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LE COMPETENZE LESSICALI
Abbiamo visto come per poter attribuire un termine generale ad un oggetto si faccia riferimento a due
livelli di conoscenze: intensionale ed estensionale. La nozione di tratto semantico è stata ideata per
isolare le diverse componenti del significato intensionale di un termine poiché purtroppo non descrive
molto bene la competenza lessicale del parlante. Infatti parlanti diversi possono avere competenze
lessicali ben diverse riguardo all’insieme dei tratti semantici, d’altronde, anche l’estensione di un termine
non è stabile in una comunità di parlanti. E ciò può dipendere da una diversa competenza sull’insieme
dei tratti intensionali. Questa diversità si riflette pertanto sull’estensione possibile del termine. Capiamo
facilmente dunque, che le due conoscenze non possono procedere congiuntamente e sarebbe giusto
identificarle come indipendenti che delineano due aspetti della competenza lessicale. Le lingue mettono
disposizione un’ampia gamma di espressioni referenziali. La loro scelta è legata a vari fattori, il primo di
essi è l’accessibilità:
-L’accessibilità può segnalare quanto un referente è identificabile in modo univoco per i parlanti e
quanto è presente all’attenzione dei parlanti in un dato momento del discorso, rispettivamente
identificabilità e attivazione di un referente.
L’accessibilità di un referente dipende inoltre dalle diverse componenti di conoscenza a disposizione
dei parlanti in uno scambio comunicativo.
Le espressioni referenziali possono segnalare il rapporto esistente fra il parlante ed il referente,
attraverso la scelta di un descrittore un parlante sceglie quali tratti connotativi del referente attivare. Il
parlante inoltre può segnalare il rapporto che lo lega al referente anche attraverso il sistema degli
indicali, ad esempio attraverso l’uso del genere o dei pronomi personali per esprimere maggiore o
minore empatia con il referente. Infine il modo di usare le espressioni referenziali nel dialogo può essere
funzionale a segnalare mosse comunicative particolari durante il discorso, per esempio la ripetizione di
un’espressione, da parte del parlante, può segnalare che si sta controllando di aver identificato bene un
referente.
LA DEISSI TESTUALE
Riportiamo qui di seguito inoltre anche la deissi testuale che, fa ricorso a coordinate di tipo spaziale e
temporale ma si serve di un campo indicale particolare, un testo viene perciò trattato come se fosse un
luogo fisico in cui gli interlocutori possono spostarsi liberamente. Infatti l’origo non è il tempo ed il luogo
del lettore, ma il tempo ed il luogo del testo.
Nel riportare un discorso altrui si può optare per mantenere i campi indicali originari attraverso il discorso
diretto, oppure per un traslazione dei campi indicali attraverso il discorso indiretto. La traslazione di un
campo indicale avviene perché durante una conversazione il centro deittico dei vari campi indicali
cambia continuamente, dato che ognuno adotta come origo sé stesso. Molto importante è anche la
deissi fantasmatica, che si verifica quando i campi indicali evocati non hanno come origo quello in cui
avviene o è effettivamente avvenuto l’evento comunicativo.
ANAFORA
Il fenomeno per cui il riferimento di un’espressione linguistica è vincolato a quello di un’altra espressione
del discorso (antecedente) è detto anafora. Le lingue in genere possiedono diverse classi di espressioni
che in genere vengono utilizzate per il rimando anaforico, aggettivi come “precedente”, “successivo”,
avverbi come “dopo” ed alcuni tempi verbali composti, anche i descrittori possono instaurare relazioni di
tipo anaforico. Nell’anafora spaziale e temporale i rapporti fra antecedente e anafora sono
normalmente di ordine lineare mentre in quella personale l’espressione anaforica si riferisce allo stesso
referente del suo antecedente. Possiamo parlare anche di anafora cosignificante, quando il referente
fa riferimento solo al significato intensionale del suo antecedente, e di anafora referenziale, quando
l’elemento antecedente introduce il quadro di riferimento grazie al quale il referente viene interpretato.
Ex: Imbavagliate Sabine e Birillo. Poi rapitelo (rapite Birillo)
Possiamo inoltre aggiungere come spesso l’interpretazione delle relazioni anaforiche può far leva inoltre
su principi morfosintattici, semantici o pragmatici
Ex: Ho comprato una nuova penna. Se ti serve puoi usarla (la penna).
O dalla conoscenza del significato intensionale dei descrittori
Ex: C’era un leone sul ponte. Dovrebbero catturarlo quell’animale, è pericoloso (animale è iperonimo di
leone).
