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-In reazione a questa visione limitata della competenza linguistica deI Parlanti come competenza del codice,
tipica della linguistica formale, è stata coniata da Dell Hymes l’espressione competenza comunicativa
Con n cui si fa riferimento all’abilità degli utenti di una lingua di usarla in modo efficace e appropriato in
diversi contesti per esigenze comunicative di vario tipo. Potremmo dunque definire in questo senso la
pragmatica come scienza della competenza comunicativa.
Ci sono due diversi usi che possono avere i nomi (o le espressioni nominali in generale) nel discorso:
-funzione allocutiva: per richiamare l’attenzione dell’interlocutore, ovvero per instaurare o consolidare
il legame discorsivo fra parlante e interlocutore.
-funzione referenziale: quando il parlante evoca nel discorso elementi della realtà (referenti); un referente
evocato attraverso questo tipo di espressione diventa un referente testuale del modello di discorso in atto
(“Il governo ha varato una nuova modifica alla Finanziaria”).Questi due usi non esauriscono la gamma di
funzioni che possono avere le espressioni nominali: esse possono avere anche funzione attributiva o
predicativa quando non servono ad attivare un referente testuale bensì a qualificarne uno attribuendovi
delle proprietà.
(ES: GIANNI è a lezione (SN=N)
IL RAGAZZO sta salendo (SN= ARTICOLO +AGGETTIVO)
*ESPRESSIONI REFERENZIALI
I parlanti hanno a disposizione tre tipi fondamentali di espressioni referenziali:
-I DESCRITTORI:
Un primo gruppo è quello dei nomi comuni e dei sintagmi nominali che fanno riferimento a classi di oggetti
accomunati per qualche proprietà, i quali, proprio in virtù di queste proprietà sono racchiusi in quella classe.
Per poterli usare in modo appropriato, un parlante deve:
1.conoscere l’intensione del descrittore
2.sapere se il referente che intende nominare attraverso un descrittore può far parte dell’estensione del
descrittore stesso (dell’insieme degli individui cui esso può riferirsi);
Dal punto di vista dell’ascoltatore, per intepretare un descrittore, è necessario:
1.conoscere il significato intensionale del termine;
2.attivare o identificare nell’insieme dei referenti testuali presenti nel modello di discorso una possibile
estensione valida per l’espressione ;
-I NOMI PROPRI
Un secondo gruppo di espressioni referenziali è quello dei nomi propri, i quali evocano direttamente uno
specifico oggetto o individuo. Per poter usare un nome proprio per designare un referente un parlante deve
semplicemente sapere che quello è il suo nome; reciprocamente, perché il ricevente di un messaggio
identifichi il referente di un nome proprio, deve sapere che quel nome è stato attribuito a quel referente.
Questa conoscenza si ottiene per esperienza diretta o indiretta del legame fra referente e nome. Il legame
fra referente e nome è massimamente arbitrario. I nomi propri dunque non hanno significato intensionale,
ma solo estensione: il loro significato coincide semplicemente con il referente cui fanno riferimento. In
questo senso i nomi propri “non significano niente”.
-GLI INDICALI
-La peculiarità è: non è possibile attribuire un significato all’espressione “ciò” se non si conosce il contesto in
cui tale espressione è stata usata. il significato rimanda a caratteristiche del suo status e della sua
collocazione nel modello di discorso in atto.
Gli indicali dunque non denotano il referente cui rimandano ma danno informazioni su:
1.il tipo detonato (caratteristiche del referente);
2. l’ elemento/i contestuali rispetto a cui si origina la relazione e il tipo di relazione fra tale elemento e il
referente indicato.
-Ciò che distingue le espressioni indicali dalle espressioni simboliche è il fatto che nelle prime le modalità
secondo cui ricorrere al contesto per l’interpretazione del riferimento sono codificate nell’espressione
stessa, anzi ne costituiscono il significato intrinseco: il significato degli indicali è descrivibile in termini
relazionali; è una sorta di “insieme di istruzioni” che segnalano in che modo va cercato nel contesto il loro
riferimento
*COMPETENZA LESSICALE
Abbiamo detto dunque che per poter attribuire un termine generale ad un oggetto una classe di oggetti, il
parlante si serve di due livelli di conoscenza: un livello relativo al significato intensionale del termine (ovvero
all’insieme dei tratti semantici che lo definiscono) e uno relativo al significato estensionale del termine(cioè
all’inseme degli individui cui il termine può riferirsi).
