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INTRODUZIONE ALLA SEMIOTICA DEL TESTO

Introduzione
Il testo è l'oggetto di studio della semiotica, scienza dei sistemi di significazione e dei processi di comunicazione. Ogni
cultura è un insieme di testi che si parlano gli uni con gli altri, costruendo gerarchie variabili fra di essi. Cos'è un testo
secondo l'accezione della semiotica? Qualunque configurazione di senso che si rende empiricamente percepibile
mediante una o più sostanze: linguistiche, visive, gestuali, sonore, spaziali, corporee. Il testo, dal punto di vista
semiotico, non è una cosa tangibile, ma una relazione fra un oggetto e un qualche contenuto articolato che esso si
incarica di rendere presente. I testi con i quali perlopiù ci si trova interagire sono quelli linguistici, verbali. I testi
linguistici sono legati alla forma di comunicazione verbale che la specie umana ha deciso di privilegiare per veicolare
la maggior parte dei propri messaggi espliciti. La semiotica parte così dall’assunto che i testi non sono altro che i
diversi meccanismi formali grazie a cui le culture esistono e resistono, parlandosi e modificandosi di continuo. La
semiotica del testo ha un dominio di indagine molto più largo, che coincide con la cultura in generale. Qualsiasi
fenomeno umano e sociale è per essa reinterpretabile come un testo anche se le varie culture tendono spesso a
nascondere tale valenza testuale. Inizialmente venivano presi in considerazione solo i componimenti letterari, poi la
nozione di testo si è allargata fino a comprendere anche lo studio dell’informazione, del cinema, della televisione, del
fumetto, della pubblicità, della pittura, della fotografia. Così a poco a poco il testo diviene una categoria semiotica a
tutti gli effetti.

CAPITOLO 1: principi di base

1. Emergenze storiche, filiazioni plurali


La semiotica del testo è nata nel corso del 900. Essa studia l’intero ambito delle scienze dell’uomo, che vanno alla
ricerca del modo in cui il senso umano e sociale si manifesta e si trasforma, ovvero dei testi della cultura. I primi che
hanno considerato il testo come il loro campo di indagine sono stati coloro che si sono occupati di linguistica:
Saussure, Hjelmslev. In seguito possiamo ricordare le ricerche di Levis-Strauss e Propp nel campo della folkloristica e
mitologia, Bathes e Eco invece nel campo degli studi sulla cultura di massa. Da tutto ciò è nata negli anni 60 la
narratologia, lo studio delle leggi generali del racconto. Autori come Greimas, Eco ed altri hanno ricostruito una vera
e propria grammatica della narrazione, analoga ma non sovrapponibile a quella linguistica. Il testo in questa
prospettiva è considerato un modello teorico usato come strumento di descrizione per la spiegazione dei fenomeni
umani, sociali, culturali e storici. Da qui nasce e si sviluppa anche la sociosemiotica che studia il testo come un
dispositivo mediante il quale il senso si costruisce, si articola, si manifesta e circola nella società e nella cultura. Il
testo è quindi qualcosa che viene continuamente negoziato nelle dinamiche culturali in cui si intreccia con altri testi. Il
testo non è nulla di chiuso, semmai è permeabile, pronto a riconvertirsi in altre configurazioni.

2. Da cosa si riconosce la testualità


La testualità può essere riconosciuta in presenza di alcune caratteristiche di fondo:
- Principio della negoziazione: un testo non è formato da elementi dati una volta per tutte, ma i segni hanno
ruolo e significato diverso a seconda del contesto. Un testo viene negoziato in tutti i suoi punti.
- Biplanarità: un testo presuppone due piani, espressione e contenuto, ognuno dei quali è dotato di una materia,
di una forma che la ritaglia e di una sostanza che deriva da questo ritaglio. Queste due operazioni di
formazione sui due piani avvengono parallelamente e reciprocamente, il testo è proprio il processo di messa in
relazione tra queste due operazioni, e quindi è in continua trasformazione, negoziazione appunto.
- Chiusura testuale: i confini dei testi, per quanto siano variabili, poiché oggetto di continue negoziazioni,
devono pur sempre esserci, anche solo per sottolineare quella discontinuità costitutiva, che permette la
significazione di qualcosa. È la tenuta del testo a generare sia la sua strutturalità sia i suoi bordi. Questa non
esclude, anzi richiede fortemente, la trasformazione interna, la processualità.
- Molteplici livelli del testo: molteplici livelli di senso in cui può essere spiegato il testo, principio che in
semiotica è chiamato percorso generativo del senso. Ogni testo è ridetto o ridicibile grazie agli infiniti modi in
cui può venir tradotto, a cominciare dai molti livelli di senso in cui può essere spiegato.
- Intertestualità e traduzione: ogni testo contiene citazioni, biglietti da visita per leggere altri testi, rimandi.
L'intertestualità è la presenza nel testo di altri testi (enciclopedia) o di una base discorsiva che si iscrive in una
cultura mediante una serie di rimandi che pongono al centro della sua conformazione il processo di
traduzione. I testi sono esiti sempre parziali momentanei di fondamentali operazioni di traduzione.

3. Principio di pertinenza
Non esistono segni isolati, elementi significanti di per sé, ma solo reti disegni che, relazionandosi fra loro in molti
modi, producono processi di significazione: ossia testi. Quello che regge tutto ciò è il principio della pertinenza,
secondo il quale ogni singolo elemento dipende dagli altri con cui interagisce, ed è solo la loro interazione a costruire
la testualità. La pertinenza è quindi la scelta del punto di vista a partire dal quale rilevare il valore di un elemento in
relazione agli altri di quel medesimo sistema. È il senso complessivo dell’insieme che costruisce il significato di ogni
termine virgola non il contrario.

