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IL MONDO DEI MEDIA

PREMESSA

Per la sociologia, disciplina che studia le trasformazioni del mondo umano, i media
costituiscono da sempre un oggetto problematico e denso di con itti poiché spesso
si diffondono voci negative sulle logiche e sulle strategie della comunicazione.
Eppure la società non esisterebbe senza i media, a partire dall’uso comunicativo
del corpo umano per arrivare ai salti antropologici della parola e del segno, costrutti
arti ciali che hanno permesso alla specie di civilizzarsi e di sopravvivere alle
cruente competizioni dell’evoluzione.

Il primo corollario importante che il libro “Il mondo dei media” riporta è che è
impossibile non comunicare: la condizione umana è dunque possibile in una
dimensione PLURALE, e dunque RAZIONALE: la razionalità serve infatti ad
appropriarsi e decodi care principi/coordinate socialmente condivise. Il lone di
pensiero che si muove da Socrate a Platone, passando per la de nizione
Aristotelica dell’uomo inteso come animale politico getta le fondamenta della nostra
cultura. Agiamo (e ci chiediamo come agire) per esaudire il nostro costante
desiderio di esternare.
I media non devono essere intesi solamente come strumenti funzionali alla
propagazione di un messaggio poiché comprendono tutte le modalità che
adoperiamo per dare un senso alla nostra esistenza. In questa scia, ha una
importante rilevanza il lavoro di BERGER e LUCKMANN “La realtà come
costruzione sociale” in cui si afferma che la realtà - o meglio, i vari piani di realtà-
non trovano fondamento in se stessi, ma solo su ineludibili processi di
negoziazione collettiva.
Da qui si coglie l’importanza della MEDIOLOGIA, che non solo si occupa di
indagare i congegni, i device utili a nalizzare gli scambi e le rappresentazioni, ma
tende a rivelare la natura di questi due termini, con la consapevolezza che per
comprendere cosa si comunica dobbiamo innanzitutto tentare di comprendere chi è
che comunica, e in quale contesto.
DIFFERENZA SCAMBIO E RAPPRESENTAZIONE
Nella nozione di scambio si cela la componente primordiale della comunicazione,
quella che rimanda a una socializzazione che riesce a preesistere agli artefatti.
Diversamente, rappresentare è creare l’opportunità di ostentare di nuovo, dunque
di riaffermare una manifestazione già compiuta e di cui si sono memorizzate le
fattezze. La rappresentazione, presuppone, oltre all’esistenza dell’altro, anche della
conoscenza, reale o presunta, di ciò che viene ripresentato. La rappresentazione
sopravvive all’attimo, al qui e ora.
E’ importante sottolineare che scambi e rappresentazioni sono altamente
compatibili e che coesistono pienamente all’interno del panorama mediatico.
Potremmo, anzi, affermare che in generale comunichiamo essenzialmente tramite
SCAMBI DI RAPPRESENTAZIONI.
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DIFFERENZA ORALITA’ E SCRITTURA
L’oralità è prima di tutto uno scambio e avviene già nel momento in cui si viene al
mondo.
La scrittura non può che essere concepita come attività di rappresentazione, grazie
alla sua fissità.

L’AVVENTO DEL MONOLITE: SCAMBI E RAPPRESENTAZIONI


(OMINAZIONE)

Per comprendere al meglio questi argomenti possiamo partire parlando della


celebre sequenza “ Odissea nello spazio” di Kubrick, il quale si ispirò a un racconto
dell’astrofisico inglese Clark. Nella prima sequenza si assiste all’incontro fra un
gruppo di PRIMATI e un misterioso artefatto, un parallelepipedo nero comparso
all’interno della loro caverna. Entrati in contatto con il MONOLITE (l’oggetto)
pensato e fabbricato da esseri intelligenti, gli ominidi sviluppano una nuova
modalità di relazione con l’ambiente circostante. La sequenza successiva mostra il
capo del gruppo che prende un osso e con esso impara a uccidere le prede. Quello
stesso osso che successivamente l’ominide lancia e fa volteggiare in aria, si pone a
capo di una lunghissima eclissi temporale che collega i due segmenti principali
dell’opera : il primo, intitolato per l’appunto “L’alba dell’uomo” con il secondo
ambientato su una base lunare 4 milioni di anni più tardi.
L’esempio di Kubrik è importantissimo per comprendere le implicazioni sociologiche
sottese al rapporto fra uomo, linguaggio e tecnica. E’ infatti la tecnica, definita
inizialmente da Platone come “ saper fare “ e successivamente da Aristotele come “
strumento umano atto a realizzare un prodotto” IL PUNTO D’INCONTRO TRA LA SPECIE
UMANA E IL LUNGO E COMPLESSO PERCORSO DI ADATTAMENTO ALL’AMBIENTE. Tale percorso,
nelle scienze antropologiche prende il nome di OMINAZIONE ed ha origine nel e
dal corpo. Il fulcro dell’avanzamento del processo di omininazione è il pollice
opponibile che fu presentato alla collettività mediante una serie di FONAZIONI E
GESTI RUDIMENTALI, ma codificati e condivisi, che resero possibile
l’apprendimento della tecnica a tutti gli individui.

L’INVENZIONE DEL SEGNO

Si parla di invenzione del segno quando, durante la fase storica del PALEOLITICO
SUPERIORE, alcuni uomini decorarono le pareti delle caverne di LASCAUX ,
località nella Francia sud-occidentale, con una serie di pitture raffiguranti scene di
caccia. Qui è dove l’intreccio fra comunicazione e tecnica trova il suo momento
fondativo vero e proprio, attuando un primo tentativo compiuto di “simbolizzazione
dello spazio antropico” mediante la riproduzione segnica del vissuto.
Possiamo quindi affermare che alla nascita dell’arte corrisponde la nascita
dell’uomo, poiché grazie a quest’ultima l’uomo riesce a esternare la sua visione
della realtà, la prova del suo esserci. Il segno è il punto di incontro fra astrazione e
materia, pensiero e immagine.
.
Miti e riti si fondano sui meccanismi di INNOVATIO E REPENTINO
(innovazio e repetizio)

Con il passare del tempo i miti confermano lo schema ARCHETIPICO su cui si


basano ma allo stesso tempo subiscono processi di innovazione dovuti alle
continue trasformazioni culturali e sociali delle diverse società.

L’AMBIGUA NOZIONE DI INDUSTRIA CULTURALE

Il concetto di industria culturale viene introdotto per la prima volta da Alexis de


Tocqueville nella sua celebre opera sul sistema socio-politico americano, ma si
afferma nel dibattito scientifico e acquisisce attualità quando Adorno e
Horkheimer, due tra i maggiori esponenti della scuola di Francoforte, intitolano
così un saggio contenuto nel loro libro “Dialettica dell’Illuminismo”. Per i due
studiosi tedeschi -che scapparono dalla Germania nazista trovando rifugio negli
Stati Uniti, dove finirono per lavorare a stretto contatto con gli apparati delle
comunicazioni di massa- il processo di industrializzazione applicato alla cultura
costituiva un gigantesco sistema capace di far interagire strettamente individualità,
saperi teorici, dispositivi tecnologici e apparati produttivi al fine di governare i
processi economici e sociali nell’epoca delle masse metropolitane. Tale sistema,
identificato anche come forma psichica del dominio, sarebbe funzionale alle
esigenze di una società di massa autoritaria. Con il saggio di Adorno e Horkheimer
si afferma un’interpretazione “dell’industrializzazione delle forme estetiche” : la
rivoluzione industriale avrebbe prodotto effetti devastanti sul corpo della cultura
occidentale, provocandone la decadenza. Nonostante la forza argomentativa e il
successo in ambito accademico delle tesi di Adorno e Horkheimer, la riflessione
sull’industria culturale è tutt’altro che univoca. Umberto Eco distingue gli Apocalittici
dagli Integrati: gli apocalittici hanno sostanzialmente la stessa visione di Adorno e
Horkheimer (negativa), gli integrati osservano le trasformazioni con un
atteggiamento più ottimistico e fiducioso. Differente dalla visione di Horkheimer e
Adorno, è la riflessione di Morin. La riflessione di Morin parte dal domandarsi “chi
e perchè consuma i prodotti della cultura di massa?” mettendo in discussione la
neutralità dell’intellettuale che deve comunque tenere conto delle differenze
valoriali, conflittuali e biografiche dei diversi osservatori.

