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09.03.

2021

DIDATTICA DELLE LINGUE MODERNE


MARIA LICIA SOTGIU

Questo corso durerà fino agli inizi di giugno;


Da poco la professoressa ha modificato il programma, che ora consta anche dei testi che verranno a breve
introdotti. Ad esempio:
- Balboni, "" --> Assieme al Quadro comune europeo, è uno dei testi di riferimento. Sono stati aggiunti cinque
capitoli di questo manuale;
- "Didattica di base dell'italiano L2" --> pubblicato recentemente, contiene alcune parti di analisi dei materiali
didattici;

In questo corso, valuteremo quelle che sono le proprietà delle lingue storico-naturali in prospettiva della
glottodidattica: in altre parole, ci concentreremo sulle lingue all'atto del loro insegnamento o apprendimento.
- Parleremo delle nozioni di base di questa disciplina;
- Metodi di insegnamento delle lingue, anche in chiave diacronica;
- Il concetto di competenza, sia dal punto di vista linguistico che da quello comunicativo;
- Parleremo, anche in modo "pratico", del concetto di interlingua1;
- Parleremo in maniera molto approfondita del Quadro comune europeo di riferimento per le lingue, documento
imprescindibile: lo analizzeremo in alcune sue parti;
- Parleremo dei metodi di insegnamento/apprendimento della grammatica e del lessico, con un focus
approfondito, in particolare, sul lessico;
- Parleremo di tecniche didattiche, ovvero di tecniche che l'insegnante può proporre in classe;
- Dedicheremo parte di questo corso all'analisi e alla creazione di materiali didattici: l'obbiettivo del corso è
infatti il diventare competenti nella costruzione di una lezione. Quest'ultima attività, nella fattispecie, può valere
come esonero. Alla fine del semestre, la professoressa potrebbe lasciare presentare a noi studenti una lezione,
che avremo preparato noi stessi. La professoressa ci guiderà tanto dal punto di vista teorico che da quello
pratico2; 
La struttura del corso comprende sì argomenti teorici, che però dovranno poi essere tradotti in pratica: anche
quando la professoressa ci trasmetterà lezioni teoriche, come oggi, ci chiederà di riflettere e di fare delle piccole
esercitazioni su quanto appreso.

- Proprietà di (alcune) lingue storico-naturali in prospettiva glottodidattica


Le lingue sono codici, ovvero sistemi di segni. Un sistema di segni è un sistema di corrispondenze tra l'ordine
dell'espressione e l'ordine del contenuto, destinati a essere emessi da un emittente e ricevuti da un ricevente.
Un segno è un'entità in cui qualcosa sta per qualcos'altro. Possiamo chiamare questo "qualcosa" e "qualcos'altro", come
due diversi piani: il piano dell'espressione e il piano del contenuto. Tullio de Mauro parla di segni bifacciali:
"Da un lato vi è la faccia che regola3 le possibili realizzazioni foniche4 ed è la faccia che chiamiamo "significante".
Dall'altro vi è la faccia che regola i possibili usi della parola o della frase per riferirsi a cose esterne da esse: questa è la
faccia che chiamiamo "significato".
Il "significante" è dunque quel qualcosa di percepibile del segno, sia da un punto di vista grafico che da un punto di vista
sonoro, mentre il "significato" è il contenuto veicolato dal significante. La lingua, stando a quanto detto fino ad ora, è un
codice, dunque un sistema di segni, ma soprattutto è un insieme di convenzioni adottate dai parlanti. Si tratta
primariamente di un sistema di suoni, prodotti dall'apparato fonatorio e destinati a essere ricevuti dall'apparato uditivo. Se
volessimo definire ancora meglio una lingua, dovremmo aggiungere l'aggettivo "storico-naturale" (fig. 1).
La proprietà delle lingue storico-naturali inerente il segno
linguistico è l'arbitrarietà del segno. In passato, la lingua veniva

1
La produzione linguistica di chi sta apprendendo una lingua, un sistema linguistico in formazione che tende verso la lingua-
obbiettivo, o L2.
2
La professoressa si occuperà principalmente dell'insegnamento dell'italiano agli stranieri.
3
Ovvero limita e indirizza.
4
Quindi anche grafiche.
concepita come una mera nomenclatura: ad ogni significante, secondo questa concezione, è associato un solo significato,
ovvero a ogni referente un solo contenuto.
In realtà, non è così. Non c’è un legame motivato, logico e/o necessario tra significante e significato: questa è
l’arbitrarietà.

Figura 1
Ne sono una prova le diverse realizzazioni del significante per uno stesso significato: in parole povere, la diversità delle
lingue è una prova dell'arbitrarietà del segno linguistico.
A tal proposito, Saussure stesso fa riferimento all'esistenza
stessa di diverse lingue.
“[…] “Così l’idea di <sorella> non è legata da alcun
rapporto interno alla sequenza s – ö – r che le serve in francese
da significante; potrebbe anche essere rappresentata da una qualunque altra sequenza: lo provano le differenze tra le
lingue e l’esistenza stessa di lingue differenti: il significato <bue> ha per significante b – ö – f da un lato ed o – k – s
(Ochs) dall’altro lato della frontiera.” (Saussure, 1987 [1916]: 86)”
Naturalmente, abbiamo diverse categorie di codici: le due principali sono quelle dei codici iconici e dei codici arbitrari.
Quelli iconici prevedono una maggiore somiglianza tra il piano dell'espressione e il piano del contenuto, mentre in quelli
arbitrari questo grado di somiglianza è praticamente assente.
L'iconicità facilita la decodifica del messaggio, nonché il loro apprendimento.
Una critica al concetto di arbitrarietà potrebbe essere
data dalle onomatopee: se vediamo, ad esempio,
come il verso del cane o del gallo (fig. 2) venga reso
in maniera diversa in diverse lingue, vediamo come
Figura 2 l'arbitrarietà sia una caratteristica intrinseca del
sistema delle lingue storico-naturali. L'arbitrarietà non si trova solo a livello di segno linguistico, ma a diversi livelli di
lingua:
- In morfologia: il genere in italiano viene realizzato in maniera diversa rispetto, ad esempio, all'inglese.
- In sintassi: pensiamo alla posizione dell'aggettivo, che in inglese precede sempre il sostantivo, mentre in italiano... beh,
la questione è più complessa.
- ecc.
Un altro aspetto delle lingue storico-naturali che
"testa"
dobbiamo avere ben presente all'atto
dell'insegnamento e/o apprendimento di una lingua è
"persona dotata di carisma e la mutevolezza, l'evoluzione del sistema linguistico in
autorità"
sincronia (in un dato momento) e in diacronia
(attraverso il tempo).
"estremità"
Altra fondamentale proprietà della lingua è
Capo l'indeterminatezza o vaghezza semantica, proprietà
"indumento (specie in legata precisamente alla dimensione del
rapporto a un insieme)"
cambiamento. Secondo questa proprietà, ogni parola
"Lembo di terra di notevoli può assumere un diverso senso, dunque una diversa
dimensioni che si protende realizzazione di significato, dipendentemente dalla
nel mare"
situazione in cui quella parola viene usata. Non esiste
"chi dirige le attività di altre dunque una corrispondenza univoca tra una parola e il
persone" suo significato, ma una parola può assumere
significati diversi.
Come evidenziato dall'esempio riportato qui a lato, non solo il significato di una parola può cambiare dal punto di vista
sincronico. Può però cambiare anche attraverso il tempo. Per l'emergere di nuove esigenze comunicative, sono state
riutilizzate parole che un tempo avevano un significato diverso: pensiamo ad esempio a "cellulare", dal 1700 in uso come
aggettivo derivato dal nome "cellula", ma che oggi designa il noto oggetto che tutti abbiamo.
Altri esempi di mutamento semantico sono i tre seguenti:
L'indeterminatezza semantica è una proprietà della lingua che possiamo "testare" quotidianamente. La frase “Vieni qui”,
ad esempio può assumere diversi significati: una ripresa di contatto, una minaccia, ecc.
All'enunciazione del messaggio linguistico associamo una componente
extra-linguistica: questa è fondamentale affinché un messaggio sia
efficace. Anche De Mauro tratta dell'indeterminatezza semantica,
apportando degli esempi illuminanti.
Questo ci fa capire che il contesto è fondamentale. Un concetto
importantissimo della glottodidattica moderna è infatti quello della
pragmatica e di contesto situazionale. La dimensione che, in
glottodidattica, viene chiamata "pragmatica" ha a che fare con la
dimensione di finalità, del perseguimento di un obbiettivo.

L'altra proprietà delle lingue storico-naturali, imprescindibile in particolare in italiano, ma anche in altre lingue, che
l'insegnante di lingua deve tener presente è la combinatorietà. Accanto a questa, nell'insegnamento/apprendimento delle
lingue va tenuto presente che una parola si può dividere in due livelli di articolatezza: un primo livello, in cui la parola è
scomponibile in unità ancora segniche; un secondo livello, in cui le singole unità non sono più segniche e rappresentano
invece solo i suoni.
es. Parola “cane”:
• can – e (morfi, unità ancora segniche, cioè associazioni di significante e significato);
• c – a – n – e (foni, unità non più segniche, cioè prive di significato);
Il fatto che la lingua sia un meccanismo combinatorio è molto utile
all'insegnante di lingua nel momento in cui questi voglia lavorare sul
lessico o sui meccanismi di derivazione.
Altra proprietà della lingua, utilissima specie se si parla di insegnamento e
apprendimento linguistico, è la capacità metalinguistica riflessiva: si tratta
della proprietà delle lingue di parlare di loro stesse. La prova
dell'esistenza di questa proprietà consiste nell'esistenza dei dizionari e
delle grammatiche. La capacità metalinguistica riflessiva, tuttavia, la
troviamo anche nell'uso linguistico quotidiano.
Balboni, riferendosi alla comunicazione, sostiene che questa è uno scambio di messaggi efficaci. Una comunicazione, per
essere efficace, deve avere sempre uno scopo da raggiungere; la lingua utilizzata nella comunicazione deve essere sempre
appropriata 1) al contesto e 2) ai destinatari. L'importanza dei linguaggi non verbale per rendere la comunicazione più
efficace viene sottolineata da De Renzo, in ottica didattica:
"Limitare l’insegnamento alla lingua vuol dire limitarsi a
sperimentare solo una delle possibilità dell’universo comunicativo
a disposizione. Insegnare una lingua vuol dire stabilire
continuamente rapporti tra lingua verbale e linguaggi non
verbali."
Anche la componente extra-linguistica, dunque, va sempre
considerata; per componente extra-linguistica e linguaggi che
concorrono all'evento comunicativo non verbali facciamo
riferimento:
- Alla cinesica, insieme dei gesti e delle espressioni facciali;
- A
lla prossemica, relativa alla vicinanza e al contatto tra
i partecipanti alla comunicazione
- All'uso di oggetti, relativo al valore
comunicativo degli oggetti;

Riprendendo il concetto di arbitrarietà,


soffermiamoci sulla cinesica: anche la gestualità
può essere arbitraria, per cui un certo gesto può
assumere significati anche totalmente diversi a
seconda del paese in cui viene usato. Questo a
riprova del fatto che, anche in dimensione
interculturale, la componente extralinguistica è
fondamentale per l'insegnamento e/o
apprendimento di una lingua.

11.03.2021

Oggi continueremo con una sorta di introduzione della glottodidattica: vedremo alcune nozioni di base di
questa disciplina, iniziando a parlare dei diversi approcci e metodi che si sono succeduti nel tempo per l'insegnamento e
apprendimento delle lingue. Se volessimo definire la glottodidattica, potremmo prendere la voce di un qualsiasi
dizionario. Quello De Mauro, consigliato dalla professoressa, dà la seguente definizione:

Branca della linguistica applicata che si occupa dell’insegnamento delle lingue straniere in base a criteri
scientifici elaborati grazie alle acquisizioni della linguistica, dell’antropologia e della psicologia.

Già a partire da questa semplicissima definizione, ci rendiamo conto di quali siano le caratteristiche fondanti della
glottodidattica. Anzitutto, si parla di insegnamento delle lingue, un'attività di tipo eminentemente pratico; questa è
tuttavia fondata su criteri teorici, di tipo scientifico: questi, a loro volta, traggono i loro criteri da diverse discipline (nella
fattispecie vengono qui nominati la linguistica, dell’antropologia e della psicologia).

La glottodidattica è infatti una disciplina che fa parte delle scienze teorico-pratiche. Per riprendere quanto detto da
Freddi definendo le discipline teorico-pratiche, tra le quali include anche la glottodidattica:

"esse sono quelle che si costruiscono in funzione dell'agire, per dare cioè una soluzione scientificamente
fondata a dei problemi pratici."

Come deducibile anche dalla prima definizione, dunque, la glottodidattica è una disciplina teorico-pratica.

Altra caratteristica che contraddistingue la glottodidattica è poi la sua interdisciplinarità.


Metafora di Robert Lado (1974: 15): Uno sguardo alla professione medica potrebbe essere rivelatore per un insegnante
di lingue che intenda procedere scientificamente. Il medico conosce la fisiologia, l’anatomia, la chimica, la batteriologia,
ma nella sua attività professionale non si trova mai ad usare una scienza alla volta. […] Similmente, l’insegnante di lingue
non può ignorare i risultati della linguistica, […] della psicologia dell’apprendimento e dell’età evolutiva, della pedagogia,
e tanto meno può ignorare la personalità e le capacità dello studente singolo.

Un insegnante, nella sua attività pratica (l'insegnamento delle lingue), deve attingere da diverse discipline di tipo
teorico; in altre parole, all'atto dell'insegnamento di una lingua deve mettere in pratica quello che ha acquisito.
Nell'apprendimento di una lingua, un ruolo molto importante consiste in quella che è l'attitudine dello studente
all'apprendimento, alle motivazioni che lo spingono a imparare una determinata lingua, ecc.

L'interdisciplinarità della glottodidattica è stata nel tempo sottolineata da diversi autori.

- Renzo Titone parla addirittura di 20 discipline da cui attinge la glottodidattica, suddivise in tre macro-aree:
scienze della comunicazione, scienze della pedagogia e scienze storico-descrittive;
- Giovanni Freddi parla addirittura di costellazione disciplinare;
- Gianfranco Porcelli sostiene che la glottodidattica si colloca tra tre ambiti specifici: la pedagogia, la psicologia e
la dimensione della lingua e della comunicazione.
- La stessa attenzione a questa disciplina l'ha avuta Balboni5, il quale, a pagina 8 (edizione del 2015), sostiene che
la glottodidattica si colloca all'intersezione di quattro macro-aree ben precise: le prime due riguardano le
scienze del linguaggio e della comunicazione; la seconda area si riferisce alle scienze della lingua con riferimento
alla cultura e alla società; la terza area comprende tutto ciò che riguarda l'apprendente e la neurolinguistica; la
quarta e ultima area è quella riferita alle scienze pedagogiche, dunque a tutto quello che riguarda come poter
insegnare una lingua.

Introduciamo ora alcune nozioni di base che useremo parlando di questa disciplina.

- L1 - La L1 è la lingua materna, quella lingua appresa in modo spontaneo prima di tutte le altre.

- L2 - La lingua che l'individuo impara dopo che si è stabilizzata la sua prima lingua 6. L2 è, ad esempio, l'italiano che
viene appreso qui in Italia da uno studente straniero: viene sì appresa in un contesto istituzionale, come la scuola o
l'università, ma è anche presente al di fuori di queste. Uno studente di L2 è totalmente immerso nella lingua che sta
studiando.

- LS - Acronimo per “Lingua Straniera”. Si tratta, come nel caso della L2, di una "lingua seconda", che impariamo dopo
aver appreso la nostra lingua materna; tuttavia, LS si differenzia da L2 per alcuni aspetti: la LS è la lingua seconda
imparata laddove non sia presente un contesto extra-scolastico. Si tratta, per intenderci, della lingua che viene imparata
solo a scuola o all'università, e che non viene impiegata all'esterno di queste. La LS viene appresa in un contesto di tipo
guidato o istituzionale, e che non è presente all'esterno di questo contesto.

Ci sono dunque tre importanti aspetti che differenziano la L2 dalla LS: -


In glottodidattica, viene
- Il luogo di apprendimento
definito input tutto il
- Il contatto con la lingua Lo studente di L2 ha a che fare con una lingua di tipo materiale linguistico con il
standard utilizzata dall'insegnante durante la lezione, ma, a differenza di uno quale lo studente viene in
studente di LS è anche a contatto con una lingua di tipo colloquiale. contatto e che viene a lui
reso comprensibile.
- La figura del docente In un contesto di apprendimento LS, il docente è per lo
studente l'unica fonte di input (vedi fig.1)

Domanda: nel caso ipotetico di un bambino che Domanda: nel caso di un bambino con
impara una lingua in tenera età e che, a seguito di un genitori che parlano ciascuno una
trasferimento in un altro luogo, impara un'altra lingua diversa, quelle due lingue
lingua dimenticando la prima, la lingua imparata nel verranno considerate entrambe L1 o
nuovo luogo sarà da considerare comunque L1? L1 e L2?
Balboni, nel suo manuale, parla anche di lingua Quando impariamo una lingua
5
etnica:delsinostro
Autore tratta della lingua della comunità di origine.
manuale. straniera fin da piccoli parliamo di
6
Che
C'è vengauna
dunque mantenuta
dimensioneo persa, rimane
temporale, questa lasuccessivo:
di carattere lingua L2 èbilinguismo.
la lingua seconda, che impariamo DOPO aver appreso la lingua
madre, L1.
d'origine.
Parliamo adesso di altre tre nozioni fondamentali ai fini dell'insegnamento di una lingua:

1- TEORIA: dichiarazione di tipo teorico proveniente, ad es., dalle ricerche sociolinguistiche


2- APPROCCIO: idea di lingua come sistema dinamico
3- METODO: Nella pratica sarà necessario definire:
•quali varietà di lingua (ad es. regionalismi)
•in quali modalità: comprensione/produzione, orale/scritto
•livello di riflessione e su quali fenomeni

Chi insegna una lingua deve rifarsi ad alcune teorie, sulle quali si basa la
glottodidattica. La teoria7, in glottodidattica, si traduce in un orientamento
generale, ovvero di una "filosofia di fondo8" (Balboni) adottata dall'insegnante. L'approccio si traduce poi in metodo,
una proposta applicativa: il metodo è dunque la traduzione in pratica dell'approccio.

Esempi di teoria: La teoria, come nell'esempio che segue, può provenire da ricerche sociolinguistiche. La disciplina della
sociolinguistica sostiene che la lingua ha quattro dimensioni di variazione, e che dunque la lingua si realizzi in diverse
varietà: questo è un fondamento teorico preso dalla socio-linguistica.

- MOMENTO DI RIFLESSIONE -

Esempi di variazioni dell'italiano secondo le quattro dimensioni sopramenzionate

- Diatopia: variante geografica. La variazione diatopica fa riferimento anche e soprattutto alla pronuncia; possiamo altresì
fare riferimento anche ad alcuni tratti morfo-sintattici che differenziano le varietà regionali dell'italiano: le varietà
settentrionali, ad esempio, da un uso generalizzato del passato prossimo, dall'utilizzo dell'articolo determinativo di
fronte ai nomi propri di persona, ecc.; le varietà centrali hanno generalmente come caratteristica la dimensione
tripartita degli aggettivi dimostrativi, o l'uso impersonale della prima persona plurale, ecc.; le varietà meridionali
hanno invece un uso generalizzato del passato remoto e dell'utilizzo dell'accusativo preposizionale ("Hai visto a tuo
padre?"). La variazione diatopica si realizza anche a livello lessicale: parliamo anche dei geosinonimi, parole diverse
utilizzate nelle diverse regioni che hanno però uno stesso referente (ciotola=scodella=tazza; sciocco=insipido;
cocomero=anguria, ecc).

