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Natura sensitiva e i giardini pensili, i paradisi

persiani e i paesaggi romani

Disegno di Vittorio Peretto

È una storia strana quella dei giardini, così effimera eppure così potente.
Quando nasce la storia dei giardini? Quale può essere considerato il primo? Che cosa vediamo
quando guardiamo il nostro giardino?
Al tempo dei grandi deserti
Il primo vero giardino nasce al tempo dei grandi deserti, in Mesopotania, afferma lo storico Pierre
Grimal.
Il valore del giardino, lì, aveva un vero senso di sopravvivenza, in quanto sinonimo nella realtà di
ombra, acqua e cibo.
Sono state le palme, acclimatate dopo enormi sforzi più di tremila anni fa, le madri dei nostri
giardini. Sono state le prime a permettere oasi e aree verdi perchè capaci di proteggere con la loro
ombra le altre piante, di rallentare il dissecamento, aiutare la condensa notturna.
Il primo documento che parla di giardini è infatti l’Epica di Gilgamesh, scritto in accadico (l’impero
accadico parte dal 2380 a.C). La storia racconta di un re guerriero che governa un regno di cui un
terzo è fatto solo di giardini e frutteti. Il re è amico del guardiano della foresta dei cedri, luogo sacro
e descritto con “Rami di cristallo nelle sabbie d’oro, in questo giardino immortale si erge l’Albero, con
corteccia d’oro e meraviglioso a vedersi”.
Inizia qui la visione di uno spazio esterno concluso, protetto e rappresentazione della perfezione.
Nei giardini dei re
Con lo spostamento dell’asse del potere babilonese verso nord e il cambiamento anche del clima di
riferimento, più adatto e più mite, i giardini diventano sempre più importanti. Nel regno assiro Re
Tiglath-pileser I (1115–1077 a.C.) racconta: “Ho portato via dalle terre che ho conquistato alberi che
non uno dei re, non uno dei nostri padri, ha conosciuto, questi alberi io ho portato via e piantati nella
mia stessa terra, nei parchi dell’Assiria, io ho piantato”  descrivendo questo parco come
l’antecedente dei giardini botanici e zoologici, ma senza l’atteggiamento scientifico che caratterizza
i moderni nella ricerca di piante e varietà.
Dopo di lui, il sovrano Ashurnasirpal (833–859 a. C.) celebra la città di Kalakh, ricostruita con
collezioni di piante e animali.
È in questa prospettiva che alla fine del VIII secolo a.C. Sargon II costruisce un giardino nella nuova
capitale Dur Sharroukin, la moderna Khorsabad: un immenso parco, copia dei monti
dell’Amanus (oggi i Monti Nur nel sud della Turchia) dove dispone una di fianco all’altra tutte le
aromatiche del sud dell’Anatolia e della Siria settentrionale. Conifere, cedri, cipressi, forse anche
platani e salici, mirto e tutte le varietà di alloro: simile a una grande riserva, ospita probabilmente
belve libere e selvaggina, destinate alla caccia reale.
Un secolo dopo il palazzo di Sargon, Nabucodonosor II costruisce i grandiosi Giardini Pensili di
Babilonia, (si è scoperto non da molto tempo che in realtà si trovavano a Ninive), nati, come dice la
leggenda, in onore di sua moglie Semiramide. I più famosi giardini della storia prendono vita,
sviluppati lungo i contrafforti della città, su terrazze sovrapposte, trasformate in piazze verdi
leggermente inclinate per consentire all’acqua di scorrere sempre più in basso. Raccolta poi in
ciotole con catene, viene ritrasportata verso i tini di impianto. L’eccesso di umidità è drenato da un
complicato sistema di canali sotterranei. Sono un’impresa talmente mastodontica che entrano nella
storia come una delle sette meraviglie del mondo.