NASCITA DELL’INDUSTRIA CULTURALE

La nascita dell’industria culturale è antichissima, tecnicamente essa risale a 50.000


anni fa con l’invenzione delle mani. Le mani sono indubbiamente una dotazione
naturale del corpo umano ma rappresentano anche l’inizio di una lunghissima serie
di protesi e tecnologie artificiali che hanno reso possibile, consolidato e
perfezionato la comunicazione dell’uomo con l’ambiente naturale e con i suoi simili.
Grazie alla conquista della stazione eretta, le mani furono liberate da funzioni
deambulatorie e poterono essere impiegate per altre attività, ad esempio nella
costruzione di armi o utensili. La conquista delle mani a sua volta liberò la bocca da
mansioni come afferrare, strappare o aggredire, rendendone possibile la
specializzazione come apparato fonatorio. La mancanza del linguaggio verbale
rappresentava un limite consistente alla capacità di ricevere e trasmette insiemi di
significato lunghi e complessi. Questa è una osservazione importante perchè i miti,
le leggende e le interpretazioni degli eventi fisici del mondo sono messaggi lunghi e
complessi. Ne deriva che lo sviluppo di una cultura relativamente complessa non
era effettivamente possibile in un’epoca basata sulla comunicazione per segni e
segnali. Proprio nel mondo antico e primitivo si realizzano i più clamorosi processi
di accelerazione dell’esperienza. Insieme alla parola si sviluppano in questa fase
l’agricoltura, l’allevamento e le prime tecniche di riproduzione delle immagini. A
differenza di tutti gli altri animali che agiscono per istinto, l’uomo è un essere
“organicamente carente”, sempre soggetto al rischio e privo di organi specializzati,
quindi obbligato ad inventarsi costantemente il proprio destino. La sua natura
consiste nel non avere una natura determinata e il suo essere dipende dal suo fare
tecnico. L’uomo sopperisce alla mancanza di determinismo istintuale attraverso le
istituzioni, mediante cioè la costruzione di un ambiente di vita artificiale. Come
l’agricoltura e l’allevamento, anche la raffigurazione per immagini è una vera e
propria istituzione sociale. La sua funzione è di stabilizzare il mondo esterno
immagazzinando sullo sfondo informazioni costantemente recuperabili nel
momento del bisogno. Da questo punto di vista, l’uomo non sarebbe caratterizzato
tanto dalla capacità di inventare strumenti, quanto da quella di comunicare e
tramandare le conoscenze acquisite per poterli creare. Il fabbro non potrà mai
trasmettere ai suoi figli le sue braccia vigorose, ma nulla gli potrà impedire di
insegnargli la professione, in modo che crescano forti e abili come lui.

TRA IDEOLOGIA DEL PROGRESSO E NOSTALGIA DEL PASSATO

Al centro della rivoluzione industriale resta la fabbrica, dove il lavoro si specializza


dando vita al fenomeno dell’alienazione (come vediamo rappresentato dal
personaggio CHARLIE CHAPLIN in Modern Times) : il moderno operaio viene
espropriato dalla capacità di realizzare il ciclo produttivo nel suo insieme e si riduce
a essere un esecutore di funzioni basilari. Per queste ragioni Taylor distingue il
lavoro concreto, in cui l’artigiano possiede il senso complessivo (l’intelligenza) della
propria attività, dal lavoro astratto, in cui è assente l’ottica del progetto e la
possibilità di intervenire in maniera soggettiva sul ciclo di produzione. Questa
prospettiva, adottata dagli apocalittici, vede anche nella figura dell’intellettuale un
lavoratore che deve rinunciare alla propria vena creativa per far fronte alle esigenze
dell’industrializzazione e dello standard produttivo. Differisce da questa visione
apocalittica, il pensiero di WALTER BENJAMIN, il quale sostiene che nell’ambito
del Moderno la quantità sia divenuta un elemento di tipo qualitativo: la cultura ha
sempre un peso rilevante nella società, cambia solo il protagonista, la massa.
Il protagonismo delle masse si riflette anche negli intrecci narrativi dei fumetti,
racconti e cinema, e si fonda su due meccanismi:
- LA DOPPIA NATURA DELLE MASSE: che divengono sia produttori che
consumatori delle merci.
- LA TRASFORMAZIONE DELL’IDEA DI TEMPO RISPETTO AL LAVORO: la
fabbrica introduce la distinzione tra tempo lavorativo e tempo libero; quest’ultimo
si configura come il momento in cui l’individuo si riappropria della sua
soggettività.
Nasce la metropoli che rappresenta la forma assunta della città rimodellata sulla
base della fabbrica. Il potenziamento dei sistemi comunicativi che avviene in questo
periodo, non si sviluppa in un’unica direzione a favore delle reti finanziare ma
anche verso le esigenze delle masse metropolitane.

IL LOISIR

Si creano quindi nuovi momenti della giornata che servono per coltivare il proprio
immaginario, ed è qui che entra in gioco l’industria culturale. Tutto ciò che
appartiene alla sfera dell’intrattenimento appartiene al Loisir, lo svago. Questo
nuovo tempo libero si carica di contenuti diversi rispetto a quelli del lavoro, della
famiglia e della festa tradizionale. Ciascun membro della famiglia acquisisce una
propria autonomia. La personalità negata nel lavoro cerca di trovare riscatto in
ambiti meno sterili, come in lavori occasionali, in hobby e passioni o anche in
manie collezionistiche per cercare di sopprimere il bisogno insostenibile di fare
qualcosa per se stessi. Ma soprattutto, il loisir apre gli orizzonti del benessere, dei
consumi e di una nuova vita privata. La cultura del loisir tende ad assumere la
forma di un grande gioco-spettacolo in quanto il gioco ha il suo ne soltanto nel
piacere che si prova. Questa tendenza si esprime in modo particolare nelle
vacanze moderne, che rappresentano il tempo autenticamente vissuto, in rapporto
al tempo paralizzante dell’anno lavorativo. La complessità del loisir moderno
appare chiaramente nei villaggi vacanze che riescono a creare una società
contemporanea basata interamente sul gioco-spettacolo, in cui si intrecciano, in
modo più intenso rispetto alla vita quotidiana, relazioni, irt, amicizie e amori: una
vita fatta a immagine dello stile cinematogra co delle vacanze condotte dai
cosiddetti divi a Miami. Prende così forma quello che Raymond de nisce un’utopia
concreta, intendendo l’oscura nalità a cui tende la cultura del loisir: la vita dei
moderni divi.

DALLA MORTE DELL’ARTE ALLO SPIRITO DEL TEMPO MODERNO

Nel 700, con l’avvento della distinzione tra tempo lavorativo e tempo libero,
aumenta la fruizione delle opere letterarie, diventando un vero e proprio consumo
che coinvolge un pubblico nuovo e diverso (le classi lavoratrici). Le opere letterarie
industriali rappresentano la sintesi tra esigenze di informazioni sulla
contemporaneità e modalità di rappresentazione attualizzata del mito, unica forma
narrativa capace di istituire un ordine al mondo umano. Ne sono prova i romanzi
popolari dei “tre moschettieri” e di “Tarzan” accomunati da elementi mitologici e che
tutt’oggi riscontrano un elevato successo (innovatio e repetitio). Hegel parla, per
queste ragioni, di “MORTE DELL’ARTE” in riferimento alla stagione del
romanticismo europeo, affermando come soltanto l’arte classica avesse raggiunto
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l’unione assoluta tra forma e contenuto. Infatti la finalità dell’arte romantica non è
più rivolta al bello come universo armonico. Il personaggio che meglio rappresenta
questa stagione della cultura occidentale è Frankenstein, scienziato aristocratico e
blasfemo, che ritroviamo nel romanzo di Mary Shelley. La creatura idealizzata dalla
scrittrice ribalta l’hegeliana morte dell’arte in un “arte della morte”, che evidenzia i
sentimenti del tormento, e della morte tipici dell’età moderna.
La cultura di massa non equivale alla definizione di cultura popolare, in
contrapposizione alla cultura d’élite. Essa è invece la cultura nell’età delle masse, e
comprende sia le forme alte e avanzate, sia le forme basse e volgarizzate. Morin
riassume l’idea di industria culturale in una metafora illuminante, quella del sistema
nervoso costituito dai media di massa, che collegano le funzioni dei sensi al di là
del tempo e dello spazio producendo una seconda industrializzazione: quella che si
rivolge alle immagini e ai sogni.