4. Principio generativo
Il senso può essere espresso in diversi modi, in maniera più o meno estesa, o più o meno concentrata, questo in base al
principio della parafrasi, che afferma che qualsiasi oggetto semiotico può essere espanso o contratto a seconda dei
casi, delle esigenze specifiche o degli obiettivi comunicativi e delle strategie in cui è inserito. I livelli di senso di un
testo sono i possibili modi in cui esso può essere parafrasato, in cui il senso si esprime. L’unico modo per dire
qualcosa di sensato rispetto a un significato è tradurlo in un altro significante, cambiandolo un po’, riuscendo così a
spiegarlo e a comprenderlo meglio. Passando da un livello di senso all'altro, il significato non resta esattamente lo
stesso: si perde o si guadagna qualcosa seconda dei casi. Ciò che probabilmente a un determinato livello non si coglie
diviene chiaro in un altro. Per questo si parla di generatività o di percorso generativo. Scopo dell’analisi è quello di
ricostruire la gerarchia dei livelli sottostanti, la serie organizzata di domande cui vanno sottoposti per sviscerarne
l’articolazione interna. Secondo il modello del percorso generativo il senso presente in un testo è articolato in
significazione sulla base di livelli di pertinenza collocati a vari piani di profondità, in ordine crescente di complessità e
di concretezza. Quelli profondi sono astratti e semplici, i superficiali più concreti e complessi.
- Il livello profondo del percorso è quello delle strutture narrative. L’idea è che la logica della narrazione sia
alla base di ogni esperienza umana e sociale, così come dei testi. Le strutture narrative sono suddivise a loro
volta in due strati:
- Strato fondamentale, è quello in cui si situa il quadrato semiotico con le sue relazioni semplici di
contrarietà, contraddizione e complementarità.
- Strato antropomorfo, è quello in cui i valori del quadrato semiotico vengono umanizzati e si attuano
programmi narrativi, in cui agiscono soggetti e oggetti. Questo livello prende in considerazione le
invarianti semiotiche: quelle situazioni e fenomeni riscontrabili in ogni testo.
- Il livello superiore è quello delle strutture discorsive. Le relazioni, i valori, gli attanti e le modalità vengono
arricchiti sia da attori, spazi e tempi (componente sintattica), sia da temi e figure (componente semantica).
L’enunciazione o messa in discorso delle strutture narrative porta a variazioni semiotiche che circolano nelle
varie culture. Ogni diverso discorso è uno specifico modo di enunciare le strutture narrative.
- È grazie al meccanismo della testualizzazione che i discorsi ricevono quelle sostanze espressive che
permettono loro di manifestarsi e concretizzarsi in veri e propri testi. È qui che i linguaggi possono acquisire
la loro specificità. Ogni sostanza dell'espressione tenderà a donare al testo certe determinate forme e a
renderne impossibili certe altre.
Abbiamo detto che il percorso generativo rappresenta le tappe di costruzione di un testo. Ma questo non vuol dire che
un autore che vuole scrivere un testo, abbia in mente tutti questi passaggi da seguire. Il percorso generativo
rappresenta il percorso effettuato dal senso. Quando si va a fare un’analisi semiotica di una certa opera si compie a
ritroso il percorso che il senso viene ipotizzato seguire al momento della sua generazione.

5. Testo e cultura
Questo modello ci permette di capire il motivo per cui un testo può contenere dentro sé un’intera cultura o comunque
può costituire un aiuto per ricostruirla. Infatti man mano che si scende verso livelli più profondi del percorso si
incontrano configurazioni culturali più ampie: ci accorgeremo che alcuni oggetti, che sembrano essere chiusi, aventi
un significato di per sé, in realtà sono manifestazioni specifiche di configurazioni culturali. Di qui la relazione tra testo
e contesto, una relazione variabile, perché ciò che è testo può diventare anche contesto (un componimento poetico che
diviene il modello per un’altra produzione), ciò che appartiene ad un genere col tempo può essere ripensato in un
altro. Ogni testo emana la sua aurea di contesto e anche se viene allontanato dal suo contesto originario, ne produce un
altro, crea la propria esteriorità in funzione del significato globale di cui esso è portatore perché entra in dialogo con
l’esterno.

CAPITOLO 2: principio della narratività

1. Narrazione e narratività
 La NARRAZIONE riguarda quei prodotti testuali considerati racconti (fiabe, leggende) o che raccontano
storie (romanzi, poemi). È una nozione intuitiva e concreta nel tempo e nello spazio e si usa per designare se
certe opere sono narrative o meno.
 La NARRATIVITÀ riguarda le caratteristiche costanti, essenziali, fondamentali, astratte del racconto che si
trovano celate sia in questi prodotti testuali, sia in qualsiasi tipo di discorso. È una categoria astratta e teorica,
costruita come modello interpretativo per studiare la struttura profonda dei discorsi e individuare le
caratteristiche comuni a discorsi di tipo diverso.
Si tratta di due fenomeni parzialmente sovrapponibili: c’è narratività in ogni narrazione, ma non sempre c’è narrazione
dove c’è narratività. La strutturazione narrativa del testo garantisce il potere significativo e l’efficacia comunicativa, e
contribuisce alla costruzione di quella fiducia di fondo fra enunciatore ed enunciatario.

2. Strutture elementari della significazione


La narratività è un processo orientato di trasformazione di uno o più soggetti che si compie all’interno di qualsiasi
fenomeno culturale o esperienza vissuta. La narratività è la forma profonda delle esperienze umane e sociali: a dare
senso al mondo sono le trasformazioni che vi accadono. Nessuna cosa, persona o situazione acquista significato se non
viene paragonata a ciò che era prima, a ciò che potrebbe diventare, a ciò che potrebbe stare al suo posto. Per dare
senso a tutto ciò lo si racconta, lo si narrativizza, mettendolo in sequenza con altri eventi. La narratività non ha nulla a
che vedere con la finzione, al contrario riguarda l'esperienza concreta di ciascuno di noi. Le strutture narrative possono
essere descritte secondo due diverse pertinenze del percorso generativo del senso: quella più astratta dove si
costituiscono categorie semantiche, articolate nel quadrato semiotico (stato fondamentale), quella più concreta dove
tali categorie vengono prese in carico da simulacri umani articolati in programmi narrativi (strato antropomorfo).
Strutture elementari della significazione narrativa organizzate nel quadrato semiotico: 2.1, 2.2, 2.3, 2.4

2.1 STATICA: Relazioni fondamentali


Il quadrato semiotico rappresenta lo schema delle possibili articolazioni di una categoria semantica(S), mediante il
quale emerge la struttura interna della categoria e i termini o semi(s) che essa genera. Secondo la semiotica strutturale
il senso si costruisce per differenza e il quadrato è la struttura elementare della significazione, schema che mostra
come si costruiscono i significati. Le tre relazioni possibili sono:
- Contrarietà o opposizione qualitativa (s1 vs s2; non-s1 vs non-s2): si instaura tra due termini che possiedono
proprietà fra loro opposte es: nero/bianco.
- Contraddizione (s1 vs non-s1; s2 vs non-s2): mette in relazione un termine che ha una proprietà specifica con
un altro termine che non ha quella specifica proprietà: bianco vs non-bianco.
- Complementarietà (non-s1+ s2; non-s2 + s1): si instaura tra quelli elementi apparentemente sinonimi che
derivano dall’incrocio tra contrarietà e contraddizione, dove il termine negativo copre un area semantica molto
più ampia di quello positivo: non bianco/nero.

