Arbitrarietà
Convenzionalità
Iconicità
Articolatezza
-Doppia articolazione
Creatività
Inderminatezza semantica
Onniformatività semiotica
Metalinguisticità
Vaghezza ...
ARBITRARIETA’
Arbitrarietà ‘debole’ o ‘verticale’
Arbitrarietà ‘radicale’ o ‘orizzontale’
Si ha l’arbitrarietà quando non vi è alcun legame naturalmente motivato tra
significato e significante di un segno, questo non vuol dire che tra i due non vi sia
alcun legame ma che il legame che c’è è stabilito per convenzione e in tal senso
arbitrario.
È possibile stabilire quattro tipi di arbitrarietà della lingua:
Arbitrarietà radicale:
Saussurre afferma che il linguaggio in generale non si può esaurire all’arbitrarità
verticale perché il linguaggio è più potente, pertanto introduce il concetto di
arbitrarietà radicale.
La parole, unione d’una concreta fonia e d’un concreto senso è sostanza, mentre ciò
che si attualizza nella parole e che serve a classificare la parole, ossia l’insieme dei
significanti e dei significati, la lingua, è da Saussure denominato e definito forma.
Principio di formatività del linguaggio:
Humboldt formula per primo questo principio. Per lui «il linguaggio è l’organo
formativo del pensiero. […] Ogni lingua traccia intorno al popolo cui appartiene un
cerchio da cui è possibile uscire solo passando, nel medesimo istante, nel cerchio di
un’altra lingua». La lingua funziona come «una specie di reticolo che noi gettiamo
sulla realtà, ‘ritagliando’ secondo il punto di vista della comunità parlante,
generando dunque non solo le forme foniche, ma anche i significati peculiari di
quella comunità. […] Il principio di formatività distrugge non solo l’idea del carattere
prelinguistico o alinguistico dei significati, ma anche quella della loro universalità.
Senza riferirsi a Humboldt, Saussure sviluppa il concetto di formatività in quello di
arbitrarietà radicale. L’arbitrarietà radicale ha a che fare col modo in cui le lingue
segmentano, sui due piani del loro funzionamento semiotico:
a) il materiale fonico (significante)
b) il materiale concettuale (significato)
Su entrambi i piani vengono proiettati dei limiti – una sorta di reticolo – che
determinano arbitrariamente l’identità e lo spazio reciproco dei suoni linguistici e
dei significati.
In sintesi, Saussure suggerisce che il nocciolo di una lingua verbale stia nella forma
(nel sistema di distinzioni, di pertinenze) che essa impone a (o proietta su) una data
sostanza o materia (fonica o significazionale). Si tratta quindi di un formare
arbitrario, dipendente da ragioni squisitamente storico-naturali che si esercita
autonomamente su tutti e due i piani del segno. Ecco perché questo tipo di
arbitrarietà è detta anche ‘orizzontale’. Il sistema di classificazione non è
determinato in modo universale (come sosteneva Aristotele) Ogni lingua ha il suo
sistema arbitrario di classificazione; I sistemi di classificazione dei locutori della
stessa lingua non coincidono necessariamente: soggetto individuale. L’arbitrarietà
radicale saussuriana appare uno sviluppo di una parte almeno della teoria di
Humboldt, e si offre come un dispositivo concettuale potente per spiegare e
tematizzare la diversità delle lingue. L’arbitrarietà radicale, nel momento in cui
illustra la reciproca inerenza di linguaggio e pensiero, rappresenta una definitiva
smentita del pretesto carattere convenzionale o strumentale del linguaggio. Inoltre,
tale principio appare estendibile a ogni linguaggio storico-naturale umano, in
particolare alle lingue segnate dei sordomuti che hanno potenzialità formative e
spinte differenziati analoghe a quelle della verbalità nei normoudenti.
Convenzionalità
Viene spesso confusa con l’arbitrarietà verticale. Convenzionalità e arbitrarietà
verticale sono due fenomeni distinti che possono in certi casi, e magari spesso,
presentarsi assieme nello stesso tipo di codici. Per convenzionalità si intende
l’attribuzione volontaria, socialmente stipulata di un certo significante a un certo
significato o viceversa. Principio semiotico di straordinaria importanza tecnica,
indicatore di infinite conseguenze sociali, culturali e politiche.