- Diamesia: variante del mezzo di trasmissione della lingua (scritto o parlato, ecc.). Se facciamo riferimento alla
differenza tra scritto o parlato, dovremmo evidenziare che talvolta in italiano non c'è corrispondenza tra grafia e fonia,
fra scritto e parlato (basti pensare ai nessi consonantici, ai digrammi, ai trigrammi, ecc.). In italiano, dunque, la
differenza tra scritto e orale è rappresentata in primis dalla differenza tra grafia e fonia, ma anche dalle caratteristiche
della lingua scritta e di quella orale. Nello scritto si ha il massimo della pianificazione; lo scritto è una lingua lineare, a
differenza del parlato, che è invece spontaneo e che viene prodotto nel momento stesso in cui parliamo: da ciò deriva
la sua frammentarietà, data da pause, esitazioni e cambiamenti di progetto, ripetizioni, riformulazioni, ecc. Questo
incide anzitutto sulla lunghezza (un testo scritto, nel dire le stesse cose, è molto più breve), dunque sulla struttura del
testo, pur senza modificarne gli argomenti. Nello scritto sono inoltre presenti degli aspetti grafici (ad esempio i segni di
interpunzione) che nel parlato sono invece assenti: ne consegue che il testo scritto ha un inizio ben preciso, segnalato
da una lettera maiuscola, e una fine, segnalata da un punto. Propri solo del parlato sono poi gli elementi prosodici,
come ad esempio l'intonazione. Lo scritto possiede poi generalmente un livello di formalità più alto rispetto al parlato,
tranne nelle scritture che riproducono il parlato, lo scritto-parlato (esempio lampante sono le chat); di contro, un
parlato formale o parlato-scritto (un parlato che si basa su una scrittura, come un intervento a una conferenza)
prevede una pianificazione anche dal punto di vista dei contenuti.
- Diastratia: variazione sociale (linguaggio giovanile, ecc.), legata alla collocazione, allo stato sociale del parlante,
ma anche all'età e al sesso. Una varietà dell'italiano associata a questo tipo di variazione è l'italiano popolare: si tratta di

7
La teoria non ha fini didattici, ma solo descrittivi. La teoria si colloca al di fuori della glottodidattica, non ha fini
didattici.
8
Ad esempio, l'idea che si può avere di una lingua, come sistema monolitico e invariabile o formata da diverse varietà,
ecc.
una varietà di italiano usata da persone che hanno un basso livello di scolarizzazione. Questa produzione linguistica è
caratterizzata da una preponderante deviazione dall'italiano standard. Alcuni tratti che vengono ascritti all'italiano
popolare sono riconducibili anche ad alcuni fenomeni di semplificazione (basti pensare all'uso del "che" polivalente,
usato in modo molto generico come congiunzione anziché per introdurre complementi diretti).

- Diafasia: variazione contestuale (formale o informale). La lingua muta infatti con il mutare della situazione, e la
situazione, a sua volta, è condizionata da altri fattori: i partecipanti alla comunicazione, il loro ruolo, il luogo in cui si
svolge la comunicazione, lo scopo della comunicazione, l'argomento, ecc. Per fare un esempio riguardante l'italiano,
parliamo di "linguaggio della cortesia": si tratta di tutte quelle norme e convenzioni che una comunità di parlanti adotta
per favorire l'armonia della comunicazione, utilizzando nella fattispecie un linguaggio più formale. Abbiamo dunque una
serie di pronomi allocutivi, utilizzati per rivolgersi a qualcuno: in italiano, a seconda della formalità della conversazione
se ne distinguono tre, il tu, il Lei (più utilizzati) e il Voi (meno comune, diffuso soprattutto nelle regioni meridionali).
Anche l'aspetto verbale, dunque l'utilizzo di alcuni verbi piuttosto che altri, dipende dalla situazione comunicativa: basti
pensare al presente del condizionale, impiegato in genere nel fare richieste cortesi ("Potresti aprire la finestra, per
favore?") o il congiuntivo presente alla terza persona singolare ("Si accomodi", "si sieda", "entri", ecc.).

Fine della digressione sulla teoria, nella fattispecie sociolinguistica. L'insegnante prende dunque come riferimento una
data teoria e, di conseguenza, adotta un approccio, che si tradurrà poi in un metodo o pratica didattica.

16.03.2021

Approccio formalistico e metodo grammatico-traduttivo.

Teoria di riferimento: linguistica descrittiva tradizionale, che contempla la lingua come un sistema di regole da rispettare.
Modello di lingua esclusivamente standard, un sistema pensato come un sistema di regole da rispettare, dove la
correttezza formale è l’obiettivo ultimo da raggiungere, visto nella sua dimensione grammaticale. Lingua come sistema
statico. La metodologia di questo approccio ricalca l’insegnamento delle lingue classiche.
In Italia si usa dagli inizi del 600 fino agli anni 60 del 900, anche se in alcuni ambiti, anche universitari è ancora
utilizzato approccio formalistico, perché l’obiettivo era quello di imparare i livelli formali del sistema linguistico.
Aspetti salienti:
•sviluppo dell’oralità (limitatamente alle regole di pronuncia e di lettura dei testi)
•valorizzazione massima della scrittura
•conoscenza dei vari livelli formali della lingua
•focus sull’insegnamento della grammatica (obiettivo primario)
•docente detentore del sapere linguistico portato a trasmettere il sapere in maniera unidirezionale
•studente soggetto del tutto passivo (considerato un vaso da riempire o una tabula rasa su cui incidere)
Predominanza di questo metodo per tre ragioni storiche culturali (Porcelli 2013):
- Le comunicazioni internazionali avvenivano per lettera
- Il turismo era un fenomeno d’élite
- Avvicinarsi all’opera letteraria nella sua versione originale (non c’era un tramite per avvicinarsi all’opera)

Questi tre fattori hanno portato a:


- la lingua come codice essenzialmente scritto
- una grammatica appresa tramite memorizzazione meccanica di regole e loro successiva applicazione.
- un’eccessiva attenzione alle eccezioni e alle particolarità grammaticali es buoi, oche, topi, pidocchi.
- gli esercizi proposti erano frasi da tradurre.
- una delle abilità considerate importanti è saper leggere (oralità che non riguarda comunicazione e interazione)

Caratteristiche del materiale didattico:


- Il testo si presente suddiviso in unità incentrate su aspetti morfosintattici
- Presentazione delle regole ed eccezione correlate da esempi
- Liste di vocaboli con traduzione (rispondono non a criteri d’uso ma che fanno riferimento alle regole prima
esposte)
- Esercizi di mera traduzione: frasi isolate
Apprendimento mnemonico delle regole ed esercizi meccanici di traduzione e lo scopo era semplicemente conoscere la
grammatica e traduttivi e non comunicativi
Reading method
Balboni lo considera come una variante del metodo grammatico-traduttivo. Viene concepito più o meno negli anni 20.
Metodo incentrato su:
- Abilità di lettura
- Comprensione della lingua unicamente scritta
- L’insegnante guida il bambino nella lettura
- Comprensione della lingua scritta
- Grammatica utile solo per la comprensione del testo
- Lo studente non deve avere una buona competenza della lingua
Video in inglese: contesto insegnamento L1, sviluppo solo abilità di lettura. Una lingua considerata esclusivamente nella
dimensione scritta. Il docente guida esclusivamente l’alunno nella lettura, il bambino legge più volte lo stesso testo e
l’insegnante segna le parole che legge di volta in volta in modo corretto. La comprensione è solo quella del testo, della
lingua scritta. Se c’è insegnamento di grammatica è finalizzata alla comprensione di quel testo scritto. Lo studente viene
guidato in tutto e per tutto dall’insegnante, il quale non deve avere una competenza orale nella lingua di
apprendimento. L’insegnamento viene fatto nella L1 dello studente. Se insegno inglese ad un bambino italiano, parlerò
solo italiano e il testo sarà in inglese.

A partire dall’800 si sviluppa l’approccio Naturale e relativo metodo, chiamato diretto. (naturale: l’apprendimento di una
lingua è efficace solo se avviene con lo stesso metodo con cui impariamo la lingua madre). L’importanza viene data alla
lingua parlata.
Caratteristiche:
- immersione totale dello studente, nella L2 o LS
- importanza della lingua orale
- attenzione alla dimensione orale
- enfasi su aspetti fonetici, articolatori e uditivi

Metodo Berlitz (metodo diretto) utilizzato ancora oggi nelle scuole Berlitz
Si sviluppa nella seconda metà dell’Ottocento ad opera del linguista tedesco Maximilian Berlitz che fonda una scuola di
tedesco negli Stati Uniti. Caratteristiche:
- Docente madrelingua
- Focus sulle capacità orali
- Insegnamento concepito come “vivo” e “naturale” della lingua
- Principio è Teach the language, not about the language
- Nessun raffronto con la lingua madre (L1) degli studenti
- Riflessione grammaticale di tipo implicito
Abbandonato con questo metodo la grammatica e lo scritto.

Approccio strutturalistico
Si sviluppa a partire dagli anni 40 in poi negli Stati Uniti grazie all’opera di Blooomfield “Language” del 1933parla di
acquisizione linguistica tramite stimoli e rinforzi che il bambino acquisisce determinati comportamenti di tipo linguistico.
Accanto a questo approccio si sviluppano le teorie di stampo comportamentista di Skinner: elaborazione di stimolo-
risposta-rinforzo. Cioè un circuito di stimoli e risposte e di comportamenti che confermano le risposte valide e inibiscono
quelle non valide.
Secondo le teorie di Skinner l’apprendimento di una lingua è un’acquisizione è un’abitudine ed è favorita da:
- Imitazione (il bambino ascolta stimoli dall’ambiente esterno e li riproduce)
- Frequenza (+ uno stimolo è prodotto nell’ambiente esterno, tanto + è probabile che l’apprendente consolidi
quest’abitudine)
- Rinforzo (comportamento che segue la risposta e che può rafforzare o inibire l’associazione con lo stimolo)
Il ruolo del bambino nel processo di apprendimento delle lingue native (e poi seconde) è passivo cioè si limita a recepire
un input dall’esterno e a formulare una risposta che favorirà un’abitudine. I principi dello sviluppo linguistico sono:
- Imitazione: espressione del bambino più prossima a quella del modello ricevuto  esempio:
Madre: Simone va a dormire
Simone risponde: Dommie va
- Pratica: il bambino nella sua risposta allo stimolo in realtà manipola la forma a partire dal modello ricevuto
Esempio: Simone: Vengo io, tu venghi? Mattia venghe?
Nella frase di risposta di chi sta imparando una lingua non ha nulla di diverso rispetto agli input ricevuti.
Modello di acquisizione secondo il comportamentismo
L’apprendimento dell’L2
- Formazione di nuove abitudini
- Imitazione, ripetizione, pratiche meccaniche delle strutture delle L2
- Produzione di errori
- Interferenza tra L1 e L2 (sia positivo, sia negativo)
Se io studio ad esempio l’arabo, il transfer sarà negativo perché le abitudini linguistiche saranno diverse dall’italiano
mentre se sono uguali favoriscono l’apprendimento.
Teorie di comportamentismo diedero origine agli studi di linguistica contrastiva (Robert Lado):
- la nostra lingua madre è la primaria fonte di errori nella lingua seconda
- errori sono un’espressione dell’interferenza delle diverse abitudini linguistiche tra L1 e L2
- Analisi degli errori rivela simmetrie e dissimmetrie tra L1 e L2

18-03-2021

Analisi contrastiva e interferenza


L1 Interlingua L2 di arrivo
Pierina è contenta Pierina ist frosh Pierina ist frosh
Pierina ha fame Pierina hat hunger Pierina ist hungrig

L1 Interlingua L2
He is cold Lui è freddo Lui ha freddo
Con strutture simili l’apprendimento è facilitato Con strutture diverse l’apprendimento è ostacolato

Esempi che fanno riferimento al transfer positivo o negativo:


- L1 e L2 coincidono e quindi l’apprendimento sarà positivo
- L’apprendente che deve riprodurre una struttura che nella sua lingua materna è diversa produrrà un errore

Visione dell’errore nell’analisi contrastiva:


- Errore è una spia di difficoltà perché commesso a causa dell’interferenza l1 e l2
- Produzione di errori ha effetti negativi sull’apprendimento linguistico
- Prevedere la produzione di errori
- Concentrare la pratica didattica sulle difficoltà che incontra l’apprendente
Per prevenire la produzione di errori è necessario mettere a confronto L1 e L2 e proporre esercizi mirati
concentrando la pratica didattica sulle difficoltà che l’apprendente potrebbe incontrare.
La prima applicazione pratica dell’approccio strutturalista è il metodo audio orale.

Caratteristiche salienti:
- L’apprendimento avviene per imitazione e ripetizione
- Presuppone un uso massiccio di attività ascolta e ripeti
- Esercizi di ripetizione imitativa
- Importanza delle abilità orali
- Affrontare la grammatica in maniera implicita es: far ripetere una forma grammaticale più volte
- Enunciato è l’unità strutturale di base
- Eliminazione dell’errore tramite opportuni esercizi a partire dalla lingua madre
- Il laboratorio linguistico viene usato per la prima volta con questo metodo
- L’insegnante dirige e controlla il comportamento linguistico degli studenti che sono puri imitatori dell’input
proveniente dall’insegnante stesso.
All’interno dei laboratori linguistici ci sono gli esercizi strutturali (pattern drills): batteria di stimoli audio orali seguiti da
vuoto poi riempito dalla risposta dello studente conseguentemente corretto o confermato.
Crisi dell’approccio strutturalistico
-Mutamento di prospettiva a livello di analisi linguistica e a livello psicologico
-Critica alla teoria comportamentista troppo incentrata sulle influenze ambientali e non sulle capacità cognitive
- Il linguaggio è un processo creativo e produttivo
- Ogni individuo possiede una facoltà innata di acquisizione della lingua
Visione dell’errore nella teoria innatista di Chomsky
A un certo punto l’approccio strutturalista viene messo in crisi da Chomsky che confuta la teoria di Skinner sottolineando
l’aspetto cognitivo che lo fa assurgere a soggetto creativo. Questa teoria è incentrata troppo sull’aspetto ambientale e
non sulle abilità cognitive. Il merito delle riflessioni di Chomsky era di confutare la precedente visione dell’errore: per lui,
l’errore è considerato una spia dello sviluppo naturale della lingua dell’apprendente.
Sembra che il bambino si accosti al compito di acquisire il linguaggio con un ricco schema concettuale già instaurato
ed anche ricco sistema di assunti circa la struttura del suono e la struttura di enunciati più complessi […]. Essi
costituiscono una parte della dotazione biologica umana, che deve essere risvegliata ed affinata ed arricchita nel
corso delle interazioni del bambino con il mondo umano e materiale. (Chomsky, 1988: 30)
Secondo Chomsky l’acquisizione di una lingua:
- non è il risultato della formazione di abitudini
- l’elaborazione di regole conseguente a formulazione ipotesi seguite poi verifica.
Tutto questo grazie al dispositivo di acquisizione innata che tutti abbiamo (LAD: Language acquisition Device). Tutto
quello che il bambino produce è frutto di imitazione pedissequa dell’input proveniente dall’esterno ma pare obbedire a
regole elaborate dal bambino stesso. Riformulazioni, rielaborazioni di regole correttamente individuate dal bambino ma
sovra estese a partire da meccanismi analogici. Questi fenomeni, per essere spiegati, richiedono un superamento del
modello del comportamentismo.
La mente/cervello dell’uomo è un sistema complesso con vari componenti che interagiscono, uno dei quali possiamo
chiamare la facoltà del linguaggio. Questo sistema sembra essere sostanzialmente unico della specie umana […]. Una
volta esposto ai dati, la facoltà del linguaggio determina una lingua particolare: italiano, inglese, spagnolo ecc. Questa
lingua, a sua volta, determina un ampio spettro di fenomeni potenziali che superano di gran lunga i dati offerti.
(Chomsky, 2001[1988]: 33)
Dati - Facoltà del linguaggio - lingua - espressioni strutturate
L’acquisizione è un processo attivo e creativo:
Stai attento a non piedarlo
Le macchine pistose
L’ago mi ha puntuto
Bevere
Ho aprito la porta
Io dicio
Io sceglio
Non tutto quello che il bambino produce è frutto di imitazione pedissequa dell’input proveniente dall’esterno, MA pare
obbedire a regole elaborate dal bambino stesso. DICETE invece di DITE [Vede – Vedete] COPRITO da COPRIRE [Finito -
Finire) Riformulazioni, rielaborazioni di regole correttamente individuate dal bambino ma sovra estese a partire da
meccanismi analogici. Questi fenomeni, per essere spiegati, richiedono un superamento del modello del
comportamentismo
La critica di Chomsky pone fine allo strutturalismo e muove principalmente due critiche:
- Modello comportamentista eccessivamente meccanicistico
- Il focus è rivolto al codice della L2, ma restano in secondo piano gli aspetti socioculturali e comunicativi.

23.03.2021

INTRODUZIONE ALL’APPROCCIO COMUNICATIVO

Si differenzia notevolmente dagli approcci affrontati fino ad ora. Tra gli anni 60 e 70 vengono pubblicate 2 opere che
segnano un po' lo spartiacque tra le concezioni filosofiche precedenti e che avranno importanti riflessioni sulla
glottodidattica. Queste 2 opere sono “Atti linguistici – speech acts” di Searle 1969 e “how to do things with words” di
Austin 1962. Non si parla + di come è fatta la lingua, l’attenzione si sposta a che cosa si fa con la lingua, a cosa serve la
lingua, dagli elementi formali si sposta agli scopi da raggiungere utilizzando la lingua. Questa concezione prende avvio
con queste due opere.
Lingua come azione sociale e strumento per comunicare. L’individuo utilizza la lingua e agisce socialmente.
Quello che dice Austin è che la dimensione performativa permea ogni enunciato linguistico. Ogni dire è anche
un fare. Prende le distanze dai filosofi tradizionali e dice che in realtà che la lingua può avere svariati usi
linguistici.
1- Battezzo questa nave “Queen Elisabeth”.
2- Scommetto mezzo scellino che domani pioverà.
Il suo merito è di aver associato il concetto di lingua al concetto di azione.
Searle (1969) Speech Acts
“Parlare è compiere atti linguistici”.
[…] se la mia concezione del linguaggio è corretta, una teoria del linguaggio fa parte di una teoria dell’azione
semplicemente perché parlare è una forma di comportamento governato da regole. Ora, in quanto governato da regole,
ha delle caratteristiche formali che ammettono di essere studiate in modo indipendente. Ma il solo studio di queste
caratteristiche formali, disgiunto da uno studio del loro ruolo negli atti linguistici, sarebbe come uno studio dei sistemi
monetari e di credito dell’economia, non accompagnato da uno studio del ruolo della moneta e del credito nelle
transazioni economiche. Nello studio del linguaggio si potrebbe dire moltissimo anche senza studiare gli atti linguistici,
ma ogni teoria esclusivamente formale del genere non potrebbe che essere incompleta. Sarebbe come studiare il
baseball solo come sistema formale di regole e non come gioco. (Searle 2009 [1969]: 41-42)
Quello di Searle è invece di aver parlato di una teoria del linguaggio come teoria dell’azione. Afferma
l’importanza della considerazione di un sistema linguistico formato da regole, ma a questa dimensione
formale deve essere aggiunta una dimensione più dinamica della lingua. Queste riflessioni di Searle ci portano
ad un esempio che fa la Ciliberti, studiosa che si è occupata di insegnamento e apprendimento delle lingue.
Possiamo individuare due tipi di studio:
1. Studio della lingua in quanto oggetto formale
2. O in quanto uso
Terminologia saussuriana langue VS parole astratto e costante vs concreto e mutevole.
Il primo studio non fa attenzione alla parole, alle reale pratiche linguistiche che sono legate alla dimensione
storica, sociale e culturale in cui una lingua viene utilizzata. Ad un certo punto queste riflessioni anche in
seguito agli studi di Austin e Searle spostano l’attenzione dal concetto di competenza esclusivamente
linguistica, cioè legata alla riproduzione delle regole grammaticali della lingua, ad una competenza
comunicativa. Questa nozione si contrappone in maniera forte alla competenza linguistica e l’elaborazione di
questo concetto si deve ad Hymes (1972).
Concetto di COMPETENZA COMUNICATIVA
Il termine ‘competenza comunicativa’ descrive la capacità del parlante di selezionare, nell’ambito di tutte le
espressioni linguistiche a sua disposizione, le forme che riflettono, in modo appropriato, le norme sociali che
governano il comportamento verbale in situazioni specifiche. (Hymes 1972: 270)
La competenza comunicativa concerne quando parlare e quando tacere. Anche il saper tacere è una
competenza che si acquisisce, saper rispettare i turni di parola, anche di un paese diverso dal nostro.
La Ciliberti (1993) ci dà un altro spunto:
la competenza comunicativa è la capacità di relazionarsi verbalmente e non verbalmente in modo efficace con
individui che appartengono ad una cultura diversa dalla propria.
Atri autori ne hanno parlato di competenza linguistica:
Freddi 1979 parla di:
- una competenza linguistica
- una competenza sociolinguistica: “le risposte ricercate, accademiche di lui contrastavano con le
domande essenziali, quasi monche di quella gente semplice.
- Una competenza paralinguistica “in preda a una viva emozione, la donna rispondeva con voce ora
stridula, ora gracchiante, ora soffocata da singhiozzi”. (prosodia, tono voce etc)
- Una competenza extralinguistica: “durante la discussione mulinava le mani come fossero le pale di un
elicottero” (codice cinesico)
“il disagio gli veniva dal fatto che quell’estraneo, così alto e così vicino, gli parlava sul viso (codice
prossemico).
Il quadro comune europeo dedica un intero capitolo alla nozione di competenza.
Secondo Balboni la competenza comunicativa è primariamente di tipo mentale che però si realizza come
esecuzione nel mondo, nel saper utilizzare e saper agire all’interno di un contesto sociale. Una competenza
mentale che suddivide in tre categorie:
1- Competenza linguistica
2- Extralinguistica nella quale fa rientrare la competenza cinesica, vestemica (vestiti indossati), oggettuale
e prossemica
3- Socio- pragmatico e inter culturale quindi agli scopi
Questa competenza mentale Balboni la chiama sapere la lingua. Ma a sua volta tutto questo deve essere
appropriato, efficace e quindi saper fare lingua, un’azione comunicativa che comprende le abilità linguistiche
di base (domanda di esame!) leggere, parlare, scrivere e ascoltare con un’attenzione alla capacità di
interazione. Nel momento in cui sappiamo fare lingua questi testi scritti e orali prodotti devono essere efficaci
nei contesti sociali. Cioè agire socialmente con la lingua in modo efficace in contesti specifici.

