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Studente:

Gazziero Marco
Matricola 4912996
marco.gazziero01@icatt.it

Paper
“Il Medio Oriente tra la Prima e Seconda Guerra Mondiale”

Corso di Storia e Istituzione dei paesi afro-asiatici


anno 2021/2022
(Paolo Maria Leo Cesare Maggiolini)

Facoltà di Scienze politiche e sociali


Università Cattolica del Sacro Cuore

1
Indice

 Preambolo del tema trattato


 Analisi accordi Sykes-Picot e dichiarazione Balfour
 Sistemico studio dei processi indipendentistici nelle aree medio-orientali
 Riesame del Califfato e il desiderio di rinnovarlo

Introduzione

Nel seguente trattato si parteciperà all’analisi del Medio Oriente nel periodo
compreso tra i due conflitti mondiali, approfondendo l’inizio e l’evoluzione del
processo indipendentistico solcato dalle varie entità stati dell’area oggetto di studio.

Si focalizzerà l’attenzione, innanzitutto, sulle incessanti pretese di controllo e


sfruttamento coloniale da parte delle potenze europee, con l’attenta osservanza dei più
celebri accordi dell’epoca.

In tal modo, consci delle dinamiche operanti, sarà possibile comprendere come
l’oppressione dell’Occidente e la sua volontà di soffocare le aspirazioni medio-orientali
abbia, contestualmente, generato e favorito la nascita di movimenti indipendentistici di
stampo rivoluzionario.

Lo studio proseguirà mettendo al vaglio delle vicende legate alle rivolte


autonomistiche che si realizzeranno nei diversi stati della regione, prendendo
singolarmente gli stati in questione.

In ultimo si analizzerà l’istituzione del Califfato e la volenterosa necessità, da


parte della popolazione dell’Islam, di rinnovare questo suo pilastro dando sfogo a
un’ondata di neo-tradizionalismo.

2
Esame dei contenuti: “Medio Oriente, succulenta preda della vorace
Europa”

La definizione del Medio Oriente sotto le pennellate europee

La Prima Guerra mondiale rappresentò un punto di svolta per il Medio Oriente


perché quest’area fu direttamente e fortemente coinvolta dal conflitto, sia a causa della
fornitura di soldati alle potenze coloniali implicate nella guerra, come i maghrebini per
la Francia, sia per la concessione e l’utilizzo delle infrastrutture, chiaro rimando
dell’Egitto nei confronti della Gran Bretagna.

L’opportunismo delle potenze coloniali nei confronti di questi territori ebbe


pesanti ripercussioni, in particolare sul piano politico e sociale conseguentemente a un
loro innegabile peggioramento, che gettò le basi per la nascita e lo sviluppo di
movimenti indipendentistici e nazionalisti.

Ma la conseguenza più grave a scapito del Medio Oriente derivò dalla sconfitta
dell’impero Ottomano e la sua conseguente disgregazione che alimentò l’appetito
coloniale dei paesi europei tentati e decisi a ottenere i territori lasciati privi di
organizzazione dall’ormai inesistente Impero Ottomano.

I paesi alleati, Francia, Gran Bretagna e Russia, già nel 1915 avevano tracciato
la spartizione dei territori ottomani in aree di influenza attraverso l’accordo di
Costantinopoli1.

Nonostante l’accordo di Costantinopoli, che a causa della Rivoluzione russa non


venne mai effettivamente attuato, Francia e Gran Bretagna riprogettarono le proprie
aspirazioni coloniali nel Medio Oriente e ne diedero ufficialmente attuazione attraverso
due accordi chiave: l’accordo Sykes-Picot e la dichiarazione Balfour.

Questi due accordi, fondamentali per il futuro del Medio Oriente, furono
stipulati sulla falsa riga di quello di Costantinopoli e dunque aridi, privi di un reale

1
L'accordo di Costantinopoli, noto come Accordo degli Stretti, fu una corrispondenza segreta tra i
membri della Triplice Alleanza riguardo alla futura spartizione dell'Impero Ottomano, il quale concedeva
il “nord”, Anatolia e Asia centrale alla Russia oltre l’annessione di Istanbul e il controllo degli stretti,
all’Ancien Règime spettava “il centro” quindi la Siria e Mesopotamia e alla Corona inglese il “sud”
garantendogli il golfo Persico e parte dell’oceano Indiano.

3
interessamento alle necessità e ambizioni delle popolazioni locali e completamente
assuefatti dai meri interessi coloniali, economici e di potere delle potenze coloniali.

Proprio a causa del costante comportamento opportunista europeo il legame di


fiducia tra arabi e vecchio continente iniziò a sfilacciarsi fino a un suo totale
troncamento.

L’accordo Sykes-Picot

Per quanto concerne la stipulazione dell’accordo Sykes-Picot deriva da un


susseguirsi di avvenimenti, in particolare dalla necessità degli inglesi di distrarre e
impegnare le truppe ottomane su più fianchi e al tal fine si era distinto lo sceriffo
Husayn al-Hashimi2, il quale a sua volta aspirava a ricostruire l’impero arabo nei
territori precedentemente regnati dal califfato degli Omayyadi e Abbasidi 3.

Da questo duplice interesse in gioco, a seguito della corrispondenza tra il


generale britannico Henry McMahon e Husayn, si arrivò alla promessa ufficiosa da
parte della Gran Bretagna “dell’approvazione e riconoscimento dell’indipendenza degli
arabi nei territori proposti dallo sceriffo di Mecca” in cambio, ovviamente,
dell’intervento e aiuto delle truppe arabe contro gli ottomani.

Nel frattempo, il plenipotenziario inglese e francese, Mark Sykes e Francois-


Georges Picot, stipularono l’omonimo accordo con il quale le due potenze si spartirono
il Medio Oriente in due zone di influenza: alla Corona inglese il basso Iraq, dalla
Palestina al golfo Persico e tutti i territori nel sud della Mezzaluna Fertile, mentre alla
Francia i territori dalla Siria al Libano fino a Mosul.

Nonostante la divisione a tavolino realizzata dalle due potenze europee non


intaccasse l’ambizione di Husayn, in quanto non si ingerivano nelle aree di suo
interesse, era innegabile come la presenza anglo-francese non fosse condizionante nei
territori limitrofi.

2
Fu emiro hashimita della Mecca dal 1908, nel 1917 si proclamò re dello Hijaz e nel 1924, dopo la fine
del califfato ottomano, califfo.
3
Il Califfato degli Omayyadi fu il secondo dei quattro califfati principali istituiti dopo la morte di
Maometto, mentre quello degli Abbasidi furono una dinastia califfale, il loro califfato era uno dei più
vasti di sempre, il secondo della storia islamica dopo quello degli omayyadi.

4
Tale ipotesi si avverò inseguito allo scoppio della rivolta araba che portò, grazie
all’aiuto delle truppe di “Lawrence d’Arabia” 4, alla conquista della città di Damasco, la
quale spettava al figlio di Husayn, Faysal ma gli europei nuovamente rimescolarono le
carte in tavola sottraendosi così alle promesse fatte.

Elemento chiave ed esplicativo, oltre che controverso, del camaleontismo


europeo fu rappresentato dalla “Dichiarazione dei Sette” del 1918, la quale riconosceva
la totale e sovrana indipendenza degli arabi di quest’area e contestualmente asseriva che
il futuro governo delle regioni in questione sarebbe stato assoggettato al principio del
consenso dei governanti.

Difatti quanto proferito nella dichiarazione precedente si realizzò: nell’ottobre


del 1918 le truppe arabe conquistarono la città di Damasco e costituirono un congresso
nazionale.

Alla Conferenza di Pace di Parigi partecipò anche Faysal, governatore della


“Grande Siria”, con l’intento di far valere le ragioni della nazione araba.

Egli presentò un voluminoso memorandum nel quale esponeva le ragioni della


creazione di uno Stato arabo autonomo nel Levante, omogeneo per lingua e per cultura.

Chiedeva in particolare l’immediata e completa indipendenza per la “Grande


Siria” mentre accettava, solo temporaneamente, l’intervento europeo in Palestina e in
Mesopotamia.