L’ERA DELL’UOMO TIPOGRAFICO

WALTER ONG differenzia i linguaggi utilizzati nelle culture orali dai linguaggi
utilizzati nelle culture scritte, constatando come ad oggi, per noi letterati, sia difficile
immaginare una cultura in cui le parole non abbiano presenza visiva. Una cultura
orale deve infatti investire tantissime energie nel ripetere più e più volte ciò che è
stato appreso nel corso dei secoli. Avendo la possibilità di conservare la
conoscenza mediante la scrittura, dunque al di fuori della mente, la cultura si apre a
rivoluzioni cognitive.
Il lavoro di Ong forse non sarebbe mai esistito senza una delle più importanti opere
della mediologia: “ LA GALASSIA GUTENBERG. NASCITA DELL’UOMO
TIPOGRAFICO “ di Marshall McLuhan, un testo che mette in parallelo la storia dei
media e l’evoluzione della cultura umana, soffermandosi in particolare,
sull’influenza che l’alfabeto fonetico e la stampa ebbero nello sviluppo della civiltà
occidentale.
McLuhan si interroga sul rapporto che intercorre tra uomo e media, identificando
questi ultimi come estensioni del corpo umano (il noto concetto di protesi
simboliche). Ciò nonostante, è doveroso affermare che McLuhan non va collocato
nel campo del determinismo tecnologico (che vede il rapporto tra tecnologia e
società come un processo unidirezionale), poiché non vuole comprendere tanto
cosa facciano i media alle persone, quanto piuttosto cosa facciano le persone ai
media.

L’INVENZIONE DEL QUOTIDIANO

Nella lingua italiana, il termine STAMPA rappresenta sia la tecnologia inventata da


GUTENBERG nel XV secolo (1450) , sia il medium con tutte le sue dinamiche
sociali e comunicative, sia il diritto umano considerato fondamentale nella
costruzione dell’umanesimo, la libertà di stampa , sinonimo di pluralità di
espressione e di pensiero. L’invenzione di Gutenberg automatizza e rende più
economico il processo di trasporto della parola scritta, dando vita a una figura
radicalmente differente dallo scrittore: il giornalista. A partire dalla prima metà del
16’ secolo in Francia cominciano a comparire le prime pubblicazioni periodiche,
sarà però nella prima metà del 17’ secolo che in Europa si sviluppano le prime
pubblicazioni a cadenza settimanale, ritenute un pericolo dalle istituzioni di potere
che vedevano nella stampa un medium capace di veicolare idee e informazioni in
estrema velocità. Dal punto di vista commerciale, la diffusione dei quotidiani
consente un salto di qualità alla comunicazione pubblicitaria, soprattutto quando la
sua platea si amplia con l’avvento della cosiddetta PENNY PRESS.

DALLA PENNY PRESS AI PENNY DREADFUL

Per Penny Press intendiamo la rivoluzionaria strategia commerciale di vendere


giornali a basso costo. Questa strategia nasce storicamente quando Benjamin
Day fondò il suo giornale “New York Sun” . La sua idea fu quella di vendere 1 foglio
a 1 centesimo, destabilizzando un mercato che solitamente vendeva il quotidiano
attorno i 6 centesimi. Ciò produsse una veloce democratizzazione del mercato
dell’informazione, superando uno dei fattori principali di divisione delle classi
sociali. Questo fenomeno si lega in maniera organica anche all’abbassamento dei
costi della stampa dedicata all’intrattenimento, il sorgere di questo nuovo mercato
viene definito PENNY DREADFUL. Day rivoluzionò anche la modalità distributiva
dei quotidiani, introducendo la figura dello strillone : l’ambulante che vendeva
giornali in strada, permettendone l’acquisto senza doversi recare fisicamente in
un’edicola o in un negozio, anticipando a voce le news. Non a caso questa figura è
così presente nelle sceneggiature del cinema hollywoodiano. Il passaggio da
stampa tradizionale a stampa di massa si può paragonare alla differenza che
Tocqueville riscontrava tra il giornalismo europeo e quello americano: lo spirito del
giornalista europeo consiste nel discutere in modo violento ma anche elevato i
grandi interessi dello Stato; lo spirito del giornalista americano consiste nello
stimolare le passioni di coloro a cui si indirizza il giornale, senza preparazione né
arte. Nonostante il modello americano si affermi anche in Europa, comunque riesce
ad avvicinare i ceti meno abbienti al confronto politico.

DALLA STAMPA POPOLARE ALLA LETTERATURA POPOLARE

Grazie all’invenzione della stampa si ha una profonda trasformazione anche per ciò
che riguarda la letteratura. Tra il 19’ secolo e il 20’ secolo, in ambito letterario si
afferma l’età del FEITON (romanzo popolare d’appendice) , una forma di testo
seriale che tratta di fenomeni sociali d’attualità che si consolida nella maggior parte
dei quotidiani europei. E’ giusto specificare che il termine popolare, in questo caso,
non ha nessuna accezione negativa: per popolare si intende un genere aperto a
tutti, su temi di vastissimo interesse. La stagione del Feiton è quella delle rivoluzioni
borghesi di metà 800 , il cui elemento ICONICO è il SUPERUOMO: una figura
nobile e eroica (come possiamo riscontrare nel protagonista del celebre romanzo Il
conte di Montecristo) . Le trame del Feiton confermano lo schema archetipico del
mito, forma narrativa per eccellenza capace di dare ordine e senso al mondo che ci
circonda. Tali romanzi ebbero una tale rilevanza sociale, al punto che alcuni
studiosi rintracciano la loro influenza sui primi movimenti socialisti che culminarono
nei moti del 48’. In contemporanea al feiton, negli Stati Uniti si sviluppano i DIME
NOVELS, romanzi economici realizzati per un consumo di massa con l’obiettivo di
stupire i lettori: nelle storie si potevano intravedere i traumi del mondo moderno.
Gli scrittori potevano scrivere in maniera rapida questi racconti, poiché in un certo
senso, essi erano già scritti: i canoni di questa narrativa esistevano già da migliaia
di anni ed erano disponibili per essere riutilizzati per un nuovo pubblico, da poco
alfabetizzato.

L’IMPORTANZA DELLE IMMAGINI NEL GIORNALISMO


NOVECENTESCO

Il contenuto di ogni fotografia è, in senso oggettivo, storia. Usando le immagini per


comunicare le notizie, a partire dal 19’ secolo, il fotogiornalismo ha plasmato il
nostro modo di vedere il mondo. L’uso della fotografia nel giornalismo nasce
nell’ambito di guerra, ma man mano si estende a tutti gli eventi degni di
testimonianza (politica, sport) , fino a divenire una forma autonoma di storytelling.
FELTON fu il primo fotografo ufficiale di guerra a portare le immagini dei conflitti
ad un pubblico di massa. Nella seconda metà del diciannovesimo secolo la
fotografia non si limiterà più a ritrarre scene di guerra, al contrario, con THOMSON
e SMITH nasce lo “Street Life in London” , un periodico mensile che ritraeva la vita
di persone comuni in giro per le strade di Londra. L’emergere delle tecnologie
digitali ha imposto al fotogiornalismo cambiamenti radicali : il digitale rende
semplice la possibilità di manipolare qualsiasi scatto in post-produzione.