Infine le relazioni messe in campo da deissi ed anafora possono essere sfruttate anche per segnalare un
atteggiamento emotivo del parlante verso l’ascoltatore, a questi usi si attribuisce il nome di deissi
empatica. Si manifesta ad esempio attraverso le relazioni di vicinanza e di lontananza espresse dai
dimostrativi.
DINAMISMO COMUNICATIVO
Nella forma che un enunciato assume agiscono principi attinenti al modo in cui l’informazione è
organizzata, a questo proposito si parla di dinamismo comunicativo, il minimo dinamismo
comunicativo è dato dagli elementi noti e già condivisi, il massimo dinamismo comunicativo è dato
invece dagli elementi nuovi e non condivisi che costituiscono il vero obiettivo comunicativo. Le lingue
possiedono mezzi diversi per variare la loro struttura informativa in conformità alla variazione del
dinamismo comunicativo, in generale, nel trasmettere un’informazione il parlante procederebbe secondo
un crescendo partendo dai dati condivisi per poi terminare con quelli più controversi e non condivisi.
In quest’ottica la prosodia ha un’importanza non trascurabile, i parlanti tendono infatti a segnalare con
un accento più forte la parte di enunciato con maggior dinamismo comunicativo.
FOCUS
Si definisce focus la parte di enunciato con maggior grado di dinamismo comunicativo, ed è
normalmente collocato alla fine dell’enunciato e segnalato da un accento più rilevato, è infatti la
porzione fondamentale di un enunciato. Possiamo definire due tipi di focus, quello completivo e quello
contrastivo. Il focus completivo corrisponde ad un’informazione focale nuova,
Ex:
- Hai scritto alla tipa Ale?
-No
Il focus contrastivo invece corrisponde ad un’informazione che non va solamente aggiunta al discorso
ma va anche scelta fra vari candidati evocati nel discorso.
Ex:
Lo dici tu o glielo dico io ad Ale di scrivere alla tipa?
Da un punto di vista informativo dunque un focus completivo aggiunge un’informazione mentre un
focus contrastivo fornisce un’informazione segnalando in che modo una precedente nel discorso vada
modificata. In certi casi si parla anche di focus contropresupposizionale, quando un focus contrastivo
segnala ad un interlocutore che un parlante deve cancellare dal suo modello di discorso una convinzione
implicita nella sua domanda.
TOPIC
Con topic, o tema, si intende l’elemento informativo che il parlante intende come argomento
dell’enunciato, il ruolo di soggetto, ad esempio, è un buon candidato al ruolo topicale.
Candidati al ruolo topicale spesso sono anche gli elementi che vengono posti all’inizio della frase,
Ex: Birillo è un cane molto bello
Ex: A proposito della padrona, quella un po’ meno
Introdotti da “a proposito di”, “per quanto riguarda” … il topic dunque rappresenta ciò di cui vuole
parlare il parlante e rappresenta inoltre il punto di partenza di un enunciato; come tale, l’elemento
topicale ha basso dinamismo comunicativo poiché sia in generale un elemento noto e già attivo nel
discorso. A questo punto individuiamo anche l’antitopic, che ha la funzione di attualizzare o
riattualizzare un topic che il parlante ritiene possa non essere attivo nel momento attuale del modello del
discorso.
Ex: L’hai portata dal meccanico, la tua macchina?
La macchina fa riferimento ad un topic del discorso accessibile ma non attivo in quel momento di
discorso in atto.
Una frase è oggetto di studi della semantica e della sintassi. Un enunciato, prodotto da un parlante in un
contesto per determinati scopi, è una conseguenza verbale usata per un atto linguistico. Come tale, è
dotato di significato in quanto dotato di scopi e intenzioni e capace di produrre degli effetti.
CONDIZIONE DI FELICITA’
La teoria degli atti linguistici ha fra i propri obiettivi la definizione di una “grammatica” degli atti linguistici,
ovvero la definizione delle condizioni alle quali ciascuno di essi è "e ben costruito", cioè accettabile per il
suo destinatario: tali condizioni di felicità e dipendono dal tipo di atto. Si tratta di atti altamente
convenzionali, che prevedono che siano eseguiti secondo precisi rituali.
Tutti gli atti sono vincolati a regole.
ASSERZIONI
Con un'asserzione un parlante dichiara che un certo stato di cose è vero; con un'asserzione un parlante
si impegna sulla verità di uno stato di cose. Un enunciato dichiarativo è accettabile per il suo destinatario
se la verità dello stato di cose cui fa riferimento è plausibile, cioè se non è smentito dall'informazione in
possesso dal destinatario. In un atto assertivo ci si aspetta che il parlante dica ciò che sia vero.