La prospettiva di uno Stato arabo unificato nel cuore del Medio Oriente non era
vista con favore dalle potenze europee, anche perché le richieste del principe hascemita
si opponevano radicalmente agli accordi presi dalle due potenze.

La delegazione statunitense propose, in linea con lo spirito della Conferenza di


Pace e il principio wilsoniano di autodeterminazione dei popoli, la nomina di una
Commissione internazionale d’inchiesta con l’incarico di verificare sul luogo le reali
aspirazioni del popolo arabo, fu così creata la Commissione King-Crane5.
4
Ufficiale e agente segreto inglese, Thomas Edward Lawrence fu soprannominato Lawrence d’Arabia per
le imprese compiute durante la Prima Guerra mondiale, quando incitò alla ribellione le forze di guerriglia
arabe in lotta per l’indipendenza contro l’occupazione turca.
5
È stata una commissione d'inchiesta del governo statunitense che nel 1919 visitò le regioni
dell'ex Impero Ottomano allo scopo di fornire al Presidente Wilson indicazioni in merito alla politica sui
mandati da raccomandare alla Società delle Nazioni.

5
Per Faysal quella soluzione corrispondeva a una mezza vittoria: egli poteva
ritornare in patria con l’allettante promessa dell’imminente arrivo di una Commissione
incaricata di verificare la situazione politico-economica del Paese.

Dopo aver mobilitato l’opinione pubblica, Faysal si adoperò per la convocazione


di un’assemblea rappresentativa con l’incarico di redigere un “manifesto” 6 delle
aspirazioni nazionali degli arabi.

La Commissione lavorò per sei settimane e nelle sue conclusioni avallò senza
riserve le indicazioni ricevute dal “manifesto” presentato dal Congresso di Damasco.

Lo sviluppo successivo della situazione dimostrò la falsità delle promesse degli


occidentali e l’inutilità delle procedure che erano state attivate nella Conferenza di Pace.

Subito dopo, la Francia e la Corona inglese pattuirono un nuovo assetto del


Medio Oriente, non tenendo affatto conto delle aspirazioni nazionali degli arabi.

La Gran Bretagna dichiarò che a partire dal novembre del 1919 avrebbe ritirato
le sue truppe dalla Siria e dal Libano, lasciando quindi in quelle regioni campo libero
alle truppe francesi.

Londra consigliò a Faysal di raggiungere un accordo con Parigi in modo tale da


strappare quanto possibile dai francesi.

La risposta araba contro l’inadempienza inglese e l’occupazione francese non si


fece attendere; infatti, il Congresso nazionale siriano offrì a Faysal il trono della Grande
Siria e in seguito proclamò il regno.

I francesi, ormai decisi a intervenire militarmente, nel mese di luglio lanciarono


un ultimatum, chiedendo a Faysal di accettare la protezione della Francia ma il nuovo re
fece trascorrere il termine fissato senza avviare nessuna trattativa.

I francesi, così, dovettero ricorrere a soluzioni coercitive, marciarono con il loro


esercito su Damasco ponendo fine al breve regno di Faysal, che fu espulso dalla Siria.

6
Documento realizzato dal Congresso di Damasco per omogeneizzare le idee della popolazione su degli
stessi obiettivi quali la creazione di uno stato unitario e indiviso al cui vertice vi era il principe Faysal e
suggeriva che, nel caso si decidesse di sottoporre il Paese al controllo di una potenza, dovevano essere
preferiti Usa o la Gran Bretagna, ma non la Francia.

6
Le truppe del sovrano hascemita tentarono di bloccare l’avanzata francese nei
pressi di Khan Maysalun.

Si trattava di un piccolo esercito composto da 2.000 ma dopo una breve


battaglia, i francesi sconfissero i siriani, e subito dopo occuparono la capitale.

Secondo lo storico Eugene Rogan, la battaglia di Khan Maysalun «fu il marchio


del tradimento dell’Inghilterra, che non aveva mantenuto le promesse, il fallimento della
visione del presidente statunitense Wilson sull’autodeterminazione nazionale e il trionfo
degli interessi francesi e inglesi sulle speranze e sulle aspirazioni degli arabi».

Dopo questo fatto le potenze coloniali o mandatarie furono considerate nemiche


della nazione araba, e quindi da combattere in tutti i modi e con tutti i mezzi.

La situazione si stabilizzò solo nel 1920 prima con la conferenza di Sanremo,


che stabiliva la spartizione mandataria del Medio Oriente, e successivamente con il
trattato di Sèvres e di Losanna, i quali sancirono che i mandati implicassero alla Francia
e Gran Bretagna una amministrazione fiduciaria dei territori della Palestina e della
Mezzaluna Fertile senza prevedere la successiva evoluzione di questi territori e,
ulteriormente, seppellire le aspirazioni arabe anche se, proprio in questa direzione, la
situazione evolse.

7
La nascita della Giordania e Iraq

Giordania

Un primo tentativo rivoluzionario fu capeggiato nel 1920 da Abdallah, il quale


insieme a un gruppo di beduini salì verso la Siria.

I francesi preoccupati da questa mossa inaspettata, durante la conferenza del


Cairo del 1921, decisero di separare la Transgiordania dalla Palestina e concederla ad
Abdallah nel tentativo di placare le sue aspirazioni.

L’emirato venne così proclamato nel 1923 ma solamente nel 1946 divenne un
regno effettivo con la sostituzione del nome in Giordania.

Iraq

La nascita dell’Iraq fu più travagliata.

Esistevano diversi elementi che incentivavano la nascita di un organismo


politico nell’area mesopotamica, ragioni economiche dovute allo sfruttamento dei
giacimenti petroliferi, motivi strategici legati alla capacità maggiore di difendere l’India
e per cause motivate dal prestigio internazionale e dunque la possibilità della Corona
inglese di ribadire un’ulteriore volta la superiorità rispetto alla Francia.

Nonostante queste premesse il governo di Londra era ancora indeciso in quale


direzione muoversi e il suo tardivo intervento venne anticipato, nel 1920, da una serie di
rivolte fomentate da un prematuro senso nazionalista.

In maniera tale da sedare i tumulti, la Gran Bretagna diede applicazione alla


tipica regola a cui si accingeva in ottica coloniale, cioè la “indirect rule”.

In seguito al referendum del 1921 realizzato nella regione dell'attuale Iraq, la


Corona inglese decretò l'indipendenza dell'area affidando il governo arabo a Faysal.

Ovviamente si trattava di una condizione di indipendenza solo apparente, in


quanto gli inglesi esercitavano un controllo coloniale indiretto a causa di una serie di

8
clausole interne all'accordo indipendentistico che vincolavano la politica interna,
economica, militare ed estera alla volontà inglese.

Elemento fondamentale che gioco sul regno di Faysal e sul futuro dello stesso
Iraq fu la compresenza nello stesso territorio di etnie e gruppi religiosi diversi e a volte
aggressivi tra loro quali gli arabi sciiti a sud, gli arabi sunniti al centro e al nord i curdi
sunniti.

Il regno di Faysal terminò con la sua morte nel settembre 1933, al quale successe
il figlio Ghazi I.

Ghazi era favorevole al panarabismo e auspicava all’unità del mondo arabo,


dunque nel perseguimento dei suoi fini, individuò l'esercito come l'unico strumento per
acquisire la piena indipendenza del paese.

Durante la sua amministrazione, le spinte panarabe si fecero intense e nelle forze


armate prese forma il gruppo rivoluzionario “Quadrato d’Oro” 7, anch’esso ispirato dal
desiderio della totale indipendenza dagli inglesi.

Nel 1936 il generale curdo Bark Sidqi, comandante in capo dell'esercito, realizzò
un golpe nel tentativo di deporre il Primo Ministro Yasin al-Hashimi.

Si trattò di un colpo di stato che terminò con successo e dal quale Sidqi ottenne
il governo del paese fino al 1937.

Nel 1939 l'Iraq prese parte alla conferenza della tavola rotonda di Londra in cui
la Gran Bretagna riuniva, oltre l'Iraq, altre entità statali del Medio Oriente per cercare di
mediare e risolvere la questione palestinese.