IL DIGITALE TRA CONTAMINAZIONI, MIGRAZIONI E STRATEGIE


MULTI-PIATTAFORMA

Negli ultimi anni abbiamo assistito alla crisi del settore dell’editoria quotidiana e alla
contaminazione digitale avvenuta sul giornalismo e sulla produzione di notizie. Ma
non è soltanto il settore editoriale ad essere in crisi, altri settori, tra cui la
produzione cinematografica e musicale, hanno riscontrato difficoltà nell’adeguare le
proprie tecniche produttive alle nuove strategie di business nell’era digitale. Da
parte dell’industria dell’informazione, la risposta è stata quella di attuare un
approccio multi-piattaforma. Tra i vantaggi di tale approccio c’è la possibilità di
monitorare, analizzare e soddisfare i gusti e gli interessi dei fruitori. Soprattutto
negli ultimi anni, gli editori stanno cercando di attuare soluzioni di compromesso tra
le esigenze del pubblico e la ricompensa monetaria dei contenuti online. Quasi tutti
stanno adottando delle soluzioni basate sul paywall. In sostanza, il paywall funge
da barriera tra l’utente e i contenuti online di un giornale. Per accedere ai contenuti
al di là del paywall, l’utente deve pagare. In quest’ottica, il paywall viene visto come
una mossa disperata da parte del mondo dell’editoria per sopravvivere al
mutamente in atto. Tuttavia, ci ricorderebbe Tocqueville, che anche se i giornali
fossero destinati al fallimento economico, il giornalismo resterebbe un ingranaggio
imprescindibile per il funzionamento della macchina democratica.
ILLUSTRAZIONE, MANIFESTO E FUMETTO
ILLUSTRAZIONE POPOLARE

Nonostante l’affermazione della stampa e l’apertura graduale delle nazioni


occidentali verso le politiche dell’educazione, il tasso di analfabetismo nel corso
dell’800 restava elevato. Per queste ragioni i giornali ricorrevano a illustrazioni che
sintetizzavano e rendevano più comprensibile la comunicazione degli eventi di
cronaca. L’etimologia della parola illustrazione concerne la pratica medievale e
primo-moderna del corredare i libri di lustri, ovvero di abbellimenti grafici che ne
rendono piacevole l’impatto visivo.
L’immagine disegnata è il linguaggio basico che permette ai differenti settori
dell’industria culturale di accomunarsi e colloquiare con un pubblico sempre più
trasversale e dinamico.
Nell’analisi mediologica, l’800 può essere considerato soprattutto il secolo del
romanzo illustrato (basti pensare ai Dime Novels negli Stati Uniti e ai penny
dreadful in Gran Bretagna che grazie alla loro estetica eccedente intercettavano i
gusti del pubblico di massa, il quale era attratto da tutto ciò che veniva rimosso
dalle rappresentazioni sociali della contemporaneità, a partire dalla sessualità e
dalle esibizioni di violenza). Tale dinamica diviene ancora più chiara nel 900’,
quando si affermano in America i PULP MAGAZINE, contenitori editoriali a basso
costo per un pubblico di massa sempre più alfabetizzato che ritrovava nelle
pubblicazioni desideri e inquetudini.
Con l’affermazione della metropoli, il fenomeno dell’illustrazione si lega a fenomeni
comunicativi quali la pubblicità. L’immagine diventa essa stessa merce che
permette di orientarsi nei riguardi delle altre merci. I manifesti che arredano strade
e palazzi nelle città narrativizzano i prodotti della grande distribuzione
sottolineandone non solo il valore d’uso ma anche tutta la simbologia di cui la
merce si carica.

IL FUMETTO

Il fumetto è un medium che si lega intimamente all’esperienza della civiltà


industriale e di massa. La sua nascita è fatta risalire al 1895, stesso anno in cui i
fratelli Lumière presentarono al pubblico il rivoluzionario cinematografo. In questo
anno esordisce infatti sul “NEW YORK WORLD” un personaggio illustrato da
OUTCAULT: si tratta di un bambino grottesco, con grosse orecchie e testa calva
vestito con un camicione giallo che interagisce con tanti altri personaggi attraverso
svariate soluzioni comunicative , dalle didascalie alle scritte che appaiono su cartelli
o sul suo camice, fino ad un timido balloon, cioè quella nuvoletta simile a vapore
che esce dalla bocca dei personaggi e in cui sono scritte le parole. Ben presto
ribattezzato Yellow Kid, cioè bambino giallo, questo personaggio viene
tradizionalmente individuato dagli storici del fumetto come l’evento che sancisce la
nascita del medium. Probabilmente non è così perchè qualcosa di simile veniva
stampato almeno dagli anni Venti dell’800 ma sicuramente in Yellow Kid possiamo
individuare la tensione che spinge apparati e pubblico dell’illustrazione verso un
piano più articolato di comunicazione. Il fumetto è a pieno titolo un medium
audiovisivo poiché permette al lettore-spettatore tramite un lavoro psicologico, di
riconoscere il movimento tra una vignetta e l’altra e di immaginare il suono
mediante i codici della scrittura. Da medium generalista di largo consumo, il fumetto
diviene espressione di culture giovanili, soprattutto quando a fine 900’ nascono i
Manga: fumetti giapponesi o coreani di largo consumo in oriente e anche in
occidente. Oggi il fumetto ha ridefinito ulteriormente il genere di cui trattare,
orientandosi verso il graphic novel , allontanandosi dal carattere seriale per
avvicinarsi al genere del romanzo. Il continuo rinnovo delle strategie di marketing
delle case editrici non deve suggerire che il fumetto, come anche il cinema, sia in
declino: piuttosto esso muta nella fase di ri-mediazione digitale dei mezzi di
comunicazione.

ORIGINI E MUTAZIONI DEL CINEMA. LA COMUNICAZIONE


AUDIOVISIVA

Gli storici tendono a collocare la nascita del cinema nel 1895, anno in cui i fratelli
Lumière brevettarono il cinematografo, un dispositivo che costituiva il definitivo
miglioramento di una lunga serie di precedenti invenzioni finalizzate alla
riproduzione fotografica del movimento. In realtà la genesi del cinema affonda le
radici molto più indietro nel tempo: già il Rinascimento vide l’affermarsi della
camera oscura come mezzo spettacolare o di gioco, per animare la vita di corte.
La camera oscura, uno dei primi dispositivi ottici di cui siamo a conoscenza,
consiste in un ambiente chiuso e senza luce, alla cui estremità è praticato un
piccolo foro. La luce esterna penetra da questo e proietta sulla parete opposta
l’immagine di ciò che sta al di fuori della camera, sia pure rovesciata o scarsamente
definita. La tecnica fotografica, messa a punto alcuni secoli più avanti, si basa
sull’applicazione di questo principio. Nel corso del XVII secolo, il gesuita Kircher
perfezionò la camera oscura, definendo la “lanterna magica”: un dispositivo in
grado di proiettare immagini all’esterno, su uno schermo, attraverso lastre di vetro
dipinte. Questa e tante altre invenzioni, anticiparono la creazione del cinematografo
dei fratelli Lumière.

NASCITA DELLA FOTOGRAFIA


In parallelo alle ricerche ottocentesche sul movimento delle immagini, in Europa e
negli Stati Uniti numerosi scienziati e inventori, per lo più autodidatti,lavorano sui
problemi della fotografia. Lavorando sui principi della camera oscura, il francese
Nièps mise a punto un primo processo di fissazione delle immagini basato
sull’azione chimica della luce. Il suo insegnamento fu accolto e perfezionato da
Dagher, che grazie al dagherrotipo riuscì a fotografare paesaggi e ritratti molto
fedeli su lastre di rame argentato. Per Dagher il mercato a cui questa invenzione
poteva rivolgersi, era quello della memoria: la riproduzione di grandi monumenti
oppure il ritratto di un parente destinato a diventare prima o poi un “caro estinto”
riportano l’uomo a quel sentimento di malinconia. E’ così che l’estetica della
nostalgia istituita sul piano letterario da Edgar Poe, rappresenta al meglio il
rapporto tra forme artistiche e società industriale.
Nel corso del 19’ secolo l’idea di utilizzo del nuovo mezzo visivo era simile a quella
sulla fono-fissazione, tecnologia messa a punto da Edison e Cros. La registrazione
delle manifestazioni sensibili della vita rappresentava una sorta di risarcimento
simbolico, una ricerca dell’immortalità nella deriva epocale della razionalità
positivista. I modelli di consumo si spostarono, tuttavia, su registri più ludici. La
trasformazione dell’idea di tempo rispetto al lavoro, richiedeva una nuova
organizzazione del tempo privato, quello del divertimento. Fu così che lo spazio
domestico cominciò a mutare, ridisegnandosi intorno a dispositivi sempre più
meccanizzati ed economici come il pianoforte o la pianola.

