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Le condizioni indispensabili e sufficienti per (limitarsi a)capire un testo sono essenzialmente due: ciò
su cui esercitiamo la nostra interpretazione è prodotto in un linguaggio che conosciamo e, più
generalmente, appartiene a un contesto culturale che condividiamo
La semiotica è una disciplina a vocazione scientifica, dedicata ai meccanismi che stanno alla base
della produzione/comprensione del testo
Non va alla ricerca di significati nascosti ma vuole rendere conto dei modi, spesso poco evidenti,
in cui si formano i significati. Questi fanno riferimento al livello profondo di un testo.
Il livello profondo costituisce l’intima struttura di un testo e dei suoi livelli manifesti, come i
componenti atomici di una sostanza
Dire qual è il significato di un testo in base al semplice buon senso è l’unica vera partenza possibile
per qualsiasi analisi. Il lavoro semiotico inizia dal significato che abbiamo già capito.
La conoscenza delle forme che rendono possibile la significazione può essere utilizzata anche in
modo attivo, nella produzione di testi.
Più siamo a conoscenza dei vari livelli di strutturazione di un testo, più siamo in grado di
progettarne uno efficace
Aldilà del nome ‘astruso’ la semiotica si occupa del fenomeno più pervasivo che ci sia, ovvero di
come qualcosa acquisti significato per qualcuno.
Con testo, in semiotica, si intende qualsiasi cosa un soggetto sottoponga ad ipotesi interpretative
b) Nell’individuare il genere, abbiamo utilizzato anche una certa competenza linguistica, che ci
permette di capire le parole che leggiamo.
c) La competenza figurativa invece ci permette di ricondurre i tratti visivi del testo(colori, linee) al
mondo della nostra esperienza.
Il testo(visivo e verbale), seppur incompleto, attiva già molte ipotesi interpretative , in virtù di
competenze che spaziano dalla competenza della lingua italiana a competenze di carattere visivo(ossia
figurative) in base alla quale ricondurre dei tratti a immagini che rimandano a loro volta ad esperienze
percettive del mondo; fino a competenze di genere che ci permettono di collegare il nostro testo a un
tipo di testi (tornando all’esempio di prima, alla pubblicità turistica)
Il problema della variabilità socio - culturale per il quale un testo, seppur dotato di significato
proprio, attiva in ciascuno di noi collegamenti/interpretazioni differenti in base alle nostre
conoscenze.
Quando si aggiungono degli elementi, può cambiare il significato del testo sia nel suo
complesso che, in parte, il significato degli elementi stessi.
è la citazione, più o meno esplicita, di altri testi all’interno di un testo. Nell’incontrarsi, i vari
testi citati producono un nuovo significato d’insieme che non è la semplice somma dei significati
specifici
Il sincretismo è il caso in cui i testi utilizzino, per esprimere i propri significati, diverse forme
applicate alla stessa sostanza dell’espressione
Quando sono presenti sia immagini che scritte i testi sono sincretici. Le immagini a loro volta
possono essere espresse da due linguaggi visivi differenti: quello della pittura, quello della
fotografia….
Le passeggiate inferenziali [Eco] sono i tentativi più o meno fantasiosi di costruire delle ipotesi di
interpretazione sulla base degli indizi a disposizione. Da qui scaturisce un altro problema: quello
dell’arbitrarietà o meno delle interpretazioni.
Le nostre inferenze sono sempre regolate su base culturale e la comunità degli interpreti tende
a rifiutare le interpretazioni più aberranti
I testi comunque non sono solo i figli di una cultura, ma sono anche il modo attraverso cui una
cultura si rigenera, cambia, creando nuove connessioni e nuovi valori
La semiotica non si interessa solo della dimensione cognitiva della significazione, ossia ciò che
capiamo, ma anche di ciò che suscita in noi delle emozioni ossia la dimensione passionale, di ciò
che provoca reazioni somatiche(dimensione sensibile, incorporata della significazione), di ciò che
ci spinge ad agire(dimensione persuasiva)
In un testo possono essere facilmente individuati diversi significati, oppure ci saranno delle
variazioni nelle interpretazioni, a seconda delle nostre capacità culturali e predilezioni. Si delinea
così un’altra problematica, il legame tra interpretazione e valore: scegliamo le interpretazioni non
solo in base alla loro coerenza logica ma anche a seconda di quanto una possibile interpretazione ci
risulti familiare, gradita, piacevole, utile.
Qualsiasi testo, in una certa misura, può venire interpretato e apprezzato in modo variabile da
fruitori diversi.
Riassumendo:
- La semiotica si occupa di come qualcosa acquisti senso per qualcuno. Cercando di capire
qualcosa, si mettono in moto le nostre conoscenze e le nostre predilezioni. Alla dimensione
cognitiva di un testo, va affiancata quella passionale, poiché anche i nostri sentimenti e quelli
espressi nel testo entrano a far parte del significato. Nell’interpretazione entrano competenze
di vario tipo: linguistiche, quelle legate ai generi discorsivi(sia verbali che visivi) quelle più
generalmente culturali. La variabilità delle interpretazioni non è arbitraria ma è sempre legata
alle caratteristiche del testo e quindi prevede di attivare ipotesi diverse in fruitori diversi.
L’intertestualità è la citazione, più o meno esplicita, di altri testi all’interno di un testo.
Nell’incontrarsi, i vari testi citati producono un nuovo significato d’insieme che non è la
semplice somma dei significati specifici. Il sincretismo è la presenza di più linguaggi(visivo,
verbale, musicale….) all’interno di uno stesso testo. Nell’incontrarsi i vari linguaggi producono
un nuovo significato d’insieme che non è la semplice giustapposizione dei significati specifici.