La conferenza non portò a risultati se non fare emergere, da parte degli esponenti
del Medio Oriente, la volontà di riunificare la “Grande Nazione Araba” e ottenerne il
relativo riconoscimento.

Dato l’inevitabile scoppio della Seconda Guerra mondiale, il riconoscimento da


parte della Gran Bretagna avrebbe consentito un avvicinamento del movimento

7
Con questa espressione fu chiamato un gruppo di quattro generali favorevoli alle Potenze dell’Asse che
fu promotore di un colpo di Stato in Iraq nel 1941 per rovesciare il dominio britannico.

9
panarabo con la Corona inglese e di conseguenza avrebbe impedito che potesse
congiungersi alla Germania.

A tal fine diverse aperture britanniche furono ribadite da Anthony Eden,


responsabile del Foreign Office, il quale sottolineò il gradimento inglese verso il
progetto unitario arabo.

10
La costituzione della Siria e del Libano

Nei territori ancora sotto il suo controllo coloniale, la Francia interpretò il suo
mandato in senso nettamente imperialistico, infatti una mossa in questa direzione è
rappresentata dalla separazione della Grande Siria nella Siria e nel Libano,
rispettivamente nel 1924 e nel 1926 anche se, di fatto, questi organismi statuali non
godevano di una effettiva autonomia.

Perché si legge questo gesto della Francia in un’ottica imperialista?

La decisione francese di dividere la Grande Siria in due entità politiche era


ispirata dal principio “divide et impera”.

Staccare il Libano dalla Siria consentiva alla Francia una più agevole
governabilità sul territorio grazie alla presenza dei maroniti libanesi, i quali erano
doppiamente legati alla Francia, dando vita a un enclave cristiano distinto da una Siria
musulmana, oltre a frenare le spinte nazionaliste impedendo che si diffondessero in altre
aree.

Il Libano

I francesi consentirono nel 1926 al Libano di proclamarsi una repubblica e


adottare una costituzione anche se fortemente connotata da elementi di ambiguità.

Ma le problematiche principali legate al Libano non erano relative alla sua


costituzione ma alla stessa composizione di questo neo-organismo, difatti il territorio
libanese racchiudeva al suo interno una molteplicità di confessioni religiose, le quali
erano opposte negli interessi economici e politici.

La maggioranza dei libanesi, pari al 55%, era cristiana-maronita, molte legata ai


francesi e contraria a ogni iniziativa araba, seguivano poi i musulmani sunniti, sciiti e i
drusi.

La problematica principale legata al melting-pot confessionale era dovuta


proprio a quella costituzione ambigua, la quale creò una struttura sociale gerarchica
basata sull’appartenenza religiosa e indubbiamente ciò portava a frizioni tra gli adepti

11
alle diverse sfere di religione, ostilità che si aggiunse a quella percepita dai cristiani
maroniti per la vicinanza ai francesi da parte delle fedi islamiche.

La Siria

Per quanto concerne la nascita della Siria il suo percorso risulta più accidentato e
sempre disciplinato dai francesi attraverso il principio del “divide et impera”, tramite il
quale la Siria venne sventrata in quattro zone distinte 8, anche se il progetto venne
abortito a causa dei costi di gestione e delle spinte nazionaliste che portarono a una
riunificazione.

La resistenza siriana all’occupazione francese fu da subito molto attivata già nel


1920, anno in cui diversi moti insurrezionali vennero registrati, tra i quali il più
massiccio si verificò nel biennio 1925-1927 sapientemente sedato dai francesi.

Il movimento nazionalista siriano si sviluppò e diede espressione di sé anche in


campo politico attraverso diverse formazioni, dal Partito del Popolo al National Bloc.

Nel 1928 si tennero le elezioni per un’assemblea costituente, incaricata di


redigere la costituzione, e dalle elezioni ottenne la maggioranza i nazionalisti.

La costituzione da loro elaborata, fortemente improntata da una spinta


nazionalista e diretta alla ricostruzione della Grande Siria, fu disconosciuta dalla Francia
che ne impose un’altra.

Alle successive elezioni politiche del 1932 emerse un’élite di notabili graditi alla
Francia, i quali si opposero ai movimenti nazionalisti frustando le aspirazioni siriani
anticoloniali, le quali vennero ulteriormente ridimensionate dal governo francese di
Léon Blum.

8
Venne suddivisa in quattro zone: lo stato di Damasco, Aleppo, Alauita e il Gebel Druso.

12
La dichiarazione Balfour e la questione della Palestina

Se dagli accordi Sykes-Picot analizzati in precedenza è stato messo in luce


l’egoismo europeo, incline unicamente a seguire i propri fini di dominazione coloniale;
la dichiarazione Balfour dimostra, nuovamente, la politica camaleontica europea nei
confronti del Medio Oriente e l’assoluta indifferenza alle conseguenze derivanti da
quanto sottoscritto dalla presente dichiarazione.

La volontà da parte degli ebrei di tornare presso la “terra dei padri” si percepì
energicamente già nel 1897, periodo nel quale il Congresso sionista di Basilea,
presieduto da Theodor Hertzl insieme all’appoggio di Chaim Weizam9, operò
duramente per conseguire questo progetto.

Il desiderio della popolazione ebraica venne accolto dalla Corona inglese, in


particolare dal Ministro degli Esteri Balfour, il quale non tardò a riconoscere la
legittimità della pretesa ebraica oltre a favorirne la realizzazione attraverso l’omonima
dichiarazione.

Di fatto dietro all’accordo siglato tra il governo di Londra e il popolo ebraico vi


era un chiaro compromesso di reciproci interessi: come detto la popolazione ebraica
riacquisiva le loro terre originarie, mentre la Gran Bretagna, oltre a ottenere le simpatie
delle minoranze ebraiche, si assicurava una base di appoggio strategico nel Medio
Oriente.

Nonostante i flussi migratori della popolazione ebraica fino al 1929 furono


esigui, pari a 156.000 su un totale di un milione, le problematiche derivante dalla
convivenza su uno stesso territorio di due popoli diversi in termini religiosi, politici ed
economici, quali ebrei e arabi, non tardarono a manifestarsi.

Sicuramente l’aggravarsi della situazione già fragile è da attribuire alla rigida


politica perseguita dagli ebrei diretta all’acquisizione dei due principali beni, acqua e
terre, a scapito della popolazione araba anche attraverso l’utilizzo della coercizione.

9
Fu un politico e attivo propagandista, primo presidente dello Stato di Israele.

13
Altro fattore che alimentò l’ostilità araba nei confronti degli ebrei è stata la loro
rapida organizzazione territoriale in ottica politica attraverso la fondazione del Mapai 10,
a livello socio-economico l’Histadrut 11 e infine sul piano militare con l’istituzione
dell’Hagana12.

Oltre a queste tre fondamentali istituzioni il dinamismo sionista sfociò in un


nuovo “umanesimo” contaminando diversi campi: quello culturale con l’istituzione
dell’Università Ebraica, scientifico con la fondazione del Technion di Haifa e l’Istituto
Daniel Sieff, sportivo attraverso la Maccabiadi, una manifestazione definibile come
l’Olimpiade ebraica, agricolo tramite il finanziamento di una rivoluzione agricola che
permise l’estensione delle coltivazioni con nuovi prodotti agricoli importati da paesi
stranieri e dal punto di vista urbanistico vennero fondate le città di Afula nella Valle di
Jezreel e sulla costa del Mediterraneo i due poli di Netanya e Nahariya.

L’incessante vivacità ebraica provocò ulteriori frizioni e tensioni nella


popolazione araba, la quale sentendosi sciupata, a poco a poco, dei propri beni e
assoggetta dalla popolazione ebraica diede avvio a una serie di rivolte le quali portarono
a un’escalation di violenze.

Una delle rivolte più significative, che di fatto fece emerge nel resto del mondo
la questione palestinese, si registrò nel 1929 nella città di Hebron, dove folle di arabi
attaccarono gli ebrei in tutta la regione uccidendone circa 60.

