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Le proprietà del linguaggio

 Arbitrarietà
 Convenzionalità
 Iconicità
 Articolatezza
-Doppia articolazione
 Creatività
 Inderminatezza semantica
 Onniformatività semiotica
 Metalinguisticità
 Vaghezza ...

ARBITRARIETA’
 Arbitrarietà ‘debole’ o ‘verticale’
 Arbitrarietà ‘radicale’ o ‘orizzontale’
Si ha l’arbitrarietà quando non vi è alcun legame naturalmente motivato tra
significato e significante di un segno, questo non vuol dire che tra i due non vi sia
alcun legame ma che il legame che c’è è stabilito per convenzione e in tal senso
arbitrario.
È possibile stabilire quattro tipi di arbitrarietà della lingua:

- Tra segno e referente


È arbitrario il rapporto che c’è tra un elemento della realtà esterna e il segno
cui questo è associato per esempio tra l’oggetto sedia e il segno sedia
- Tra significato e significante
Il significante sedia come sequenza di lettere e suoni non ha nulla a che
vedere con il significato oggetto di arredamento che serve per sedersi
- Nell’organizzazione interna del significato
È arbitrario il rapporto tra forma ossia organizzazione interna e sostanza ossia
materia del significato. Ogni lingua ritaglia in un modo che le è proprio un
certo spazio di significato distinguendo e rendendo pertinenti una o più
entità. Esempio classico è quello dell’italiano bosco/legno/legna cui
corrisponde il francese bois e il tedesco Wald per bosco e Holz per
legno/legna
- Nell’organizzazione interna del significante
Ogni lingua organizza secondo i propri criteri la scelta dei suoni pertinenti
distinguendo in una certa maniera, eventuamente diversa da altre lingue, le
entità rilevanti della materia fonica.
Per esempio il tedesco Stadt = città con la a breve e Staadt = stato con la a
lunga sono due parole completamente diverse
Ritroviamo l’arbitrarietà in numerosi codici:
 Nei calcoli
 Nel linguaggio binario che codifica le informazioni che diamo a un computer, in
numerose segnaletiche
 Nei prefissi telefonici, non è motivato ad esempio né naturalmente, né
logicamente il rapporto fra /0577/ e «Siena»
 Nel cosiddetto linguaggio dei colori non è motivato né naturalmente, né
logicamente il rapporto fra /rosa/ e «femminilità».
 Nel linguaggio verbale umano
 Ecc.

L’arbitrarietà verticale o debole (considerata sufficiente da Aristotele) allude alla


supposta verticalità del meccanismo di rinvio. Esempio è l’utilizzo del rosa per le
femmine e dell’azzurro per il maschio. È collegata alla simbolicità , attraverso la
quale le lingue selezionano mezzi espressivi arbitrari, semplificati ma potenti perché
in grado di riferirsi a intere classi.

Arbitrarietà radicale:
Saussurre afferma che il linguaggio in generale non si può esaurire all’arbitrarità
verticale perché il linguaggio è più potente, pertanto introduce il concetto di
arbitrarietà radicale.
La parole, unione d’una concreta fonia e d’un concreto senso è sostanza, mentre ciò
che si attualizza nella parole e che serve a classificare la parole, ossia l’insieme dei
significanti e dei significati, la lingua, è da Saussure denominato e definito forma.
Principio di formatività del linguaggio:
Humboldt formula per primo questo principio. Per lui «il linguaggio è l’organo
formativo del pensiero. […] Ogni lingua traccia intorno al popolo cui appartiene un
cerchio da cui è possibile uscire solo passando, nel medesimo istante, nel cerchio di
un’altra lingua». La lingua funziona come «una specie di reticolo che noi gettiamo
sulla realtà, ‘ritagliando’ secondo il punto di vista della comunità parlante,
generando dunque non solo le forme foniche, ma anche i significati peculiari di
quella comunità. […] Il principio di formatività distrugge non solo l’idea del carattere
prelinguistico o alinguistico dei significati, ma anche quella della loro universalità.
Senza riferirsi a Humboldt, Saussure sviluppa il concetto di formatività in quello di
arbitrarietà radicale. L’arbitrarietà radicale ha a che fare col modo in cui le lingue
segmentano, sui due piani del loro funzionamento semiotico:
a) il materiale fonico (significante)
b) il materiale concettuale (significato)
Su entrambi i piani vengono proiettati dei limiti – una sorta di reticolo – che
determinano arbitrariamente l’identità e lo spazio reciproco dei suoni linguistici e
dei significati.