DOMANDE E RICHIESTE
Con una richiesta un parlante chiama in causa l’interlocutore perché si impegni su un certo stato di
cose. Condizione necessaria per l’esecuzione felice è che l'interlocutore abbia la possibilità di fare ciò
che gli è domandato (“torna subito giovane” è un’esecuzione infelice). Osserviamo che il fatto che un
atto non sia felice non significa che esso non venga mai eseguito nella realtà. Possiamo descrivere i casi
di richiesta di cose impossibili come uso inappropriato del linguaggio da parte di chi richiede.
Diverso dalla richiesta è l'atto della domanda, cioè interrogare l'interlocutore sulla verità di uno stato di
cose. Fra le condizioni di felicità di un atto di domanda sono la non conoscenza da parte del parlante
dell'informazione richiesta e la supposizione da parte sua che l'interlocutore ne sia invece a
conoscenza. L'atto di domanda è frequentemente adottato come mezzo per esprimere indirettamente
una richiesta.
VERBI PERFORMATIVI
Possiamo esplicitare il tipo di azione che un parlante esegue nel proferire un enunciato usando dei verbi
che qualificano l'azione verbale compiuta.
Esempi:
-prometto che farò il bravo;
-scommetto venti euro che domani vinciamo
Con il fatto stesso di dire "prometto" un parlante segue una promessa: l'azione di promettere è di per sé
realizzata per il fatto stesso di aver usato la forma “prometto” (lo stesso con “scommetto”). I verbi come
promettere, informare, chiedere, scommettere che realizzano un'azione linguistica sono detti verbi
performativi. Solo in specifiche forme e circostanze un verbo performativo ha queste proprietà: quanto
detto per la forma “prometto”, non vale per le forme “ho promesso” e “promette”.
La constatazione dell'esistenza di verbi con queste caratteristiche aperto la strada all'idea che parlare è
un mezzo per agire, o più precisamente all'idea che ci sono azioni che si eseguono principalmente
attraverso il linguaggio. Le azioni che si compiono attraverso il linguaggio possono anche essere
eseguite attraverso altri mezzi comunicativi (esempio: posso scusarmi chinando la testa con aria
contrita).
Il linguaggio verbale sembra comunque essere il mezzo più efficiente e versatile per eseguire questi
azioni.
Alcune inferenze sono trattate come ipotesi, altre inferenze invece scaturiscono necessariamente da un
enunciato, cioè non sono cancellabili: chiamiamo queste inferenze obbligatorie, conseguenze.
Se il fatto di usare una certa parola o espressione in un enunciato produce un’inferenza non cancellabile
evidentemente quell’inferenza è parte del significato dell’espressione stessa. Sono studiate le
conseguenze che si producono a oratore da alcune costruzioni sintattiche, ad esempio le subordinazioni.
L’uso di alcuni verbi produce come conseguenza la validità (verbi fattivi) o non validità (verbi contro
fattivi). Non possono essere cancellate a meno che esse non vengano smentite.
Ma non tutte le inferenze che scaturiscono da un enunciato vengono cancellate della sua smentita. Si
dice presupposizione un’inferenza che resta valida tanto quando un enunciato è asserito tanto quanto
viene smentito. Le presupposizioni costituiscono le informazioni di sfondo sui quali si costruisce
l’informazione asserita. Possono avere diversa origine:
• Dalle espressioni linguistiche;
• Da alcuni verbi (implicativi);
Fra le presupposizioni più studiate ci sono quelle relative all’esistenza dei referenti menzionati negli
enunciati. Si può osservare come il fatto che l’esistenza di un referente menzionato sia data per
presupposta o invece passibile di smentita dipende da vari fattori:
• Un referente definito e dato più facilmente per presupposto di un indefinito;
• La negazione di certi verbi (verbi con obiectum effectum) cancella l'esistenza del referente con il
ruolo di oggetto, mentre con altri verbi (verbi con obiectum affectum) desistenza del referente
oggetto può essere mantenuta.
Dalle massime scaturiscono delle inferenze che Grice chiama implicazioni conversazionali, cioè
inferenze che non scaturiscono dal significato codificato convenzionalmente nelle espressioni
linguistiche, ma dal comportamento comunicativo e dalle aspettative che si hanno su di esso. Tuttavia le
implicazioni conversazionali sono cancellabili se il contesto porta a una diversa interpretazione del
comportamento del parlante.