Nonostate la loro fama, i Giardini pensili di Babilonia/Ninive non sembrano aver esercitato una
diretta influenza sui giardini del mondo mediterraneo. Con la decadenza di Babilonia, l’avvento del
regno Persiano e l’allontanamento dalla Mesopotamia a causa dei suoi deserti, i Giardini pensili
entrano nella leggenda.
Un loro lontano discendente, secondo Grimal, potrebbe essere considerato il giardino Barocco dei
Borromeo sull’Isola Bella, sulle rive del Lago Maggiore.
Nei giardini egiziani
I giardini egiziani hanno avuto ben altra influenza. Nascono in condizioni climatiche simili a quelle
del mondo assiro-babilonese, ma ben sette secoli prima del giardino di Saragon II e otto prima dei
Giardini di Semiramide. I giardini egiziani, secondo Turner, si dividono in cinque tipologie molto
diverse: frutteti e orti, piccoli giardini domestici, giardini di palazzo, giardini dei templi e giardini di
animali e piante.
I giardini di palazzo vivono su una struttura a scacchiera delimitata dai canali di irrigazione ed
ospitano frutteti e vigne, fichi e sicomori. Poi palme, cipressi, forse pioppi e gli arbusti spontanei
dell’Egitto come l’oleandro, abitati da ibis, fenicotteri e piccioni. A volte si trova un piccolo stagno
rettangolare che ospita piante acquatiche e uccelli, altre volte piccole piscine. In ogni caso la
presenza dell’acqua è fondamentale, quasi un’ossessione.
Se all’inizio giardini di questo tipo possono essere considerati un lusso per pochi, nel XVIII sec a. C.
la casa di ogni funzionario governativo ne ha uno.
I giardini domestici sono molto simili a quelli di palazzo ma più piccoli, con gatti, asini, viti e piante
da coltivare.
L’elemento caratterizzante è che i giardini privati e di palazzo egizi assomigliano per molti aspetti ai
nostri moderni giardini di campagna, in cui all’aspetto decorativo si unisce quello estetico. È in
questo modo che il giardino egiziano si presenta come uno dei modelli diretti di quello occidentale,
delimitato da mura, sviluppato in piano, irrigato da canali, rifugio della vita privata e ‘subordinato’
alla casa.
Nei paradisi persiani
Si hanno invece poche informazioni sui ‘paradisi’ persiani, ma estremamente importanti per la loro
influenza successiva.
La prima testimonianza è datata IV sec. a. C., quando Senofonte descrive quello di Ciro a Sardi.
Vaste distese di alberi crescono su un morbido prato verde, continuamente irrigato. Alberi da frutto
si accompagnano ad aromatiche in un’ispirazione che Pierre Grimal definisce ‘silvestre’:
rappresentazione della freschezza, della fecondità e della selvaticità della Natura, tant’è che alcune
zone rimangono riserva di caccia con animali liberi perchè il giardino possa mantenere anche la sua
anima selvatica. Da questo punto di vista sarebbero un po’ i padri del giardino all’inglese.
Padiglioni immersi tra melograni e ciliegi, posti di tiro per i cacciatori, chioschi tra Lilium e rose, con
rinfreschi o come riparo.
L’elemento caratteristico dei paradisi è la regolarità. La disposizione geometrica, ovvero la
suddivisione in quattro parti, rappresenta una visione mistica della natura molto antica (di cui non si
sanno però con precisione nè le origini, nè lo sviluppo temporale). Questa quadripartizione dello
spazio è tipica di una certa tradizione, soprattutto dell’Asia, per cui l’universo, il cosmo sarebbe
diviso da quattro fiumi. Al centro del crocevia un palazzo, un padiglione o una fontana.
I giardini persiani, spogliati dei loro significati profondi, hanno influenzato notevolmente la storia
successiva, l’estetica dei giardini del mondo mussulmano e gli stessi giardini ellenistici.