L’evento comunicativo e il modello di SPEAKING di Dell Hymes (1972)

Setting and scene (situazione fisica e virtuale) condizioni spazio-temporali e contesto (sociale, culturale)
Partecipants
Ends (scopi) es. sai che ore sono? Una risposta si non è pragmaticamente e comunicativamente corretta
Act sequences (forma e contenuto, coerenza, discorso)
Key (tono, modo, umore, segni non verbali)
Instrumentalities (canale e forme di parlata)
Norms (interazione)
Genres (generi comunicativi)

Il reale scopo comunicativo è sapere l’ora. De Mauro riportava l’esempio c’è una finestra aperta qui. A
seconda del contesto può significare di chiudere quella finestra. Lo scopo è fondamentale. Altro esempio è:
posso parlare con il Sig. Rossi? Se la risposta è esclusivamente affermativa e non è seguita da un’azione, lo
scambio comunicativo non è efficace. Gli atti comunicativi fanno riferimento alle regole di costruzioni delle
frasi, di tipo sintattico, semantico, strategie di tipo discorsivo, regole di coerenza e discorso applicate in modo
corretto. La chiave sono i gesti, posture, elementi che marcano la modalità connotativa dell’evento
comunicativo. Gli strumenti comprendono sia i canali, orali, scritti, elettronici e anche le forme di parlata, la
variazione del registro, più o meno formale di usare la lingua. Le norme di interazione, ad esempio i turni di
parola.
Approccio formalistico VS approccio comunicativo

- Concezione di lingua regolato da aspetti formali, lingua monolitica, non dinamica vs lingua in contesto
- Focalizzazione insegnamento su modelli grammaticali vs comunicazione, usare la lingua per
comunicare e saper primariamente interagire.
- Selezione degli item linguistici (solo criteri linguistici, prime parole nomi e sue eccezioni) vs bisogni
comunicativi. L’insegnamento deve adattarsi e deve assecondare i bisogni comunicativi degli
apprendenti, quali lingua andranno ad usare e perché e anche alle loro motivazioni.
- Tipo di lingua usata (insegnata) di tipo letterario, standard e formale vs lingua più correntemente usata
avendo presente la variazione diafasica, relativa al contesto
- Le abilità linguistiche enfatizzate di ricezione, lettura e scrittura, vs tutte e 4 le abilità: saper fare la
lingua, usare la lingua in maniera produttiva a livello orale e scritto facendo particolare attenzione
all’abilità di interazione.
- Rapporto studente/insegnante incentrato sull’insegnante, detentore del sapere, vs asse di interesse
sullo studente, protagonista del procedimento di apprendimento linguistico e ai suoi bisogni, le sue
attitudini, i suoi modo di apprendere.
- Atteggiamento verso gli errori considerata devianza dalla norma standard e quindi da sanzionare ed
evitare vs gli enunciati imperfetti accettati. L’interlingua è un sistema linguistico costellato di errori
proprio perché c’è un processo di acquisizione in corso.
- Criterio di successo: produrre frasi formalmente corrette grammaticalmente vs comunicare in modo
efficace e appropriato in base ai diversi contesti in cui la comunicazione avviene.

25.03.21
Approccio comunicativo
concezione di lingua
focalizzazione dell’insegnamento
selezione degli item linguistici
tipo di lingua usata
abilità linguistiche enfatizzate
rapporto studente/insegnante
atteggiamento verso gli errori
criterio di successo
Comunicare in modo appropriato al contesto

Obiettivo: acquisire consapevolezza della mutabilità della lingua a seconda della diversità dei contesti

La variazione diafasica:
Tre fattori che intervengono nella variazione:
1. il tipo di attività svolta
2. la relazione tra i partecipanti
3. canale

La variazione diafasica e la differenza tra formale e informale


un grande tipo di variazione è quella del registro

• rapporto tra gli interlocutori


• grado di formalità
situazione formale: esecuzione accurata
situazione informale: spontaneità e poco controllo

Registri bassi:
• sono orali
• usati nel parlare improvvisato
• totale o minima assenza di pianificazione
Diversi generi di contesti:
• parlare disattento, svogliato
• parlare con coinvolgimento emotivo

Tratti lessicali dei registri bassi:


• minima variazione lessicale (es. cosa, faccenda, ecc.)
• preferenza per termini generici (es. fare)
• termini appartenenti al parlare volgare

Tratti lessicali dei registri alti:


• ampia variazione lessicale
• termini ed espressioni specifici
• uso di parole astratte
• termini aulici o tecnici (alcuno/nessuno; recarsi/andare; qualora/quando, se; conferire con/parlare con)

Esercitazione
 Il cambiamento linguistico in base al contesto e alla situazione: la variazione diafasica in italiano.
 Guardando gli sms o le chat telefoniche rintracciate almeno tre parole che appartengono a un registro di tipo
informale.
 Esercizio di riscrittura Riscrivi la seguente frase nelle modalità sotto indicate: Ciao Michela, mi dispiace
informarti che oggi non posso venire perché sono impegnata.
SMS__________________________________________
chat di WhatsApp_____________________________
lettera molto formale__________________________
telefonata informale___________________________

Riformulate le espressioni sottolineate in modo da ottenere una versione di registro più elevato (più formale e più
preciso)
1. Nella sua deposizione l’imputato non ha detto alcuni particolari determinanti.
2. Il questore non ha fatto dichiarazioni.
3. L’associazione “Batticuore” dà sostegno ai malati di cuore.
4. Le gare olimpiche si fanno ogni quattro anni.
5. Gli incidenti stradali fanno più vittime del consumo di droghe.

30.03.2021

L’italiano colloquiale è una varietà dell’italiano: Registro basso, che usiamo con le persone con cui siamo in confidenza.

 Non dipende dal ceto sociale o dal livello di istruzione


 Usato nel parlato dialogico quotidiano o nello scritto non pianificato, veloce e spontaneo (chat)
 È una varietà situazionale (formalità, ruolo interlocutori, situazioni comunicative)
 Coesistenza di termini sinonimici (peculiarità quindi lessicale, perché caratterizzato da una serie di parole
corrispondenti nell’italiano standard)

Berruto parla di colloquialismi lessicali.

Attaccabottoni: seccatore ficcanaso: indiscreto


balla: bugia filarsela: svicolare
bazzicare: frequentare fregare: truffare
beccare: incontrare goduria: piacere, godimento
cagnara: chiasso sbolognare: liberarsi di qualcosa
cavarsela: arrangiarsi scassare: rompere
cotta: infatuazione scocciare: infastidire
far fuori: eliminare smammare: scappare/allontanarsi
farcela: riuscire in qualcosa sciropparsi: sopportare
farsi: drogarsi stravaccarsi: sdraiarsi scompostamente
fesso: sciocco tirarsela: atteggiarsi/pavoneggiarsi

I metodi dell’approccio comunicativo:

1- Metodo situazionale:
teorizzato per la prima volta da Freddi nel 1980. Si inizia a parlare della funzionalità della lingua. Strutture
linguistiche e lessico in situazioni:
 Coordinate spazio-temporali
 Ruolo dei partecipanti
 Scopi
Caratteristiche:
- Sillabo basato su situazioni: per sillabo intendiamo i contenuti dell’insegnamento, la lingua da insegnare è scelta
in base a determinate situazioni
- Non più traduzioni, ma dialoghi
- Simulazione di reali scambi comunicativi (nella classe l’insegnamento linguistico ha l’obietto di simulare scambi
reali ancorati ad una situazione effettiva)
- Insegnati gli “esponenti linguistici” che realizzano gli “atti comunicativi” (atto comunicativo del
salutare=esponente linguistico italiano= ciao; oppure dire il nome…)
- Scrittura contestualizzata (chi, a chi, scopi)
- Obiettivo primario è la competenza comunicativa
- Manuale (paratesto, cioè immagini e didascalie che accompagnano il testo con l’obiettivo di far riferimento al
testo prima della lettura, dialogo spesso in versione audio, pattern drills, micro situazioni aderenti alle necessità
comunicative, grammatica trattata in modo esplicito, di derivazione dalla tradizione formalistica).
Il metodo si prefigge di tradurre scambi verbali e calarli in situazioni specifiche (oggi al ristorante). Il merito di questo
metodo è di stabilire una modalità operativa che si adatta ad un contesto preciso.
2- Il metodo nozionale-funzionale: si è imposto a seguito del progetto Lingue Moderne che ha preso avvio negli
anni 60 e ha dato a sua volta origine alla pubblicazione di alcuni manuali chiamati “Livelli Soglia” (che oggi
sappiamo essere il B1), elenco di funzioni e nozioni che avevano l’obiettivo di far raggiungere il livello
dell’autonomia comunicativa e prende avvio nell’ambito del Consiglio d’Europa.
Elementi essenziali:
- Funzioni: nate in ambito della linguistica, il primo a parlarne fu Jakobson, seguito da Haliday; in glottodidattica
oggi si parla di 6 funzioni, che Balboni riporta nel manuale, e che sono state adattate tenendo conto dei due
autori sopra. In questo contesto intendiamo i macro scopi comunicativi
- Nozioni: comprende significati generali, universali, alcuni significati ineludibili della comunicazione umana, il
tempo, lo spazio, colore, quantità. Comprende anche nozioni + specifiche, come il passato prossimo in italiano.
- Bisogni comunicativi dell’apprendente: dalla situazione in cui si prevede che il nostro studente userà la lingua,
da lì andranno selezionate le strutture linguistiche correlate, in base ai suoi bisogni. Il concetto di bisogno
comunicativo modifica i contenuti del corso di lingua perché se faccio riferimento a dove, come e perché deve
usare la lingua la mia classe, determina un cambiamento. I contenuti saranno graduati secondo esigenze di
funzionalità e frequenza. Cosa dovrà fare con la lingua il mio studente.

Slide le funzioni del linguaggio secondo Balboni…

Ad ogni scopo comunicativo è associata una funzione:

Funzione personale: il parlante usa la lingua per parlare di sé, esprimere opinioni, pensieri, sensazioni. I principali atti
comunicativi sono ad esempio presentarsi, dare info personali, dire età, nome, provenienza, gusti personali.
Funzione interpersonale: usa la lingua per interagire con gli altri, mantenere o chiudere un rapporto. Gli atti
comunicativi sono salutare, rifiutare, scusare, ringraziare.
Funzione regolativo-strumentale: per agire sul comportamento altrui, per regolare il comportamento degli altri, per
ottenere qualcosa. Atti comunicativi: Dare e ricevere istruzioni, dare consigli, impedire a qualcuno.
Funzione referenziale: per descrivere e spiegare la realtà che ci circonda. Atti: descrivere luoghi, persone, eventi,
chiedere e dare informazioni.
Funzione poetico-immaginativa: per produrre effetti di tipo estetico. Atti: iniziare e chiudere una fiaba.
Funzione metalinguistica: che si realizza quando parliamo e riflettiamo della lingua stessa. Atti: parlare della lingua,
chiedere come si chiama un oggetto, dare spiegazioni sulla lingua.

Quando parliamo di funzioni entriamo nella pragmatica

08-04-2021
Glottodidattica Umanistica
Tra gli anni ‘70 e ‘80 la psicologia viene considerata per l’insegnamento delle lingue. Ci sono state
delle opere di psicologi americani che ebbero un’influenza nelle riflessioni della glottodidattica.
Opere che riprendendo la psicologia considerano l’emotività importante nel campo dell’istruzione e
dell’apprendimento.

Rogers distingue tra apprendimento non significativo (mera trasmissione di contenuti non
significativi per lo studente, coinvolge solo la parte razionale e niente di natura personale) mentre
significativo (si basa sull’esperienza, capace di suscitare interesse nello studente) es: so cos’è il
caldo perché ho fatto un’esperienza di esso. Elenco delle caratteristiche dell’apprendimento
significativo:
- Soggetto partecipa in modo globale perché si impegna sul piano conoscitivo ed emotivo
- Si realizza quando il materiale di studio viene sentito rilevante dallo studente
- Acquisizione avviene se l’apprendimento riguarda l’esperienza cioè l’agire
- Significatività cioè l’apprendimento deve avere significato per lo studente
Gardner è il primo che dice che esistono diversi tipi di intelligenza:
- Intelligenza linguistica relativa all’utilizzo della lingua in maniera pertinente (sia L1 che L2)
- Intelligenza logico-matematica riguarda il ragionamento deduttivo, logico e l’apprendente che
ha quest’intelligenza non ama l’ambiguità e l’approssimazione
- Intelligenza di tipo spaziale capace di percepire forme nello spazio e chi ha quest’intelligenza è
chi sa orientarsi bene e sono persone che memorizzano facilmente i nomi legati a luoghi,
spazio e ambiente
- Intelligenza di tipo musicale hanno un talento per l’utilizzo di strumenti e chi è orientato su
quest’intelligenza possono essere utilizzate per l’apprendimento
- Intelligenza Interpersonale sono persone che hanno la capacità di capire gli altri
- Intelligenza intrapersonale cioè la capacità di comprendere sé stessi e saper vedere limiti di sé.
L’insegnante consapevole di questa teoria, professionista che valorizza le intelligenze dei singoli
studenti.
Molti aspetti iniziano ad essere rilevanti nell’apprendimento tra cui la motivazione riveste un ruolo ai
fini dell’apprendimento di una lingua.
Diversi tipi di motivazione:
- motivazione di natura intrinseca che nasce nell’intimo dell’apprendente, legato ai suoi
desideri es: desiderio personale (mi piace l’Opera) e quindi decido di imparare l’Italiano
- estrinseca cioè fattori esterni all’individuo come, ad esempio, andare a scuola
- integrativa legato al desiderio di integrarsi in una società, cultura diversa dalla propria
- strumentale legata a fattori di tipo esterno ma io scelgo di imparare una lingua perché ha
risvolti positivi in ambito lavorativo e strumentale
Invece Balboni propone un modello a tre poli
- Dovere dominante nella situazione didattiche di tipo tradizionale (motivazione effimera) cioè lui
non pensa che quello viene mosso dal dovere spesso viene dimenticato
- bisogno è una motivazione di razionale e consapevole ad esempio, imparo l’inglese per bisogno.
Ha due limiti: funziona fino a che il bisogno sussiste e la motivazione deve essere percepita altrimenti
non sussiste
- piacere è la motivazione più potente quando si ha piacere nell’apprendere.
Ruolo motivazionale dell’input affrontato da Schumann che coglie stimoli linguistici e il cervello
decide se accettare o meno e si procede all’acquisizione. Inoltre, sostiene che l’input svolge un ruolo
motivazionale e deve:
- novità
- attrattivo
- funzionalità
- realizzabilità
- sicurezza psicologica e sociale

13.04.2021

Glottodidattica umanistica (approccio umanistico-affettivo)  alcune opere hanno particolarmente influito su questa
disciplina. Con la glottodidattica umanistica si inizia a considerare tutta una serie di aspetti fino ad allora ritenuti non
rilevanti e che invece influiscono molto sull’apprendimento; tra essi troviamo la motivazione, la quale presenta diverse
varianti (intrinseca, estrinseca, integrativa, strumentale + Balboni propone un modello motivazionale basato su dovere,
bisogno, piacere).
Il cervello valuta (apprezza o meno) lo stimolo che proviene dall’esterno, e se tale input corrisponde ai desideri,
aspettative e bisogni dello studente viene accettato dal suo cervello, altrimenti viene rigettato. La motivazione è
fondamentale affinché si progredisca nell’apprendimento linguistico; Schumann ha evidenziato alcuni tratti che
caratterizzano l’input e lo rendono più recepibile:

L’input deve essere sempre nuovo, interessante e coinvolgente, funzionale (corrispondere ai bisogni dell’apprendente, che
deve rendersi conto consapevolmente che quell’input gli è utile nel suo percorso di formazione), realizzabile (deve essere
quindi alla portata dello studente, il quale deve sempre giudicare realizzabile il compito assegnatogli per non andare
incontro a demotivazione) e deve ispirare sicurezza (non creare paure nello studente).
La glottodidattica umanistica giudica l’insegnamento come un processo che chiama in causa tutte le sfaccettature dello
studente e per questo motivo è importante che l’insegnante prenda in considerazione tutti gli aspetti necessari.
Teoria “La Second Language Acquisition Theory (SLAT)” di Stephen Krashen: si tratta di una teoria basata su 5
ipotesi.
1. Differenza tra apprendimento e acquisizione (assunto di base della teoria): si tratta di due modalità diametralmente
opposte di imparare una lingua. L’acquisizione avviene in maniera naturale e inconsapevole quando ci si trova in un
ambiente in cui si è circondati da tale lingua. L’apprendimento è invece un atto volontario, che si verifica nel momento
in cui lo studente decide di seguire un corso di lingua presso un insegnante. Secondo Krashen la modalità migliore per
fissare in maniera duratura una lingua nella nostra memoria a lungo termine è quello dell’acquisizione; l’obbiettivo
dell’insegnamento, dunque, è proprio quello di far acquisire allo studente la lingua.
2. Input comprensibile (altro assunto di base): si procede ad imparare una lingua straniera solo se l’input è
comprensibile allo studente, per queto l’obbiettivo dell’insegnante è quello di sottoporre sempre allo studente un input
comprensibile.
3. Input +1 (o ipotesi dell’ordine naturale): per procedere nell’apprendimento, l’input deve seguire un ordine naturale.
Ciò vuol dire che, nel corso graduale dell’apprendimento, una nozione nuova deve essere solo di un gradino superiore
rispetto a quella insegnata e imparata precedentemente (ecco perché si chiama input+1). [Krashen mette in relazione
l’apprendimento di una prima e di una seconda lingua; l’apprendimento di ciascuna delle due avviene per stadi comuni.
Ad esempio, gli studi di linguistica acquisizionale hanno evidenziato l’esistenza (tra le tante) di una sequenza ben precisa
dell’apprendimento di verbi/tempi verbali, una scala comune per tutti gli apprendenti, a cui l’insegnante deve rispondere
nel suo lavoro].
Zona di sviluppo prossimale/area di sviluppo potenziale: è la distanza tra l’input 1 e l’input +1, ossia la distanza tra ciò
che lo studente sta apprendendo/ha appreso e quello che dovrà apprendere dopo.
4. Ipotesi del monitor: consiste nella fase consapevole dell’apprendimento, in una fase di controllo che si applica
durante la produzione per prevenire errori. Questo meccanismo può avere luogo, secondo Krashen, se l’apprendente ha
modo e tempo di riflettere sul messaggio che sta producendo, se si concentra sulla forma e non sul contenuto, e se
conosce tutte le regole necessarie per produrre correttamente il messaggio.
5. Ipotesi del filtro affettivo: consiste nella considerazione della sfera emotiva/affettiva durante il processo di
apprendimento. Secondo Krashen, il filtro affettivo è una sorta di barriera di difesa che si innalza se l’apprendente si
trova in situazione di disagio (ansia, stress, paura): nel caso in cui tale barriera sia alzata, l’acquisizione della lingua non
avviene. Ciò vuol dire che per un buon apprendimento della lingua lo studente deve trovarsi in una situazione di comfort
psicologico, sicurezza e rilassatezza.