CINEMATOGRAFO E CINEMA
Per arrivare alla forma che conosciamo oggi, la cinematografia passa attraverso il
lavoro di Maibridg e Maré, che grazie a determinati dispositivi riuscirono a
scomporre in singoli fotogrammi la durata del movimento. Sulla base di tali
ricerche, gli sperimentatori dell’800 si cimentarono nella riproduzione delle
immagini in movimento, come era già stato possibile per il suono. Il primo a fornire
una risposta fu Edison, che intuì la necessità di un supporto flessibile su cui fissare
le immagini, la pellicola. Edison allestì, in appositi locali, degli apparecchi concepiti
per mostrare brevi film ad un solo spettatore per volta. Questa strategia del
consumo individuale appariva logica a un imprenditore tipicamente industriale che
puntava a massimizzare i profitti attraverso la produzione di un gran numero di
macchinari. Egli non comprendeva come la fruizione collettiva dell’immagine
fotografica in movimento avrebbe potuto garantire, attraverso il controllo della
distribuzione in sala, un coinvolgimento assai più ampio del pubblico, e quindi,
superiori guadagni. Un solo anno più tardi i fratelli Lumière organizzarono la prima
proiezione pubblica a Parigi e ciò suscitò nel pubblico reazioni estremamente
favorevoli, al punto che si dovettero organizzare nuovi punti di proiezione. Anche il
cinematografo si basava su soluzioni tecniche già adottate da altri, ma esso
consentiva di sincronizzare perfettamente lo scorrimento della pellicola con
l’apertura dell’otturatore dell’obiettivo, ottenendo quindi la stabilità e la nitidezza
dell’immagine. Per comprendere l’importanza che tale dispositivo ebbe nella
società industriale, occorre ricordare la distinzione di Edgar Morin tra cinematografo
e cinema. Per il sociologo francese, il cinematografo è un’opzione tecnologica, un
attrezzo che consente di riprodurre immagini al fine di giungere ad un realismo
integrale, il cinema è invece un medium socialmente condiviso in continua
innovazione per soddisfare le esigenze del pubblico.
Per comprendere al meglio questo concetto possiamo inoltre ricordare la
definizione del professore Brancato che vede il cinema come un medium concepito
su scala modernamente industriale e su cui si depositano investimenti passionali
dai caratteri inediti (Brancato).

LO SPETTATORE
Nel cinema è centrale il ruolo dello spettatore, che viene sollecitato e posto in una
condizione tale da richiamare alla mente l’esperienza del sogno tramite il buio della
sala, l’apparente isolamento, la luminescenza dello schermo, le proporzioni
gigantesche assunte dagli attori e tutte le innovazioni tecnologiche che
progressivamente rendono il medium sempre più immersivo. Lo spettatore diventa
una regia che ne consacra i successi e ne decreta i fallimenti. Il problema dei
grandi produttori cinematografici sarà sempre quello di attrezzarsi per cogliere in
tempo le oscillazioni del gusto, facendo diventare il cinema un mezzo di
comunicazione in continua evoluzione.

PER UNA SOCIOLOGIA DEL CINEMA

Nella seconda metà degli anni 40’, la sociologia si era limitata a ritenere il cinema
come un campo di indagine omologabile ad altri. Tuttavia, la sinergia tra l’approccio
sociologico e quello storiografico, ha portato a considerare il cinema come un
osservatorio delle dinamiche sociali, in una prospettiva che rende il film una sorta di
reperto socioantropologico per la comprensione del dato storico. Dal punto di vista
della sociologia delle comunicazioni di massa, è inoltre utile indagare sulle capacità
del pubblico di influenzare i flussi di produzione e consumo.

IL MONTAGGIO
Si parla di montaggio cinematografico a partire da Melies (Meliè), le cui
sperimentazioni visive, volte a suscitare stupore, producono il transito da un’unica
inquadratura (dunque uno spazio-tempo limitato) a un’inquadratura molteplice
caratterizzata da differenti ambiti spazio temporali. Un altre grande contribuito lo
diede Porter, il quale escogitò un montaggio parallelo, in cui la macchina da presa
segue il progredire di più eventi, ricostruendoli in maniera alternativa sullo schermo.
L’obiettivo è coinvolgere il pubblico all’interno di una architettura narrativa
complessa. In quest’ottica si evince una forte differenza tra cinema americano e
cinema sovietico: il primo privilegia l’uso enfatico del primo piano, il secondo
sottolinea l’importanza del dettaglio che assume forte valenza simbolica.
L’esperienza percettiva del cinema muta negli anni 20 e 30 con l’introduzione del
sonoro: il cinema che precede questa innovazione viene definito muto.

IL SONORO

Gli storici individuano in “The jazz Sing(h)er” il primo film sonoro, e quindi il 1927
come l’anno di questo salto tecnologico che trasforma profondamente l’attività dello
spettatore cinematografico. La risposta del pubblico a questa implementazione
tecnologica fu di grande adesione, poiché il sonoro stimolando più sensi
contemporaneamente ampliava il desiderio di consumo. Anche i generi subiscono
una profonda trasformazione grazie ai nuovi repertori sonori: ad esempio,
l’immaginario criminale viene animato da suoni delle sirene della polizia, dagli spari
e dalle urla di dolore.

IL CINEMA NELLA CULTURA DEL 900

Nel 900 il cinema conquista un proprio statuto di legittimità, diffondendosi


rapidamente in tutti i paesi occidentali e anche altrove. Questo nuovo mezzo di
comunicazione partecipa sia alla costruzione dei moderni regimi democratici sia
all’affermazione delle dittature, ed entrambi i sistemi di potere gli riconoscono un
valore informativo che sarà superato soltanto dalla potenza pervasiva della radio e
della televisione. Tuttavia anche la cinematografia risentì dell’esito della Grande
Guerra: gli equilibri politici europei e le identità culturali vacillarono fortemente.
Negli anni successivi alla fine della prima guerra mondiale si crearono le condizioni
per spostare il polo magnetico del cinema negli stabilimenti altamente organizzati di
Hollywood. Questo era il segnale che qualcosa stava cambiando a livello
economico, politico e culturale in occidente.

L’ARTE DELLA FABBRICA

Fin dalle origini il cinema aveva lasciato intravedere il modello industriale che si
celava dietro le grandi aspirazioni artistiche. A Hollywood si crearono le condizioni
affinché tale natura si palesasse in modo compiuto: anche il lavoro intellettuale
venne regolamentato dalle dinamiche della produzione, l’autore veniva
assoggettato alle logiche della merce. Per trasformare un’idea nel prodotto finito, le
major hollywoodiane allestirono una catena di montaggio che prevedeva almeno 68
dipartimenti altamente specializzati. L’organizzazione sempre più industriale del
cinema consentì l’espansione del prodotto “made in Hollywood” in ogni parte del
mondo, in modo estremamente commerciale rispetto alle cinematografie nazionali,
anche se, per quanto riguarda il caso italiano, occorrerà aspettare almeno fino agli
anni 70’ per assistere al definitivo e stabile superamento del cinema italiano da
parte di quello d’oltreoceano (Brancato). Senza inventare nulla di nuovo, ma
organizzando al meglio quanto esisteva, gli imprenditori di Hollywood misero a
punto un insieme di apparati produttivi basati su tre coordinate essenziali:lo studio-
system, lo star-system e il sistema dei generi.
-Lo studio-system applicava il sistema industriale per ottimizzare le risorse
disponibili.
- Lo star-system utilizzava le star, i nuovi volti dei film, come promozione
dell’attività industriale
- Il sistema dei generi seguiva il criterio di specializzazione del lavoro. Alcuni ruoli
acquisivano sempre più importanza nella produzione dei film, a partire dai tecnici
degli effetti speciali fino agli addetti al make up.