-La nozione di tratto semantico:
è stata ideata nell’ambito della semantica strutturale, sul modello della classificazione per tratti della
fonetica, per isolare le diverse componenti del significato intensionale di un termine: la parola “scapolo” è
ad esempio composta dai tratti semantici (+ uomo) e (- sposato).
-Parlanti diversi possono avere competenze diverse riguardo all’insieme dei tratti semantici che definiscono
il significato di un termine.
- Altre difficoltà vengono dal fatto che le due conoscenze possono non procedere congiuntamente. Per
ovviare a tali difficoltà sono state proposte descrizioni della competenza dei parlanti rivolte all’aspetto
estensionale: il significato del nome sarebbe l’insieme dei referenti cui esso si applica.
*ACCESSIBILITÀ
La scelta delle espressioni referenziali può essere funzionale a segnalare il grado di accessibilità di un
referente, ovvero quando esso è identificabile in modo univoco per i parlanti e quanto è presente
all’attenzione dei parlanti in un dato momento.
-Con identificabilità di un referente: si intende la possibilità di identificabile in modounivoco. Ad esempio
“scarpe”:
-Con attivazione di un referente: si intende in fatto che esso sia o meno presente all’attenzione dei parlanti
in un dato momento del discorso:
-L’accessibilità di un referente dipende dalle diverse componenti di conoscenza adisposizione dei parlanti in
uno scambio comunicativo, ovvero:
1. l’insieme di conoscenze condivise fra i parlanti o supposte tali: - “il Consiglio dei ministri dà il via libera
alla manovra di 24 miliardi. Critiche dell’opposizione”
I referenti “Consiglio dei ministri”è “l’opposizione”sono presentati come identificabili per il lettore medio
che minimamente conosce l’ordinamento istituzionale e la politica italiana;
2. la situazione:
A –“mi passi la borraccia?
B – “lui (cenno del mento verso un terzo escursionista
C) non ce l’ ha?Il referente “borraccia” è reso attivo dalla situazione di riferimento “gita”, che prevede per
ogni escursionista un equipaggiamento completo di borraccia; il referente “lui” è intrinsecamente
accessibile perché presente nel contesto e reso attivo dal cenno del mento.
3. il modello del discorso in atto:
“ L’arrestato per le stragi di Madrid: le ho preparate in due mesi.”
Il referente “arrestato per le stragi di Madrid” è reso identificabile dall’uso di un descrittore che fornisce
tutti gli elementi utili all’identificazione del referente; è reso accessibile e attivo nel modello di discorso dalla
sua menzione nella frase immediatamente precedente.
-Le lingue possiedono mezzi espressivi dedicati a segnalare il movimento referenziale , ovvero il mutamento
del grado di accessibilità dei referenti nel modello di discorso. Referenti al massimo grado identificabili e
attivi sono segnalati attraverso espressioni indicali o attraverso l’ellissi.
-I descrittori sono usati invece per referenti con più basso grado di accessibilità; anche l’alternanza fra
specificatori ha una funzione analoga. Attraverso la segnalazione del grado di accessibilità dei referenti il
parlante indica all’interprete “dove cercare” il referente menzionato fra le conoscenze possedute e proprie
del modello di discorso.
*TRATTI CONNOTATIVI:
Le espressioni referenziali possono segnalare il rapporto fra il parlante e il referente, in modo analogo
all’uso delle formule allocutive, che evidenziano il rapporto fra parlante ed interlocutore. Attraverso la scelta
di un descrittore un parlante sceglie quali tratti connotativi del referente attivare. Il parlante può
segnalare il rapporto che lo lega al referente anche attraverso il sistema degli indicali.
*MOSSE COMUNICATIVE
Il modo di usare le espressioni referenziali in un dialogo può essere funzionale a segnalare mosse
comunicative particolari durante il discorso. La ripetizione di un’espressione referenziale appena
menzionata sembra ad esempio essere un segnale che si sta controllando di aver ben identificato Un
referente o che si sta accettando un topic discorsivo.
- Le espressioni di I e II persona sono intrinsecamente deittiche, ossia posso capire il riferimento di “io” solo
se so chi sta parlando.
Le espressioni di III persona hanno uso dittico in casi come: - “è stato lui!” in cui un bambino indica alla
maestra il colpevole di un misfatto indicandolo testualmente.