Vediamo alcuni metodi che facilitano l’apprendimento/l’insegnamento.

1. Il primo metodo basa l’insegnamento di una lingua sull’abbinamento azione/parola: si parte, ad esempio, da alcuni
ordini dati dall’insegnante agli studenti, oppure si possono proporre delle attività che funzionano soprattutto con i
bambini perché coinvolgono la sfera ludica. Spesso l’insegnante decide di dedicare alla TPR solo una parte della lezione,
magari alla fine, per fissare determinati concetti.
2. Il secondo metodo si basa sull’idea che l’insegnante non sia effettivamente colui che insegna la lingua, bensì un
counselor (ossia un consigliere) che dà consigli su come apprenderla e supporta gli apprendenti nel loro percorso,
lasciandoli però liberi di apprendere da soli (una specie di trasposizione di una seduta di psicoterapia in una classe di
lingua).
3. Il terzo metodo consiste sostanzialmente nel silenzio totale da parte dell’insegnante. Viene portata all’estremo
l’autonomia dello studente, soggetto centrale dell’apprendimento.
4. Il quarto metodo ha come requisito necessario un ambiente fortemente rilassante per gli studenti (affinché il filtro
affettivo sia completamente abbassato): l’insegnante guida la “lezione”. Si tratta di un metodo applicabile solo in classi di
poche persone. L’insegnante deve valutare gli studenti che ha davanti e scegliere il metodo migliore: ovviamente, in
questo caso, ci sono molti modi per instaurare un’atmosfera rilassata.
LEZIONE DIDATTICA LINGUE MODERNE 15/04/2021
Parliamo delle differenze tra l’apprendimento di una L1 e una L2 considerando le implicazioni didattiche che queste
differenze hanno.
Precisazioni terminologiche:
- L1= lingua materna
- L2=lingua appresa nel contesto in cui è parlata (es. un italiano impara inglese in Inghilterra)
- LS= (può essere considerata anch’essa una lingua seconda ma in maniera diversa da L2) lingua appresa in un paese in
cui non è parlata dal resto della popolazione (es. l’inglese studiato in Italia)
- Acquisizione spontanea o naturale/Acquisizione guidata o istituzionale (+ differenza tra acquisizione e apprendimento,
come detto alla scorsa lezione); questi due tipi di acquisizione possono combinarsi (es. uno studente si reca in un paese
straniero e studia in una scuola di quel paese).

Vediamo le differenze tra l’apprendimento di L1 e L2:


- cronologia: viene chiaramente prima l’apprendimento della L1
- competenza: nella lingua materna si raggiunge un livello di competenza generalmente maggiore rispetto a quello che si
riesce a raggiungere in L2, anche se è possibile raggiungere in quest’ultima una competenza quasi nativa
- risultato: semplicemente, il risultato dei due apprendimenti spesso differisce molto (pensiamo all’aspetto fonologico,
dato che la capacità di pronunciare correttamente una lingua è una delle più difficili da raggiungere).
Se volessimo mettere a confronto questi due processi potremmo dire che l’apprendimento della L1 è un processo
primario al livello linguistico, cognitivo e sociale. Quando si impara una lingua seconda, infatti, i processi cognitivi sono
già avviati, appunto per l’apprendimento della lingua madre (riflettiamo sul meccanismo della deissi, particolarmente
complesso da acquisire per un bambino, oppure pensiamo al concetto di numero, la nozione di domanda… sono tutte cose
che impariamo la prima volta nel corso del processo di apprendimento di L1 e che abbiamo quindi già affrontato quando
passiamo all’apprendimento di L2). Inoltre, l’acquisizione di L1 va di pari passo con lo sviluppo della sua socialità, in
quanto un bambino impara a parlare anche e soprattutto attraverso le interazioni e scambi comunicativi.

Vediamo altri aspetti della differenza di apprendimento:


1. Condizioni:
- quantità di tempo (chi apprende una L1 ha molto più tempo di chi apprende una L2)
- contenuti (strutturati o meno  l’apprendente di L1 è esposto a una lingua che occorre in maniera naturale, quindi ad
input non selezionati e di varie categorie e livelli; l’apprendente di L2 è esposto invece a input selezionati, ben strutturati
e di livello adatto a lui e crescente gradualmente)
- errori (se per L2 il contesto di apprendimento è istituzionale, gli errori vengono sempre corretti dall’insegnante, anche
se nel momento in cui lo studente esce dalla classe ovviamente può produrre errori e non essere corretto; nel caso della L1
l’apprendente produce molto più liberamente e frequentemente errori senza essere corretto o comunque essendo corretto
in maniera “non istituzionale”. Teniamo sempre a mente come è cambiata nel corso del tempo in ambito linguistico,
didattico la concezione dell’errore, visto sempre più come un segnale importante del processo di apprendimento che non è
dunque da condannare o sempre da correggere).
[differenza tra errore e sbaglio: lo sbaglio è una devianza momentanea e consapevole della norma, mentre l’errore è una
devianza della norma più duratura e inconsapevole]
2. Apprendente:
- età (si pensa che chi apprende una lingua in età precoce abbia un’elasticità mentale maggiore che gli consente di
apprendere facilmente + ipotesi del periodo critico: prima dei 12 anni, permette di apprendere una lingua in maniera
migliore e duratura, raggiungendo un alto livello di competenza. Questa ipotesi è basata sul fatto che prima dei 12 anni i
due emisferi del cervello non si sono ancora specializzati specificamente).
- motivazione (considerando il fatto che l’apprendimento di L1 è spinto dal bisogno di comunicare e di avere interazioni
sociali, la motivazione di un apprendente di L1 è molto più forte rispetto a quella di un apprendente di L2, che appunto
impara una seconda lingua “in più”. Bisogna però effettuare un’ulteriore distinzione tra apprendente di L2 e di LS: il
primo dei due sarà sicuramente più motivato ad apprendere la lingua in quanto si trova in un contesto in cui quella stessa
lingua è parlata, a differenza di chi apprende una lingua straniera).
- conoscenze linguistiche (l’apprendente di L1 non ha precedenti competenze linguistiche di alcun genere, cosa che
invece ha un apprendente di L2).
- cultura (anche in questo caso l’apprendente di L1 non ha precedenti conoscenze culturali, mentre un apprendente di L2
si ritrova ad acquisire un insieme di valori culturali collegati alla L2 – lingua di studio – che può relazionare a quelli legati
alla L1).

Un approccio da parte dell’insegnante che tiene in considerazione dei bisogni, delle necessità psicosociali, delle capacità
dell’apprendente è necessario affinché l’apprendimento avvenga con successo.

Alcuni esempi:
Scritto naturale  cartelli, etichette, indicazioni stradali/mezzi pubblici, scritte in tv…
Orale naturale  conversazioni tra altre persone, racconti, trasmissioni televisive/radiofoniche…
Scritto istituzionale  libri, testi selezionati, etc …
Orale istituzionale  listening, lezione dell’insegnante, etc …

L’insegnate si trova a selezionare le varie tipologie di input in base agli studenti e, quando possibile, li adatta alle loro
capacità o li didattizza per renderli fruibili anche in ambiente istituzionale. L’obbiettivo è quello di esporre gli studenti,
anche all’interno della classe, a input che possono ritrovare in ambiente esterno. Gli insegnamenti vengono solitamente
raggruppati in unità didattiche prendendo in considerazione le necessità comunicative, il contesto sociale, i campi
semantici, la frequenza con cui certi input possono presentarsi in ambito comunicativo (l’input deve rispondere a criteri di
frequenza – non insegneremo mai a un immigrato straniero parole particolarmente complesse che difficilmente gli
serviranno nella quotidianità). Agli studenti erasmus, ad esempio, vengono insegnati termini necessari per soddisfare i
bisogni comunicativi (1. Per comunicare con i propri pari e adattarsi all’ambiente universitario, 2. Di tipo accademico, per
poter comunicare con gli insegnanti e svolgere attività di tipo tecnico-specialistico).

Le caratteristiche dell’input:
abbiamo visto con Krashen la teoria dell’input comprensibile; vediamo quindi 4 caratteristiche dell’input che lo rendono
comprensibile.
1. La contestualizzazione situazionale è stabilita dalle coordinate sociolinguistiche (partecipanti all’atto comunicativo,
contesto, fini, mezzo di comunicazione, etc…)
Nel primo caso (messaggio che
può prodursi ad esempio durante
una conferenza), il contesto in cui
la comunicazione avviene è
assolutamente irrilevante (non
importa sapere chi parla, dove,
quando), bensì importa che
l’apprendente capisca bene il
concetto; sono quindi rilevanti le
competenze linguistiche
dell’apprendente grazie alle quali
riesce a interpretare il messaggio.

Nel secondo esempio, ai fini della comprensione del messaggio, il contesto è molto rilevate (assume un peso chi parla,
l’oggetto a cui si riferisce, il luogo in cui parla, etc …).
Un input che si ancora al contesto (fornice elementi di tipo extra-linguistico) è più facilmente decifrabile rispetto ad un
input staccato dal contesto in cui si produce.
2. La strutturazione linguistica: l’apprendente comprende l’input grazie alla sua strutturazione e grazie alle conoscenze
linguistiche che già possiede:

Gli universali linguistici sono le proprietà ricorrenti nelle lingue del mondo (o nella maggior parte di esse) che chi
apprende una L2 riconosce e sono utili per decifrare meglio un input. Vediamone alcuni:

20.04.2021

Caratteristiche dell'input che lo rendono comprensibile (dette da C. Bettoni):

1. Contestualizzato dal punto di vista SITUAZIONALE = è stabilita da alcune coordinate sociolinguistiche e di tipo
contestuale (> luogo e tempo in cui si svolge l'evento comunicativo, persone che vi prendono parte, contenuto dello
scambio). Bettoni dice che il contesto ha ruolo fondamentale nel rendere l'input comprensibile e, dunque, può essere
più o meno rilevante ai fini della comprensione del messaggio. Fa due esempi:

"I Giganti di Mont'e Prama sono sculture nuragiche a tutto tondo. Sono state ritrovate casualmente in località Mont'e
Prama, nella penisola del Sinis, spezzate in numerosi frammenti. Sono scolpite in arenaria gessosa e sono alte."

> È il tipo di input che compare in una conferenza di archeologia. Se l'apprendente X si trova ad ascoltare tale
conferenza, quanto è rilevante il contesto ai fini della comprensione? NON è rilevante sapere chi parla, dove e a che ora,
bensì lo è la conoscenza linguistica > l'apprendente deve capire quello che si dice e, grazie a ciò, decifra l'input /
messaggio.

"Toh, prendilo!"

> In questo caso, il contesto è rilevante ai fini della comprensione del messaggio e aiuta l'apprendente. L'elemento
deittico "Lo" a cosa si riferisce? Chi sta parlando lo sa. Per l'apprendente di L2, l'input più facilmente decifrabile è quello
del secondo esempio, anche se molto spesso questo tipo di input presenta forme linguistiche complicate (> prendilo =
forma d'imperativo che presuppone un pronome attaccato al verbo stesso). Chi insegna una lingua ai primi livelli, non si
spiegherà che il pronome compl. ogg. si attacca all'imperativo ma NON al presente indicativo.

2. Strutturato LINGUISTICAMENTE = l'input viene organizzato in STRUTTURE. L'apprendente comprende l'input e la


comprensione si basa sulle conoscenze linguistiche pregresse che aiutano a decifrare input:

- Conoscenze generali del linguaggio = sono gli universali linguistici, ossia proprietà ricorrenti nella maggior parte
delle lingue mondiali che l'apprendente di L2 riconosce perché ci ha già avuto a che fare con la L1. Quali sono?
Scomponibilità in parole, sillabe, fonemi / consonanti e vocali / nucleo vocalico della sillaba / presenza di
pause tra le parole / differenza tra parole lessicali con un significato ("piene") e grammaticali con una funzione
specifica ("vuote") / struttura prosodica dell'enunciato;
- Conoscenze specifiche di L1 = possono essere riferite a conoscenze di tipo lessicale. Vengono in aiuto nella
comprensione dell'input di L2 a causa dell'evidenze somiglianza nel lessico, soprattutto tra lingue
tipologicamente affini (es: italiano / francese / spagnolo). A volte, la piena corrispondenza tra parole può trarre
in inganno (es: "falsi amici") > FOSSILIZZAZIONE = l'apprendimento subisce un arresto – non in progressione! –
perché si ha troppa fiducia nel fatto che si capisce quasi tutto della L2.

Italiano Inglese Francese


conclusione conclusion conclusion
dimensione dimension dimension
impressione impression impression

- Conoscenze parziali di L2 (in apprendimento);


- Conoscenze di altre L2.

3. MODIFICABILE = l'input può essere modificato da parte dell'interlocutore nativo. Quando l'input si presenta
modificato dal nativo (> chi è madrelingua della lingua che sta imparando), per renderlo ancora più comprensibile, allora
siamo in presenza di foreigner talk. Il FT è modificato a tutti i livelli di analisi:

Livello fonologico = linguaggio più scandito e meno forme contratte.

es: Bene tornata! / Do you want to go?

Livello lessicale = un input modificato può presentare IPONIMI (= significato compreso nell'iperonimo) invece di
iperonimi (= parola con significato più esteso).

es: pioggia invece di pioggerella, acquazzone, diluvio, etc.

Livello morfosintattico = enunciati che presentano più COORDINAZIONE che subordinazione > è il caso di esplicitare le
relazioni grammaticali.

Where did you put the book that Where did you put the book
VS
I gave you? I gave you?
Ha chiesto se poteva andare a casa Ha chiesto di poter andare a casa
VS

Il foreigner talk può essere "sgrammaticato". Avvengono delle devianze dalla norma con lo scopo di rendere più
comprensibile l'input all'interlocutore con cui si parla. A volte però, facendolo, si commettono degli errori. Per esempio:
Scusa, tu parlare con me? > mancato utilizzo del lei con una persona che non si sconosce + uso dell'infinito.

Una variante del foreigner talk è il teacher talk, che riguarda l'ambito prettamente didattico. Non è MAI sgrammaticato,
è sempre graduato e calibrato [> parlare in maniera scandita e chiara]. L'insegnante è il primo modificatore consapevole
di input.
4. NEGOZIABILE = si basa sul fatto che l'input può essere ripetuto, riformulato, accompagnato da gesti (ai fini della
comprensione) da parte del parlante nativo.

PN: Do you wear them everyday?

A: Huh?

PN: Do you put them on everyday?

A: Wear?

PN: Yeah, do you [gesture] put them on everyday?

A: Ah! No muy...

Altri esempi:

- Ti è piaciuta Roma? Roma, ti è piaciuta? > ripetizione + dislocazione dell'elemento rivelante.


- Tu dici che nel tempo libero ti piace viaggiare, vero? > formulazione della domanda + verifica di comprensione.
- A che ora fai colazione? Alle 8? > altro modo di inserire, nella domanda, alcuni elementi della risposta (che
aiutano a rispondere).

Nota bene! Quando evidenzia queste caratteristiche, Bettoni considera esclusivamente gli input di tipo orale.

L’INTERLINGUA

A partire dagli anni '70, vennero condotte le prime ricerche di linguistica ACQUISIZIONALE = studia e descrive i processi
d'apprendimento di lingue non prime > L2 [imparate in un momento successivo a L1].

L'oggetto di studio è l'INTERLINGUA = sistema linguistico in formazione che va verso la L2. Tale concetto cerca di tener
conto del fatto che le produzioni linguistiche degli apprendenti NON sono un'accozzaglia di errori e frasi devianti dalla
norma, ma costituiscono un VERO sistema linguistico che parte da L1 e tende verso L2.

Dalla metà degli anni '60 in poi, si riflette sulla nozione di interlingua e alcuni autori l'hanno nominata "la lingua
dell'apprendente". Si è iniziato a parlare di competenza transitoria (Corder, 1967), sistema approssimativo (Nemser,
1971) fino ad arrivare al termine scelto da Selinker nel 1972: INTERLINGUA.

La diversità delle terminologie utilizzate non deve trarre in inganno. Tutti questi studiosi riflettono sul fatto che esistesse
– dietro le produzioni approssimative, poco articolate e devianti dalla norma degli apprendenti – un sistema strutturato
e governato da principi ben precisi che rispondono a CRITERI DI REGOLARITÀ. È un sistema soggetto a COMPLESSITÀ
crescente (> dinamicità).

Un saggio che fu decisivo per quanto riguarda la concezione dell'ERRORE associata all'interlingua è The significance of
learners' errors, pubblicato da Corder nel 1967.

Il saggio propone una diversa interpretazione degli errori > NON più in ottica di tipo comportamentistico [approccio
strutturalista = errore come frutto di sovrapposizione delle abitudini acquisite con L1]; li considera come indizio di un
sistema linguistico in formazione, come si faceva per le forme devianti nel linguaggio (infantile) dei bambini.

Dunque, c'è una riflessione sul significato degli errori. Corder ha proposto l'ANALISI degli errori > non più una devianza
da norma che deve essere evitata, ma la spia di un processo in atto e di un sistema linguistico che, via via, si forma.

La CREATIVITÀ dell'apprendente viene riconosciuta: con i suoi tentativi di riformulazione, elaborazione e creazione
d'ipotesi di funzionamento linguistico si avvicina alla L2.

Cos'è l'interlingua secondo Selinker?


Un sistema linguistico a sé stante […] che risulta dal tentativo di produzione da parte dell'apprendente di una norma
della LO (lingua obiettivo o target > L2).

> Perché sistema? Risponde a determinate regole, vale a dire principi validi per TUTTI gli apprendenti.

La parola tentativo evidenza, invece, la dimensione dinamica.

Cosa dice Bettoni a proposito dell'interlingua?

Chiamiamo così la lingua degli apprendenti, e la intendiamo qui tanto nel senso di sistema-competenza (quello che
Tommasina SA = langue), quanto nel senso di effettiva esecuzione individuale (quello che Tommasina USA = parole).

> Quello che si sa di quella lingua in quel momento VS come usa la lingua.

