociali
funzionalmente legati l’uno all’altro in modo da comporre un organismo unitario.
Il re è affiancato da un’assemblea dei rappresentati del regno; non è una assemblea elettiva,
ma composta da rappresentati di ciascun ordine. Il sovrano decide sulle più importanti questioni
– pace/guerra/imposizioni tasse – dopo aver ascoltato il parere dei rappresentanti degli ordini
del regno. Queste assemblee si chiamano palamenti.
Parlamento inglese: - Camera dei Lord – Camera alta – composta da nobiltà e clero.
- Camera dei Comuni: i rappresentati sono abitanti delle città e terre non infeudate.
In Francia e Paesi Bassi questa assemblea, riunita molto di rado, si chiama «Stati Generali»;
questo perché è composta dai tre Stati che rappresentano i tre ordini sociali.
In Spagna questa assemblea si chiama Cortes. Queste assemblee non sono permanenti,
ma periodiche e in genere si riuniscono solo all’occorrenza: per richieste o rimostranze dei vari
rappresentanti o per approvare nuovi tributi per il re. In cambio della approvazione di nuove
imposte i rappresentanti chiedono al sovrano un contraccambio. Spesso queste procedure
comportano un defaticante lavorio di mediazione che fa si che le sedute parlamentari si prolunghino
anche per mesi. Viste queste difficoltà di gestione il re tende a convocarle solo in caso di necessità.

2.5 I due carpi del re.

Durante le assemblee il sovrano usa stare seduto sul trono per sottolineare la sua superiorità in
quanto designato da Dio a governare il regno. Anche in assenza del re, il trono rimane, vuoto, a
legittimare il proprio potere superiore, che essendo legato a Dio, può giustamente essere tramandato
ai suoi successori. Di fatto il re è l’incarnazione della respublica, ; cioè l’incarnazione della cosa
pubblica. L’innalzamento sacrale della monarchia regnante ha lo scopo preciso di allontanare lo
spettro della monarchia elettiva – un re eletto da rappresentanti di nobili e magnati -; il sistema
elettivo esisteva solo per l’imperatore e per il papa. Il regno del sovrano viene inteso come parte di
una missione affidatagli direttamente da Dio, e la sua sovranità è ammantata da tratti soprannaturali:
credenza che i re guarivano con tocco della mano
Teoria della monarchia sacrale: sdoppiamento della figura del sovrano, ad imitazione delle due
nature di Cristo,: - una figura umana: corpo fisico e mortale del re; - una figura spirituale: corpo
immateriale ed immortale che cinge tutto il suo regno.
Questo secondo corpo abbraccia e raccoglie, con continuità, in se la comunità politica

3 La scoperta dell’America e gli imperi coloniali

3.1 Commerci extraeuropei, rotte atlantiche e tecniche della navigazione.

Nel corso del XV secolo l’intensificarsi dei traffici marittimi - navigazione di tipo costiero -
favorisce lo sviluppo di alcune città iberiche affacciate sull’oceano atlantico: Cadice, Lisbona.
Mentre dalla penisola iberica e dalla Francia si raggiunge Londra, Bruges ed Anversa.
Barcellona diventa un importante snodo commerciale del mediterraneo; anche Genova e Venezia
percorrono rotte costiere atlantiche.
Già da anni i navigatori genovesi e catalani hanno cercato di circumnavigare l’Africa per sottrarsi
ai controlli dei veneziani ed alle tensioni politiche fra i regni mussulmani.

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I mercanti arabi dell’Africa settentrionale gestiscono il commercio dell’oro dalle miniere del
Senegal e del Niger verso l’Europa.
Tra il 1346e 1341 navigatori genovesi al servizio della corona portoghese scoprono le Canarie.
Di rivelante importanza sono sia lo sviluppo delle tecniche navali, - per affrontare le onde
dell’atlantico occorrono navi più grosse e con un sistema di vele più complesso-;
sia degli strumenti di navigazione – la bussola per individuare il nord e l’astrolabio per misurare,
attraverso triangolazioni e calcoli, in cui si trovano le navi la latitudine.
Anche la cartografia - partendo da mappe rudimentali e poco attendibili- si sviluppa notevolmente.

3.2 Alla conquista dell’oriente: il Portogallo fra il Quattro e Cinquecento

In Portogallo, nella seconda metà del Trecento, la dinastia degli Aviz favorisce l’ascesa dei ceti
mercantili a danno dell’aristocrazia feudale. Il principe Enrico il Navigatore investe molto in attività
marittime commerciali e esplorative.
Nel 1415 i portoghesi occupano Ceuta, in Africa settentrionale, di fronte a Gibilterra. Vengono poi
colonizzate le isole di Madera, Azzorre e Porto Santo. Successivamente le navi portoghesi si
spingono più a sud approdando alle isole di Capo Verde, Sierra Leone e nel golfo di Guinea,
fondando nuove basi commerciali costiere. Queste esperienze nautiche e geografiche permetteranno
a Bartolomeo Diaz (1487) di doppiare il Capo di Buona Speranza. Nel 1497 Vasco de Gama,
raggiunge l’India. Ma i commercio delle mercanzie indiane rimane comunque problematico a causa
del monopolio che i mercanti arabo/mussulmani continuano ad esercitare sulle regione.
Per imporre i loro commerci e fondare basi commerciali, i portoghesi finiscono con l’entrare in
guerra con i sovrani locali riuscendo a controllare le rotte commerciali.
Il sultanato d’Egitto cerca di tutelare gli interessi dei mercanti arabi ma negli scontri militari
i portoghesi riescono a sconfiggerlo arrivando ad imporre un monopolio delle spezie che vengono
da essi vendute a prezzi inferiori. Con l’importante porto di Malacca i portoghesi si affacciano sul
Mar della Cina insediandosi a Macao (1557). Nel 1570 la corona portoghese fonda la Casa da India
che gestisce in monopolio ogni commercio tra Asia ed Europa. Ma nel 1520, l’alleanza di Venezia
con il nascente impero ottomano, riesce infine a forzare il monopoli dei portoghesi.

3.3 Scoperta e sfruttamento delle risorse del Nuovo Mondo.

Mentre le navi portoghesi costeggiano l’Africa, la regina Isabella di Castiglia finanzia la spedizione
di Colombo per arrivare in Cina navigando verso occidente.
Il 12 ottobre 1492 le navi spagnole approdano all’isola di San Salvador, credendo di essere giunti a
Cipango (Giappone) ne prendendo possesso in nome della regina spagnola
Tra la corona portoghese quella casigliana sorse il problema della delimitazione dei rispettivi diritti.
Nel 1493, papa Alessandro VI stabilisce una linea di demarcazione, poi rinegoziata nel 1494,
che porta ad una spartizione dei territori scoperti.
Solo con Amerigo Vespucci ( 1501) prende corpo l’idea che le terre scoperte da Colombo sia un
vero e proprio Nuovo Mondo. Nel 1519 Magellano, dopo due anni di navigazione, riesce
nell’impresa di circumnavigare per la prima volta il mondo.
Intanto nelle terre scoperte da Colombo inizia un disumano sfruttamento delle popolazioni indigene
- per la brama dell’oro – che porterà ad una progressiva estinzione delle popolazioni autoctone ed al
successivo sviluppo del commercio degli schiavi, tale commercio raggiungerà le dimensioni di una
vera e propria tratta nel XVIII sec.
Nel Nuovo Mondo gli europei entreranno in contatto con popolazioni diverse e diversamente
sviluppate ed organizzate ma nessuna capace di resistere a conquistatori
Vengono annientati l’impero azteco in Messico e quello Inca in Perù che inizialmente non si
oppongono a questi nuovi venuti credendoli portatori di una nuova vita.

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Gli europei annientano le popolazioni indigene non solo grazie alle armi da fuoco ed all’uso dei
cavalli che solo loro possedevano, ma anche perché tali popolazioni sono prive di difese
immunitarie alle nuove malattie arrivate dall’Europa.
La colonizzazione del Brasile da parte dei portoghesi inizierà solo dopo il 1530; dapprima la corona
portoghese istituisce feudi concessi all’aristocrazia lusitana; solo successivamente decide di
riacquistare il controllo diretto con un governatore generale.

3.4 La nascita della società coloniale americana.

Prima conseguenza della conquista è la distruzione dell’universo religioso e culturale delle


popolazioni americane. La distruzione dei templi e delle divinità locali operata dai conquistatori
comporta non solo l’azzeramento delle credenze religiose, ma anche un vero e proprio trauma
psicologico per la perdita dei tradizionali punti di riferimento religiosi, culturale e mentali.
Successivamente sarà la Chiesa ad estirpare le loro credenze tradizionali imponendo i valori
religiosi e culturali degli europei. Nella cosi detta lotta all’idolatria i primi missionari si
comportano con uno zelo fanatico dagli esiti disastrosi: stravolgimento dei valori e della mentalità
indigena. A fronte di religiosi che giustificano i massacri degli indigeni vi è pero chi, come
Bartolome de las Casas, primo sacerdote ordinato in America, che conduce una battaglia a favore
dei diritti umani degli indios e contro il loro sfruttamento. Ma le denuncie di Casas rimangono
inascoltate perché cozzano contro i cospicui interessi economici dei conquistatori.
Superata la fase di esplorazione ha inizio il consolidamento della corona castigliana; gli indios
vengono raggruppati con forza in villaggi e si procede alla vendita dei loro terreni ai nuovi coloni.
Il lavoro forzato degli indigeni viene utilizzato nelle fattorie dove si alleva bestiame e si coltiva
banane, tabacco, caffè, canna da zucchero.
Il pagamento delle tasse, basato prima in prestazioni di lavoro o fornitura di prodotti, viene
forzatamente monetizzato, obbligando gli indios ad adeguarsi.
I conquistadores cercano di dar vita in America a forme di organizzazione del territorio secondo gli
schemi della loro terra di origine; si organizzano città e villaggi e si istituiscono municipi che
assumono notevoli poteri. La monarchia castigliana cerca di ottenere un certo controllo della vita
coloniale istituendo l’istituto giuridico dell’encomienda de indios –affidamento degli indios-.
Con l’encomienda il sovrano affida a ciascun colono un certo numero di indios ai quali insegnare la
fede cattolica. Gli indios sono tenuti a prestare il proprio lavoro – obbligatorio e non retribuito -
nelle terre e nelle miniere degli encomenderos che di fatto diventano i loro padroni.
Gli encomenderos sono obbligati a fornire alla corona castigliana il proprio servizio militare.
Nascono però tensioni fra la società coloniale ed il sovrano poiché quest’ultimo teme la nascita di
una aristocrazia nel Nuovo Mondo, nel quale l’autorità regia è debole.
La corona non possiede gli strumenti per controllare quei lontani possedimenti e quelle terre sono di
fatto sotto il controllo dei conquistadores e dei loro discendenti. Carlo V e Filippo II cercano di
ridimensionare il potere degli encomenderos, ma solo il tracollo demografico delle popolazioni
indigene riuscirà ad erodere tale potere.
La corona castigliana istituisce a Siviglia, porto sull’Atlantico che diviene il maggior snodo
economico/finanziario per i commerci col Nuovo Mondo, un ufficio regio che ha il monopolio
dell’organizzazione dei traffici commerciali con le colonie, e provvede ad esigere le imposte sulle
merci in partenza e in arrivo dall’America. La corona non solo stabilisce i prezzi e le quantità delle
merci inviate in America, ma anche i prezzi delle derrate che da essa provengono ricavandone
enormi profitti. Le navi che viaggiano fra il Vecchio ed il nuovo Mondo – per ridurre i rischi legati
alla pirateria inglese e francese - si riuniscono in convogli scortati da vascelli da guerra.
Dall’Europa partono farina, olio, vino, armi, utensili, tessuti e strumenti nautici, mentre
dall’America arrivano oro, perle, zucchero, legnami pregiati e cuoio.

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Successivamente la tipologia delle merci cambia perché le Colonie sono sempre più indipendenti
per derrate e merci normali, mentre, grazie alla loro crescente ricchezza, richiedono tessuti di lusso,
vini e alimentari pregiati, calzature, orologi e quando le manifatture castigliane non sono in grado
di far fronte alla domanda di tali merci si rivolgono a mercanti portoghesi, francesi e inglesi che
violano il monopolio castigliano ricevendo in pagamento argento.

4. Umanesimo e Rinascimento.

4.1 Lo studio dei classici e la filologia.

Umanesimo e rinascimento possono essere considerati momenti successivi di un medesimo


processo culturale che nasce e si sviluppa in Italia fra il Tre e Quattrocento e che assume dimensioni
europee nel secolo successivo.
Umanesimo: movimento intellettuale caratterizzato da un atteggiamento nuovo nei confronti del
mondo antico, cioè della Grecia e di Roma.
Il poeta Francesco Petrarca (1304/74) invita allo studio ed analisi dei testi latini.
Nelle biblioteche monastiche in tutt’Europa si riscoprono opere di autori dell’antichità da tempo
dimenticati. Si cerca anche di restituire purezza al latino. Altro aspetto essenziale dell’umanesimo
è il ritorno della cultura della Grecia antica in Europa; autori come Aristotele vengono studiati in
greco e non in traduzioni latine. Nel 1438/42, a Ferrara si tiene un concilio per superare lo scisma
fra la chiesa Cattolica e quella Ortodossa, questo da modo a molti studiosi greci di stabilirsi in Italia
contribuendo alla diffusione della conoscenza del greco antico.
Lorenzo Valla (1405/57) da uno studio filologico – uso di diverse espressioni linguistiche – del
documento che tradizionalmente segna la nascita dello Stato della Chiesa – cessione di Roma e del
Lazio fatta dall’imperatore Costantino a papa Silvestro I (315/314)- dimostra che si tratta di un falso
redatto successivamente.
Erasmo da Rotterdam (1466/1536), rilevante figure nelle cultura umanistica europea, si impegna a
conciliare le istanze della fede con il rigore intellettuale. Si dedica ad elaborare una edizione critica
del testo greco del Nuovo Testamento, con traduzione latina a fronte.

4.2 La nascita e la diffusione di un mezzo rivoluzionario: la stampa.

L’invenzione della stampa a caratteri mobili ebbe un ruolo fondamentale nella diffusione e
circolazione delle idee umanistiche e rinascimentale in tutta Europa.
Precedentemente i testi erano realizzati a mano da amanuensi, trascritti da copisti, prima su
pergamena e poi su carta. Dapprima la diffusione in Europa di cartiere e poi l’invenzione dei
caratteri mobili, tradizionalmente attribuita a Gutenberg (1400/68), consenti di abbassare
notevolmente il prezzo dei libri favorendone la diffusione.
Fra il 1445 e 1455, a Magonza, sono stampati il Messale e la Bibbia di Gutenberg.
In Italia le prime tipografie nascono a Venezia, Roma, Subiaco, Foligno; in poche ore vengono
stampati testi che prima richiedevano la fatica di mesi di lavoro.
«La fioritura della cultura alto-rinascimentale nell’Italia del Cinquecento dovette molto ai primi
stampatori.».
L’editore veneziano A. Manunzio (1447/1516) ebbe una notevole importanza nella diffusione in
Europa dei classici: Aristotele, Aristofane, Erodoto, Platone, Virginio, Orazio, Ovidio Giovenale.

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4.3 Tra fortuna ed eccellenza: come cambiano le figure di intellettuali e artisti.

La riflessione dei testi antichi porta ad elaborare una visione diversa del mondo.
Nel medioevo, la centralità della figura di Dio aveva portato all’ideale ascetico, alla vita
contemplativa, alla rinuncia dei beni, al distacco dalle passioni.
L’esempio dei classici sottolineava invece l’importanza dell’individuo e delle sue azioni nel mondo
per il raggiungimento della gloria. La cultura umanistica elabora un nuovo ideale; mettendo in
risalto la dimensione pubblica, politica e sociale dell’individuo.
L’uomo con il contatto dei propri simili, svolgendo le sue attività politiche/militari/ culturali,
sviluppa le qualità della propria natura, diventa artefice del proprio destino.
Leonardo da Vinci (1452/1519) – pittore/scultore/architetto/ingegnere/scrittore - uno dei maggiori
protagonisti dell’epoca rinascimentale, è l’esempio di questo nuovo ideale. Egli nutre grande fiducia
nelle capacità dell’uomo ed è spinto da una curiosità insaziabile verso ogni aspetto della realtà che
lo circonda; per lui l’uomo deve perseguire la conoscenza attraverso l’osservazione diretta della
natura. Nel mondo rinascimentale l’artista conquista rispetto e prestigio all’interno della società.
Precedentemente, il professare un’arte manuale era considerato avvilente. A partire dal XVI secolo
si afferma il concetto che l’artista debba lavorare in solitudine seguendo la propria espirazione,
il suo lavoro assume un alto valore intellettuale. Ai giovani promettenti apprendisti, oltre ai
rudimenti dell’arte a cui vuole dedicarsi, viene impartita una educazione umanistica e liberale.
Agli artisti serve anche maggior qualificazione per realizzare le grandi opere desiderate. Grande
esempi di artisti rinascimentali:- Filippo Brunelleschi (1377/1446) , - architetto, ingegnere, scultore;
--Michelangelo Buonarroti (1475/1564) – pittore, scultore,architetto, ingegnere, poeta.

4.4 La politica come scienza: Machiavelli e Guicciardini.

Il quadro politico del rinascimento italiano è caratterizza da notevoli tensioni e conflitti; grande il
contrasto tra valori politici dell’antichità e realtà contemporanea.
Nicolò Machiavelli (1469/1527), medita sugli scritti storici dell’antichità classica riflettendo sulle
modalità che consentono ai governati di conquistare e conservare uno Stato. Fondamentale è lo
studio del passato perché può fornire soluzioni ai problemi che si presentano. Tutte le forme di
Stato vanno incontro a processi di trasformazione decadimento; Monarchia/Tirannia -Aristocrazia/
Oligarchia -Democrazia/Demagogia. Il Principe (1513: per giungere al potere si deve essere furbi
come una volpe e spietato come un leone; per Machiavelli esemplare è la figura di Cesare Borgia,
figlio di Alessandro VI, che dopo essersi ricavato, con astuzia e spietatezza, un’ampia signoria
territoriale, non riesce a consolidarla alla morte del padre Alessandro VI.
Anche Francesco Guicciardini elabora le sue opere –I Ricordi e Storia d’italia - partendo da
esperienze personali ed esaminando le azioni dei governanti coetanei.

4.5 L’arte del vivere.

I centri di cultura Rinascimentale sono le corti principesche: Visconti/Sforza a Milano, Este a


Ferrara, Gonzaga a Mantova, Medici a Firenze, Montefeltro a Urbino. Diversi pontefici sono i
committenti delle opere d’arte del, XV e XVI secolo. La figura umana a cui aspirare per ottenere i
favori dei vari signori è il cortigiano. Il Cortigiano, libro di successo di Baldassarre Castiglione
suggerisce agli uomini di lettere il modo di comportarsi alla corte di un principe, ed agli aristocratici
che frequentano le corti l’esempio ideale dei comportamenti da tenere in pubblico.
Galateo, libro di Giovanni Della Casa dello stesso periodo, detta le buone maniere.

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4.5 La natura ed i «saperi occulti».

Nella visione cristiano medioevale la natura è semplicemente la raffigurazione della potenza e della
volontà di Dio da ammirare nella sue bellezza, mentre gli eventi straordinari – terremoti, siccità,
inondazioni – sono i segno dell’ira di Dio.
Con l’Umanesimo la natura viene vista come soggetto relativamente autonomo, dotato di proprie
regole da studiare ed indagare e questo avviene dopo la riscoperta di testi filosofici e scientifici
classici. Però, gli stessi intellettuali dediti alla riscoperta della cultura classica a volte visti quali
figure precorritrici delle novità scientifiche seicentesche, sono anche affascinati da dottrine e idee
occulte ed esoteriche quali la magia, l’alchimia - virtù magiche, terapeutiche, spirituali -,.
Figure quali Paracelso (1493/1541), Cardano (1501/76), Della Porta (1535/1615) sono chiari
esempi della singolare mescolanza di cultura e magia - alchemica ed interessi scientifici.
Anche la qabbalah – dottrina mistica ebraica interessa e Pico della Mirandola – notevole figura
intellettuale dell’epoca – giunge a parlare di vera e di falsa astrologia.
Queste teorie si scontrano spesso con la rigida posizione della Chiesa.

5. Solo la grazia salva: la Riforma protestante.

Durante la prima metà del XVI secolo si diffondono in Europa idee cristiane sulla religione e sulla
vita diverse da quelle insegnate dalla Chiesa cattolica. Già precedentemente la Chiesa aveva dovuto
affrontare sostenitori di idee contrarie a quelle ufficiali, ma aveva bollato queste persone come
eretici, che dopo essere state definite nemici della fede venivano di norma sterminati con la forza.
Le nuove idee cristiane sottolineano che l’insegnamento di Cristo propone un’etica della donazione
e del sacrificio molto lontana dalla pratica della Chiesa interessata all’accumulazione di beni
materiali e di potere. Nasce il richiamo ad una riforma della Chiesa per farla ritornare alla
spiritualità tipica delle origini.
Erasmo da Rotterdam, con suo testo: L’elogio della pazzia (1509), critica la ricchezza smodata della
Chiesa ed i potere temporale del pontefice. Nonostante questa sua aspra critica del papato, Erasmo
rimase cattolico.
Quando nel 1517, Martin Lutero (1483/1546), diffonde 95 tesi teologiche sospette di eresia nessuno
della Curia si allarma particolarmente perche si ritiene di poter farlo ravvedere, o farlo condannare
dalla Santa Inquisizione

5.1 Le 95 tesi che sconvolsero il mondo.

Ma le tesi diffuse da Lutero, in breve tempo, sconvolgono il mondo cattolico distruggendo per
sempre l’unità della Chiesa. Le sue idee porteranno ad una profonda spaccatura fra Chiesa
cattolica e protestanti.
La riflessione teologica di Lutero confronta il messaggio di Cristo con il sapere ufficiale tramandato
dalla tradizione ecclesiale. Egli asserisce che nelle Sacre Scritture viene affermato che l’unica
salvezza per l’uomo discende dalla grazia di Dio che dona al singolo la vita eterna, stando alle Sacre
scritture la Chiesa non svolge alcun ruolo ed il papa non è nominato.
Per Lutero l’opera di mediazione tra l’uomo e Dio che la Chiesa pretende di esercitare è del tutto
inutile, se non addirittura dannosa. Il tradizionale insegnamento cattolico affermava che solo
attraverso la Chiesa potevano veder accompagnata la loro anima verso il Paradiso, il più delle volte
dopo un lento passaggio in Purgatorio dove i peccati venivano scontati ed annullati.
Il Purgatorio era considerato una prigione provvisoria per ridurre la pena bisognava, non solo
svolgere opere di carità, ma anche fare offerte in denaro alla Chiesa.

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I Papi incominciarono a vendere indulgenze per annullare i propri peccati ed ottenere uno sconto di
pena per i defunti. Nel 1517, Leone X, per rastrellare ancora più denaro, bandisce un’indulgenza
plenaria, ed il tutto assume i tratti di una vera e propria compravendita. La posizione luterana che
solo la grazia salva porta ad affermare che solo la fede autentica sottrae l’uomo alla schiavitù del
peccato originale; le indulgenze sono quindi un’impostura: esse significano spacciare un credito che
non si possiede e fare mercimonio di un bene divino, la grazia. La critica radicale di Lutero mette in
discussione il ruolo stesso della Chiesa, è una vera è propria rivoluzione nella Chiesa.

5.2 Nascita del movimento protestante.

Grazie alla stampa gli scritti di Lutero hanno una sorprendente circolazione in Germania.
La straordinari diffusione delle idee luterane evidenzia il fatto che esse interpretano bisogni
largamente diffusi nella società del tempo, un desiderio di critica ed esigenze di mutamento rispetto
all’ordinamento sociale ed ecclesiale. Vi è una profonda necessità di rinnovamento degli
ordinamenti ecclesiali, inoltre il rapporto diretto fra Dio e l’uomo, proprio della teologia luterana,
è un passo importante verso una religiosità popolare più comprensibile, meno magico/misterica.
In secondo luogo alcuni sovrani trovano nelle idee luterane la possibilità di ridurre l’influenza della
Chiesa non solo in campo religioso, ma anche politico e mirano, attraverso il controllo delle
strutture ecclesiastiche , ad impadronirsi degli ingenti beni della Chiesa. Infine le dottrine di Lutero
appaiono a molti come lo strumento per ottenere maggiore libertà per tutti.
Egli, dichiarando che solo la Sacra Scrittura è l’unica autorità legittima a cui il cristiano deve fare
riferimento nella sfera religiosa, nega qualunque valore al ruolo sacro del sacerdozio e del papato.
Nel 1518, Lutero viene citato a comparire a Roma per essere processato, ma viene difeso dal
principe di Sassonia, Federico il Saggio (1486/1525).
Nel 1520, il papa Leone X condanna esplicitamente la dottrina di Lutero.
Lutero prosegue con la sua predicazione asserendo che ogni cristiano è chiamato ad un rapporto
diretto con Dio e conseguentemente tutti i fedeli possono amministrare i sacramenti e predicare
la parola di divina. Gli unici sacramenti riconosciuti da Lutero sono il battesimo e l’eucarestia.
Siccome egli continua a attaccare l’autorità del papa, l’avidità della Chiesa e la sua ingerenza nel
potere terreno viene scomunicato quale eretico.
Ma le sue idee si diffondono, con grande successo in tutta la Germania.
L’imperatore Carlo V si adopera per raggiungere un compromesso fra la Santa Sede e Lutero,
il quale però si rifiuta di rinnegare la propria dottrina e trova rifugio presso Federico il Saggio
che continua a sostenerlo.
Lutero traduce in tedesco il Nuovo Testamento con l’intento di renderne disponibile a tutti la
lettura. Questo suo lavoro ottiene una straordinaria diffusione ed accoglienza in tutta la Germania.
In molte città i fedeli esigono l’applicazione della Riforma non esitando a ricorrere all’uso della
forza contro chi si oppone. Principi a governati aderiscono alla riforma luterana incamerando e
vendendo i beni della Chiesa. I numerosi violenti disordini – condannati dallo stesso Lutero -
vengono duramente repressi. Anche nelle campagne esplodono numerose rivolte dei contadi che,
in nome del vangelo, invocano la comunanza dei beni e la ridistribuzione del potere su base
egualitaria. Le agitazioni si diffondono in tutta la Germania, in Svizzera e Tirolo; ancora Lutero
condanna questi tumulti -stroncati nel sangue- preoccupato che il suo pensiero sia travisato

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5.3 Dai tentativi di conciliazione al conflitto.

Grazie alla presa di distanze delle interpretazioni radicali del suo pensiero Lutero mantiene la solida
alleanza con i principi tedeschi, mentre si va strutturando una vera e propria Chiesa luterana.
L’imperatore Carlo V, contemporaneamente impegnato nella guerra con la Francia e con l’impero
ottomano, tenta ripetutamente la mediazione.
Ma il suo tentativo fallisce e si chiude la fase del dialogo per ritrovare l’unità; quattordici città
rifiutano di sottomettersi all’imperatore e stilano un documento di «protesta», - da qui il nome di
«protestanti» - .
I principi protestanti si riuniscono in una lega della di Smalcalda, che, nonostante sia sconfitta
dall’esercito imperiale, ottiene, nella pace di Augusta (1555), il riconoscimento dell’esistenza
della confessione luterana nel loro territori. Viene sancito il principio: «cuius regio eius religio» ;
i sudditi devono praticare la religione scelta dal proprio sovrano, o emigrare.

5.4 Protestantesimi.

La diffusione dello spirito protestante nella Svizzera e Alsazia porta alla nascita di forme di
organizzazione confessionali diverse.
A Zurigo gli anabattisti che sostengono il battesimo come scelta adulta e consapevole.
A Basilea prima e poi a Ginevra opera il riformatore Giovanni Calvino che accentua l’idea della
predestinazione: solo il Signore conosce quali anime saranno salvate, però gli uomini sono chiamati
ad operare con zelo nella società in quanto verranno giudicati in base al buon esito delle loro azioni.
I calvinisti non tollerano il dibattito delle loro idee e si chiudono nel recinto delle proprie certezze
teologiche, i dissenzienti sono espulsi e condannati al rogo. Accade così che le Chiese riformate
riproducano l’intolleranza contro la quale avevano originariamente protestato.
In tutta Europa centro-settentrionale la diffusione del movimento protestante procede con grande
rapidità; i luterani in Svezia, Danimarca, Norvegia, Islanda; i calvinisti in Francia –vengono
chiamati ugonotti - , nei Paesi Bassi, in Polonia, in Italia, in alcune valli piemontesi, si fondono con
i valdesi - seguaci di Valdo di Lione (1140/1207) già perseguitati. -

5.5 L’anglicanesimo.

Inizialmente il sovrano d’Inghilterra si schiera apertamente contro le idee luterane e viene insignito
dal papa Leone X del titolo di defensor fidei.
Ma ben presto Enrico VIII avverte l’importanza dell’occasione che la diffusione delle idee
protestanti gli offre: ridurre l’influenza del papato sulla politica e sulla società inglese.
Nel caso specifico dell’annullamento del matrimonio di Enrico VIII con Caterina d’Aragona, di
fatto il papa controllava la politica dinastica. Vista l’atteggiamento attendista sulla sua richiesta di
divorzio da parte di Clemente VII, il sovrano inglese ne approfitta per spezzare il legame di
sudditanza spirituale alla Chiesa romana. Nel 1534 con l’Atto di supremazia, egli si proclama unico
e supremo capo della Chiesa d’Inghilterra affidando all’arcivescovo di Canterbury il governo degli
affari ecclesiastici. Mentre viene introdotta la Bibbia in inglese, il re procede ad incamerare e
vendere le ingenti proprietà degli ordini religiosi della Chiesa Romana rimpinguando le sue casse e
dando vita ad un ceto di piccoli/medi nobili proprietari terrieri.
Il movimento protestante diffusosi in Europa a partire da istanze dal basso, si afferma in uno dei più
importanti regni del continente sulla base di una decisione presa dall’alto, dal sovrano, per ragioni
politiche ed economiche. La sfera religiosa diventa un ambito aperto allo scontro politico.

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6. La frontiera mediterranea e l’impero ottomano.

6.1 L’impero ottomano.

Alla metà del Cinquecento la grande espansione ottomana nel mediterraneo, cominciata nel 1453
con la conquista di Costantinopoli, può dirsi conclusa. Grazie a Maometto II, Bayezid II e Solimano
il Magnifico il dominio dei sultani si estende dal Marocco alla Persia. L’impero ottomano è una
potenza sia territorialmente, sia politicamente. La società cristiana guarda con paura alla potenza
del sultano di Istanbul ed ai corsari nord-africani, suoi tributari, autori di scorrerie sulle coste
italiane/iberiche. Alla base della potenza ottomana vi è una efficace organizzazione amministrativa
e militare; a capo di un impero vastissimo ed abitato da popolazioni diverse, unite sola dalla fede
mussulmana, vi è il sultano che ha un potere assoluto. Il Gran Consiglio – il governo – è presieduto
dal gran visir, - scelto personalmente dal sultano-, e composto da funzionari che dirigono i singolo
settori del governo e controllano i governatori delle varie provincie. Nell’esercito spiccano, oltre ad
una potente flotta, anche i giannizzeri, speciali corpi di fanteria fedeli in modo assoluto al sultano.
La religione ufficiale è quella mussulmana-sunnita; la base del diritto è costituita dal Corano,
il mufti di Istanbul , la più alta autorità religiosa. Nondimeno nell’impero vige una grande tolleranza
religiosa. Pur avendo trasformato diverse chiese in moschee, i mussulmani non hanno interesse a far
convertire chi professa una fede diversa, ne intendo cancellare le diversità - lingua, tradizioni –
delle varie popolazioni che essi governano.
La popolazione è divisa in due gruppi; una costituita da chi è al servizio del sultano: militari,
autorità civili e religiose esentati dalle imposte; l’altra dai contadini, artigiani, mercanti che sono
obbligati al pagare le tasse.

6.2 La monarchia cattolica di Filippo II.

Con la morte di Carlo V, i suo impero è diviso fra il fratello, Ferdinando, a cui vanno, oltre la
Boemia e l’Ungheria, i territori dell’area austriaca; ed il figlio Filippo II: Castiglia, Aragona, Paesi
Bassi, Contea Franca, Stato di Milano, regno di Napoli e quello di Sicilia. Gli unici elementi
comuni della monarchia composita di Filippo sono la sua persona e la religione cattolica
Prioritaria è la lotta all’eresia protestante che è portata avanti dal tribunale dell’Inquisizione
spagnola (1478) – un inquisitore generale, affiancato da un consiglio, di fatto controlla le coscienze
e il comportamento dei sudditi. L’inquisizione spagnola opera in modo crudele e la sua estensione
in Italia viene duramente osteggiata dalle autorità locali.
Nel 1516, Filippo II stabilisce la sua corte a Madrid da dove comanda i suoi territori con grande
circospezione - rey prudente -.
Alla penisola italiana egli assegna il ruolo di suo bastione nello scacchiere mediterraneo.
In Italia continuano ad esistere numerosi piccoli stati che conservano una propria autonomia:
Repubbliche di Genova e di Venezia, ducati di Savoia, di Mantova, di Parma Piacenza, di Modena,
Stato Vaticano. – L’Italia si presenta come una sorta di sistema di Stati che riconoscono il loro
legittimo sovrano in Filippo II, ma che conservano una propria autonomia istituzionale e sociale.

