È una storia strana quella dei giardini, così effimera eppure così potente.
Quando nasce la storia dei giardini? Quale può essere considerato il primo? Che cosa vediamo
quando guardiamo il nostro giardino?
Al tempo dei grandi deserti
Il primo vero giardino nasce al tempo dei grandi deserti, in Mesopotania, afferma lo storico Pierre
Grimal.
Il valore del giardino, lì, aveva un vero senso di sopravvivenza, in quanto sinonimo nella realtà di
ombra, acqua e cibo.
Sono state le palme, acclimatate dopo enormi sforzi più di tremila anni fa, le madri dei nostri
giardini. Sono state le prime a permettere oasi e aree verdi perchè capaci di proteggere con la loro
ombra le altre piante, di rallentare il dissecamento, aiutare la condensa notturna.
Il primo documento che parla di giardini è infatti l’Epica di Gilgamesh, scritto in accadico (l’impero
accadico parte dal 2380 a.C). La storia racconta di un re guerriero che governa un regno di cui un
terzo è fatto solo di giardini e frutteti. Il re è amico del guardiano della foresta dei cedri, luogo sacro
e descritto con “Rami di cristallo nelle sabbie d’oro, in questo giardino immortale si erge l’Albero, con
corteccia d’oro e meraviglioso a vedersi”.
Inizia qui la visione di uno spazio esterno concluso, protetto e rappresentazione della perfezione.
Nei giardini dei re
Con lo spostamento dell’asse del potere babilonese verso nord e il cambiamento anche del clima di
riferimento, più adatto e più mite, i giardini diventano sempre più importanti. Nel regno assiro Re
Tiglath-pileser I (1115–1077 a.C.) racconta: “Ho portato via dalle terre che ho conquistato alberi che
non uno dei re, non uno dei nostri padri, ha conosciuto, questi alberi io ho portato via e piantati nella
mia stessa terra, nei parchi dell’Assiria, io ho piantato” descrivendo questo parco come
l’antecedente dei giardini botanici e zoologici, ma senza l’atteggiamento scientifico che caratterizza
i moderni nella ricerca di piante e varietà.
Dopo di lui, il sovrano Ashurnasirpal (833–859 a. C.) celebra la città di Kalakh, ricostruita con
collezioni di piante e animali.
È in questa prospettiva che alla fine del VIII secolo a.C. Sargon II costruisce un giardino nella nuova
capitale Dur Sharroukin, la moderna Khorsabad: un immenso parco, copia dei monti
dell’Amanus (oggi i Monti Nur nel sud della Turchia) dove dispone una di fianco all’altra tutte le
aromatiche del sud dell’Anatolia e della Siria settentrionale. Conifere, cedri, cipressi, forse anche
platani e salici, mirto e tutte le varietà di alloro: simile a una grande riserva, ospita probabilmente
belve libere e selvaggina, destinate alla caccia reale.
Un secolo dopo il palazzo di Sargon, Nabucodonosor II costruisce i grandiosi Giardini Pensili di
Babilonia, (si è scoperto non da molto tempo che in realtà si trovavano a Ninive), nati, come dice la
leggenda, in onore di sua moglie Semiramide. I più famosi giardini della storia prendono vita,
sviluppati lungo i contrafforti della città, su terrazze sovrapposte, trasformate in piazze verdi
leggermente inclinate per consentire all’acqua di scorrere sempre più in basso. Raccolta poi in
ciotole con catene, viene ritrasportata verso i tini di impianto. L’eccesso di umidità è drenato da un
complicato sistema di canali sotterranei. Sono un’impresa talmente mastodontica che entrano nella
storia come una delle sette meraviglie del mondo.
Nonostate la loro fama, i Giardini pensili di Babilonia/Ninive non sembrano aver esercitato una
diretta influenza sui giardini del mondo mediterraneo. Con la decadenza di Babilonia, l’avvento del
regno Persiano e l’allontanamento dalla Mesopotamia a causa dei suoi deserti, i Giardini pensili
entrano nella leggenda.
Un loro lontano discendente, secondo Grimal, potrebbe essere considerato il giardino Barocco dei
Borromeo sull’Isola Bella, sulle rive del Lago Maggiore.
Nei giardini egiziani
I giardini egiziani hanno avuto ben altra influenza. Nascono in condizioni climatiche simili a quelle
del mondo assiro-babilonese, ma ben sette secoli prima del giardino di Saragon II e otto prima dei
Giardini di Semiramide. I giardini egiziani, secondo Turner, si dividono in cinque tipologie molto
diverse: frutteti e orti, piccoli giardini domestici, giardini di palazzo, giardini dei templi e giardini di
animali e piante.
I giardini di palazzo vivono su una struttura a scacchiera delimitata dai canali di irrigazione ed
ospitano frutteti e vigne, fichi e sicomori. Poi palme, cipressi, forse pioppi e gli arbusti spontanei
dell’Egitto come l’oleandro, abitati da ibis, fenicotteri e piccioni. A volte si trova un piccolo stagno
rettangolare che ospita piante acquatiche e uccelli, altre volte piccole piscine. In ogni caso la
presenza dell’acqua è fondamentale, quasi un’ossessione.
Se all’inizio giardini di questo tipo possono essere considerati un lusso per pochi, nel XVIII sec a. C.
la casa di ogni funzionario governativo ne ha uno.
I giardini domestici sono molto simili a quelli di palazzo ma più piccoli, con gatti, asini, viti e piante
da coltivare.
L’elemento caratterizzante è che i giardini privati e di palazzo egizi assomigliano per molti aspetti ai
nostri moderni giardini di campagna, in cui all’aspetto decorativo si unisce quello estetico. È in
questo modo che il giardino egiziano si presenta come uno dei modelli diretti di quello occidentale,
delimitato da mura, sviluppato in piano, irrigato da canali, rifugio della vita privata e ‘subordinato’
alla casa.
Nei paradisi persiani
Si hanno invece poche informazioni sui ‘paradisi’ persiani, ma estremamente importanti per la loro
influenza successiva.
La prima testimonianza è datata IV sec. a. C., quando Senofonte descrive quello di Ciro a Sardi.
Vaste distese di alberi crescono su un morbido prato verde, continuamente irrigato. Alberi da frutto
si accompagnano ad aromatiche in un’ispirazione che Pierre Grimal definisce ‘silvestre’:
rappresentazione della freschezza, della fecondità e della selvaticità della Natura, tant’è che alcune
zone rimangono riserva di caccia con animali liberi perchè il giardino possa mantenere anche la sua
anima selvatica. Da questo punto di vista sarebbero un po’ i padri del giardino all’inglese.
Padiglioni immersi tra melograni e ciliegi, posti di tiro per i cacciatori, chioschi tra Lilium e rose, con
rinfreschi o come riparo.
L’elemento caratteristico dei paradisi è la regolarità. La disposizione geometrica, ovvero la
suddivisione in quattro parti, rappresenta una visione mistica della natura molto antica (di cui non si
sanno però con precisione nè le origini, nè lo sviluppo temporale). Questa quadripartizione dello
spazio è tipica di una certa tradizione, soprattutto dell’Asia, per cui l’universo, il cosmo sarebbe
diviso da quattro fiumi. Al centro del crocevia un palazzo, un padiglione o una fontana.
I giardini persiani, spogliati dei loro significati profondi, hanno influenzato notevolmente la storia
successiva, l’estetica dei giardini del mondo mussulmano e gli stessi giardini ellenistici.