Nei giardini del mondo greco


Nel mondo greco la visione del giardino persiano è qualcosa di nuovo. I giardini greci sono in
primis spazi sacri, luoghi d’epifania della divinità, che dunque non hanno bisogno di essere belli e di
essere recintati, ma orizzonti di incredibile forza sacra. Il Tempio alla divinità viene costruito dopo,
come simbolo fisico di celebrazione di questa forza. Oppure sono orti o frutteti, privi di quella
magnificenza e artificialità del giardino persiano.
In parte anche il mondo greco assorbe attraverso i tiranni siciliani e i re successivi ad Alessandro, la
volontà di costruzione del giardino persiano, ma la sua essenza rimane lo spazio naturale che
circonda il tempio, non delimitato ma imperniato della divinità, oppure il luogo destinato alla
“soddisfazione dei piaceri naturali e necessari”, in un concetto simile che per noi è oggi l’orto.
Paesaggio e giardini romani
È il mondo romano ad assorbire tutte queste tendenze e a portarle a piena fioritura, con
un’espressione originale e nuova. Qui il giardino diventa il luogo dell’otium, del riposo nella propria
residenza di campagna, nelle vicinanze di Roma, sempre ripensata con nostalgia durante le guerre
vittoriose ai confini del mondo. Da una parte l’influenza greca rimane predominante, dall’altra viene
profondamente reinterpretata dai paradisi persiani. Il lusso dei paradisi viene conservato, anche se
ridimensionato all’interno di una visione più sobria: scultura, poesia e pittura ellenistica trovano
comunione, anche se svuotati di quella sacralità che il mondo greco ha come nota di continuo
sottofondo.
Per la pima volta si disegnano paesaggi: “Non ci si contenta più di predisporre simmetricamente gli
alberi, come nel paradiso di Sardi; si chiede alle piante, ai bacini, ai movimenti di terra, di prestarsi a
ricerche plastiche”.
Non è un caso che il giardiniere è Topiarius, ovvero paesaggista e la sua ars topiaria nasce da una
rivisitazione della pittura greca, in particolare i dipinti sulle lunghe passeggiate intorno ai muri
colonnati dell’architettura greca, che all’inizio rappresentano scene mitologiche, poi solo
semplici scenari. È in questo momento che nasce l’arte del paesaggio. I giardinieri romani, i neonati
paesaggisti non fanno che un piccolo salto: prendono un quadro e lo proiettano in tre dimensioni.
Nasce così l’idea di scolpire la natura per darle una forma, attraverso quello che poi sarà la
“potatura classica”.
Tra i nomi dei proprietari incisi nel bosso e figure di inseguimenti di caccia scolpite nel rosmarino o
nel mirto, i giardini romani diventano anche mondo incantato, con dietae, padiglioni in cui mangiare,
riposarsi, conversare e leggere, a volte a forma di torre egiziana, a volte circondate dall’acqua per
trasformarle in isola, dove galleggianti a forma di battelli o uccelli acquatici sostituiscono il vassoio
di servizio.
Il gusto delle presenza divina, che della sacralità greca fa sopravvivere solo l’evocazione attraverso
l’inserimento di statue, viene mischiato alla ricerca del magico orientale, alla presenza quasi
ossessiva dell’acqua per evocare un’atmosfera. I giardini romani non conoscono più le immense
prospettive ellenistiche, ma si fanno parcellizzati per servire un ambiente ben preciso della casa,
che a poco a poco si trasforma per poterli accogliere meglio.
Aceri, cipressi, pini e palme, bagolari, pioppi e querce, boschetti di varietà nane come i
chamaeplatani (platani nani) sono la flora di questa magia romana. E poi tassi, bossi, corbezzoli,
ginestre e rododendri, tutti i tipi di oleandro e alloro. L’acanto, l’edera, l’agrifogio e la pervinca
servono per ricoprire i piani e vivono vicino al capelvenere della roccia, vicino alle fontane. Tra
violette, anemoni, garofani, digitale, gliadioli e gelsomini, molte specie di gigli, iris, giacinti,
margherite, viole del pensiero, narcisi e trifogli, le collezioni di rose importate dalla Grecia e dall’Italia
meridionale, colonizzano l’attenzione e le palizzate. Dall’Asia ciliegi, limoni e aranci danno un tocco
esotico.
Tutto parla di meraviglia e stupore, e viene così facile immaginare Sileno o Dioniso spuntare da uno
di quegli antichi angoli magici.
Fonti:
“Garden History: Philosophy and Design 2000 BC – 2000 AD”. Tom Turner. (Taylor and Francis.
Edizione del Kindle)
“L’arte dei giardini. Una breve storia”. Pierre Grimal (Universale Economica Feltrinelli, 1974)

Naturaleza sensible y jardines


colgantes, paraísos persas y
paisajes romanos.