In sintesi, Saussure suggerisce che il nocciolo di una lingua verbale stia nella forma
(nel sistema di distinzioni, di pertinenze) che essa impone a (o proietta su) una data
sostanza o materia (fonica o significazionale). Si tratta quindi di un formare
arbitrario, dipendente da ragioni squisitamente storico-naturali che si esercita
autonomamente su tutti e due i piani del segno. Ecco perché questo tipo di
arbitrarietà è detta anche ‘orizzontale’. Il sistema di classificazione non è
determinato in modo universale (come sosteneva Aristotele) Ogni lingua ha il suo
sistema arbitrario di classificazione; I sistemi di classificazione dei locutori della
stessa lingua non coincidono necessariamente: soggetto individuale. L’arbitrarietà
radicale saussuriana appare uno sviluppo di una parte almeno della teoria di
Humboldt, e si offre come un dispositivo concettuale potente per spiegare e
tematizzare la diversità delle lingue. L’arbitrarietà radicale, nel momento in cui
illustra la reciproca inerenza di linguaggio e pensiero, rappresenta una definitiva
smentita del pretesto carattere convenzionale o strumentale del linguaggio. Inoltre,
tale principio appare estendibile a ogni linguaggio storico-naturale umano, in
particolare alle lingue segnate dei sordomuti che hanno potenzialità formative e
spinte differenziati analoghe a quelle della verbalità nei normoudenti.

Esempio:, [‘mite] e [‘mi:te] sono classificate in italiano come distinte manifestazioni


d’una stessa entità significante, che possiamo simboleggiare con /mite/, mentre in
tedesco sono classificate come distinte manifestazioni di due diverse entità, che
possiamo simboleggiare nella corrente grafia tedesca con Mitte «centro» e Miete
«fitto» oppure con /mite/ e /mi:te/

Approfondimento Arbitrarietà radicale: la nozione di PROTOTIPO


La nozione di prototipo (Gensini, 2004) L’applicazione delle categorie linguistiche
della nozione di ‘prototipo’ fu introdotta negli anni settanta dalla psicologa
statunitense Eleonor Rosch per spiegare in che modo categorizziamo (cioè
inquadriamo in schemi e differenziamo fra loro) gli oggetti. Secondo l’approccio
tradizionale alla teoria della conoscenza, un concetto si definirebbe tramite la
presenza o assenza di un tratto definitorio. Ad esempio un poligono è triangolo se
ha tre lati; non è un triangolo se ne ha quattro o cinque.
Secondo la nozione di prototipo In moltissimi settori dell’esperienza cognitiva
umana, il criterio per includere o no un dato oggetto nell’estensione di un concetto
non è di tipo binario (sì/no) MA di tipo graduale (più/meno).
Quindi i confini dei nostri concetti non sono rigidi, ma sfumati (fuzzy), plasticamente
disponibili a criteri di scelta (a pertinentizzazioni di tratti) che possono variare, e di
molto. ‘Prototipico’ è volta a volta il membro percepito come «più centrale» della
categoria, sul cui modello si orientano i giudizi di appartenenza. La categoria di
prototipo appare importante a fini linguistici, ad esempio, per illustrare i modi in cui
si delimitano e funzionano quelle classi astratte (concetti), definite da pertinenze, in
cui consistono, rispettivamente, i fonemi e i significati.
Wittgenstein: l’appartenenza di un’entità a un certo significato linguistico dipende
più da un criterio di «somiglianza di famiglia» che da una secca alternativa binaria.
Anche per significati di generi naturali (come sedia, veicolo, arma, ecc.) si potrà
osservare una gamma di risposte diverse che appaiono sensibili a fattori di tipo
culturale: - Frequenza dell’occorrere di certi oggetti in un dato ambiente - Ordine
temporale col quale essi sono stati conosciuti dai soggetti - Grado di
standardizzazione nell’uso che essi hanno conseguito nella società.
E’ solo nel caso di test su figure geometriche, che attivano schemi percettivi innati
(per cui una linea orizzontale o verticale apparirà più normale di una obliqua), che le
componenti specificamente naturali appaiono decisive. L’intreccio della dimensione
biologica con quella storicoculturale che abbiamo detto propria del linguaggio in
generale appare quindi confermato. Grazie alla nozione di fuzziness o
indeterminatezza dei confini, i significati linguistici ci si rivelino come entità insieme
stabili e mobili, collegate tutte fra loro nel sistema dell’esperienza culturale di una
società, in un tempo storico dato.
Il loro collegamento è dunque affidato a percorsi che possono variare a seconda dei
contesti e delle situazioni d’uso, con forze di contenimento legate a convenzioni
sociali, anch’esse sensibili a ruoli e pratiche comunicative diverse, ma stabilizzate da
saperi condivisi. Ciò che tiene insieme il sistema è il campo di forze stratificato e
complesso, caratterizzato tuttavia più dalla plasticità e dalle intersezioni (riferimento
alla società) che dagli elementi di rigidità (legati alla dimensione naturale e
biologica).
Per descrivere tale sistema si è soliti usare il concetto di ‘enciclopedia’, (vale a dire il
modello di un conoscere in cui ogni elemento è potenzialmente collegabile a ogni
altro), contrapponendolo a quello di ‘dizionario’ in cui le entità cognitive in gioco
sarebbero collegate fra loro da schemi deduttivi di derivazione e sarebbe impossibile
passare da una catena deduttiva all’altra. Dizionario sistema di tipo binario perché
sistema chiuso, enciclopedia sistema di tipo graduale