2.2 DINAMICA: Operazioni di base


Il quadrato semiotico non si esaurisce in questa combinazione statica fra relazioni. Per comprenderne appieno
l'importanza operativa occorre introdurre la dimensione dinamica: accanto alle relazioni (paradigmatiche) occorre
porre due operazioni (sintagmatiche).
 Negazione: s1  non-s1 e s2  non-s2
 Affermazione: non-s1  s2 e non-s2  s1
Prendiamo per esempio l'opposizione fondamentale e tra natura e cultura: negazione di natura (natura  non-natura) e
affermazione di cultura (non-natura  cultura. Il modello del quadrato semiotico e la descrizione in nuce dei processi
narrativi: se la narratività e generazione del senso tramite trasformazione, questa trasformazione è già presente nel
passaggio che va da un termine (vita) al suo contrario (morte) tramite la sua preventiva negazione (non-vita.

2.3 Termine complesso e termine neutro


Oltre ai semi di prima generazione, esistono i semi di seconda generazione che si costituiscono quando i termini
contrari trovano forme di convergenza. Il termine che riunisce i semi contrari viene detto complesso, mentre quello
che unisce i sub-contrari viene detto neutro. Il termine complesso è un arricchimento di senso, il secondo sfuma spesso
verso il non senso. Ad esempio: l’unione di semi contrari come maschile e femminile genera ermafrodita (termine
complesso), mentre l’unione di semi sub-contrari come non-femminile e non-maschile genera angelo (termine neutro).
La lingua è piena di termini neutri (es: tiepido = né caldo, né freddo), mentre invece i termini complessi una volta
erano chiamati ossimori (es. stupido-intelligente). Dietro un termine complesso di fatto se ne nasconde sempre uno
neutro (una cosa proposta come elegante ed economica al contempo, finisce per non essere nessuna delle due).

2.4 Costruzione delle assiologie


Il quadrato semiotico ha anche il compito di creare delle assiologie, cioè sistemi di valori. Occorre quindi che i termini
acquistino un valore positivo o negativo a seconda delle culture (bianco = positivo, sposa / nero = negativo, lutto). Per
generare valori occorre sovrapporre all’articolazione nel quadrato di una categoria semantica, un’altra categoria, detta
timica, che distribuisce ai vari termini l’opposizione euforia/disforia. Così il termine a cui corrisponde l’euforia è di
valore positivo, quello a cui corrisponde la disforia è di valore negativo. La categoria timica è legata a come l’uomo
percepisce se stesso nell’ambiente circostante: sensazioni di piacere e dispiace, dolore e fastidio, attrazione e ripulsa.
Articolando poi la categoria timica nel quadrato se ne ricava anche non-euforia e non-disforia e anche il termine
neutro (adiaforia) e complesso (diaforia), che indicano l’esistenza di pulsioni verso qualcosa o qualcuno, non ancora
distinte in positive o negative. Spesso i media lavorano per ottenere questo effetto di sospensione momentanea
dell’attribuzione di valore.

3. Elementi di grammatica narrativa


Ricondurre la narratività alle operazioni del quadrato semiotico, negazione e affermazione, è riduttivo. Occorre
comprendere se e come queste operazioni vengano prese in carico da soggetti antropomorfi. Il racconto si configura
come una continua trasformazione di stati, dove sono in gioco soggetti, oggetti e valori. Lo STATO è una relazione di
congiunzione o disgiunzione tra due attanti narrativi, soggetto e oggetto. Le trasformazioni quindi vanno intese come
il passaggio da una congiunzione a una disgiunzione, o viceversa. Soggetto e oggetto sono sempre presenti, ma non
sono individui o cose già dati che intrattengono poi un rapporto. Sono invece termini che si interdefiniscono a vicenda,
esistono solo nella loro relazione reciproca. Il SOGGETTO è quell’elemento narrativo che è congiunto o disgiunto
con l’OGGETTO, mentre quest’ultimo è dato nella sua congiunzione o disgiunzione con il soggetto. Entrambi sono
attanti, elementi sintattici attraverso cui si articolano e prendono corpo le forze semantiche in campo in un determinato
racconto. Ci sono due tipi di soggetto: un SOGGETTO OPERATORE, che mette in atto le trasformazioni, e il cui
senso si produce negli eventi che accadono (dimensione pragmatica), e un SOGGETTO DI STATO, che è congiunto
con l’oggetto il cui senso si produce nelle emozioni (dimensione passionale).
L’OGGETTO non è importante di per sé, ma per il valore che gli attribuisce un soggetto. L'oggetto è sempre, dunque,
un oggetto di valore. In semiotica più che di valori si preferisce parlare di valorizzazioni, cioè l’attribuzione di senso
all’oggetto che produce in un sol colpo valore e prodotto.
Infine non bisogna confondere gli ATTANTI (che esistono solo al livello antropomorfo delle strutture narrative) con i
personaggi veri e propri, gli ATTORI (che appaiono invece nel livello delle strutture discorsive). Vari casi:
- A ogni ottante corrisponde un attore (re = soggetto di stato, eroe = soggetto operatore)
- un solo attore può personificare due diversi attanti (eroe = soggetto operatore e soggetto di stato)
- Un solo attante può essere personificato da più attori = attante collettivo (tre fratelli = soggetto operatore)