Dibujo de Vittorio Peretto


Es una historia extraña la de los jardines, tan efímera pero tan poderosa. 
¿Cuándo nace la historia de los jardines? ¿Cuál puede ser considerado el primero? ¿Qué vemos
cuando miramos nuestro jardín?
A la hora de los grandes desiertos.
El primer jardín real nació en el momento de los grandes desiertos, en Mesopotania, dice el
historiador Pierre Grimal. 
El valor del jardín, allí, tenía un verdadero sentido de supervivencia, como sinónimo de la realidad de
la sombra, el agua y la comida. 
Fueron las palmas, aclimatadas después de enormes esfuerzos hace más de tres mil años, las
madres de nuestros jardines. Fueron los primeros en permitir oasis y áreas verdes porque son
capaces de proteger a otras plantas con su sombra, reducir la disección y ayudar a la condensación
nocturna.
El primer documento que habla de jardines es, de hecho, la Epopeya de Gilgamesh,escrita en acadio
(el Imperio acadio comienza desde 2380 aC). La historia habla de un rey guerrero que gobierna un
reino del cual un tercero está hecho solo de jardines y huertos. El rey es un amigo del guardián del
bosque de cedros, un lugar sagrado descrito con "Ramas de cristal en las arenas doradas, en este
inmortal jardín se alza el árbol, con corteza dorada y maravilloso para la vista". 
Aquí comienza la visión de un espacio exterior cerrado y protegido y la representación de la
perfección.
En los jardines de los reyes.
Con el cambio del eje de poder babilónico hacia el norte y el cambio del clima de referencia más
adecuado y más suave, los jardines son cada vez más importantes. En el reino asirio, el rey Tiglath-
pileser I (1115-1077 aC) dice: "He quitado de las tierras que he conquistado árboles que ninguno de
los reyes, ninguno de nuestros padres, ha conocido, estos árboles que he quitado y plantado en el Mi
propia tierra, en los parques de Asiria, he plantado " describiendo este parque como el antecedente
de los jardines botánicos y zoológicos, pero sin la actitud científica que caracteriza a los modernos
en la búsqueda de plantas y variedades.
Después de él, el soberano Ashurnasirpal (833-859 aC) celebra la ciudad de Kalakh, reconstruida
con colecciones de plantas y animales. 
Desde esta perspectiva, a finales del siglo VIII aC, Sargon II construyó un jardín en la nueva capital,
Dur Sharroukin, el moderno Khorsabad: un inmenso parque, una copia de las montañas de
Amanus (hoy las montañas Nur en el sur de Turquía) donde lado a lado todos los aromáticos del
sur de Anatolia y el norte de Siria. Coníferas, cedros, cipreses, tal vez incluso plátanos y sauces,
mirto y todas las variedades de laurel: similar a una gran reserva, es probable que albergue
animales y caza libres, destinados a la caza real.
Un siglo después del palacio de Sargón, Nabucodonosor II construyó los grandiosos Jardines
Colgantes de Babilonia (se ha descubierto durante mucho tiempo que en realidad estaban en
Nínive), nacidos, como dice la leyenda, en honor a su esposa Semiramis. Los jardines más famosos
de la historia cobran vida, se desarrollaron a lo largo de las estribaciones de la ciudad, en terrazas
superpuestas, convertidas en cuadrados verdes ligeramente inclinados para permitir que el agua
fluya cada vez más abajo. Recolectada luego en cuencos con cadenas, se reexporta hacia las
cubas de la planta. El exceso de humedad es drenado por un sistema complicado de canales
subterráneos. Son una compañía tan gigantesca que entran en la historia como una de las siete
maravillas del mundo.
A pesar de su fama, los Jardines Colgantes de Babilonia / Nínive no parecen haber tenido una