Arbitrarietà secondo Saussure


La lingua ritaglia secondo criteri arbitrariamente scelti il piano dell’espressione e il
piano del contenuto, generando significati e significanti.
Pertinentizzazione: ‘Significante’ e ‘significato’ si riferiscono a classi astratte e non a
eventi concreti. Si arriva alla costruzione di tali classi per convenzione. Attraverso
una dinamica sociale e storica che non risponde a una logica razionale, le comunità
parlanti selezionano certe caratteristiche, assunte come pertinenti per definire
queste classi. Questo processo di classe si chiama radicalmente arbitrario. Ad
esempio il fonema /t/ è definito da tre caratteristiche ( o tratti) pertinenti:
a) Articolato con un’occlusione del canale fonatorio
b) Articolato in modo apico-dentale (tocco degli incisivi superiori da parte dell’apice
della lingua)
c) Sordità (non richiede l’entrata in vibrazione delle corde vocali.
La congiunzione di tratti scelti fra quelli fisicamente possibili (sonorità/sordità, luogo
e modo di articolazione) non è naturale: è appunto arbitraria. Grazie alla sua sordità
il fonema /t/ si distingue da /d/, che è sonoro e quindi possiamo distinguere parole
come tetto e detto.
La pertinentizzazione è l’atto necessario per distinguere fra loro suoni e sensi: essa
consiste nella capacità di stabilire identità e differenze in base a tratti arbitrari. Tale
capacità non è, di per sé, linguistica: è una capacità cognitiva più astratta di cui i
viventi hanno necessità per sopravvivere.

Convenzionalità
Viene spesso confusa con l’arbitrarietà verticale. Convenzionalità e arbitrarietà
verticale sono due fenomeni distinti che possono in certi casi, e magari spesso,
presentarsi assieme nello stesso tipo di codici. Per convenzionalità si intende
l’attribuzione volontaria, socialmente stipulata di un certo significante a un certo
significato o viceversa. Principio semiotico di straordinaria importanza tecnica,
indicatore di infinite conseguenze sociali, culturali e politiche.
Alcuni esempi: linguaggio verbale
- Necessità di rendere esplicito e formalmente definito il significato dei termini usati
in transazioni sociali:
 contratti privati
 leggi
 accordi sindacali
 trattati internazionali

Esempio: le arti letterarie, visive o plastiche contengono elementi indubbi di


convenzionalità. Il sistema di norme che regolano i cosiddetti ‘generi letterari’ ci
consentono di riconoscere, volta a volta, un’opera come una lirica, un romanzo
(storico, epistolare, giallo, ecc.), una pièce teatrale, ecc.
-Figure stilizzate di un uomo e una donna (toilette)