4. Programmi, modalità, identità


Il programma narrativo (PN) è l’insieme delle operazioni che un soggetto operatore deve fare per far sì che il soggetto
di stato possa essere congiunto o disgiunto con un oggetto di valore. Per attuare il programma di ricerca dell’oggetto
di valore è indispensabile che il soggetto operatore sia competente: cioè voglia o debba fare quell’azione e poi che la
sappia o possa farla. Il processo narrativo viene diversamente modalizzato, a seconda della modalità con cui il
soggetto viene reso competente dell'azione. Le modalità narrative sono 4: dovere e volere (virtualizzanti) e potere e
sapere (attualizzanti) = verbi servili. In ogni racconto canonico per operare la trasformazione il soggetto operatore ha
bisogno di acquisire prima modalità virtualizzante, diventando soggetto virtuale, e poi una modalità attualizzante,
diventando soggetto attuale. A seconda che la congiunzione del soggetto di Stato con l'oggetto di valore sarà effettuata
o meno, il soggetto operatore diverrà a sua volta un soggetto realizzato. I soggetti quindi assumono diverse identità nel
corso dei racconti: virtuali, attuali e realizzati. L’identità non è mai data una volta per tutte, ma si delinea
progressivamente, attraverso le modalità di cui il soggetto si dota. Al PN di base, che mira al congiungimento del
soggetto di Stato con l'oggetto di valore, si accompagnano uno o più PN d’uso, che servono al soggetto operatore per
reperire le modalità necessarie attraverso le quali passare all'atto. A volte può capitare che il soggetto operatore si trovi
ad agire in base a competenze che non voleva. Questo succede perché interviene un terzo attante che conferisce al
soggetto la prima modalità necessaria per passare all’azione. Questo è il destinante, colui che trasferisce al soggetto
operatore valori di cui egli è portatore. Il destinante dunque sia un mandante sia un giudice. È una figura molto
importante poiché è da lui che dipendono i valori che il soggetto si incarica di raggiungere nei suoi programmi di
azione.

5. Schema narrativo canonico


Lo schema canonico narrativo è un modello a 4 tappe adoperabile per ogni aspetto della narratività:
 Manipolazione (dimensione cognitiva): il destinante e il soggetto stipulano un contratto fiduciario, sulla base
del quale il soggetto acquisisce un volere o un dovere. Il destinante conferisce i propri valori al soggetto, in
nome dei quali esso agirà.
 Competenza (dimensione pragmatica): il soggetto acquisisce le competenze necessarie a svolgere il proprio
compito. Nelle fiabe questo momento viene spesso messa in scena come fornitura o sotto forma di dono,
mentre nei Uniti si tratta della prova qualificante. In ogni caso è prevista la presenza di un aiutante e molto
spesso c'è anche una prova da superare, uno sforzo da compiere rispetto a un oppositore, colui che ostacola il
compiersi del programma d'uso. In base alle competenze apprese avverrà o meno la performance
 Performance (dimensione pragmatica): è l’atto che porta alla trasformazione narrativa. Nelle fiabe questo
momento corrisponde alla funzione lotta, chiamata anche prova decisiva, poiché comporta un incontro-scontro
con un antagonista, colui che porta avanti un programma narrativo opposto. La riuscita non è sempre scontata,
dipende dal soggetto, per questo si tratta quasi di una verifica.
 Sanzione (dimensione cognitiva): è il momento finale del racconto in cui il soggetto, operata la performanza,
si ripresenta al cospetto del destinante e sottopone al suo giudizio il proprio operato. Se la sanzione è positiva
l’eroe verrà trasformato, se è negativa verrà rinviato. Nelle fiabe corrisponde alla funzione nozze, detta anche
prova glorificante.

Non tutti i momenti dello schema devono necessariamente essere presenti in un testo. Spesso alcune tappe vengono
mascherate, raccontando alcune cose e tralasciandone altre, ma essi sono comunque presenti nella mia narrazione.
Spesso infatti siamo in grado di ricostruire ciò che non viene detto mediante la presupposizione, che è un ritornare
indietro nello schema. Andare in dietro è possibile, in avanti no, perché significherebbe immaginare.

6. Polemiche e strategie
Ogni racconto ha una struttura polemica dove si incrociano 2 programmi narrativi di base: quello del soggetto e quello
del suo anti-soggetto. Il soggetto è chiamato eroe solo perché chi racconta la storia tende a condividere i suoi valori,
allo stesso modo l'antagonista (il cattivo) è tale solo perché i suoi valori vengono respinti dal narratore. Vi è un
contrasto polemico tra i due programmi narrativi: avremo due destinanti, due oggetti, due sistemi di valori tutti
opposti. Questo perché ogni cosa ha senso nell’opposizione a qualcos’atro. 2 conseguenze:
 Nel raccontare la storia, si prende necessariamente la posizione per uno dei due soggetti, è impossibile
assumere un punto di vista neutro
 L’identità del soggetto si costruisce, non solo nei confronti dell’oggetto, ma anche nei confronti
dell’antagonista, dello scontro che si ha con esso, che comporta anche pensieri strategici.

Alle strategie di base dei PN di base si aggiungono le tattiche locali dei PN di sostituzione, messi in atto per rimediare
alle azioni dell’altro o per anticiparle. Ogni soggetto mentre agisce deve anche pensare all’altro, costruirsene
un’immagine, e soprattutto, dal momento che anche l’altro farà lo stesso, cercherà di dare un’immagine di sé all’altro
che è fuorviante. Entrano in scena numerosi nuovi soggetti: soggetto pragmatico (che intraprende il programma
d’azione), soggetto cognitivo (che cerca di costruire l’essere dell’altro), soggetto simulacrale (il soggetto che viene
immaginato dall’altro), soggetto di finzione (soggetto che si fanno vedere all’altro). Le tattiche quindi sono ulteriori
programmi che mettiamo in atto, contro-programmi che si istituiscono di contro ai programmi messi in atto
dall’avversario. Prima ancora di mettere in atto specifiche tattiche e strategie occorre conoscere le differenti culture
della strategia. Ogni cultura infatti ha una sua idea del nemico, un modo di affrontarlo o meno, quindi i soggetti
dovrebbero avere una capacità metastrategica per riconoscere tutto questo e poter agire di conseguenza.