Caratteristiche dell'interlingua:

- È un sistema;
- È dinamica;
- Si sviluppa in STADI (> complessità crescente) che generalmente sono comuni a tutti gli apprendenti;
- È influenzata da L1;
- È un sistema NATURALE caratterizzato da una coerenza interna;
- Si tratta di una lingua in continua evoluzione > tende verso la L2 = lingua obiettivo (punto di arrivo).

Il punto di partenza, però, non è sempre rappresentato da L1! Anche le conoscenze di altre L2 apprese in precedenza
possono influire sull'interlingua, che varia in diacronia e sincronia (> instabile in ogni suo stadio).

È un percorso COMUNE, ma varia la velocità d'apprendimento e l'esito.

Gli elementi della linguistica acquisizionale sono fondamentali per la GLOTTODIDATTICA; sapere come si sviluppano le
L2 (e il loro apprendimento) è un prerequisito importante per impostare una corretta modalità d'insegnamento.

L'interlingua, per quanto riguarda l'acquisizione verbale in italiano, passa attraverso una serie di STADI: prima il
presente, poi il passato prossimo, etc.

L'insegnante ne deve essere consapevole, non può entrare in classe e insegnare il congiuntivo alla seconda lezione!

Gli indici dei manuali, ormai, presentano i contenuti già sequenziati.


Giorgia Cherubini, [22.04.21 21:49]

22 Aprile 2021

Abbiamo definito cos’è l’interlingua. Dobbiamo fare riferimento al transfer linguistico che si colloca nell’interlingua. Il
transfer è fondamentalmente l’influenza della lingua materna. Si tratta di un trasferimento di elementi linguistici e
strutture appartenenti alla lingua materna, che vengono trasferiti in L2. Questo trasferimento aveva una connotazione
abbastanza negativa, visto come un sovrapporsi delle abitudini linguistiche tra L1 e L2, e questo portava all’innesto di
errori, che erano visti come frutto di questa sovrapposizione. Per cui, quando ne abbiamo parlato, era visto come un
mero trasferimento di strutture di L1 che si manifestavano nell’interlingua, nel comportamentismo. Ma la concezione di
transfer cambia. A questo concetto viene data un’accezione più ampia, non è associato al comportamentismo e non
implica più un trasferimento, perché in molti casi le produzioni degli apprendenti non sono meri trasferimenti, ma molto
di più.

Selinker dice che il transfer è tutta una classe di comportamenti, processi, condizionamenti, ciascuno dei quali ha a che
fare con l’influenza translinguistica, cioè con l’uso di conoscenze linguistiche precedenti, ma non esclusivamente. Per cui
il concetto di transfer si amplia. Il transfer linguistico va quindi a costituirsi di influenze di vario genere e può verificarsi
non solo dalla lingua materna ma anche da altre lingue precedentemente apprese. Il transfer linguistico è
indubbiamente uno dei processi che dà forma all’interlingua. “Designa l’influsso che L1 o altre lingue note, esercitano su
L2”.

Il transfer su vari livelli:


1. Livello fonologico: a questo livello, l’influenza della lingua materna risulta essere più evidente e più difficile da
eliminare. C’è difficoltà a saper pronunciare bene le parole e si mantiene tendenzialmente l’accento straniero. Ad
esempio, riproduzioni di un apprendente arabofono di L2 italiana: notiamo confusione tra le vocali /o/ - /u/, /i/- /e/,
questo perché in arabo ci sono solamente tre vocali, a , i , u. errori: PaUlo, dUminica, genEtori, lIggere, mattEna. Ma c’è
da dire questo: le produzioni interlinguistiche non sono influenzate SOLO dalla lingua madre L1, ma anche da una lingua
straniera L2 precedentemente apprese (es. inglese).

Gli errori avvenivano anche a livello di consonanti: i foni -p, -b non sono presenti in arabo e gli arabofoni che parlano
italiano tendono proprio a commettere questi errori: biace, borta, esembio, bregare. E anche confusione tra -f, -v :
defeso (diviso), fafo (favo).

2. Livello lessicale: parole che si somigliano a livello di forma che però spesso sono falsi amici. La corrispondenza di
forma tra parole spesso aiuta l’apprendimento, se c’è corrispondenza tra L1 e L2, ma se non c’è corrispondenza si
produce errore. Es. dall’inglese “to pretend”> si crede che voglia dire “pretendere”, in realtà è “fingere”.

3. Livello sintattico: errori nella posizione delle parole. I tedescofoni metteranno il verbo alla fine della frase “ho la
macchina anche preso” (prima comp. Oggetto), ma anche noi italiani spesso riproduciamo l’ordine sintattico della nostra
L1: “I take always yhe train”> “I always take the train”.

Il transfer non è un fenomeno negativo, ma può essere anche positivo. Basti pensare alla facilità che si ha
nell’apprendere lingue che sono simili dal punto di vista fonologico alla propria lingua materna (es. io italiana che
apprendo spagnolo), mentre il processo di apprendimento sarà più difficoltoso nell’apprendimento dell’arabo, ad
esempio.

Fasi di sviluppo di lingue seconde:

come abbiamo detto, vari studi condotti in ambiente spontaneo e in contesto naturale ma anche in contesto guidato,
hanno scoperto che (per quel che riguarda lo studio dell’italiano come L2), nel processo di apprendimento le interlingue
degli studenti diventano più complesse seguendo degli stadi comuni a tutti gli apprendenti. Gli stadi, dunque,
coincidono. Questi studi cominciano verso gli anni ’80. Si parla di tre diverse fasi:

Giorgia Cherubini, [22.04.21 21:49]

1. Fase PRE- BASICA: è lo stadio iniziale dello sviluppo dell’interlingua, che diventa piu complessa mano mano si va
avanti. È caratterizzata dal fatto che si fa ricorso di risorse di tipo non linguistico, di intuito e di aiuto da parte del
parlante nativo. È un livello elementare. L’interlingua dell’apprendente è caratterizzata per la presenza di formule “non
analizzate”> ossia espressioni che vengono memorizzate e utilizzate senza una riflessione di tipo linguistico. Queste
formule vengono ripetute e interiorizzate così come sono, senza una riflessione grammaticale. L’interlingua in questa
fase iniziale è caratterizzata solo da un punto di vista nominale. L’enunciato non presenta verbi, ma solo nomi.
L’enunciato presenta solo l’informazione saliente, il tema principale, posizionato alla fine dell’enunciato. Lachini chiama
il principio pragmatico “focus last”, secondo cui il contenuto saliente dell’enunciato è contenuto alla fine dell’enunciato.
Esempio: “primo mamma no italiana”> qui si vede che la struttura dell’enunciato è senza verbi, senza articoli,
preposizioni, e l’informazione più saliente e cioè che la mamma non è italiana, è collocata alla fine dell’enunciato.

2. Fase BASICA: caratterizzata dal fatto che compare il verbo, ma in forma basica, compaiono l’infinito e la terza persona
dell’indicativo presente. Anche il lessico si arricchisce di parole piene, ma sono ancora assenti elementi di tipo sintattico
e morfologico. Esempio: “adesso lavorare anche cameriere con principale italiano”.

3. Fase POST- BASICA: l’enunciato diventa ancora più complesso e somigliante a L2, vengono integrati anche gli articoli,
desinenze, preposizioni, gli elementi morfo- sintattici. Esempio: “la polizia lui ha preso e hanno messo in macchina e
portato via forse nel prigione”. Vediamo che la grammatica è più complessa, ci sono subordinate.

Come vengono appresi i verbi italiani da parte di apprendenti stranieri?

Non si apprende l’uso dell’imperfetto se non si è prima appreso il participio passato, il presente indicativo. È una
sequenza di tipo implicazionale e costante, quindi comune a tutti gli apprendenti. I verbi italiani sono appresi in questo
ordine: forma di base (presente e infinito)> ausiliare + participio passato> imperfetto> futuro> condizionale>
congiuntivo. Non si può imparare il congiuntivo se prima non si conoscono i tempi prima.
Ricadute in chiave didattica:

l’insegnante dovrebbe insegnare le strutture linguistiche nell’ordine in cui compaiono nelle sequenze di acquisizione: è
inutile che l’insegnante spieghi prima il congiuntivo e poi l’indicativo, non si fa così, perché gli stadi hanno valenza
implicazionale. Inoltre, l’insegnante non deve pretendere che le strutture verbali corrette siano usate correttamente
troppo presto, per un apprendente è difficile assimilare le strutture verbali italiane. Anche se l’insegnante non ha ancora
spiegato alcune strutture, esse possono comunque essere presenti nell’input dell’insegnante.

27.04.2021

Le sequenze di acquisizione possono essere tradotte in pratica – dunque, in ottica didattica – facendo riferimento
all’ipotesi dell’insegnabilità (Teachability Hypothesis) di Pienemann nel 1986. Cosa dice? È insegnabile solo quello che è
acquisibile da uno studente in un determinato momento. Non tutto è acquisibile subito, ma solo se lo studente è
pronto in un dato momento, facendo riferimento agli studi di linguistica acquisizionale.

“L’insegnamento può favorire l’acquisizione linguistica solo se l’interlingua è vicina al punto in cui la struttura da
insegnare viene acquisita nella situazione naturale.” > SI PUÒ INSEGNARE LA STRUTTURA ACQUISIBILE IN UN
DETERMINATO MOMENTO; NON È EFFICACE INSEGNARE ALTRO.

Tale ipotesi assunse un quadro teorico più forte negli anni, quando Pienemann elaborò la teoria della processabilità nel
1998 (che fa sempre riferimento alle sequenze di acquisizione) = un apprendente dispone di procedure di elaborazione
cognitiva [> gerarchia di processabilità] che gli consentono di produrre e comprendere SOLO le forme linguistiche che è
un grado di processare in un determinato stadio. Ergo, ci dicono ciò che è acquisibile a seconda della fase in cui si
trova.

Piedemann individua una serie di procedure che spiega e definisce meglio nella seguente tabella:

Fase LEMMATICA = non è proprio un’elaborazione cognitiva (= no procedure). Nello stadio iniziale, l’apprendente
identifica le parole.

Fase CATEGORIALE = dal punto di vista cognitivo, l’apprendente è pronto a elaborare le categorie e processarle >
assegna ai lemmi le categorie grammaticali + utilizzo corretto dei morfi grammaticali (es: distinguere il maschile dal
femminile, singolare da plurale, etc.).

Fase SINTAGMATICA = l’apprendente è pronto ad accordare correttamente parole appartenenti a stesso sintagma
nominale o verbale (es: libri interessanti, ho mangiato).

Fase FRASALE = l’apprendente inizia a formare frasi e ad accordare correttamente soggetto e verbo.
Fase SUBORDINATIVA = l’apprendente acquisisce la capacità di produrre frasi; adesso comprende e produce anche le
subordinate.

La t. della processabilità è la messa in “teoria” delle sequenze di acquisizione.

Per una didattica delle lingue consapevole (e migliore), cosa può fare l’insegnante?

 Studiare le sequenze di acquisizione;


 Considerare gli ERRORI in funzione dell’interlingua e delle capacità acquisite in quel momento > l’errore è una
spia del processo di apprendimento in corso oltre che delle capacità apprese;
 Chiedersi se ciò che si insegna sia processabile o meno in quel momento.

Influenza degli studi acquisizionali sulle pratiche didattiche:

 Visione più organica e sistematica dell’INTERLINGUA = l’insegnante sa che essa si sviluppa in determinate FASI
(che seguono un percorso comune a tutti gli apprendenti);
 Nuova visione dell’ERRORE > da vedere internamente all’interlingua, dunque come qualcosa di transitorio [=
l’interlingua diventa sempre più complessa e tende verso L2, man mano gli errori scompaiono] e motivato dal
fatto che l’apprendente si trova in una determinata fase d’acquisizione;
 Consapevolezza della complessità > predisporre percorsi di insegnamento a spirale (= graduati) che prevedano
rinforzi e ripetizioni di quanto detto e che portino a una scoperta graduale delle regole.

Analisi dell’interlingua:

> transfer dalla lingua materna (= inglese) che si nota dall’omissione dell’articolo previsto, invece, in italiano.

 Sostituire la preposizione con valore temporale (“a”) con “in”.


 “Non l’ho le ho detto che mi piaceva” > esempio di sovraestensione della regola. L'apprendente ha applicato
correttamente una regola prevista in italiano, ossia l’utilizzo del pronome eliso prima del verbo avere alla terza
persona. In tal caso è sbagliato perché presuppone la presenza del complemento indiretto “le”. Nonostante
abbia sbagliato, l’apprendente ha acquisito la regola dell’elisione.
 Vale anche per “Me ne sono trasferito” > uso sovraesteso di forme verbali che sicuramente l’apprendente ha
acquisito. Associa il “ne” al verbo trasferirsi che non vuole questa formazione pronominale. Si ritorna a un
concetto fondamentale: l’errore va considerato in un’ottica INTERNA all’interlingua.
 “Ci sono mai più sentiti” > uso della terza persona plurale più frequente della prima persona. Dunque, l’errore
è dovuto al fatto che questa forma è molto più utilizzata di quella con “siamo”.

Ulteriore analisi dell’interlingua:


Corso di italiano A1 svolto a Staten Island (USA, grande comunità ispanofona e bilingue). OSSERVAZIONI ↓

Prima persona singolare scritta SEMPRE con la lettera maiuscola (es. 24), non solo a livello grafico ma anche
morfosintattico (= in inglese è sempre necessario esplicitare il soggetto, quindi lo ripetono anche in italiano).

Quasi sempre ETÀ + verbo ESSERE (es. 7, etc.) > interferenza con l’inglese.

“Io abito in New York” (es. 11) > preposizione che ricalca l’uso dell’inglese.

Grande presenza di parole spagnole + verbi all’infinito (> a parte il verbo essere e avere coniugati!) > siamo in una fase
BASICA dell’interlingua (= prima comparsa del verbo all’infinito o alla terza persona dell’indicativo presente > f. 24
“ascolta la musica”, anche se può essere un accordo con il sostantivo che segue). C’è anche una difficoltà legata al fatto
che la coniugazione dei verbi inglesi è “uguale”, non è così complessa. Per gli anglofoni l’infinito è la forma base, per
questo lo riproducono spesso.

Frasi 9 e 15 > il verbo NON è presente (possibile interferenza con la lingua ebraica oppure l’arabo).
Omissione dell’articolo determinativo DAVANTI all’aggettivo possessivo (es. 9, 10, 12, etc.), come in spagnolo, inglese e
francese.

Frase 1 > “habito” | influenza del francese oppure derivante da habitat.

Frase 4 > “parche” > il que spagnolo si traduce “che” in italiano, ma c’è stata un’interferenza con lo spagnolo dal punto
di vista LESSICALE / “io voi” = in spagnolo è un verbo (> andare), in italiano NO.

Frase 16 > utilizzo sbagliato della preposizione articolata nella / alla con preposizione e articolo STACCATI (> come in
inglese e spagnolo).

Frase 23 > interferenza con l’inglese = “io mangio la colazione”.

Frase 7 > Difficoltà ad utilizzare correttamente l’accordo nome – aggettivo.

Frase 17 > “anche” per gli spagnoli va sempre in posizione iniziale, mentre in italiano è corretto dire “vado anche” +
trascrizione sbagliata della parola.

A quale tipo di fase appartengono le frasi? Siamo in fase BASICA perché ci sono i verbi (la fase pre-basica non li
prevede!), vengono utilizzati all’infinito e NON ci sono frasi complesse. Alcuni sono ancora in fase pre-basica perché
non inseriscono i verbi.

Varia la velocità e l’esito PERSONALE delle fasi comuni a tutti; dipende anche dalle proprie caratteristiche e dalla
situazione contestuale.

RIASSUNTO DELLE TRE FASI DI SVILUPPO DI L2:

Prima fase PRE-BASICA (= Seconda fase BASICA Terza fase POST-BASICA


livello A1) (= livello A2) (= dall’intermedio
all’avanzato, quasi nativo)
1) Parole e formule fisse; 1) Presenza del verbo (forma 1) Tempo verbale finito;
2) Risorse non linguistiche; basica); 2) Organizzazione sintattica;
3) Organizzazione nominale; 2) Assenza di morfologia (NO 3) Categorie lessicali e
4) Verbi ed elementi funzionali flessione) e sintassi; grammaticali acquisite.
non presenti. 3) Arricchimento del lessico.

29.04.2021

L’EUROPA E LE LINGUE

Introduzione:

Nel libro In Europa son già 103 di Tullio De Mauro (2014), la “fisionomia eccezionale” dell’Europa è riferita al fatto che
in Europa ci siano 740 milioni di persone e sono presenti 50 stati con 62 lingue ufficiali: di queste, una cinquantina
hanno lo status di lingue ufficiali / nazionali, altre lo status di coufficialità oppure sono riconosciute come minoranze
linguistiche. Emerge tutta la complessità della situazione linguistica come dato strutturale in Europa. L'attenzione alla
diversità linguistica (> dato oggettivo) ha fatto sì che venisse rivolta, in particolar modo, a COME gestire tale diversità. Di
tale complessità si tiene conto in alcuni documenti fondanti dell’UE come la Carta dei diritti fondamentali dell’UE
promulgata nel 2000 > diritti sociali, culturali, politici dei cittadini.

Art. 21 – Non discriminazione:

È vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine
etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione, […]

Art. 22 – Diversità culturale, religiosa e linguistica:

L’Unione rispetta la diversità culturale, religiosa e linguistica.

> Riconoscimento implicito della diversità ANCHE linguistica del continente. In più, viene enunciato il concetto di
rispetto nei confronti della diversità.

Nel Trattato sull’Unione Europea (1992) l’art. 3 ribadisce il rispetto della ricchezza culturale e linguistica. Viene, dunque,
riconosciuta l’esistenza di una diversità di lingua e la salvaguardia del patrimonio culturale europeo (anche linguistico!):

L’Unione rispetta la ricchezza della sua diversità culturale e linguistica e vigila sulla salvaguardia e sullo sviluppo del
patrimonio culturale europeo.

Un altro documento europeo che parla della diversità tra lingue e della questione dell’istruzione / diffusione delle lingue
degli Stati membri è il Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea. Viene ribadita la condizione di straordinarietà
linguistica degli Stati membri e sottolinea l’obiettivo dell’UE (art. 165):

1. L'Unione contribuisce allo sviluppo di un'istruzione di qualità incentivando la cooperazione tra Stati membri e, se
necessario, sostenendo ed integrando la loro azione nel pieno rispetto della responsabilità degli Stati membri […],
nonché delle loro diversità culturali e linguistiche.

2. L'azione dell'Unione è intesa:

 A sviluppare la dimensione europea dell'istruzione, segnatamente con l'apprendimento e la diffusione delle


lingue degli Stati membri;
 A favorire la mobilità degli studenti e degli insegnanti, […].

L'UE promuove, dunque, l’insegnamento e apprendimento delle lingue straniere – attraverso la mobilità dei cittadini –
e tutela le lingue regionali o minoritarie.

Per quanto riguarda la tutela delle lingue di minoranza, se ne parla esplicitamente nella Carta europea delle lingue
regionali o minoritarie promulgata nel 1992 > italiano = lingua ufficiale / elencate altre lingue di minoranza
salvaguardate in Italia.
Le identità nazionali riferite anche alla diversità linguistica sono ritenute VALORI ASSOLUTI. La diversità (> culturale,
religiosa, linguistica, etc.) è il principio fondante e strutturale dell’Unione. Questa parola è presente nel motto dell’UE:
“Uniti nella diversità”.

L’azione del Consiglio d’Europa:

È diversa dall’UE: è un’organizzazione di tipo internazionale di cui fanno parte anche paesi NON membri dell’UE (> più di
40). Ha lavorato molto sul tema delle LINGUE. Come? È arrivato a pubblicare anche il Quadro Comune Europeo di
Riferimento.

Quali sono gli obiettivi complementari del Consiglio?

 Promuovere l’integrazione fra i cittadini dei vari Stati membri;


 Tale integrazione è resa possibile grazie alla diffusione di lingue come strumento di COESIONE e DIALOGO.