-PER LA DEISSI SPAZIALE, l’ORIGO coincide con la posizione occupata dal parlante mentre proferisce il suo
enunciato; esistono sistemi deittici organizzati intorno a opposizioni più o meno complesse. L’italiano è una
lingua in transizione da un sistema tripartito, che oppone parlante-ascoltatore-esterno, a un sistema
bipartito parlante-esterno. Per questo vengono utilizzati avverbi come “qui”, “lì” o verbi come“venire”,
“andare”, che esprimono un’idea di movimento orientate rispetto al parlante.
-PER LA DEISSI TEMPORALE, l’origo coincide con il momento in cui il parlante proferisce il suo enunciato. In
italiano utilizziamo alcuni aggettivi, avverbi ed espressioni avverbiali (“ora”, “un momento fa”, “oggi”) ma
anche molti tempi verbali (“sto facendo”, “stavo facendo”, etc.)
-In altri casi è il parlante a spostarsi in un altro campo indicale; una persona che dà indicazioni per
raggiungere un luogo può servirsi in ogni momento di un campo indicale traslato collocato nel luogo in cui si
troverà l’ascoltatore in quel momento del percorso:
- “svolta al prossimo incrocio, fai 200 metri e il cinema è subito qui (gesto con lamano) sulla destra ”Il “qui
sulla destra” non significa sulla destra dello spazio reale, ma sull’immediata destra del luogo e della
*2.3. ANAFORA
(dal greco “rimando all’indietro”, perché tornando indietro nel discorsosi trovano i riferimenti necessari per
interpretare l’espressione in questione) è il fenomeno per cui il riferimento di un’espressione linguistica è
vincolato al riferimento di un’altra espressione del discorso.
*3.2.1. FOCUS
E’ la porzione dell’enunciato che ha maggior grado di dinamismo comunicativo. E’normalmente collocato in
posizione finale ed è segnalato da un accento più rilevato; è infatti la porzione fondamentale di un
Enunciato.
E’ particolarmente evidente nei dialoghi di domanda e risposta:
*3.2.2. TOPIC
E’ l’elemento informativo che il parlante presenta come “argomento” dell’ enunciato, ciò di cui intende
parlare. Il ruolo del soggetto è un buon candidato al ruolo tropicale. E’ dunque il punto di partenza di un
enunciato; come tale l’elemento tropicale ha basso grado di dinamismo comunicativo.
-Un particolare tipo di topic, detto: ANTITOPIC:
ha la funzione di attualizzare o riattualizzare un topic identificabile per gli interlocutori, ma che il parlante
ritiene possa non essere attivo per l’ascoltatore nel momento attuale del discorso. Questo topic è collocato
in posizione finale, esterna:
- “l’hai poi portata in tintoria, la tua giacca?”
*4.1.4. ASSERZIONI
Un parlante dichiara che un certo stato di cose è vero:
- “Gianni è arrivato, ma non ho la minima idea se questo sia vero”. La condizione di sincerità del parlante
equella di plausibilità della verità sono condizioni di felicità di un atto assertivo. .Qualora un parlante non sia
certo della validità di quanto afferma, può segnalare questo fatto in vario modo.
possono essere violate. Osserviamo in fine che l’atto di domanda è adottato come mezzo per esprimere
indirettamente una richiesta.
- ATTI LINGUISTICI INDIRETTI: la forza illocutiva è espressa in modo traslato. La loro esistenza è la
manifestazione della flessibilità di uso delle lingue, che si manifesta ad ogni livello e consente ai parlanti di
forzare e modificare l’uso delle espressioni linguistiche: metafora, metonimia, ironia… ne sono
manifestazioni. La capacità di interpretare correttamente la forza illocutiva diretta o indiretta può essere
messa in crisi in una comunicazione interculturale.
*CAPITOLO 5:
L’INFERENZA E’ Deduzione intesa a provare o sottolineare una conseguenza logica.
*5.2. FONTI DELLE INFERENZE
La produzione di inferenze è quindi il risultato dell’attività di comprensione e interpretazione degli indizi
presenti nel modello di discorso; esse possono scaturire da tutte le componenti del contesto:
il discorso in atto, la situazione comunicativa, le conoscenze e le aspettative generali sul funzionamento del
mondo e sul comportamento delle persone.
-ESEMPIO: “Ho smesso di fumare” In risposta alla domanda “Come va?”, produrrà nell’interlocutore
inferenze diverse, anche opposte, come:
a)Sto benone
b)Sto malissimo.
Un tono di voce o un’espressione facciale dimessi o ironici potrebbe far propendere per l’inferenza b) e
viceversa. Anche informazioni sul parlante sarebbero d’aiuto. Infine, ci orientano nella produzione di
inferenze le nostre conoscenze generali sul funzionamento del mondo e le nostre aspettative sul
comportamento delle persone.