- La parte iniziale di ogni trattazione giuridica contiene la definizione dei termini che
avranno corso nel testo con valore costante
Altro esempio:
Ricerca scientifica dipende in larga misura dalla possibilità di convenire sull’uso dei
termini:
Certezze in ordine alla comunicazione di certi concetti fra la comunità e il pubblico
dei potenziali lettori Chiarire e fissare tali concetti dal punto di vista squisitamente
tecnico.
Convenzione metalinguistica:
o Delimitare rigorosamente il valore delle parole utilizzate (distinguendo il
senso tecnico da quello rivestito nell’uso comune)
o Non esagerare nei tecnicismi per non rendere il discorso scientifico troppo
astratto e distante dalla lingua comune
Il meccanismo della convenzionalità si applica in toto a diversi altri settori: linguaggi
di calcolo e ogni tipo di lingua formalizzata: simbologie chimica e geometria;
linguaggio medico; Segnaletiche; Simbologie che regolano l’erogazione di certi
servizi (alberghi, ristoranti, autobus, ecc).
Il meccanismo delle convenzioni si estende in modo assai stratificato all’interno dei
generi e dei relativi sottogeneri, consentendo una rapidissima identificazione. La
conoscenza di convenzioni fa parte della complessa ‘enciclopedia’ che organizza, in
modo plastico e aperto, l’esperienza e il sapere di ciascuno di noi. Al crescere della
capacità di movimento nello spazio del sapere socialmente condiviso, una persona
può essere in grado di cogliere convenzioni più sottili, fino a identificare complesse
intenzioni espressive.
Benevento: segni ai citofoni “segni stabili, segni convenzionali, cioè riconducibili ad
un vero e proprio programma messo in atto da persone dedite alla commissione di
furti in abitazioni”.
Indipendentemente dal fatto che il segno abbia caratteri di arbitrarietà, esso può
essere stato stipulato convenzionalmente. -Figure stilizzate di un uomo e una donna
(toilette). Le due figure sono più iconiche che arbitrarie, giacché vi è un elemento di
motivatezza naturale, in questo caso di somiglianza fisica, tra le forme e i rispettivi
referenti.
Tuttavia, il ‘cuore’ della lingua, fatto di poche migliaia di parole di uso comune e di
altissima ‘dispersione’ (cioè applicabili ai settori più diversi dell’esperienza), proprio
perché esposto alla continua torsione della pratica comunicativa, non può essere
soggetto a convenzione.
Nelle lingue, si ha a che fare con stati mutevoli di equilibrio fra parti convenzionate
di uso e (molte più) parti liberamente fluttuanti: dove l’argine all’arbitrio meramente
individuale è fissato dall’esigenza, che o
gni parlante spontaneamente avverte, di farsi capire e di essere effettivamente
capito.

Iconicità
Trasmette l’idea che i segni catturano in modo non arbitrario caratteri della realtà.
Peirce avanza in proposito due distinte posizioni. Da una parte sostiene che vi sono
tipi diversi di segni: ‘icone’, ‘indici’ e ‘simboli.
‘icone’: caratterizzate dall’avere qualche qualità in comune con gli oggetti cui si
riferiscono (il loro tratto distintivo sarebbe dunque la similarità).
‘indici’: caratterizzati dalla contiguità fisica con l’oggetto.
‘simboli’: che giungono a rapportarsi al loro oggetto per convenzione, ad esempio le
parole.

ICONE: il significante somiglia in qualche modo a ciò che il segno indica. Design
al’oggetto nei suoi caratteri propri. Ha un rapporto di somiglianza con la realtà
denotata. Motivate naturalmente/intenzionali come le carte geografiche e le
mappe
SIMOBOLI: solo se il rapporto significante/significato avviene secondo convenzioni.
Motivati culturalmente/ intenzionali, ad esempio il fatto che per noi il colore nero
indichi il lutto
INDICI: rapporto di continuità spaziale (banderuola del vento indica direzione del
vento) motivati naturalmente/ non intenzionali ad esempio lo sbadiglio volontario
che è sinonimo di noia.

si può parlare di iconicità in numerosi casi: segnaletiche arti figurative Fotografia


Anche le metafore potrebbero essere dette iconiche in quanto sono materiate di
immagini che sembrano volere e riuscire a vincere l’opacità delle parole

Dall’altra parte, però, Peirce fa capire che ogni segno in effetti è un po’ un icona, un
po’ indice e un po’ simbolo, propendendo a seconda dei casi, verso l’una o l’altra di
queste possibili polarità. Infine secondo Peirce, l’iconicità non si risolve in un dato
visivo (cui pure potrebbe fare pensare il nome, derivante dal greco eikon
“immagine”. Accanto alle immagini, Peirce elenca anche diagrammi e metafore
come esempi di iconicità. Per Sebeok (seguace di Peirce): l’icona può essere un
dipinto, una formula algebrica (perché esprime le relazioni degli enti cui si riferisce)
o qualcuna delle specie animali che fanno uso di segnali iconici: segnale di allarme di
alcuni animali che liberano feromone (segnale chimico) in quantità proporzionale
alla persistenza del pericolo.
Per analogia, si può parlare di iconicità in numerosi casi: segnaletiche arti
figurative Fotografia Ecc.
Anche le metafore potrebbero essere dette iconiche in quanto sono materiate di
immagini che sembrano volere e riuscire a vincere l’opacità delle parole.
Quindi …
1. Se l’iconicità vuol alludere a un rapporto non arbitrario fra significante e
significato, converrà non limitare la sua definizione alla similarità e distinguere
piuttosto fra iconicità come motivatezza naturale (di cui la similarità è un
esempio, ma non l’unico) e la motivatezza logica. Inoltre..
2. Sembra difficile opporre drasticamente iconicità e arbitrarietà. Superato
l’equivoco della similarità, ci si rende conto che in effetti i codici lasciano
oscillare i loro segni fra un polo di massima arbitrarietà e uno di massima
iconicità, senza mai potersi appiattire su alcuno dei due. E anche per questo
motivo..
3. La nozione di iconicità viene guardata con diffidenza dai linguistici. Già
Saussure aveva invitato a non dare troppo peso ai fenomeni di onomatopea,
osservando che:
a) essi non sono in alcun modo universali (come dovrebbero, se fossero
realmente motivati);
b) essi hanno un peso del tutto trascurabile nell’economia delle lingue.arb
L’iconicità non risolve il problema dell’arbitrarietà.