CENTRALITA’ DELLA SCENEGGIATURA E STRATEGIE DELL’EMOZIONE

La sociologia delle emozioni fu elaborata dal critico teatrale POLTI, il quale


sintetizzava in 36 situazioni basilari lo sviluppo di ogni intreccio narrativo. Si
trattava, in pratica, di legare un numero finito di emozioni fondamentali a precise
situazioni drammatiche. Questa schematizzazione sarà alla base dello sviluppo
delle tecniche di sceneggiatura. I produttori, con un preciso lavoro di
programmazione e previsione del testo audio-visivo, immaginano il pubblico e
prevedono la sua reazione. L’acquisizione di un carattere industriale ha garantito al
cinema statunitense un’egemonia mondiale che dura tutt’ora.

CINEMA E TELEVISIONE

Momento cruciale per il cinema è l’affermazione del suo antagonista: la televisione.


Anche in questo caso, il modello che si afferma prima e con maggior forza, è quello
americano (modello televisivo di broadcasting= basato sull’emittenza dei
programmi da parte di società private). Fino ai primi anni 50’ non vi fu alcuna vera
guerra tra cinema e televisione, ma piuttosto il tentativo di una coesistenza: venne
istituito il theatre television, tecnologia che rendeva possibile trasmettere sul grande
schermo della sale cinematografiche la programmazione televisiva. Con la fine del
secondo conflitto mondiale, l’economia statunitense si era avviata a una ripresa che
permise la diffusione degli apparecchi televisivi. Nell’arco di un decennio, il 78%
delle famiglie americane giunse a possedere un televisore, rendendo praticamente
inefficace il theatre television. Con la televisione, la massa di spettatori si
frammentava in unità individuali e ritornava nel nucleo familiare. Hollywood reagì
con una duplice strategia, apparentemente contraddittoria: cominciò a potenziare i
suoi prodotti rendendoli irriproducibili sui piccoli schermi (es.3D) e allo stesso
tempo svuotò i propri magazzini vendendo ai broadcaster i diritti di trasmissione per
migliaia di pellicole che avevano esaurito il loro ciclo vitale nel consumo in sala.
Questo conflitto sembra essere cessato grazie alle dinamiche di globalizzazione
che investono il sistema dei media, in cui le convenzionali differenze tra cinema e tv
tendono a cadere.

LA COMUNICAZIONE ISTANTANEA: telegrafo, radio e televisione

ELETTRICITA’ E ISTANTANEITA’

Il sociologo McLuhan definisce “età elettrica” quel periodo storico caratterizzato


dalla scoperta dell’elettricità e dall’avvento della fabbrica. McLuhan definisce
l’individuo al centro dell’età elettrica come un “nomade” alla continua ricerca della
conoscenza, che grazie all’elettricità riesce a spostarsi da una informazione all’altra
fino a stabilire un’inedita e totalizzante forma di connessione con le cose. Dunque
l’individuo è coinvolto nella crescente produzione di informazioni che, soprattutto
nella contemporaneità, viaggiano ad una velocità pari a quella degli impulsi
cerebrali. Con l’età elettrica alla centralità dell’occhio (tipica dell’uomo tipografico)
si sostituisce quella dell’orecchio. Nel 19’ secolo lo scopo è dunque rendere
prossimo ciò che è lontano.

NASCITA DELLA RADIO E INTRATTENIMENTO WIRELESS

Una delle prime tecnologie in grado di accorciare le distanze spazio-temporali, a


parte naturalmente il telefono ( che non richiede neanche una qualificazione
professionale per l’utilizzo), è la radio senza fili di Marconi (1896), che come il
telegrafo, sfrutta la capacità di propagazione delle onde Hertziane attraverso l’aria.
La conferma dell’utilità della radio, arriva soprattutto dai numeri delle tragedie
sventate o dei morti evitati lungo le tratte dei viaggi transoceanici. Eppure non è
ancora sufficiente per Marshall McLuhan, che vede l’uomo intrinsecamente portato
a dominare l’ambiente attraverso l’estensione degli organi del proprio corpo. Alla
radiotelegrafia mancano i cavi ma manca anche la capacità, come il suo stesso
nome ci ricorda, di svincolarsi dalla scrittura producendo la voce umana. Una
facoltà destinata a rimare esclusivo appannaggio del telefono fino al 1906, anno in
cui si effettua la prima trasmissione radiofonica. Questo evento fa diventare la radio
un medium dotato di una propria specialità linguistica e tecnologica.
LA RADIO FRA TOTALITARISMO E DEMOCRAZIA

La radio crea occasioni di incontro e di condivisione sociale, proprietà che i regimi


emergenti degli anni 20’ e 30' del 900’ intercettano e utilizzano per i propri scopi.
Marconi infatti affermava che grazie a questa nuova tecnologia, i discorsi dei
potenti potevano affermarsi simultaneamente su tutta la superficie della Terra
(come abbiamo potuto vedere, ad esempio, nella propaganda di Mussolini). I popoli
coinvolti nel primo conflitto mondiale vengono tenuti al corrente delle notizie dal
fronte attraverso la propaganda radiofonica. Il risultato di tale coinvolgimento viene
definito da McLuhan come una RITRIBALIZZAZIONE della società, ovvero di un
essenziale ritorno alle forme arcaiche di condivisione nella nuova e ben più estesa
prospettiva del villaggio globale. La radio ha incidenze anche sull’ambiente
familiare, diventando un mezzo di sfondo durante le conversazioni: un vero e
proprio focolaio attorno a cui intrattenere discorsi (Roosvelt interpretava il pubblico
come un gruppo di persone sedute tutte insieme attorno al suo focolare). Emerge,
dopo la fine della grande guerra, ciò che Menduni ha definito “la seconda nascita
della radio”, ovvero l’obiettivo di estendere la diffusione del mezzo grazie a un
abbassamento dei costi e una rielaborazione del design.

DALLE VALVOLE AI TRANSISTOR: LA RADIO COME PROTESI

Nel quadro della lenta ripresa economica seguita alla fine dei due conflitti mondiali,
ci fu una fase evolutiva dell’elettronica dovuta all’introduzione dei TRANSISTOR. Si
tratta di un componente elettrico più pratico e piccolo di una valvola che accelera i
processi di diffusione delle tecnologie culturali, soprattutto grazie alla loro
miniaturizzazione. La prima radio con tali caratteristiche venne introdotta nel
mercato americano con dimensioni e costi molto ridotti; a ciò si aggiunse il sistema
di alimentazione a batteria che rese il mezzo di comunicazione portatile. I transistor
sono diventati parte integrante della quotidianità umana: li ritroviamo nelle case,
nelle macchine e nei margini del corpo di chi li porta con sè. Le protesi tecnologiche
di cui parlava McLuhan assumono grazie ai transistor contorni sempre più nitidi.

NASCITA DELLA TELEVISIONE: IL BROADCASTING

Se con la radio la strada è entrata in casa, con la tv è l’individuo a guardare fuori e


lasciare la propria abitazione senza spostarsi di un millimetro. Questi due media
fanno diventare massificazione e individualizzazione due facce della stessa
medaglia.

