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Le lingue verbali, o lingue naturali, sono codici forniti di un significante

fonico-acustico prodotto da un apparato specifico e recepito dall’organo


uditivo. Sebbene numerose specie animali utilizzino codici basati
sull’emissione di suoni, le lingue verbali hanno caratteristiche tali da
renderlo unico. Le principali proprietà delle lingue verbali sono

Arbitrarietà
Le lingue verbali sono arbitrarie perché non c’è nessun vincolo naturale e
necessario tra significante e significato, a parte rari casi come per le
onomatopee. Ad esempio non ci sono particolari motivi per cui al
significato della parola “sedia” sia associato in italiano il significante S E
D I A, tant’è vero che in altre lingue allo stesso significato vengono
associati altri significanti.
L’arbitrarietà riguarda anche i rapporti tra un significante e gli altri
significanti e tra significati. Ogni lingua organizza una classificazione
dell’esperienza in quanto configura raggruppamenti di significati
associandoli a specifiche sequenze di suoni. Il criterio è arbitrario.
Questi raggruppamenti sono organizzati in base a classificatori dovuti
presumibilmente a credenze primitive.
L’arbitrarietà delle lingue verbali però è limitata, ci sono tracce iconiche
infatti come le onomatopee in cui viene rilevato un collegamento tra
significato e significante, oppure le parole composte in cui la seconda
parte è prevedibile. Il principale svantaggio dell’arbitrarietà è che
richiede uno studio complesso per imparare ad associare ogni significato
al suo significante, ma ha un vantaggio importantissimo, quello di poter
esprimere qualsiasi significato estendendo il vocabolario all’infinito, è
perciò più complesso ma più comodo.
L’arbitrarietà può essere assoluta o relativa in quanto esistono parole
totalmente immotivate ed altre parzialmente immotivate come osservò già
De Saussure. Esistono cioè tracce di iconicità costituite per esempio
appunto dalle onomatopee, dalle parole derivate o da quelle composte.
Anche a livello fonico esistono limitazioni all’arbitrarietà: nessuna lingua
può utilizzare un numero troppo esiguo di suoni per poter distinguere le
parole né parole con un numero di suoni eccessivo. Inoltre si è osservato
che nelle varie lingue alcuni suoni vengono associati universalmente a
certe sensazioni come la fluidità o la cupezza e di ciò si servono spesso i
poeti.
Il raddoppiamento di una parola a volte serve iconicamente per indicarne
una maggiore intensità o grandezza.

Doppia articolazione

Le lingue sono doppiamente articolate cioè possono essere analizzate,


segmentate almeno su due livelli; la loro organizzazione cioè è articolata
su due livelli diversi: la prima articolazione è basata sulle unità dotate di
significato, cioè i morfemi, la seconda sulle unità foniche in se’ prive di
significato, cioè i fonemi. Una parola come SALE può essere segmentata
ad un primo livello come SAL-E in cui i singoli morfi sono portatori di
significato, sia come S-A-L-E in cui invece i fonemi sono privi di
significato.

Asse sintagmatico e paradigmatico, l’ambiente sintagmatico

La linea su cui vengono disposti gli elementi linguistici è detta asse


sintagmatico, il magazzino di memoria da cui si selezionano gli elementi da
disporre sintagmaticamente è detto asse paradigmatico. L’asse
sintagmatico non si limita a ricevere elementi linguistici in forma fissa, ma
è attivo sugli elementi che entrano in combinazione e per ambiente
sintagmatico si intende la porzione di contesto che impone a
quell’elemento una forma specifica.

Ricorsività

Un codice è ricorsivo quando, una volta eseguita un’operazione, al suo


risultato può essere applicata la medesima operazione un numero illimitato
di volte: per esempio nell’enunciato “Quel ragazzo si chiama Luigi” può
essere inserita una relativa “Quel ragazzo, che hai conosciuto ieri, si
chiama Luigi”. La ricorsività ha luogo a livello di sintassi e permette la
creazione di enunciati sempre più estesi nei quali un nime può essere
sostituito da se stesso + una relativa oppure da se stesso + aggettivo (es:
“il bambino” diventa “il bambino allegro”)
Coesione

La coesione è il fenomeno per cui le lingue possono creare relazioni tra i


diversi elementi degli enunciati. Per esempio nella nota espressione
virgiliana “agnosco veteris vestigia flammae” le due desinenze di genitivo
singolare –is e –ae dicono che tali parole sono in relazione tra loro. Ciò
crea coesione espressa in questo caso tramite segnali morfologici. In
inglese invece la coesione è più spesso segnalata tramite l’ordine delle
parole; solitamente in prima posizione troviamo il soggetto, in terza il
complemento oggetto.