Indeterminatezza semantica
1. Si riferisce al fatto che i significati dei segni linguistici non sono precisamente
definibili e formalmente ricostruibili, ma, al contrario costituiscono un’area aperta ai
sensi differentemente configurata nei diversi utenti e nelle diverse situazioni
comunicative.
2. La considerazione della dimensione sociale della lingua fa sì che la lingua sia uno
strumento che costantemente si modifica e si adatta alle esigenze della
comunicazione.
3. A seconda delle caratteristiche socioculturali degli interlocutori, delle intenzioni,
del contesto e del canale della comunicazione i significati sono modificabili e
estensibili. Esempio: tradurre il silenzio e la rabbia.
4. Sarà sempre possibile trovare una nuova e diversa sfumatura di significato e con
ciò ampliare i confini della sua conformazione; sarà sempre possibile assegnare
un’interpretazione diversa a un significato e con ciò contribuire ad approfondire la
sua struttura interna Esempio: nuove interpretazioni dopo la lettura di un romanzo.
5. Il significato del segno viene identificato con l’uso che ne fa: apertura e
indeterminatezza; potenziale infinita apertura della lingua.
6. Due diversi modi:
a) Significato (senso) di un segno linguistico è determinato dal contesto testuale
(dal co-testo), cioè da
tutti gli altri elementi linguistici che costituiscono il testo;
b) Significato è determinato dal contesto extralinguistico di comunicazione: utenti,
scopi, canali ecc. Tali
elementi rendono non calcolabile il valore di un segno e ne fondano l’indefinita
apertura: variazione
imprevedibili alle radici del senso.

Strappata al suo co-testo verbale e al suo contesto [insieme di circostanze


(linguistiche o extra-linguistiche) in cui si verifica un atto comunicativo] situazionale
e fatta ascoltare fuori contesto a uditori della stessa lingua, una sequenza sillabica
anche ampia risulta inidentificabile.

Esempio lo striscione: «SIETE PIU INUTILI DELLE BICICLETTE ATM!»

Onniformatività semiotica
1. O.S.: il fatto che il linguaggio verbale, grazie alle sue caratteristiche di apertura e
di flessibilità semantica, sia in grado di dare una propria forma e identità a qualsiasi
esperienza, ed è capace di assumere come proprio oggetto ogni qualsiasi possibile
contenuto di esperienza
2. Qualsiasi espressione di un codice non linguistico può trovare una riformulazione
in un’espressione del linguaggio verbale: preminenza del linguaggio verbale
Esempio: La capacità di dare forma a ciò che ci circonda, ad esempio nel caso dello
scrittore che osserva un paesaggio e lo descrive nei suoi scritti, lo stesso concetto
può essere rappresentato in modo diverso a seconda delle risorse che abbiamo a
disposizione

Creatività linguistica , proprietà fondamentale del linguaggio verbale umano, un


codice è creativo quando ha la capacità di modificare le sue caratteristiche iniziali
1. Creatività regolare (nei termini di Chomsky, rulegoverned creativity o
‘generatività’, generativity) E’ la proprietà per cui un codice può arricchire in
modo illimitato il suo inventario di segni applicando senza modificare le regole
di formazione-combinazione di cui dispone. Humboldt: « le lingue possono
fare uso infinito di mezzi finiti.
Consiste nel fatto che a partire da un ristretto numero di elementi e di regole
e mediante l’applicazione delle regole usate per combinare gli elementi, è
possibile produrre un numero potenzialmente infinito e illimitato di enunciati.
Porta alla produzione di nuovi enunciati e testi prima mai prodotti rispettando
le regole
Esempio (grammaticali, fonetiche, semantiche, pragmatiche) sfruttando i
meccanismi sistematici della lingua.