LA TELEVISIONE IN ITALIA

Gli anni 50’ vedono l’ingresso della televisione nel sistema dei media in Italia, quindi
con ritardo rispetto ai paesi anglosassoni. Il nuovo medium risponde inizialmente a
esigenze politiche, il cui scopo è quello di controllarne il flusso. Tuttavia, i palinsesti
europei, strutturati dall’alto e gestiti dai monopoli statali, riducono la capacità della
tv di riferirsi ad un flusso unico, conservando lo scopo principale di educare,
informare e intrattenere. Ne sono un esempio i programmi televisivi del “Carosello”
o “Lascia o raddoppia?” condotto da Mike Buongiorno. Fra gli anni 70’ e 80’
l’introduzione delle serie tv proietta il medium televisivo verso il modello generalista
(la rete televisiva organizza i suoi palinsesti, i suoi contenuti e i suoi linguaggi per
cercare di rivolgersi a un pubblico il più possibile composito, senza distinzioni di
sesso, età o di livelli socio-culturali). Questo nuovo modello viene definito da
Umberto Eco “Neotelevisione”.

RADIO E TELEVISIONE VERSO IL DIGITALE

La tecnologia della radio, giunta nel periodo del suo massimo grado di portabilità, si
trova a implementare un dispositivo che la connette ad una nuova concezione di
istantaneità: il GPS. Anche la televisione sfrutta i nuovi principi della
digitalizzazione. In Italia, a partire dagli anni 80, entra in vigore il duopolio Rai-
Mediaset che sfrutta la pratica dello ZAPPING: la moltiplicazione dei canali grazie
alle trasmissioni via satellite. E’ l’alba della Post-televisione, caratterizzata
dall’interattività e dal protagonismo dello spettatore. Nel frattempo l’affermazione
del World Wide Web nei primi anni 90’, ha reso la rete il nuovo orizzonte di tutto: il
passe-partout con il quale leggere e interpretare il mondo. La narrazione della
società è ora immersa completamente nello cyberspazio.

LA FINE DELLE COMUNICAZIONI DI MASSA. RETI E PERSONAL MEDIA


NELL’ERA DIGITALE

INTERFACCE E MEDIA, UNA STORIA DI FANTASMI

La storia della specie umana si fonda sull’ininterrotta relazione con l’esosfera nel
tentativo di sopravvivere estendendo il portato delle nostre capacità. Come
sostiene Pierre Lèvy, è un lungo processo di ominazione che ha portato l’uomo a
distaccarsi dallo stato di natura, in sé bestiale, per approdare allo condizione di
essere pensante e civilizzato. (McLuhan ecc)…In quest’ottica l’interattività digitale è
il frutto del rapporto tra uomo e tecnologia, semplificato dall’utilizzo di interfacce che
utilizzano supporti grafici come estensioni dei sensi umani. Per esempio il mouse
diventa estensione della mano sullo schermo, all’interno dello spazio digitale
simulato dal desktop: la scrivania digitale.

LA PARABOLA DELL’OROLOGIO

La storia delle interfacce, come di norma per i media, è fatta di integrazioni e


sparizioni più o meno graduali. Molti strumenti che hanno fatto parte della vita
quotidiana sono stati integrati in altri media che li hanno rimpiazzati. E’ il caso
dell’orologio, le cui prime forme erano esclusivamente pubbliche: la meridiana,
un’asta conficcata al suolo che segnava il passare delle fasi del giorno mediante la
proiezione dell’ombra, permetteva agli uomini pre-moderni di percepire il passare
delle ore. Il primo orologio meccanico, di natura sempre pubblica, vide la sua
nascita nella Francia del XII secolo. Cambia l’interfaccia con due lancette che
indicano ore e minuti. L’orologio da piazza si trasforma in orologio a pendolo,
rimpicciolito a tal punto da essere contenuto in una casa; a ciò segue l’orologio da
taschino e infine l’orologio da polso. Quest’ultimo si lega al corpo umano,
diventando una vera e propria estensione. Il passo successivo è la digitalizzazione
dell’orologio: si superano i congegni meccanici a favore delle oscillazioni del
quarzo, con un display che scrive ore e minuti. Una volta digitalizzato, il medium
orologio e la sua interfaccia possono integrarsi, trasformarsi in software e essere
inclusi in altre piattaforme: dal pc sino allo smartphone. La parabola dell’orologio fa
comprendere al meglio le modalità di trasformazione dei media e delle loro
interfacce: evolvendosi sino a integrarsi tra loro, i media estendono i nostri sensi
coniugandosi sempre più strettamente con il corpo biologico.

BREVE STORIA DELLA MUSICA PORTATILE

Prima dell’invenzione del Walkman Sony, un riproduttore musicale portatile e


personale non esisteva. La possibilità di portare con noi la nostra musica preferita è
frutto di una tecnologia recente nella storia dei media: inizialmente esistevano solo
radio portatili, mangiadischi, le auto-radio con lettore di audiocassette e gli stereo
domestici o portabili che hanno acceso il desiderio nell’uomo di voler ascoltare la
propria musica anche in movimento o in spazi pubblici. Secondo una concezione
apocalittica della vita metropolitana, la bolla uditiva entro cui rifugiarsi era un modo
per sottrarsi alle esperienze negative. In contrasto con questa visione negativa si
afferma il pensiero di Walter Benjamin che vede nell’ascoltatore un passeggiatore
metropolitano che esplora la città senza fretta, rendendosi autore di un’esperienza
estetica del quotidiano. Il walkman ha creato una rivoluzione durata oltre vent’anni:
l’unico dispositivo capace di decretarne la fine nel panorama culturale ed
economico è stato l’iPod di Apple.

L’AVVENTO DELLA MUSICA DIGITALE

Il walkman consentiva agli utenti di costruire il proprio ambiente sonoro, tuttavia


l’uomo sviluppa sempre più il bisogno di sincronizzare la musica con il proprio
umore. L’avvento della tecnologia MP3 consente la trasformazione della musica in
file di dimensioni ridotte, rispondendo a tali nuove esigenze. Successivamente,
l’avanzamento tecnologico che ha portato alla produzione dell’iPod Apple (basato
su una tecnologia di compressione audio più avanzata ma compatibile con l’mp3)
rappresenta una combinazione perfetta di funzionalismo tecnologico e senso di
magia. Per queste ragioni l’iPod rappresenta l’icona culturale del ventunesimo
secolo e, al contempo, anche a una metafora della vita urbana dove lo spazio
pubblico si è ridotto sino a scomparire all’interno della sfera uditiva dell’individuo.

LA VIRTUALIZZAZIONE DEI GADGET

Le funzionalità dell’iPod vengono riprese in una piattaforma più ampia: lo


smartphone. Esso è un meta-medium grazie alla capacità di includere in un
dispositivo tascabile le potenzialità di un pc con una interfaccia touch screen. Per
rendere indolore il passaggio del device (dispositivo elettronico) da gadget con un
suo hardware, nei primi sistemi operativi degli smartphone è stato utilizzato un
approccio SCHEUMORFICO. Lo scheumorfismo è l’utilizzo di ornamenti grafici che
richiamano le caratteristiche fisiche di un altro strumento. E’ il motivo per cui, ad
esempio, il block notes dell’iPhone richiama quello cartaceo con i fogli gialli a righe.
Imitare vecchie tecnologie non risponde a una necessità duratura: è un rito di
passaggio per abituare gli utenti all’utilizzo del nuovo ambiente tecnologico senza
particolari traumi.

SESSO, SOLDI E SPORT


Le rappresentazioni sessuali sono state al centro di ogni forma di evoluzione e
come afferma Coopersmith: “ se non fosse per la materia in oggetto, la pornografia
sarebbe pubblicamente elogiata come un’industria che ha sviluppato, adottato e
diffuso con successo e rapidità le nuove tecnologie. Ma visto l’argomento in
questione, il silenzio e l’imbarazzo sono state le risposte standard”
. Lo sviluppo del rapporto tra tecnologia e pornografia è teso verso due vettori: la
privacy e la convenienza. Non c’è da meravigliarsi che i consumatori del porno
abbiano adottato per primi il videoregistratore, al fine di evitare di frequentare luoghi
pubblici come le sale a luci rosse. Ad oggi, internet si mostra un perfetto supporto il
porno, sia per la possibilità di scegliere il genere che si preferisce sia per la
possibilità di ottenere performance live senza doversi recare in luoghi fisici. Questo
mercato è un vero e proprio business anche perchè i consumatori sono spesso
disposti a sperimentare nuove tecnologie, affrontando anche i prezzi
dell’innovazione.