Citazione e de-citazione; narratività


Le lingue permettono di formulare enunciati che possono riportare al loro
interno altri enunciati emessi in un'altra occasione, o immaginati da
emettersi in futuro. Per esempio si può formulare un enunciato di questo
tipo: << Mario ha detto: -Giulio è molto simpatico->>. Questo fenomeno è
chiamato citazione. La de-citazione è invece la cancellazione virtuale di
una serie di elementi adoperati in precedenza e dell’emissione di una
nuova serie. Ad esempio <<Gli ha dato uno schiaffo o una carezza?>>
La capacità di citare e de-citare è tipica delle lingue verbali e permette la
narrazione. Le lingue verbali sono un codice narrativo.
La parte citata solitamente viene prodotta con un’intonazione diversa
perciò si può dire che narratività e citazione hanno effetti anche a livello
fonologico.

Contestualità
Molti enunciati acquistano senso solo se riferiti al contesto come anche
molti codici animali; tuttavia le lingue verbali sono contestuali sia
internamente che esternamente.
La contestualità interna si ha quando il significato dipende dal contesto
linguistico, ha senso cioè solo all’interno di altri enunciati, ad esempio <<io
no>> ha senso solo come risposta a qualche tipo di richiesta.
La contestualità esterna si ha quando ha significato rispetto ad un
contesto non linguistico riferito al mondo esterno, o perché designano il
mondo esterno, o perché lo richiamano come cornice indispensabile per
capire l’enunciato stesso.
Trasferibilità
Le lingue verbali utilizzano principalmente materiale fonico come
significante, e tale materiale può essere emesso con grande varietà di
realizzazioni per esempio urlando, sottovoce eccetere.
Addirittura la sostanza fonica può essere trasferita in un’altra sostanza
che non sia fonica, per esempio con simboli o numeri come avviene nelle
attività di codificazione a scopo di sicurezza. La stessa operazione
avviene anche nella scrittura, cioè si trasferisce la sostanza fonica in
sostanza grafica, e questa a sua volta può essere realizzata in molti modi.
L’operazione di trasferimento da una scrittura ad un’altra è chiamata
translitterazione.
Forzature
La forzatura è lo spostamento di un elemento da una categoria ad un’altra.
La trasposizione può essere di molti tipi per esempio a livello di categoria,
quando un aggettivo viene usato come nome per esempio, o a livello di
significato per esempio dire <<ho letto un libro>> o <<ho strappato un
libro>> comporta una forzatura del significato di “libro”, inteso come
oggetto fisico o come testo. Oppure il nome di una città può essere usato
per indicare il luogo fisico, la gente che ci vive, la tendenza politica della
sua gente, il suo clima eccetera (Parigi è una città antica, popolosa,
democratica e fredda).
Ciò consente una straordinaria flessibilità d’uso per adattarsi alle più
varie situazioni e talvolta per arricchire il vocabolario quando la forzatura
diventa stabile nell’uso.
Variabilità
Le lingue variano nello spazio e nel tempo, ma variano anche a seconda
della situazione comunicativa, cioè della persona con cui si parla e del
mezzo che si usa per comunicare, per esempio in forma scritta
solitamente si utilizza un registro più controllato.
Per quanto riguarda la variabilità nel tempo si parla di diacronia. I
cambiamenti diacronici nelle lingue sono moltissimi ed interessano tutti i
livelli della lingua; sono talmente rilevanti che si può addirittura parlare di
trasformazione di una lingua in un’altra come è avvenuto dal latino
all’italiano. La sincronia invece è un singolo stato nell’evoluzione della
lingua ed è perciò il contrario della diacronia.
La diatopia invece è il fenomeno per cui le lingue variano nello spazio, si
calcola infatti che nel pianeta siano parlate più di settemila lingue e che
per ognuna di esse esistano ulteriori varietà dialettali legate alla
geografia.

Famiglie e tipi linguistici

Le lingue possono essere classificate in base alle parentele che


presentano tra loro o ai tipi.
Le lingue che appartengono alla stessa famiglia presentano tratti in
comune con la lingua madre e tra di loro. Esistono poi rarissime lingue
dette isolate, che cioè per ora non sono ascrivibili a nessuna famiglia
linguistica come il Basco e l’Etrusco.
Le somiglianze linguistiche ci rivelano che alcune caratteristiche delle
lingue imparentate non sono cancellabili, malgrado tutti i cambiamenti
diacronici, tanto che una lingua può trasformarsi in un’altra, ma non
passare ad un’altra famiglia. Nonostante prestiti linguistici anche
numerosi l’italiano ad esempio non diventerà una lingua germanica come
l’inglese.
In base alla tipologia linguistica le lingue sono raggruppate a seconda delle
loro affinità strutturali. È interessante notare che nonostante le loro
diversità le strutture linguistiche sono relativamente poche, poiché
vengono utilizzate strategie per le varie funzioni che sono ricorrenti.

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