Alcuni esempi: linguaggio verbale
- Necessità di rendere esplicito e formalmente definito il significato dei termini usati
in transazioni sociali:
contratti privati
leggi
accordi sindacali
trattati internazionali
- La parte iniziale di ogni trattazione giuridica contiene la definizione dei termini che
avranno corso nel testo con valore costante
Altro esempio:
Ricerca scientifica dipende in larga misura dalla possibilità di convenire sull’uso dei
termini:
Certezze in ordine alla comunicazione di certi concetti fra la comunità e il pubblico
dei potenziali lettori Chiarire e fissare tali concetti dal punto di vista squisitamente
tecnico.
Convenzione metalinguistica:
o Delimitare rigorosamente il valore delle parole utilizzate (distinguendo il
senso tecnico da quello rivestito nell’uso comune)
o Non esagerare nei tecnicismi per non rendere il discorso scientifico troppo
astratto e distante dalla lingua comune
Il meccanismo della convenzionalità si applica in toto a diversi altri settori: linguaggi
di calcolo e ogni tipo di lingua formalizzata: simbologie chimica e geometria;
linguaggio medico; Segnaletiche; Simbologie che regolano l’erogazione di certi
servizi (alberghi, ristoranti, autobus, ecc).
Il meccanismo delle convenzioni si estende in modo assai stratificato all’interno dei
generi e dei relativi sottogeneri, consentendo una rapidissima identificazione. La
conoscenza di convenzioni fa parte della complessa ‘enciclopedia’ che organizza, in
modo plastico e aperto, l’esperienza e il sapere di ciascuno di noi. Al crescere della
capacità di movimento nello spazio del sapere socialmente condiviso, una persona
può essere in grado di cogliere convenzioni più sottili, fino a identificare complesse
intenzioni espressive.
Benevento: segni ai citofoni “segni stabili, segni convenzionali, cioè riconducibili ad
un vero e proprio programma messo in atto da persone dedite alla commissione di
furti in abitazioni”.
Indipendentemente dal fatto che il segno abbia caratteri di arbitrarietà, esso può
essere stato stipulato convenzionalmente. -Figure stilizzate di un uomo e una donna
(toilette). Le due figure sono più iconiche che arbitrarie, giacché vi è un elemento di
motivatezza naturale, in questo caso di somiglianza fisica, tra le forme e i rispettivi
referenti.
Tuttavia, il ‘cuore’ della lingua, fatto di poche migliaia di parole di uso comune e di
altissima ‘dispersione’ (cioè applicabili ai settori più diversi dell’esperienza), proprio
perché esposto alla continua torsione della pratica comunicativa, non può essere
soggetto a convenzione.
Nelle lingue, si ha a che fare con stati mutevoli di equilibrio fra parti convenzionate
di uso e (molte più) parti liberamente fluttuanti: dove l’argine all’arbitrio meramente
individuale è fissato dall’esigenza, che o
gni parlante spontaneamente avverte, di farsi capire e di essere effettivamente
capito.
Iconicità
Trasmette l’idea che i segni catturano in modo non arbitrario caratteri della realtà.
Peirce avanza in proposito due distinte posizioni. Da una parte sostiene che vi sono
tipi diversi di segni: ‘icone’, ‘indici’ e ‘simboli.
‘icone’: caratterizzate dall’avere qualche qualità in comune con gli oggetti cui si
riferiscono (il loro tratto distintivo sarebbe dunque la similarità).
‘indici’: caratterizzati dalla contiguità fisica con l’oggetto.
‘simboli’: che giungono a rapportarsi al loro oggetto per convenzione, ad esempio le
parole.
ICONE: il significante somiglia in qualche modo a ciò che il segno indica. Design
al’oggetto nei suoi caratteri propri. Ha un rapporto di somiglianza con la realtà
denotata. Motivate naturalmente/intenzionali come le carte geografiche e le
mappe
SIMOBOLI: solo se il rapporto significante/significato avviene secondo convenzioni.
Motivati culturalmente/ intenzionali, ad esempio il fatto che per noi il colore nero
indichi il lutto
INDICI: rapporto di continuità spaziale (banderuola del vento indica direzione del
vento) motivati naturalmente/ non intenzionali ad esempio lo sbadiglio volontario
che è sinonimo di noia.