7. Logiche dell’affetto
L’affettività, il modo d’essere relativo all’identità non è altro che la processualità interna e la conseguente
articolazione degli stati di congiunzione e disgiunzione fra soggetto e oggetto. Le passioni sono parte integrante della
narrazione, vengono infatti coinvolte in ogni azione dei soggetti. Per questo dobbiamo ridefinire la narratività un
processo orientato di trasformazione di azioni e passioni, dove passioni generano azioni e viceversa. Ne consegue che
il senso umano e sociale non viene prodotto solo in base alle attività cognitive ma anche a partire dall’affettività. La
passione semioticamente, è un effetto di senso del discorso, sia perché i discorsi provocano e trasformano emozioni,
sia perché l’affettività è la risultante finale di una serie di meccanismi semiotici, giochi e incastri modali (la gelosia ha
in sé un voler sapere). Altri fenomeni contribuiscono a produrre effetti di senso passionale, come la temporalità,
l’aspettualità, la tensione, l’intensità e il ritmo. Ogni determinata passione all' esito di questi possibili montaggi fra
fenomeni semiotici diversi. Un esito che non si conclude mai poiché viene inserito a sua volta in un processo di
continui mutamenti, tensioni, blocchi, rilanci.

8. Percorso passionale canonico


Il meccanismo delle passioni è dinamico, come i processi narrativi segue uno schema canonico di tre tappe. Secondo
questo modello ogni situazione passionale può essere inserita in uno di questi momenti di un processo sostanzialmente
standard dell'affettività, il quale si configura come una sorta di crescendo. In tal modo possiamo considerare una
passione come una serie articolata di tappe dal diverso valore semantico.
1. COSTITUZIONE: si manifesta una predisposizione del soggetto ad accedere al percorso passionale, non si
tratta di vere e proprie passioni ma di propensioni patemiche, passioni senza nome (attaccamento alle cose)
2. SENSIBILIZZAZIONE: non siamo più in presenza di semplici propensioni patemiche ma di passioni
riconoscibili e nominabili (avarizia). La sensibilizzazione si suddivide in 3 ulteriori tappe:
- Disposizione: il soggetto acquisisce una disposizione d’animo ad appassionarsi in un modo piuttosto che in un
altro
- Patemizzazione: una vera propria performanza passionale, comportamento appassionato che consegue alla
disposizione d’animo precedentemente acquisita
- Emozione: la conseguenza della passione sul corpo del soggetto, manifestazione somatica dell’affetto,
l’individuo perde il controllo, è irrazionale, esce fuori di testa.
3. MORALIZZAZIONE: interviene un attante valutatore che misura e valuta l’eccesso o il difetto di una
determinata passione rispetto a direttive sociali. Le passioni diventano vizi o virtù.

Anche se trattate in forma di schema le passioni sono qualcosa di dinamico. Questo schema canonico è costruito sulla
base dello schema narrativo. Costituzione e moralizzazione rimandano a manipolazione e sanzione, mentre le 3 tappe
della sensibilizzazione rimandano a competenza e performance. Con ciò si ribadisce la mescolanza di azione e
passione. Non è detto che tutte le passioni debbano necessariamente svolgere tutte queste tappe, ma abbiamo la
possibilità di ricostruire, anche da un solo punto del percorso, tutti gli altri, avendo la possibilità di percepire anche ciò
che rimane implicito.

9. Forme di vita
Abbiamo capito quindi che la soggettività si crea anche attraverso i processi inter-soggettivi e affettivi in cui entrano
in gioco strategie e passioni. Lo schema narrativo canonico quindi sembrerebbe non poter più funzionare, visto che si
basa molto di più sull’azione che sulla passione, sul fare piuttosto che sull’essere. Dunque si tratta di un modello da
ridimensionare e integrare con altri modelli. Accade ad esempio che lo stile di vita di un soggetto si costruisce per
differenza rispetto al modello narrativo standard. Alle soggettività basate su decisioni controllate cognitivamente, si
accostano altre forme di soggettività e di esperienza, più interessate all' affettività o all' espressività estetica, alla cura e
all' esibizione del corpo e così via. Si tratta di forme di vita anche molto diverse fra loro, ma tutte probabilmente
riconducibili a una deformazione coerente dei modelli standard del vivere civile. Deformazione che, una volta
avvenuta, può più o meno stabilizzarsi ed entrare nell'uso comune. Manifestare le forme di vita vuol dire costruirle,
cioè le forme di vita esistono solo perché i soggetti mettono in scena i loro specifici modi di deformare i modelli
sociali di vita. La forma di vita nasce dalla scelta di una categoria fondamentale come dominante all’interno della
nostra esistenza, che è totalmente organizzata in base a essa

CAPITOLO 3: principio della discorsività

1. Dalla comunicazione all’enunciazione


Ogni discorso o comunicazione è un’enunciazione che contiene al suo interno, oltre a un contenuto, anche le tracce del
suo processo di formazione e dell’attore che lo produce e del destinatario per il quale è prodotto.