influencia directa en los jardines del mundo mediterráneo. Con la decadencia de Babilonia, el
advenimiento del reino persa y el retiro de Mesopotamia debido a sus desiertos, los Jardines
Colgantes entran en la leyenda. 
Un descendiente lejano, según Grimal, podría considerarse el jardín Barocco dei Borromeo en Isola
Bella, a orillas del lago Maggiore.
En los jardines egipcios
Los jardines egipcios  han tenido otra influencia. Nacen en condiciones climáticas similares a las
del mundo asiria-babilónico, pero siete siglos antes del jardín de Saragon II y ocho antes de los
Jardines de Semiramis. Según Turner, los jardines egipcios se dividen en cinco tipos muy
diferentes: huertos y huertos, pequeños jardines domésticos, jardines de palacios, jardines de
templos y jardines de animales y plantas.
Los jardines del palacio viven en una estructura a cuadros bordeada por canales de irrigación y
albergan huertos y viñedos, higos y sicomoros. Luego palmas, cipreses, quizás álamos y los
arbustos espontáneos de Egipto como la adelfa, habitada por ibis, flamencos y palomas. A veces
hay un pequeño estanque rectangular que alberga plantas acuáticas y aves, otras veces pequeñas
piscinas. En cualquier caso, la presencia de agua es fundamental, casi una obsesión. 
Si al principio los jardines de este tipo pueden considerarse un lujo para unos pocos, en el siglo
XVIII a. C. la casa de cada funcionario del gobierno tiene uno. 
Los huertos domésticos son muy similares a los del palacio pero más pequeños, con gatos, burros,
enredaderas y plantas para crecer.
La característica distintiva es que los jardines privados y el palacio egipcios se parecen en muchos
aspectos a nuestros modernos jardines rurales, en los que el aspecto estético se une al aspecto
estético. De esta manera, el jardín egipcio se presenta como uno de los modelos directos del
occidental, limitado por muros, desarrollado en planta, irrigado por canales, refugio de vida privada
y "subordinado" a la casa.
En los paraísos persas.
Por otro lado, hay poca información sobre los 'paraísos' persas , pero extremadamente importante
para su influencia posterior. 
El primer testimonio está fechado en IV céntimo. a. C., cuando Senofonte describe la de Ciro a
Sardi. Vastas extensiones de árboles crecen en un césped verde suave, continuamente irrigado. Los
árboles frutales están acompañados de aromáticos en una inspiración que Pierre Grimal llama
'sylvan': representación de frescura, fertilidad y naturaleza salvaje, tanto que algunas áreas
permanecen en la reserva de caza con animales libres porque el jardín también puede mantenerse
su alma salvaje Desde este punto de vista serían un poco como los padres del jardín inglés.
Pabellones sumergidos en granadas y cerezos, lugares de caza para los cazadores, quioscos
entre Liliums y rosas, con refrescos o refugio. 
El elemento característico de los paraísos es la regularidad. La disposición geométrica, que es la
subdivisión en cuatro partes, representa una visión mística de naturaleza muy antigua (de la que no
sabemos, sin embargo, con precisión, ni los orígenes ni el desarrollo temporal). Esta cuadripartición
de espacio es típica de una cierta tradición, especialmente de Asia, por la cual el universo, el
cosmos se dividiría por cuatro ríos. En el centro del cruce hay un palacio, un pabellón o una fuente.
Los jardines persas, despojados de sus profundos significados, han influido enormemente en la
historia posterior, la estética de los jardines del mundo musulmán y los jardines helenísticos.