Una combinazione di significato convenzionale e implicazioni conversazionali consente di
descrivere l'uso di determinate espressioni linguistiche che risulterebbero altrimenti di difficile
definizione.
Alcune classi di espressioni, specialmente quantificatori e connettivi, sono state studiate
sistematicamente secondo questo metodo, giungendo a generalizzazioni importanti, come quelle di
Horn e Gazdar sulle implicazioni scalari.
Si dice che i quantificatori sono ordinati in una scala informativa.
Le massime possono essere violate.
Questa violazione deve essere pero attribuita a qualche altra motivazione, ad esempio una regola i
cortesia.
Inferenze che scaturiscono dalla ricerca di una giustificazione alla violazione delle massime sono dette
implicazioni conversazionali non standard
Ci che resta valido all’interno di ogni scambio comunicativo è il principio di cooperazione; e le quattro
massime possono essere viste come metaimplicazioni generalizzate che scaturiscono dal principio di
cooperazione e possono come tali cadere in contesti specifici.
CAPITOLO 7:
LA CONVERSAZIONE COME AGIRE SOCIALE: ROUTINE E
RITUALI
La comunicazione linguistica è una fra le più importanti attività sociali umane. Come tale, essa segue
regole e persegue scopi volti alla gestione dei rapporti sociali.
Esistono scopi e regole nella gestione degli scambi comunicativi che non sembrano avere a che fare con
la comunicazione intesa come mezzo per compiere azioni, ma sembrano avere piuttosto una funzione
sociale volta alla salvaguardia delle relazioni fra i partecipanti.
Uno dei primi problemi che si sono posti all’osservazione degli scambi comunicativi reali è la necessità di
individuare delle unità di analisi.
L’unità di base è stata individuata nel turno ossia una sequenza di parole che ogni partecipante
produce in modo continuo prima che intervenga un altro. La gestione dei turni può dar vita a diversi
conflitti come:
• sovrapposizione, che si verifica con certa frequenza soprattutto ad inizio turno quando possono
esserci delle partenze simultanee. Non tutte le sovrapposizioni danno origini a delle situazioni
conflittuali;
• I silenzi.
Le azioni comunicative dei parlanti sono descritte dall’analisi della conversazione in termini di mosse.
La nozione di mossa comunicativa richiama quella di atto linguistico; entrambe mirano a descrivere i
tipi di azione che si possono eseguire con le parole.
La nozione di mossa comunicativa è definita in ambito etnolinguistico a partire dall’osservazione di
molteplici conversazioni concrete.
L’analisi della conversazione mira a individuare specifiche mosse comunicative e a descriverne le regole
di ricorrenza e di concatenazione.
Le mosse comunicative si organizzano in sequenze complementari; sono sequenze completare
quelle saluto-saluto, domanda-risposta, scuse-accettazione, e appello-risposta.
Una mossa comunicativa non coincide necessariamente con un turno o viceversa; inoltre le mosse
fanno parte di sequenze complementari non solo collocate necessariamente in turni adiacenti.
In conversazioni simmetriche per l’avvicinamento dei turni e per la presa di turno i parlanti seguono
regole generali che agiscono in successione:
• Una prima regola prevede che chi parla possa selezionare il parlante successivo. Chi sta parlando
svolge anche il ruolo di regista della conversazione;
• Una seconda regola prevede che qualsiasi partecipante può auto selezionarsi per il turno successivo
se il parlante non seleziona nessun parlante successivo;
• Una terza regola prevede che se chi parla non ha selezionato alcun parlante successivo il primo
parlante può riprendere la parola.
In interazione in cui i ruoli dei partecipanti sono asimmetrici, la gestione dei turni può essere affidati a
una figura di regista.
Solo alcune interazioni prevedono una perfetta simmetria.
Frequenti sono per le interazioni asimmetriche, nelle quali ruoli non sono equivalenti e intercambiabili: i
partecipanti hanno diverso potere interazionale.
Asimmetria può manifestarsi anche a seguito dell'effettiva gestione dell'interazione da parte dei
partecipanti: un singolo partecipante può assumere una posizione dominante. La dominanza può
essere motivata da vari fattori, come una maggior competenza linguistica o comunicativa. Le regole di
gestione dell'interazione e i ruoli sono in parte prevedibili in base alla conoscenza del tipo di interazione
in corso, ma non ne sono determinati necessariamente.
Tra le regole e le strategie di comportamento che i parlanti considerano in una conversazione ne sono
state individuate alcune che regolano il rispetto dell'interlocutore e della sua immagine sociale. A tali
strategie si dà il nome di strategie di cortesia: cortesia e faccia sono quindi due termini tecnici che
hanno un valore solo parzialmente coincidente con quello del linguaggio comune.