2. Linguaggi e soggettività
Saussure distingue 2 aspetti del linguaggio:
 La parole = atto individuale del parlante, è qualcosa di variabile, i parlanti si esprimono diversamente;
 La langue = regole di comunicazione condivise, garantiscono la riuscita della comunicazione, è invariabile,
codice astratto e sociale.
Questi due elementi stanno in relazione dialettica, sono in un rapporto di reciproca necessità. La semiotica
strutturalista e Saussuriana ha dato più importanza agli aspetti invarianti come se il soggetto parlante non avesse
libertà di azione e espressione, così in seguito molti hanno cercato di sottolineare l’importanza dei parlanti nel
discorso. Uno di questi fu il filosofo John Austin, il quale distinse enunciati constativi, quelli che descrivono il
mondo, e enunciati performativi, quelli che sono forme d’azione dei soggetti sul mondo e che possono essere felici o
infelici. Roman Jakobson, nella Teoria delle funzioni comunicative, invece ha studiato i diversi modi di usare un
linguaggio (emotivo, fatico, conativo) da parte dei soggetti, che si traducono in determinate scelte grammaticali e
sintattiche. Le interiezioni sono quelle parti del discorso incaricati di grammatica lizzare la funzione emotiva della
comunicazione, centrata sull’emittente. Le funzioni di Jakobson non sono usi concreti di un linguaggio, ma sono i
modi in cui questi usi vengono previsti in anticipo all’interno del sistema linguistico.
Colui che ha insistito più sull’importanza della presenza del soggetto parlante è Émile Benveniste, che ha dimostrato
che alcune categorie (pronomi personali e verbi) hanno senso solo se collegati ai soggetti che li pronunciano e alla
situazione in cui vengono pronunciati. L’io pronunciato da un soggetto ha un significato diverso dall’io pronunciato
da un altro soggetto, indica una persona diversa, allo stesso modo il “tu” indica l’ascoltatore. Quindi da una parte
abbiamo le regole condivise, dall’altra i singoli discorsi dei parlanti, in mezzo un insieme di regole che necessitano
della presenza dei parlanti e rinviano al codice linguistico. L’enunciazione è proprio questa istanza di mediazione tra
langue e parole, che si manifesta nel concreto atto comunicativo. L’enunciazione permette il sorgere della soggettività,
infatti essa è sempre presente nell’enunciato, anche quando non è percepibile, per quanto riguarda il soggetto
dell’enunciazione, esso può essere indicato o nascosto, ma pur sempre presente. Tutto questo permette di ricostruire il
modo in cui l’enunciato è stato prodotto, cioè il processo di débrayage. Quando troviamo un “io” che parla in un
“qui” e in un “ora” abbiamo un débrayage enunciazionale, cioè il soggetto dell’enunciazione proietta un simulacro
su se stesso. Quando abbiamo un “non io” che parla in un “non qui” e in un “non ora” abbiamo un débrayage
enunciativo, cioè il soggetto dell’enunciazione proietta un simulacro su altri. L’embrayage è il processo inverso, che
troviamo ad esempio nel caso di un racconto dentro il racconto, cioè di ritorno indietro a figure precedenti. Secondo la
semiotica, al contrario di Austin, ogni enunciato è un’azione. L’enunciatore (simulacro testuale di chi ha prodotto
l’enunciato) può essere considerato un soggetto operatore e destinante manipolatore che iscrive valori di verità nel
messaggio-oggetto e lo invia a un enunciatario. L’enunciatario (simulacro testuale di colui al quale si rivolge) può
essere considerato un soggetto di stato che si congiunge o disgiunge con il messaggio-oggetto, ma prima ancora un
destinante giudicatore che valuta la verità in esso iscritto, in base al quale si congiungerà o meno con esso.
Enunciatore e enunciatario essendo simulacri testuali, possono essere attualizzati da attori diversi, scambiandosi l’un
l’altro. Il rapporto tra attore e attanti (enunciatore e enunciatario) non è mai biunivoco. Uno stesso attante può essere
ricoperto da un solo attore o più contemporaneamente. Infine tra enunciatore e enunciatario si stabilisce sempre un
patto di comunicazione, pacifico o conflittuale a seconda delle modalità che investono gli attanti.

3. Efficienza ed efficacia
Non bisogna confondere emittente e destinatario (attori in carne ed ossa) con enunciatore e enunciatario (i loro
simulacri all’interno del discorso). Perché questi ultimi esistono? Perché i discorsi presuppongono strategie, che per
essere messe in atto dagli attori hanno bisogno di simulacri. L’emittente così darà un’immagine di sé (enunciatore) e
un’immagine del destinatario (enunciatario), lo stesso farà il destinatario. Sono l'enunciato e l’enunciatario a svolgere
concretamente l'azione comunicativa, sono essi che costruiscono il senso dell'enunciato, lo dotano di valori.
L’efficacia della comunicazione e del patto che si instaura tra attanti dipende dall’efficienza delle simulazioni. Il patto
è da una parte fondamentale perché condizione della buona riuscita di una comunicazione. Dall’altra, è qualcosa che,
seppure si stabilisce all’inizio, è modificata nel corso del processo discorsivo mano a mano che enunciatore e
enunciatario si costruiscono e assumono i carichi modali.

4. Strategie del sapere


L’enunciato è interpretabile come un oggetto di valore che l'enunciatore si adopera congiungere con l’enunciatario,
l'enunciato inoltre contiene sapere, notizie. Quindi oltre a un enunciatore e un enunciatario, possiamo ipotizzare anche
due soggetti enunciazionali intermedi che si scambiano sapere (il sapere è l’esito degli scambi, che possono essere
interpretati con modelli narrativi):
 Informatore: attante intermedio che sa che c’è qualcosa da far sapere;
 Osservatore: attante intermedio che sa che c’è qualcosa da sapere.
Essendo attanti possono manifestarsi sotto forma di attori o istanze astratte che l’analisi deve preoccuparsi di
esplicitare. Un osservatore può essere focalizzatore: quando non si fa vedere, rimane indeterminato, spettatore:
riceve una collocazione spaziale e temporale, assistente: reso attraverso un attore, assistente partecipante: è un
personaggio, assistente protagonista: personaggio protagonista.
Anche l’informatore può essere reso mediante un attore o restare implicito. L'informatore non va identificato in senso
stretto con colui che informa, ma semmai con quelle possibili figure discorsive che forniscono in modo più o meno
soddisfacente la necessaria competenza per farlo (favorisce la circolazione di sapere).
Dotati di competenze modali variabili, positive o negative, osservatore e informatore possono avere relazioni
contrattuali o polemiche: può essere che l’osservatore voglia sapere e l’informatore voglia far sapere, come che
l’osservatore voglia far sapere ma l’informatore no e via dicendo. Infine i regimi del sapere dipendono dalle
moltiplicazione di osservatore e informatore. Se l’informatore è uno, produrrà un discorso veritiero, se l’informatori
sono molti e contraddittori, il sapere si sgretola e perde di credibilità, se gli osservatori sono molti la verità tende a
frammentarsi, se l’osservatore è solo uno si costruisce una specie di certezza soggettiva.

5. Intertestualità, interdiscorsività, intermedialità


In che modo il discorso, manifestandosi, rende possibile un’esperienza empirica di sé? Viene prodotto materialmente
da un emittente e recepito fisicamente da un qualche destinatario. Non si può avere un discorso senza testi che lo
mettano in mostra empiricamente e non si può avere un testo senza un qualche discorso da svolgere, inoltre il discorso
può essere manifestato da testi molto diversi tra loro. La presupposizione reciproca fra testi e discorso mette a sua
volta in moto la dialettica tra enunciatore che produce testi al fine di veicolare il proprio discorso ed enunciatario che
ricostruisce un discorso. Testo e intertesto sono la medesima cosa, comprendere i confini del testo è comprenderne i
legami con altri testi e viceversa stabilire legami tra testi è delinearne la fisionomia. Il problema dipende dalla
costruzione e dal mantenimento della coerenza discorsiva quando si hanno testi di nature differenti. Si può:
- Adottare le medesime materie dell’espressione (coerenza intrasemiotica)
- Far ricorso a differenti materie dell’espressione (coerenza intersemiotica o intermediale)
La coerenza del discorso viene costruita in due modi:
 Orizzontalmente: grazie alla compresenza entro un medesimo pacchetto testuale di figure appartenenti ora a
una, ora all’altra forma di totalità figurativa
 Verticalmente: grazie alla progressiva concretizzazione e conseguente arricchimento di una storia astratta
prima in un preciso tema e poi in una specifica forma di figuratività, batteria di attori, spazi e tempi.