LA GLOBALIZZAZIONE DELLO SPORT

Il mondo dello sport e dell’intrattenimento condividono lo stesso spazio vitale,


influenzandosi a vicenda: basti pensare alla spettacolarizzazione delle Olimpiadi o
della Champions League. Un altro esempio importante che il libro riporta è la finale
dei Mondiali del 2006, che ha visto l’Italia vittoriosa ai rigori sulla Francia. Il pubblico
televisivo del match superò il miliardo di spettatori ma nessuno di essi vide in
diretta la testata del francese Zidane a Materazzi. In poche ore però l’episodio
divenne una notizia di portata globale, soprattutto per l’accusa di un
comportamento razzista da parte dell’Italiano, coinvolgendo anche media e
personalità estranee alla cronaca sportiva, allargando a dismisura l’audience
dell’evento sportivo e trasformando i due calciatori coinvolti in personaggi
riconoscibili anche fuori la sfera calcistica. Il neologismo Mediasport definisce
l’intima connessione tra sport e media.

LO SPORT COME MEDIUM TOTALE

Considerando lo sport come un medium, esso presenta un pubblico con una


composizione ambivalente: quella che assiste dal vivo e quella che prende parte
alle competizioni tramite i mezzi di comunicazione. A ciò si aggiungono
appassionati dello sport impegnati in attività di tifo e i cosiddetti tifosi occasionali. Il
legame con il territorio, che ha segnato l’emergere dell’attività sportiva nella sua
dimensione di fenomeno sociale, non è stato del tutto cancellato dai media. Molti
tifosi di calcio rivendicano il privilegio di tifare per la squadra del proprio luogo di
nascita o di appartenenza. Sebbene appaia ovvio che gli spettatori paganti siano
ancora un asset economico fondamentale per i club, il solo mercato locale non può
sopperire alla necessità di un’industria sportiva globale. Ci ritroviamo di fronte un
fenomeno definito DISEMBEDDING (lo sbarco) di doppia mobilità, fisica e
simbolica, con squadre che si spostano per conquistare mercati più appetibili e
sport che cercano nuovi pubblici lontano dai loro luoghi di nascita.

IL VIDEOGAME: NUOVI LINGUAGGI DELLA RAPPRESENTAZIONE NELL’ETA’


DIGITALE

Il videogame rappresenta un fenomeno sociale complesso che mette in crisi l’intero


sistema dei media di massa. L’industria relativa a questa forma di intrattenimento,
sia per le dimensioni che per la velocità con cui si espande, rappresenta un settore
d’avanguardia nell’era digitale, con cifre che superano quelle relative ad altri media
quali il cinema o musica. Colombo afferma che per le sue caratteristiche, il
videogame va esaminato come un medium a sé stante, un apparato socio-tecnico
che funge da mediatore nella comunicazione fra soggetti. La partecipazione
interattiva garantisce al videogame un coinvolgimento seduttivo difficilmente
riscontrabile nei media che lo hanno preceduto. Giocare con il video permette infatti
di oltrepassare ai limiti dello schermo. Ad oggi, le nuove piattaforme interattive,
come smartphone e social network, estendono la portata dei videogiochi ad un
pubblico più ampio ed eterogeneo.

L’INDUSTRIA TRIPLA-A, LA SCENA INDIE ED I CASUAL GAME

La sezione più in vista dell’industria dei videogiochi, quella formata dagli studios
che investono per le macchine da gioco domestiche, è comunemente nota come
Tripla-A. L’importanza di una tecnologia in costante miglioramento per la qualità dei
videogiochi, come l’obiettivo del fotorealismo, è attentamente coltivata da questa
industria. Nel corso degli anni Duemila, parallelamente all’industria della Tripla-A,
emerge la scena indie, caratterizzata da individui o piccoli team di sviluppatori che
realizzano progetti di nicchia. Gli sviluppatori di giochi indipendenti possono
operare liberamente in termini di creatività e innovazione, non essendo vincolati
dall’obbligo di rientro di investimenti milionari. Grazie ai loro costi di gestione più
bassi, la crescita degli studi indie ha creato nuovi generi e stili, resuscitando anche
alcune dinamiche dei giochi delle origini e percorrendo una strada completamente
diversa rispetto a quella del continuo aggiornamento hardware degli editori Tripla-A.
Se con la scena indie si ha una legittimazione dei videogiochi, ormai accettati come
qualcosa di più di un mero prodotto di intrattenimento, con l’affermazione dei
CASUAL GAME si ha invece una normalizzazione sociale dei videogiochi. Il casual
game (traducibile come gioco occasionale) è un tipo di videogioco caratterizzato da
un regolamento molto semplice e dal minor impegno richiesto per il suo utilizzo. In
questo modo i casual game riescono a introdursi nella pratica quotidiana di chi non
ha mai giocato ad alcun videogame. Queste continue innovazioni e il pubblico
sempre più ampio ed eterogeneo, rendono il medium del videogioco, oggetto di
ricerca e apprendimento.
I SOCIAL MEDIA NELLA SOCIETA’ DELLE RETI

Nella sociologia, l’idea di società dell’informazione può essere ricondotta al


sociologo americano Bell, il quale coniò la locuzione di post-industrialismo e
successivamente quella di società dell’informazione per riferirsi agli esiti dello
sviluppo sociale. In questa prospettiva di continuo cambiamento, è fondamentale la
suddivisione lineare della storia in tre periodi:
-l’era pre-industriale, caratterizzata dall’agricoltura
-l’era industriale, caratterizzata dalla produzione meccanica e dall’affermazione
della fabbrica
- l’era post-industriale, caratterizzata dall’industria delle informazioni.
Questo schema corrisponde approssimativamente ai settori che l’economia
definisce come primario, secondario e terziario.
Secondo Castells, la società in rete è uno dei tre modi fondamentali di
organizzazione sociale insieme allo stato e al mercato. Gli esseri umani si sono
sempre organizzati in reti. Ma è stato solo dopo la diffusione delle tecnologie
dell’informazione, alla fine del ventesimo secolo, che le reti hanno iniziato a
prevalere sulle altre due modalità fondamentali di organizzazione sociale,
producendo lo stato in rete e l’impresa in rete.

L’INTELLIGENZA DELLE WEB COMMUNITES

Se con il termine comunità ci riferiamo a un gruppo di persone in cui i membri


condividono alcune caratteristiche o interessi culturali, per web communities
intendiamo il loro riflesso mediato tramite il web. Una web communities per essere
considerata tale deve possedere un sistema di memoria che registri l’insieme delle
informazioni e delle conoscenze condivise e deve dimostrare di avere capacità di
problem-solving su un livello superiore rispetto a qualsiasi membro della comunità
preso singolarmente, passando dal cogito cartesiano al cogitamus. Nel saggio
“L’intelligenza collettiva” Pierre Lèvy sostiene che “nessuno sa tutto, ma ognuno sa
qualcosa. Tutto il sapere e l’esperienza del mondo coincide perciò in ciò che le
persone condividono”. In relazione con Lèvy, Derrick elabora una teoria
dell’intelligenza connettiva: quando prendiamo grandi quantità di oggetti
qualitativamente mediocri e li connettiamo tra di loro, c’è un incremento della
performance che non è solo basato su un’addizione. Questa stessa dinamica si
ripete anche in altri campi come nell’economia e nella finanza. Per questo la
frontiera dell’uomo è quella dell’intelligenza connettiva.
Secondo alcuni, la natura immersiva del web tenderebbe a far prediligere le
relazioni online rispetto a quelle cosiddette reali. In realtà le ricerche empiriche
effettuate sin dagli anni 90’ mostrano come gli utenti della rete tendono ad
ampliare le loro reti sociali diversificandole in maniera più ampia di quanto facciano
coloro che non utilizzano tecnologie digitali.

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