6.3 L’azione di Filippo II nel Mediterraneo.

A partire dal 1560 Filippo II cerca di fermare l’espansione dei mussulmani nel Mediterraneo
sferrando un attacco contro la pirateria araba dell’Africa del nord, l’esito di questa sua azione
militare è però limitato nel tempo.
Nel 1571, l’impero ottomano si annette l’isola di Cipro, possedimento della repubblica veneziana
e importante snodo commerciale e strategico.
La Santa Sede vede nell’avanzata ottomana una minaccia mortale all’esistenza stessa della religione
cattolica e papa Pio V si fa promotore di una crociata contro «il pericolo turco» .

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Inizialmente, Filippo II, impegnato a sedare una rivolta nelle Fiandre ed una vera e propria
insurrezione dei moriscos, - discendenti delle popolazioni di fede mussulmana costretti a convertirsi
al cristianesimo -, nei territori di Granada, appare renitente all’appello del papa.
Solo nel 1571 prende vita la Lega Santa a cui aderiscono: Filippo II, le repubbliche di Venezia
e di Genova, i ducati di Savoia e di Toscana, Malta, ma non la Francia.

6.3 Guerra e guerriglia: le grandi battaglie e le piccole scorrerie.

Il 7 ottobre 1571, a Lepanto, la flotta cattolica ottiene una importante vittoria contro quella
ottomana; ma questa vittoria non viene sfruttata perche la Lega Santa si dissolve a causa di dissensi
tra Venezia e la Spagna, che hanno diversi interessi strategici. Venezia conclude una pace separata
con gli ottomani per garantirsi la sicurezza dei propri commerci, le forze asburgiche concentrano i
propri sforzi sulla riconquista di Tunisi.
L’evento di Lepanto non costituisce l’evento epocale propagandato dal mondo cattolico, - come già
era successo con la vittoria dei franchi sugli arabi a Poitiers nel VIII secolo,- . la perdita della flotta
fu un duro colpo per gli ottomani, ma l’esaurimento del conflitto nel Mediteranno fu essenzialmente
dovuto al riaccendersi della guerra fra impero ottomano e la Persia. Filippo II e Selim III siglano
una tregua (1581) perché entrambi sono costretti a spostare i loro eserciti su altri teatri bellici.
Il mediterraneo torna ad essere il mare dei commerci; che continuano però ad essere minacciati da
una pirateria endemica sia da parte dei saraceni ai danni delle navi cristiane, sia anche da parte
dell’ordine di Malta e di Santo Stefano che giustificano le loro azioni come risposta agli attacchi
subiti. Da entrambe le parti, oltre ad impossessarsi delle merci, i vincitori riducono i vinti in schiavi
che utilizzano sulle loro galere.

7. La Chiesa in armi: l’Europa delle Controriforma.

7.1 Il Concilio di Trento.

Una delle vie per risolvere il problema protestante sarebbe stata la convocazione di un concilio
ecumenico, la riunione straordinaria di tutti i vescovi eletti dalle singole comunità, l’unica istanza in
grado di porre rimedio alla frattura della cristianità. Ma né Leone X, né Clemente VII, nonostante
la richiesta di Carlo V, si muovono in questa direzione, soprattutto per la decisa opposizione degli
ambienti curiali, preoccupati di essere i primi bersagli delle istanze riformatrici.
Solo papa Paolo III convoca il concilio, prima a Mantova, poi a Trento (1544). La vicinanza di
Trento ai paesi di lingua tedesca costituisce un segnale di apertura verso il mondo protestante.
Con il concilio il Papa vuole imporre l’autorità della Chiesa ed intraprendere la lotta contro gli
eretici; l’ imperatore punta ad una soluzione di compromesso che gli consenta di salvaguardare la
sua autorità in Germania. Ma vi è anche chi spera in una vera ricucitura della frattura della Chiesa.
A causa delle complicata situazione politica, il Concilio si svolge senza continuità, lentamente.
Il concilio si apre sotto lo stretto controllo del Papa che, in contrasto con Carlo V, è contrario a
qualunque concessione ai protestanti. A causa di guerre tra il Papa e l’imperatore il concilio viene
più volte sospeso; di fatto la maggioranza dell’’episcopato italiano non vuole rinunciare ai propri
privilegi tradizionali legati alla carica di vescovi che permette grandi entrate e carriere politiche.
Sul piano dottrinale sono riconfermati: i sette sacramenti, l’esistenza del Purgatorio, il culto dei
santi e delle reliquie, la capacità della Chiesa di ridurre le pene ultraterrene tramite le indulgenze.
In seguito viene diffuso un nuovo catechismo che, con una ristrutturazione delle Chiesa stessa,
avvia una sorta di ricristallizzazione del mondo cattolico che si chiude in difesa delle proprie idee.
La struttura della Chiesa viene ricondotta strettamente sotto il controllo dell’autorità papale.

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Alla sua conclusione il concilio di Trento si dimostrerà essere stato un’assise esclusivamente
cattolica volta a riformare per rafforzare le strutture della Chiesa di Roma.
Questa imponente reazione della Chiesa cattolica alla Riforma protestante, denominata
Controriforma, influirà enormemente sulla fisionomia dell’Europa nei secoli successivi.

7.2 Apparati e pratiche repressivi

Con una bolla papale, nel 1542, Paolo III riorganizza il tribunale dell’inquisizione, istituzione
medievale, per la lotta all’eresia in tutta la cristianità. Una vera e propria rete di tribunali per la
repressione dell’eresia ed il controllo dei comportamenti opera in tutta l’Italia ed eccezione della
Sardegna e della Sicilia sottoposte all’inquisizione spagnola; viene edificato un solido impianto
istituzionale poliziesco e giudiziario che decide in materia di fede. Nel mirino dell’inquisizione
entrano anche le persone che, seppur cattoliche, sono disponibili ad un dialogo coi protestanti.
Anche Ignazio di Loyola, prima che la Compagnia di Gesù divenga uno dei più potenti strumenti
della Chiesa, finisce sotto inchiesta da parte dell’Inquisizione. Di norma vengono raccolte denuncie
anonime e si opera nell’assoluto segreto, si usano violenze psicologiche e fisiche contro che è
considerato eretico. Nei primi decenni si opera con estrema spietatezza contro singoli individui o
intere comunità – la comunità valdese della Calabria viene completamente sterminata (1561). -
Per controllare e reprimere la circolazione delle idee viene istituito l’Indice dei libri proibiti : dove
finiscono anche libri di Erasmo da Rotterdam; mentre Galileo Galilei viere processato e costretto
all’abiura per aver aderito alla teoria eliocentrica copernicana – la terra rotonda gira attorno al sole-.
Tommaso Campanella, filosofo, incarcerato per molti anni e Giordano Bruno condannato al rogo.
La censura e l’azione violenta dell’inquisizione hanno un effetto depressivo sulla vita intellettuale,
vengono anche colpite tutte le pratiche, le idee, e le feste che si rifanno a riti di origine pagane.

7.3 L’attuazione dei decreti tridentini e i nuovi Ordini religiosi.

L’applicazione delle riforme tridentine incontra all’interno delle varie nazioni europee notevoli
resistenze perché tende a mutare comportamenti e pratiche ben radicate nelle società cattoliche
europee che devono subire un crescente rafforzamento del potere della Chiesa.
Anche i sovrani temono la crescente ingerenza del papato nelle Chiese locali dovuto alle rigide
normative tridentine applicate come un vero e proprio strumento di affermazione del potere
pontificio a scapito di quello dei vescovi locali. Una nuova generazione di vescovi, sostenuti dai
papi, inizia a modellare la vita religiosa delle diocesi sulla base dei decreti della Controriforma.
Carlo Borromeo incarna un nuovo modello di vescovo, rigido sostenitore dell’ortodossia, fermo
interprete dei dettami tridentini; egli però si scontra con il potere politico che governa Milano.
Già nel corso del Medioevo, gli Ordini religiosi mendicanti – domenicani, francescani, carmelitani,
agostiniani – sono venuti sostituendosi ad un clero secolare ignorante ed impreparato.
Essi rappresentano, grazie un’imponente rete di conventi, una presenza molto radicata soprattutto
in virtù delle opere caritatevoli ed esistenziali che svolgono a favore delle popolazioni locali.
La Compagnia di Gesù – i gesuiti – fondata dal nobile spagnolo Ignazio di Loyola, è il più
importante tra i nuovi Ordini; la forte struttura gerarchica e l’elevato livello di istruzione fanno
dei gesuiti il più importante Ordine missionario nelle nuove terre dell’America Latina e Estremo
Oriente.

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8. Cristianesimo lacerato: l’età delle guerre di religione.

8.1 La monarchia cattolica di Filippo II tra religione ed egemonia.

All’indomani del Concilio di Trento la riscossa della Chiesa cattolica si manifesta in uno scenario di
grandi tensioni politiche e religiose. La Chiesa può contare sulle armi degli Asburgo, sia di Spagna
che di Austria. A differenza del padre Carlo V, che aveva tenuto distinta la causa della
riunificazione della fede cattolica da quella della egemonia degli Asburgo, Filippo II si erge come
difensore della vera fede. Egli pensa, come già era avvenuto in Castiglia, liberata dai mussulmani
nei secoli precedenti , di difendere la cristianità dalla minaccia ottomana e di riportare alla vera
fede l’Europa caduta nell’eresia. Il suo programma prevede: - ricongiungere l’Inghilterra al mondo
cattolico superando lo scisma anglicano; - sostenere il ramo degli Asburgo d’Austria sia contro gli
ottomani, sia contro i principi protestanti; - finanziare in Francia un partito ultracattolico che si
opponga agli ugonotti (calvinisti). Il tutto arrivando a controllare la Santa Sede influenzandone le
scelte mediante l’elezione di papi favorevoli alla politica spagnola.
Filippo II dispone della maggior potenza militare del tempo e di ingenti risorse economiche
provenienti dalle colonie americane; inoltre riesce ad impossessarsi del trono del Portogallo (1581)
rimasto senza altri eredi legittimi. Però contro il successo delle sue strategie agiscono forze potenti:
- l’insostenibilità degli enormi costi militari contro gli ottomani unito al voler finanziare la lotta al
protestantesimo; - la difficoltà di unificare le forze cattoliche contro obbiettivi comuni; - la lotta al
calvinismo, molto più combattivo ed agguerrito del luteranesimo, che si propaga nei Paesi Bassi .

8.2 L’Inghilterra di Elisabetta.

Alla morte di Enrico VIII l’Inghilterra entra in una crisi di successione dinastica che è anche una
crisi religiosa. Nel 1553, sale al trono Maria Tudor, la moglie che Enrico aveva ripudiato per
sposare Anna Bolena. Ma questa regina cattolica, che l’anno dopo sposerà Filippo II, suscita la
reazione da parte degli anglicani i quali, appoggiati dai puritani –di fede calvinista-, vorrebbero sul
trono, la figlia di Enrico e di Anna Bolena. La regina chiude la sorellastra nella torre di Londra e
Cerca di rintrodurre il cattolicesimo con una violenta repressione -verrà detta Maria la Sanguinaria-
Alla sua morte (1558) i cattolici puntano sulla regina di scozia, Maria Stuart, cugina di Enrico VIII,
sostenendo l’illegittimità del matrimonio da cui era nata Elisabetta, sostenuta dagli anglicani.
Il parlamento inglese risolve la successione a favore di Elisabetta. L’Irlanda rimane cattolica.
Elisabetta, in campo religioso, cerca di mediare tra le ancora vaste fasce di rito cattolico della
popolazione e le posizioni più radicali dei puritani/calvinisti che mirano ad indebolire la sua autorità
Intanto Maria Stuart, scacciata dalla Scozia da una rivolta puritana, viene incarcerata a Londra.
Sul piano politico, la regina favorisce i commerci attraverso lo sviluppo della marineria e della
flotta militare; cresce l’ostilità nei confronti della potenza spagnola; si sviluppa la guerra di corsa.
-Sir Francis Drake, pratica una fiorente/sistematica azione di pirateria ai danni dei galeoni spagnoli-
L’Inghilterra diventa campione dell’antispagnolismo e dell’anticattolicesimo finanziando ogni
movimento di rivolta contro la monarchia di Filippo II, come nei Paesi Bassi.
Quando nel 1587 Elisabetta fa decapitare Maria di Stuart, Filippo II decide di invadere l’Inghilterra
ed invia la sua grande flotta -Invincibile Armata- che però, in parte distrutta da una burrasca, viene
poi battuta dalle navi inglesi ed olandesi. A questo punto i cattolici inglesi diventano sempre più
una minoranza mal sopportata, ad eccezione dell’Irlanda, dove rimangono ancora maggioranza.

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8.3 Le guerre di religione in Francia.

Dopo essere stata estromessa dalla corona asburgica dall’Italia (1559), la Francia entra in una grave
crisi politica. Dopo la morte di Enrico II, la corona viene retta dalla vedova Caterina de’ Medici per
conto dei figlio: Francesco II (1559/60) e poi Carlo IX (1560/74).
Il principale problema di Caterina è la diffusione dei calvinisti/ugonotti che si concentrano in alcune
città del sud –Lione/La Rochelle- ed in aree del Centro/Nord dove raccolgono adesioni fra artigiani,
professionisti e nobiltà come i Borbone. I protestanti cercano di sostituire la regina con Luigi I
Borbone principe di Condé; Caterina non si schiera mai completamente a favore delle due parti in
contesa -cattolici/ugonotti- nel tentativo di difendere l’autorità della sua corona sempre più debole.
Nel 1567, la contesa sfocia in una vera guerra civile che si concluderà con l’ammissione al
Consiglio di Stato di una dei capi ugonotti, Gaspard de Cologny. Ma la crescente influenza di
Cologny spinge Caterina ad cercare di farlo uccidere e poi ad eliminare in un sol colpo lo stato
maggiore della nobiltà ugonotta -notte di San Bartolomeo/23 agosto-; nei giorni seguenti i cattolici
intransigenti uccidono nelle varie provincie più di 12.000 ugonotti dando inizio alla fase più
violenta della guerra civile religiosa con un’estrema radicalizzazione dello scontro.
La Lega cattolica, vero e proprio partito politico/religioso, inizia un lungo e sanguinoso scontro
contro i Borbone perché pretendendo entrambi di designare il successore alla corona. Dopo alterne
vicende, nel 1593 sale al trono Enrico di Borbone che, di fronte ad un paese profondamente
spaccato ed in guerra con la Spagna, finisce per rinnegare il calvinismo e di aderire al cristianesimo.
Anche il papa Clemente VIII, concede il perdono ad Enrico IV. «Parigi val bene una messa.» .
Gli ugonotti ottengono comunque libertà di coscienza e di culto in luoghi prestabiliti.
Conclusa la lunga fase di lotte religiose Enrico IV può dedicarsi a ripristinare la sua autorità e a
risanare le disastrose finanze della Francia; ma nonostante il suo buon operato a favore del suo
paese egli rimane, per gli oltranzisti cattolici, un eretico convertitosi per ragioni opportunistiche e
verrà assassinato nel 1610 da un estremista cattolico.

8.4 Monarcomachi e «politiques».

Durante il periodo delle guerre di religione due sovrani francesi vengono assassinati. Una pratica
estrema di lotta politica dovuta alla contrapposizione della spaccatura tra cattolici e protestanti.
Cade l’idea della sacralità dei sovrani considerati come rappresentati di Dio in terra, anzi un
sovrano nemico della vera fede viene ritenuto un pericolo e può essere combattuto ed ucciso.
Si afferma il tema della liceità dell’uccisione di un sovrano eretico; dottrine «monarcomache» .
Si tratta del recupero della teoria politica greco romana della tirannia: la monarchia tende
naturalmente a degenerare in regime tirannico; Cesare finisce per trasformarsi in Nerone.
I primi ad elaborare queste idee sono gli ugonotti francesi; si deve obbedienza al sovrano solo se
è un re di grazia e di giustizia. Egli deve mettere d’accordo le diverse parti del suo regno, ma se si
schiera con una delle parti, cessa di essere re e diventa un tiranno a cui non si deve obbedienza.
Successivamente queste tesi vengono teorizzate da entrambi le parti in lotta, cattolici/protestanti.
Queste idee minano il fondamento sacro dell’autorità regia, il ruolo di rappresentate di Cristo.
Conseguentemente, in Francia, si elabora un teoria politica che consente di sottrarre l’autorità
sovrana allo scontro religioso; i portatori di queste idee vengono definiti politiques .
Loro sostengono un rafforzamento dell’autorità regia e della concessione di una certa libertà di
culto come unico rimedio alla divisione religiosa. Nel 1576, Jean Bodin sostiene la sovranità
unitaria, indivisibile e perpetua dello Stato, conseguentemente al principe detentore della sovranità
spetta la pienezza del potere legislativo senza alcun vincolo. Si apre così la strada alla teorizzazione
del potere «assoluto» del re; non è ammesso il diritto di resistenza, ne di reazione contro i sovrani.
La radicalizzazione promossa dallo scontro religioso tende a spingere sia il papa, che i capi delle
sette protestanti a pretendere di intervenire nelle questioni religiose degli Stati. -Santa Sede contro
repub. di Venezia: problema del patrimonio ecclesiastico nel territorio della repubblica veneziana.-

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9. La rivolta dei Paesi Bassi e la nascita delle Province Unite.

9.1 Un’area fiorente tra crescita e crisi.

Prima dell’ascesa di Carlo al trono i Paesi Bassi sono terre fiorenti e popolate; una agricoltura ricca
si accompagna ad un florido artigianato tessile. Il fulcro della ricchezza risiede nelle Fiandre e
Anversa importante piazza commerciale e finanziaria. Dopo l’Italia, i Paesi Bassi sono un centro
nevralgico dello sviluppo europeo non solo economica, ma anche culturale: -pittura fiamminga e
realistica –Rembrandt, Bruegel; pensatori e teologi quali Erasmo da Rotterdam -
L’inserimento nella monarchia di Carlo V giova grandemente ai Paesi Bassi; sviluppo delle
industrie tessili di Liegi e di Bruges, Borsa commerciale e finanziari di Anversa.
Però a partire dalle seconda metà del Cinquecento cresce la concorrenza inglese sia nel tessile,
sia nei commerci internazionali; pure gli olandesi aumentano la concorrenza dei traffici marini.
Anche su piano politico sorgono difficoltà perché ogni provincia ha proprie leggi e ordinamenti.
Ulteriore elemento di tensione è dato dai problemi religiosi perché la normativa contro i protestanti
era stata inasprita e la persecuzione contro i luterani e gli anabattisti era stata brutale.

9.2 Le ragioni del conflitto con la Spagna.


Negli anni sessanta il calvinismo penetra in questi territori facendo breccia nei settori artigianali,
fra i mercanti e gli uomini d’affari delle città. Contemporaneamente la guerra commerciale con
l’Inghilterra crea sacche di disoccupazione e di malcontento popolare. Anche le relazioni tra la corte
di Filippo II e l’aristocrazia locale, che chiede una diminuzione delle imposte, diventano critiche.
Infine, Filippo II rifiuta di mitigare la repressione dell’eresia calvinista. La crisi esplode.

9.3 Repressione e rivolta.

Nel 1565 l’opposizione alla politica religiosa della corona si fa intensa. Un gruppo della nobiltà
minore chiede l’espulsione dai Paesi Bassi dell’Inquisizione e di rivedere la politica religiosa.
Margherita di Parma, governatrice in nome dell’imperatore, cede e con un editto invita le autorità
ad una minor rigidità ad attuare la repressione, con conseguente aumento dei calvinisti.
Le tensioni sociali si fa preoccupante; i calvinisti attaccano le chiese cattoliche.
Alla corte spagnole prevale la linea dura dei falchi che chiedono l’invio di un esercito guidato dal
duca d’Alba per una dura repressione. Il duca d’Alba agendo duramente proprio contro la classe
dirigente locale alla quale si appoggiava Margherita per ottenere il consenso al proprio governo;
Margherita si dimette ed il duca diventa il governatore generale. Il governo di Alba è rimasto
tristemente famoso per la violenza della repressione: vengono eseguite oltre mille sentenze capitali,
molte anche fra la nobiltà locale. Inoltre per il mantenimento del suo esercito il duca impone nuove
tasse che fa crescere l’opposizione. Si giunge alla ribellione aperta motivata con il diritto alla
resistenza al sovrano che compie azioni tiranniche. Guglielmo d’Orange, detto il Taciturno,
costituisce un punto di contatto tra calvinisti olandesi e ugonotti francesi, diventando poi il punto di
riferimento di una rivoluzione condotta in nome della difesa della libertà costituzionale e religiosa.

9.4 La nascita delle Provincie Unite.

L’incapacità del duca di Alba a sconfiggere i ribelli, «i pezzenti del mare», spinge Filippo II a
sostituirlo. Il successore pone fine alla politica del terrore e cerca un accordo con le province ribelli.
Si ripropone il grave problema del finanziamento della guerra; nel 1575, mentre Filippo II dichiara
bancarotta, muore i nuovo governatore dei Paesi Bassi a cui segue l’ammutinamento dell’esercito
che compie saccheggi ed eccessi di ogni tipo contro la popolazione.

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I dirigenti delle provincie leali prendono in mano la situazione e avviano trattative con le province
ribelli d’Olanda e con il principe di Orange per espellere le truppe straniere e congelare la questione
religiosa. - Gand 1576-
Filippo II invia come governatore il fratellastro Giovanni d’Austria, vincitore di Lepanto, il quale in
cambio del ritiro delle truppe e del rispetto delle leggi delle province, ottiene i riconoscimento della
propria autorità e il ripristino del cattolicesimo come religione ufficiale. Ovviamente le provincie a
maggioranza calvinista, Olanda e Zelanda, reagiscono e riprende la guerra: esplodono rivolte
guidate dai calvinisti che si uniscono sotto Guglielmo d’Orange. Le province cattoliche offrono il
posto di governatore al nipote di Filippo II, Mattia d’Asburgo. ma anche questa soluzione fallisce.
I Paesi Bassi sono ormai divisi in due aree: quelle delle Provincie Unite ribelli, a egemonia olandese
e calvinista; la seconda, quelle delle provincie lealiste, vallone e cattoliche.
Le provincie ribelli dichiarano Filippo II spergiuro e tiranno, e cercano un nuovo sovrano nel
fratello del re di Francia, duca d’Angiò, che però non si dimostra all’altezza. Alla morte del principe
d’Orange, assassinato da un fanatico cattolico, il vuoto di potere viene occupato dal conte di
Leicester, fiduciario di Elisabetta d’Inghilterra con cui esisteva un’alleanza antispagnola.
Alla fine gli stati generali delle provincie ribelli decidono di evocare a se la piena sovranità
proclamandosi autorità suprema della nuova entità statale delle Province Unite. (1589).

9.5 La stabilizzazione della repubblica delle Province Unite.

Negli anni successivi, nelle Province Unite prende una forma più definita il regime di tipo
repubblicano con un’ampia assemblea in cui ogni provincia gode di un solo voto. Si afferma
l’egemonia dell’Olanda, la provincia più ricca e popolosa; alla famiglia Orange viene riconosciuto il
comando dell’esercito; e per motivi commerciali viene siglata una tregua con la corona spagnola.
Nei primi anni del Seicento si ripresentano gli scontri fra i fautori di una versione più tollerante
della fede calvinista e i sostenitori intransigenti del riformatore di Ginevra; nonostante questo le
Province Unite riescono a trovare una sostanziale stabilità sino al 1612 quando scade l’armistizio
con la Spagna. Riprende una lunga fase di guerra; le Province Unite colpiscono la monarchia
cattolica nei possedimenti coloniali e nei suoi interessi commerciali. Si giunge infine al trattato di
Munster in cui la corona spagnola rinuncia alle sue pretese di sovranità sulle Province Unite. -1648-

10. Economia e finanze nel secolo dei genovesi.

10.1 Crescita della popolazione e della produzione agricola.

Nei primi decenni del XVI secolo si registra in Europa una crescita della popolazione; la crescita è
diversa da regione a regione. Aumenta anche la popolazione urbana grazie all’afflusso di persone
dalle campagne; grande sviluppo di Londra, Siviglia, Lisbona,Palermo, Napoli, Milano,Venezia.
Alla base delle crescita demografica vi è sia la flessione della mortalità dovuta ed infezioni e altre
malattie, sia l’aumento della natalità dovuto ad fatto che le persone tendono a sposarsi più giovani.
L’aumento della popolazione comporta un notevole aumento della domanda di derrate alimentari ed
una conseguente crescita dei prezzi dei prodotti agricoli; in Francia il prezzo grano cresce di 6 volte
In Europa si arriva ad una «cerealizzazione» dell’agricoltura. Vengono bonificate varie zone in
Francia, Inghilterra, Paesi Bassi, in Italia regioni del Veneto da parte delle Repubblica di Venezia e
del Polesine del duca di Ferrara; la Sicilia diventa il vero e proprio granaio d’Europa.
Ma nel 1590 una nuova carestia, causata da un peggioramento del clima, si abbatte sull’Europa.

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10.2 La produzione manifatturiera.

Anche la produzione manifatturiera si espande sia nel settore tessile, Castiglia a Segovia e Toledo,
sia nella metallurgia per la produzione del ferro –Inghilterra/Svezia - e dell’allume usato per
tingere li tessuti – viene scoperta una importante miniera a Tolfa nello Stato della Chiesa-.
In Italia notevole sviluppo nel settore laniero, a Bergamo, Venezia, Firenze; e nel settore serico,
la produzione nello Stato di Milano, e nelle manifatture seriche di Genova, Bologna, Mantova.
I tessuti di produzione italiana sono di alta qualità e non temono la concorrenza di quelli di lana.

10.3 Il ruolo degli scambi a lungo raggio.

Il mediterraneo resta il cuore dei commerci cinquecenteschi; grano, manufatti tessili e metallici,
spezie, transitano dai porti di Venezia e Genova. Venezia rimane lo snodo più importante nord/sud.
Tuttavia crescono di importanza anche i porti della Castiglia e dei Paesi Bassi; -soprattutto Anversa
Incomincia a farsi sentire l’importanza delle colonie americane per esportazione/importazioni.
Purtroppo la rivolta dei Paesi Bassi contro la corona spagnola finirà col danneggiare Anversa.

10.4 Le finanze dei sovrani e delle repubbliche.

In tutta Europa, dalla metà del XV secolo si registra un aumento della pressione fiscale dovuta:
-sia alla crescita dei prezzi, necessità di adeguare le entrate all’inflazione; - sia alla voce principale
della spesa pubblica: la guerra; nuovi armamenti, introduzioni delle armi da fuoco, aumento del
numero degli eserciti con conseguente necessità di pagare, armare ed equipaggiare molti mercenari.
I governi incrementano la tassazione straordinaria pur incontrando notevoli resistenza da parte della
popolazione e dei ceti privilegiati, vi sono difficoltà anche nel riuscire ad accertare la vera ricchezza
I governi -monarchici o repubblicani- appaltano le riscossione delle imposte a compagnie bancarie.
Contemporaneamente i sovrani ricorrono all’indebitamento a breve; i banchieri senesi e fiorentini
sono specializzati nel trasferire il denaro nelle regioni scelte dai clienti. Gli interessi sono elevati.
In Germania e nelle Fiandre nasce il debito consolidato: emissione di titoli pubblici con rendita fissa
– 7/10%- sottoscritto da mercanti, imprenditori, enti ecclesiastici, aristocratici; gli interessi
provengono da tasse le quali gravano sulle spalle dei ceti umili che vivono di salari.
In Italia, Genova, Venezia, Firenze sono i primi comuni ad istituzionalizzare questo debito pubblico
La corona di Castiglia, Carlo V e suo figlio Filippo II, ricorrono massicciamente a gruppi bancari
tedeschi/genovesi/portoghesi- che forniscono denaro ai suoi eserciti nei luoghi desiderati.
Vista l’enorme somma raggiunta -8 milioni di ducati- dal debito della sua corona, nel 1557,
Filippo II converte in modo forzoso il debito in titoli pubblici al 5%; a causa della crescita continua
del debito questa operazione verrà più volte ripetuta sino ad arrivare alla sospensione dei pagamenti
Anche in Francia l’indebitamento della corona è in continuo aumento e viene finanziato con titoli
pubblici i cui interessi gravano sul gettito delle imposte sui consumi. Ma anche in Francia si finisce
col consolidare il debito, sospendere i pagamenti e Enrico IV -1599- cancella d’autorità i debiti.
Solo lo Stato della Chiesa, caso atipico, pur consolidando il suo debito, riesce a mantenere la fiducia
degli investitori continuando a pagare regolarmente gli interessi.
Altro modo per finanziare le loro esigenze usato dai sovrani è la vendita di incarichi militari,
amministrativi e finanziari al miglior offerente; l’acquirente ottiene la remunerazione e i diritti
legati a quell’incarico. In Francia, nel 1604, sotto Enrico IV, queste vendite crescono sempre più e
nel caso di uffici tradizionalmente appannaggio di nobili, l’acquisto conferisce anche titolo di
nobiltà. Questo tipo di nobiltà –noblesse de robe- rimane distinta dalla nobiltà militare o di spada.

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10.5 Il commercio del denaro.

La venalità degli uffici, l’attività creditizie con prestiti ai monarchi, e gli appalti delle imposte
ottenuti in cambio, consentono a molti finanzieri di acquistare feudi e titoli nobiliari.
I finanzieri, grazie alla credibilità e capacità, raccolgono denaro liquido da molti soggetti, e poi lo
trasferiscono laddove sia richiesto. Con un accordo, chi versa una determinata somma di denaro ad
un banchiere ottiene l’impegno –lettera di cambio- a farsi pagare tale somma nella moneta della
località straniera da lui indicata da parte di un altro banchiere. In questo modo si evita il trasporto
materiale del denaro contante lungo itinerari allora assai pericolosi in tutta Europa.
Sin dal Quattrocento grandi compagnie bancarie – i Medici a Firenze, i Fugger ad Augusta – hanno
creato una rete di agenzie in tutt’Europa. Grazie a Fugger Carlo d’Asburgo riesce a «comprarsi»
il titolo di Sacro Romano Imperatore -1519-. Le lettere di cambio dei vari banchieri vengono
scambiate in apposite fiere quali quella di Lione prima, poi di Genova –dove operano i banchieri
Centurione, Pallavicino, Grimaldi – che danno vita anche la fiera di Besancon in Francia.
Successivamente però il ruolo dei banchieri genovesi diminuisce per la loro esposizione nei
confronti delle corone sempre più indebitate ed a rischio di insolvenza.

10.6 La questione dei prezzi.

L’afflusso di metalli preziosi americani nella seconda metà del Cinquecento è un fatto rilevante per
la storia dell’economia europea. Dapprima si tratta di oro, poi a partire dal 1570, soprattutto di
argento che viene estratto in ricchi giacimenti del Perù e del Messico. Dalla Castiglia l’oro e
l’argento americano defluiscono verso altre aree dell’europea per poter importare manufatti da
inviare nelle colonie e per finanziare la politica e gli eserciti di Carlo V e dei suoi successori.
Alla grande diffusione dell’argento americano in Europa viene attribuito il deprezzamento della
moneta e l’aumento dei prezzi soprattutto del grano e altri cereali; una «rivoluzione dei prezzi».
Ma una più attenta analisi mette in evidenza che la tendenza inflazionistica in Europa era già in atto
prima della scoperta dell’America ed era da ricondurre alla crescita demografica che aumentava la
richiesta di derrate agricole. L’afflusso di metalli preziosi accentuò solo la crescita dell’inflazione.
Sono soprattutto i salariati a subire gli effetti più pesanti degli aumenti dei prezzi; braccianti
agricoli, operai manifatturieri ed edili. Sono colpiti anche i proprietari fondiari che hanno stipulato
contratti di enfiteusi, affitto perpetuo o a lunghissima scadenza, non potendo rinegoziare i canoni.
Ad essere avvantaggiati sono i commercianti e gli imprenditori manifatturieri i quali posso contare
su una notevole disponibilità di manodopera a basso costo, e contemporaneamente possono
aumentare i prezzi di merci e prodotti che essi vendono. Anche i proprietari fondiari che hanno
affittato le loro terre con contratti a breve scadenza possono aumentare gli affitti ad ogni scadenza.

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L’ETA’ MODERNA . (Cap. XI / XX).


di Francesco Benigno.