I disordini si diffusero anche a Gerusalemme, dove alla fine delle violenze gli
ebrei di Hebron furono costretti a trasferirsi.

In una settimana di scontri 133 ebrei rimasero uccisi nonostante gli inglesi
tentarono di prevenire la strage, sparando e finendo per uccidere 80 manifestanti arabi.

Nel 1936, a causa dell’imponente flusso di migranti ebraici arrivati ormai a


400.000 unità, esplose una nuova violenta protesta araba guidata dal mufti di
Gerusalemme, rivolta sia agli ebrei che agli inglesi.

10
È stato un partito politico di sinistra in Israele ed è stato la forza dominante nella politica israeliana.
11
Letteralmente La Federazione Generale dei Lavoratori in Terra d’Israele fu l'organizzazione
sindacale sionista dei lavoratori ebrei della Palestina mandataria.
12
Organizzazione militare ebraica in Palestina come sviluppo dei gruppi armati già esistenti per la difesa
degli ebrei dal terrorismo arabo.

14
Gli arabi pretendevano la fine dell’immigrazione ebraica, nonché la
cancellazione di qualsiasi promessa di Stato ebraico.

Gli inglesi usarono, nuovamente, la forza contro gli insorti e tentarono anche di
riesaminare l’intera struttura del Mandato sulla regione, fondando una speciale
commissione a tal proposito: la commissione Peel.

La soluzione proposta dalla Commissione Peel era radicale: dividere la Palestina


in due Stati indipendenti, uno ebraico ed uno arabo, con la città di Gerusalemme e l’area
circostante che sarebbe rimasta sotto il controllo del Mandato britannico.

L’Agenzia Ebraica accettò il piano di spartizione, gli arabi lo rifiutarono in toto


perché contrari a qualsiasi diritto di Stato per gli ebrei.

La situazione alquanto intrattabile e la necessità della Gran Bretagna di non


inimicarsi eccessivamente gli arabi, portò all’imposizione di drastiche limitazioni
all’immigrazione ebraica attraverso la promulgazione nel 1939 di un documento, il
cosiddetto “Palestine White Paper”, il quale fissava un tetto massimo annuo
all’emigrazione ebraica e anche il diritto di acquistare terre in Palestina fu drasticamente
limitato per gli ebrei.

Documento che fu ennesima prova della politica mutaforma inglese.

Ovviamente il documento pubblicato dal governo inglese non fu ben gradito


dalla comunità sionista, iconica l’affermazione rilasciata da David Ben-Gurion, Primo
Ministro d’Israele dell’epoca, la quale suggella l’atteggiamento della popolazione
ebraica verso gli inglesi da quell’anno in avanti: “gli ebrei palestinesi combatteranno in
guerra come se non esistesse il White Paper e combatteranno il White Paper come se
non ci fosse la guerra”, inglesi ed ebrei erano dunque alleati e nemici
contemporaneamente.

15
Dalle ceneri dell’Impero Ottomano alla risurrezione della “fenice” Turchia

L’impero Ottomano uscito devastato dal primo conflitto mondiale, a seguito


dell’Armistizio di Mudros del 191813, era destinato a disgregarsi terminando così il suo
regno di oltre sei secoli.

Nonostante la sconfitta impartita all’impero Ottomano, i problemi più consistenti


si palesarono al termine della Prima Guerra mondiale in quanto le potenze vincitrici
dell’Intesa erano intenzionate a usare il pugno di ferro contro gli Ottomani, ritenuti
come la Germania uno dei principali responsabili del conflitto.

L’obiettivo delle potenze europee era ben noto: scacciare dal suolo europeo la
presenza ottomana che si era dimostrata estranea alla civiltà occidentale, fine al quale si
sovrapponeva quello inglese che, come dichiarato esplicitamente da Ronald Graham,
era garantire pace e ordine nel Medio Oriente.

Nei colloqui successivi tra le potenze vincitrici, dai quali maturò il trattato di
Sèvres del 1920, riuscì a infiltrarsi anche la Grecia facendo valere le proprie pretese
territoriali.

Il trattato predisponeva, oltre ai territori di cui si è già ampiamente discusso


precedentemente assegnati a Gran Bretagna e Francia, l’internazionalizzazione e il
controllo militare degli Stretti, la cessazione alla Grecia della Tracia, il territorio di
Smirne e alcune isole della costa anatolica, la nascita di una Armenia indipendente e si
gettarono le basi anche per una futura indipendenza del Kurdistan.

Da quanto sancito dal documento, l’ex Impero Ottomano era stato troncato e
ridimensionato radicalmente e pari a un territorio arido economicamente e
politicamente.

Già nel 1919, inseguito all’occupazione greca di Smirne, si avvertirono le prime


tensioni alle quali il sultano Mehmet VI e alcuni membri di governo, vicini alle
posizioni delle potenze europee e consci dell’impossibilità del governo di opporsi alle
pressioni degli Alleati, nominarono una figura chiave per riportare l’ordine, scelta che si
diresse nell’immagine di Mustafà Kemal.

13
L’armistizio di Mudros pose fine alle ostilità tra l’Impero Ottomano e gli Alleati nella Prima Guerra
mondiale.

16
Nonostante il compito a lui assegnato fosse esplicitamente quello di sedare i
rivoltosi, Kemal era assopito da uno spirito nazionalista e indipendentista e dunque si
pose a capo dei nazionalisti rivoluzionari nel tentativo di opporsi ai greci: da qui sfocerà
la guerra greco-turca che imperverserà da 1919 al 1922.

Kemal si riorganizzò rapidamente e dopo un primo congresso a Erzurum e un


secondo a Sivas nel 1919 si promulgò un patto nazionale destinato a evitare lo
smembramento dell’impero ottomano riconoscendo tutti i territori abitati da musulmani
facenti parte dello stato ottomano.

Nel marzo del 1920 Kemal annunciò che la nazione turca aveva istituito il suo
proprio Parlamento ad Ankara, sotto il nome di Grande Assemblea Nazionale, la quale
nell’aprile successivo, oltre assegnare ad Ankara il titolo di capitale, ribadì la gestione
del potere legislativo ed esecutivo e al sultano prefisse di riconoscergli un ruolo nel
prossimo stato turco.

L’anno successivo, nel 1921, venne promulgata una costituzione e la condizione


già instabile e critica nei confronti dell’occupazione greca si acuì, infatti, l’esercito
greco attuò una serie di offensive.

Kemal sottoposto alle costanti pressioni greche riuscì a riorganizzare un esercito


e a respingere l'offensiva greca per la prima volta nella prima battaglia di Inonu.

I greci lanciano un secondo attacco il 27 marzo: è la seconda battaglia di Inonu,


tuttavia, i nazionalisti turchi danno prova di una tenace resistenza e guadagnano il
combattimento il 30 marzo.

Durante il conflitto, la Grecia non riceve alcun sostegno concreto esterno mentre
le truppe turche ricevono un'assistenza significativa dalla Russia sovietica.

Nel marzo 1921, tutti gli altri fronti sui quali combattono i Turchi sono liberati,
ciò consente a Kemal di ridisporre le risorse per contrastare le forze armate greche.

Francesi e italiani firmano trattati di pace con i rivoluzionari turchi e le due


potenze mediterranee accettano di vendere armi ai loro antichi avversari per contrastare
il governo greco.

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Dal giugno al luglio 1921 si tenne la battaglia di Afyonkarahisar-Eskisehir in cui
l'esercito greco ebbe la meglio sulle truppe turche, i greci erano prossimi alle porte
di Ankara.

Il confronto decisivo si ebbe quando l'esercito ellenico tentò di prendere


Haymana, nel corso della battaglia i turchi diedero prova di una forte capacità di
resistenza obbligando i greci alla ritirata.

I rivoluzionari turchi lanciano infine il loro contrattacco, l'esercito greco è vinto


in maniera decisiva nella battaglia di Dumlupinar dalla quale seguirono una serie di
importanti vittorie militari turche che portarono alla liberazione di diverse aree
precedentemente sottratte dall’occupazione greca e alla riconquista di Smirne.