En los jardines del mundo griego.


En el mundo griego, la visión del jardín persa es algo nuevo. Los jardines griegos
son  principalmente espacios sagrados, lugares de epifanía de la divinidad, que por lo tanto no
necesitan ser hermosos ni cercados, sino horizontes de increíble fuerza sagrada. El Templo a la
deidad se construye más tarde, como un símbolo físico de celebración de esta fuerza. O son
huertos o huertos, sin la magnificencia y la artificialidad del jardín persa. 
En parte, también el mundo griego absorbe a través de los tiranos y reyes sicilianos después de
Alejandro, la voluntad de construir el jardín persa, pero su esencia sigue siendo el espacio natural
que rodea el templo, no delimitado sino que pivota de la divinidad.o el lugar para la "satisfacción de
los placeres naturales y necesarios", en un concepto similar que hoy es el huerto para nosotros.
Paisaje romano y jardines
Es el mundo romano el que absorbe todas estas tendencias y las lleva a la plena floración, con una
expresión original y nueva. Aquí el jardín se convierte en el lugar del otium, del resto en su
residencia de campo, cerca de Roma, siempre repensada con nostalgia durante las guerras
victoriosas en el borde del mundo. Por un lado, la influencia griega sigue siendo predominante, por
el otro, está profundamente reinterpretada por los paraísos persas. El lujo de los paraísos se
conserva, incluso si se reduce dentro de una visión más sobria: la escultura, la poesía y la pintura
helenística encuentran comunión, incluso si se vacían de lo sagrado que el mundo griego tiene
como una continua nota de fondo. 
Por primera vez, se dibujan paisajes :"Ya no estamos satisfechos con la organización simétrica de
árboles, como en el paraíso de Sardis;  Pedimos a las plantas, las cuencas, los movimientos de la
tierra, que se presten a la investigación plástica ".
No es casualidad que el jardinero es Topper, a saber, paisaje y su topiaria  proviene de una revisión
de la pintura griega, especialmente las pinturas en paseos por las paredes de las columnatas
arquitectura griega, que inicialmente representan escenas mitológicas, a continuación,
sólo escenarios simples . Es en este momento que nace el arte del paisaje . Los jardineros
romanos, los jardineros recién nacidos, solo hacen un pequeño salto: toman una fotografía y la
proyectan en tres dimensiones . Así nació la idea de esculpir la naturaleza para darle forma, a través
de lo que luego será la "poda clásica".
Entre los nombres de los propietarios grabados en la caja y las figuras de persecuciones de caza
talladas en romero o mirto, los jardines romanos también se convierten en un mundo encantado,
con  dieta , pabellones para comer, descansar, conversar y leer, a veces con la forma de una torre
egipcia. , a veces rodeados de agua para convertirlos en una isla, donde los flotadores en forma de
barcos o aves acuáticas reemplazan la bandeja de servicio. 
El sabor de la presencia divina, el de lo sagrado griego hace sobrevivir solo a la evocación a través
de la inserción de estatuas, se mezcla en busca de la magia oriental, a la presencia casi obsesiva
del agua para evocar una atmósfera. Los jardines romanos ya no conocen las inmensas
perspectivas helenísticas, pero están parceladas para servir un entorno bien definido de la casa,
que cambia gradualmente para adaptarse mejor a ellos.
Arces, cipreses, pinos y palmeras, baguettes, álamos y robles, arboledas de variedades enanas
como chamaeplatani (árboles enanos) son la flora de esta magia romana. Y luego las tasas, boj,
fresas, escobas y rododendros, todo tipo de adelfas y laureles. Acanthus, hiedra, agrifogio y bígaro
se utilizan para cubrir los pisos y viven cerca de la roca maidenhair, cerca de las fuentes. Entre
violetas, anémonas, claveles, digitalis, gliadioli y jazmín, muchas especies de azucenas, lirios,
jacintos, margaritas, mariquitas, narcisos y tréboles, colecciones de rosas importadas de Grecia y el
sur de Italia, colonizan la atención y Las empalizadas. Desde Asia, las cerezas, los limones y las
naranjas le dan un toque exótico.
Todo habla de maravilla y asombro, y es muy fácil imaginar a Sileno o Dionisio emergiendo de uno
de esos antiguos rincones mágicos.
Fuentes: 
"Historia del jardín: Filosofía y diseño 2000 aC - 2000 dC". Tom Turner. (Taylor y Francis, Edición
Kindle) 
"El arte de los jardines. Un cuento ". Pierre Grimal (Economía universal Feltrinelli, 1974)

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