11. L’affermazione del barocco.

11.1 Ingegno e meraviglia.

L’etimologia della parola «barocco» è controversa; secondo alcuni definisce una figura atipica
del sillogismo aristotelico, secondo altri deriva dalla parola portoghese barocco, che indica una
perla difettosa, dalla forma irregolare. In entrambi i casi col termine barocco si può intendere una
strutturale infrazione a regole date. L’irregolarità, la ricerca dell’insolito, la volontà di stupire sono i
tratti che definiscono il gusto barocco che si diffonde in Europa fra il 1580 e il 1680. Il barocco non
investe solo le arti visive, la letteratura e la musica, ma anche la religiosità, la politica, il costume.
Quasi per reazione alle forme di controllo e coercizione che la Chiesa contro-riformista e gli Stati
esercitano sugli individui, gli artisti cercano l’originalità. La loro ricerca di quanto è trasgressivo,
capriccioso, strano, alternativo, è tollerato e a volte incoraggiato, in ambito artistico e letterario, sia
dai sovrani e dall’aristocrazia, sia dalla Chiesa cattolica, soggetti che sono soliti combattere ogni
tentativo di eversione in campo religioso, politico, filosofico e scientifico.
Grazie al suo ingegno l’artista deve avvicinare oggetti fra loro distanti ed inconciliabili, creando
nessi inediti che li apparentino. L’obbiettivo dell’artista è quello di stupire chi fruisce della sua
opera. Gianbattista Marino ( 1569/1625) «… è del poeta il fin la meraviglia… ». Il dovere
dell’artista è di proporre, utilizzando materiali rari/pregiati, è creando paragoni inconsueti recepiti
solo da chi ha una cultura raffinata ed esclusiva, di creare l’effetto della meraviglia nello spettatore.
Gli artisti elaborano un linguaggio iniziatico e misterioso, costellato di simboli ed emblemi.
La Chiesa controriformista cerca di operare un controllo sulla produzione artistica con la censura.
Paradossalmente, mentre si sviluppa un movimento culturale che sembra rifiutate ogni regola,
cresce il tentativo di arginare e ricondurre entro certi limiti le libertà artistiche che si diffondono.
Questo governo delle arti evidenzia come in un’epoca in cui vengono messi in discussioni valori
religiosi/politici/scientifici/filosofici ritenuti intangibili via sia bisogno di nuovi punti di riferimento

11.2 Lo spettacolo del mondo.

L’intervento del potere politico nella sfera della cultura è finalizzato ad ottenere il consenso dei
sudditi. Per questo, pontefici e sovrani, quando si tratta di arricchire le proprie collezioni personali
si mostrano estremamente raffinati;, mentre, quando l’opera è destinata alla fruizione pubblica,
prediligono oggetti artistici che impressionino per la loro magnificenza.
Il teatro, in particolare è il frutto dell’armonica sinergia fra molteplici arti: pittura, scultura,
letteratura, musica. La spettacolarità del teatro diviene un elemento anche della vita pubblica.
Nel Rinascimento lo spettacolo teatrale era una festa riservata alle corti signorili, nell’epoca barocca
festeggiamenti e celebrazioni si svolgono nelle strade e nelle piazze coinvolgendo l’intera società.
Non solo rappresentazioni teatrali, ma processioni, cortei, giostre, tornei,. Persino gli autos da fé.
L’intera città diviene teatro dove si svolge l’azione spettacolare. In questo periodo molte città
vedono modificata la loro struttura ai fini di modellare lo spazio in modo da migliorare la resa
visiva delle feste pubbliche. Roma è la città dove l’intervento strutturale/decorativo di gusto
barocco è maggiormente deciso. La Chiesa cerca di affascinare quanti vi giungono per attuare la
propria propaganda e contrastare la diffusione di idee protestanti.

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Fra i Cinquecento e Seicento anche le monarchie europee organizzano in maniera pubblica e rituale
i distinti momenti della vita del sovrano, non solo l’incoronazione, le nozze, i battesimi, i funerali,
ma anche i momenti della vita privata e quotidiana. Il cosiddetto «cerimoniale borgognone»
introdotto da Carlo V, si diffonde nelle regge europee e fissa i ruoli e le mansioni dell’aristocrazia
che vive a corte, il tutto finalizzato a sottolineare la sacralità del sovrano. L’esistenza del monarca
diviene spettacolo, la figura del sovrano per diritto e per volontà divina appare rarefatta e preziosa.

11.3 La cultura della Controriforma.

La propaganda controriformista non si esaurisce nel tentativo di affascinare i fedeli con il fasto delle
cerimonie e degli spazi in cui esse si svolgono. La Chiesa cattolica cerca anche di plasmare le
coscienze tanto degli analfabeti –la maggioranza-, con linguaggi artistici e arti visive; quanto gli
alfabetizzati attraverso collegi ed istituti di istruzione in cui opera con l’arma della censura.
Nel 1577, Carlo Borromeo, cardinale di Milano, pubblica un trattato in cui sostiene che l’arte deve
essere al servizio di Dio e che questo principio deve essere trasmesso ai fedeli.
Nel 1594 il cardinale Gabriele Paleotti rimprovera gli errori di rappresentazione degli episodi sacri
da parte dei pittori che ignorano le Sacre Scritture ed esalta la funzione didattica della pittura i cui
prodotti però devono nascere da una stretta collaborazione tra artisti ed ecclesiastici.
Sempre per contrastare la diffusione delle idee protestanti, la Chiesa da vita anche a numerosi
istituzioni educative, scuole di villaggio gestite dai parroci o da ordini religiosi.
La Compagnia di Gesù –gesuiti- spicca per l’opera pedagogica rivolta ai ceti dirigenti. I collegi dei
gesuiti, a cui vengono ammessi gli appartenenti alle più alte fasce sociali, ottengono un enorme
successo e si distinguono per la pianificazione di orari e programmi, la progressione degli studi.
Il numero di questi collegi cresce rapidamente anche perche da essi escono i giovani educati e
seriamente preparati, che andranno a servire i vari sovrani in mansioni civili e militari.
Conseguenza di questo successo è l’enorme crescita del patrimonio della Compagnia dovuto a
lasciti testamentari e a donazioni; accanto alle scuole sorgono convitti per i rampolli aristocratici.
Grande è anche l’influenza della Compagnia sulle università di cui a volte assumono il controllo.

11.4 La politica barocca.

Nel corso dei Seicento la riflessione politica non insiste più sull’autorità e sovranità del principe,
bensì sulla macchina del potere, sui segreti dello Stato. Con la Controriforma si fa strada un’idea
politica cristiana che tenga conto del ruolo centrale dei sovrani per il mantenimento dell’ordine
sociale e politico. Nel 1589, Giovanni Botero nell’opera Della ragion di Stato – in contrasto con
Machiavelli, afferma che ragione di Stato e la conoscenza «dei mezzi atti a fondare, conservare ed
amministrare un dominio.». Per lui il principe deve guadagnarsi i consenso dei sudditi ed è
fondamentale il rapporto fra il potere del sovrano e la Chiesa; il re deve essere un buon cristiano e
sapere utilizzare l’appoggio della Chiesa per la stabilità del proprio potere. Altro tema trattato è
quello della prudenza, non intesa machiavellicamente come cautela nelle azioni di governo, ma
come timore di Dio secondo l’ottica cristiana. Rimane comunque la difficoltà di coniugare i
principi della religione cattolica con il rigore e la crudeltà indispensabili nell’esercizio del potere;
la sincerità con la necessità di dissimulare le proprie recondite intenzioni per poter governare .
Machiavelli aveva sostenuto la necessità per il principe di essere un gran simulatore e dissimulatore;
ora, sull’onda della Controriforma, l’occultamento delle proprie intenzioni è giustificato solo da una
situazione di pericolo, negli altri casi la dissimulazione è da disapprovare.
Nel Seicento, l’attenzione dei pensatori si concentra non sulle regole generali della politica, ma su
quelle appropriate ad affrontare ogni singola situazione o a raggiungere determinati fini.

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12. Un mondo di numeri: la nascita della scienza moderna.

12.1 La rivoluzione celeste.

All’inizio del XVI secolo la visione del cosmo è quella fondata sulla centralità della terra
-geocentrismo- immobile al centro dell’universo. Essa deriva dal filosofo greco Aristotele e dal
matematico Tolomeo di Alessandria; grazie a Tommaso d’Aquino e dottrina ufficiale della Chiesa.
Ogni cosa ha il proprio luogo naturale in base alla minore/maggiore perfezione delle sua essenza.
Ma Niccolò Copernico (1463/1543) formulò un nuova ipotesi, ispirata da Pitagora, in cui il sole era
al centro dell’universo e la terra ruotava circolarmente attorno. La teoria eliocentrica proposta da
Copernico innesca nelle scienza fisiche ed astronomiche un processo rivoluzionario che si
concluderà solo con l’opera dello scienziato inglese Isaac Newton. Ma la rivoluzione copernicana,
a causa delle sue potenzialità eversive viene osteggiata dalla Chiesa, sia Cattolica, sia Protestante.
Le idee di Copernico trovano ulteriore sviluppo nelle teorie di Giovanni Keplero sulle orbite celesti.

12.2 Il metodo sperimentale: Galileo Galilei.

In Italia, Galileo Galilei (1564/1642), matematico dell’università di Pisa, si muove sulle orme di
Copernico e Keplero. Egli, convinto che per studiare la natura sia necessario osservarne le
caratteristiche primarie e reali, che sono quantificabili, basa il suo metodo di ricerca sulla
formulazione di un’ipotesi e nella sua verifica sperimentale. - esperimenti sul moto dei gravi, ;
scoperta della legge delle piccole oscillazioni del pendolo ( isocronia ). Per poter verificare le sue
ipotesi egli fabbrica anche nuovi strumenti: il più straordinario è il telescopio; con questo strumento
può osservare e studiare vari satelliti - Giove, Venere, Saturno - e anche le mari della Luna. Questi
suoi studi consolidano la teoria eliocentrica a scapito di quella geocentrica sostenuta dalla Chiesa.
Galileo à molto considerato dagli altri studiosi per le sue scoperte astronomiche che però si
scontrano con l’interpretazione ufficiale della Bibbia da parte della Chiesa. Nel 1616 l’Inquisizione
condanna le teorie copernicane in quanto contrarie alla verità bibliche, anche Galileo è ammonito.
Egli cerca di convincere gli studiosi della fondatezza delle sue teorie, però senza riuscirci.
Nel 1633, viene processato dall’Inquisizione e condannato alla pubblica abiura, ritrattazione
dell’eliocentrismo, e alla carcerazione a vita che sconterà presso Firenze ; dove peraltro continuerà
la sua opera di ricerca e scrittura gettando le fondamenta di una scienza del moto.

12.3 Una nuova medicina.

Anche in campo medico, tra Cinque e Seicento, si registrano scoperte che modificano l’idea del
corpo umano che si è sviluppata nella cultura europea. Partendo dalla rilettura dei testi del greco
Galeno (129/201), Andrea Vesalio (1514/64) docente dell’università di Padova, elabora un testo che
attraverso le tavole allegate, dimostra di voler studiare direttamente i corpi, senza pregiudizi.
Anche Girolamo Fabrici (1533/1619), combinando lezioni teoriche con ricerca pratica, crea il
primo teatro anatomico nel quale si operano le dissezione dei cadaveri sotto gli occhi degli studenti.
Fabrici si concentra sulle valvole venose che fanno affluire il sangue venoso al muscolo cardiaco.
Un suo studente inglese, William Harvey si dedica allo studio del cuore giungendo ad illustrare i
meccanismi delle circolazione, e la centralità del cuore nel sistema circolatorio. Harvey compie una
serrata opera di sperimentazione attraverso la dissezione dei cadaveri e la vivisezione di animali.

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12.4 L’universo come macchina.

Le esperienze compiute in campo fisico, astronomico e medico concorrono alla nascita del
«meccanicismo»; una concezione del mondo contraria sia all’aristotelismo, sia al naturalismo.
Thomas Hobbes, Martin Mersenne, Pierre Gassendi, sono i principali intellettuali secondo i quali la
conoscenza delle leggi del moto è sufficiente a spiegare l’intero universo. L’universo è composto da
corpi che si muovono continuamente, conoscere le leggi matematiche del moto consente di far
comprendere nella sua realtà la struttura cosmologica.
Il filosofo Cartesio (1596/1650) afferma che il mondo naturale è composto essenzialmente da
materia in movimento, l’universo è uno spazio dove i corpi si urtano in un continuo movimento di
traslazione; le sue idee non derivano dall’osservazione delle realtà, ma da una deduzione logica.
Egli invita lo scienziato a chiedersi come i corpi danno vita agli avvenimenti in natura e non perché.
L’universo è un’enorme macchina i cui ingranaggi sono tutti ugualmente importanti e necessari.
Il pensiero meccanicistico conduce al materialismo di Hobbes per il quale i concetti morali di bene
e male non derivano dai comandamenti divini, ma dal movimenti dei corpuscoli materiali che
incontrandosi col corpo umano generano le passioni del piacere (bene) e del dolore (male).
Il vero punto di svolta nel pensiero filosofico/politico europeo è dato dall’opera di Isaac Newton
(1642/1727): per lui non è importante studiare la causa ultima del moto, ma analizzare il modo in
cui una forza opera e descriverla in termini di legge matematica. Egli giunge ad elaborare e
dimostrare la legge di gravitazione universale. A questo punto l’universo può essere concepito come
del tutto indipendente dall’ordine divino; solo la perfezione dell’universo prova l’esistenza di Dio.

12.5 I lunghi del sapere: università e accademie.

Sin dal basso Medioevo l’università è il principale luogo di trasmissione dell’alta cultura.
Nel cinquecento il loro numero cresce; le principali sono:Bologna/Padova/Parigi/Oxford/Salamanca
Si studia Diritto, Filosofia, Medicina; la lingua di comunicazione del sapere resta il latino.
Gli studenti devono apprendere mnemonicamente conoscenze, spesso obsolete, nozionistiche.
L’università non è un luogo di ricerca, i docenti stessi spesso non lo amano,considerandolo un posto
dove ci si guadagna da vivere; anche Galileo, docente all’università di Padova, conduce altrove i
suoi studi e le sue ricerche private sull’eliocentrismo.
Il luogo del vero confronto intellettuale è l’accademia, una struttura informale dove si incontrano
periodicamente appassionati di una determinata disciplina per discutere di singole questioni.
In Italia: Accademia dei Lincei, a cui si affilia anche Galileo; Accademia del Cimento; Accademia
degli Investiganti a Napoli. Questi sodalizi però sono a volte minati dagli attacchi dell’Inquisizione.
In Francia: Academie Royale des Sciences, fondata per volere di Luigi XIV, nel 1666, i cui
componenti percepiscono un salario dalla corona per dedicarsi alla sperimentazione delle scienze.
In Inghilterra : Royal Society of London , fondata come sodalizio privato nel 1660.

13. Tra guerre e rivolte: la crisi politica di metà Seicento.

Durante gli anni Quaranta del XVII secolo un terremoto politico investe le grandi monarchie
europee. In Spagna, Filippo IV mentre torna alla guerra contro le Province Unite, per la mai risolta
crisi nei Paesi Bassi; scoppia la ribellione della Catalogna e Portogallo che vogliono la secessione;
nel 1647 esplodono ribellioni a Palermo, Sicilia e poi a Napoli dove viene proclamata la repubblica.
In Francia, Anna d’Austria, reggente per conto del futuro Luigi XIV, si trova a fronteggiare una
rivolta, chiamata Fronda, cappeggiata dal parlamento di Parigi che vuole allontanare il primo
ministro il cardinale Giulio Mazzarino. Ne deriverà una lunga e pericolosa guerra civile.
In Inghilterra, Carlo I che governa dispoticamente introducendo nuove tasse si scontra con il
Parlamento, una rivolta che porterà alla decapitazione del sovrano a alla repubblica inglese.
Tutte questi crisi, che si risolveranno con esiti diversi, presentano però tratti comuni.

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13.1 Lo scenario: la guerra dei Trent’anni,

A partire dagli anni Sessanta, i Sacro Romano impero è attraversato da profondi conflitti religiosi.
La controffensiva del cattolicesimo, è guidata dalla Compagnia di Gesù nella formazione spirituale.
Mentre nella Germania centro-settentrionale la nobiltà è in maggioranza luterana, nella parte
meridionale rimane/ritorna cattolica - Baviera, Austria . Anche il calvinismo crea nuova instabilità.
All’’iniziale liberta di confessione religiosa, vista l’aggressiva intransigenza dei gesuiti, i principi e
le città luterano/calviniste costituiscono la lega Unione evangelica, sotto Federico IV del Palatinato.
Anche i principi cattolici danno vita alla Lega cattolica, sotto la guida di Massimiliano di Baviera.
La tensione è alimentata anche dal fatto che l’imperatore Mattia d’Asburgo, privo di eredi, designa
successore Ferdinando di Stiria, cattolico intransigente. Alla morte di Mattia, i boemi rifiutano di
riconosce Ferdinando come loro sovrano ed eleggono Federico V, capo dell’ Unione evangelica.
Però, nel 1620, le truppe imperiali e quelle della Lega cattolica sconfiggono i boemi, impongono
il cattolicesimo con saccheggi, confische, rieducazione forzata invadendo il Palatinato.
Successivamente l’egemonia cattolica, che preoccupa le potenze europee protestanti, viene attaccata
sia in Germania, sia in Italia settentrionale. Ma l’affermazione delle truppe asburgiche portano ad
un mutamento degli equilibri religiosi nell’impero; Ferdinando II (1619/37) ordina ai principi
protestanti di restituire i beni ecclesiastici confiscati cercando di accrescere il suo potere.
Sebbene l’imperatore rinunci poi alla restituzione dei beni da parte dei principi protestanti, sembra
che gli Asburgo abbiano di fatto vinto la partita dell’egemonia politica europea.
A questo punto è la Francia che decide di intervenire con le armi a sostegno dei rivali dell’impero.
Con l’intervento della Francia, in un conflitto che dura dal 1618, gli equilibri militari mutano a
sfavore degli Asburgo. Si giunge alla pace di Vestfalia -1648- che sancisce il tramonto del disegno
egemonico degli Asburgo. La Spagna è costretta a firmare la pace con le Province Unite.
Inoltre vengono riconosciute come Stati regionale la Confederazione svizzera e la Svezia.
Successivamente la pace con la Francia, - Pirenei 1659- ridimensiona ulteriormente il ruolo di
Madrid nella competizione per l’egemonia europea. Inizia il periodo del predominio continentale
francese a cui si sottraggono sole le potenze navali e commerciali: Inghilterra e Province Unite.

13.2 Ministri - favoriti.

La crisi politica di metà Seicento è conseguenza della lunga guerra e della divisione religiosa.
La disperata ricerca di denaro necessario ad armare gli eserciti, spinge le corone ad imporre nuove
tasse ed a ricorrere ai finanziamenti dei banchieri; anche la lotta tra cattolici e protestanti è
importante. Va però sottolineato che non è tanto la fiscalità in quanto tale che da vita alle ribellioni,
quanto piuttosto la sua legittimità, i motivi per cui vu si ricorre, l’uso che si fa dei soldi raccolti;
anche i vari conflitti non sono tutti da imputare alla rivalità cattolici/protestanti - es. rivolte di
Napoli e Catalogna- quanto piuttosto una condanna dei metodi assolutistici dei governi, condanna
presente anche i tutte i le guerre cattolici/protestanti.
La figura del favorito, un amico del sovrano che riceve, in cambio dei suoi consigli, speciali onori,
esisteva già nel medioevo, ma nella prima metà Cinquecento viene a perdere peso perché i sovrani
cercano di garantire stabilità alla loro corona assegnando a ciascuna delle varie fazioni cortigiane
un qualche riconoscimento.
Questa prassi viene per la prima volta modificata da Filippo III (1598/1621) che concede al suo
favorito Francisco Gomez, duca di Lerma, un enorme potere, in pratica governa al suo posto.
L’esempio spagnolo viene imitato in Inghilterra - a fianco di Giacomo I / George Villiers; in
Francia Maria dei Medici, vedova di Enrico IV, reggente per il figlio Luigi XIII / Concino Concini -

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Il potere autocratico dei sovrani va diminuendo, contemporaneamente il controllo delle decisioni


politiche da parte di una sola persona che non è il re polarizza il sistema politico in due fronti.
Gli esclusi tendo a coalizzarsi per dimostrare di essere in grado di sostituire validamente il favorito,
l’opposizione attua una resistenza o renitenza che rende problematica l’attuazione di certe politiche.
Per i sovrano diventa necessaria una mutazione di governo.

13.3 Il governo straordinario e la guerra.

All’ascesa al trono di Filippo III -critico nei confronti del padre- vi è un nuovo cambiamento nella
corte spagnola; il nuovo sovrano si circonda di uomini intenzionati a difendere la monarchia
cattolica dal declino. Nella nuova classe dirigente emerge il conte di Olivares, detto poi conte-duca.
La spagna riprende la guerra nei Paesi Bassi e interviene militarmente a sostegno degli Asburgo
d’Austria. Olivares, il valido , cerca di imporre tributi anche fuori dalla Castiglia, agli altri territori.
Ma sono gli stessi aristocratici della Castiglia che ostacolano questo progetto, temendo di perdere
potere; una condivisione degli oneri avrebbe portato anche quella degli onori. Il Conte - Duca, per
evitare che l’opposizione della classe dirigente esistente, ricorre a mezzi straordinari cercando di
creare nuovi luoghi decisionali: giunte speciali di ministri, e per assicurare la concreta esecuzione di
quanto deciso, colloca suoi uomini di fiducia nei punti strategici dell’amministrazione. Non si tratta
più della tradizionale fedeltà al sovrano, ma di una fedeltà al suo Valido ed alle sue direttive.
Il favorito, alter ego del sovrano di cui ha plagiato la volontà, dispone, di un potere dispotico.
Questo stile di governo straordinario e di guerra: un favorito dotato di tutti i poteri, pur essendo
bollato dai contemporanei come arbitrario e illegittimo, diventa comune alle grandi monarchie.
In Inghilterra, il duca di Buckingham, il favorito di Carlo I, viene accusato di essere un usurpatore.
In Francia, Maria dei Medici si affida al duca e cardinale Richelieu che contemporaneamente
combatte gli ugonotti in Francia e all’estero, finanzia i protestanti nella guerra dei Trent’anni.
Per consolidare il suo potere il cardinale crea una potente rete di legami personali familiari e pone
suoi uomini di fiducia a sorvegliare i governatori per contrastarne la lentezza e l’opposizione.
Egli afferma che in circostante speciali può agire in violazione dei normali vincoli, potere assoluto.
Tali teorie legittimano una serie di misure straordinarie, notevole incremento della pressione
fiscale,
usando anche l’esercito per reprime le rivolte nelle campagne e ridurre al silenzio le voci critiche.

13.4 Tempi di rivolta.

Le profonde innovazioni nel rapporto tra il sovrano e i sui sudditi e nella distribuzione del potere
provocano resistenze da chi non approva i nuovi metodi, e non di rado la ribellione popolare.
Nei territori iberici, l’ostilità nei confronti di Olivares induce l’aristocrazia a progettare congiure;
nel 1640, Catalogna e Portogallo si ribellano, accusando Olivares di continue violazioni delle
proprie libertà e privilegi; i catalani dichiarano rotto il vincolo di fedeltà agli Asburgo cercando
aiuto presso il sovrano francese. Solo dopo una lunga guerra Filippo IV pone fine alla ribellione.
I ribelli portoghesi si richiamano alla tradizione dinastica autoctona, prima della conquista del
Portogallo da parte di Filippo II; la nobiltà decide di affidare il trono a Giovanni IV di Braganza.
A seguito di queste ribellioni, Filippo II allontana Olivares ed allarga la cerchia del governo alle
famiglie aristocratiche contrarie al Duca - Conte.
Ma la pressione fiscale continua a crescere e causa la rivolta di Palermo; inizialmente a Napoli il
popolo si scaglia contro la nobiltà accusata di essere filo francese; poi il popolo, dapprima guidato
dal pescivendolo Masaniello, accusa i ministri spagnoli di aver violato un contratto implicito tra
governati e governati garantito da Carlo V. Quando Masaniello viene ucciso dai suoi stessi
compagni, la rivolta si estende alle campagne.
La flotta spagnola bombarda Napoli che, rotta la fedeltà alla corona, proclama la repubblica che;
però cade nei mesi successivi, a causa di rivalità interne alla repubblica, e di azioni militari spagnole

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In Francia: il nuovo ministro-favorito della regina madre Anna d’Austria è il cardinale Mazzarino
che incontra la resistenza dalle corti riunite del Parlamento di Parigi appoggiato dal popolo cittadino
Il Parlamento decide l’abolizione di norme ritenute inique: arresto arbitrario, aumento del prelievo
fiscale, invio di commissari straordinari, creazione di giunte speciali di governo. I rivoltosi vengono
definiti con disprezzo frondeurs, quelli che scagliano pietre con la fionda; essi però vanno
orgogliosi di questo epidoto perché richiama l’immagine biblica di Davide che uccide Golia.
Mazzarino, fuggito da Parigi nel 1648, invia l’esercito contro i rivoltosi della capitale; ne deriva una
lunga e sanguinosa guerra civile, tutti coloro che hanno subito il regime straordinario si oppongono.
Alla fine, la maggior potenza finanziaria di Mazzarino, unita all’incapacità dei rivoluzionari di
ottenere la convocazione degli Stati Generali, portano alla conclusione della rivolta (1653).
Resta, in un paese devastato, la lezione che l’uso del potere arbitrario esercitato da una autorità
ritenuta illegittima ha un preciso limite, oltre il quale provoca inevitabilmente la rivolta dei sudditi.

14. La rivoluzione inglese.

Nel 1603, alla morte di Elisabetta I, si estingue la dinasti dei Tudor; la corona passa al nipote
Giacomo Stuart (1566/1625) re di Scozia. Giacomo - IV di Scozia e I d’Inghilterra - era figlio di
Maria Stuart - la regina cattolica di Scozia fatta imprigionare e poi giustiziare da Elisabetta I.
Giacomo si trova a governare sia sulla Scozia, - paese convertito al calvinismo, dedito
all’allevamento e governato dal una forte nobiltà, da un Parlamento e dalla chiesa calvinista - ;
sia sull’Inghilterra, - paese con una ricca agricoltura, un artigianato attivo e un commercio
marittimo in espansione, governato da un Parlamento in cui la camera dei Lord rappresenta la
nobiltà e l’alto clero; la camera dei Comuni il resto della popolazione; la religione è anglicana. -
la situazione religiosa ed ecclesiastica è particolarmente complessa: Elisabetta I aveva cercato di
non radicalizzare le differenza tra anglicani e cattolici ancora molto presenti in Irlanda, in cui nella
regioni del nord -Ulster - si erano insidiate comunità presbiteriane; come in Scozia il calvinisti.

14.1 L’Inghilterra di Giacomo I Stuart.

Introdurre un’uniformità religiosa appare un dovere imprescindibile perché la compresenza di


diverse fedi potrebbe condurre alla sedizione ed alla distruzione dei regni - Inghilterra e Scozia. -.
Di fatto Giacomo I, pur cercando di aumentare il suo controllo nel campo religioso, evita di aprire
gravi contenziosi su questo terreno tollerando la coesistenza di religioni diverse, anche la cattolica.
Anche il progetto di fondere la due corone, unendone le istituzioni, viene respinto dal Parlamento.
Innegabile la profonda differenza tra il mondo scozzese e la grande metropoli di Londra; il re stesso
e la sua corte di giovani dediti alla caccia ed ai bagordi suscita diffidenza nell’aristocrazia inglese;
solo la riconferma di Robert Cecil, ministro prediletto di Elisabetta, è una garanzia per l’aristocrazia
Pure in Inghilterra si impone lo stile suntuoso e economicamente caro delle altre corti europee.
Le entrate finanziare della corona sono: rendite di terre regie, tariffe doganali, proventi feudali.
Solo in caso di guerra il Parlamento può autorizzare nuove tasse. Ma sia l’inflazione, sia la
propensione alle spese di Giacomo rendono le entrate statali insufficienti. Si ricorre alla vendita di
uffici e di titoli nobiliari, riuscendo però a sanare solo parzialmente la grave situazione finanziaria.
Il sovrano è obbligato chiede nuove tasse al Parlamento, sempre molto restio a concederle.
Sotto Elisabetta, l’Inghilterra era stata il principale alfiere della lotta antiasburgica e il sostenitore
della resistenza anticattolica in tutt’Europa. Giacomo I preferisce il ruolo di mediatore e pacificatore
La Francia, pur rimanendo in paese cattolico, uscita dalle guerre di religione appariva più tollerante.
Contemporaneamente in Francia con la stabilizzazione politica, risorge lo spirito di rivalità nei
confronti con la Spagna; questo atteggiamento e ben visto da Giacomo che spera di sfruttarlo
Il Parlamento inglese è però più propenso ad un netto impegno anticattolico in politica estera.

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La posizione attendista del sovrano inglese nella guerra dei Trent’anni in cui i protestanti, guidati da
Federico V del Palatinato, vengono sconfitti dall’imperatore Ferdinando II e dalla Lega cattolica,
risulta incomprensibile; proprio mentre la Spagna riprende la guerra contro le Provincie Unite.
I calvinisti inglesi - i puritani - tornano ad intensificare la loro campagna anticattolica.
Anche il matrimonio dell’erede Carlo con Enrichetta Maria, sorella del re di Francia, e la
conseguente concessione della libertà di culto cattolico a Londra per la corte della regina, introduce
un elemento di scarsa sintonia con gli umori della Nazione espressi dal Parlamento inglese.

14.2 Una stella fissa: Buckingham.

La fulminea scesa a corte dei George Villiers (1592/1628), - nobile minore e uno dei più ricchi
signori d’Inghilterra, divenuto duca di Buckingham suscitò diffusa avversione fra gli aristocratici.
Dotato di indubbie qualità, Villiers era riuscito, grazie alla sua posizione privilegiata nell’entourage
del sovrano, a raggiungere una posizione di primato sul piano politico. L’emergere anche in
Inghilterra di un sistema cortigiano dominato da un’unica fazione dominante, come già succedeva
nelle altre corti europee, deve tener conto di una particolarità inglese: il controllo della corte non
garantisce automaticamente quello del Parlamento.
Alla morte di Giacomo I, e con la successione di Carlo sul trono inglese, (1625) cade anche la
speranza di un’alleanza con la Francia in funzione antispagnola con la pace firmata da francesi.
La prospettiva di un trionfo cattolico si sovrappone alle avvezione per lo strapotere di Buckingham.
Il Parlamento è favorevole ad una guerra navale che colpisca la Spagna nelle sue ricche colonie.
Carlo I scioglie il parlamento che era entrato in aperto contrasto con Buckingham il quale impone
un prestito ai sudditi abbienti; la Camera dei Comuni richiede al re -in cambio dei sussidi richiesti -
di firmare una Petition of right, che proibisca per il futuro nuove tassazioni da essa non autorizzate.
Il successivo assassinio di Buckingham, accolto con manifestazioni di gioia, aggrava la situazione.
Il sovrano decide di prendere in mano la situazione e torna a sciogliere il Parlamento (1629).

14.3 La manovra personale di Carlo I.

Durante gli undici anni di governo diretto da parte di Carlo I (1629/40), si verifica un progressivo
scollamento fra la corte (the Court) e il paese (the Country). Il re, non volendo convocare il
Parlamento, ricorre a banchieri/mercanti per finanziarsi concedendo privilegi e monopoli
commerciali, e imponendo anche ai sudditi imposte e dazi e reprimendo duramente ogni dissenso.
In campo religioso, il sovrano appoggia l’arminianesimo - versione moderata del protestantesimo -
tentando la via della mediazione nel complicato puzzle religioso dei suoi regni; ma questo provoca
una reazione da parte dei gruppi puritani che porta alcune sette ad emigrare in America del Nord.
In politica estera -guerra dei Trent’anni -, la posizione defilata se non filo spagnola di Carlo I, che
rovescia il tradizionale appoggio alle Province Unite ed ai principi protestanti tedeschi crea
disorientamento e timori nella corte inglese,rimarcati dall’arrivo di Maria de Medici -regina madre-.
Anche le Chiese d’Irlanda e di Scozia si ribellano al tentativo del re di uniformarle
all’anglicanesimo: Di fronte all’aperta ribellione della Chiesa presbiteriana Scozzese, Carlo I arriva
ad inviare una spedizione militare che viene però sconfitta, il re è obbligato a recedere.
Nel 1640, Carlo I è, suo malgrado, obbligato a convocare il Parlamento per finanziare la guerra .

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14.4 Una guerra civile.