L’Armistizio di Mudanya dell’ottobre 192214 segnò la fine delle ostilità tra greci
e turchi.

A seguito del termine della Guerra d’Indipendenza turca, la Grande Assemblea


Turca abolì il Sultanato, successivamente il Trattato di Losanna del luglio 1923 portò al
riconoscimento internazionale della nuova Repubblica di Turchia, la quale fu
ufficialmente proclamata nell’ottobre 1923.

Mustafa Kemal diventato il primo Presidente della Turchia introdusse diverse


riforme radicali al fine di fondare una nuova repubblica secolare, moderna attraverso
rinnovamenti costituzionali, culturali e sociali: le scuole coraniche furono chiuse,
l’Islam non era più la religione ufficiale di stato, il diritto di famiglia venne riformato, il
diritto di voto esteso alle donne, l’abbandono dell’alfabeto arabo per quello latino così
come l’adozione del calendario gregoriano; tutti segni di un chiaro e desideroso
avvicinamento del neo-stato turco all’Europa e ai suoi principi.

14
Secondo i termini dell'armistizio la Tracia, il fiume Evros e la città di Adrianopoli vennero ceduti
dalla Grecia alla Turchia e fu riconosciuta la sovranità turca su Istanbul e sullo Stretto dei Dardanelli.

18
L’indipendenza dell’Egitto

Poco prima dello scoppio della Prima Guerra mondiale, la Gran Bretagna
trasformò l'Egitto in un protettorato, inoltre i termini del protettorato indussero i
nazionalisti egiziani a credere che si trattasse di un accomodamento temporaneo, che
sarebbe finito dopo la guerra, grazie ad accordi bilaterali con la Gran Bretagna e da
quanto disposto dai Quattordici Punti che illusero le classi politiche egiziane a un loro
imminente governo.

Ancor prima che avvenissero i colloqui di pace, una delegazione Wafd 15 di


nazionalisti guidata da Zaghlul, fece pressioni su Londra per veder riconosciuti i diritti
dell'Egitto nell'ottica di costituire uno stato indipendente.

La risposta britannica fu l'arresto di Zaghlul, il quale provocò l'insurrezione del


popolo egiziano nella cosiddetta “prima rivoluzione egiziana” del 1919, la quale gli
inglesi faticarono a contenerla.

Ma ciò a cui si assistette nel 1919 fu solo un primo atto dei disordini che
sfociarono negli anni successivi, e di fronte alle accese rivolte e dure repressioni che
continuamente terminavano nel sangue, il governo britannico inviò in Egitto, nel
dicembre del 1919, una Commissione d'Inchiesta, la Commissione Milner, per appurare
le cause de tumulti e per determinare una proposta efficiente sul futuro dell'Egitto.

La relazione della Commissione incitava a terminare il progetto del


protettorato egiziano, i rivoluzionari obbligarono Londra a rilasciare una dichiarazione
unilaterale d'indipendenza nel febbraio del 1922, un’indipendenza però solo apparente,
che l’Egitto pagò a caro prezzo proprio perché la Corona inglese oltre a mantenere il
controllo dello stretto di Suez, per meri fini economici, si era riservata il diritto di
ingerirsi nel controllo dell’esercito e condizionare la politica estera del paese.

A seguito della dichiarazione di indipendenza dell’Egitto, la delegazione Wafd si


era trasformata in un partito, il quale contribuiva alla guida del paese insieme al re e alla
Gran Bretagna attraverso un assetto di governo “Cerbero”.

15
È stato uno dei più antichi partiti politici egiziani, l'origine del nome deriva dalla volontà dei circoli
politici egiziani più dinamici d'inviare una propria delegazione alla Conferenza di Parigi per avanzare la
causa dell'indipendenza dell’Egitto dalla Gran Bretagna.

19
Proprio a causa della convivenza, non sempre digerita, di troppi attori a capo
della gestione del paese, l’epoca liberale egiziana fu caratterizzata fin da subito
dall’onta del fallimento.

Tra le cause che segnarono il fallimento di questa prima esperienza liberale


egiziana è da segnalare la indiscutibile subordinazione coloniale inglese, la quale
permaneva nonostante, come detto precedentemente, fosse stata dichiarata
l’indipendenza del neo-stato egiziano.

Nonostante i tentativi dei nazionalisti di strappare concessioni alla Corona


inglese, l'accordo più favorevole avvenne solo nel 1936 ma anche in questa circostanza,
seppur all'Egitto venivano riconosciute alcune delle sue necessità, la Gran Bretagna
nuovamente ribadiva il suo dominio sul territorio egiziano oltre che l'utilizzo gratuito e
incondizionato delle infrastrutture.

Un secondo motivo del fallimento è da imputare nella politica autocratica


condotta dai sovrani.

Innanzitutto, Fu’ad, grazie alla carta fondamentale da lui promulgata nel 1923,
godette di ampi poteri, tra i quali la possibilità di sciogliere il Parlamento a suo
piacimento oltre alla sospensione delle garanzie parlamentari.

Questo modo di fare la politica delinea, per l'appunto, una politica ancora acerba,
embrionale caratterizzata da lacune costituzionali e da evidenti limiti alla liberalità e
democraticità.

Esempio lampante di ciò è stata la chiamata al governo del reazionario Isma ‘il
Siddi, il quale depose la costituzione vigente sostituendola con un'altra che garantiva
illimitatezza dei suoi poteri.

Spodestato Siddi e deposta la sua carta fondamentale ci si ritrovò in un


ordinamento funzionante privo di una costituzione alle sue basi.

Altro esempio, dal quale traspare una cattiva condotta politica dei governanti, lo
si osserva nella figura di Faruq, il quale cercò di governare al di fuori delle pareti
parlamentari tentando anche di reprimere l'attività del partito Wafd.

20
Oltre a ciò, tentò di perseguire la strada di evadere dal controllo inglese, infatti
tra il 1939 e il 1942 affidò il governo a un suo fedelissimo nel mentre coltivava simpatie
con l'asse italo-tedesco proprio al fine antibritannico.

La Gran Bretagna nel 1942 impose al governo una persona a lei vicina, un
membro del partito wafdista e Faruq si dovette piegare dinnanzi alla forza militare
inglese.

Un ultimo elemento determinante nel fallimento dell'esperienza liberale egiziana


è stata la debolezza dello stesso partito Wafd.

Se alle origini di questa formazione politica vi era il desiderio di consegnare


l'indipendenza all'Egitto, nel corso di decenni si è dimostrato sempre più vicino e incline
alle volontà inglesi e di conseguenza allontanandosi dalle reali necessità e ambizioni del
proprio popolo ha minato, inevitabilmente, la propria reputazione con le masse.

Dopo il 1945 l'Egitto sprofondò in una crisi profonda causata da una complicata
condizione economica, dalla quale scaturirono proteste sociali e l'emersione di forze
evasive interne che in diversi casi sfociarono in atti di terrorismo.

Di fronte a questa situazione, alla quale il re e i partiti erano incapaci di reagire,


divenne fenomeno naturale la costituzione di gruppi rivoluzionari intenti a garantire
l'ordine.

Tra questi si segnala, durante la Seconda Guerra mondiale, la nascita della


società clandestina degli Ufficiali Liberi alla quale parteciparono diverse figure
dell'esercito, tra le quali saranno note Nasser, Sadat e Amir.

Gli Ufficiali Liberi organizzarono un colpo di Stato che terminò con successo
nel luglio del 1952, il sovrano fu costretto all'esilio e si riorganizzò un governo civile
assegnato, a causa dell'inesperienza dei rivoluzionari, a Neghib.

Inoltre, vennero realizzati diversi cambiamenti: fu dato avvio a un'attività di


depurazione di quella classe politica incapace e corrotta, si diede avvio a una riforma
agraria per placare i tumulti sociali derivanti dalla turbolenta condizione economica e si
epurò lo stato dall'imperialismo straniero: nasceva così l'Egitto repubblicano.