2. Creatività non regolare: implica la possibilità di utilizzare i segni linguistici in


maniera difforme dalle regole del sistema e di fare ugualmente funzionare la
comunicazione (se non, di renderla ancora più efficace) o di modificare
addirittura le regole nel farsi stesso della comunicazione. Creatività fattore
tanto di deviazione quanto di rinnovamento delle regole.
Esempio volantino esame: Metti una tigre nel motore, la tigre faceva
riferimento alla benzina

3. Creatività di regole: essa consiste nella possibilità di riformare interi pezzi del
codice aggiungendo o togliendo regole, senza che questo cessi di funzionare;
si riferisce all’enorme plasticità del codice verbale. Esempio: il connettivo che
(polivalente), tratto da Gensini (2002)
a) Domani è il giorno che ho lezione
b) Ti presento Mario, il ragazzo che studiamo insieme
c) Prendimi la valigia che ci ho messo i libri
d) Natale: si celebra la nascita di Gesù, che gli uomini hanno la gioia del cuore.

Doppia articolazione
Questa prerogativa del linguaggio presenta un grande ‘vantaggio semiotico’ nella
misura in cui permette di comporre una quantità molto elevata di enunciati a partire
da un numero relativamente piccolo di unità minime. In tutte le lingue, infatti, sono
sufficienti una trentina di fonemi perché "con il loro raggrupparsi e ordinarsi" in
svariate combinazioni si riesca a individuare e differenziare un numero enorme di
parole (De Mauro, 2002: 55).
Ogni enunciato linguistico presenta due livelli di organizzazione:
Prima articolazione: Monema/Morfema unità minime che sono ancora dotate di
significato; sono i più piccoli costituenti muniti di senso che compongono le frasi o le
parole. Esempio: Ricomprare > ri- (prefisso), compr- (lessema), -are (desinenza
verbale) libro > libr- monema lessicale; -o monema grammaticale.
Seconda articolazione: Fonema Unità minime formate da unità foniche non dotate
di significato e non ulteriormente scomponibili. Possiedono unicamente un valore
distintivo. Esempio: nella parola gatto, il significante /gatto/ è analizzabile nei
fonemi seguenti: g, a, t (due occorrenze), o.

Lingua storico-naturale: una delle possibili realizzazioni del linguaggio umano,


specifica di una comunità. “Le lingue umane sono dette anche, secondo la
formulazione del filosofo tedesco Wilhelm von Humboldt, lingue storiconaturali: a)
da un lato sono apprese in modo naturale e spontaneo, b) dall’altro sono il prodotto
di un’evoluzione attraverso il tempo e sono strettamente legate alla comunità
linguistica che le usa.”
I loro segni sono caratterizzati da:
- Vocalità / uditività i segni linguistici sono trasmessi attraverso la voce, e
dunque possono sfruttare la diversa modulazione che la voce stessa consente
di fare e sono recepiti, nella loro diversità di modulazione, tramite l’udito.
Queste due proprietà sono presenti in altri codici, ad esempio nel linguaggio
di certi mammiferi superiori.
Queste proprietà non sono presenti necessariamente nelle lingue infatti la
trasmissione e la ricezione dei segni linguistici può avvenire anche attraverso la
scrittura e la lettura DUNQUE: vocalità ed uditività non possono dirsi proprietà
specie-specifiche
- Indicatività / semanticità
i segni linguistici mostrano, indicano una qualche realtà, un qualche stato di cose
e nel loro indicare veicolano significato, offrono cioè senso a quel determinato
stato di cose, a quella determinata realtà.
Tali proprietà sono presenti in altri codici ad esempio il cane poliziotto DUNQUE:
indicatività e semanticità non possono dirsi proprietà specie-specifiche
- Articolatezza
La proprietà dell’articolatezza riguarda il fatto che la parte significante del segno
(con precise conseguenze al livello del significato) può risultare dalla
combinazione di segmenti più piccoli. Numerosi sono i codici provvisti di
articolatezza del segnale. Solo codici elementari come le spie luminose non
hanno tali proprietà. Già un erogatore di caffè di solito accetta comandi articolati
(ad esempio combinazione di tre tasti può significare ‘caffè’ + ‘lungo’ + ‘senza
zucchero ’.
Articolatezza (segmentabilità, combinatorietà, sintatticità) Si tratta di una
proprietà presente in altri codici? Sì, ad esempio nei calcoli aritmetici, Es. #4# +
#5# + #1# = #10# ma anche #5# + #4#+ #1# = #10# Si tratta di una proprietà
presente necessariamente nelle lingue? No, come dimostrano le interiezioni: Ahi!
Ehi! DUNQUE: l’articolatezza non può dirsi proprietà specie-specifica.