Appena convocato il Parlamento chiede di discutere prima sulle proprie rimostranze alle corona e
solo dopo delle richieste finanziare per la guerra agli scozzesi. E così, dopo appena tre settimane,
il sovrano decide di licenziare il Parlamento (Short Parlament) e far arrestare alcuni componenti.
Le trattative con gli scozzesi si complicano poiché essi pretendono un elevato risarcimento
finanziario per i loro costi di guerra. Carlo I è costretto a riconvocare il Parlamento che di fatto non
si sarebbe più fatto sciogliere (Long Parlament). L’azione del Parlamento ha il sostegno popolare.
Viene chiesto al re di firmare un decreto di colpevolezza per tradimento contro il conte di Strafford
suo primo ministro; sotto la pressione dell’opinione pubblica londinese Carlo I cede, finendo col
firmare la condanna a morte di Strafford che verrà decapitato nel 1641. Successivamente il
Parlamento ribadisce l’incostituzionalità ed illegalità di ogni tassazione senza consenso
parlamentare ed ordina lo smantellamento di tutto l’apparato di governo volto alla repressione.
A questo punto però il Parlamento incomincia a dividersi su come affrontare altri provvedimenti,
mentre vi è accordo sul limitare il potere del sovrano, sorgono disaccordi su come procedere nel
governare il Paese. Vi è chi sostiene che il Parlamento deve tornare a svolgere solo una funzione di
controllo sull’operato di governo esercitato dal sovrano e dai suoi consiglieri; altri propendono per
una più stretta tutela da parte del Parlamento sul sovrano che ha mostrato ripetutamente di voler
accrescere la sua autorità sottraendosi ai controlli previsti e assumendo posizioni filocattoliche.
Nel 1641, un’improvvisa rivolta cattolica nell’Irlanda sconvolge gli equilibri politici del paese.
L’opposizione parlamentare, guidata da John Pym e forte di un sostegno extraparlamentare, vota
una proposta di sussidio alla spedizione repressiva in Irlanda condizionandola però al controllo sulla
scelta del comando militare non fidandosi delle reali intenzioni del re. A questo punto, Carlo I tenta
l’azione di forza ordinando l’arresto dei leader dell’opposizione che riescono però a fuggire e a dar
vita ad agitazioni popolari e a manifestazioni di protesta. Il re si ritira a York, coi suoi fedeli.
Nel 1642, con il reclutamento di un esercito di volontari da parte di Carlo I, inizia la guerra civile.
Il Paese si spacca in due: le regioni del Nord e del Sud-Ovest con il sovrano; Londra, l’Est ed il
Sud-Est con il Parlamento. Da un punto di vista sociale, la maggioranza dei Lord e della piccola
nobiltà rurale rimane fedele al re; gli artigiani e i ceti professionali sostengono il Parlamento.
Gli scontri militari tra le forze realiste e quelle parlamentari, alleate con gli scozzesi, hanno un esito
incerto: le seconde, a nord, grazie all’aiuto scozzese, controllano le province settentrionali; mentre
le truppe regie guadagnano terreno a Sud-Ovest.

14.5 La sconfitta di Carlo I e la proclamazione del Commonwealth.

Nel 1645, l’esercito regio viene sbaragliato a Naseby, dall’esercito avversario che nel frattempo è
stato riorganizzato e messo sotto il comando di Oliver Cromwell (1599/1658); i re si arrende alle
truppe scozzesi che, nel 1647, lo consegnano al vittorioso schieramento parlamentare.
Il panorama politico appare ora ben diverso dall’inizio della guerra civile. Vi è un partecipazione
alla vita politica da parte di forze e soggetti che ne erano tradizionalmente esclusi. Anche l’esercito,
attraversato da forti correnti radicali, è una di questi nuovi soggetti politici con cui confrontarsi.
Tra i soldati, come tra gli artigiani, si discute liberamente della forma di governo e dei rapporti
Stato/Chiesa; delle radici e della legittimità dell’autorità. Per quanto riguarda la Chiesa si
confrontano tre posizioni: - la prima, propone una purificazioni da riti cattolici; -la seconda,
presbiteriana, sostiene l’omologazione della chiesa inglese a quella scozzese; - la terza, propone di
lasciare spazio alle autonomia delle libere assemblea, pur nel quadro di una Chiesa nazionalista.
Nascono gruppi religiosi antitetici come quaccheri o battisti, un variegato universo di idee
anticonformiste. Il dibattito religioso arriva ai limiti della tolleranza religiosa.

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A Londra, gruppi radicali, come i livellatori, non solo propongono tolleranza religiosa, ma anche
l’elezione di un nuovo Parlamento a suffragio generale maschile, sull’esempio olandese, con una
evoluzione in senso democratico ed antiautoritario, propugnano radicali riforme economiche/sociali
Un movimento radicale, detto degli indipendenti, chiede lo scioglimento del Parlamento, la sua
totale riforma ed il mantenimento della linea di fermezza nella trattative con il re. La maggioranza
parlamentare è invece favorevole a una conciliazione con Carlo I, che intanto cerca di prendere
tempo nel tentativo di riorganizzarsi militarmente anche alleandosi con gli scozzesi.
Nel 1647, la decisione parlamentare di sciogliere l’esercito suscita l’ammutinamento delle truppe;
la protesta è guidata da Oliver Cromwell; nell’infuocato dibattito che ne segue vengono avanzate
idee che ancor oggi sorprendono per la loro modernità: tutti i cittadini hanno uguali diritti politici e
la conseguente facoltà di eleggere i loro rappresentanti, la sovranità risiede nel popolo, il potere
della corona va molto limitato e la Camera dei Lord addirittura abolita.
Nel 1647, Carlo I riesce a fuggire; mentre il parlamento soffoca le insubordinazioni nell’esercito e
limita molto il potere dei livellatori. Nel 1648, un esercito scozzese invade l’Inghilterra, ma viene
sconfitto dalle forze parlamentare che hanno ritrovato una temporanea unità di intenti.
Però subito dopo questa vittoria, lo schieramento inglese torna a dividersi: l’esercito vuole
processare il sovrano, mentre il Parlamento cerca nuovamente una possibile mediazione.
Un reggimento dell’esercito «purga» il Parlamento espellendone gli elementi più conservatori;
il sovrano viene processato, condannato a morte e decapitato, in nome del popolo il 30 gen.1649.
Tre mesi dopo, la Camera dei Lord è abolita e proclamata la repubblica, il Commonwealth.

15. Il Seicento fra crisi e trasformazione.

15.1 Gli aspetti demografici.

Sul finire del Cinquecento una serie di cattivi raccolti causa una gravissima carestia che sfocia in un
aumento del tasso di mortalità ed una diminuzione del tasso di natalità. Anche le epidemie di peste
mietono numerose vittime, soprattutto nelle varie città europee. - Genova, Barcellona, Londra -
Nel 1618, lo scoppi della guerra dei Trent’anni, che interessa Germania, Boemia, Danimarca,
Francia e Italia, con il suo seguito di devastazioni ed epidemie aggrava la crisi demografica.
Per tutto il Seicento vi è un calo demografico in tutto il continente ad eccezione delle isole
britanniche, paesi scandinavi e Province Unite. Anche in Italia si registra una notevole diminuzione.

15.2 I problemi del mondo rurale.

Per analizzare la stagnazione/diminuzione della popolazione nel Seicento bisogna partire dalle
vicende dell’agricoltura europea. Secondo l’economista inglese Robert Malthus (1766/1834), la
scarsità dei raccolti è da imputare all’arretratezza delle conoscenze tecniche e alla scarsezza di terra
di buone qualità; si estendeva l’estensione dei terreni coltivati, ma si trattava di terre povere.
Secondo altri studiosi bisogna piuttosto guardare ad altri fattori di natura sociale e culturale come la
polarizzazione della ricchezza, la sua concentrazione nelle mani di alcuni gruppi sociali.
Le popolazioni urbane e rurali costrette a spendere per alimentarsi buona parte del loro reddito a
causa dell’inflazione che ha fatto lievitare il prezzo delle derrate agricole. In campagna alla
diminuzione dei redditi reali si aggiunge un aumento dei canoni di affitto dei terreni. Ad arricchirsi
sono i medi e grandi proprietari terrieri i quali però non investono per aumentare la produzione.
I ceti aristocratici, preoccupati di salvaguardare la propria preminenza sociali, cercano di mantenere
integri i loro patrimoni; - fedecommesso: stabilisce la linea successoria, con divieto di vendita -
I nobili sono più impegnati ad edificare palazzi e chiese e a costituire doti per le figlie.

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La scarsa diversificazione delle colture;- la diversità avrebbe potuto produrre una compensazione
tra colture colpite da eventi atmosferici e altre meno colpite - e la riduzione dell’allevamento che
diminuisce la disponibilità di concime per i campi impoveriscono il suolo = meno raccolto.
Inoltre, il raffreddamento del clima iniziato alla fine del Cinquecento, e che si protrarrà sino a metà
dell’Ottocento, - una piccola era glaciale - rende più frequenti le cattive annate agricole. Le rese
agricole restano stazionarie o diminuiscono per tutto il Seicento. Si innesca un circolo vizioso:
caduta della domanda / diminuzione dei prezzi delle derrate invendute, si torna anche
all’allevamento, i pascoli, i boschi ed anche i terreni incolti aumentano.

15.3 La nascita di una nuova gerarchia nella produzione manifatturiera.

Nel Seicento si verificano mutamenti negli equilibri economici europei: non tutte le regioni
reagiscono allo stesso modo alle crisi causata dalla diminuzione di domanda. In alcune regioni vi è
un vero e proprio tracollo produttivo: industrie tessili della Castiglia e della Catalogna a causa della
concorrenza inglese e italiana. In territori dei Paesi Bassi ci si specializza in fabbricazione di tessuti
di buona qualità e nella produzione del lino. L’Inghilterra accresce notevolmente le proprie
esportazioni di manufatti di lana colpendo notevolmente la produzione tessile dell’Italia.
La diminuzione del reddito di chi poteva comprare le stoffe di alta qualità italiane restringe la
domanda che si sposta verso stoffe di bassa qualità e prezzo contenuto. Si rafforzano i produttori
che riescono a diminuire i costi, specie quello della manodopera, -magari a scapito della qualità -
Le manifatture italiane, che producevano stoffe di qualità, perdono competitività e diminuiscono.
I pubblici poteri impongono misure protettive per salvaguardare le produzioni locali.

15.4 Verso nuovi equilibri negli scambi commerciali.

Lo sviluppo delle manifatture inglesi e olandesi, e la crisi di quelle fiamminghe ed italiane ridisegna
la gerarchia economia europea, non con un tracollo improvviso, ma con una progressiva perdita di
un primato produttivo e commerciale. Elemento importante di questo mutamento è il quadro
demografico; nell’Europa nord-occidentale cresce sia la popolazione, sia l’urbanizzazione; mentre
nell’area mediterranea calano entrambi questi dati portando ad una contrazione della domanda
urbana delle derrate agricole e conseguente a minor commerci.
Venezia perde al sua centralità anche nel commercio delle spezie con il Levante; olandesi ed inglesi
cominciano a circumnavigare l’Africa, violando il monopolio dei portoghesi, importano dall’Asia.
La guerra dei Trent’anni, bloccando il flusso di merci, da il via alla lento declino di Venezia.
Anche Genova subisce gli effetti della stagnazione dei commerci mediterranei.
Solo Livorno, grazie a sgravi fiscali, diventa un centro commerciale di olandesi, inglesi, francesi,
che conquistano l’egemonia dei traffici mediterranei. Le esportazioni italiane sono sempre più
rappresentate da derrate agricole e da materie prime , non più da manufatti. In questo periodo
assume particolare importanza l’esportazione di seta grezza o semilavorata legata al largo sviluppo
della gelsicoltura e di alcuni centri manifatturieri, non più urbani, ma operanti nelle campagne.

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16. Divisione dei poteri, libertà, ricchezza: il modello di società olandese e inglese.

Tra il 1566 ed il 1648, la monarchia Asburgo di Spagna viene tenuta in scacco dalla rivolta dei
Paesi Bassi; la vittoriosa resistenza delle Province Unite rappresenta una sconfitta delle ambizioni
egemoniche europee degli Asburgo, confermando anche l’impossibilità di imporre la
restaurazione del cattolicesimo.
Nelle Province Unite, l’organizzazione dei poteri pubblici è basata sulla compartecipazione alle
decisioni politiche dei vari corpi rappresentativi degli Stati provinciali. Questo nuova repubblica
non si basa sul modello di quelle tradizionali - Genova Venezia -, ma su quello più radicale delle
cittadine protestanti e delle confederazioni ad esse legate - Ginevra -. I lunghi decenni di guerra
antispagnola, consolida un sentimento antidispotico, ed il desiderio di libertà di coscienza, a cui si
affianca il principio della tolleranza religiosa.
In Inghilterra, la nascita della repubblica, seguita alla guerra civile che ha contrapposto la
monarchia degli Stuart al Parlamento, è il primo caso in cui il sistema repubblicano si instaura per
via violenta - decapitazione di Carlo I in nome della volontà del popolo - in un grande paese europ.
Malgrado l’esperimento repubblicano inglese venga presto interrotto con la restaurazione degli
Stuart, produce una consolidata e diffusa opposizione all’incremento dei poteri della corona,
sottolineando la necessità di un nuovo equilibrio tra i poteri che salvaguardi i diritti fondamentali.
Al contrario, in Francia il modello statuale punta al rafforzamento delle prerogative regie,
all’imposizione di un modello religioso cattolico, all’accentramento amministrativo con nuove tasse

16.1 Due poteri.

La «nuova» repubblica inglese - Commonwealth - e la «vecchia» repubblica delle Province Unite,


presentano tratti in comune. Entrambe accanto ad un organo rappresentativo - Parlamento / Stati
generali -, va emergendo un potere esecutivo fondato sulla forza militare. Nelle Province Unite il
legame Stati generali/forza militare ha origine nella lunga guerra contro la corona spagnola.
La compresenza di questi due poteri esprime tendenze differenti:- religiose ( protestanti moderati
/puritani); - geografiche ( Olanda/altre province); -radicamenti sociali (nobiltà rurale/plebe urbana
Tuttavia è la forza del modello, pur richiamandosi all’esempio monarchico, sottolinea la vitalità e la
capacità della repubblica di garantire una partecipazione politica estrae al sistema monarchico.
Una dialettica simile si manifesta, nella seconda meta del Seicento, anche in Inghilterra.
Nel 1653, viene eletto un nuovo parlamento, «Parlamento dei Santi», in cui esponenti radicali si
stringono attorno a Oliver Cromwell e lo eleggono Lord protettore della repubblica. Però
l’equilibrio tra Parlamento e potere esecutivo/militare, del nuovo regime risulta precario. La carica
di Lord protettore, legata alla personalità carismatica di Cromwell, mancava di una vera legittimità;
alla morte di Cromwell (1658), il tentativo di trasferirla al figlio Richard ebbe breve durata.
Nel 1660 viene ripristinato il parlamento sciolto nel 1653 e si apre la trattativa con la corona
inglese: Carlo II torna sul trono. Questo compromesso porta alla restaurazione della monarchia,
della camera dei Lord, e della Chiesa anglicana, ma garantisce anche la sopravvivenza di molte
conquiste repubblicane. Rimane in vigore parte della legislazione del 1641/42; ma soprattutto il
Parlamento vede riconosciuto il proprio ruolo di garanzia e di controllo, nonché la competenza in
materia fiscale.
Sul piano religioso, con l’Atto di uniformità, si cerca di riportare omogeneità di culto entro la
Chiesa d’Inghilterra; si approvano leggi contro sette radicali, che restringono la libertà religiosa.
L’idea di un ‘unica Chiesa inglese, che raccolga tutti i sudditi, è comunque ormai tramontata.

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16.2 I punti di forza di un’economia all’avanguardia.

A partire dal 1600 la crescita economica delle Province Unite è notevole. La repubblica diviene la
maggior potenza marittima e commerciale, alla borsa di Amsterdam vengono valutati i prodotti che
giungono da tutti gli scali mondiali. Il territorio delle Province Unite comprende il delta di tre
importanti fiumi dell’Europa nord-occidentale - Schelda -Mosa Reno - arterie di comunicazioni e di
traffici fra territori tedeschi, francesi, fiamminghi ed il Mare del Nord e Mar Baltico. Prende vita
una grande cantieristica navale all’avanguardia in Europa. Gli olandesi realizzano una vera
egemonia nei commerci nei Mar del Nord e Baltico; esportano verso nord pesce, vino, sale e i
prodotti coloniali provenienti dalla penisola iberica, dal baltico importano legname e grano che poi
rivendono nell’Europa occidentale e meridionale. La fortuna dei mercanti olandesi sta nella loro
capacità di riesportare, dopo aver riconfezionato, quanto avevano importato dagli angoli del globo.
Il sistema finanziario e creditizio costituisce, grazie anche ad un elevato livello di monetizzazione,
un altro punto di forza del primato economico delle Province Unite. Nella capitale olandese sorge la
Banca dei Cambi - monete/banconote -, e la Borsa dove sono quotate merci di ogni genere e luogo.
Nel settore manifatturiero si sviluppa la produzione di tessuti di lana e di seta; sorgono saponifici,
fabbriche di mattoni, segherie, cartiere tutte alimentate dall’energia eolica fornita da molti mulini.
La crescita demografica è alimentata anche dall’immigrazione di protestanti di terre occupate dagli
spagnoli, di puritani inglesi e ugonotti francesi; questo grazie al clima di relativa tolleranza che vige
nella repubblica olandese e che consente un afflusso di manodopera qualificata ed intraprendente.

16.3 L’egemonia nei commerci internazionali e l’esperienza coloniale.

Dopo aver cominciato spingersi nel Mediterraneo esportando il grano polacco in Italia, gli olandesi
diventano protagonisti di una rapita penetrazione economia nel Levante. Ma la vera svolta
mercantile è il commercio delle spezie orientali. Nel 1591, Filippo II aveva stipulato un contratto
di esclusiva coi mercanti tedeschi, spagnoli e italiani che gli assicurava l’esclusiva sulla
commercializzazione del pepe importato a Lisbona. Quindi, gli olandesi cercano contatti diretti con
le terre di produzione di questa preziosa spezia, in Asia. Nel 1596, fondano la loro prima base
commerciale a Giava , in Indonesia; negli anni successivi sorge la Compagnia Unita delle Indie
Orientali, - VOC - che ottiene dal governo olandese non solo il monopolio dei commerci nell’area
fra Africa ed Asia, ma anche una propria autonomia politico/militare per difendere i propri interessi
La VOC stabilisce un saldo controllo non solo sul commercio, ma anche sulla produzione delle
spezie imponendo nei suoi vari insediamenti coloniali monocultura specializzate e obbligando le
popolazioni indigene a lavorarvi in schiavitù. Dopo aver insediato numerose basi commerciali e
militari la VOC stipula accordi con vari Stati - Persia, Giappone - che le assicurano il monopolio.
Nel 1621, viene fondata la Compagnia delle Indie Occidentali - WIC - che ha come scopo quello di
condurre un’aggressiva politica commerciale e coloniale ai danni della monarchia spagnola in
Africa occidentale ed in America. Le navi della WIC danno luogo ad una autentica guerra di corsa
contro i galeoni spagnoli che trasportano l’argento americano; poi conquistano buona parte delle
colonie portoghesi in Brasile. Però con il distacco del Portogallo dalla corona spagnola ( 1640)
i portoghesi riconquistano tutte e le loro colonie e la WIC inizia la sua parabola discendente.

16.4 L’imbarazzo dei ricchi, l’orgoglio dei pezzenti.

Alla base del successo economico delle Province Unite vi è una società con caratteristiche
particolari, insolite per quei tempi. Accanto all’aristocrazia locale che non costituisce più il fulcro
della vita sociale, crescono ricche borghesie cittadine che cominciano a prosperare. All’interno della
società predomina il metodo degli accordi tra soggetti autonomi che si riconoscono reciprocamente
di pari livello, non vi sono subordinati o vassalli.

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La società appare aperta e tollerante, la classe dirigente - i reggenti - integra tra le proprie file
gruppi professionali, impiegati pubblici, gruppi di artigiani, ma anche la nobiltà rurale che finisce
per aprirsi, con matrimoni, alla ricca borghesia.
La classe dirigente ha saputo contemperare particolarismi e privilegi con la necessaria apertura al
mercato. In questa repubblica si contestano le pretese spagnole e portoghesi del monopolio della
navigazione e si rivendica la libertà di navigazione, di pesca e di commercio gettando le basi di un
diritto originario e naturale delle nazioni. Anche gli inglesi guardano alle Province Unite con un
misto di gelosa ammirazione e irritata invidia.
Nel campo della cultura e dell’arte, l’attenzione per la vita di tutti i giorni rappresentata dai quadri
famosi di Rembrandt o di Vermeer esprime i gusti della ricca borghesia mercantile, mentre l’uso
della matematica e della geometria sostiene la diffusione della scienza e delle tecniche.
L’evoluzione di telescopi e microscopi consentono all’astronomia ed all’anatomia nuove scoperte,
la fiorente industria della stampa contribuisce alla diffusione della cultura e delle notizie.

16.5 Competizione e conflitto: il declino delle Province Unite e l’ascesa dell’Inghilterra.

Nella seconda metà del Seicento le Province Unite cominciano a risentire la presenza di un serio
competitore economico: l’Inghilterra che ha accresciuto le proprie capacita commerciali/ industriali
A Londra sono nate: la Compagnia del Levante (1581) e la Compagnie inglese delle Indie (1600) a
cui la corona ha concesso il monopolio commerciale in determinate aree del globo.
Nel 1651, il Parlamento promulga una legge -Navigation Act - allo scopo di favorire e proteggere lo
sviluppo della marina e i traffici inglesi che sono ancora deboli a confronto con quelli olandesi.
In questo periodo storico si parla di mercantilismo. Le misure volte a proteggere gli spazi interni
dalla concorrenza estera e quelle volte a promuovere lo sviluppo economico cercano di coniugare
politica di potenza e benessere della comunità.
Le politiche mercantilistiche di Francia ed Inghilterra mettono in difficoltà l’economia olandese;
tutti i settori economici- finanziario, commerciale e manifatturiero - subiscono una contrazione.
Anche la piccola repubblica finisce coll’adeguarsi alla politica protezionistica europea.
In ultimo, la politica espansionistica del re di Francia Luigi XIV verso i Paesi Bassi spagnoli, spinge
le Provincie Unite ad allearsi con Svezia ed Inghilterra (1668). Quando la Francia invade la
Repubblica esplodono rivolte contro il governo, un terremoto politico interno.

16.6 Gentiluomini, mercanti e scienziati.

La struttura sociale inglese si presenta, alla metà del XVII secolo, più complessa di quella olandese.
Al vertice una articolata nobiltà - titolati, cavalieri, scudieri - divide una ricchezza che permette
loro di dedicare il tempo allo svago o al servizio della comunità; nella campagne proprietari non
nobili e piccoli proprietari terrieri, poi i lavoratori agricoli ed i servi. Nella città, Londra, comunità
mercantili, uomini di professione ed un complesso e combattivo universo artigianale.
Nel tardo Seicento incomincia a delinearsi una distinzione di interessi terrieri e rurali e quelli
commerciali ed urbani. La vendita delle terre della Chiesa anglicana e dei possedimenti della
corona aveva dato vita ad una disponibilità fondiaria che finì per favorire il ceto dei possidenti
medio - alti, danneggiando invece i piccoli proprietari e affittuari. Inoltre una pesante tassazione
sulla terra svolge un ruolo di selezione dell’investimento terriero a favore delle terre ben coltivate.
Con l’espansione navale cresce la ricchezza di chi ha interessi commerciali e manifatturieri.
Cresce l’importanza dei porti e delle comunità mercantili di Londra, Glasgow, Bristol, Liverpool.
I proprietari terrieri chiedono di spostare la tassazione sulle nuove ricchezze mobili.
Il ventennio rivoluzionario 1640/60, costituisce per la società inglese uno spartiacque: la rottura
degli schemi autoritari e delle rigidità sociali. L’affermarsi della lingua inglese al posto di quella
latina, contribuisce all’ampliamento della possibilità di lettura, anche grazie alle gazzette, - giornali
Anni di libera sperimentazione creano un clima positivo nei confronti di cambiamenti e novità.

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Si giunge a rifondare le basi della convivenza civile; con Thomas Hobbes, lo Stato perde il suo
fondamento di diritto divino per rivelarsi un prodotto umano, un male necessario. Esso si fonda sul
monopolio della forza che i cittadini cedono all’autorità in cambio della difesa delle proprie
persone e dei propri beni. L’assolutismo trova così giustificazione razionali, mentre perde il suo
fondamento di legittimità sacrale.

17. La monarchia di Luigi XIV: l’Europa all’epoca della preponderanza francese.

Alla morte del cardinale Mazzarino, (1661), Luigi XIV - Re Sole - dichiara di voler governare
direttamente; finisce il governo tramite un ministro fiduciario dotato di pieni poteri. La decisione
del sovrano francese sarà imitata da tutte le principali monarchie perché i regimi a fazione unica,
quella che governa in nome del re di cui gode la fiducia, metteva a rischio la monarchia stessa.
Nel mezzo secolo in cui regna Luigi XIV, viene forgiato un sistema di governo in cui si evidenzia la
potenza assoluta della volontà sovrana, sistema di potere che verrà poi chiamato «assolutismo».
La scelta di Re Sole di governare direttamente è solo una delle novità introdotte dal sovrano.

17.1 Un re di guerra.

Al centro della politica di Luigi XIV sta il disegno di sostituire all’egemonia asburgica sull’Europa
quella francese ergendosi a difensore della fede cattolica per legittimare questa azione politica .
A tale disegno, articolato e complesso, il Re Sole si dedicherà con tenacia per decenni.
Primo passo è la creazione, da parte del ministro della guerra F. Le Tellier, di un esercito stabile e
ben armato da usare sia contro il nemico esterno, sia contro eventuali ribellioni di sudditi francesi.
Prospettando la pacificazione interna e l’espansione militare esterna, Luigi XIV riesce ad ottenere
il consenso dei ceti dirigenti del paese. Tale politica però causa un sempre più gravoso carico fiscale
sulla popolazione francese.
La prima direttrice della politica espansiva francese è quella verso est e verso nord-est. Il sovrano
francese rivendica il diritto di successione al trono asburgico sia in quanto figlio di Anna d’Asburgo
-sorella di Filippo IV- sia per aver sposato Maria Teresa, - figlia di Filippo IV -. Alla morte di
Filippo IV d’Asburgo (1665), la reggenza passa a Marianna d’Austria madre di Carlo II ancora
bambino; Luigi XIV cerca di approfittare di questo momento di incertezza e divisione interna alla
monarchia spagnola facendo occupare dalle proprie truppe i Paesi Bassi spagnoli e la Franca
Contea. Le Province Unite però non accettano l’espansione francese preferendo appoggiare la
corona spagnola; nasce un’alleanza con Inghilterra e Svezia che costringe il Re Sole alla pace di
Aquisgrana (1668) in cui ottiene solo alcuni territori delle Fiandre.
L’espansionismo francese da vita ad una reazione internazionale; a difesa delle Province Unite
intervengono l’impero e la corona spagnola. Alla fine la Francia ottiene la Franca Contea, la
l’integrità territoriale delle Province Unite è salvaguardata. Nel 1680/83, Re Sole annette al suo
regno Alsazia e Strasburgo. Solo l’assedio delle truppe ottomane a Vienna sospende questa politica
di annessione; però nel 1684 la flotta francese bombarda Genova - che sosteneva finanziariamente
la corona spagnola - per convincerla ad accettare la protezione francese in funzione anti spagnola.
Nel 1685, si forma un’alleanza antifrancese: la Lega di Augusta, a cui aderiscono: l’Impero,
la monarchia spagnola, la Svezia, le Province Unite, l’Inghilterra e il ducato di Savoia. Dopo una
lunga guerra la Francia deve cedere i territori annessi/ e conquistati, mantenendo solo Strasburgo.
Nel 1700, alla morte di Carlo II d’Asburgo Luigi XIV cercherà di imporre al trono spagnolo il
nipote Filippo Borbone duca d’Angiò - Filippo V (1700/46) -.
La politica di espansione francese con le conseguenti guerre, aggrava la situazione del debito
finanziario dello stato a cui si cerca di porre rimedio riorganizzando il sistema di riscossione delle
imposte e aumentandole contemporaneamente; tuttavia l’indebitamento statale non diminuisce.

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Jean-Baptiste Colbert (1619/83), controllore generale delle finanze, - periodo del colbertismo -
sostiene la pratica mercantilistica concedendo monopoli ai privati per rafforzare settori ritenuti
strategici per l’economia; tassa i costosi prodotti lavorati provenienti dall’estero, nel contempo
riduce i dazi doganali sulle materi prime importante per favorire le lavorazioni interne. Con questa
sua politica protezionistica egli vuole scoraggiare l’acquisto di prodotti esteri; a tal fine sostiene
anche la creazione di numerose manifatture interne che portino al Francia all’autosufficienza.
Ma spesso queste manifatture hanno vita stentata e non corrispondono alle aspettative di Colbert,
le uniche manifatture che prosperano producono armamenti per l’esercito e materiale per la marina.
Il settore navale è fortemente sostenuto perché solo la creazione di una marina in grado di
competere con quella inglese e olandese può imporre la Francia nei traffici internazionali.
Nel 1664, vengono costituite la Compagnia delle Indie Orientali e quella delle Indie Occidentali che
ottengono il monopolio dei commerci nelle rispettive zone di competenza. Queste compagnie sono
autorizzate dal sovrano a concludere accordi diplomatici ed azioni militari. A differenza però delle
altre simili compagnie europee formate esclusivamente da mercanti, fra gli azionisti di quelle
francesi ci sono il sovrano, membri della famiglia reale, ministri, aristocratici, cortigiani.
Sono in sostanza sotto il diretto controllo della corona francese.

17.2 Il controllo del sacro.

Luigi XIV si propone come un re guerriero circonfuso da un’aura di vittoria; ma Re Sole vuole
anche essere un re cattolico la cui azione è volta a restaurare una identificazione tra potere politico
e potere religioso, aspirando a diventare, nei fatti, il capo della Chiesa francese. Riscoprire la
tradizione sacra dei sovrani di Francia, significa restituire al trono una fonte di legittimazione.
Questa sua posizione, non accettare alcuna subordinazione al papato, provoca durissimi contrasti
con la Curia papale. Nel 1681, convoca un sinodo gallico che approva i Quattro articoli:
- il sovrano e i governanti laici non sono soggetti all’autorità ecclesiastica negli affari temporali;
- la superiorità dei concili sui pontefici, - come era stato stabilito del Concilio di Costanza - ;
- il sovrano deve esercitare la sua autorità in conformità delle tradizioni galliche;
- le decisioni del Papa possono esser considerate definitive solo se approvata dalla Chiesa tutta.
Nel 1688, Luigi XIV viene, in segreto, scomunicato; e solo nel 1692 viene raggiunto ad un
compromesso fra il sovrano ed il nuovo papa, Innocenzo XII (1691/1700).
Negli anni precedenti, a partire dal 1679, Luigi XIV aveva anche incoraggiato soprusi e danni alle
comunità protestanti: espulsione degli ugonotti dagli uffici pubblici, demolizione degli edifici di
culto e divieto di cerimonie pubbliche e private degli ugonotti. Tutto ciò causerà l’esilio di circa
200.000 ugonotti verso l’Olanda, la Svizzera, l’Inghilterra e la Germania; però questo priverà la
Francia di intelligenze/capacità professionali essendo la maggior parte degli espulsi ottimi artigiani.
L’intransigenza del sovrano francese nel riaffermare l’ortodossia cattolica lo porterà anche a cercare
di reprimere una corrente interna alla Chiesa cattolica francese: il giansenismo che predicava il
ritorno ad una spiritualità personale ed austera, ad un più puro ritorna al cattolicesimo delle origini.
Contro i giansenisti, il Re Sole si mostrerà più intransigente del Papa, il quale comunque
scomunicherà poi il movimento giansenista come eretico, - 1713 -.

17.3 Un nuovo equilibrio politico.

Luigi XIV è molto attento a eliminare quei poteri che possono essere concorrenti all’autorità
sovrana. Stabilito il ritorno al governo diretto del sovrano, egli cerca di integrare l’aristocrazia
offrendole maggiori occasioni di servizio nell’esercito, nella marina e nell’amministrazione.
La reggia di Versailles diviene un notevole polo di attrazione per tutti i nobili; -una gabbia dorata -;
ma il sovrano più che costringere cerca di convincere la nobiltà ad assecondare la sua politica.
Luigi XIV favorisce famiglie dedite da generazioni al servizio della corona valutate più affidabili.