21
I movimenti nazionalistici nel Maghreb: l’Algeria

La sconfitta della Francia nella guerra del 1870- 1871 contro la Prussia, la
caduta di Napoleone III insieme alla precaria condizione economica e sociale, aggravata
da carestie ed epidemie, portarono l'esasperazione degli algerini nei confronti della
presenza francese ai massimi, la quale sfociò in una dura insurrezione guidata più da
principi e valori religiosi che di un nazionalismo proprio.

La rivolta fu così duramente repressa che, di fatto, rappresentò l'ultimo


singhiozzo di orgoglio algerino fino alla metà degli anni Cinquanta.

I francesi oltre assoggettare al proprio controllo le terre algerine diedero


attuazione a una politica di assimilazione caratterizzata dall'attuazione del Code de
l’indigènat16, consentendo così di perseguire i musulmani per diversi reati senza alcuna
procedura legale, dal tentativo di cancellare le radici culturali delle popolazioni indigene
convertendoli al cristianesimo, tramite lo sfruttamento delle terre e della popolazione
oltre a rendere l'Algeria una colonia di popolamento.

Nonostante queste rigide condizioni e le discriminazioni attuate tra i diversi


ceppi sociali, il nazionalismo algerino rimase passivo e solamente tra gli anni 1920-
1950 si assistette a una sua rinascita.

Inizialmente Ferhat Abbas, uno dei componenti del movimento Giovani


Algerini, era incline alle linee assimilazioniste francesi e sosteneva che il futuro
dell'Algeria dipendesse da quello della Francia.

Negli anni Quaranta rendendosi conto che il progetto francese era irrealizzabile,
in seguito alla Fondazione della formazione Amici del Manifesto della Libertà, perseguì
l'obiettivo di creare una Repubblica algerina federata con la Francia.

Il nazionalismo algerino si stava sviluppando anche in una ulteriore direzione,


Massali Hajj fondò e divenne il principale dirigente dell'Etoile nord-africaine 17.

16
Si tratta di una giustizia amministrativa che si applica soltanto alle persone definite giuridicamente
come indigénes, non rispetta i principi generali del diritto francese, in particolare perché autorizza
sanzioni a carattere collettivo, deportazioni di abitanti oltre che sanzioni che la legge ordinaria proibisce,
senza possibilità di appello né difesa.
17
L'Étoile Nord-Africaine o ENA è stata una delle prime, può essere considerato un precursore del Front
de Libèration Nationale

22
Quindi l'Algeria, grazie agli stimoli nazionalistici, era volenterosa di colloquiare
con la Francia ma proprio i francesi, in particolare i pieds noir 18, erano restii a concedere
una parificazione con la popolazione algerina.

I vari tentativi promossi nei decenni successivi si infransero rovinosamente e di


fatto causarono una radicalizzazione della sfera politica e un ritorno dell'islamismo.

Molti seguaci di Massili Hajj passarono dalla bandiera rossa a quella verde,
Fehrat Abbas maturò idee rivoluzionarie richiedenti l'uso della forza, lotta armata e
tramite l'associazione degli ‘ulama’ si garantì la continuità e l’efficacia dell'islamismo
che divenne elemento centrale nella patria.

18
Il termine Pieds-noir indica i francesi d’Algeria.

23
La lotta tunisina e marocchina all’occupazione straniera

Tunisia

Per quanto concerne la Tunisia è stato uno dei primi stati del mondo arabo a
conoscere esperienza nazionalista, infatti, i primi passi del nazionalismo tunisino si
mossero alla fine dell'Ottocento con la fondazione, da parte di Bashir Sfar, del giornale
Al Hadira.

Però il vero e proprio momento di sfarzo del nazionalismo tunisino lo si registra


nel 1920 con la formazione politica Destur, un partito con aspirazioni indipendentistiche
desideroso di sottrarsi all'occupazione francese.

Questa neoformazione politica, però, era di carattere elitario e dunque lontana


dalle aspirazioni delle masse, oltre a ciò, essendosi opposta al protettorato il partito fu
fortemente indebolito tant'è che dovette operare in clandestinità e rinunciare all'azione
politica diretta.

Negli anni successivi l'avvocato Habib Bu Rqiba fondò nel 1932 il


quotidiano l'Action Tunisienne, che, oltre all'indipendenza, sosteneva il secolarismo.

Questa presa di posizione porta nel marzo del 1934 alla divisione del partito in
due rami, uno islamista che conserva il nome Dustur e l'altro modernista e secolare,
il Neo-Dustur, una formazione politica moderna, strutturata sui modelli del partito
socialista e comunista europeo e determinata non solo a conquistare l’indipendenza ma
anche a trasformare la società.

Dopo il fallimento dei negoziati avviati dal governo Blum, scoppiarono


sanguinosi incidenti nel 1937 e le manifestazioni dell'aprile 1938 furono gravemente
represse e la conseguente prigionia di Habib Bourguiba per cospirazione portò il Neo-
Dustur alla clandestinità.

Nonostante l'azione del partito fosse stata fortemente limitata, i rivoluzionari non
cessarono di compiere atti nazionalisti e la stessa società tunisina si dimostrò mobile e
attiva politicamente e socialmente.

Esempio significativo del dinamismo dei tunisini è stata, nel corso della Seconda
Guerra mondiale la fondazione dell'Unione Generale Tunisina del Lavoro, un centro

24
sindacale che giunse a contare 100.000 membri e svolse un ruolo considerevole nel
movimento nazionale in quanto contribuì alla liberazione e la costruzione del nuovo
Stato.

Tenuti i colloqui con il governo francese, dopo la guerra, Robert Schuman evocò
nel 1950 l'indipendenza della Tunisia ma i problemi nazionalisti fecero precipitare nel
fallimento.

Con l'arrivo del nuovo generale, Jean de Hauteclocque, e l'arresto di 150


dusturieni si diede avvio alla rivolta armata seguita dalla dura repressione dell’esercito
francese e dal reciproco irrigidimento delle parti.

Questi avvenimenti innescano una spirale di violenza e di inasprimento tra


Francia e popolo tunisino, i nazionalisti sedati con la coercizione, i quali a loro volta
risposero con rivolte armate e atti terroristici nei confronti del sistema coloniale
francese.

Di fronte a questa complicata situazione Pierre Mèndes, nel luglio del 1954,
riconobbe l'indipendenza interna della Tunisia placando così gli scontri.

Nel giugno del 1955 le convenzioni franco-algerine vennero firmate e nel marzo
dell'anno successivo la Francia riconobbe solennemente l'indipendenza della Tunisia.

Marocco

Il Marocco conobbe l’esperienza nazionalista solamente negli anni Trenta del


Novecento attraverso la creazione di formazioni politiche connotate dalle idee salafita e
dunque inclini nel senso islamico.

Il primo partito politico nazionalista, il Blocco d'azione Nazionale, venne


fondato nel 1932 e quando il governo lo sciolse nel 1937, il Blocco si ripresentò nelle
vesti di Partito Nazionale con l'intento di dare avvio a lotte sociali, le quali furono
represse dai francesi.

Negli anni Quaranta il partito si riorganizzò con il nome di Partito


dell'Indipendenza o Istiqlal, il cui obiettivo era garantire l’indipendenza totale dalla
Francia.

25
Alla fine delle ostilità del secondo conflitto mondiale, il partito Istiqlal chiese
l'appoggio agli Usa e Gran Bretagna per la causa indipendentista.

La Francia, a causa dell'impegno profuso nella crisi d'Algeria e Indocina, dovette


cedere ai negoziati: nel marzo 1956 si giunse al riconoscimento franco-spagnolo
dell'indipendenza del Marocco.

26
La rinascita della Libia post-fascismo

Nonostante la Libia facesse formalmente parte dell'impero coloniale italiano,


inseguito alla guerra italo-turca del 1911-1912, in realtà solamente un’area parziale del
territorio libico venne effettivamente pacificato dalle truppe italiane ma l'entroterra era
ancora segnato da un'evidente fragilità in merito al suo controllo.

La principale forza politico e religiosa era rappresentata dalla Senussiya, una


formazione di stampo nazionalista islamico al cui vertice vi era Idris al-Sanusi.