A un certo punto, tutto ciò si traduce in procedure operative. Alla fine degli anni ‘60, ci fu la nascita nel Modern
Language Project (1967) con il quale un gruppo di studiosi venne incaricato di mettere in pratica alcuni aspetti volti alla
diffusione e all’apprendimento delle lingue straniere (> dare impulso alla diffusione e all’insegnamento delle lingue).

Quali furono le cause contestuali / sociali? Tutto ciò successe perché, ai tempi, ci fu un grande aumento di interazioni
faccia a faccia che portò anche a:

 Aumento di MOBILITÀ;
 Intensificarsi dei RAPPORTI INTERNAZIONALI;
 Spostamenti significativi di TURISTI (> turismo = fenomeno di massa).

L'obiettivo del Progetto Lingue Moderne era quello di produrre riflessioni nuove (per l’epoca) volte a diffondere le
lingue e come poterne divulgare la conoscenza tra gli Stati membri. Ci fu una riflessione che portò a prodotti concreti.
Scopo principale = stabilire un LIVELLO SOGLIA di conoscenza linguistica > livello di autonomia di tipo COMUNICATIVO
necessario per sopravvivere in un paese straniero (B1). [Nota bene! A1 = contatto / A2 = sopravvivenza / B1 = soglia].

Il concetto di autonomia comunicativa NON è inteso in modo minimale e non vuol dire SOLO essere in grado di
comprarsi qualcosa (es: acquistare qualcosa da mangiare o un biglietto), ma anche quello di accrescere la propria
conoscenza e comprensione del paese straniero. Bisogna, dunque, saper interagire con altre persone e ampliare il
proprio bagaglio culturale; questo è quello che prevede la “sopravvivenza”.

Definizione del “Livello Soglia”:

[…] un livello “di capacità” predominantemente orale con il quali i discenti saranno in grado di sopravvivere, dal punto
di vista linguistico, in un paese straniero e di stabilire e mantenere contatti sociali con parlanti della lingua straniera.

Il Modern Language Project parte da considerazioni di tipo teorico ma si realizza in una serie di manuali chiamati “I
Livelli Soglia” per ogni lingua:

 Threshold Level (Van Ek, 1975);


 Un Niveau Seuil (Coste et al., 1976);
 Un Nivel umbral (Slagter, 1979);
 Kontaktschwelle Deutsch (Baldegger, 1980);
 Il Livello Soglia (Galli de’ Paratesi, 1981).

La grande innovazione alla base della loro pubblicazione è un forte ribaltamento dell’impianto didattico tradizionale. Le
forme linguistiche (= GRAMMATICA e LESSICO) rimangono centrali nella prassi didattica, ma queste forme da insegnare
sono dipendenti da altri parametri ESTERNI, non interni alla lingua stessa! Quali sono? I Bisogni, i domini (= contesti
d’uso della lingua), le situazioni comunicative e i corrispondenti atti linguistici > sulla base di quest’ultimi, vengono
scelte le forme linguistiche da insegnare.

Emerge una dimensione PRAGMATICA della lingua > perché quell’apprendente usa la lingua? In quali situazioni? Quali
sono gli atti linguistici corrispondenti ai bisogni e alle situazioni comunicative?

Punti fondamentali / approccio di fondo del progetto:

 Progettazione incentrata sul DISCENTE;


 Obiettivi di apprendimento definiti in base a un approccio COMUNICATIVO (= uso della lingua per la
comunicazione orale).

Cosa dice “Il Livello Soglia” sugli obiettivi di apprendimento?

> Gli obiettivi vengono scelti sulla base dell’utilità delle forme linguistiche da insegnare. Prima avveniva una scelta degli
item da insegnare INTERNI alla lingua (> approccio formalistico), ora su criteri EXTRALINGUISTICI. La scelta delle forme
linguistiche da insegnare, dunque, deriva dalle situazioni comunicative, dal ruolo dell’interlocutore e dalle azioni
esercitate.

“Il Livello Soglia” (+ quelli di altre lingue) non è altro che un elenco di NOZIONI e FUNZIONI. La teorizzazione (e messa in
pratica) del metodo nozionale-funzionale deriva dal Progetto Lingue Moderne e dai Livelli Soglia delle varie lingue.
Invece di elencare argomenti grammaticali e basare su quelli la presentazione delle forme linguistiche, si è pensato di
elencare varie nozioni generali (corrispondenti a vari aspetti della vita quotidiana: cibo, salute, etc.) e, accanto ad esse,
associare tutte le funzioni linguistiche. Ad ogni funzione, viene associato l’esponente linguistico (= l’ESPRESSIONE, la
forma linguistica che varia da lingua a lingua).

Quali sono i DESTINATARI del Livello Soglia dell’italiano?

 Visitatori temporanei;
 Studenti stranieri che studiano italiano in università italiane ed estere;
 Studenti stranieri NON di italiano che studiano in università italiane;
 Futuri lavoratori e tecnici stranieri che vengono in Italia per ricevere un’istruzione tecnica;
 Commercianti che vengono in Italia per affari;
 Studiosi che vengono in Italia per fare ricerca.

Esempi di funzioni connesse alle nozioni (es: casa, compere, salute e benessere, mangiare e bere):
I Livelli Soglia hanno un impianto generale OMOGENEO (> alla base c’è una teoria CONDIVISA = livello di autonomia
comunicativa utile per sopravvivere) e, alla fine, vengono esposte le forme linguistiche dalle varie lingue. Qual è l’unica
differenza tra i vari manuali? Gli ESPONENTI LINGUISTICI, ossia forme linguistiche associate alle funzioni enucleate.

Tutte le riflessioni prodotte si concretizzano nella pubblicazione dei manuali “Livelli Soglia”, ma proseguono nel tempo.
All’inizio degli anni ‘90, il Progetto Lingue Moderne viene riconvertito in una sezione della Cooperazione Culturale del
Consiglio d’Europa che continua a fare convegni in cui comincia a emergere un’esigenza particolare – che rappresenta
l’esito di quanto pensato e fatto precedentemente – legata al fatto di:

 Agevolare la cooperazione internazionale nell’educazione linguistica;


 Fornire basi (= linee guida) comuni per la valutazione delle competenze in tutti gli Stati membri;
 Coordinare il lavoro dei soggetti impegnati nell’apprendimento e insegnamento linguistico.

Così si arriva alla pubblicazione del Quadro Comune Europeo di Riferimento. All’inizio degli anni ‘90 ne circola una
versione online; venne pubblicato in lingua francese e inglese nel 2001 – in italiano del 2002.

Quadro Comune Europeo di Riferimento – introduzione:

Adotta un approccio orientato all’azione.

QUANDO? - contestualizzazione temporale:

Il QCER è considerato un punto di arrivo delle riflessioni scaturite che hanno portato alla pubblicazione dei Livelli Soglia
e si sono evolute (portando al Quadro). All'interno del Quadro vi è una ristrutturazione dei rapporti e dei valori attribuiti
ai fattori dell’atto didattico (> attenzione non solo sulla lingua in sé, ma sul SOGGETTO [= l’apprendente], l’OGGETTO [=
la lingua], l’AGENTE e il CONTESTO*). Nel Quadro si parla di domini e l'apprendente è un attore sociale, cioè qualcuno
che agisce (= agente) nella società – in determinati contesti – usando la lingua.

Il QCER è un testo unico, mentre i Livelli Soglia erano diversi manuali omogenei per struttura / impianto ma diversi da
lingua a lingua.

COSA? - natura del documento:


Cosa dice Massimo Vedovelli al riguardo?

> Individua
due anime compresenti nel documento: nozioni teoriche imprescindibili per approcciarsi all’insegnamento /
apprendimento linguistico, ma viene data importanza anche alla gestione pratica dell’apprendimento (= dimensione
POLITICO-ATTUATIVA). L’apprendimento e l’insegnamento sono inseriti in un contesto di contatto fra lingue.

CHI? - mittente e destinatari:

Mittente = Consiglio d’Europa, esperti, educatori, etc.

Destinatari = apprendenti e professionisti del campo delle lingue (docenti).

PERCHÉ? - finalità del documento (cap. 1, 2° paragrafo del QCER):

 Migliorare la qualità della comunicazione tra gli europei tramite la MOBILITÀ e gli SCAMBI tra cittadini;
 Sostegno ai metodi d’insegnamento / apprendimento volti all’acquisizione di conoscenze, abilità e
atteggiamenti per indipendenza di PENSIERO e AZIONE ;
 La COMPRENSIONE contribuisce alla promozione di una cittadinanza democratica.

Scopi del QCER (pag. 7 del QCER):

 Promuovere la cooperazione tra istituti di istruzione;


 Fornire una solida base per le certificazioni (= scala comune per i vari livelli di competenza);
 Aiutare a coordinare gli sforzi dei soggetti impegnati nell’apprendimento / insegnamento delle lingue.

DOVE? - contesti di applicazione:

Scuole, centri di formazione per insegnanti, enti certificatori, università e contesti di autoapprendimento.

04.05.2021

LIVELLI DI COMPETENZA del QCER


Ci sono TRE macro-livelli: elementare, intermedio e avanzato, ulteriormente suddivisi in sottolivelli = A1, A2, B1, B2, C1,
C2 > SEI livelli di riferimento.

Torna il “Livello Soglia” = B1 > fa parte del macro-livello intermedio.

I “Livelli Soglia” sono anche dei manuali pubblicati in varie lingue, tra cui l’italiano nel 1981. La dicitura faceva
riferimento a un livello di autonomia comunicativa cui l’apprendente riesce a sopravvivere linguisticamente in un paese
straniero. Tale concetto di sopravvivenza NON era inteso in maniera minimale, ma comprendeva la capacità di
interagire ed entrare in contatto con i locutori della lingua che si stava imparando, oltre all’accesso alla cultura del
paese straniero.

La scala globale riassume, in generale, le caratteristiche di quello che l’apprendente sa fare con la lingua nei vari livelli.

Livello ELEMENTARE:

A1 – livello di CONTATTO = l’apprendente sa usare espressioni familiari di uso quotidiano, sa presentare sé stesso, sa
porre domande e dare risposte su dati personali – l’interazione è molto semplice. Tutto ciò che riesce a fare con la
lingua, dunque, riguarda qualcosa di quotidiano, familiare e che ha a che fare con il PROPRIO ambito.

A2 – livello di SOPRAVVIVENZA = la competenza progredisce, ma lo scambio d’informazioni è ancora molto semplice.


Quest’ultimo, la produzione orale, quella scritta e le competenze di tipo ricettivo riguardano solamente ambiti familiari,
abituali e concreti. Inizia ad essere presente la competenza di tipo DESCRITTIVO in relazione a bisogni concreti.

Livello INTERMEDIO:

B1 – livello SOGLIA = l’apprendente se la cava in molte situazioni, anche in viaggio (> concetto di sopravvivenza). La
produzione di testi rimane di livello basso (semplice), in più riguarda sempre argomenti familiari e di suo interesse, ma
l’apprendente inizia anche saper esporre le proprie ragioni e opinioni (> in questa fase si studia il congiuntivo +
condizionale presente per fare richieste o esprimere desideri | es: io ritengo / penso che...). Si stacca LEGGERMENTE
dalla sfera familiare per parlare di argomenti astratti.

B2 – livello di PROGRESSO = c’è una maggiore padronanza nel recepire e produrre testi complessi su argomenti concreti
e astratti. Se si apre un manuale B2 (a dir la verità, già nel B1), i testi sono molto più lunghi. È il livello che vede la
comparsa del linguaggio tecnico-specialistico (> discussioni TECNICHE). L'interazione non genera più tensione o sforzo,
ma è sciolta e spontanea. Si è capaci di esprimere e argomentare le proprie opinioni su argomenti di attualità che NON
riguardano più la nostra sfera personale.

Livello AVANZATO:

C1 – livello di EFFICACIA = c’è la comprensione di testi complessi e lunghi (= dimensione testuale sempre più
elaborata). Si consolida l’uso linguistico per scopi accademici e professionali, oltre che sociali. È anche la competenza
dei segnali DISCORSIVI > padronanza della dimensione TESTUALE.

C2 – livello di PADRONANZA = la competenza si avvicina a quella del parlante nativo, l’espressione è spontanea e
scorrevole, l’apprendente sa riassumere e ristrutturare testi in maniera COERENTE oltre a saper cogliere sfumature di
significato (= usi figurati della lingua).

Nel 2018 venne pubblicato un addendum (che rappresenta l’integrazione del documento originale del 2001) intitolato
Companion Volume with New Descriptors in cui è presente un altro livello = pre-A1 (livello di PRE-CONTATTO). È una
competenza che riguarda l’uso ricettivo e produttivo di frasi isolate o sillabe:

 ASCOLTO = distinzione di parole singole o sillabe;


 LETTURA = comprensione di singole parole e frasi isolate;
 SCRITTURA = produzione di parole e/o frasi isolate > scopo comunicativo prettamente strumentale;
 PARLATO = uso di formule ricorrenti nel parlato + enunciati molto brevi con lunghe pause.

Il pre-A1 è associato solitamente ad apprendenti poco alfabetizzati (> tenuto in considerazione durante i corsi per
MIGRANTI).

Nota bene! La presenza del livello pre-A1 veniva già contemplata nel documento del 2001, ma solo nel 2018 la scala è
stata integrata con quest’ulteriore livello (pag. 38, cap. 3.5 del QCER):
Analisi di alcune produzioni scritte:

> A1 – espressioni e frasi semplici, repertorio di tipo memorizzato (es: un bacio da... in chiusura di cartolina).

> C1 – si parla di grandi opere pubbliche, un argomento molto complesso, con l’obiettivo di ARGOMENTARE. Il
linguaggio formale viene pienamente utilizzato (es: “scriverLe”). Vasto repertorio lessicale, uso di espressioni
idiomatiche + lessico specialistico (es: tasso della disoccupazione). Gli errori sono rari (es: al mio parere), mentre la
correttezza grammaticale è molto alta.

> A2 – consolidato l’utilizzo del passato prossimo che già si affronta a fine A1). Le espressioni sono SEMPLICI e le frasi
legate da semplici connettivi. Ci sono un po’ di errori che sembrano essere sistematici. La lettera viene impiegata per
descrivere e raccontare eventi.
> B1 – padronanza grammaticale abbastanza buona, ma si notano ancora (anche se poco) gli errori dati dall’influenza
della lingua materna.

> B2 – c’è la capacità di argomentazione. Gli sbagli sembrano occasionali e NON errori sistematici (es: informazioni
molto veloce > mancanza di accordo nonostante, nel resto del testo, l’accordo sia fatto correttamente).

06.05.2021

Analisi di manuali

Documento in classroom “Manuali livelli”: pagine provenienti da differenti manuali di italiano L2 -> di che livelli del
QCER si tratta?

Nella maggior parte delle pagine, i temi trattati riguardano la sfera del personale, la sfera familiare e quotidiana (es.
vocaboli e temi negli esercizi riguardano la vita di ogni giorno, non interessano un linguaggio tecnico specifico).

L’unica riferimento a un vocabolario tecnico-scientifico si ha a pagina 6 (lessico riguardante il lavoro), si tratta infatti di
una pagina tratta da un manuale di livello B1. Tuttavia, l’input del manuale in questione è sicuramente “complesso” per
essere un B1 (caratteristica della casa editrice), sembra avvicinarsi di più a un B2 -> la scelta del manuale è importante:
magari un testo più complesso di questo tipo può essere utile per uno studente ispanofono di italiano L2, perché le due
lingue sono vicine; per uno studente con L1 cinese sicuramente non va bene.
Attività proposte nella pagina 6: scrivere le parole appartenenti al campo semantico del lavoro all’interno di un
diagramma a ragno, raccogliere dati sul tema e produzione scritta (risposte alle domande) -> attività che promuovono la
produzione scritta e orale

A1: pagina 1 (anche per la presenza di una componente culturale con il quale si apre spesso il corso di lingua), 5 (siamo
nell’A1 ma non alle prime pagine, c’è già una conoscenza che prosegue, non è proprio agli esordi), 7 (passaggio verso
A2, fine di un manuale A1), 8 (la nazionalità e il verbo essere sono i primi argomenti che si toccano in un livello A1), 10
(siamo verso il passaggio all’A2, è l’ultima parte di un manuale A1), 12 (articolo determinativo), 13 (aggettivi di
nazionalità), 14 (lavori affrontati in maniera elementare, c’è un’attività di abbinamento molto semplice utilizzando il
presente), 16 (argomenti, lessico, domande pertinenti all’A1), 17 (lessico elementare presentato graficamente)

B1: pagina 4 (input più complesso, manuale “tendente” al B2)

Per capire quando e se è opportuno passare a un livello successivo, l’insegnante si affida al cosiddetto “test di ingresso”
per testare le abilità che dovrebbero essere state ormai acquisite. Facendo questo si rende conto anche delle differenze
presenti magari in uno stesso studente (es. è un B1 nell’orale e un C1 nell’ascolto) capendo come strutturare il corso.

IL QCER: Alcuni concetti fondamentali e imprescindibili


1. Il concetto di plurilinguismo
2. L’approccio orientato all’azione e i domini
3. Il concetto di competenza (in particolare si parla di “competenza linguistico comunicativa + competenze generali)
dell’apprendente (capitolo 5 del QCER)

Il plurilinguismo e la competenza plurilingue

Definizione di competenza plurilingue: (…) capacità che una persona, come soggetto sociale, ha di usare le lingue per
comunicare (…) in quanto padroneggia, a diversi livelli, competenze in più lingue e più culture (plurilinguismo va di pari
passo con il pluriculturalismo). Questa competenza non consiste nella sovrapposizione o nella giustapposizione di
competenze distinte, ma è piuttosto una competenza complessa o addirittura composita, su cui il parlante può basarsi
(pag. 200 QCER)

Plurilinguismo vs Multilinguismo:

(…) man mano che l’esperienza linguistica di un individuo si estende dal linguaggio domestico del suo contesto culturale
a quello più ampio della società e poi alle lingue di altri popoli (…), queste lingue e queste culture non vengono
classificate in compartimenti mentali rigidamente separati; anzi, conoscenze ed esperienze linguistiche contribuiscono
a formare la competenza comunicativa, in cui le lingue stabiliscono rapporti reciproci e interagiscono. (pag. 5 QCER)

Oggi i termini multilinguismo e plurilinguismo non vengono più usati come sinonimi. Con multilinguismo si indica la
coesistenza di più lingue in uno stesso ambito sociale, culturale, statuale; con plurilinguismo la capacità di usare più
lingue, nel senso più ampio e tecnico del termine: ovvero lingue scritte, letterarie e/o ufficiali di uno Stato, ma anche
lingue non scritte, prive di ufficialità, che spesso chiamiamo i dialetti (De Mauro). -> la conoscenza di uno o più dialetti
rientra nella nostra competenza plurilingue.

Il plurilinguismo esposto nel QCER è legata alla teoria dell’interdipendenza linguistica (o dell’iceberg) di Cummins
(inizio anni 80; citata da Balboni nel manuale): sottolinea l’importanza che ha l’educazione plurilingue per lo sviluppo
cognitivo del soggetto che apprende più lingue. Gli elementi superficiali (picchi dell’iceberg) sono le lingue che
conosciamo (L1 e le L2 conosciute) che sembrano due picchi distinti MA che in realtà “sotto l’acqua” le lingue che
conosciamo intrattengono dei rapporti di interdipendenza: condividono uno stesso sistema di funzionamento centrale.
Più lingue conosciamo, più queste lingue entrano in un rapporto di interdipendenza favorendo le capacità di elaborare
lingua (il sistema di funzionamento centrale, ossia la “massa centrale dell’iceberg”)

L’approccio (del QCER) orientato all’azione e i domini

 “approccio orientato all’azione”: non adotta nessuno degli approcci della didattica delle lingue (quelli che
abbiamo studiato), ma è orientato all’azione in quanto considera gli apprendenti come degli ATTORI SOCIALI
con dei compiti da portare a termine in circostanze specifiche, in un ambiente specifico e all’interno di un
determinato campo di azione. Il campo d’azione fa riferimento al concetto di “dominio”
 Domini: “settori della vita sociale in cui operano gli attori sociali) -> campi di azione. Il QCER individua 4
domini/campi di azioni/contesti d’uso linguistico in cui si ritrova a usare la lingua:
1. d. personale (sé stessi, famiglia, amici): campo di azione dove l’apprendente vive come soggetto
privato, riguarda la vita domestica e personale
2. d. pubblico (la società): l’individuo agisce come membro della società, interagisce con individui che
non fanno parte della sua quotidianità
3. d. professionale (il lavoro)
4. d. educativo (scuola, istituzioni formative): l’apprendente è impegnato nell’apprendimento

Tutti questi aspetti sono importanti perché la lingua VARIA in base al contesto in cui è utilizzata!