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Con Bretagna e Linguadoca, territori che conservano ampia autonomia amministrativa, il re


mantiene una politica di trattativa mirando ad ottenere il massimo di contributo finanziario.
Nei confronti del Parlamento parigino, il sovrano si mostra inflessibile nell’impedire forme di
ingerenza nelle sue scelte politiche, su altre questione adotta una strategia duttile, di mediazione.
Però di fronte a atti di insubordinazione vengono presi provvedimenti molto severi, esemplari.
Il modello di monarchia realizzato in Francia viene presto adottato anche da altri sovrani.
Nel ducato Brandeburgo Prussia, sotto Federico Guglielmo, la nobiltà terriera viene strettamente
coinvolta nella creazione di un esercito permanente e nel rafforzamento degli apparati statali.
Anche in Russia, sotto Pietro I detto il Grande , si assiste al rafforzamento ed ammodernamento
dell’esercito e della marina e sul piano interno, lo zar cerca di coinvolgere, seppur con scarso
successo, l’aristocrazia sia nel nuovo esercito sia nell’apparato statale per renderlo efficiente.
Anche il controllo della monarchia sulla Chiesa ortodossa rimane ferreo arrivando
all’allontanamento e persecuzione dei religiosi che non voglio sottomettersi all’autorità dello zar.
Infine, grazie all’intervento diretto dello Stato, viene dato un forte impulso all’attività estrattiva e
metallurgica nelle regione degli Urali.

18. La seconda rivoluzione inglese e l’affermazione della potenza britannica.

18.1 La fine della monarchia Stuart.

In Inghilterra, a partire dagli anni settanta, ritorna una diffidenza, a causa di questioni religiose e
politiche, tra Carlo II Stuart e il Parlamento. Il Parlamento sospetta che il sovrano voglia
riafferrare una politica filo cattolica; quando Giacomo duca di York, successore al trono, si converte
al cattolicesimo, riprende una sorda ostilità. Nel 1673, il Parlamento approva il Test Act, una legge
che esclude per150 anni i cattolici da tutte le cariche civili e militari, - Giacomo Stuart deve
abbandonare la carica di grande ammiraglio-; poi una seconda legge che esclude i lord cattolici
dalla Camera alta. Una presunta congiura «papista» per assassinare il sovrano accentua le tensioni.
In Parlamento l’opposizione Whig - mercanti ed aristocratici che si oppongono a Carlo II - cerca di
far approvare una legge per escludere Giacomo dalla successione; la legge viene però respinta dai
Tory - il partito di corte-. Nel 1683, dopo aver scoperto una congiura per assassinarlo, Carlo II da
vita ad una dura repressione degli oppositori politici. Con la salita al trono di Giacomo II, che
nomina ufficiali dell’esercito di fede cattolica, i contrasti con i lord puritani cresce ulteriormente.
La rottura definitiva avviene quando la corona abolisce il Test Act, concedendo ai cattolici libertà
di culto. Per superare ogni opposizione Giacomo II scioglie il Parlamento. A questo punto sia i
whig che i tory chiedono soccorso a Guglielmo III d’Orange d’Olanda che aveva sposato Maria
Stuart, figlia di Giacomo II, ma di fede protestante. Nel 1689, Guglielmo III sbarca in Inghilterra e
raggiunge Londra dove viene proclamato sovrano assieme alla moglie; Giacomo II figge in Francia
Sia i Whig che i Tory ritengono che Giacomo II abbia infranto il contratto tra monarchia e popolo.
Guglielmo e Maria, accettando il Bill of Rights - Dichiarazione dei diritti - in base al quale il
Parlamento diventa l’organo rappresentativo con piena podestà legislativa e facoltà esclusiva di
imporre tasse -, rafforzano la stabilità della nuova corona, confermata dalla sua tenuta nel reprime
nel sangue sia l’insurrezione in Scozia, dei seguaci di Giacomo II, sia quella dei cattolici in Irlanda.
Il cambio di dinastia, caduta degli Stuart / ascesa di Guglielmo e Maria d’Orange, viene definita
come «rivoluzione gloriosa e pacifica», essendo stato relativamente consensuale e non violento.

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18.2 Il re regna ma non governa.

Con la cosiddetta «seconda rivoluzione inglese» si stabilizza l’idea di un potere condiviso tra
popolo, rappresentato dal Parlamento, ed il sovrano. Al re non è consentito di sciogliere le Camere;
cade l’idea di sovranità per diritto divino e di potere assolutistico, mentre si afferma quella di un
patto tra il re e i cittadini inglesi che sancisca la separazione dei poteri legislativo/esecutivo, la
libertà di parola, di stampa e di culto. Con il Toleration Act del 1689: - si abrogano le leggi contro
conformisti, puritani e quaccheri, -ma non contro i cattolici - ; - si sancisce l’intangibilità della
proprietà privata e l’inammissibilità di un esercito permanente in tempo di pace.
Il sovrano mantiene: - il diritto di veto sulle leggi approvate dal Parlamento, controbilanciata
dall’approvazione del bilancio di Stato da parte del Parlamento; - la direzione della politica estera e
la nomina dei ministri, che sono però soggetti al giudizio politico del Parlamento.
Il Parlamento con l’Act of settlement (1701) esclude i cattolici dalla successione dinastica. Alla
morte di Guglielmo sale al trono Anna, altra figlia di Giacomo II, poi il trono passa agli Hannover.
Guglielmo I di Hannover, (1660/1727) si trova ad affrontare nel 1715, l’insurrezione della Scozia
che contesta l’incorporazione/fusione del 1707 con l’Inghilterra; l’aristocrazia ha ottenuto solo una
rappresentanza minoritaria nel Parlamento di Londra - 16 posti fra i lord, 45 nella camera bassa -
Inizia un lungo periodo di predominio dei Whig nel Parlamento inglese dove i raggruppamenti
politici, antenati dei moderni partiti, si contendono l’egemonia.
Giorgio I, tedesco estraneo alla politica inglese, delega largamente il potere esecutivo ai ministri
scelti tra i Whig; il più importante è Robert Walpole (1675/1745); egli diventa il solo contatto fra il
sovrano e gli altri ministri riscendo così ad influire fortemente sulle decisioni del consiglio. Nasce
in questo modo la figura del primo ministro che non è solo amico personale e fiduciario del sovrano
ma anche capo della maggioranza parlamentare da cui deve ottenere la fiducia per poter governare.
Ora il re regna, ma non governa: è garante delle istituzioni e simbolo dell’identità nazionale.
Durante il XVIII secolo Whig e Tory cominciano ad alternarsi al governo; i Whig appoggiati dai
ceti più dinamici, i Tory dall’aristocrazia fondiaria più tradizionale; tutto questo in un sistema
elettorale ancora molto imperfetto -vota solo che ha un reddito, manca proporzionalità elettori/eletti.
Comincia a prendere vita la dialettica parlamentare moderna: una maggioranza che governa
-in accordo con il sovrano- attraverso il primo ministro ed il suo governo; una minoranza che
esercita una funzione di controllo; l’accettazione da parte di tutti delle regole del gioco. I membri
del partito contrario non sono più nemici, ma soltanto avversari con cui competere per governare.

18.3 Il fascino del modello inglese.

Contro la giustificazione razionale dell’assolutismo elaborata da Hobbes nel 1688/89, John Locke
nel 1690 contrappone uno Stato con poteri limitati, che deve innanzi tutto garantire i diritti
fondamentali dell’individuo: libertà di stampa, di parola, di religione; diritto alla proprietà ed
eguaglianza di tutti di fronte alla legge. La ribellione contro l’assolutismo è giustificata e per evitare
questo occorre che i poteri siano separati - legislativo, esecutivo, giudiziario - e posti in mani
diverse che si contrappongano e si bilancino a vicenda.
Anche la religione non sfugge a questa ondata razionalistica e la Bibbia stessa viene sottoposta ad
una nuova severa analisi che porta ad accettarne delle parti, a criticarne o rifiutarne delle altre.
Nel XVIII secolo, il Regno Unito, unico Stato in cui esista una simile dialettica politica, diventa uno
Stato a cui guardare con ammirazione, sia per il suo sistema di poteri divisi, sia per le libertà
garantite, sia per la rappresentatività bicamerale.
Quando, nel Regno Unito, al particolare sistema politico si unirà anche il fascino della grande
potenza commerciale, marittima e militare, l’anglomania dilagherà in Europa. Nel continente sono
sempre più in disuso le antiche istituzioni rappresentative dei ceti, la pressione dell’opinione
pubblica incomincia a farsi sentire attraverso i libri, le gazzette; mentre la discussione politica
avviene in luoghi informali quali i caffè ed i salotti in cui si confrontano le opinioni di gruppi sociali

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Prendono vita anche società segrete tra cui si distingue la Massoneria, - nata a Londra nel 1717 -
che si richiama alla tradizione delle corporazioni di mestieri del Medioevo. Si tratta di una
associazione di eletti dello spirito, che rifiuta discriminazioni di nascita, si ispira ad idee di pace,
fratellanza , tolleranza e pratica una mutua solidarietà tra i propri membri. Risulta divisa in varie
sette con ideologie diverse, ma accumunate da rituali di stampo religioso. La massoneria si diffonde
ampiamente in tutta l’Europa con l’apertura di varie logge; poi raggiunge l’America.
Dove non esiste la libertà di stampa e di associazione la sua attività si svolge nascostamente,
venendo a volte tollerata, a volte repressa e qualche volta utilizzata dalle autorità per i suoi fini.

19. Il gioco delle dinastie: i nuovi assetti politici europei nella prima metà del Settecento.

Il XVIII secolo si apre con una lunga e quasi interrotta serie di conflitti politici. Lo scopo non era
più quello di difendere «la vera fede», ma mantenere l’equilibrio fra i diversi attori politici europei.
Queste guerre rispondono all’esigenza di mantenere o stabilire interessi territoriali e dinastici.
Nel teatro continentale la presenza della Francia va a sostituire quella della Spagna, che non è più
la potenza di riferimento, ma un paese in declino sociale e politico, il grande malato dell’Europa.
Appaiono anche altre aggressive potenze: Inghilterra, Province Unite, Russia, Svezia, Prussia.
L’instabilità politica di quegli anni è alimentata anche dal conflitto tra il principio di legittimità
dinastica, della potenza assoluta, e le resistenza dei poteri territoriali. Da un lato i sovrani tendono
ad intervenire maggiormente sui propri complessi dinastici, sulle forme istituzionali; dall’altro i vari
territori esigono che vengano rispettate le proprie esigenze e prerogative. L’idea che un sovrano,
anche se non nato in quello Stato, deve rispettare le tradizioni, i costumi le tradizioni del territorio.

19.1 La guerra di successione spagnola.

Essendo Carlo II d’Asburgo privo di discendenza vengono siglati accorti per la spartizione del suo
regno tra gli Asburgo d’Austria e la Francia di Luigi XIV. Ad Inghilterra e Province Unite
interessano i mercati delle colonie americane della Spagna.
Quando però, nel 1700, Carlo II designa proprio erede Filippo d’Angiò, - Filippo V di Spagna,
nipote di Luigi XIV, si realizza un asse franco-spagnolo; contro questo schieramento Leopoldo I
d’Asburgo, che rivendica la corona di Spagna, convince Inghilterra e Province Unite a formare con
lui una coalizione a cui aderiranno anche Prussia, Portogallo, ducato di Savoia e principi tedeschi.
Le operazione belliche, iniziate nel 1702, volgono a favore dello schieramento antifrancese.
In Catalogna scoppia una ribellione contro Filippo V; in Italia gli austriaci sconfiggono le truppe
franco-spagnole; la flotta inglese occupa Gibilterra. Quando però muore Giuseppe I , -1711- e sale
al trono Carlo VI , candidato anche al trono spagnolo, la coalizione che combatte i Borbone si
sfalda perché molti sono contrari al ruolo egemone che Carlo VI potrebbe assumere in Europa.
Con i trattati di Utrecht e di Rastadt -1713/14- , la Spagna, e le sue colonie americane, viene
assegnata a Filippo V Borbone che si impegna a non riunire i territori spagnoli alla corona francese,
l’Inghilterra ottiene Gibilterra, importanti territori nell’America settentrionale - Terranova, Nuova
Scozia, Canada - oltre al lucroso asiento : appalto del commercio degli schiavi nelle Americhe.
All’impero austriaco vanno i Paesi Bassi meridionali, il regno di Napoli, il regno di Sardegna, lo
stato di Milano; inizia il periodo dell’egemonia austriaco in Italia, finisce quella spagnola.
Il duca di Savoia ottiene il regno di Sicilia, e può quindi ora fregiarsi del titolo regio.
Ma questa radicale nuova spartizione dell’Europa, viene poco dopo rimessa in discussione; Filippo
V tenta la riconquista dell’Italia, cercando di occupare sardigna e Sicilia. Una violenta reazione
internazionale stronca questo tentativo spagnolo e tutto viene riconfermato; tranne l’assegnazione
della Sardegna - più vicina al Piemonte e quindi più difendibile- ai Savoia che cedono la Sicilia.

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19.2 Unioni e conquiste.

Il caso della rivolta in Catalogna mostra bene come esistano possibilità di resistenza dei territori;
d’altra parte in uno Stato conquistato con la forza, il principe dispone di una maggior libertà di
intervento perché il così detto diritto di conquista lo esime dal rispettare i privilegi e i contratti
stipulati dai suoi predecessori. Tutto può essere rinegoziato premiando chi lo ha sostenuto.
In Spagna, Filippo V avvia un processo di unificazione politico amministrativa delle corone di
Castiglia e d’Aragona riducendo il grado di autonomia dei due singoli regni cattolici; questo
favorirà il sorgere di due schieramenti: l’uno che sostiene il modello di Stato centralizzato, - élites
castigliane - l’altro - gruppi dirigenti provinciali - che cerca di tutelare le autonomia locali.
Anche in Inghilterra, Anna Stuart avvia un processo di integrazione di Scozia e Inghilterra,
dall’unione dei due regni nascerà la Gran Bretagna. Di fatto si tratterà di una annessione della
Scozia che perderà la propria autonomia giuridico amministrativa -anche il Parlamento, con
adesione al quello britannico; per molti scozzesi questa apparirà come un sopruso inaccettabile.
La Scozia si ribellerà due volte - 1714 e 1745 - in nome dei propri diritti e di una identità separata.
Anche in Irlanda si verificano episodi di ribellione contro il dominio inglese, che getterà le basi
necessarie a dar vita al movimento indipendentista irlandese del XIX secolo.

19.3 Le guerre del nord e la successione polacca.

Anche per il controllo del Mar Baltico, un’area importante per i traffici commerciali marini
dell’Europa nord-orientale, si susseguono guerre.
Dal 1655 al 1660 l’egemonia in quest’area era stata assunta dalla Svezia sotto la dinastia Vasa.
Ma la nobiltà della Levonia - Estonia/Lettonia - mal sopportava la corona svedese e chiese aiuto
allo Zar, Pietro il Grande, il quale, alleandosi con Danimarca e Polonia, attacca la Svezia.
A sorpresa, il giovane sovrano svedese Carlo XII, con il sostegno di Gran Bretagna e Province
Unite, riesce a sconfiggere la Danimarca ed invade la Polonia. Ma viene sconfitto dalla nascente
potenza militare russa; così, mentre la Russia entra a far parte delle grandi potenze europee,
la Svezia vede declinare il suo controllo del mar Baltico, ed il suo ruolo politico-militare nell’area.
Anche la guerra di successione polacca evidenzia l’instabilità politica di questa zona dell’Europa.
Alla morte di Augusto II (1733), Stanislao Leszczynski, che era già stato sostenuto dalla Svezia,
avanza nuovamente pretese di successione al trono appoggiato dalla nobiltà polacca e dalla Francia
- Luigi XV ha sposato la figlia di Stanislao (1725) -; contro di lui si pone Augusto III, figlio del
defunto sovrano, appoggiato dalla Russia che invade la Polonia. I Borbone di Francia e di Spagna
si alleano contro gli Asburgo; i francesi invadono la Lorena e Milano, gli spagnoli la Sicilia, Napoli.
La successiva pace di Vienna (1738) stabilisce: - il trono polacco viene attribuito ad Augusto III;
- a Stanislao Leszcz… viene riconosciuto, solo a titolo vitalizio - alla morte toccherà alla figlia -, il
ducato di Lorena; - a Francesco, marito di Maria Teresa figlia di Carlo VI, in cambio del ducato di
Lorena, viene dato il granducato di Firenze, - estintasi la dinastia dei Medici -; - a Carlo Borbone,
figlio di Filippo V di Spagna, vengono attribuiti i regni di Napoli e di Sicilia.

19.4 La guerra di successione austriaca.

Nel 1740, alla morte di Carlo VI, l’erede designato al trono degli Asburgo era Francesco di Lorena,
marito di Maria Teresa, figlia di Carlo VI; a Maria Teresa sarebbero spettate Austria, Boemia,
Ungheria. Ma i sovrani di Sassonia e Baviera avanzavano pretese sui territori austriaci e, con
l’appoggio di Francia, Spagna, Prussia e Sardegna sostenevano al trono Carlo Alberto di Baviera.
A questo punto i prussiani occupano la Slesia, i francesi e bavaresi la Boemia.
Per dividere la coalizione avversa Maria Teresa concede la Slesia alla Prussia; mentre con abile
diplomazia riesce ad ottenere l’appoggio di Inghilterra, Province Unite e regno di Sardegna.

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Poi ottiene successi militari in Germania e nei Paesi Bassi. In Italia, mentre il regno di Sardegna
deve fronteggiare l’offensiva francese, l’Austria occupa la repubblica di Genova, alleata con la
Francia; scoppia la rivolta popolare della popolazione genovese. - Il lancio di una pietra da parte di
un ragazzo, Gian Battista Perasso detto il Balilla, contro gli invasori austriaci, in seguito sarà
considerato come uno dei primo segni di risveglio di una coscienza nazionale italiana.
Tutte le principali potenze europee cercano di bilanciare e controbilanciare continuamente le forze
dei contendenti per evitare che una singola potenza prenda decisamente il sopravvento sulle altre.
Con al pace di Aquisgrana (1748) si conclude la guerra di successione austriaca: - la Prussia
conquista la Slesia; vi sono alcuni piccoli vantaggi territoriali per il regno di Sardegna; il ducato di
Parma e Piacenza viene affidato al secondogenito di Filippo V di Spagna; Maria Teresa attiene la
successione ai domini asburgici e la contemporanea elezione del marito Federico al trono imperiale.
Va infine sottolineato che episodi come la rivolta genovese evidenzino come certe logiche
dinastiche contrastino con l’identificazione delle popolazioni in istituzioni territoriali. Nasce una
sorta di consapevolezza diffusa della diversità territoriale; la base della futura coscienza nazionale.

20. L’espansione europea e le nuove gerarchie economiche internazionali.

Negli ultimi due decenni del XVII e per tutto il XVIII secolo sulla sia delle Provincie Unite due
nuove potenze Inghilterra e Francia si presentano sullo scenario dei traffici internazionali.
Le compagnie commerciali europee tessono una tela d’interessi e scambi su scala mondiale.
Comincia una agguerrita concorrenza fra inglesi, francesi e olandesi, tutti impegnati a scardinare il
monopolio esercitato da Spagna e Portogallo sulle economie dei rispettivi imperi coloniali.
Nella seconda meta del Settecento questa concorrenza in India ed in America settentrionale si
trasforma in vera guerra -la guerra dei Sette anni (1756/63) - per il primato commerciale mondiale.
A uscire vittoriosa è la Gran Bretagna: dominatrice dei mari grazie alla maggior marina mondiale.
Inizia il dominio politico-commerciale delle compagnie commerciali europee; aumentano gli
insediamenti coloniali, soprattutto in America settentrionale; si intensificano le relazioni
economiche fra paesi europei ed il resto del mondo; non si tratta però di rapporti paritetici perché la
gerarchia mondiale dei rapporti commerciali, politici ed umani ha al proprio centro l’Europa.
Tutto ciò sfocerà nel colonialismo del XIX secolo.

20.1 I cambiamenti negli imperi coloniali del Portogallo e della Spagna.

Nella seconda metà del Seicento gli imperi coloniali del Portogallo e della Spagna risentono del
declino delle rispettive corone nella scena politica europea.
Nel 1662, i portoghesi cedono agli inglesi l’importante basa indiana di Bombay -come dote alla
principessa lusitana che sposa Carlo II Stuart -; però riprendono il controllo del Brasile cominciando
a colonizzarlo ed a sfruttarne gli ampi spazi coltivando la canna da zucchero. Per lavorare queste
ampie piantagioni si ricorre all’importazione degli schiavi dall’Africa. Successivamente vengono
scoperti grandi giacimenti d’oro (1697) e di diamanti (1729) spostando verso sud - Rio de Janeiro -
l’asse economico della colonia e causando un afflusso sempre più numeroso di coloni - alla fine del
Settecento risiedono in Brasile 2 milioni di portoghesi, tanti quanti vivono nella madrepatria.
L’oro e le derrate agricole brasiliane alimentano i traffici con la Gran Bretagna, - maggior alleato
politico, ma anche principale partner commerciale -, da cui giungono tessuti, manufatti, grano.
L’impero coloniale della Spagna si concentra in America centrale e meridionale dove continua il
monopolio dei traffici con quelle sue terre. Di fatto le grandi distanze con il Nuovo Mondo e gli
attacchi corsari dei nemici inglesi corrodono questo monopolio spagnolo. A questo si aggiunge
l’incapacità delle manifatture spagnole a soddisfare la domanda di prodotti delle sue colonie.
Si sviluppa il contrabbando dei mercanti olandesi, francesi ed inglesi che inviano prodotti europei.

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Per quanto riguarda la tratta degli schiavi africani verso le sue colonie la Spagna ricorre ad una sorta
di appalto con monopolio, -«l’asiento de negros » - che nel 1700 viene aggiudicato alla Francia.
Il trattato di Utrecht (1713) attribuisce però alla Gran Bretagna l’esclusiva della fornitura degli
schiavi africani alle colonie spagnole ed un primo permesso di inviare anche carichi di merci inglesi
A poco a poco la Gran Bretagna espande la sua influenza commerciale sulle colonie americane.

20.2 La Gran Bretagna alla conquista dell’impero.

Nel corso del XVIII secolo l’Inghilterra diventa la prima potenza commerciale del globo.
Grazie allo sviluppo dell’industria navale e al formarsi di una potente marina le compagnie
commerciali inglesi tolgono agli olandesi il primato nell’intermediazione e commercio conto terzi.
Anche la Francia conosce una notevole crescita dei traffici commerciali, soppiantando gli olandesi
nei traffici con le Americhe; ma subisce la supremazia navale e commerciale della Gran Bretagna.
Inizialmente, in Gran Bretagna, nel ventennio 1721/42, la classe dirigente dei Wigh, guidata da
Walpole, ritiene che la politica economia britannica sia meglio tutelata dalla pace e si astiene dai
conflitti politici continentali. Successivamente, sotto la guida di William Pitt il governo ritiene di
doversi impegnare nella difesa e nell’espansione dei possedimenti coloniali. Nella guerra dei sette
anni(1756/63) la Gran Bretagna si allea con la Prussia contro Francia, Austria e Russia. Per gli
inglesi si tratta di sconfiggere la concorrenza francese nell’espansione coloniale in America e India.
I francesi, alleati con tribù indigene locali, si sono spesso scontrati con gli inglesi per il controllo
dei territori canadesi. Dopo una serie di alterne vicende le truppe inglesi conquistano importanti
roccaforti francesi - Quebec, Montreal -; si giunge alla pace di Parigi (1763) che assegna alla Gran
Bretagna sia il Canada e i territori a est del Mississippi, sia la Florida, sottratta alla Spagna.
Il continente americano è diventato un importante mercato per le merci europee essendo aumentata
la domanda di manufatti da parte di una popolazione in continua crescita - emigrati e schiavi -.
Grazie al commercio di tessuti di cotone e lino provenienti dall’India, la Gran Bretagna assume una
incontrastata posizione di primo piano nei traffici marittimi fra le varie colonie del mondo. Di fatto,
le compagnie commerciali britanniche pagano le merci acquistate con merci provenienti da altri
territori; un sistema di scambi multilaterali con ben quattro continenti, ma che ha il proprio cuore
finanziario a Londra. I manufatti di cotone provengono dall’India; gli schiavi, l’avorio e l’oro
dall’Africa; zucchero, legnami, tabacco e cotone grezzo dalle Americhe; seta, the, caffè e spezie
dall’Estremo Oriente, tutte queste merci vengono commercializzate in tutto il mondo da Londra.
Va sottolineato il particolare ruolo del commercio degli schiavi dall’Africa orientale alle varie
colonie europee nel continente americano: tra il 1701 e il 1800, vengono comprati e
commercializzati in America oltre 6 milioni di schiavi per opera di mercanti europei.
Le compagnie britanniche occupano il primo posto nella classifica del commercio degli schiavi;
solo nel 1808, il Parlamento di Londra decreterà l’abolizione di questa tratta nelle colonie inglesi,
aprendo una campagna internazionale a tale scopo.

20.3 Nuove egemonie e nuovi commerci con l’Asia.

Nel tardo Seicento e nel Settecento i rapporti coi mercati asiatici conoscono significativi
cambiamenti. In primo luogo si riduce il valore delle importazioni di spezie ed aumenta quello dei
manufatti tessili -cotone indiano / seta cinese -; il cotone viene scoperto dalla moda europea, anche i
piantatori delle colonie del Centro/Sud America richiedono di tessuti leggeri ed economici.
Il principale produttore di manufatti di cotone è il Bengala - India nord/orientale- dove sono sorte
basi commerciali inglesi e francesi. Nel 1690 viene fondata a Calcutta l’agenzia EIC che di fatto
controlla l’esportazione dei tessuti indiani verso l’Europa con accordi coi mediatori locali.

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L’invasione del mercato britannico di tessuti di cotone a basso prezzo fa si che vengano adottati
provvedimenti a favore delle manifatture inglesi col risultato di aumentare la produzione interna di
tessuti di bassa qualità, ma con prezzi competitivi, che vengono riesportati in Europa ed in America.
Conseguentemente cresce l’importazione di cotone grezzo da lavorare in Inghilterra.
Altro importante prodotto che i mercanti britannici introducono in Europa è il the cinese.
Si inizia a pagare questo prodotto con una merce illegale assai richiesta sul mercato cinese: l’oppio.
Grazie alla produzione di quest’ultimo in Bengala, regione dove hanno instaurato ottimi rapporti,
gli inglesi riescono ad assumere il controllo del redditizio commercio del the dalla Cina.
I manufatti tessili e il the favoriscono lo spostamento delle attività della compagnia inglese sulla
costa orientale dell’India: sede principale Calcutta da dove inizia una progressiva penetrazione nella
vita politica indiana per tutelare i consistenti interessi commerciali.
Nel 1744, la rivalità economica tra Francia e Gran Bretagna si trasforma in scontro aperto nel quale
sono coinvolti anche i principi indiani; gli accordi finali mirano a rendere neutrali tutti i territori al
di la del Capo di Buona Speranza. Di fatto però la supremazia navale inglese rimane incontrastata.
Anche nel corso della guerra dei Sette anni, le forze britanniche sconfiggono quelle francesi.
Il trattato di pace afferma l’egemonia britannica in India con il controllo dei territori del Bengala.
La Compagnia francese delle Indi orientali comincia a declinare; sarà soppressa nel 1790.
Gli inglesi assumono il monopolio del salnitro necessario per la fabbricare la polvere da sparo che
finiscono per pagare con merci europee di cui loro stessi fissano i prezzi con enormi guadagni.
Giungono infine a fornire prestiti in denaro ai principi indiani e ad assumere il controllo della
riscossione delle imposte e dell’amministrazione delle finanze di territori sempre più vasti.
L’intermediazione dei mercanti indiani viene superata con una trattativa diretta coi produttori;
inoltre avendo ottenuto il controllo sulle entrate pubbliche del ricco Bengala possono servirsi
dell’attivo di bilancio per acquistare the e seta in Cina e coprire le proprie spese amministrative.
Dal 1757 al 1780, Londra preleva in Bengala e trasferisce in Inghilterra oltre 38 milioni di sterline.
Nel 1773 il Parlamento inglese, viste le rimostranze contro il monopolio commerciale della EIC,
nomina il primo governatore generale del Bengala arrivando poi a porre la compagnia sotto il
controllo politico, finanziario e militare delle autorità di Londra abolendo infine il monopolio stesso

20.4 Il ruolo del Mediterraneo nella nuova divisione internazionale del lavoro.

Nel corso del XVIII secolo il Mediterraneo cessa di essere l’area commerciale più intensa e
profittevole. I traffici dell’Atlantico sono diventati più importanti e sono comparse nuove mercanzie
Inoltre alcuni paesi come l’Italia e la Spagna, sino ad allora all’avanguardia nella produzione
manifatturiera, hanno visto declinare le proprie attività economiche ed hanno perduto il controllo
della commercializzazione dei loro prodotti. Ora sono le flotte olandesi, inglesi e francesi che
dominano gli scambi nel bacino del mediterraneo. Solo le correnti di traffici marittimi a breve
distanza sono ancora gestite da città di tradizione mercantile come Genova, Marsiglia, Barcellona.
Il mezzogiorno d’Italia conosce una notevole penetrazione economica britannica. La Sicilia esporta
grano, vino, seta greggia, sale, sodio; ed importa manufatti inglesi, francesi e tedeschi, spezie orient.
Grazie alla notevole incremento della coltivazione del gelso nelle campagne italiane la penisola
italiana produce ben 75% di tutta la seta greggia e di filato di seta europea che però viene esportata
verso le manifatture della Francia, della Germania meridionale e dell’Inghilterra. La parte centro -
settentrionale dell’Italia si specializza nella produzione e vendita di filato di seta - ossia un prodotto
semilavorato -; mentre il Mezzogiorno si dedica soprattutto all’esportazione di seta greggia.

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L’ETA’ MODERNA . (Cap. XXI / XXX).


di Francesco Benigno.

21. Vita urbana e mondo rurale.

A partire dall’ultimo decennio del Cinquecento le condizioni della maggioranza delle popolazioni
europee peggiorano. La crescita demografica si traduce in un aumento dell’offerta di manodopera
che porta ad una riduzione dei salari con conseguente aumento dei profitti per i proprietari terrieri.
L’ampia domanda di prodotti agricoli destinati alla vendita dei mercati cittadini spinge i proprietari
ad aumentare l’estensione delle coltivazioni pagando bassi salari ai braccianti.
Nel contempo l’aumento dei prezzi riduce ulteriormente il potere di acquisto dei salari percepiti.
Altra ragione di impoverimento delle popolazioni e la progressiva eliminazione della piccola
proprietà dovuta all’indebitarsi dei contadini coi grandi proprietari terrieri - per superare il momento
di crisi, -, ed alla successivo sequestro delle piccole proprietà vista la loro diffusa insolvenza.
Molti contadini diventano braccianti salariati. Per molti anni le condizione economiche delle
popolazioni contadine non migliorano, mentre le rendite dei grandi proprietari terrieri sono alte.
«Il sistema economico sembra muoversi in una sorta di equilibrio di stagnazione» P. Malanima.

21.1 Un’Europa a due velocità.

Nell’area del Mediteranno - Spagna ed Italia meridionale -, contrassegnate: - dalla pratica del
maggese, ( un anno ogni tre un terzo dei campi riposano); - dalle presenza dei latifondi con contratti
di affitto di lunghissima durata le esportazioni delle derrate agricole sono possibili per l’estensione
delle terre coltivate e con la stagnazione demografica. Però in Catalogna e Italia centro-
settentrionale la situazione è diversa perché, grazie all’abbondanza di acqua, si sviluppa lo
sfruttamento intensivo della terra. Con l’investimento di capitali si realizzano canali, si impiantano
alberi da frutta e vigneti, si introducono nuove colture, come il mais. Un lento, costante progresso.
In Germania si diffondono la coltura della patata e delle piante foraggiere per l’allevamento.i
In Russia le tecniche di coltivazione sono assai arretrate, medievali; nei grandi latifondi la
cerealicoltura si basa sullo sfruttamento della manodopera legata alla terra che lavora, -servi gleba -
Diversa è la situazione nelle Province Unite; qui le colture si alternato: grano/avena/riposo; in
questo modo si cerca di limitare l’impoverimento dei campi visto che l’unico concime utilizzato è
quello di provenienza animale con la conseguente necessità di sviluppare anche gli allevamenti.
Le piante foraggiere, - erba medica, trifoglio, rape, leguminose -, che vengono alternate alla
coltivazione dei cereali, permettono di ripristinare la capacità produttiva dei campi. La connessione
fra agricoltura e allevamento non solo mantiene i terreni più fertili, ma produce latticini da esportare
Tuttavia le campagne olandesi non raggiungono i tassi di sviluppo delle coltivazioni inglesi.

21.2 Le «enclosures» e la rivoluzione agricola in Inghilterra.

L’Inghilterra adotta le nuove tecniche agricole dei Paesi Bassi sviluppandole ulteriormente.
I terreni vengono divisi in quattro parti in cui si alterna la coltivazione di: grano / rape / orzo /
trifoglio; in questo modo. - scompare il maggese; - si ricostruisce la fertilità dei campi con piante
- rape, trifoglio, leguminose- capaci di fissare elementi azotati al terreno e che forniscono
nutrimento al bestiame dal quale si ricava letame per concimare e latticini da commercializzare.
Questa rivoluzione agricola porta ad una crescita dei rendimenti grazie all’integrazione tra
allevamento e agricoltura ; l’Inghilterra diventa esportatrice di cereali, reinvestendo poi i profitti.
Prende il via il processo della recinzione dei terreni (enclosures) che sempre più limita i diritti
comunitari - raccolta di legna ed altri prodotti - sui terreni aperti - open fields -.