Successivamente alla salita al potere del fascismo in Italia nel 1922, Idris fu
costretto alla fuga presso Al Cairo dove strinse dei primi legami con gli inglesi per
riorganizzare la resistenza contro il tentativo fascista della “Riconquista” del territorio
libico.

L’intento italiano era chiaro: fare della Libia una colonia di popolamento.

Nel 1934 con l'unione della Tripolitania e della Cirenaica venne proclamata la
nascita della Libia italiana.

Il colonialismo italiano si dimostrò violento e razzista, le dure repressioni


portarono circa 100.000 morti libici e questo ovviamente andava aggravare le percezioni
dei libici nei confronti dell'occupazione italiana.

Entrati nella Seconda Guerra mondiale, le truppe italo-tedesche subirono una


pesante sconfitta a el-Alamein nel 1943, la quale anticipò la cessazione di ogni pretesa
italiana nei confronti del territorio libico.

Difatti negli anni successivi i britannici avanzarono dall'Egitto per la liberazione


della Libia.

Nel trattato di pace di Parigi del 1947 si dispose che l'Italia dovesse abbandonare
ogni territorio coloniale precedentemente occupato compresa la Libia, nonostante il
tentativo italiano di mantenere il controllo sulla Tripolitania cedendo alla Gran Bretagna
la Cirenaica e alla Francia il Fezzan.

27
Quanto proposto dall'Italia non venne accolto e dunque portò all'assegnazione
della Tripolitania e Cirenaica sotto l'amministrazione inglese e il Fezzan sottoposto al
controllo francese.

Nel dicembre del 1951 venne proclamata l'indipendenza del paese, a regime
monarchico, offrendo a Idris la corona.

28
Una nuova entità statale: l’Arabia Saudita

A causa delle lotte dinastiche tra i figli di Faysal, la dinastia saudita soccombette
alla dinastia Al Rahid che incorporò l'emirato del Najd.

Solamente alla fine dell'Ottocento riprenderà la marcia della dinastia di Faysal


grazie all'emiro Abd al-Aziz Ibn Sa’ud, Voi il quale fu capace ti estendere i
possedimenti della sua casata attraverso una serie di vittorie.

Nel 1902 conquistò Riyad scacciando i Rashidi di ha’il, a ciò seguì nel 1921
un'ulteriore guerra contro i Rashidi annientandoli definitivamente siglandosi nel titolo di
signore del Najd e nel 1932 sconfisse gli Husayn e gli Hashimiti di Mecca.

Nel 1932 poté proclamare la costituzione del Regno dell'Arabia Saudita.

L'escalation di vittoria non era ancora giunta al termine, infatti nel 1933, vinse
una guerra contro i sovrani zayditi dello Yemen annettendolo al neonato stato arabo-
saudita.

Ciò che permise un tale successo ad Abd al-Aziz Ibn Sa’ud furono diversi
fattori, in primis l'ideologia wahhabita 19 che riuscì, tramite i suoi valori, ad amalgamare
in un'unica entità le diverse tribù beduine attorno a un progetto politico-religioso unico e
definito.

Il secondo elemento che consentì la realizzazione del “disegno” tracciato da Abd


al-Aziz Ibn Sa’ud fu il sostegno notevole degli Ikhwan20 e dei mutawwa’a.21

Alla morte di Abd al-Aziz Ibn Sa’ud nel 1953 e il regno Saudita passò nelle
mani del figlio Sa’ud, il quale lo amministrò fino al 1964 tra lotte di potere all'interno
delle gerarchie familiari fino ad abdicare in favore del fratello Faysal.

19
Movimento riformista e scuola legale agli insegnamenti di Muhammad ibn ‛Abd al-Wahhab.
Propone, accanto al monoteismo assoluto, la purificazione dell’islam dalle innovazioni che lo
snaturerebbero, addebitate soprattutto al sufismo.
20
Furono una milizia religiosa islamica che costituì la parte preponderante delle forze armate di Ibn Sa’ud
e giocarono un ruolo determinante nel portarlo a governare sulla maggior parte della Penisola Arabica.
21
Corporazione religiosa che diede grande impulso dal punto di vista socio-spirituale, incaricata di
verificare e garantire il rispetto della Shari’ah e della legittimazione del Sovrano del Regno Saudita da
parte della popolazione.

29
Faysal a differenza del suo predecessore si dimostrò un capace governante,
difatti rinnovò e permise la rifioritura dell'Arabia Saudita, la quale da un arretrato
Regno beduino pose le basi per divenire uno stato moderno.

Questa transizione fu permessa attraverso lo sfruttamento ingegnoso delle


incertezze legate alla geopolitica regionale, attraverso diversi scambi di territori con i
paesi confinanti, tra cui il Kuwait, l'impiego massiccio nell'estrazione dell’“oro nero” e
attraverso una serie di riforme urbanistiche e sociali che resero il paese dotato di
tecnologia all'avanguardia, un'istruzione garantita e un benessere sociale minimo
assicurato.

Oltre a queste innovazioni, Faysal ribadì la necessità di mantenere vivo il legame


con il wahhabismo e dunque si incaricò del titolo di custode dei luoghi santi al fine di
sottolineare come l’Arabia Saudita fosse il paese fulcro del mondo musulmano.

30
L’Iran dei Pahlavi

La vittoria mutilata derivante dalla rivoluzione costituzionale 1906-1911 non


determinò il crollo definitivo della dinastia Qajar, ma assicurò alla Persia la
promulgazione di una costituzione e di un parlamento durato fino agli anni ’20, quando
emerse la figura di Reza Khan.

La rivoluzione costituzionale fece venire a contatto le componenti politiche della


società civile iraniana ma il confronto tra le due frange fu spesso troppo acceso.

Il punto di contraddizione tra le concezioni fu la legittimità che affidava agli


uomini la gestione del potere, senza più derivarla dalla divinità e l’istituzione di un
sistema giudiziario laico.

Dopo aver ottenuto l’approvazione della Carta, il movimento costituzionale fu


represso dal potere imperiale con l'aiuto dell'impero zarista e nella passività della
Corona inglese.

Durante la Prima Guerra mondiale la Persia rimase neutrale, nonostante fosse


evidente l’influenza inglese e prima ancora quella russa sul territorio.

A dimostrazione di quanto la Persia fosse oggetto degli interessi strategici delle


potenze europee si ricorda la costituzione nel 1908, in seguito alla scoperta di
giacimenti petroliferi, della Anglo-Persian Oil Company da cui nacque la British
Petroleum.

Era necessario ai fini persiani risolvere la subordinazione inglese e questa


necessità la si intraprese nel 1919 con la stipulazione dell'accordo anglo-persiano tra il
Ministro degli Esteri britannico Curzon e il Majlis.

Tale accordo prevedeva il riconoscimento da parte della Gran Bretagna


dell'indipendenza della Persia e al tempo stesso si elargivano alla Corona inglese una
serie di privilegi in tema fiscale, economico e militare del paese impedendo di fatto di
godere di una indipendenza totale ed effettiva.

Questa situazione degenerò nel febbraio 1921 quando Rida Shah condusse e
portò a termine un colpo di Stato seguito, nel 1925, da un secondo con il quale si
abbatté la monarchia dei Qajar.

31
Rida Shah venne riconosciuto come nuovo scià di Persia.

La figura di Rida Shah è facilmente paragonabile a quella di Mustafà Kemal,


nella Turchia, in quanto entrambi condussero una politica basata su tre principi:
autocrazia, militarizzazione e modernizzazione.

L'intento del nuovo scià di Persia era quello di garantire la transizione della
società persiana a una secolare e più moderna, infatti, assunse il titolo di “Pahlavi” 22 e
cambiò il nome dello Stato in Iran.

Rida Shah perse il potere nel 1941 a causa della sua politica estera ambigua,
difatti nonostante la dichiarata neutralità dell'Iran nella Seconda Guerra mondiale, si
dimostrò incline alle idee della Germania accogliendo a Teheran personale tedesco.