Dall’altra parte, però, Peirce fa capire che ogni segno in effetti è un po’ un icona, un
po’ indice e un po’ simbolo, propendendo a seconda dei casi, verso l’una o l’altra di
queste possibili polarità. Infine secondo Peirce, l’iconicità non si risolve in un dato
visivo (cui pure potrebbe fare pensare il nome, derivante dal greco eikon
“immagine”. Accanto alle immagini, Peirce elenca anche diagrammi e metafore
come esempi di iconicità. Per Sebeok (seguace di Peirce): l’icona può essere un
dipinto, una formula algebrica (perché esprime le relazioni degli enti cui si riferisce)
o qualcuna delle specie animali che fanno uso di segnali iconici: segnale di allarme di
alcuni animali che liberano feromone (segnale chimico) in quantità proporzionale
alla persistenza del pericolo.
Per analogia, si può parlare di iconicità in numerosi casi: segnaletiche arti
figurative Fotografia Ecc.
Anche le metafore potrebbero essere dette iconiche in quanto sono materiate di
immagini che sembrano volere e riuscire a vincere l’opacità delle parole.
Quindi …
1. Se l’iconicità vuol alludere a un rapporto non arbitrario fra significante e
significato, converrà non limitare la sua definizione alla similarità e distinguere
piuttosto fra iconicità come motivatezza naturale (di cui la similarità è un
esempio, ma non l’unico) e la motivatezza logica. Inoltre..
2. Sembra difficile opporre drasticamente iconicità e arbitrarietà. Superato
l’equivoco della similarità, ci si rende conto che in effetti i codici lasciano
oscillare i loro segni fra un polo di massima arbitrarietà e uno di massima
iconicità, senza mai potersi appiattire su alcuno dei due. E anche per questo
motivo..
3. La nozione di iconicità viene guardata con diffidenza dai linguistici. Già
Saussure aveva invitato a non dare troppo peso ai fenomeni di onomatopea,
osservando che:
a) essi non sono in alcun modo universali (come dovrebbero, se fossero
realmente motivati);
b) essi hanno un peso del tutto trascurabile nell’economia delle lingue.arb
L’iconicità non risolve il problema dell’arbitrarietà.
Indeterminatezza semantica
1. Si riferisce al fatto che i significati dei segni linguistici non sono precisamente
definibili e formalmente ricostruibili, ma, al contrario costituiscono un’area aperta ai
sensi differentemente configurata nei diversi utenti e nelle diverse situazioni
comunicative.
2. La considerazione della dimensione sociale della lingua fa sì che la lingua sia uno
strumento che costantemente si modifica e si adatta alle esigenze della
comunicazione.
3. A seconda delle caratteristiche socioculturali degli interlocutori, delle intenzioni,
del contesto e del canale della comunicazione i significati sono modificabili e
estensibili. Esempio: tradurre il silenzio e la rabbia.
4. Sarà sempre possibile trovare una nuova e diversa sfumatura di significato e con
ciò ampliare i confini della sua conformazione; sarà sempre possibile assegnare
un’interpretazione diversa a un significato e con ciò contribuire ad approfondire la
sua struttura interna Esempio: nuove interpretazioni dopo la lettura di un romanzo.
5. Il significato del segno viene identificato con l’uso che ne fa: apertura e
indeterminatezza; potenziale infinita apertura della lingua.
6. Due diversi modi:
a) Significato (senso) di un segno linguistico è determinato dal contesto testuale
(dal co-testo), cioè da
tutti gli altri elementi linguistici che costituiscono il testo;
b) Significato è determinato dal contesto extralinguistico di comunicazione: utenti,
scopi, canali ecc. Tali
elementi rendono non calcolabile il valore di un segno e ne fondano l’indefinita
apertura: variazione
imprevedibili alle radici del senso.