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I grandi proprietari terrieri per massimizzare i guadagni riescono ad ottenere leggi che permettono
l’accorpamento e la recinzione delle proprietà danneggiando sia piccoli proprietari, sia le comunità.
Nel nome dell’affermazione dei diritti di proprietà privata della terra, favorito da nuove leggi, il
processo di recinzione assume ritmi vertiginosi. Dal punto di vista economico le enclosures portano
a condizione ottimali per coltivare grandi estensioni di terreni che produco per la vendita dei
prodotti e non più per l’autoconsumo. Gli incrementi della produzione sono in parte dovuti anche
all’introduzioni di strumenti agricoli migliorati: - aratro più leggere e invenzione della seminatrice. -
Dal punto di vista sociale la recinzione dei terreni causa gravi sconvolgimenti: - riduzione dei
piccoli proprietari terrieri che sono anche coltivatori diretti; - drammatiche condizioni di vita di chi
viveva sulle terre delle comunità, queste persone diventano semplici braccianti o migrano verso le
città; in ogni caso le loro condizioni di vita peggiorano notevolmente sino alla povertà.

21.3 Le nuove colture: verso il mutamento delle abitudini alimentari europee.

L’abbandono della cerealicoltura verso l’introduzione di nuove coltura provenienti dall’America


- mais, patata, peperone, fagiolo - avviene in modo lento, ma costante in diverse zone europee.
La coltivazione del mais, iniziata in Spagna, si estende in Provenza, Italia, Slovenia, Ungheria;
in Italia questa coltivazione ha il vantaggio di adattarsi a condizioni diverse: in alcune regioni viene
utilizzato per l’autoconsumo dei produttori permettendo a questi di vendere il grano più ricercato;
il mais diventa la base alimentare della popolazione contadina e di quella più povera delle città.
Più lenta è l’introduzione della patata, dapprima considera solo una curiosità botanica, poi utilizzata
come mangime per l’allevamento degli animali, e solo nell’Ottocento coltivata intensamente.
Anche altri alimenti coloniali -cacao, caffè, the, - incominciano ad essere consumati in Europa.
Cresce anche il consumo di alimenti europei: burro, olio, carne e pesce: soprattutto arringhe e
merluzzo pescati nell’Oceano Atlantico che, -baccalà o stoccafisso-, arriva a nuove regioni europee.

21.4 Le forme della produzione europea.

Gli studiosi individuano tre forme di produzione manifatturiera presenti sin dal basso Medioevo:
-1) produzione domestica: manufatti destinati all’autoconsumo familiare; nelle campagne;.
-2) produzione artigianale: lavoratori specializzati producono oggetti destinati alla vendita; questo
tipo di produzione che richiede investimenti di capitali per l’acquisto di materi prime, di attrezzi , si
svolge nelle città dove esistite la possibilità di commercializzare questi beni. Esistono diversi livelli
di questo tipo di produzione: dai piccoli artigiani - fabbri/calzolai - alle grandi officine con salariati.
A volte la produzione artigianale evolve in lavorazioni a domicilio: un mercante imprenditore, che
ha provveduto ad acquistare la materia prima, gestisce le varie fasi di lavorazione non in una sua
struttura, ma nella case dei lavoratori stipendiati , vendendo alla fine del ciclo produttivo la merce.
Inizialmente questo tipo di produzione è urbana, successivamente si sviluppa anche nelle campagne
dove i contadini possono dedicarsi a questa attività nei periodi di minor occupazione nel lavoro dei
campi, riuscendo così ad integrare i loro magri redditi. In alcune regioni europee questo tipo di
produzione finisce col divenire l’attività principale delle popolazione:
Alcuni studiosi a proposito di questo evento parlano di un fenomeno di proto industrializzazione
che avrebbe preparato la rivoluzione industriale addestrando i lavoratori all’ attività manifatturiera.
L’argomento è discusso perché alcune di queste area cadranno in crisi con la rivoluzione industriale
- 3) produzione accentrata: la manodopera salariata si concentra in un solo luogo sotto un’unica
direzione. Si tratta del settore edilizio, cantieristico, estrattivo o di complessi procedimenti produttiv
Spesso questo tipo di produzione sono promosse dal potere politico per produrre navi o armamenti.

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22. Famiglia, genere, individuo.

La prima area di socialità di un individuo è costituita dalla famiglia.


Con il termine famiglia si può intendere sia: - gruppo di persone che risiedono sotto lo stesso tetto;
sia: - gruppo di persone legate da relazioni di parentele, anche se non vivono insieme.
La famiglia è il luogo dove si strutturano le prime differenze dell’identità individuale. L’identità
sessuale, maschi o femmine, è inserita in un contesto culturale che porta a ruoli diversi e in parte
contrapposti. Queste due identità diverse, identità di genere, sono alla base di ruoli sociali distinti.
Inoltre la famiglia riproduce i valori gerarchici che fondano le strutture sociali. In essa si trovano
insieme individui adulti già formati e bambini/adolescenti da formare alla vita sociale. Attraverso il
processo chiamato educativo, ragazze e ragazzi apprendono le regole fondamentali del gioco sociale
Contemporaneamente essi imparano le differenze legate al loro esser maschi o femmine. Le varie
Chiese hanno svolto un controllo sulle norme fondamentali di comportamento delle famiglie.

22.1 Conviventi e parenti.

Le forme di famiglia, intese come forme di co-residenza, sono varie;


- nucleare: una copia con figli;
- allargata: “ “ “ “ + uno o più famigliari (nipote / zio / ecc.);
- multipla: coppia di nonni + famiglia di uno dei figli; oppure nuclei familiari di due fratelli,
( frequente dove un patrimonio indiviso, come un gregge, richiede la collaborazione di entrambi).
Nell’Ottocento la famiglia tradizionale europea era quella allargata e patriarcale -figura dominante:
maschio adulto anziano -; successivamente la famiglia evolve verso quella di tipo nucleare.
Secondo alcune teorie, con l’inizio dell’industrializzazione viene meno la necessità tipica della
società contadina di un grande gruppo famigliare convivente disciplinato da regole precise e adibito
all’attività agricole. Conseguentemente il modello di famiglia varia col variare dei contesti culturali.
Anche le forme di famiglia, intesa come gruppi di parenti, varia passando da una struttura parentale
strettamente coesa, ad una struttura più semplificata debolmente legata a reti parentali esterne.
Tra le famiglie nobili esisteva la consuetudine di coltivare il mito delle origini famigliari antiche.
Questa passione per le origini famigliari - accertate o inventate - spiega la supremazia assegnata a
ciò che dura nel tempo (fermezza, stabilità, valore di Dio) rispetto a ciò che muta nel tempo
(volubilità, fragilità, deviazione da un ordine stabilito).
La centralità del matrimonio, soprattutto per le famiglie nobili, è legato al fatto che con esso si
tendeva ad affermare una relazione di alleanza, da rinsaldare o creare, con un’altra famiglia.

22.2 Uomini e donne all’altare.

Il matrimonio, che in epoca precristiana era un semplice contratto privato, nella società europea
occidentale d’antico regime diventa un sacramento; per questo la Chiesa ha esercitato per secoli
un’influenza decisiva sulla vita famigliare. Ha imposto un modello preciso di matrimonio,
monogamico, eterosessuale, indissolubile; ha proibito unioni fra parenti troppo vicini (zio/nipote);
ha difeso la libertà di sposarsi liberamente, ma anche senza il consenso della famiglia.
La libertà di scelta del coniuge incontrò molte resistenze perché precedentemente si tendeva a
matrimoni con amici, vicini conosciuti per tutelare il patrimonio e le alleanze nel tempo.
Se sul principio di libertà della scelta del coniuge la Chiesa si urta con le tradizioni precedenti,
sull’ordine gerarchico e sui ruoli sociali all’interno della famiglia la Chiesa rinsalda antichi principi.
Il ruolo decisivo del padre, il capo di casa; l’ubbidienza dei figli, la subordinazione femminile.
Ai maschi le attività lavorative rilevanti; alle donne l’educazione dei figli, la cura della casa e lavori
secondari. Il tradizionale dominio maschile è però mitigato dalla possibilità per la donna di ereditare
(in mancanza di figli maschi), e di esercitare attraverso le doti di un ruolo patrimoniale.

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22.3 La transazione demografica.

Uno degli elementi che ha mutato, durante il XVIII secolo, gli assetti della famiglia in Europa
è la modificazione degli equilibri demografici.
La popolazione dell’antico regime era: giovane e segnata da alti livelli di mortalità e natalità.
Nel Settecento iniziano a rarefarsi (maggior capacità di difendersi da morbi, sistemi di limitazione
dei contagi) le grandi epidemie che periodicamente abbassavano i livelli della popolazione;
contemporaneamente si riduce la mortalità infantile. La diminuzione dei livelli di mortalità si
traduce in un netto aumento demografico. Successivamente però diminuiscono anche i livelli di
natalità e la popolazione tende a stabilizzarsi. Un regime a bassa pressione demografica ( bassi
livelli di natalità e di mortalità) si sostituisce al precedente ad altra pressione demografica ( alti
livelli di natalità e di mortalità); questo permette alle famiglie di accumulare capitali e di metterli a
disposizione dei propri membri. Grazie anche alle nuove conoscenze e tecniche agricole.

22.4 L’individualismo affettivo.

Nelle aree protestanti la religione tende ad attribuire all’individuo la responsabilità delle proprie
scelte accentuando la libertà di scelta del coniuge. Si fa strada un universo femminile autonomi ed
al di fuori delle vecchie cerchie cortigiane. Il matrimonio tende ad essere vissuto sempre più come
una scelta individuale svincolata da strategie familiari e dalla precettistica ecclesiastica.

23 Diradare le tenebre: il mondo al lume della ragione.

Il Settecento europeo appare segnato da un fermento intellettuale nuovo e dirompente a cui viene
dato il nome di Illuminismo; dove prima imperavano le tenebre della superstizione, dell’ignoranza,
del fanatismo ideologico occorre introdurre il lume della ragione. Si viene imponendo una diversa
atmosfera intellettuale; più libera, ostile al sapere concezionale, al dogmatismo clericale; nemica del
principio di autorità. Questo mutamento prende il via in Inghilterra e nelle Province Unite dove
esiste una relativa tolleranza religiosa, si incoraggiano la ricerca scientifica, il dibattito fra tesi
diverse e si promuove la circolazione di libri e giornali. Le esperienze politico-sociali di questi
Paesi basate sulla divisione dei poteri, in contrasto con la legittimazione sacrale assolutistica e
dispotica della monarchie europee settecentesche, consente di pensare ad una perfettibilità dei
sistemi sociali sia sul piano politico, sia su quello economico, con crescita della ricchezza collettiva
Due i filoni intellettuali fondamentali su cui basi si è venuta costruendo la stagione illuministica:
- il giusnaturalismo olandese di Grozio, Altusio, Spinosa, con la critica del fondamento biblico
dell’autorità politica e l’introduzione di un diritto naturale e razionale alla base dei sistemi sociali.
Si giungerà, con John Locke, non solo alla critica delle commistione del potere sacrale e di quello
statale, all’affermazione del principio della libertà di coscienza, ma anche a considerare lo Stato
come quella istituzione sociale che riconosce e garantisce i diritti naturali propri di ogni uomo.
- il deismo: si tratta della contestazione del concetto di religione rivelata, e perciò imposta dall’alto,
a favore dell’idea di una religione naturale che va scoperta ed analizzata alla luce della ragione.
La verità, non più rivelata, va perciò cercata con gli strumenti di cui l’uomo si dota. La ragione
deve prendere il posto della rivelazione; i nuovi filosofi devono sostituire i vecchi teologi.

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23.1 La crisi della coscienza europea.

«Crisi della coscienza europea» : in questo modo lo studioso francese Paul Hazard, nel 1935,
definisce il periodo - ultimo ventennio del XVII secolo/fine regno di Luigi XIV (1715) - in cui
identificare la fase di trasformazione della vita intellettuale e sociale europea. Ad una società basata
sul principio di autorità e sulla deferenza verso il potere politico e religioso si sostituirà una società
basata sul diritto, la tolleranza, l’indipendenza della molare dalla religione, la libertà di ricerca.
Nasce un nuovo atteggiamento critico e scettico verso le autorità costituite, accompagnato dalla
curiosità per i viaggi, le popolazioni, i cibi e le bevande delle nazioni extraeuropee.
Fin dall’Umanesimo e dal Rinascimento il mondo classico aveva rappresentato per la cultura
europea una fonte di autorità preziosissima e alternativa alla Bibbia. Non era mai stata posta in
discussione la superiorità del mondo antico, una sorta di età dell’oro in cui la cultura e le arti
avevano raggiunto livelli di perfezione altissimo. Ora però si incomincia a pensare che le
realizzazioni dell’età classica devono cedere il passo a quelle dell’età attuale «moderna».
Gli autori moderni anche se inferiori ai grandi pensatori ed artisti classici hanno il vantaggio di
conoscerne i testi e le opere; nani sulle spalle di giganti, sono in condizione di vedere più lontano.
Grazie alla conoscenza del passato, la società moderna può superare i confini classici precedenti.
Fino ad allora la vicenda dell’umanità era stata immaginata e letta sulla base di uno schema ciclico;
ora si fa strada una concezione evolutiva di tipo lineare e cumulativo della storia umana,
un processo di tipo qualitativo e quantitativo senza fine e senza limiti chiamato progresso.
La questione della ricerca morale individuale, svincolata dalla religione tradizionale, caratterizza il
filone intellettuale noto come libertinismo. Nato all’interno della Riforma protestante, il
libertinismo originariamente identifica un atteggiamento alieno dall’ubbidienza ad ogni Chiesa ,
soggetto solo alla devozione allo Spirito Santo. Questo libertinismo religioso, combattuto da
Calvino, si estingue per dar luogo ad un atteggiamento più complesso degli spiriti liberi - spiriti
forti , sostanzialmente atei-, che ritengono la saggezza un cibo prelibato adatto solo a palati
raffinati capaci di giovarsene; la disprezzata superstizione rimane il pasto ineluttabile del volgo.
Questo atteggiamento di superiorità conduce alla teorizzazione dell’assoluta libertà del pensiero in
contrasto con i vincoli intellettuali imposti dalle autorità civili e religiose. Successivamente il
libertinismo, inteso come individuale ricerca di libertà interiore, finisce per influenzare i costumi di
vita nella ricerca di un piacere svincolato dalle norme religiose e di costume sociale. Per questo il
termine «libertino» finisce per identificare un individuo dai comportamenti licenziosi, amorale.

23.2 L’illuminismo francese.

Con la morte di Luigi XIV (1715), inizia per la Francia un’epoca di allargamento degli orizzonti
culturali. A Parigi si respira una nuova atmosfera resa possibile dagli intensi rapporti con la Gran
Bretagna e da una maggior libertà di stampa che consente la diffusione di idee eterodosse.
Giungono testi di libertini, a volte provocatori, come quello di Bernard de Mandeville: La favola
delle api - un alveare prospera finché i suoi membri mantengono costumi viziosi, mentre va in
rovina quando essi assumono comportamenti virtuosi; morale: comportamenti eticamente
criticabili, diventano utili al benessere economico collettivo; vizi privati diventano pubbliche virtù -
L’attrazione per l’Inghilterra, testimonia l’insoddisfazione degli intellettuali francesi per le
condizioni del regno.
Nel 1721, Montesquieu nel libro Lettere persiane, evidenzia le condizioni di arretratezza in cui si
trova la Francia. Con vena polemica antidispotica si denuncia la superstizione, il dogmatismo
religioso, a cui si contrappone la libertà di pensiero e la tolleranza religiosa. Anche nelle successive
opere di Montesquieu, ed in particolare nel Lo spirito delle leggi (1748), pietra miliare del pensiero
Illuministico europeo, aleggia lo spirito liberale.

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Tre sono gli universi politico-sociali descritti: la monarchia, la repubblica, il dispotismo.


L’autore, pessimista sulla natura profonda delle passioni umane, propone la divisione dei poteri
come strumento per la conservazione della libertà. La monarchia parlamentare/costituzionale
«all’inglese» viene considerato il miglior sistema politico per la conservazione delle libere
istituzioni.
Nel 1734, con la pubblicazione delle Lettere inglesi di Voltaire, la Gran Bretagna diviene per i
francesi il modello alternativo a quello francese ed al suo dispotismo, intolleranza, arretratezza.
Per Voltaire, l’Inghilterra rappresenta ciò che la Francia non è: libera e aperta alle discussioni
filosofiche ed alle teorie newtoniane, lontana dalla rigidità dell’antico regime. La pubblicazione
delle Lettere inglesi procurò all’autore problemi con la giustizia a causa delle teorie esposte, ma
anche un’enorme notorietà in tutt’Europa. Con Voltaire l’Illuminismo diventa un movimento
intellettuale, caratterizzato dalla volontà di esercitare un’influenza sulle scelte dei governi , che si
batte in ogni parte del continente per il progresso civile. Lo stesso Voltaire diventa per alcuni anni il
consigliere di Federico II di Prussia; poi, disilluso da Federico II, si ritira a Ginevra dove, oltre a
celebri romanzi, scrive due opere storiche fondamentali: Saggio sui costumi e lo spirito delle
nazioni, - ricostruzione della storia europea da Carlo Magno a Carlo V d’Asburgo -, e Il secolo di
Luigi XIV - storia della Francia dall’avvento di Luigi XIII alla morte di Re Sole -. In questi testi
Voltaire non si sofferma solo sugli avvenimenti bellici e vicende dinastiche, ma cerca di analizzare i
fenomeni sociali complessi per coglierne i tratti essenziali. Includendo anche vicende extraeuropee.
Vengono illustrati i vizi del fanatismo religioso, dell’intolleranza ideologica per indicare la strada di
un futuro migliore. Il secolo di Luigi XIV appare a Voltaire un’epoca di splendore nazionale con
realizzazione culturali ed artistiche, progresso economico e civile, stabilizzazione politica.
Delineando gli splendori del secolo passato, appaiono più evidenti i mali presenti, e cioè la povertà
materiale e morale della nazione.

23.3 L’«Encycplopédie».

L’Illuminismo appare come un movimento intellettuale coeso grazie al fatto che un gruppo di
philosophes riesce nella difficile impresa di raccogliere il nuovo sapere in un’opera a stampa
aperta al contributo dei più originali pensatori del tempo.
Il filosofo/scrittore Denis Diderot (1713/84), e il matematico Jean-Baptiste Le Rond (1717/83)
sono gli ideatori dell’Encyclopédie, progenitrice delle moderne enciclopedie, che raccoglie subito
un grande consenso arrivando ad una tiratura per l’epoca elevatissima: oltre 4.000 copie.
Un’impresa editoriale senza precedenti:- 60.000 voci distribuite in 17 volumi e 11 tavole illustrate -,
che può giovarsi del lavoro di opere antecedenti quali il Dizionario filosofico di Voltaire .
La pubblicazione di quest’opera, iniziata nel 1751, subisce interruzioni a causa di attacchi e
condanne dal mondo conservatore e clericale; solo nel 1772 la gigantesca impresa è compiuta.
Caratteristica saliente dell’Encyclopédie è l’attenzione riservata alla scienza ed alle tecniche; alla
luce della ragione il pensiero scientifico-matemat. porta alla scoperta delle leggi che regolano la vita
Nel XVIII secolo vi è una veloce crescita delle discipline scientifiche: - classificazioni delle specie
vegetali e animali - analisi dei microorganismi - ricerche chimiche e per riconoscere e riprodurre le
correnti elettriche - accumulazione dell’elettricità, pila - Franklin / Galvani / Volta - .
La fiducia nelle capacità delle ragione si estende anche all’analisi del mondo umano: sensismo -
ricondurre la conoscenza umana ai dati dei sensi -; materialismo - visione di tipo meccanicistico
della natura e dell’umanità, escludendo i principi dogmatici, come l’esistenza dell’anima o di Dio.
Questo nuovo tipo di impostazioni filosofiche sono estese anche alla comprensione dei fenomeni
sociali, con conseguenze di enorme rilievo sulla percezione della società.

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23.4 La natura del vincolo sociale.

Buona parte dello sforzo intellettuale dei cosiddetti illuministi è diretta a fondare su basi nuove la
visione della società. Esclusa l’impostazione di tipo metafisico - l’organizzazione sociale dipende
dalla volontà divina. - si cerca di stabilire su presupposti diversi la morale collettiva.
Per gli utilitaristi , l’uomo va guardato per quello che è e non per quello che dovrebbe essere,
le sue azioni sono mosse dal desiderio di massimizzare il proprio utile e il proprio piacere.
Questo desiderio non va demonizzato, ma indirizzato a vantaggio del bene collettivo.
La realtà sociale va studiata alla luce di leggi e regole che determinano il comportamento umano.
Per François Quesnay (1694/1774) anche l’economia va studiata come una formazione naturale
dotata di proprie leggi. Solo dalla natura deriva il valore delle merci e non dalla loro trasformazione
e commercializzazione; le derrate agricole devono poter circolare liberamente, deve esserci la
maggior libertà d’azione possibile; «laissez faire, laissez passer » lasciare fare, lasciare passare .
Così in cosiddetti fisiocratici espongono la prima dottrina economica dichiaratamente liberalista;
per loro l’unica leva legittima in mano al governo è quella fiscale: la rendita terriera va tassata.
Successivamente per Adam Smith (1723/90) - il padre dell’economia politica moderna - coniuga il
pensiero dei fisiocratici con quello utilitaristico che vede nell’egoismo la base del benessere sociale.
Secondo Smith, ciò ch rende utile collettivamente le azioni egoistiche degli individui è l’esistenza
del mercato, la «mano invisibile» che regola, ordina e distribuisce la ricchezza. Però a differenza
dei fisiocratici egli ritiene che il valore delle merci sia frutto del lavoro umano - attività artigianali,
industriali, commerciali -. Per lui quanto più si lascia il mercato libero di esprimere l’efficienza del
suo meccanismo, tanto più si rende possibile accrescere la ricchezza della nazione. Però, mentre per
Smith la divisione sociale del lavoro, la ripartizione di mansioni specifiche nelle nascenti fabbriche,
costituisce la chiave di volta del progresso umano; per il pensatore ginevrino Jean-Jacques
Rousseau (1728/78) questa divisione è un grave arretramento della condizione di felicità dell’uomo.
Da questa degenerazione, iniziata con l’instaurarsi della proprietà privata, era derivata la
diseguaglianza sociale. Nel Contratto Sociale (1762) Rousseau tratteggia una repubblica ideale
basata su un contratto sociale stretto fra gli individui che ne fanno parte. Questo contratto non si
base su presupposti utilitaristici, ma sulla condivisione di uno stesso comune sentire che consente il
superamento delle singole volontà individuali, giungendo alla nascita di una unica volontà generale.
Merito di Giuseppe Beccaria (1837/94) -Dei delitti e delle pene - l’aver evidenziato il carattere
inumano di pratiche giudiziarie quali la tortura e pena di morte. Per lui la pena non deve essere una
vendetta sociale, ma deve essere indirizzata tanto all’espiazione, quanto al recupero del reo.

24. Il dispotismo riformatore.

Nella seconda metà del XVIII secolo si registra una tendenza dei sovrani a modificare gli assetti
giuridici, economici e politico-sociali dei loro regni. Questa riforma delle regole amministrative ed
economiche rappresenta una novità. Per secoli il sovrano è stato il difensore degli equilibri stabiliti,
a lui è stata riconosciuta una funzione restaurativa, non riformatrice, intervenendo per ripristinare
l’antico ordinamento voluto da Dio che la corruzione della vita sociale ha guastato.
La nuova tendenza riformatrice mira a migliorare l’efficienza della macchina statale a fini bellici.
Per ingrandire i propri domini a spese delle dinastia concorrenti occorrono forti eserciti che,
essendo formati da mercenari, comportano notevoli spese; da qui l’esigenza di nuovi introiti fiscali.
Bisogna quindi: vincere la resistenza dei popoli ottenendo l’assenso delle assemblee rappresentative
a nuove tassazioni; eliminare esenzioni concesse negli ani precedenti a città e regioni privilegiate.
Vista la difficoltà ad ottenere il consenso delle assemblee a nuove tasse i sovrani iniziarono a
governare senza convocare i vari tipi di rappresentanza dei sudditi. Essi cercano di aumentare le
imposte legittime, di ridurre le esenzioni, e di ottimizzare i redditi dei loro patrimoni personali.

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In questo periodo prendono il via gli studi di quelle che oggi sono la scienza delle finanze e scienza
dell’amministrazione che si connettono con la politica economica, fiscale e monetaria.
Nel corso del Seicento cresce la consapevolezza che la potenza politica e militare è legata alla forza
economica degli Stati: derrate alimentari sufficienti a sfamare i sudditi, attività manifatturiere e
commerciali in crescita capaci di attrarre investimenti anche dall’estero, aumento della popolazione.

24.1 Il ruolo crescente della sfera pubblica.

Le rivoluzioni di metà Seicento danno il via ad un dibattito sulle questioni fondamentali della vita
pubblica;- in particolare al ruolo della Chiesa e della religione-, anche in strati sociali diversi dai
gruppi dirigenti. Successivamente vi sarà però un ridimensionamento di questa tendenza di apertura.
La diffusione delle gazzette - progenitori dei giornali - aumenta; questi fogli raccontano i principali
avvenimenti politici/bellici/ carattere sociale, dando il via ad una riflessione sui difetti della società.
Anche i sovrani, che sempre più tendono ad usare una podestà straordinaria, si trovano obbligati a
spiegare ai propri sudditi come mai utilizzino una prerogativa così speciale. In mancanza di tali
chiarimenti essi potrebbero apparire come tiranni. Il loro operare non è solo più giustificato dalla
presunzione che sia Dio a volerli sul trono, ma anche dalla necessità di darsi da fare per il bene della
comunità, per alleviare le sofferenze degli oppressi e dei poveri. Si apre una contraddizione fra
queste nuove dottrine volte a legittimare il fondamento della sovranità e il concetto di diritto divino.
Inizia anche un’analisi dei risultati ottenuti dalle politiche dei Paesi stranieri confrontandoli.
Nasce anche la figura dell’intellettuale come consigliere del principe. Concorrono a dar forma a
questa nuova figura personaggi di diversi ceti: sacerdoti, funzionari, professionisti; persone
culturalmente influenti che tendono con le loro proposte a scardinare l’ordinamento esistente.

24.2 La guerra dei Sette anni ( 1756/63).

La così detta guerra dei Sette anni, - il primo conflitto bellico planetario - muta i rapporti di forza tra
le potenze europee. Nei due secoli precedenti la rivalità era stata tra gli Asburgo titolari della corona
imperiale- spagnoli e austriaci -, e i sovrani di Francia - Valois/Borboni -.
Con la guerra dei Sette anni la Francia si allea con gli Asburgo per fronteggiare la crescente potenza
della Gran Bretagna alleata alla Prussia. All’origine del conflitto vi sono le rivalità fra Francia e
Gran Bretagna per i possedimenti coloniali in America e India; e l’occupazione della Slesia da parte
della Prussia in contrasto con gli Asburgo.
Nel 1756, gli schieramenti sono: Francia, Russia, Svezia e impero asburgico, contro Prussia e Gran
Bretagna. Dopo alterne vicende la preponderanza dello schieramento Francese/Asburgico finisce
per prevalere. Però nel 1762, Russia e Svezia si ritirano e la Prussia sconfigge l’esercito imperiale.
Anche nei territori coloniali, dopo gli iniziali insuccessi, la Gran Bretagna riesce a vincere.
Con la pace di Parigi del 1763, la Gran Bretagna ottiene consistenti territori in India e America
settentrionale - Canada/Florida -; la Slesia rimane alla Prussia.
Si affermano così due modelli politici diversi: da una parte la Gran Bretagna, - retta da una
monarchia/parlamentare - prima potenza navale e coloniale europea in cui la preponderanza militare
si unisce al successo commerciale; dall’altra la Prussia - sistema di governo assolutistico/dispotico -
prima potenza militare continentale grazie alla forza del suo esercito terrestre.

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24.3 Sovrani illuminati ?


Federico II di Prussia, il Grande, rappresenta il modello di sovrano assolutistico sensibile alla
cultura illuministica, ha propensione per le lettere e la musica, si circonda di intellettuali illuminato,
(sarà amico personale di Voltaire); però continua le tradizioni assolutistiche e la politica di potenza.
Il suo esercito, rafforzato e migliorato, diverrà uno dei più potenti d’Europa anche perché riuscirà a
coinvolgere la nobiltà sostituendo al vecchio concetto di fedeltà personale al sovrano, una nuova
devozione nei confronti dello Stato di cui lui stesso si dice «il primo servitore».
Abile propagandista di se stesso, Federico II costruisce la sua leggenda di sovrano tollerante e
permissivo; contemporaneamente con misure protezionistiche migliora la vita economica
proteggendo la produzione agricola. Rafforza inoltre gli apparati statali, strumenti di ordini centrali.
La sua politica di allargamento lo prima porta a concordare con la Russia il nuovo sovrano polacco ,
poi alla spartizione della Polonia: Bielorussia e Lituania alla Russia, Prussia occid. alla Prussia.
Federico II verrà ricordato per la sua azione tendente a costruire il senso di appartenenza nazionale.
Anche Caterina II, zarina di Russia, verrà detta la Grande. Di origini tedesche ella sposa l’erede al
trono russo , Pietro III, e poi grazie ad un colpo di stato assume il potere. La zarina guarda alle
esperienze dei paesi sviluppati dell’occidente per copiarne le riforme economiche e sociali.
Caterina II si impossessa di buona parte del potere e della ricchezza della Chiesa ortodossa,
- sopprime 500 dei 900 conventi esistenti - trasformando i sacerdoti in stipendiati dallo Stato.
Tuttavia le condizioni delle popolazioni contadine rimangono miserevoli. Il malcontento causato
dallo sfruttamento senza scrupoli dei proprietari terrieri causa, nel 1773, una ribellione contadina
guidata dal mitico Pugacev; inviando il proprio esercito Caterina stroncherà del sangue la rivolta.
Negli anni successivi la zarina introduce l’istruzione elementare statale gratuita, solo nelle città; una
relativa libertà di stampa e regole di autogoverno locale. Ma contemporaneamente con la Carta
della nobiltà vengono stabilite esenzioni fiscali e garanzie a favore del privilegiato ceto nobiliare.
Questa politica di riforme ha però vita breve perché, col sopravvenire della rivoluzione francese,
la zarina torna ad una politica culturale di segno tradizionalistico. Nel contempo prende vita il
progetto imperiale diplomatico-militare con la spartizione della Polonia e le guerre contro l’impero
ottomano; il tutto cercando di restaurate l’impero romano d’Oriente con Mosca nuova capitale.

24.4 Le riforme dell’Impero Asburgico.

Maria Teresa d’Austria, moglie dell’Imperatore Francesco I, si serve della spinta all’efficienza del
prelievo fiscale e del miglioramento della macchina statale per stimolare la crescita economica.
Tenta di uniformare gli ordinamenti dei domini diretti della corona asburgica - Austria e Boemia -
per assoggettare la nobiltà al pagamento delle tasse. Rende obbligatoria l’istruzione e pone sotto il
controllo statale scuole superiori ed università. Fondamentale è lo smantellamento dell’universo
ecclesiastico tradizionale: vengono soppressi ordini religiosi, incamerati i beni ecclesiastici per
ripianare l’enorme debito statale, stipendiati sacerdoti e vescovi come è avvenuto in Russia.
Con l’associazione al trono del figlio Giuseppe II, (1741/90), agli ebrei viene concesso il godimento
di tutti i diritti civili concessi agli altri cittadini, accordata anche la libertà di culto delle professioni
cristiane non cattoliche; abolita la tortura. La libertà di stampa rimane però assai limitata.
Il sovrano decide di limitare la propria autorità assoluta, ma la corona tende a definire e
regolamentare in modo autocratico dei propri diritti intangibili, senza alcun controllo della società.
Peraltro Giuseppe II è affascinato dal modello statale prussiano, ma non riesce ad imitarlo perché il
suo potere in parte dipende dai principi su cui governa e che egli cerca di assoggettare di più.
In campo economico vengono adottati provvedimenti protezionistici per l’agricoltura e la
manifattura; nelle campagne viene abolita la servitù della gleba e l’obbligo per i contadini di fornire
prestazioni lavorative gratuite; inoltre si da vita alla mappatura delle proprietà terriere: il catasto.
Viene istituita un’imposta fondiaria unica valida per tutti i sudditi, ma questo provvedimento
scatena l’opposizione dei ceti aristocratici per cui Leopoldo II, successore di Giuseppe II, annulla
tali riforme e ripristina la situazione precedente.

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24. 5 La soppressione della Compagnia di Gesù.