- Ridondanza
La ridondanza rappresenta una sorta di sovrabbondanza, che riguarda i segni
e le parti di cui i segni sono composti. Nelle lingue verbali, la ridondanza può
essere di diverso tipo:
- lessicale: diversi segni veicolano lo stesso significato o significato simile
#casa# #abitazione# #dimora#
Nelle lingue verbali, la ridondanza può essere di diverso tipo:
- morfologica: nelle frasi. Le scarpette rosse delle allegre ballerine sono belle il
fatto che #scarpette# sia femminile e plurale viene ripetuto ben 3 volte (le,
rosse, belle).
- fonetica: l’italiano ha 30 fonemi, ed in teoria per distinguere i segni che
compongono questa lingua potremmo aver bisogno anche di un numero più
ridotto, dai significanti più brevi. Ma senza la ridondanza, è difficile
distinguere chiaramente un segno dall’altro, ad esempio in una situazione
particolarmente rumorosa.
La vaghezza
Tale proprietà fa sì che significato e significante di ciascun segno linguistico siano
degli insiemi aperti, continuamente ampliabili o restringibili, di sensi e di espressioni.
Ciascun segno non circoscrive dunque con precisione una classe di espressioni
indicanti i sensi di una classe circoscritta con altrettanta precisione, ma è lo
strumento di un’attività allusiva (vaga), di un gioco che conduce alla messa in
relazione di espressioni tra loro assimilabili e un gruppo di sensi (De Mauro 1982). Là
dove c’è vaghezza, dove c’è permanente disponibilità all’innovazione, c’è anche la
necessità di un rinnovarsi continuo dell’intesa tra gli utenti del codice all’atto della
produzione e ricezione di ogni realizzazione segnica, con quell’atteggiamento
reciproco tra utenti produttori e ricettori che è stato detto opportunamente
tolerance upon the field. Una stessa espressione può essere trasmessa oralmente e
per scritto in modo assai diverso.

Vaghezza del significato: un numero assai consistente di segni linguistici è dotato di


significati vaghi che possono e potranno in modo potenzialmente infinito allargarsi
alla trasmissione di nuovi sensi. Il cambiamento della semantica di molte parole nel
tempo, il loro svuotamento di significato, la loro risemantizzazione sono tutti effetti
dell’azione della vaghezza.
Esempio: qualcuno ci chiede Stai bene? E noi rispondiamo Bene!, tuttavia grazie al
nostro tono di voce e alla gestualità possiamo far intendere tutt’altro

Vaghezza del significante: Uno stesso segno linguistico, una stessa espressione può
essere trasmessa oralmente e per iscritto in modo assai diverso generando quindi
sensi diversi.
Esempio: Quando si hanno disturbi nella comunicazione (interferenze telefoniche)

Queste caratteristiche rendono la vaghezza condizione della creatività non regolare

Non è una proprietà necessariamente presente nelle lingue, perché esistono


porzioni di lingua che presentano gradi di vaghezza molto ridotta, quasi nulla (es.
segni che non ammettono sinonimia). Triplice fischio arbitro calcio, linguaggio della
certezza.
Si tratta di una proprietà presente in altri codici come nel linguaggio dei gesti, nelle
lingue segnate.

La creatività non regolare rappresenta la possibilità di far funzionare i meccanismi


semiotici di costituzione del senso pur violando le regole ‘normali’ del codice o
cambiandole nel farsi stesso della comunicazione. Tale creatività fa riferimento a
fenomeni che certo suggeriscono, a partire dal piano delle relazioni tra i segni,
instabilità; fenomeni resi in ultima istanza possibili proprio dal fatto che la lingua è
un codice intrinsecamente vago.

Tuttavia se vaghezza e creatività non regolare dominassero le lingue, Il rischio


sarebbe quello dell’incomprensione!

Entra quindi in scena la grammaticalità


La grammaticalità è quell’apparato che consente di ancorare i contenuti espressi da
parole e frasi al qui ed ora, ma anche ad un altro tempo e ad un altro luogo; Si tratta
di un argine che solo le lingue possiedono?
ES: # Domani qui si terrà una conferenza #
domani orienta verso un futuro prossimo, qui orienta verso una dimensione vicina
nello spazio. Gli apparati grammaticali (come desinenze, pronomi, deissi, elementi
cataforici e anaforici ecc.) aiutano ad orientare la comunicazione rendendo più
esplicito il rapporto tra il segno e i contesti situazionali e il segno con le porzioni di
testo che lo precedono o lo seguono (cotesto). Ex. pronome oggetto la Abbiamo solo
una mela. Marco la mangerà a cena.