Onniformatività semiotica
1. O.S.: il fatto che il linguaggio verbale, grazie alle sue caratteristiche di apertura e
di flessibilità semantica, sia in grado di dare una propria forma e identità a qualsiasi
esperienza, ed è capace di assumere come proprio oggetto ogni qualsiasi possibile
contenuto di esperienza
2. Qualsiasi espressione di un codice non linguistico può trovare una riformulazione
in un’espressione del linguaggio verbale: preminenza del linguaggio verbale
Esempio: La capacità di dare forma a ciò che ci circonda, ad esempio nel caso dello
scrittore che osserva un paesaggio e lo descrive nei suoi scritti, lo stesso concetto
può essere rappresentato in modo diverso a seconda delle risorse che abbiamo a
disposizione
3. Creatività di regole: essa consiste nella possibilità di riformare interi pezzi del
codice aggiungendo o togliendo regole, senza che questo cessi di funzionare;
si riferisce all’enorme plasticità del codice verbale. Esempio: il connettivo che
(polivalente), tratto da Gensini (2002)
a) Domani è il giorno che ho lezione
b) Ti presento Mario, il ragazzo che studiamo insieme
c) Prendimi la valigia che ci ho messo i libri
d) Natale: si celebra la nascita di Gesù, che gli uomini hanno la gioia del cuore.
Doppia articolazione
Questa prerogativa del linguaggio presenta un grande ‘vantaggio semiotico’ nella
misura in cui permette di comporre una quantità molto elevata di enunciati a partire
da un numero relativamente piccolo di unità minime. In tutte le lingue, infatti, sono
sufficienti una trentina di fonemi perché "con il loro raggrupparsi e ordinarsi" in
svariate combinazioni si riesca a individuare e differenziare un numero enorme di
parole (De Mauro, 2002: 55).
Ogni enunciato linguistico presenta due livelli di organizzazione:
Prima articolazione: Monema/Morfema unità minime che sono ancora dotate di
significato; sono i più piccoli costituenti muniti di senso che compongono le frasi o le
parole. Esempio: Ricomprare > ri- (prefisso), compr- (lessema), -are (desinenza
verbale) libro > libr- monema lessicale; -o monema grammaticale.
Seconda articolazione: Fonema Unità minime formate da unità foniche non dotate
di significato e non ulteriormente scomponibili. Possiedono unicamente un valore
distintivo. Esempio: nella parola gatto, il significante /gatto/ è analizzabile nei
fonemi seguenti: g, a, t (due occorrenze), o.
- Ridondanza
La ridondanza rappresenta una sorta di sovrabbondanza, che riguarda i segni
e le parti di cui i segni sono composti. Nelle lingue verbali, la ridondanza può
essere di diverso tipo:
- lessicale: diversi segni veicolano lo stesso significato o significato simile
#casa# #abitazione# #dimora#
Nelle lingue verbali, la ridondanza può essere di diverso tipo:
- morfologica: nelle frasi. Le scarpette rosse delle allegre ballerine sono belle il
fatto che #scarpette# sia femminile e plurale viene ripetuto ben 3 volte (le,
rosse, belle).
- fonetica: l’italiano ha 30 fonemi, ed in teoria per distinguere i segni che
compongono questa lingua potremmo aver bisogno anche di un numero più
ridotto, dai significanti più brevi. Ma senza la ridondanza, è difficile
distinguere chiaramente un segno dall’altro, ad esempio in una situazione
particolarmente rumorosa.
La vaghezza
Tale proprietà fa sì che significato e significante di ciascun segno linguistico siano
degli insiemi aperti, continuamente ampliabili o restringibili, di sensi e di espressioni.
Ciascun segno non circoscrive dunque con precisione una classe di espressioni
indicanti i sensi di una classe circoscritta con altrettanta precisione, ma è lo
strumento di un’attività allusiva (vaga), di un gioco che conduce alla messa in
relazione di espressioni tra loro assimilabili e un gruppo di sensi (De Mauro 1982). Là
dove c’è vaghezza, dove c’è permanente disponibilità all’innovazione, c’è anche la
necessità di un rinnovarsi continuo dell’intesa tra gli utenti del codice all’atto della
produzione e ricezione di ogni realizzazione segnica, con quell’atteggiamento
reciproco tra utenti produttori e ricettori che è stato detto opportunamente
tolerance upon the field. Una stessa espressione può essere trasmessa oralmente e
per scritto in modo assai diverso.
Vaghezza del significante: Uno stesso segno linguistico, una stessa espressione può
essere trasmessa oralmente e per iscritto in modo assai diverso generando quindi
sensi diversi.
Esempio: Quando si hanno disturbi nella comunicazione (interferenze telefoniche)