Ovviamente questo suscitò la preoccupazione delle potenze alleate, le quali


obbligarono Rida Shah l'abdicazione.

22
Nome dinastico adottato da Rida Shah, il termine indica l’antico alfabeto con il quale sono scritti i libri
sacri dello zoroastrismo per alludere al carattere puramente iranico della nuova dinastia.

32
Il rinnovamento del Califfato e il neo-tradizionalismo

Accanto alla svolta indipendentistica e nazionalista maturate nelle varie aree del
Medio Oriente e al rinnovamento delle ancore premature entità statali, si pose la
questione riguardante la dissoluzione del califfato da parte di Ataturk dalla quale scaturì
un vivace dibattito.

Già nel 1922 Rashid Ridà, con la pubblicazione dell'opera “Le Califat dans la
doctrine de Rashid Ridà”, invocava una rinascita di questa istituzione.

Ridà risolcava, nella descrizione del califfato, i tratti classici quindi


l'appartenenza all'attributo del profeta una figura conoscitrice delle scienze religiose,
posto all'amministrazione con l'appoggio del consiglio degli ulama e, quesito essenziale,
la sua funzione deve essere prescritta dalla religione.

È da osservare, però, che alcuni di questi criteri classici dell'istituzione ormai si


dimostrano arcaici e incompatibili con una società nuova, difatti non spettava più agli
ulama il potere di sciogliere e legare in quanto questa prerogativa venne assegnata ai
rappresentanti del popolo eletti direttamente dalla società.

Il popolo è l’unico e legittimo detentore della sovranità, la quale viene esercitata


per mezzo dei partiti politici.

Se Rashid Ridà si mostrò favorevole al ritorno del califfato, ‘Ali ‘Abd al-Raziq
voi prese una posizione opposta e nell'opera da lui pubblicata, “L’Islam et les
fondements du pouvoir”, sottolineò come la legge religiosa non abbia prescritto il
califfato, punto il quale si è sempre palesato come una istituzione tirannica e rovina
dell'Islam.

L'aspetto più criticato da Abd al-Raziq era l’ambiguità della missione di


Muhammad che spesso veniva contaminata nella sua sfera religiosa da quella politica,
proprio su questo versante ribadì come l'Islam fosse una religione unicamente spirituale
e quindi non connotata da natura politica.

Il messaggio proposto da Abd al-Raziq incentivava e auspicava che i musulmani


facessero conoscenza di una politica autentica, secolare.

33
Un terzo studioso, ‘Abd al-Razzaq Ahmad al-Sanhuri, si inserì nel dibattito
tramite la pubblicazione dell’opera del 1926 “Le Califat et son evolution vers une
Sociètè des Nations orientale”.

L’autore suggeriva che l'unica forma compatibile di califfato, rispettivamente


alle necessità del mondo moderno e della globalizzazione, era una specie di Onu delle
nazioni musulmane incaricate di eleggere il califfo come presidente dell'omonima
federazione.

Questa accesa disputa generò forti fremiti di rinnovata islamizzazione in Egitto


al termine degli anni ‘20 del Novecento e proprio da queste convulsioni sociali venne
costituita la Fratellanza Musulmana.

I Fratelli Musulmani

Inizialmente la Fratellanza Musulmana, fondata da Hasan al-Banna 23, si limitò a


un ridotto numero di cellule operanti sul canale di Suez ma in seguito al trasferimento al
Cairo l'organizzazione estese rapidamente la sua rete di partecipanti; alla fine degli anni
Trenta i suoi adepti erano pari a 500.000 unità.

Ciò che permise una efficace estensione e adesione alla Fratellanza è da


osservare sotto due elementi, tra cui la struttura dell'organizzazione di tipo verticale,
gerarchica ma flessibile al cui vertice al-Banna ne era la “Guida Suprema” facilitato nel
suo incarico da organismi di amministrazione e consultazione.

Il secondo punto di forza era rappresentato dall'ideologia che la Fratellanza


Musulmana sposava, vicina alla tradizione e pensiero di Rashid Ridà.

Dunque, si parlava di una dottrina che auspicava un ritorno alle radici,


riabbracciare il Corano e la sunna del Profeta, ridefinire il valore dell'islam non solo in
termini religiosi ma anche come stile di vita che plasmi la sfera pubblica e politica.

Ciò che si prefissò al-Banna fu la necessità di rinnovare l'Islam facendolo


tornare l'elemento vitale e centrale nella vita dei credenti e accompagnare questo
processo modellando la nuova società islamica.

23
È stato un politico, religioso, ideologo e uno delle più importanti figure nel mondo islamico.

34
Il successo esponenziale ottenuto lo si evince dalla sua volontà di promuovere
una politica di islamizzazione dal basso, a contatto con il popolo, una capacità mai
prima riscontrata che permise alla Fratellanza Musulmana, in campo politico, di
divenire il primordiale modello di partito di massa nella sfera dell’Islam.

Al-Banna tentò diverse volte di ottenere legittimazione di fronte all'ordine


politico egiziano ma trovo una ardua resistenza da parte del re e dagli stessi inglesi, i
quali esercitavano ancora un controllo sulle sorti del paese.

Anche a causa della marginalizzazione politica, all'interno dell'organizzazione, si


svilupparono cellule armate intente a velocizzare il processo di islamizzazione.

Al termine del Secondo Conflitto mondiale queste falangi estremiste compirono


diversi attentati, obbligando di fatto, il Primo Ministro al-Nuqrashi a dichiarare
fuorilegge l'intera Fratellanza.

A seguito della messa al bando, al-Nuqrashi venne assassinato e in risposta a


quest’atto venne ucciso al-Banna.

Nonostante la gravosa perdita della Guida Suprema l'organizzazione non cessò


di operare, infatti, assunse un ruolo fondamentale nella rivoluzione degli Ufficiali Liberi
del 1952.

Oltre a svolgere una posizione chiave nell'indipendenza dell'Egitto, il patrimonio


lasciato in dote da al-Banna non fu del depauperato ma abilmente sfruttato per dare vita,
in altre aree del Medio Oriente quali Siria, Palestina, Giordania e Iraq, organizzazioni
sorelle alla Fratellanza che diedero stimolo alla maturazione di un rinnovato sentimento
islamico comune.

35
Conclusione

Dal documento qui realizzato e dall’attenta lettura delle dinamiche


indipendentistiche susseguitesi nel Medio Oriente nel periodo analizzato, è facilmente
osservabile come le potenze coloniali europee si dimostrarono avide e ceche, annebbiate
dalla volontà di dominare e sfruttare le colonie per il loro arricchimento.

Questa mancanza di lungimiranza europea ebbe la sua massima espressione con


gli accordi Sykes-Picot e la dichiarazione Balfour, con le quali si gettarono le basi della
spartizione a tavolino delle terre medio-orientali tramite l’apposizione di confini tal
volte ridicoli, i quali nei decenni successivi provocarono tensioni interne a causa della
scarsa capacità europea di riconoscere, nell’atto compiuto, l’impossibilità di convivenza
di diversi gruppi etnici e culturali.

Altro aspetto vergognoso del comportamento europeo è stato il ruolo


doppiogiochista delle potenze coloniali europee che, nonostante i Quattordici Punti di
Wilson e le promesse sancite dai successivi trattati, resero vane le aspirazioni
autonomistiche del Medio Oriente, facendone di questo sogno solo una mera utopia
mascherata da una solo apparente indipendenza riconosciutagli al caro prezzo della
possibilità, da parte delle potenze europee, di ingerirsi nelle questioni di politica interna
e esterna.

Di fatto, e in maniera innegabile, l’Europa soffocò i desideri autonomistici delle


popolazioni della regione privandole, per lungo tempo, del sacro diritto
dell’autodeterminazione dei popoli.

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Bibliografia e Sitografia
 Storia del Medio Oriente contemporaneo, Massimo Campanini, Il Mulino
febbraio 2020, VI edizione.
 Storia del Medio Oriente moderno, James L. Gelvin, Einaudi.
 http://www.sesamoitalia.it/
 www.ispionline.it
 www.ilgiornale.it
 www.limesonline.com

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