Indipendentemente dalla presenza della componente metalinguistica, la


grammaticalità è insita nell’uso stesso di una qualunque lingua. Essa comprende
l’intero repertorio di morfi e regole di combinazione dei morfi grammaticali. Essa
svolge una molteplicità di funzioni: - Funzione semantica: concorre in modo
rilevante alla determinazione semantica dei morfi lessicali - Funzione sintattica:
conferisce coerenza a parole e sintagmi nella frase e delle frasi nei testi - Funzione
pragmatica o comunicativa: orienta il contenuto proposizionale rispetto alla
situazione di enunciazione, inclusi in essa gli interlocutori - Ecc.

La grammaticalità, come la metalinguisticità, è irrinunciabile nel linguaggio. Può


essere non insegnata, non lo è stata per centinaia di migliaia di anni per la
stragrande maggioranza delle lingue. Pur nella loro estrema diversità da lingua a
lingua gli elementi grammaticali offrono appigli per la comprensione, consentono di
riconoscere già nella forma del segno alcuni benchmarks, cioè parametri di
riferimento utili al processo di comprensione.

La grammaticalità è sufficiente per assicurare il buon esito della comunicazione?


# Una vecchia legge la regola #
# UNA VECCHIA PORTA LA SBARRA #. Sequenze perfettamente grammaticali e
tuttavia ampiamente ambigue.
Ma non ci sono solo queste frasi trabocchetto: la necessità di esplicitare o chiedere
che sia reso più esplicito il contenuto si pone ad ogni passo della nostra vita
linguistica (De Mauro, 2002).
Metalinguisticità
Un codice possiede la proprietà della metalinguisticità se può usare i suoi segni per
parlare di se stesso. Le lingue fanno continuo appello a tale proprietà per
disciplinare l’uso delle parole in vista di usi tecnici, formali o al limite formalizzati
(quando, cioè, il loro significato, per evitare ogni ambiguità, deve essere deducibile
solo dai termini stessi, senza alcun ricorso al contesto d’uso): Esempi: manuali
scolastici e universitari; libretti di istruzione, … che fanno ampio uso al
‘metalinguaggio’.
Nella vita quotidiana, riferimenti a segnali linguistici (per migliorare la
comprensione, per verificarne la tenuta, per trovare punti d’accordo, ecc. Esempi: -
«Non ho capito che cosa intende dire?» - «La parola core è una variante antiquata di
cuore» - «Badi alle parole che adopera! Potrei denunciarla»

Metalinguisticità riflessiva cioè la possibilità di prendere a oggetto le parole stesse


che si stanno pronunciando o scrivendo, consente di manipolare in modo pressoché
illimitato la sfera semantica, patteggiando, dilatando o restringendo il valore dei
termini in relazione alle condizioni di uso nel concreto dello scambio comunicativo.
In questo senso, la metalinguisticità fa tutt’uno con l’indeterminatezza semantica.
Diversamente da altri ambiti di realtà e diversamente da altre semiotiche, compresi i
linguaggi logico-matematici e i calcoli, nell’empeirìa del parlare, è presente e
costitutivamente operante una componente di riflessività. Questa componente
riflessiva è una proprietà dell’uso corrente delle lingue da cui i linguaggi formali
devono invece guardarsi (De Mauro, 2010).
Nel realizzare enunciati e nel capirli ci rifacciamo a frasi che ne sono il modello
astratto. Queste frasi includono: - Fenomeni del tutto estemporanei di
autocorrezione «il tigre, no la tigre» - Precisazione, «mi riferisco a …» - Richiesta di
precisazione: «in che senso…?» - Commento: «A mio avviso…» - Ecc.

L’uso linguistico metariflessivo (epilinguistico) di parole e frasi permette di nominare


appunto parole e frasi che proferiamo o ascoltiamo, di citarle e poterne discutere
forma e senso, interrogandoci e facendoci interrogare, spiegandoci e chiedendo
spiegazioni.
# Può ripetere? #
# Non ho capito, può spiegarmelo nuovamente? #

L’uso linguistico metariflessivo consente di rideterminare e definire in modo univoco


l’area degli usi della parola: Contesto e cotesto
Si tratta di un argine che solo le lingue possiedono? Sì!
Si tratta di una proprietà presente necessariamente nelle lingue? Dove la creatività
non regolare crea il rischio di opacità e di non comprensione, la metalinguisticità
riflessiva ci permette di dare e chiedere spiegazioni, di fare ed ottenere chiarezza, di
ripristinare il processo di comprensione e dialogo (De Mauro, 2002).

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