Uno dei terreni sui quali si misura la capacità dei sovrani di attuare decisi interventi di riforma è
quello dei rapporti con la Chiesa cattolica. Acquistano peso gli interventi del potere politico:
gestione dei beni ecclesiastici, nomina ai vescovadi, formazione e controllo degli ordini religiosi.
Di grande rilievo è la vicenda della Compagnia di Gesù - argine della Chiesa cattolica contro le idee
protestanti; - i gesuiti - diventati ricchissimi grazie a lasciti testamentari - erano divenuti strumento
dell’intromissione del papato negli affari di Stato sia perché culturalmente influenti, sia per la
benevolenza di sovrani di cui erano diventati consiglieri spirituali. I gesuiti, alle strette dipendenza
del pontefice, divengono il bersaglio delle polemiche illuministiche e delle politiche riformatrici.
La prima espulsione dei gesuiti si verifica in Portogallo nel 1759, dove il sovrano punta sia alle
ricchezza fondiarie di quest’ordine religioso, sia a ridimensionare il ruolo di clero e di nobili.
Il provvedimento portoghese viene imitato in Francia (1764), in Spagna, a Napoli, Sicilia, Parma.
L’accusa principale indirizzata alla Compagnia, e che può essere estesa a qualunque componente
del clero, è quella di essere portatrice di un a doppia fedeltà politica: al papa ed al sovrano.
Nel 1773, papa Clemente XIV decide lo scioglimento della Compagnia di Gesù; solo in alcune città
della Svizzera, e in Prussia i gesuiti ottengono la protezione di Federico I, I sovrano illuminista.

24.6 Le riforme in Italia.

Sotto Maria Teresa e Giuseppe II, la Lombardia austriaca diventa un laboratorio per la
sperimentazione delle nuove politiche pubbliche. Nel 1760, prende il via il catasto geometrico che
mette a disposizione del governo non sola una mappatura della proprietà fondiaria - presupposto per
una equa distribuzione del carico fiscale -, ma anche uno strumento conoscitivo del territorio
indispensabile per attuare interventi di riqualificazione agraria, costruzione e regolazione di canali.
Nel 1765, viene istituita la «giunta economale» per le materie ecclesiastiche che produce
limitazioni e smantellamento delle esenzioni fiscali dei beni della Chiesa.
Anche in Toscana, sotto la guida del granduca Pietro Leopoldo, fratello minore di Giuseppe II, si
avviano riforme economiche e giuridiche. Per primo in Europa viene abbandonata la politica
protezionistica e si da avvio al libero scambio mercantile, viene liberalizzato il commercio di grani.
Poi si sopprimono le corporazioni delle arti e dei mestieri; si incentiva la diffusione della piccola
proprietà terriera per favorire lo sviluppo agricolo della Toscana ( questa riforma fallirà perché
i grandi proprietari terrieri si accaparrano gli appezzamenti messi all’asta).
Importante anche la riforma del codice penale ispirate alla idee di Cesare Beccaria, abolizione della
pena di morte e tortura. Si giunge sino a promuovere la redazione di un progetto di una
Costituzione che prevede l’istituzione di una assemblea legislativa - formata su base rappresentativa
- senza il cui consenso il sovrano non è in grado di governare. Tale Costituzione non verrà attuata.
Per altri Stati italiani le cose si sviluppano diversamente: - nel regno di Sardegna si attuano politiche
di stampo mercantilistico; nel regni di Napoli e Sicilia, gli interventi riformatori al fine di limitare
il potere nobiliare ed ecclesiastico, incontrano enormi resistenze e producono quindi scarsi risultati.

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25. Niente tasse senza rappresentanza: la nascita degli Stati Uniti d’America.

La rivolta delle colonie americane contro il dominio britannico (1775/83), da cui nacquero gli Stati
Uniti d’America, è un evento centrale della storia mondiale. Come già era successo nei Paesi Bassi
che si ribellarono alla corona spagnola dando vita alle Province Unite, una popolazione conduce
una guerra vincente per l’autodeterminazione scegliendo poi il proprio sistema di governo. Questa
rivolta si basa su principi repubblicani, sull’idea che l’origine della sovranità risieda nel popolo.
L’assetto politico/istituzionale che deriva dal questa rivoluzione è di stampo liberal-democratico.
Una Costituzione scritta (1787/89) riconosce una serie di diritti individuali ed afferma il principio di
eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, regolando anche l’equilibrio fra i vari Stati nati
dalle ex colonie in un nuovo governo federale di tipo presidenziale. Questo assetto socio-politico è
molto diverso da quelli degli Stati settecenteschi europei dove primeggiano monarchie, ceti e
privilegi, retaggi feudali, assenza di libertà. Agli osservatori europei in questa nuova società la
ricchezza è molto più livellata, la giustizia meglio distribuita, le libertà individuali garantite. Da
questa rivoluzione nascerà una nazione che assumerà un ruolo di primo piano sulla scena mondiale.

25.1 Il mondo coloniale nord-americano.

In America settentrionale la penetrazione inglese comporta la creazione di una serie di basi


commerciali lungo la costa atlantica per scambi con le popolazioni indigene. Questi insediamenti
sono formati da artigiani e commercianti a cui si aggiungono deportati ed indesiderati in
madrepatria. Una popolazione giovane in costante crescita spinta dal desiderio di benessere.
Le colonie americane sono una società meno portata ad attribuire valore alle tradizioni e gerarchie.
Gli abitanti sono accomunati dal professare un credo riformista di tipo calvinista che ritiene
inadeguata la Chiesa anglicana considerata troppo vicina all’aborrito papato romano. Nelle città
prevalgono comportamenti più liberi, nelle campagne le comunità religiose controllano la vita.
Le colonie godono di ampi margini di autonomia amministrativa, incentrati sulle assemblee
rappresentative elettive; il controllo del governo inglese è di natura economica. Le colonie sono
obbligate a commerciare con la madrepatria la quale assoggetta le diverse merci a tassazione varie.
I governatori, inviati dalla corona, nelle varie colonie adottando una pragmatica politica di
compromesso con le assemblee rappresentative degli abitanti , evitando scontri.

25.2 Niente tasse senza rappresentanza: le ragioni del conflitto.

All’origine dei dissidi fra le colonie e la Gran Bretagna vi sono contrastanti interessi economici e
fiscali. Oltre a tassare le merci il governo di Londra pone dei vincoli allo sviluppo economico delle
colonie; la disparità di trattamento fra le imprese della madrepatria e quelle coloniali alimenta il
malcontento dei coloni. Un altro punto di contrasto è di natura politica: la partecipazione popolare
alle scelte governative e i limiti del potere sovrano. Mentre nella madrepatria chi paga le tasse può
eleggere proprie rappresentati in Parlamento, questo diritto e negato ai coloni americani; inoltre
nelle colonie possono essere imposte misura di natura giuridica/ fiscale senza contattare l’assemblee
Vittoriosa nella guerra dei Sette anni, la Gran Bretagna si trova a governare su territori molto estesi,
ma le colonie sono consapevoli di avere interessi propri, a volte distinti da quelli della madrepatria.
Il governo di Londra, volendosi rifare degli enormi costi della guerra appena vinta, vara una serie
di provvedimenti miranti ad esercitare un maggior controllo economico su quei vasti territori.
Oltre ad un accresciuto prelievo fiscale, Londra introduce un’apposita tassa - Stamp Act - per
finanziare i costi amministrativi in America. Il fatto che questa tassa - votata dal Parlamento inglese
in cui i coloni non sono rappresentati - sia stata imposta senza approvazione delle assemblee locali
viene considerato un atto di dispotismo che attacca la libertà e la proprietà dei sudditi.

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Alcune assemblee coloniali dichiarano illegali le tasse imposte senza il loro consenso. Si reclama
un netto legame tra cittadinanza e pagamento delle imposte: - no taxation without rapresentation -;
niente tassazione senza rappresentanza. Negli anni 1760/70, esplodono tensioni per nuove
imposizioni fiscali nelle colonie. Inoltre nel 1773, il governo britannico assegna il monopolio del
commercio del tè nelle colonie americane alla Compagnia inglese delle indie orientali. Contro
questa nuova imposizione scoppia la protesta nel porto di Boston che viene ricordata come Boston
Tea Party , un gruppo di coloni gettano in mare il carico di tè di una nave della Compagnia.

25.3 La guerra d’indipendenza

La reazione di Londra è durissima; il porto di Boston viene chiuso e un governatore assume ampi
poteri. Nel 1774, una nuova legge - Quebec Act - istituisce nell’ex colonia francese un governo
senza rappresentanza legale, procedure giudiziarie senza la giuria e libertà di culto ai cattolici.
La risposta dei coloni fu la convocazione di un congresso dei rappresentati delle tredici colonie a
Philadelphia che assunse una linea moderata e di conciliazione cercando un compromesso.
Re Giorgio III decide però di reagire con la forza a quella che considera una ribellione.
Nel 1775, inizia la guerra di indipendenza. Le colonie organizzano un esercito comune sotto il
comando di George Washington. Inizialmente il più esperto esercito inglese ha la meglio sulle mal
equipaggiate milizie coloniali. In Europa Benjamin Franklin sensibilizza l’opinione pubblica che si
schiera a fianco degli insorti americani; partono anche numerosi volontari.
Nel 1776, il Congresso americano approva la Dichiarazione d’indipendenza di Thomas Jefferson in
cui sono definite le ragioni della ribellione: diritto naturale dei popoli alla vita, alla libertà ed alla
ricerca della felicità. Questi diritti sono inalienabili; un governo che li ostacoli deve essere abbattuto
Nel 1777 l’esercito americano consegue la prima vittoria a Saratoga. Negli anni successivi, aiuti
militari e rifornimenti arrivano dalla Francia e Spagna che sono entrati in guerra contro Londra.
Dopo tre anni (1781) l’esercito britannico viene sconfitto definitivamente a Yorktown.
Con il trattato di Versailles (1783), la Gran Bretagna riconosce l’indipendenza delle sue ex colonie.

25.4 La costituzione degli Sati Uniti.

Sotto la spinta delle esigenze belliche nel 1781. le ex colonie britanniche avevano ceduto parte della
loro sovranità ad un governo centrale di tipo confederale. Gli Articoli di confederazione
costituiscono la prima Costituzione degli Stati Uniti e si configura come un trattato fra Stati sovrani
ognuno dei quali è rappresentato da un delegato al Congresso federale, in pratica si tratta di un
coordinamento fra i vari Stati senza alcuna autonomia in materia finanziaria. Successivamente si
afferma l’idea di dotare gli Stati Uniti di una vera e propria costituzione scritta che regoli il
costituendo potere centrale. Nel 1787, si redige la costituzione che delinea una repubblica di tipo
federale, con un forte potere federale dotato di una propria sovranità, parallela a quella dei singolo
Stati. Si da vita ad un Congresso formato da due Camere: Camera dei Rappresentati eletti
direttamente dai cittadini americani sulla base di una ripartizione proporzionale; Senato composto
da due rappresentati nominati dai singoli Stati. L’equilibrio e la separazione dei poteri - secondo la
lezione di Montesquieu - sono parte fondante del nuovo sistema istituzionale.
Potere legislativo: Congresso. Potere esecutivo: Presidente. Potere giudiziario indipendente: Corti
di giustizia dei singoli Stati e quelle Federali. Viene anche istruita una apposita Corte Suprema
incaricata di interpretare il testo costituzionale, proteggere i diritti dei cittadini e dirimere i conflitti
fra le diverse istituzioni federali e statali. Nel 1791, a completamento della costituzione viene
approvato il Bill of Rights, atto che ribadisce i diritti individuali alla vita, alla libertà di pensiero,
parola e culto,alla proprietà, alla ricerca della felicità. Purtroppo indigeni/pellerossa, schiavi/africani
e donne restano esclusi dai diritti di cittadinanza del nuovo Stato.

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26. La rivoluzione francese.

Nel decennio 1789/1799 la Francia conosce la più straordinaria trasformazione politica mai
realizzata nella storia dell’Europa occidentale. L’universo politico tradizionale -«antico regime» -
viene spazzato via creando una nuova cultura politica che è ancora oggi la base della società
contemporanea. La società di ordini e ceti viene sostituita da una società democratica e egualitaria.
Il potere monarchico viene sostituito da un potere repubblicano esercitato dai rappresentati eletti dal
nuovo potere sovrano: il popolo come nazione. Questa enorme trasformazione costituisce uno dei
pilastri su cui è stata costruita la società dei secoli XIX e XX.

26.1 I limiti di un sistema.

Il sistema politico assolutistico creato da Luigi XIV presentava due limiti:


1) - la decisone di non convocare più gli Stati generali privava la monarchia di una camera di
compensazione e della possibilità di cogliere gli umori dei gruppi sociali più dinamici del paese.
Questa mancanza di un canale di collegamento tra la corte e la società, finisce per consentire al
Parlamento di Parigi (suprema corte di giustizia civile e penale) di assumere un ruolo di supplenza
nel rappresentare gli interessi del paese. Ma il Parlamento parigino finisce col non essere capace di
far voce all’intera società francese;
2) - la volontà di Luigi XIV di incrementare ulteriormente il prelievo fiscale, senza il consenso dei
ceti del regno, incontra evidenti ostacoli sia nella nobiltà che da tempo gode di un’ampia immunità
fiscale, sia da parte della Chiesa, anch’essa esentata dal pagamento di imposte sui suoi beni.
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Una parte della nobiltà accetta l’ipotesi di una condivisione del carico fiscale chiedendo in cambio
la partecipazione al processo decisionale, prospettiva che Re Sole esclude fermamente.
In quegli stessi anni il finanziere scozzese John Law, tenta di risanare le disastrate finanze della
corona emettendo cartamoneta. La banca reale emette un’enorme quantità banconote;
contemporaneamente i titoli di Stato vengono cambiati in azioni della Compagnia delle Indie
occidentali; dapprima questa operazione gonfia il valore della azioni della Compagnia, ma poi visto
il basso dividendo offerto da queste azioni il loro prezzo crolla, la Compagnia viene sciolta, la
corona ritira la banconote e le obbligazioni cartacee, il debito è di 4 miliardi di lire: è la bancarotta.
Sotto Luigi XV (1726/74) vi è un ritorno all’autocrazia monarchica, senza una ricerca di soluzioni
per un allargamento della partecipazione politica. Per risolvere la penuria dei mezzi finanziari nelle
casse dello stato si cerca di imporre misure straordinarie che però incontrano l’opposizione del
Parlamento parigino. Anche il tentativo di istituire il catasto fondiario, strumento necessario per
tassare tutte le proprietà terriere, viene ostacolato. A questo punto il ministro della giustizia,
propone una riforma giudiziaria che prevede la riduzione del ruolo dei Parlamenti, promettendo di
ritornare a convocare gli Stati generali. Questa proposta non viene accettata. Con l’ascesa al trono
di Luigi XVI (1754/93), vengono ripristinati e tradizionali poteri dei Parlamenti; la ricerca di
soluzioni al difficile problema del disavanzo del bilancio stata viene affidata a intellettuali
riformatori - Jacques Turgot / Jacques Necker - che coltivano le teorie di Montesquieu della
necessità di una divisione dei poteri e guardano con ammirazione alla monarchia parlamentare
inglese e alle nuove idee dei coloni nord-americani.

26.2 Una crisi politica.

All’indomani della crisi del 1774/75 - una carestia produce una serie di rivolte popolari «guerra
delle farine» -, si ripresento il problema del debito pubblico aggravato dalle spese dovuto
all’appoggio alle colonie americane nella guerra contro la Gran Bretagna. Per cercare di ottenere
consenso alla sua politica di risanamento il responsabile delle finanze Jacques Necker rende
pubblico il disastrato bilancio statale con l’unico risultato di essere costretto a dimettersi.
Il Paese si divide: da un lato vi è chi punta ad una trasformazione delle monarchia in senso
costituzionale; dall’altro i conservatori della nobiltà e del clero cercano di avvantaggiarsi
dall’indebolimento della monarchia. Per superare questa situazione di stallo il sovrano nel 1788
decide di convocare gli Stati Generali, unica istituzione in grado di autorizzare nuove tasse.
Gli Stati generali francesi sono divisi in tre ordini o Stati: la nobiltà; il clero; il cosiddetto Terzo
Stato, che rappresenta la stragrande maggioranza della popolazione. La nomina dei vari
rappresentati avviene tra difficoltà e discussioni anche perché erano 175 anni che non avveniva.
Altro motivo di forte discussione e la modalità di voto degli Stati generali: ciascun ordine, dopo una
votazione interna, esprime un solo voto (voto per ordine); oppure ciascun deputato degli Stati
generali, prescindendo dall’ordine di appartenenza, esprime un singolo voto (voto per testa) ?
Adottando il voto per testa, avrebbe prevalso l’opinione della maggioranza del Terzo Stato a cui si
sarebbero aggiunte le minoranze delle nobiltà e del clero; accettando il voto per ordine avrebbero
vinto gli orientamenti filo assolutistici dei conservatori prevalenti nei primi due Stati.
L’atteggiamento ondivago del debole e inetto Luigi XVI che concede il raddoppio dei rappresentati
del Terzo stato ma non il voto per testa - atto che vanifica il precedente, quasi una beffa - aggravano
una situazione già potenzialmente esplosiva. Riunitisi a Versailles nel maggio 1789, gli Stati
generali non riescono a risolvere il problema delle modalità di votazione; nel mese di giugno il
Terzo stato si proclama Assemblea nazionale, ossia rappresentanza della nazione. Luigi XVI
risponde ordinando di sbarrare le sale dove si tengono le seduta; i deputati del Terzo Stato si
riuniscono allora nell’attiguo salone della pallacorda e giurano di non sciogliersi sino a quando non
saranno riusciti a dare alla Francia una Costituzione. Il ricongiungimento delle minoranze della

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nobiltà e del clero all’Assemblea costringe Luigi XVI a riconoscere la trasformazione degli Stati
generali in Assemblea nazionale costituente. Lo scontro tra i due schieramenti pare evitato.

26.3 L’irruzione della piazza (1789/91).

Nei giorni successivi alla nascita dell’Assemblea nazionale truppe militari furono ammassate dal
sovrano attorno a Parigi nel tentativo di stroncare il nascente regime rappresentativo.
Il 14 luglio 1789, il popolo della capitale insorse attaccando la Bastiglia, odiato carcere, simbolo
del dispotismo. Si manifesta così quello che sarà uno degli aspetti più caratteristici della
rivoluzione: il protagonismo popolare. Le discussioni dell’Assemblea vengono rese pubbliche e
ampie quote delle popolazione prendono, per la prima volta, parte alle vicende politiche.
Il confronto si radicalizza, gli esponenti della nobiltà reazionaria fuggono da Parigi -conte Artois -;
il sovrano, tentennante ed incerto, è accusato di voler stroncare il nascente regime costituzionale.
A Parigi si insedia un nuovo governo municipale, espressione del movimento rivoluzionario, dotato
di una milizia armata, - la guardia nazionale - guidata dal marchese La Fayette , eroe riv. Americana
Nelle campagne i contadini per sventare la reazione aristocratica, assaltano castelli bruciando
archivi e documentazione relativi ai diritti signorili, distruggono tutti i simboli del potere feudale.
L’Assemblea nazionale, sotto la spinta degli avvenimenti, proclama l’abolizione del potere feudale.
Le decisioni dell’Assemblea nazionale sono condizionate da ciò che succede nel paese e viceversa,
l’azione delle masse popolari, spesso violenta, diventa il terzo soggetto politico - sempre più
autonomo - che si affianca all’assemblea ed alla corte.
A Parigi questo movimento popolare è rappresentato dai sanculotti (sans-culottes).
Mentre l’Assemblea, a livello legislativo, smonta le fondamenta dell’antico regime cercando di dar
vita ad un nuovo regime costituzionale, la corte rimane tentata di dar vita ad un colpo di Stato
militare per ritornare all’antico regime.
Il 29 agosto 1789, viene proclamata la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino che
- analogamente alla dichiarazione dei diritti della rivoluzione americana- riconosce come naturali e
imprescrittibili i diritti individuali - libertà/proprietà/sicurezza/ uguaglianza di tutti i cittadini e
diritto alla resistenza all’oppressione -.
Nell’ottobre del 1789, la piazza interviene duramente, più volte, per difendere la rivoluzione e
accelerare il mutamento istituzionale; il popolo marcia si Versailles costringendo poi il sovrano e
l’Assemblea nazionale a trasferirsi a Parigi.
Successivamente l’Assemblea, che aveva sin a quel momento operato in un clima di sostanziale
concordia, comincia a dividersi su proposte di più drastiche riforme riguardanti il ruolo del sovrano
nella nuova costituzione e il provvedimento della confisca dei beni del clero per risanare la grave
situazione finanziaria dello Stato; si vorrebbe anche dar vita ad una Chiesa nazionale francese.
Altri aristocratici e religiosi che decidono di non prestare il giuramento richiesto dal nuovo regime
vanno ad ingrossare le file degli oppositori all’estero. Anche Luigi XVI, sentendosi sotto scacco,
decide di abbandonare la Francia per ritornarvi in armi. Nel giugno 1791 fugge da Parigi, ma viene
intercettato e ricondotto nella capitale con la sua famiglia. Nonostante questo l’Assemblea
nazionale decide il mantenimento della forma di governo monarchico-costituzionale. Il 17 luglio
una manifestazione repubblicana presso Campo di Marte viene brutalmente repressa nel sangue.
Nel mese di settembre viene proclamata la Costituzione; la Francia diventa una monarchia
costituzionale: al sovrano spetta il potere esecutivo attraverso la nomina dei ministri, il potere
legislativo tocca a una Camera eletta con sistema elettorale a doppia livello: gli aventi diritto al voto
-maschi adulti che pagano le tasse- eleggono dei rappresentati ai quali spetta di designare i deputati.

26.4 La Prima Repubblica (1792/94).

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I primi due anni della rivoluzione videro importanti mutamenti del sistema politico segnati da eventi
tumultuosi. Il sovrano si vede sempre più isolato e spera in un intervento delle potenze straniere;
il fratello del re, conte di Artois, cerca di convincere l’imperatore Leopoldo II ed il re di Prussia,
Federico Guglielmo II, ad intervenire per soffocare la rivoluzione e ripristinare l’antico regime.
In Francia l’Assemblea legislativa è dominata dal gruppo politico delle nobiltà liberale detto dai
«giacobini» -così chiamati perché si riuniscono in un ex convento dei frati giacobini - . I giacobini
assumono via via posizioni più rigide arrivando all’emarginazione dei più moderati guidati da
La Fayette i quali danno vita al gruppo dei foglianti - si riuniscono in un ex monastero dei foglianti .
Accade così che in una Assemblea in cui vi è una maggiorana di orientamento moderato, sono le
componenti repubblicane guidate dai deputati girondini, provenienti dalla Gironda, ad emergere.
Nell’aprile del 1792, l’assemblea dichiara guerra la nuovo imperatore Francesco II d’Asburgo
sperando di rafforzare il nuovo regime. Ma gli eserciti imperiale e prussiano invadono la Francia,
la rivoluzione sembra sul punto di essere spazzata via. A questo punto ancora una volta è la piazza
a determinare una accelerazione al processo rivoluzionario; la folla assale il palazzo reale
costringendo l’Assemblea ad ordinare la deposizione e l’arreso di Luigi XVI accusato di tradimento
Un Comitato esecutivo guidato da Danton, chiede una nuova assemblea - chiamata Convenzione -
con il compito di dare alla Francia una nuova costituzione repubblicana. Vengono emarginati i
componenti originari del gruppo che ha dato vita alla rivoluzione ed emergono Robespierre, leader
dei giacobini e Brissot capo dei girondini.
Questo nuovo gruppo dirigente riesce a galvanizzare il paese riorganizzando l’esercito,
fronteggiando la penuria alimentare, confiscando i beni degli emigrati. Contemporaneamente. in un
clima di enormi tensioni, vengono istituiti dei tribunali straordinari per processare quelli che si
crede abbiano tramato o tramino contro la rivoluzione.
Anche grazie alla leva obbligatoria di massa l’esercito francese sconfigge gli imperiali/prussiani.
La Convenzione proclama la prima Repubblica Francese, settembre 1792; poi condanna Luigi XVI
a morte. Il sovrano verrà giustiziato il 21 gennaio 1793.

26.5 La guerra civile e il «Terrore» (1793/94).

La morte di Luigi XVI spinge le potenze europee a formare una vasta coalizione antifrancese
A Parigi le masse popolari dominano la Convenzione tramite i sanculotti; nella regione della
Vandea sotto la guida della nobiltà locale e del clero prende vita una rivolta di stampo monarchico
cattolico. Nella Convenzione la maggioranza girondina viene pressata dai gruppi più radicali, la
fazione detta della Montagna e dalle agitazioni di piazza dei sanculotti;- deputati girondini arrestati-
Il sopravvento dei montagnardi porta all’approvazione della Costituzione detta dell’anno I, assai
avanzata in senso democratico - divisione dei poteri, suffragio universale maschile, riconoscimento
del diritto al lavoro e all’assistenza -; però questa costituzione non entrerà mai in vigore.
A questo punto mentre le forze della coalizione antifrancese invadono il paese, in diverse province
esplodono sollevazioni girondine contro il soffocante potere dei giacobini e di Parigi. Il potere
viene assunto dal Comitato di salute pubblica, organo straordinario di 12 membri fra i quali
emergono Robespierre e Saint-Just; questo Comitato, dichiarando di voler arginare la guerra civile
che sta minando la repubblica, decide l’eliminazione fisica e sistematica di tutti gli avversari politici
Inizia la fase del Terrore: dopo processi sommari cadono sotto i colpi della ghigliottina magliaia di
veri o presunti avversari del nuovo regime; fra i tanti la regina Maria Antonietta, il duca d’Orleans,
intellettuali e studiosi,e anche famosi leader della rivoluzione stessa come Brissot, Danton, Hebert.

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Il nuovo regime rivoluzionario adotta un nuovo calendario, lancia campagne di scristianizzazione,


con la creazione del culto della Ragione, cerca di fronteggiare la pesante situazione economica
calmierando i prezzi e controllando la produzione dei beni.
Però lo strapotere arbitrario e repressivo del Comitato di salute pubblica finisce per causare una
reazione da parte dei sopravvissuti della Convenzione che, appoggiata da un’opinione pubblica
scandalizzata e terrorizzata dagli eccidi, organizza un colpo di Stato. Nella notte tra il 26 e 27 luglio
1794 vengono arrestati Robespierre e Saint-Just che vengono subito ghigliottinati. Vengono poi
abrogate le leggi speciali e aboliti i tribunali rivoluzionari. L’eliminazione della classe politica
radicale riporta sulla scena i filo monarchici che si abbandonano a vendette cruente contro gli
esponenti giacobini e sanculotti; questo periodo è ricordato come «Terrore bianco».
Successivamente lo smantellamento di norme di protezione sociale, come il calmiere dei prezzi,
accompagnate da un inverno assai rigido aumentano le difficoltà economiche della popolazione
facendo esplodere una rivolta a Parigi nel maggio 1795 che però viene repressa nel sangue.
La Convenzione vara una nuova Costituzione, detta dell’anno III, improntata all’esigenza sia di
sottrarre l’attività legislativa alle pressioni delle masse popolari, sia una restaurazione realista.
Questa Costituzione è di orientamento assai moderato: limita la libertà di stampa e di associazione,
prevede l’istituzione di un Parlamento bicamerale, tende a restituire sicurezza al potere legislativo.
Due terzi dei componenti del nuovo Parlamento devono però essere già stati membri della
Convenzione al fine di assicurare la continuità repubblicana della rappresentanza, evitando la
possibilità di una vittoria elettorale dei filo monarchici. La Costituzione assegna poi il potere
esecutivo a un Direttorio, composto da cinque membri.

27. L’erede imperfetto: Napoleone Bonaparte.

La figura di Napoleone Bonaparte (1769/1821) occupa un posto di assoluto rilievo nella storia e
nell’immaginario europeo tra il XVIII e XIX secolo. Grande condottiero, abile politico, eccellete
stratega egli inaugura un periodo di preponderanza francese sulla scena politico/militare del
continente europeo, fatta salva la Gran Bretagna, in virtù del proprio primato economico e navale.
Napoleone nasce in una famiglia della classe media, in Corsica, dopo essere stato un generale di
modeste origini acquista un potere monocratico che si trasforma poi in potere monarchico.
Come per Oliver Cromwell, nella rivoluzione inglese, deve la sua ascesa a sconvolgimenti politici
di vasta scala: le uniche due rivoluzioni europee che hanno visto la condanna a morte di due sovrani
- Carlo I Stuart e Luigi XVI Borbone. - .
Napoleone si proclamerà prima re e poi imperatore dei francesi e non della Francia per indicare che
la sua legittimità discendeva dal consenso popolare, non da una presunta volontà divina.
Da una parte egli sa di essere l’erede della rivoluzione e contro le potenze europee legittimiste
afferma il diritto dei francesi scegliersi il proprio governo, diritto che è frutto della rivoluzione.
D’altra parte, Napoleone sa di rappresentare la forza di un principio monarchico che, dopo la
rivoluzione, va riacquistando influenza e prestigio. Molti francesi, stanchi di faide e violenze della
guerra civile, desiderano affidare le redini del governo ad un uomo forte che sappia imporsi
opponendosi alle due posizioni estreme esistenti nel paese: - i filo monarchici, che desiderano la
restaurazione dei Borbone ed il ritorno all’antico regime; - i cosi detti «giacobini» - in ricordo
della famosa fazione di rivoluzionari - che vogliono costituire una salda repubblica ispirata ai
principi della rivoluzione. Napoleone riesce nella difficile impresa di farsi accettare dalla
maggioranza di questi due opposti schieramenti; è capace di presentarsi come erede della monarchia
assoluta e, nel contempo, della rivoluzione. Un erede straordinario, ma ambiguo, imperfetto.

27.1 La svolta militare della rivoluzione.

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Nel 1795, l’entrata in vigore della costituzione dell’anno III a causa della clausola per la quale i due
terzi dei membri delle nuove Camere tra i membri della precedente Convenzione suscita la protesta
dei monarchici che danno vita ad una insurrezione repressa nel sangue da un oscuro generale di
sicura fede repubblicana: Napoleone Bonaparte. Viene poi nominato un Direttorio formato dagli ex
membri repubblicani della Convenzione, quelli che avevano votato per la condanna a morte del re.
Il Direttorio deve affrontare una situazione assai difficile: - sul piano interno assume misure
repressevi sia nei confronti dei monarchici, sia dei repubblicani radicali (giacobini) che non
accettano la normalizzazione moderata che sta prendendo vita; - congiura degli eguali -;
- sul piano internazionale, le truppe francesi, dopo la pace separata con Prussia e Spagna,
rimangono in guerra con Gran Bretagna, Impero e regno di Sardegna. Si decide un attacco a nord
contro le forze dell’impero e di invadere il Piemonte per minacciare la Lombardia. Mentre l’armata
che muove su Reno viene costretta a ripiegare, la spedizione inviata in Italia, sotto la guida di
Napoleone Bonaparte, ottiene una serie di successi straordinari (1796). Lo stato di Sardegna si
arrende, viene invasa la Lombardia e alcuni territori dello Stato della Chiesa. Con la pace di
Campoformio (1797), i francesi ottengono la sovranità sui Paesi Bassi, la Lombardia, Nizza e
Savoia; l’impero austriaco ottiene la repubblica di Venezia, che perde la sua indipendenza.
Buona parte degli italiani appoggia gli ideali repubblicani francesi. Bologna, Ferrara, Modena e
Reggio Emilia danno vita alla repubblica Cispadana - primo tricolore italiano -, poi con la
Lombardia nasce la repubblica Cisalpina; in Liguria nasce la repubblica ligure. Nel 1798, sotto i
colpi dell’invasione francese, nasce la repubblica romana e poi la repubblica partenopea;
Ferdinando IV di Borbone si rifugia in Sicilia protetto dalla flotta britannica.
Solo più la Gran Bretagna si oppone alla Francia repubblicana e il Direttorio decide di inviare in
Egitto le armate di napoleone nel tentativo di ostacolare gli inglesi nei loro commerci.
Bonaparte sconfigge gli egiziani nella battaglia delle Piramidi (1798), ma la flotta francese viene
annientata dall’ammiraglio inglese Horatio Nelson. Napoleone decide di ritornare in Francia (1799).
Sul piano interno il Direttorio, sconfitto dai monarchici nelle elezioni del 1797, con un colpo di
Stato annulla i risultati delle elezioni ed epurando i filo monarchici. Mentre nelle campagne il
banditismo è ormai fuori controllo, il quadro politico rimane instabile perché nelle nuove elezioni
del 1798 vincono i giacobini. Il Direttorio annulla le elezioni con un nuovo colpo di Stato.
A questo punto, l’abate Sieyes, famoso protagonista della prima Assemblea nazionale, in accorto
Bonaparte organizza un nuovo colpo di Stato; dopo aver sciolto il Direttorio, Sieyes, Bonaparte e
Ducos si autoproclamano consoli della repubblica cercando di dare stabilità alla Francia garantendo
l’ordine pubblico. Di fatto però il potere esecutivo è nelle mani di Bonaparte che controllando
l’esercito ha la forza delle armi. Una nuova costituzione, detta dell’anno VIII, assegna il controllo
delle due assemblee legislative al triunvirato dei consoli. Napoleone, con la carica di primo
console, ossia di capo dello Stato, si assicura un sostanziale predominio.