Il QCER va ulteriormente avanti parlando di:

 Situazioni che caratterizzano ogni dominio.

A loro volta le situazioni sono descritte da una serie di parametri (parametri descrittivi delle situazioni):

 Luoghi (luoghi e momenti in cui le situazioni si verificano)


 Istituzioni (presenti nella situazione)
 Persone (persone e oggetti coinvolte)
 Avvenimenti (ciò che accade in una determinata situazione)
 Azioni (compiute dalle persone coinvolte)
 Testi (connessi alla situazione stessa e che si proporranno a lezione)

Es. Categorie descrittive del contesto d’uso di una lingua

Tabella pag. 60 QCER

Altro esempio proposto dalla prof: Categorie descrittive del dominio educativo (università) per studenti stranieri

11.05.2021

3 il concetto di competenza dell’apprendente. Cosa significa sapere una lingua? Saper comunicare in vari contesti e in
più livelli, comprendere e farsi comprendere. Ascoltare, parlare, leggere e scrivere. Significa saperla usare in modo
completo, ovvero in modo ricettivo e in modo produttivo. (Domanda che fa spesso all’esame). Le abilità linguistiche di
base sono nominate nel QCE, ma qui si amplia la questione, si parla di attività linguistiche = -ricezione, -produzione, -
interazione e -mediazione. Un parlante deve anche saper conoscere le norme di interazione, rispettare per esempio i
turni di parola, che possono cambiare per esempio da cultura a cultura. Si da molto spazio all’attività linguistica di
interazione, facciamo riferimento alla comunicazione. Il QCE parla anche di attività di mediazione, rende possibile la
comunicazione tra due persone che non possono comunicare in modo diretto (interpretazione, trasformazione dei testi,
traduzione, riformulazione). Per la ricezione abbiamo la comprensione orale generale (comprensione di conversazione
tra nati, ascoltare annunci e istruzioni ecc), e comprensione scritta generale (leggere la corrispondenza, leggere per
orientarsi, leggere per informarsi, leggere istruzioni). Per la produzione sono nominate attività e strategie suddivise in
produzione orale generale (monologo articolato, descrizione, argomentazione, annunci pubblici, discorsi rivolti a un
pubblico), e produzione scritta generale (scrittura creativa, relazioni e saggi). Per l’interazione abbiamo interazione orale
generale (comprensione di un nativo, conversazione, discussione formale o informale) e interazione scritta generale
(corrispondenza, appunti, messaggi e moduli). Quali sono le competenze di chi usa e apprende una lingua. Per fare
compiti e attività richieste nelle attività comunicative chi usa la lingua usa competenze acquisite nella sua esperienza
precedente.tutte le competenze dell’essere umano contribuiscono alla capacità di omini azione del soggetto. Si
distingue tra componenti che hanno minore attinenza con le competenze linguistiche e quelle più propriamente
linguistiche. Le competenze generali Sapere = comprende le conoscenze apprese tramite l’esperienza (sapere empirico)
o tramite apprendimento formale (sapere accademico). Rappresenta un po’ la conoscenza del mondo, acquisita tramite
esperienza ed educazione. Comprende luoghi, avvenimenti, oggetti, processi. Questo è fondamentale, quando
impariamo una lingua sono importanti le conoscenze relative ad esempio al paese in cui si parla la lingua che si sta
apprendendo. Saper fare = comprende le conoscenze di tipo procedurale (abilità sociali, abilità correnti, abilità del
tempo libero). Rispettare per esempio le convenzioni sociali, compiere efficacemente azioni della vita quotidiana e
capacità di compiere efficientemente azioni del tempo libero, e di compiere mansioni da lavoratore (nel proprio lavoro).
Saper essere = comprende la competenza esistenziale (caratteristiche dell’individuo, tratti della personalità e
atteggiamenti). Saper apprendere = capacità di imparare e di studio. Queste competenze fanno riferimento anche alla
dimensione culturale. La competenza linguistico- comunicativa. 1 Competenza linguistica = capacità di usare le strutture
formali di una lingua, saper produrre essa gli ben formati e dotati di significato. È formata a sua volta da diverse
competenze. Competenza grammaticale, fonologica, ortografica, ortoepica, semantica, lessicale. Grammaticale = usare
le risorse grammaticali della lingua. Sostanzialmente morfologia (parole semplici, parole derivate, parole composte) e
sintassi (organizzare parole all’interno della frase). Fonologica = percepire e riprodurre i suoni. Ortografica = resa
corretta dei sistemi grafici. Ortoepica = pronuncia a partire dalla forma scritta. Semantica = consapevolezza controllo
sull’organizzazione del significato. Lessicale = distingue due tipologie di elementi. Elementi lessicali ed elementi
grammaticali, tra quelli lessicali vengono inclusi due tipologie come le espressioni fisse e parole isolate. Per espressioni
fisse = formule frastiche (come stai, buongiorno), locuzioni verbali (avere fame, sete), locuzioni avverbiali (mano a
mano, passo a passo). Parole isolate = parole delle classi aperte (nomi, aggettivi, verbi, avverbi). Elementi grammaticali =
parole delle classi chiuse (articoli, dimostrativi, numerali, possessivi). Due parametri per la valutazione= Ampiezza
(aspetto quantitativo) dizionari, vocabolario mentale, vocabolario di base. Padronanza = (aspetto qualitativo) conoscere
una parola come ‘legno’ significa conoscere pronuncia, grafia, significato principale, le proprietà morfologiche, eventuali
alterati, MA significa anche conoscere le diverse accezioni specialistiche e gli usi figurati. Quindi conoscere una parola
significa conoscere le sue proprietà semantiche, morfologicoderivate, sintattiche. 2 Competenza sociolinguistica =
sapere usare la lingua in relazione a fattori socioculturali. 3 Competenza pragmatica = competenza di uso funzionale
della lingua, padronanza del discorso e testualità.

13.05.2021

LA COMPETENZA SOCIOLINGUISTICA

“È relativa alle conoscenze e abilità implicate nella dimensione sociale dell’uso linguistico”.

Capacità di gestire la produzione linguistica in relazione alla dimensione sociale e culturale

 Formule di saluto
 Espressioni idiomatiche
 Indicatori di registro: particolare realizzazione del codice in relazione alla situazione.
(basso: livelli di informalità; alto: livelli di formalità)

Variazione di registro:

1. Estragga il costituente rematico e lo ponga al margine sinistro dell’enunciato (registro alto)


2. Tira fuori il costituente rematico e mettilo sulla sinistra dell’enunciato (registro basso)

 Sottocodice della linguistica


 Scelte lessicali (estrarre – porre – al margine – sinistro)
 Uso dei pronomi

Differenze di registro nel QCER

1. Molto formale – La S.V è pregata di non turbare la mia serenità


2. Formale – La prego di non infastidirmi!
3. Neutro – La prego di non disturbarmi!
4. Informale – Per favore non disturbarmi!
5. Familiare – Piantala non seccarmi!
6. Intimo – Dai, non rompere!

L’appropriatezza sociolinguistica. Nei livelli iniziali (A1-B1) il QCER consiglia di concentrarsi sull’utilizzo di un registro
neutro e la variazione è relativa solo all’utilizzo di alcuni indicatori: saluti, ad alcune forme linguistica per rivolgersi a
qualcuno e a regole di cortesia (pronomi di allocuzione, il verbo).
A partire dal B2, chi usa la lingua è capace di esprimersi in modo appropriato, usa un linguaggio adatto alla situazione e
agli interlocutori, inizia a possedere la capacità di cavarsela con le varietà di discorso e inoltre riesce a controllare
meglio il registro linguistico e le espressioni idiomatiche.

Il livello C1 è in grado di riconoscere un’ampia gamma di espressioni idiomatiche e colloquiali e coglie i cambiamenti di
registro; può però a volte aver bisogno che venga confermato qualche particolare, soprattutto se non ha familiarità con
l’accento.

Nel QCER si parla anche di marcatori linguistici: sono delle espressioni, che ci fanno capire la provenienza regionale
oppure la classe sociale del parlante.

 Elementi prosodici (accento di varietà regionale)


 Elementi morfologici (apocope degli infiniti a Roma) “Mangià, parlà”
 Elementi sintattici (oggetto preposizionale) “Ho visto a tua sorella”
 Elementi lessicali (geosinonimi) “Cocomero a Roma = anguria”
 Elementi fonologici (gorgia toscana)

COMPETENZA PRAGMATICA

Competenza di uso funzionale della lingua, padronanza del discorso e testualità.

Riguarda la conoscenza di alcuni principi che sono la base dei messaggi:

 Concepiti, strutturati e adattati al contesto : competenza discorsiva


 Usati per realizzare funzioni comunicative : competenza funzionale
 Messi in sequenza secondo copioni internazionali : competenza di pianificazione

COMPETENZA DISCORSIVA

“Consiste nella capacità di mettere in sequenza le frasi in modo da realizzare stringe coerenti di lingua.”

Fa riferimento alla dimensione della testualità.

Che cos’è un testo?

Si intende qualsiasi elemento linguistico, enunciato orale o scritto che chi usa/apprende la lingua riceve, produce o
scambia. Non esiste atto di comunicazione senza un testo: le attività vengono analizzate e classificate in funzione della
relazione che si instaura tra chi usa/apprende la lingua o qualsiasi altro interlocutore (o altri interlocutori) e il testo,
considerato come prodotto finito, come “manufatto”.

I testi possono essere sia scritti che orali

Scritti > un romanzo, racconto, cartolina, telegramma ecc..

Orali > conversazione, urlo, conferenza, brindisi ecc..

Ogni testo deve avere un significato, deve comunicare qualcosa.

Ogni testo è sempre inserito in un contesto, che è costituito dal:


 Luogo in cui avviene la comunicazione (aula, treno, bar, ufficio ecc…);
 Ruolo delle persone impegnate nella comunicazione.

La lunghezza non è una caratteristica significativa

La parola testo ha un significato più specifico: deriva dalla parola latina textus legato al verbo texere (tessere).

Un testo è coerente quando parla degli stessi fatti, persone o oggetti (o comunque che hanno a che fare gli uni con
l’altro.

Le frasi devono avere un legame di contenuto.

Quando un testo è coeso:

 Riguarda le parole e altri elementi usati per collegare le frasi di un testo;


 Insieme dei meccanismi di cui il testo si serve.

18.05.2021

L’INSEGNAMENTO DELLA GRAMMATICA ↓

Ci sono DUE modi di conoscenza delle regole di funzionamento del sistema linguistico (> NON è detto che un sistema
governato da regole sia conosciuto in totale consapevolezza dall’apprendente):

 Grammatica IMPLICITA = so pronunciare un enunciato ma NON so spiegarne il funzionamento;


 Grammatica ESPLICITA = totale grado di consapevolezza > capacità procedurale + capacità dichiarativa: sono in
grado di usare alcune strutture e dirne il motivo. La conoscenza consapevole si acquisisce in seguito a un
percorso di istruzione formale.

Dunque, il parlante può essere più o meno consapevole delle regole grammaticali che sta usando.

Esempio: un bambino che NON è ancora andato a scuola non è detto che NON conosca le regole grammaticali, perché
sa usare la lingua e la parla. In questo caso, all’inizio c’è una conoscenza implicita, mentre a scuola e in un ambiente
formale la conoscenza comincia a diventare esplicita. Allo stesso modo, un adulto non scolarizzato può conoscere
comunque bene la lingua madre.

Esempio: Il film che ho visto / Il film di cui ho letto la recensione – anche un adulto di media istruzione NON è detto che
sappia l’aspetto grammaticale che governa l’alternanza del pronome relativo, vale a dire la capacità di verbalizzare la
regola (spiegarla).

Il grado di consapevolezza tra conoscenza implicita ed esplicita si colloca a livello di “continuum”. NON c’è una
differenza chiara tra le due.

Il grado di consapevolezza delle regole può essere rappresentato da TRE poli:

 Conoscenza NON ANALIZZATA = elementi memorizzati (> acquisiti ma NON analizzati), mancanza di riflessione
sulle regole della lingua d’apprendimento;
 Conoscenza ANALIZZATA = in grado di formulare giudizi sulla correttezza grammaticale di un enunciato, ma
NON ancora in grado di dare una spiegazione del fenomeno grammaticale. In sostanza: uso creativo della lingua
+ giudizi sulla correttezza + assenza di spiegazioni;
 Piena CONSAPEVOLEZZA = riconoscimento e verbalizzazione. L’apprendente è in grado di riconoscere la
struttura grammaticale e di verbalizzarla (= SPIEGARE la regola).

Se si fa riferimento alla duplice modalità di conoscenza delle regole, possiamo evidenziare anche qual è l’obiettivo
dell’EDUCAZIONE SCOLASTICA:
 L1 > piena conoscenza delle regole (ma NON sempre è così);
 L2 > piena conoscenza e abilità PROCEDURALE (= si dovrebbe acquisire la capacità di uso linguistico) e parziale
conoscenza DICHIARATIVA. Ciò significa che l’insegnante seleziona gli aspetti su cui riflettere esplicitamente e
quelli da tralasciare;
 INSEGNANTE di lingua > piena consapevolezza e conoscenza delle regole. Non deve solo saperle usare, ma
anche verbalizzarle in modo chiaro.

Consapevolezza VS Competenza di uso: NON è detto che chi studia tante lingue ed è competente in tante grammatiche
(es: linguistici e glottologi che hanno piena conoscenza dichiarativa delle lingue oggetto di studio) le sappia
effettivamente utilizzare.

Prendiamo in considerazione un libro di grammatica che presenta la regola e degli esercizi successivamente alla
spiegazione. In realtà, la presentazione delle regole grammaticali nel libro NON segue il percorso che l’apprendente fa
solitamente quando si trova ad acquisire una regola.

Nel libro di grammatica, infatti, le regole sono il punto di partenza. Se si parla del percorso dell’apprendente
(specialmente in un contesto naturale), la regola è il punto d’arrivo. Oggi, in glottodidattica, si dice che il metodo
d’insegnamento della grammatica più efficace è quello più simile al percorso che compie l’apprendente.

Scopo nella L2 = far acquisire una grammatica IMPLICITA, dunque più importante ai fini comunicativi. La riflessione
grammaticale sui contenuti linguistici avviene dopo.

Esistono DUE metodi d’insegnamento della grammatica:

 Metodo DEDUTTIVO (metodo grammatico-traduttivo) = 1) l’insegnante presenta la regola 2) lo studente la


memorizza 3) svolgimento di esercizi. La scoperta della regola grammaticale rappresenta il punto di partenza;
 Metodo INDUTTIVO = si parte dal PARTICOLARE [parole, frasi o testi > la LINGUA prima di tutto, a seconda dei
contesti] per poi arrivare al GENERALE [presentazione di regole ed eventuali eccezioni]. La scoperta della regola
grammaticale rappresenta il punto d’arrivo.

Esempio 1: per presentare il passato prossimo, adotto un percorso di tipo DEDUTTIVO.

 L'insegnante presenta alla lavagna le forme del passato prossimo, menzionando le forme del participio passato
regolari e irregolari;
 Viene chiesto agli studenti di svolgere alcuni esercizi utili per rafforzare l’uso di tale aspetto grammaticale. Tra
gli esercizi propositi vi è, di solito, il completamento di frasi in cui lo studente deve fornire il verbo alla forma
corretta o deve tradurre frasi dalla propria L1.

Esempio 2: presentazione del passato prossimo tramite un percorso di tipo INDUTTIVO.

 L'insegnante propone ai discenti un testo input (orale o scritto). Fornisce un esempio di lingua e invita gli
studenti ad analizzare il testo (prima bisogna comprendere globalmente il contenuto, poi riflettere sulle forme
del passato prossimo > comprensione analitica);
 Dopo un lavoro di analisi del testo utile ai fini della comprensione, il docente chiede agli studenti di cercare nel
testo, a partire da un esempio da lui proposto, le forme del passato prossimo;
 Una volta individuate le forme, l’insegnante chiede ai discenti di formulare ipotesi riguardanti il funzionamento
di tale struttura, guidandoli nella ricerca della regola attraverso domande mirate;
 Al termine di questo lavoro, l’insegnante sistematizza (= esplicita) la regola alla lavagna.

Quali sono i vantaggi del metodo INDUTTIVO?

 Ruolo attivo dell’APPRENDENTE, contrapposto alla passività del metodo deduttivo, dove si svolgono solo degli
esercizi dopo una spiegazione;
 Più FACILITÀ nella memorizzazione delle regole = l’apprendente è protagonista del suo processo di conoscenza;
 Utilità formativa generale = si partecipa all’analisi e all’elaborazione di ipotesi, si fanno osservazioni;
 Attivazione delle strategie autonome di apprendimento = l’obiettivo della didattica è quello di fornire strumenti
di autoapprendimento che, poi, possano usare in modo autonomo.
Quando si segue questo percorso, nell’ambiente classe si crea una condizione simile a quella dell’apprendimento
spontaneo, dove i dati in entrata (= input) precedono l’elaborazione di ipotesi e l’individuazione delle regole. Prima si
impara a usare la lingua e, un secondo momento, si verbalizzano le regole linguistiche (INPUT > IPOTESI > REGOLE).

Come è cambiato il ruolo della GRAMMATICA?

 Metodo grammatico-traduttivo [approccio formalistico] = la grammatica aveva un ruolo preponderante (>


imparare la grammatica significa imparare la lingua);
 Metodo naturale = l’importante era essere immersi in un contesto di apprendimento orale, la riflessione sulle
regole era marginale;
 Contrastivismo [approccio strutturalistico] = attenzione alle strutture grammaticali finalizzata a individuare
simmetrie / asimmetrie tra L1 e L2 per evitare potenziali errori;
 Approccio comunicativo = dall’insegnamento della grammatica si è passati alla riflessione sulla lingua. C'è una
ridefinizione del modello di competenza linguistica, NON più basata esclusivamente sulla conoscenza delle
regole linguistiche ma anche comunicativa, dunque comprende aspetti socioculturali e pragmatici. Pone
l’accento sullo sviluppo delle QUATTRO attività linguistiche. Le forme linguistiche sono subordinate ad alcuni
obiettivi di tipo FUNZIONALE = prima viene il bisogno dell’apprendente in un contesto, poi gli aspetti
grammaticali associati alle funzioni.

PRESENTAZIONE DEL PASSATO PROSSIMO ↓

Come è pianificata la presentazione delle strutture grammaticali nei manuali di italiano L2? Segue le fasi qui sotto
riportate:

1. Presentazione di un testo ORALE o SCRITTO;


2. Formulazione di IPOTESI e scoperta delle REGOLE;
3. INTERIORIZZAZIONE e FISSAZIONE delle regole;
4. REIMPIEGO delle regole in fase produttiva (= attività guidate di produzione scritta e orale).

PDF – Passato prossimo, Nuovo Contatto A2 ↓

Rifletti su come vengono presentate le strutture grammaticali in un manuale di italiano L2. Quali sequenze si possono
individuare?
Prima fase > es. 1a (con relative domande di comprensione generale del testo) + 1b (comprensione analitica del passato
prossimo).