6. Temi e figure
La distinzione tra significato letterale e figurato nei termini linguistici è stata ampiamente superata dalla riflessione
linguistica e semiotica contemporanee. Il significato dei termini non ha nulla di stabile, ma si trasforma nel corso del
tempo, rinviando a realtà talvolta molto diverse fra loro. Il significato linguistico non è un concetto, è un composto di
entità di natura diversa di tipo logico-visivo. Non esiste un significato legato ad un solo e unico termine, dato che le
entità linguistiche vanno a comporre entità più vaste di tipo frasico o testuale, nella cui articolazione complessiva si
costituisce la significazione che ha al suo interno entità astratte costruite intellettualmente (opposizioni come
cosa/evento) ed entità figurative ricostruite attraverso i sensi (alto/basso), entità che articolano la categoria timica
(euforia/disforia). La tematizzazione è la ricopertura semantica delle strutture narrative attraverso la selezione di una
serie di temi possibili raffigurabili a loro volta in modi diversi. Ci sono temi che si collegano autonomamente con
certe figure in modo da creare stereotipi discorsivi. La relazione fra temi e figure è bidirezionale: se da un lato il tema
è una realtà semantica astratta figurativizzata e arricchita di senso, le figure a loro volta sono portatrici di temi diversi
(es. la teoria delle figure retoriche). La figuratività tende a staccarsi dalla sua base tematica EA rendersi relativamente
autonoma, producendo vere e proprie argomentazioni figurative che doppiano il testo con significazioni ulteriori. Il
livello della figuratività non deve essere confuso con il piano dell'espressione dei linguaggi visivi, ma rientra nel piano
del contenuto. Ci sono però anche casi in cui il linguaggio verbale può ben rendere il piano figurativo del discorso.
Esistono all’interno della semantica dei diversi sotto-livelli di figuratività, ordinati gerarchicamente a densità
figurativa crescente: livello figurale, figurativo e iconico.

CAPITOLO 4: principio d’esteticità

1. Forme e sostanze dell’espressione


Ai livelli non immediati ed evidenti (quelli di narrazione e discorso), il piano dell’espressione non è così
fondamentale. Lo diventa però quando si arriva al punto in cui sul piano dell’espressione si intrecciano le diverse arti
(lingua, musica, fotografia), divenute codici specifici, con proprie forme e sostanze usate per esprimersi e che
contribuiscono ad arricchire il piano del contenuto dei testi e portano ulteriori significati.

2. Figurativo e plastico
La semiotica sostiene che l’immagine ha una natura significativa doppia, significa due volte:
- La prima quella figurativa, rappresenta qualcosa al suo interno, si fa manifestazione di una serie di figure del
mondo. Le forme, i colori, i materiali riproducono un qualcosa.
- La seconda, quella plastica, in cui un’immagine può essere portatrice di più aspetti visivi: forme, colori,
materiali, che ci possono comunicare altri significati.
 Es. una foto in bianco e nero di una persona, oltre a rappresentarcela, ci può dare il senso del tempo trascorso.
Il linguaggio plastico è un linguaggio secondo che si sovrappone a quello figurativo. Inoltre il linguaggio plastico non
agisce sulla base di singoli simboli, ma attraverso analogie, usando il semi-simbolismo, semi simboli, cioè una
correlazione tra almeno due elementi contrari del piano dell’espressione con almeno due elementi contrari sul piano
del contenuto (semaforo rosso = fermarsi solo perché alternanza con verde = andare).

3. Argomentazioni figurative
Il piano figurativo corrisponde alla prima significazione, esso rappresenta temi e realtà. La figuratività è quel livello di
senso che prende in carico la percezione umana e sociale del mondo. Il modo in cui temi vengono raffigurati non ha
nulla di stabile ma varia da cultura a cultura, da epoca a epoca, di modo che il medesimo tema può dar luogo
rappresentazioni figurative molto diverse. I modi di rappresentare un tema o una realtà sono diversi, perché diverso è
il modo di vedere le cose. Le immagini infatti non riproducono le cose ma le nostre idee sulle cose. Allo stesso modo
il realismo di un’immagine non è universale, se diciamo che un’immagine è realistica è perché la colleghiamo all’idea
che abbiamo di quello che l’immagine rappresenta. Le immagini quindi non sono realistiche alla stessa maniera.
Generalmente si dice che più un’immagine è ricca di particolari più è considerata realistica e viceversa. Volendo
generalizzare la semiotica ha individuato dei livelli del piano figurativo:
 figurale = formanti figurativi tratteggiati, ma senza ancora assumere configurazioni ben riconoscibili
 figurativo = diventano riconoscibili precise figure della nostra esperienza
 iconico = le figure vengono arricchite di dettagli minuziosi, imponendo una lettura standard
Da questo però si può rilevare che la figuratività non è presente solo nelle immagini ma in qualsiasi altro sistema
semiotico, compreso il linguaggio verbale. Si parla quindi di semi figurativi, che contribuiscono alla produzione degli
effetti di senso delle parole non appena queste vengono inserite nei loro concreti contesti linguistici.

4. Il linguaggio plastico
Nei tre sotto-livelli del piano figurativo quindi si insinuano numerosi significati che ad alcuni sono immediatamente
chiari ad altri no. L’immagine non è quindi caratterizzata da immediatezza comunicativa ma insinua più che dire,
nasconde più che svelare. E questo è ancora più evidente nel piano plastico. Per descriverlo dobbiamo tenere presente
alcune categorie: eidetiche = linee e forme, cromatiche = colori, topologiche = collocazione spaziale (importante non
confondere le categorie topologiche con la spazialità rappresentata a livello figurativo), luce (che intreccia una
questione di colori e forme) e testura = sconfina parzialmente nelle problematiche dell’enunciazione e della tattilità.
Il modo migliore per entrare nel merito del linguaggio plastico è quello di vederlo all’opera nella costruzione di
qualsiasi testo (di carattere visivo o meno), riguardante per esempio lo spazio urbano o la moda.