*5.3. CONSEGUENZE
Alcune inferenze sono trattate come ipotesi, supposizioni in attesa di essereverificate; altre inferenze invece
scaturiscono necessariamente da un enunciato,sono cioè non cancellabili: chiamiamo queste inferenze
obbligatorie, necessarie, conseguenze
*5.4. PRESUPPOSIZIONi
Si dice presupposizione un’inferenza che resta valida tanto quando un enunciato è asserito tanto quando
viene smentito o quando sulla sua validità ci si interroga. Le presupposizioni costituiscono, per così dire, le
informazioni di sfondo sulle quali si costruisce (e si discute) l’informazione asserita.
-Alcuni verbi (verbi implicativi) producono presupposizioni sulla validità delle informazioni contenute nelle
frasi dipendenti
ESEMPIO:
a) Mi dispiace aver lavorato con Gaia
b) Non mi dispiace aver lavorato con Gaia
Se entrambe mantengono valida l’inferenza “ Ho lavorato con Gaia, ciò significa che il verbo “dispiacere”
presuppone la verità della frase dipendente
-Fra le presupposizioni più studiate ci sono quelle relative all’esistenza dei referenti menzionati negli
enunciati. In generale, si può osservare come il fatto che l’esistenza di un referente menzionato sia data per
presupposta o invece passibile di smentita dipenda da vari fattori:
♣un referente definito è dato più facilmente per presupposto di un indefinito:
ESEMPIO
a) Non è vero che è passato un giovanotto)
b) Non è vero che è passato lo zio Carlo
UN GIOVANOTTO: non esiste, oppure esiste ma non è passato – esistenza in discussione.
LO ZIO CARLO: esiste, ma non è passato – esistenza non in discussione e presupposta
♣la negazione di certi verbi (obiectum effectum) cancella l’esistenza del referente con il ruolo di oggetto,
mentre con altri verbi (obiectum affectum) l’esistenza del referente oggetto può essere mantenuta:
*5.4.1. PRESUPPOSIZIONI E STRUTTURA INFORMATIVA
ESEMPIO
a) Non è vero che ho scritto la lettera a Babbo Natale )
b) Non è vero che ho spedito la lettera a Babbo Natale
HO SCRITTO: la lettera non esiste.
HO SPEDITO: non l’ho spedita, ma la lettera esiste; oppure non l’ho spedita e non esiste nemmeno.
ESEMPIO:
a) Qualcuno ha pagato il caffè?
*PRINCIPIO DI COOPERAZIONE
La comunicazione è un attività che si svolge fra più persone, ciascuna delle quali esibisce intenzioni
comunicative e cerca di interpretare quelle altrui,
Ogni parlante parte dal presupposto che gli interlocutori collaborino alla riuscita della comunicazione;
senza queste aspettative reciproche la conversazione sarebbe impossibile. Ciò non significa che non ci siano
persone che si comportano in modo non cooperativo. Il principio di cooperazione che sta alla base della
conversazione nella prospettiva di Grice (1975) è quindi da interpretare come una necessità costitutiva delle
conversazioni: non si ha conversazione se non si ha cooperazione, o, in altri termini, si può chiamare
conversazione un’attività dialogica in cui i parlanti cooperano per comunicare. Dal principio di cooperazione
Grice fa discendere 4 massime, che altro non sono che manifestazioni concrete dello stesso principio:
forniscano un contributo comunicativo pari a quello richiesto per la riuscita della comunicazione stessa.
-Questa massima è molto evidente nel comportamento dei parlanti di fronte alle domande, perché
in questo caso è ben delineata dalla domanda stessa la quantità di informazione richiesta. Di fronte ad una
domanda ci aspettiamo che i parlanti rispondano fornendo le informazioni richieste.
*Implicature
Le aspettative dei parlanti riguardo il rispetto delle massime influisce sulle scelte espressive e sul processo
interpretativo.
-Le implicazioni conversazionali sono delle inferenze che scaturiscono da queste quattro massime: non
scaturiscono quindi dal significato convenzionale delle espressioni linguistiche, bensì dal comportamento
comunicativo e dalle aspettative che si creano su di esso. Queste implicature sono cancellabili, smentibili o
non attivabili se il contesto porta ad una diversa interpretazione del comportamento del parlante.
-le implicazioni convenzionali invece sono quegli impliciti che dipendono dall’uso di certe espressioni, e
non richiedono per essere capiti, l’assunto che il parlante stia agendo nei termini del principio di
cooperazione