27.2 Dal consolato all’impero.

La decisone di affidare le sorti della repubblica ad «un uomo forte» è dovuta: - all’incapacità del
Direttorio a «terminare la rivoluzione» e ad assicurare la stabilità politica; - all’emergenza bellica
creatasi con la formazione della seconda coalizione antifrancese - Gran Bretagna/Russia/Prussia/ecc
Tra il 1788/89, in Italia vengono abbattute le varie repubbliche costitute sul modello francese.
Napoleone decide di varcare nuovamente le Alpi; a Marengo (1800) infligge una dura sconfitta alle
forze sarde ed imperiali. La Russia abbandona ala coalizione; si firma la pace con le altre nazioni.
Sul piano interno il nuovo regime sigla un concordato con la Santa Sete che riconosce la repubblica
francese in cambio dell’affermazione del cattolicesimo come religione della maggioranza dei
francesi; il papato ristabilisce il controllo sulla Chiesa francese con autorità finanziare/amministrat.
Avendo consolidato la propria posizione, nel 1802 Napoleone si fa proclamare primo console a vita,
primo passo per la trasformazione del consolato in monarchia. Nel maggio 1804, viene approvata la
costituzione dell’anno XII, che trasforma la carica di primo console in quella, ereditaria, di

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imperatore dei francesi, il tutto sancito da un plebiscito. Il 2 dicembre 1804, Pio VII, nella cattedrale
di Notre Dame di Parigi, consacra Napoleone imperatore porgendogli la corona che egli stesso si
pone sul capo. Per legittimare la nuova situazione vengono creati nuovi titoli nobiliari assegnati a
militari e funzionari fedeli all’imperatore. Napoleone procede anche al riordino: - della finanza
pubblica coniando una nuova moneta, il franco d’argento, garantita dalla Banca di Francia;
- del sistema giudiziario ( controllo da parte del governo sui giudici, reazione dei tribunali d’appello
Nel 1804 viene promulgato il Codice civile, che riassume molte delle conquiste della rivoluzione
(libertà individuale, laicità dello Stato, uguaglianza di fronte alla legge, abolizione del feudalismo).
Rassicurati i gruppi dirigenti del paese sul rispetto assoluto del diritto di proprietà, Napoleone
rafforza gli apparati di sicurezza creando una potente polizia che si dedica sia alla tutela dell’ordine
pubblico per dare sicurezza alle attività economiche e commerciali, sia alla repressione di ogni
forma di dissenso, anche grazie ad un’efficace censura.

27.3 La monarchia amministrativa.

Napoleone realizza per la prima volta nella storia europea il regime di un uomo che fonda il proprio
potere sul controllo dell’esercito preoccupandosi nel contempo di legittimare il proprio ruolo
tramite il consenso, espresso con il plebiscito, della maggioranza della popolazione.
Gli storici hanno chiamato questo periodo cesarismo con riferimento alla dittatura imposta a Roma
da Giulio Cesare che aveva imposto anch’egli fine all’esperienza di un regime repubblicano.
Napoleone rappresenta per i francesi una normalizzazione che promette di conservare parte delle
conquiste della rivoluzione. Si realizza una rottura dei diritti e privilegi dell’antico regime.
Il perno del mutamento introdotto da Napoleone è la riforma amministrativa, la macchina statale
viene impostata in modo strettamente gerarchico e piramidale. L’intero territorio francese, diviso in
dipartimenti, viene controllato attraverso la nomina governativa di amministratori, prefetti, sotto
prefetti con funzioni di controllo e direzione di tutti gli aspetti della vita collettiva. Lo Stato tende
ad avere un ruolo sempre più incisivo producendo in questo modo un miglioramento nelle
condizioni sanitarie, istruzione, efficienza amministrativa e finanze statali; contemporaneamente la
società e sottoposto ad un potere centrale che ricorre ad un serrato controllo poliziesco militare.
Prende il via la formazione di personale addestrato a lavorare nelle nuove strutture pubbliche,
personale in cui cresce la consapevolezza del proprio ruolo al servizio delle Stato. Si afferma il
principio di fedeltà al ruolo ed agli obblighi che comporta il far parte delle strutture pubbliche.
Queste nuove regole di organizzazione dello Stato verrà chiamata «monarchia amministrativa».
La quantità delle direttive emanate è notevole perché si ritiene che una legge scritta e pubblica
possa impedire la rinascita di poteri particolari e di privilegi; in realtà essendo troppe le norme da
rispettare i burocrati hanno un notevole spazio di manovra nell’eseguire prima una o un’altra norma
Sono i burocrati i veri protagonisti della monarchia amministrativa, che verrà esportata dai francesi
come modello di gestione della cosa pubblica, a conferma dei principi egualitari della rivoluzione.
A questo fine Napoleone riforma il sistema dell’istruzione superiore; le grandi scuole pubbliche
d’eccellenza diverranno vere fucine di quadri per l’amministrazione pubblica, militare e civile.

27.4 L’egemonia francese in Europa e le sue conseguenze.

Nel 1805, la Gran Bretagna, preoccupata per la forza del nuovo regime napoleonico, promuove una
terza coalizione antifrancese: Impero austriaco, Russia, Svezia, Regno di Napoli. L’ammiraglio
britannico Nelson, a Trafalgar, sgomina la flotta francese, ma l’armata napoleonica, a Austerlitz,
sconfigge l’esercito austro-russo. Con il successivo trattato di pace l’Austria cede Veneto, Dalmazia
e Istria al neonato regno d’Italia il cui sovrano è Napoleone. Bonaparte ridisegna la cartina europea
creando una serie di Stati satellite della Francia sui quali insedia propri congiunti: Regno d’Olanda
al fratello Luigi Bonaparte; Regno di Napoli al fratello Giuseppe; in Germania viene istituita la
confederazione del Regno che riunisce Stati satelliti della Francia.

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In un nuovo scontro, gli eserciti prussiano e russo sono ancora una volta sconfitti da Napoleone che
crea il Regno di Vestfalia affidandolo al fratello Girolamo.
Solo l’Inghilterra resiste e Napoleone, impossibilitato ad invaderla, decide di isolarla
economicamente per distruggere la sua principale fonte di potenza economica: i commerci. Francia
ed i suoi Stati satellite decretano un blocco commerciale, ma questo isolamento mercantile non
risulta efficace sia perché è difficilmente applicabile visto il grande contrabbando di merci inglesi,
sia perché l’economia francese non è in grado di sostituire la produzione britannica.
Nel 1809, Napoleone occupa lo Stato Pontificio e deporta Pio VII - che lo scomunica - a Savona,
dopo un tentativo di invadere la Spagna, viene spodesto il re di Spagna e sul trono sale Giuseppe
Bonaparte, sostituito nel regno di Napoli da Gioacchino Murat, marito di Carolina Bonaparte.
Dopo la sconfitta di una quinta coalizione antifrancese, Napoleone impone all’Austria la perdita di
numerosi territori che verrà sancita con il matrimonio tra Napoleone e Maria Luisa d’Asburgo,
figlia dell’imperatore d’Austria. Nel 1811 nasce Napoleone Francesco, l’erede al trono francese.
Con l’affermazione dell’egemonia francese si diffondono in Europa dei nuovi principi politici,
modelli amministrativi e giuridici, modelli culturali, tutti diversi da quelli tradizionali.
Ma proprio questi nuovi modelli culturali più liberi ed innovativi vengono usati da chi nei vari Stati
occupati considerano l’influenza francese un sopruso ed una violazione delle loro tradizioni.
Prima in Tirolo, poi in Spagna scoppiano rivolte nazionalistiche che soprattutto in Spagna
dimostrano una violenza ed una determinazione straordinaria. Gli spagnoli attuano un tipo di
resistenza nuova basata su scontri sporadici, ma con continue, logoranti azioni di sabotaggio; tale
inedita forma di «piccolo guerra» , che evita battaglie in campo aperto e preferisce le imboscate e
che coinvolge anche le popolazioni le quali appoggiano i ribelli, viene chiamata «guerrilla».
27.5 Il tramonto dell’impero napoleonico.

La decisione russa di riprendere i commerci con la Gran Bretagna rompe l’alleanza tra Francia e
Russia; nel giugno 1812, Napoleone invade la Russia con un esercito di 700.000 uomini, sconfigge
le truppe zariste a Borodino e riesce ad occupare Mosca. I russi abbandonano la città dandola alle
fiamme; privo di rifornimenti e vedendo che lo zar non chiede la pace, Napoleone ordina la ritirata.
La sua armata, ripetutamente attaccata ai fianchi, stremata dal gelo e dalla fame, colpita da epidemie
giunge in Francia con meno di 50.000 uomini. Le potenze europee tornano ad organizzare una
coalizione antifrancese; a Lipsia (16/19 ott.1813) le forze antifrancesi sconfiggono Napoleone, poi
invadono la Francia e occupano Parigi. Bonaparte viene costretto ad abdicare, viene restaurata la
monarchia dei Borbone, Napoleone viene esiliato all’isola d’Elba , datagli come possedimento.
La restaurazione dei Borbone in Francia non è affatto facile, cozza contro i grandi cambiamenti
avvenuti in seno alla società francese creando una miscela di scontento e insofferenza. A febb.
1815, Napoleone fugge dall’Elba e sbarca in Francia, accolto entusiasticamente raggiunge Parigi.
Le potenze europee danno vita alla settima (e ultima) coalizione antifrancese; il 18 giugno 1815,
nella battaglia di Waterloo, in Belgio, gli eserciti britannico e prussiano sconfiggono Napoleone.
Finisce così la nuova breve stagione napoleonica - i cento giorni - ; Luigi XVIII rientra a Parigi,
Napoleone viene mandato in esilio nell’isola di Sant’Elena, sperduto possedimento britannico in
pieno oceano Pacifico, dove, controllato a vista, morirà il 5 maggio 1821. - Ei fu. - .

28. La prima rivoluzione industriale.

L’espressione «rivoluzione industriale» definisce una trasformazione epocale e irreversibile che


subiscono le strutture produttive europee a partire dalla seconda metà del Settecento.
Il primo paese europeo a sperimentare questa trasformazione e l’Inghilterra, dal 1760 al 1830; si
parla di «prima rivoluzione industriale» per distinguerla dalla trasformazione industriale che
avvenne in Europa occidentale nel terzo decennio del XIX secolo.

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Recentemente si è messo in discussione che si sia trattato di una vera «rivoluzione», una «frattura»
con i sistemi produttivi precedenti; alcuni studiosi ritengono che sarebbe più esatto parlare di una
lenta evoluzione nel segno della continuità rispetto al passato. Questa nuova interpretazione è legata
alle ricerche e allo studio relativi agli incrementi produttivi, modesti e certo non rivoluzionari,
verificatisi in Inghilterra in questo periodo. Peraltro se la crescita economica britannica non sembra
essere rilevante, rimane il fatto che è caratterizzata da una costante accelerazione rispetto al passato.

28.1 Invenzioni e innovazioni.

Il primo settore in cui vengono apportate significative innovazioni produttive è quello tessile ed in
particolare quello dei cotonifici. Questo settore è stimolato dalla rapida espansione di questi tessuti
sul mercato europeo dei manufatti provenienti dall’India; nel XIX secolo le nuove tecniche
produttive porteranno la Gran Bretagna a diventare esportatici di manufatti in cotone verso l’India.
Per incrementare la produzione si doveva adottare tecniche in grado di velocizzare la produzione,
riducendo contemporaneamente i costi. La maggior resistenza del cotone, fibra vegetale, rispetto
alla lana, fibra animale, permette l’introduzione di nuovi macchinari nella vari fasi della
produzione: - preparazione/filatura/tessitura/finitura – ; filatoi e telai meccanici capaci di aumentare
sempre più la produzione si susseguono; ogni progresso in una determinata fase della produzione
stimola l’introduzione di nuove macchine nelle altre fasi che diversamente resterebbero indietro,
incapaci di adeguarsi alle accresciute capacità produttive. Un «botta e risposta» nelle varie fasi.
L’industria cotoniera assume un ruolo primario nel processo di industrializzazione in Inghilterra.
La meccanizzazione non solo consente un miglioramento della produttività, ma anche una migliore
qualità dei filati realizzati che riescono così a competere e a sostituire anche la seta e il lino.
Seppur con maggior lentezza le innovazioni entrano anche in altre attività di produzione; nel settore
siderurgico in seguito a diverse innovazioni delle fasi produttive si riesce a conseguire dapprima
leghe di ghisa e poi di ferro sempre più pure e malleabili che si prestano a realizzare nuove strutture
L’aumento della richiesta di carbone legata allo sviluppo della siderurgia, comporta uno
sfruttamento in profondità delle miniere di carbone. Anche in questo settore vengono sperimentate
nuove macchine in grado di ottimizzare la produzione e di diminuire la quantità di energia utilizzata
La diffusione delle macchine in tutte le industrie diventa il simbolo stesso della rivoluzione
industriale consentendo un risparmio di lavoro e di combustibile ed un aumento della produttività.

28.2 Un ambiente che muta.

L’impiego del vapore quale principale fonte di energia e l’adozione delle innovazioni tecniche nella
produzione cambiano profondamente il paesaggio e la società inglese. Concentrare le macchine e i
lavoratori sconvolge la geografia ed i costumi di vita. In precedenza le unità produttive avevano
carattere familiare e eseguivano tutte le fasi di lavorazione, dalla materia prima al prodotto finito.
Ora le macchine a vapore possono essere impiantate ovunque si voglia e chi investe i capitali
impone che la produzione sia concentrata dove vi è maggior convenienza economica.
Anche le vie di comunicazione sono migliorate; inizia il trasporto su rotaie che si rafforza man
mano che vengono perfezionate le varie applicazioni del motore a vapore; contemporaneamente i
canali che collegano i diversi fiumi navigabili vengono ampliati e moltiplicati arrivando a costituire
una fitta ragnatela che permette di raggiungere località prima isolate e difficilmente raggiungibili.
La trasformazione nella struttura della produzione industriale determina un importante
cambiamento nel paesaggio e nelle gerarchie urbane. Sorgono nuove popolose città laddove vi
erano solo piccoli villaggi (Birmingham, Liverpool, Manchester), una struttura urbana caratterizzata
dall’assenza di continuità rispetto al passato. Le città industriali sfuggono al controllo politico e

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sociale dell’aristocrazia terriera, nascono contrasti fra aristocratici e borghesi relativamente al


mutato peso elettorale delle varie regioni: zone rurali semi spopolate, città sempre più popolose.
Nelle periferie delle città industriali fabbriche a capannoni si affiancano a caseggiati fatiscenti,
- gli slum -, dove alloggiano le famiglie degli operai; i quartieri centrali, abitati dalla nuova ricca
borghesia industriale, si abbelliscono proprio grazie alle industrie circostanti.

28.3 La nascita della società industriale.

I mutamenti delle strutture produttive in Inghilterra del primo Ottocento coinvolgono anche
l’insieme delle gerarchie dei valori e dei rapporti sociali. I nuovi centri manifatturieri nascono e si
dilatano grazie alla forte migrazione interna dalle aree rurali del paese. L’elevata concentrazione
della forza lavoro in correlazione ai nuovi ritmi produttivi, cambiano le abitudini, la mentalità e gli
stessi modi di vita della nuova popolazione urbana. Si tratta di un fenomeno che si accentuerà nella
seconda metà dell’Ottocento.
Accanto ad un personale qualificato - proveniente dall’artigianato - e dotato di stabilità sociale e
lavorativa, vi sono operai privi di preparazione -ex contadini - ed infine donne e bambini sfruttati.
Più si scendono i gradini di questa gerarchia interna della classe operaia peggiori diventano le
condizioni di lavoro. I lavoratori privi di qualifica, le donne e i bambini non hanno alcuna forza
contrattuale, passano fino a quindici/sedici ore al giorno nelle fabbriche. Soltanto nel 1831 una
legislazione statale vieta di impiegare nelle fabbriche ragazzi di età inferiore ai 9 anni ed introduce
il tetto di dodici ore di lavoro giornaliero per i minori di 18 anni.
Anche la manodopera qualificata è minacciata dall’introduzione di macchinari sempre più efficienti
che determinano un risparmio di forza lavoro con conseguente disoccupazione. I sempre più
numerosi disoccupati vedono nella meccanizzazione il loro nemico; da qui divampano azioni
terroristiche e sommosse popolari volte alla distruzione di macchine e fabbriche. Questo fenomeno
noto come luddismo - si dice sia stato Ned Ludd il primo operaio a distruggere un telaio meccanico-
è però privo di caratteristiche unitarie. In alcune regione si protesta per la disoccupazione, in altre
per le dure condizioni di lavoro. In ogni caso le autorità non esitano ad utilizzare l’esercito per
reprimere a schiacciare ogni tipo di protesta. Si giunge a vietare qualunque forma di organizzazione
e rivendicazione operaia; lo sciopero è rigorosamente vietato. Nell’agosto 1819 un raduno di operai
presso Manchester viene disperso dalla cavalleria che uccide 11 operai e ne ferisce 500.
Ad ogni modo, in questi anni, sorgono le prime associazioni di mutuo soccorso per far fronte alla
durezza ed ai rischi delle condizioni di vita dei lavoratori e delle loro famiglie.
Nel 1824 viene autorizzata dalle autorità la creazione delle Trade Unions, le prime associazioni
operaie, organizzazioni metà strada fra associazioni di mutuo soccorso e i futuri sindacati moderati.

29. Restaurare l’antico regime.

Dopo la caduta dell’impero napoleonico le grandi potenze vincitrici - Gran Bretagna, Russia,
Austria, Prussia - si trovano di fronte a una serie di importanti questioni politiche.
- Come evitare che la Francia torni a minacciare gli equilibri politici europei ?. I vincitori, sulla
base del principio della legittimità dinastica, tendono a ridisegna la mappa politica del continente.
- Come conciliare il concetto, largamente diffusosi durante l’età napoleonica, della legittimazione
popolare del potere sovrano con il principio teorico della legittimazione divina del potere politico ?.
I vincitori pensano di poter riportare il mondo politico e sociale europeo a come era prima della
rivoluzione.
La rivoluzione è stato il male che a sconquassato le tradizionali gerarchie sociali; il bene risiede
nell’antica formula che pone a fondamento dei troni e della stabilità sociale la volontà divina.
Il Congresso di Vienna, giustamente famoso, è l’espressione di questo progetto di restaurazione.

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29.1 Il Congresso di Vienna.

Tra il novembre 1814 e il giugno 1815, il Congresso di Vienna - a cui partecipano i rappresentati di
tutti i paesi europei - provvede a ridefinire gli assetti politici europei.
Anche la Francia è rappresentata dall’abile vescovo, Charles Maurice Talleyrand (1754/1838);
questo abile politico e diplomatico era stato prima deputato agli Stati Generali (1789), poi membro
dell’Assemblea Nazionale, quindi ministro degli Esteri di Napoleone ed infine artefice della sua
abdicazione e fautore del ritorno dei Borbone. Talleyrand riesce a convincere le potenze vincitrici
a non penalizzare eccessivamente la Francia sul piano territoriale; questo per stabilizzare la
situazione e evitare contraccolpi di tipo rivoluzionario e repubblicano. La Francia di Luigi XVIII
torna ai confini precedenti al 1792; l’Austria aggrega Lombardo/Veneto e ne assume il controllo.
Al Regno di Sardegna viene restituita la Savoia e dati i territori della repubblica di Genova.
Il granducato di Toscana agli Asburgo - Lorena; il ducato di Parma e Piacenza viene assegnato a
Maria Luisa, moglie di Napoleone e figlia dell’imperatore d’Austria. Viene ripristinato la Stato
Pontificio. Unificati i regni di Napoli e Sicilia creando il regno delle Due Sicilie sotto Ferdinando I.
La Prussia acquisisce parte della Sassonia, Pomerania svedese, Vestfalia, Colina, Treviri.
La Russia si annette la Galizia e la Finlandia, e parte del regno di Polonia. La Gran Bretagna l’sola
di Malta, possedimenti coloniali francese ed olandesi: Tobago, isole Mauritius, Guyana, Ceylon.
In Spagna e Portogallo tornano sui troni le rispettive dinastie: Borbone e Braganza.
Infine, sotto la regia del cancelliere austriaco Metterenich, prende vita la Santa Alleanza, formata da
Russia, Austria, Prussia, al fine di impedire ogni tentativo di sovvertimento dell’ordine stabilito.

29.2 Il nuovo dispotismo reazionario.

Il dispotismo monarchico postrivoluzionario è diverso dall’assolutismo dispotico settecentesco, che


cercava di legittimare i propri interventi riformatori attraverso la retorica della felicità dei popoli
mirando ad ottenere un certo consenso dell’opinione pubblica. Dopo il 1815, i sovrani si richiamano
al valori tradizionali, soprattutto religiosi, per rassicurare tutti coloro che erano stati spaventati dalla
rivoluzione. In questo la Chiesa cattolica svolge un importante ruolo di supporto; «un’alleanza fra
il trono e l’altare», una convergenza di interessi, perché la rivoluzione aveva sconvolto entrambi.
Comunque la rivoluzione ha influenzato ogni forma di discorso politico e forme organizzative.
La restaurazione non fu però un mero e semplice ritorno al passato; nella tradizionale visione
aristocratica la nobiltà francese era la miglior rappresentanza della Francia, con la rivoluzione la
nobiltà si trasforma in una parte politica, esattamente nella controparte della rivoluzione contro la
trasparenza delle idee rivoluzionarie di un popolo deciso a difendere la sua libertà.
Al contempo, il passato, e la storia sono ripensati mediante i nuovi strumenti intellettuali che la
rivoluzione ha elaborato e diffuso in Europa, soprattutto grazie al nuovo concetto di popolo-nazione

29.3 … e i suoi nemici.

Il diffondersi del clima poliziesco, di repressione e censura in Europa, favorisce la nascita e la


diffusione delle società segrete. Il modello è quello della Massoneria le cui regole vincolano i soci
a particolari rituali e specifici comportamenti. La Massoneria era assai popolare tra le classi colte,
amanti della speculazione filosofica e contrarie ad alcune posizioni della Chiesa Cattolica, per
questo era stata scomunicata nel 1738. Dopo la rivoluzione i gruppi massonici danno vita a sette
politiche per lottare contro il dispotismo e l’alleanza fra il trono e l’altare, nel nome delle idee
liberali e costituzionali. La diffusione delle sette segrete in Europa è impressionante.
In Italia è la Carboneria che promuove gli ideali di unità ed indipendenza del paese dal dominio
straniero. La repressione delle idee considerate sovversive è particolarmente dura in Italia.

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29.4 Libertà e indipendenza.

Solo in Francia, Luigi XVIII per non alienarsi un’opinione pubblica a maggioranza liberale, nel
1814, concede una carta costituzionale di impronta moderatamente liberale - Parlamento bicamerale
limitata tutela dei diritti individuali , sostanziale controllo della corona sul governo - .
Però questa costituzione non soddisfa ne i monarchici oltranzisti, né i nostalgici di Napoleone.
Nel 1820, assassinio del duca Berry da parte della Carboneria, il re torna ad una politica repressiva.
Dopo il 1815, altre monarchie si dotano di una Costituzione: Paesi Bassi, Svezia, Norvegia.
La Gran Bretagna rimane sempre un esempio a parte con una costituzione non scritta, ma radicata.
In questo periodo il tema della libertà politica si fonde con l’aspirazione all’autodeterminazione dei
popoli nel nome del diritto all’indipendenza nazionale. Se la sovranità risiede nel popolo questo
popola ha il diritto di esprimere le proprie rappresentanze su base nazionale. L’esempio
fondamentale è quello degli Stati Uniti d’America. La nazione diventa un soggetto in prima persona
che si identifica con il nuovo Stato. La nazione è considera l’identità intima di un popolo -popolo/
nazione - e non vi è legittimità senza, o peggio ancora, contro la volontà popolare.
L’investitura divina che i sovrani assolutistici ritengono di possedere viene così a essere posta
profondamente in questione.

30. Ancora la rivoluzione.

Gli anni venti del XIX secolo sono caratterizzati dal ritorno alla rivoluzione.
La restaurazione dell’antico regime manomesso dalla rivoluzione francese si rivela un’illusione.
Epicentro del nuovo sisma rivoluzionari questa volta è la Spagna, nazione che aveva
precedentemente combattuto contro Napoleone in nome dei valori tradizionali. Il paese si divide fra
parte liberale che vuole un ordinamento costituzionale e parte reazionaria fautrice dell’assolutismo.
Questa divisione raggiunge le colonie dell’America Latina dove si chiede ordinamenti costituzionali
ed indipendenza. Il linguaggio politico della rivoluzione imperniato sul concetto di sovranità
popolare e su quello di popolo-nazione dotato di volontà propria è giunto sino alle colonie
Le varie nazioni aspirano a garanzie costituzionali dei diritti e all’autodeterminazione sentendosi
oppressi da una dominazione straniera. La partecipazione cosciente dei cittadini alla vita pubblica
avviene attraverso la delega che essi concedono ai propri rappresentati per la gestione del potere.
Ma in Germania nasce un differente concetto di nazione-popolo che parte dalla volontà di opporsi ai
modelli amministrativi e politici francesi; in questo caso l’accento è posto sulle radici ancestrali.

30.1 La rivoluzione spagnola.

Negli anni della lotta contro l’occupazione francese (1808/14) si era sviluppato in Spagna un
movimento liberale che coniugava la battaglia agli invasori con la richiesta di riforme politiche
costituzionali. Nel 1812, a Cadice, viene proclamata una costituzione di stampo liberale che prevede
un Parlamento, garanzie dei diritti dei cittadini e alcune limitazioni al potere regio.
Però Ferdinando VII di Borbone, reinsediatosi nel 1813, annulla la Costituzione di Cadice, consente
al clero di recuperare i beni persi durante il dominio francese, e all’aristocrazia di riavere privilegi.
Poi cerca di ristabilire uno stretto controllo sulle colonie dell’Amerci Latina sedando le ribellioni in
Argentina, Cile e quelle guidare da guidate da Simon Bolivar nelle regioni settentrionali.
Ma l’esercito che dovrebbe partire per le colonie si ribella e chiede il ripristino della costituzione.

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Successivamente una maggioranza liberale abolisce il maggiorascato, la giurisdizione ecclesiastica


e confisca i beni della Compagnia di Gesù. L’ingovernabilità spinge il sovrano ad abdicare, in
conseguenza di ciò la Santa Alleanza interviene militarmente in Spagna, il sovrano torna sul trono.
Anche in Portogallo, nel 1820, abolisce la costituzione spagnola e chiede il rientro del sovrano,
Giovanni VI , che si trova in Brasile; il quale rientrato ristabilisce il regime assolutistico.
Nel frattempo il primogenito del monarca, Pietro, rimasto in Brasile, proclama l’indipendenza del
paese assumendo, con l’accordo del padre, il titolo di imperatore. Del resto, in tutta l’America
centrale e meridionale il processo di indipendenza è ormai inarrestabile.
Elemento comune delle rivolte delle penisola iberica e delle colonie è il fatto che le istanza liberali e
costituzionali provengono dai ranghi dell’esercito; questo perché la mobilità sociale ha consentito
l’accesso ai gradi elevati di nuovi elementi non provenienti dalla nobiltà, ma da più basse classi
sociali che in qualche modo risento dei fermenti della rivoluzione francese.

30.2 La guerra d’indipendenza greca.


In questo periodo storico la Grecia è un’area estremamente arretrata dedita alla pastorizia e
all’agricoltura, a volte al brigantaggio. Debole e militarmente inferiore l’impero ottomano attira le
mire espansionistiche di Russia ed Austria. Peraltro sollevazioni popolari ispirate dal movimento
indipendentistico locale vengono duramente represse nel sangue. La Russia è disposta a sostenere la
rivolta dei sudditi contro il sultano, l’Austria - Metternich - appare indecisa. La richiesta del popolo
greco all’indipendenza politica da vita ad un movimento filellenico in tutta Europa. Solo però le
mire espansionistiche del nuovo zar, Nicola I, porteranno ad un’alleanza europea disposta a entrare
in guerra contro agli ottomani. Dopo alterne vicende il conflitto si concluderà con la pace di
Adrianopoli -1829 - che sancirà l’autonomia della Serbia, della Moldavia e della Valacchia, e la
totale indipendenza della Grecia di cui nel 1832 viene fatto re Ottone I, figlio del sovrano di Baviera
30.3 I moti italiani.

Anche in Italia il tema della libertà e dell’indipendenza, impressi delle società segrete, sono molto
diffusi nei ceti borghesi e nei quadri dell’amministrazione.
Nel 1820, nel regno di Napoli, il generale Pepe, inviato a reprimere una rivolta popolare si schiera
con essa e marcia su Napoli costringendo il re a concedere una costituzione sul modello spagnolo.
Anche in Sicilia viene chiesto di ripristinare la costituzione liberale del 1812. Ferdinando I chiede
l’intervento della Santa Alleanza; con l’intervento militare austriaco il governo costituzionale viene
sconfitto, abrogata la costituzione, avviata una dura repressione, i liberali sopravvissuti fuggono.
A Torino un gruppo di liberali, uomini politici e militari, si schiera con l’erede al trovo, Carlo
Alberto di Savoia, che, a differenza del sovrano regnante, Vittorio Emanuele I, pare propenso a
concedere una costituzione. Quando Carlo Alberto appare indeciso nell’appoggiare questo
movimento l’insurrezione scoppia nel marzo 1821 propagandosi anche ad altre città del regno.
Il sovrano abdica in favore del fratello Carlo Felice, - che si trova a Modena - ma il reggente, Carlo
Alberto, concede la costituzione; Carlo Felice sconfessa immediata mente l’operato del nipote e
chiede l’intervento della Santa Alleanza Ancora una volta un governo costituzionale viene sconfitto
dalle forze austriache, a Novara.
Nel Lombardo - Veneto la Carboneria ha progettato un’insurrezione, ma la tempestiva azione
preventiva della polizia austriaca porta all’arresto dei capi del movimento rivoluzionario.
Silvio Pellico, Gian Domenico Romagnosi, Federico Confalonieri, sono condannati al carcere duro
e imprigionati nella fortezza moldava dello Spielberg, simbolo del brutale regime austriaco.

30.4 L’insurrezione decabrista in Russia


Anche in Russia sono sorte società segrete; le principali sono la Società del Nord -
liberal/costituzionale -, e la Società del Sud - repubblicana -.
Nel dicembre del 1825, alcuni ufficiali della Società del Nord chiedono al nuovo Zar Nicola I di
concedere la costituzione; a causa però della loro indecisione, gli insorti vengono sconfitti dalle

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forze fedeli allo zar. I capi dei congiurati, detti decabristi (da dekabr = dicembre), vengono
giustiziati o mandati ai lavori forzati in Siberia. Oltre alla costituzione, un tema molto urgente da
affrontare in Russia è rappresentato dalla proprietà fondiaria imprigionata in un sistema feudale.
Ad ogni richiesta di ammodernamento Nicola I continua a rispondere con una dura repressione.

30.5 La rivoluzione orleanista in Francia.

In Francia, nel 1824, con l’ascesa al trono di Carlo X, capo dell’ schieramento filo assolutistico, si
verifica un’ulteriore svolta in senso reazionario/clericale: si istituisce un fondo per risarcire i nobili
delle confische subite durante la rivoluzione, vengono ristabilite le congregazioni abolite.
Però nell’opinione pubblica continuano a diffondersi idee liberali, l’affermazione dei liberali nelle
elezioni del 1824 convince Carlo X ad accettare la formazione di un governo liberale moderato.
Il parlamento non accetta però l’imposizione da parte del re a capo del governo di Polignac, uno dei
maggiori esponenti degli ultras, e suo uomo di fiducia. Il sovrano decide di appoggiare un colpo di
stato da parte di Polignac. Nel 1830, Carlo X promulga una nuova legge che limita la libertà di
stampa e di voto, di fronte a questo dispotismo insorgono i gruppi di opposizione (liberali,
bonapartisti, repubblicani ) che, appoggiati dal popolo di Parigi, costringono il sovrano alla fuga.
Al fine di evitare una soluzione di tipo repubblicano - democratico, i fautori di una monarchia
costituzionale offrono la corona a Luigi Filippo d’Orleans. Luigi Filippo viene proclamato dal
Parlamento: «re dei francesi per volontà della nazione ». Il nuovo sovrano modifica in senso
liberale la costituzione del 1814: il re è sottoposto a controllo parlamentare, viene sancito principio
di libertà di stampa, ridimensionata la Camera dei pari -.
Con gli eventi parigini del 1830 il periodo detto della restaurazione può dirsi ufficialmente
concluso. La rivoluzione è tornata prepotentemente alla ribalta.

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