5. Esperienza sensoriale e corporeità


La dimensione visiva non è l’unica a essere importante sul piano dell’espressione dei testi. Quindi l’esperienza visiva
coinvolge tutto il corpo, tutti i sensi, e da qui nasce la necessità di lavorare sulla dimensione estetica, ossia sensoriale,
del senso. Il corpo quindi è il luogo in cui e il mezzo per cui si costituisce la significazione. Corpo e spazio sono
strettamente legati (il corpo abita uno spazio e allo stesso tempo è uno spazio). Il corpo interviene al momento
dell’enunciazione e ne rimane traccia al momento della conseguente costruzione dei vari testi. Non ci sarebbe semiosi,
creazione e donazione di senso, se non con un corpo che vive ed entra in relazione col mondo, modificandolo.

6. Sinestesie
A questo punto, ribadito il legame tra sensorialità e testualità, la semiotica ha elaborato un modello di analisi testuale
relativo alla corporeità, la topica somatica. Essa stabilisce i modi di “sentire” che non comprendono solo i cinque sensi
ma anche altri processi comunque pertinenti alla semiotica del corpo. Questo modello distingue il corpo sensibile in:
 Corpo proprio, che produce una percezione del sé
 Carne, qualcosa di ancora più intimo che genera un me
Entrambi, hanno un interno e un esterno, a partire dai quali si attivano particolari processi sensoriali. Ogni modo della
sensibilità ha una propria sintassi figurativa, un modo di articolare i suoi processi, che può essere investita da sostanze
diverse, dando luogo a effetti sinestetici (dei suoni possono essere intesi come una serie di colori). La sinestesia non è
semplicemente la rappresentazione esteriore di un senso attraverso un altro, ma il riuso di una forma sintattica
attraverso altre sostante sensoriali. Così come due immagini possono essere associate, dando luogo a possibili
argomentazioni visive per il fatto che hanno in comune un qualche sottolivello figurativo, allo stesso modo due
processi sensoriali possono essere accostati o sovrapposti perché hanno in comune un’articolazione sintattica
soggiacente. La sinestesia può essere intesa come una sovrapposizione percettiva di tratti espressivi e tratti semici.

7. Spazio e soggettività
La questione del corpo non è solo importante per la sensorialità ma anche per la sua relazione con lo spazio. Il
soggetto e lo spazio si costruiscono l’uno rispetto all’altro e il tramite attraverso cui avviene questo è il corpo. Il
soggetto ha consistenza e senso solo grazie alla sua collocazione in un determinato spazio, e nello stesso tempo esso
contribuisce a dare senso a questi luoghi, alla loro significazione. Spazialità e soggettività quindi si costruiscono
reciprocamente. Così il significato degli spazi, non è dato mai una volta per tutte, non coincide con il progetto di colui
che ha costruito quello spazio, ma il significato viene continuamente rinegoziato da coloro che vi entrano in contatto.
Lo spazio contiene inoltre le azioni di coloro che lo vivono, quindi è caratterizzato da narratività. Le azioni non sono
casuali ma fanno parte di programmi complessi e entrano in relazione con lo spazio. Sappiamo che al programma
d’azione di un soggetto si contrappone quello di un altro soggetto con tutte le strategie e tattiche che vi sono implicate.
In ogni spazio quindi ci sono almeno due soggetti che entrano in relazione tra loro in rapporti conflittuali o pacifici. La
loro azione è spesso determinata e provocata dallo spazio ma a volte gli spazi addirittura compiono delle azioni
umane. Immaginando ogni luogo fisico come un enunciato di stato che presuppone un enunciato del fare, possiamo
distinguere tra:
- Soggetti enunciati nello spazio (azioni vengono delegate a forme spaziali), sono impliciti e fisici, spesso più
efficienti;
- Soggetti dati a livello di enunciazione (coloro che utilizzano lo spazio come previsto da esso), sono astratti e
in qualche modo costretti dalla situazione
- Soggetti empirici che vivono lo spazio (si adeguano allo spazio e alle azioni che esso vuole provocare ma lo
risemantizzano anche), sono concreti e imprevedibili.
Nella problematica della spazialità va inserita anche la sfera dell’affettività e delle passioni. Lo spazio provoca
passioni o viene appassionato, subisce le passioni degli individui e allo stesso tempo provoca le passioni dei soggetti.

8. La presa estetica
Analisi legame tra i processi sensoriali e somatici (estesici) e l’arte. Per studiarli è stato coniato il termine di presa
estetica, che è quel momento in cui la sensorialità riemerge senza consapevolezza trasformando in maniera radicale la
cognizione, la soggettività e l’intersoggettività. La presa estetica quindi è la trasformazione non narrativa
dell’esperienza, la costituzione corporea della soggettività, soggettività che si trasforma, in modo tale che quando
ritorna alla percezione abituale ci si sente cambiati senza sapere bene il perché.

9. Guizzo finale
Il racconto di Italo Calvino intitolato “il seno nudo” ci è d’aiuto per riuscire a spiegare la presa estetica. Il protagonista
Palomar si pone come una sorta di eroe positivo della conoscenza impossibile, è una persona che non totalizza la sua
esperienza del mondo circostante, ma preferisce descrivere ciò che puntualmente vede. Un giorno incontra una donna
stesa sulla spiaggia a prendere il sole a seno nudo e si pone diversi problemi etici e ideologici: «guardare o non
guardare? E se si, in che modo?». Nel racconto Palomar oscilla tra quattro diversi modi di guardare quel seno e
altrettante possibili rielaborazioni cognitive. Inizialmente cerca di guardare altrove, poi lascia autonomia al suo
sguardo che cade proprio sul seno trasformandosi in tatto. Poi per non far apparire la donna come un semplice oggetto
(visione negativa e sessista) sceglie di adottare un’altra strategia: guardare solo fino ad un certo punto. Al divenir pelle
tesa del seno la sua visione diviene nuovamente tattile, l’occhio resta incantato e avviene una congiunzione tra lo
sguardo e il seno, egli sente come un guizzo, avviene un trasalimento, direziona lo sguardo a mezz’aria, lo sguardo
risale verso l’eidos (figura) e il seno si ricostruisce come forma. Infine lo sguardo riprende il suo corso come nulla
fosse.

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