Seconda fase (= riflessione GUIDATA sul funzionamento delle regole + tabelle aperte per arrivare a formulare ipotesi) >
es. 1b, 1c, 1d (riflessione sull’ausiliare essere), 1e (riflessione sull’accordo + ausiliare avere), 1f (participio passato dei
verbi irregolari).

Terza fase > es. 1g.

Quarta fase > es. 1i, 1l, 1m. Dopo aver individuato le forme del passato prossimo, riflettuto sul loro funzionamento, etc.,
adesso si possono utilizzare le regole.

20.05.2021

Il lessico in prospettiva glottodidattica

Lessico: insieme delle parole di una lingua

Per PAROLA, si intende (secondo De Mauro):

 Parola grafica: insieme di lettere separate di volta in volta da spazi


 Replica o occorrenza: comparsa di un elemento linguistico all’interno di un corpus (la stessa parola compare più
volte nella stessa frase).
“comparsa di un elemento linguistico nel discorso. Più in particolare ogni realizzazione di un elemento in un
corpus o in un testo: ad es. nella frase immediatamente precedente, quella che inizia con Più e termina con
testo, ci sono 3 occorrenze di in e di un”
 Parola fonologica: parola normalmente accentata cui sono aggregati dei clitici (lettere che si appoggiano
all’accento di parole che seguono o precedono)
 Unità lessicale o lessema: è l’unità di base del lessico alla quale si riconducono le diverse forme di parole. Es.
“vanno” e “andassero” sono forme della stessa unità lessicale “andare”. Assume il nome di “lemma” quando
assume la forma di citazione all’interno del dizionario.

È opportuno distinguere tra:

Parole piene: servono a “predicare”, a dire qualcosa sulla realtà esterna (gatto, tavolo, bellezza, simpatia, etc.)

Parole vuote: danno informazioni grammaticali e servono a collegare gli elementi lessicali (di, con, per, ai, il, etc.)

Lessico VS Vocabolario:

Il lessico è costituito da unità virtuali, i lessemi. Mentre il vocabolario è costituito di vocaboli, di parole attualizzate nel
discorso. Il vocabolario presente in un testo presuppone l’esistenza di un lessico di cui il vocabolario è un campione,
un’attualizzazione limitata.

Lessico attivo VS Lessico passivo:

Per lessico o vocabolario attivo di un parlante si intende l’insieme delle parole che il parlante usa e capisce, mentre il
lessico passivo si intendono le parole che è in grado di comprendere ma non usa. Il lessico passivo è naturalmente più
ampio di quello attivo, ma entrambi crescono con il passare degli anni.

 Centralità del lessico nella comunicazione linguistica: la comunicazione è uno scambio di parole;
 Centralità teorica: le parole comprendono tutte le dimensioni della lingua (fonologia, morfologia, semantica,
sintattica);
 Centralità del lessico nell’apprendimento: l’errore lessicale compromette la comunicazione

“Nell’apprendimento della L2, l’importanza del lessico è enorme. Anche ai livelli più avanzati, gli errori lessicali, rispetto
a quelli grammaticali sono di gran lunga 1) i più comuni, 2) quelli che i parlanti nativi notano di più, e 3) quelli che recano
più danno ai fini comunicativi” (Bettoni)

La composizione del lessico dell’italiano:

 Criterio tipologico
 Criterio dell’uso
Dal punto di vista della tipologia, il lessico è formato da:

 Le parole ereditate, derivate dal latino (con o senza mutamento del significante)
 Le parole prese da altre lingue (forestierismi o esotismi); possono essere prestiti adattati (parole che si sono
adattate alla morfologia della lingua di arrivo: es. joie -> gioia) o non adattati (parole che hanno mantenuto la
forma originaria: es. computer; MA alcuni subiscono i processi morfologici-derivati della lingua: computerizzati)
 Le parole formatesi in italiano (dette formazioni endogene)

Il criterio dell’uso (più importante)

Il primo a parlare di “marche d’uso” (codici che si assegnano alle parole) è stato De Mauro. Secondo il criterio dell’uso si
distinguono:

 La periferia della lingua (estremamente periferica -> periferica)


 Il centro della lingua (parole più utilizzate nella nostra lingua)

Estrema periferia della lingua italiana:

 Vocaboli di basso uso (BU); cincinno (ricciolo di capelli), ghezzo (di carnagione nerastra)
 Vocaboli obsoleti (OB): non più usati
 Vocaboli letterari (LE): acclive (ripido), periclitarsi (versare in grave pericolo)
 Vocaboli dialettali (DI): marrana (fosso per incanalare l’acqua); possono apparire anche in testi di italiano

Questi vocaboli solitamente non fanno parte dell’insegnamento dell’italiano L2

Zona semiperiferica della lingua italiana:

 Vocaboli regionali (RE): abbiocco (sonnolenza improvvisa), pizza (schiaffo), intignare (ostinarsi, insistere)
 Vocaboli tecnico-specialistici (TS): si usano in ambiti specifici. Es. escutere (interrogare), allofono (linguistica),
apotema (geometria)

Questi vocaboli potrebbero essere oggetto di interesse in un corso di italiano L2 se si affronta la dimensione
sociolinguistica; oppure si può avere l’interesse specifico di alcuni apprendenti (es. lingua del business)

Avvicinandoci al centro della lingua italiana troviamo:

 Vocabolario comune (CO): circa 40.000 parole. Si tratta di vocaboli conosciuti e usati indipendente dalla
professione o mestiere che esercitiamo o dalla collocazione regionale che sono generalmente noti a chi ha un
livello di scuola media-superiore. Es. acuire, districarsi, intrattenere, encomio, etc.

Dal punto di vista didattico, il vocabolario comune costituisce l’obiettivo didattico più esteso; si insegna dal livello B2 in
su.

Centro della lingua italiana (nucleo):

 Vocabolario di base (VBS)


 È il nucleo più profondo della lingua italiana e la parte storica più importante
 Conta circa 7000 parole
 È il lessico effettivamente utilizzato in tutti i testi parlati e scritti dell’italiano

A sua volta, il VDB si articola in:

 Vocabolario Fondamentale (FO): circa 2000 parole circa; coprono il 90% di tutti i testi (scritti e orali); è
conosciuto da tutti quelli con una licenza elementare
 Vocabolario di Alto Uso (AU): circa 3000 parole; copre il 6-8% dei testi; è conosciuto da chi ha conseguito una
licenza media
 Vocabolario di Alta Disponibilità (AD): circa 2000 parole; sono parole che si scrivono e pronunciano molto
raramente ma che fanno parte del nostro bagaglio mentale; fanno riferimento a situazioni e ambiti quotidiani;
sono “disponibili” all’occorrenza (es. forchetta, gomito). Si possono raggruppare per campi semantici.

Il VDB è lo strumento-obiettivo (si valuta la comprensione e il progresso degli studenti) della didattica dell’italiano L2.

La presentazione del lessico nei manuali di italiano L2 -> CLASSROOM (videolezione)


Tecniche per lo sviluppo delle abilità di comprensione (lettura/ascolto)

 Cloze
 Attività di incastro
 Griglia
 Scelta multipla
 Transcodificazione
 Accoppiamento termine definizione
 Domanda aperta

Cloze

Inserimento di parole mancanti in un testo in cui si elimina una parola ogni sette lasciando integre le prime righe

 Cloze a crescere (settima, sesta, quinta, parola)


 Cloze facilitato (parole in calce da inserire)
 Cloze orale, detto anche “dettato cloze” (si completa il testo a partire da un input orale

Serve per sviluppare la comprensione globale di un testo ma è usato anche nella valutazione finale

Attività di incastro

Sono dei puzzle linguistici in cui bisogna ricomporre un testo frantumato. Si articolano in vari livelli:

 Incastro tra battute di un dialogo


 Incastro tra fumetti
 Incastro tra paragrafi
 Incastro tra frasi
 Incastro tra spezzoni di una frase
 Incastro tra parole di una frase

Griglia

Si tratta di una griglia/tabella/schema creato come un piano cartesiano, ossia un insieme di possibilità definito
dall’intersezione di due variabili (ordinate e ascisse: es. nomi di personali e lista di azioni possibili)

L’uso della lingua è limitato all’informazione richiesta (chi, cosa)

Si utilizza come guida e verifica alla comprensione

Scelta multipla

Con risposta “si” o “no” o frasi “vere” o “false”

Possono essere frasi la cui conclusione è costituita da un gruppo di 2, 3 o 4 possibilità in alternativa. Le risposte
alternative si chiamano distrattori: in una scelta multipla a 3 o a 4 uno deve essere simile alla risposta esatta e uno
palesemente sbagliato.

È una tecnica precisa per guidare e verificare la comprensione.

Transcodificazione

Consiste nel passaggio da un codice a un altro codice.

Si può far disegnare ciò che si legge o ascolta, seguire un itinerario su una piantina, mimare azione, completare disegni
in base ad istruzioni verbali, eseguire ordini, individuare quale immagine o foto sono descritte da un testo, ecc.

È molto usata nella guida/verifica della comprensione

Accoppiamento parola definizione

Si fornisce agli studenti una lista di parole e rispettive definizioni in disordine. Gli studenti devono accoppiare parola e
definizione.

Per aumentare la difficoltà si possono inserire intrusi, ossia parole o definizioni prive di termine di riferimento.
È molto usata nella guida/verifica della comprensione; ma si può usare anche prima della presentazione di un testo.

Domanda aperta

È la tecnica più nota e più diretta, ma in realtà non è molto adeguata perché la verifica della comprensione per mezzo
della produzione, e questo complica il compito e aggiunge problemi.

Tecniche per sviluppare le abilità produttive (orale e scritta)

 Monologo: breve produzione orale su un tema precedentemente assegnato.


 Monologo creativo:
-detective story collettiva: un allievo, tutti i compagni sono testimoni di un crimine e, interrogati, narrano la loro
versione dei fatti, ogni allievo deve ascoltare gli altri per evitare di contraddirli e di divenire sospetto
-descrivere un fumetto in successione: inizia un allievo; dopo due o tre vignette, l’insegnante passa la parola ad
un compagno e così via
Se il monologo viene registrato, si può riascoltarlo più volte facendo via via attenzione ai diversi problemi e
migliorando, in una riflessione condivisa e quindi molto formativa, la qualità del testo
 Tema: versione più tradizionale della composizione scritta.
MA esistono varie forme di composizione:
 Relazioni su eventi
 Email/cartoline
 Descrizioni
 Recensioni
 Ricette di cucina
 Pubblicità
 Scrivere i dialoghi di un film muto
 Testo poetico
 …

Tecniche per lo sviluppo dell’abilità di dialogo

 Drammatizzazione
 Dialogo a catena
 Dialogo aperto
 Role-taking; role-making; role-play
 Interviste impossibili
 Scenario

Drammatizzazione

È una forma di simulazione che consiste nel recitare (leggendo o a memoria) un testo appena proposto;

 Non concede libertà (il testo non si può modificare)


 Fissa i principali atti comunicativi
 Focus sugli aspetti fonologici e paralinguistici
 Usata anche per la memorizzazione del lessico

Dialogo a catena

Si tratta della creazione di un dialogo, ripetizione delle battute di un dialogo a turni

Uno studente (o l’insegnante) inizia un dialogo (es. “Quanti anni hai?”) e un suo compagno risponde e poi rilancia la
domanda a un altro (“12 anni. E tu?”) e così via.

Serve per esercitare e fissare gli atti comunicativi e le strutture fisse della lingua.

Dialogo aperto

È il completamento di un testo dialogico che presenta le battute di un solo personaggio.

Lo studente deve inserire le batture dell’altro personaggio, facendo attenzione alla coerenza globale del testo e alla
coesione fra le battute

Le battute dell’interlocutore devono essere studiate in anticipo per aver chiaro il contesto
Roleplay, role-making, role-taking (attività di simulazione)

 Role-taking: si assumono I ruoli di un dialogo già affrontato, introducendo alcune modifiche nella situazione
 Role-making: si costruisce un dialogo sulla base di indicazioni precise per i ruoli (es. A “saluta” – B “risponde” –
A “chiede dov’è la stazione” – B …)
 Roleplay: del dialogo già affrontato rimangono i ruoli sociali (es. commesso e cliente) e lo scopo pragmatico
(acquistare una camicia). Per tutto il resto gli studenti hanno la massima libertà nel condurre la conversazione
(saluti, numero di battute, commenti, …)

Interviste impossibili

Si crea un’intervista tra due personaggi non più viventi famosi o tra un personaggio e lo studente.

Si tratta un’attività che stimola la motivazione ed è particolarmente coinvolgente.

Tecniche per lo sviluppo delle abilità di trasformazione dei testi

 Dettato (variante: dettato cloze)


 Stesura di appunti
 Riassunto (dimensione libera o prefissata, es. 200 parole)

Queste abilità non dovrebbero essere sviluppate solo in attività per l’italiano L2, ma in tutte le discipline: trattandosi di
abilità con una forte componente cognitiva, il loro sviluppo è compito di tutte le discipline scolastiche.

Tecniche per lo sviluppo del lessico

 Accoppiamento parola immagine


 Accoppiamento parola definizione
 Cruciverba e scarabeo
 Esclusione
 Inclusione

Accoppiamento parola immagine

Si presentano agli studenti una serie di immagini. Ognuna contrassegnata da una lettera.
Gli studenti esplorano le immagini poi leggono o ascoltano le parole (o testi) che si riferiscono alle immagini. Le parole di
solito sono numerate.
L’esecuzione consiste nell’accoppiare lettera e numero

Con questa tecnica si esercita comprensione senza dover ricorrere alla produzione.

Cruciverba o scarabeo

Possono essere centrati su un argomento grammaticale o un campo lessicale (es. solo termini culinari)

Simile al cruciverba è lo scarabeo, cioè un riquadro pieno di lettere. Dato un riquadro pieno di lettere, lo studente deve
trovare (in orizzontale, verticale e diagonale, a seconda della difficoltà) parole su cui si è lavorato.

Questo tipo di tecnica rafforza, oltre alla competenza lessicale, la competenza ortografica.

Diagramma a ragno

Molto usata in fase di pre-lettura del testo.

L’insegnante scrive una parola in un cerchio, al centro della lavagna (“il corpo del ragno”)

Tramite associazioni di idee, le parole che si riferiscono alla prima vengono scritte intorno e collegate ad essa con delle
linee (le “zampe del ragno”)

Ogni parola può essere usata poi come “corpo” per un altro ragno.

Esclusione

Si dà un insieme di elementi linguistici (parole, espressioni…) e gli studenti devono individuare quali elementi rendono
l’insieme disomogeneo (es. un plurale all’interno di un insieme di singolari)

Questa tecnica stimola la riflessione sul dato caratterizzante che si è scelto per creare un determinato insieme.
Inclusione

Gli studenti devono includere elementi di un insieme “caotico” in una serie di insieme omogenei, caratterizzati da un
tratto particolare (es, nomi alla rinfusa, da raggruppare in base al genere/numero o al campo semantico)

L’inclusione può essere libera (si individuano gli insiemi liberamente) o preordinata (gli elementi appartengono ad
insiemi precisi).

È una tecnica che aiuta la riflessione sulla lingua in ogni sua fase (individuazione degli insiemi, inclusione vera e propria,
discussione in plenaria sulle soluzioni possibili)

L’uso didattico del testo: creazione di materiali didattici

Una preliminare distinzione

 Materiale didattico: predisposto ad hoc per un corso di lingua; può risultare demotivante perché non
corrisponde agli usi reali della lingua
 Materiale autentico: è predisposto per i madrelingua
 Materiale autentico didattizzato: le due tipologie si “fondono” per rendere un materiale autentico, sicuramente
più utile, adatto ad un corso di lingua

Vantaggi del materiale autentico didattizzato:

 Alta motivazione: risponde agli interessi e ai bisogni degli studenti


 Contestualizzazione: sempre per lo stesso motivo
 Presentazione di diversi esempi di lingua e diverse variazioni sociolinguistiche
 Presentazione della componente extralinguistica: es. materiale di tipo video

Tipologie di materiali autentici

 Cartaceo: testi di letteratura, articoli di giornale, pubblicità, avvisi, opuscoli turistici, ricette, fumetti…
 Audio: programmi radiofonici, radiogiornali, canzoni, audiolibri…
 Video: talk show, documentari, telegiornali, previsioni del tempo, programmi, film…
 Multimediale: file scaricabili e utilizzabili da internet (video, audio, solo lettura)

L’uso didattico di un testo

Si sono 3 grandi fasi da tener presente:

PRIMA DELLA LETTURA (“fase della motivazione”):

 Motivare gli studenti


 Recuperare le informazioni che già possiedono
 Presentare alcune parole-chiave
 Tecniche utili: abbinamento, diagramma a ragno

Si ha l’obiettivo di facilitare la comprensione del testo stesso

LETTURA

 Fase di globalità: comprensione generale e informazioni principali


 Fase di analisi: comprensione analitica, ricerca degli elementi o delle strutture che saranno oggetto della lezione

DOPO LA LETTURA

 Fase esercitativa: pratica e fissazione


 Fase di reimpiego: riutilizzo con produzione orale e scritta

Modelli operativi

Anni 70: rivisitazione dei modelli di insegnamento nel campo delle lingue moderne. A questo ha contribuito la Teoria
della GESTALT (di stampo psicologico):

 Fine dell’Ottocento
 Filosofo e psicologo tedesco Carl Stumpf (1848-1936)
 Elaborazione della teoria a partire dal fenomeno della “percezione”

La mente umana percepisce e interpreta la realtà sulla base di principi olistici

Quando si interpreta qualcosa (la forma in questo caso), questa viene considerata prima nel suo insieme e solo in un
secondo momento nel dettaglio.

I contenuti di studio possono essere proposti in maniera efficace se seguono lo stesso percorso della percezione umana:

globalità -> analisi -> sintesi

Modello di Unità Didattica (UD)


proposto da Giovanni Freddi degli anni Settanta in poi:

 4-6 ore
 Approccio al testo e ai materiali didattici di tipo olistico e induttivo

Tre fasi fondamentali:

GLOBALITA’: incontro iniziale con il testo, comprensione generale

ANALISI: esplorazione del testo e delle sue caratteristiche

SINTESI: attività di reimpiego, fissazione e riutilizzazione

Precedute da:

MOTIVAZIONE: esplicitazione delle conoscenze pregresse, parole chiave, fornire le coordinate del testo (emittente,
destinatario…)

Seguite da:

RIFLESSIONE: sistematizzazione dei fenomeni (metodo induttivo)

CONTROLLO: verifica del raggiungimento degli obiettivi

In totale, quindi, il modello di Unità Didattica (UD) conta 6 fasi:

MOTIVAZIONE – GLOBALITA’ – ANALISI – SINTESI – RIFLESSIONE - CONTROLLO

Questo modello risponde a studi di tipo neurolinguistici:

Bimodalità del cervello umano

 Emisfero destro: migliore percezione del contesto, strategie cognitive di tipo globale, olistico, spaziale…
 Emisfero sinistro: migliore percezione dei singoli elementi, strategie cognitive di tipo analitico

Direzionalità emisferica

L’uso bimodale del cervello avviene secondo una direzione precisa: dall’emisfero destro a quello sinistro.

Quindi il modello di UD si adatta al funzionamento del nostro cervello.

Rivisitazione del modello di UD da parte di P. Balboni:

Egli vede l’unità didattica come rete di Unità di acquisizione (UDA):

 Fasi gestaltiche della percezione


 Dai 45 ai 60 minuti

Un’unità di acquisizione può durare pochi minuti o anche un’ora e più: è l’unità di misura secondo la quale lo studente
percepisce il suo apprendimento: ‘(…) ho imparato a…’; un’unità didattica è invece una tranche linguistico-comunicativa
più complessa, realizzata mettendo insieme eventi, atti, espressioni, strutture linguistiche legate a un contesto
situazionale” (Balboni, p. 153)

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