Si usa distinguere fra una faccia positiva, che riguarda il bisogno di dare e ricevere approvazione fra
interlocutori, e una negativa, che riguarda la necessità di rispettare libertà d'azione degli interlocutori; le
strategie di cortesia mirano a salvaguardare entrambe.
La nozione di cortesia è alla base della distinzione fra mosse comunicative preferenziali e non
preferenziali.
Sono mosse preferenziali quelle che sono in linea con i principi di cortesia.
I principi individuati dall'analisi della conversazione sono un necessario complemento alla logica della
conversazione disegnata da Grice.
Le nozioni di faccia e cortesia intendono esplorare la logica di uso del linguaggio funzionale e al suo
successo come azione di interazione sociale.
La selezione dei mezzi referenziale rispondi anche a una "logica della cortesia" che prevede che i modi
del riferimento non violino la faccia negativa e positiva dei partecipanti alla conversazione. In molte
lingue una regola di cortesia è quella in cui in una conversazione lo sforzo va indirizzato a valorizzare la
faccia altrui e non la propria.
(Libro): Hymes con la nozione di competenza comunicativa intende ampliare quella di competenza
linguistica; con competenza comunicativa si intende infatti “la capacità di usare un repertorio di atti
linguistici, prendere parte dei venti linguistici, comprendere come gli altri li valutano. Questa competenza
inoltre si integra con attitudini, valori e motivazioni che riguardano la lingua”
Lo studio della competenza comunicativa non considera come unità di analisi sufficiente l’enunciato, ma
sostituisce ad essa la nozione di evento linguistico, definito come "attività direttamente governata da
regole o norme per l'uso del parlato”.
I parametri descrittivi significativi per un evento linguistico sono riassunti dall’acronimo
SPEAKING:
• “S” è la situazione, intesa come le concrete coordinate e scansioni spaziotemporali in cui avviene
l'evento quanto come “scena”. Sono pertinenti le scansioni interne, sia spaziali, sia temporali. La
prossemica è anch'essa di solito culturalmente codificata dalla situazione. Anche la direzione dello
sguardo ha una rilevanza per l'evento;
• “P” sono i partecipanti dell'evento linguistico. Vengono distinti i ruoli di emittente e destinatario, che
possono o meno coincidere con i ruoli di parlante e ascoltatore. Destinatario è detto un partecipante
cui il parlante non si rivolge direttamente, ma a cui l'evento nel suo complesso è comunque rivolto ed
effettivamente destinato; mentre l'emittente
è un partecipante che non esegue materialmente l'azione di parlare, ma viene considerato dagli altri
partecipanti e segnalato dal parlante come origine del messaggio di cui egli non è che il materiale
portavoce ;
• “E” sono gli scopi dei partecipanti all'evento linguistico, nozioni che è oggetto centrale della nozione di
atto linguistico e forza illocutiva.
• “A” sono gli atti di linguaggio che vengono sequenzialmente prodotti. Le modalità di esecuzione di
un'azione linguistica possono variare da cultura a cultura, prevedendo rituali diversi. Oltre alle modalità
di esecuzione degli atti, anche la loro stessa esistenza pu essere culturalmente determinata;
• “K” è la chiave secondo cui l'evento linguistico va interpretato;
• “I” sono i mezzi di cui i parlanti si servono, ovvero i canali e i codici linguistici. Non corrispondono
solamente all'uso del codice linguistico, ma anche di diversi codici paralinguistici e non linguistici.
Spesso l'interpretazione della chiave è affidata a segnali
(strumenti) paralinguistici (come la prosodia), e non verbali (come la mimica o la gestualità);
• “N” sono le norme che regolano lo svolgimento di un certo evento linguistico e il comportamento dei
suoi partecipanti. Sono norme le condizioni di felicità degli atti linguistici, le massime della
conversazione, le regole che vincolano la cortesia. È importante discutere le modalità di variazione
dell'inventario e della gerarchia reciproca delle norme valide in una specifica cultura. La mancata
conoscenza dei sistemi di norme proprie di una diversa cultura possono portare alla produzione di
inferenze errate;
• “G” È il genere o tipologia di discorso che viene adottato un evento linguistico.
Lo scopo del modello è quello di fornire una griglia che consenta di tenere insieme le riflessioni svolte
dalla pragmatica sull'importanza del "contesto" e sulle diverse componenti della situazione comunicativa
nell'interpretazione degli eventi linguistici.