- La narratività è un principio di organizzazione del senso, che sembra essere alla base de nostri
meccanismi mentali: è la necessità di organizzare i significati sotto forma di storie
Il principio della narratività è una mancanza o un conflitto, qualcosa che non va per il verso giusto,
che interrompe il flusso regolare di stati o azioni e i soggetti in gioco devono prendere delle
decisioni o lottare contro altri soggetti, o fronteggiare delle difficoltà, in ogni caso intraprendere un
programma che trasformerà, in modo dovuto o voluto, la situazione
Il caso in cui l’ambiente intorno al soggetto è immediatamente congiunto con tutto ciò che
desidera il soggetto o di cui ha bisogno, si definisce situazione a ‘narratività zero’, dove tutto
procede regolarmente e, di conseguenza, l’attività interpretativa è al minimo
Per far sì che si inneschi una storia, bisogna che i soggetti siano in qualche modo disgiunti da
qualcosa che ha un valore per loro.
Propp evidenziò come ogni fiaba cominciasse con un segmento in cui si inseriva una mancanza
e come succedeva sempre qualcosa, come un furto, un sortilegio, un rapimento che rompeva
l’ordine innescando un movimento narrativo atto a restaurare la situazione perduta.
Nei corsi di semiotica, una delle prime cose che si impara è che alla base della forma narrativa ci
sono un Soggetto e un Oggetto di valore: questi costituiscono il nucleo di ogni storia, dove qualcuno
si mette in qualche modo alla ricerca di qualcosa che ha valore per lui e che non ha ancora
raggiunto.
Si delinea quella che è definita nella teoria narrativa struttura di destinazione: c’è sempre un
mandante dell’azione, anche se a volte esso è interiore e allora si parla di auto-destinazione.
b) Un Destinante che convince il Soggetto(in questa fase indicato anche come Destinatario) a
intraprendere l’azione.
L’azione progettata dal Soggetto è detta programma narrativo mentre l’opera di persuasione da
parte del Destinante è la Manipolazione.
Questa concettualizzazione deriva da Greimas e alla sua ‘teoria Standard’ che è alla base di
molte analisi semiotiche
Gli attanti, sono semplicemente dei tipi molto generali di personaggi. I personaggi, dotati di un
determinato aspetto fisico, di un nome proprio, di ruoli professionali sono detti attori.
Uno stesso attore può svolgere diversi ruoli attanziali all’interno di una storia. Gli attori
cambiano il ruolo di attante a seconda dei programmi narrativi. Esempio: l’attore Paperino
svolge il ruolo di Soggetto-Destinatario mentre Paperone quello di Destinante. Ma quando
Paperino intima a Qui Quo Qua di fare qualcosa, è lui stesso un Destinante.
4) Aiutante
5) Oppositore
Soggetto e Destinante, hanno di regola degli antagonisti più diretti dei semplici oppositori
chiamanti Anti-Soggetto e Anti-Destinante. Esempio: Se Paperina cerca di convincere Paperino
ad accompagnarla ad una Festa, invece che lasciarlo obbedire alla chiamata di Paperone, è un
Anti-Destinante perché opera una Contro-Manipolazione. Paperone a sua volta, sarà Anti-
Destinante rispetto al programma di Paperina. Esempio2: Paperone e i Bassotti sono Soggetto e
Anti-Soggetto perché si contendono lo stesso oggetto di valore.
Dipende dal punto di vista e dal programma narrativo che si sta analizzando.
Si delinea così quello che in semiotica si chiama schema polemico, ossia la struttura di contrapposizione
fra amici e nemici fra competitori per lo stesso oggetto di valore
La semiotica invece definisce con ‘schema polemico’ qualcosa di molto più generale ossia
qualsiasi contrapposizione fra attanti all’interno di uno stesso programma narrativo.
Non c’è narratività senza la valorizzazione di un Oggetto e senza la disgiunzione del Soggetto
dall’Oggetto investito di valore, così come non c’è narratività senza che questa disgiunzione sia
abbastanza duratura. In poche parole, deve esserci qualche competitore o ostacolo altrimenti la vicenda
si esaurirebbe troppo rapidamente.
Se ciò che si contrappone a un programma narrativo, o ciò che lo agevola, non è un essere
dotato di intenzionalità ma qualcosa di impersonale(soldi, fortuna, malattia…) è ancora
considerabile come attante? La Pozzato protende per il no, ossia per considerare attante solo
qualcuno dotato di intenzionalità a meno che non sia il testo stesso a produrre una forte
personalizzazione degli elementi in gioco.
Un altro schema di base proposto da Greimas è quello che tiene conto della tipica scansione in fasi
delle storie. Si tratta dello schema narrativo canonico che prevede 4 fasi:
1) Manipolazione
2) Competenza: acquisizione, da parte del Soggetto, delle varie competenze che gli servono per
portare a termine il suo programma narrativo
3) Performanza: azione che trasforma lo stato narrativo precedente e che se coronata con
successo porta alla congiunzione con l’Oggetto di valore
In poche parole, nella storia qualcuno deve essere convinto, o convincersi, dell’opportunità di
intraprendere un’azione; poi questo qualcuno deve mettersi in condizione di raggiungere i propri scopi e
a quel punto agirà e in genere riceverà un giudizio circa il suo operato.
Attenzione:
- Per competenza, in semiotica narrativa, non si intende solo un sapere o un saper fare, ma ogni
modalità del soggetto che gli serve per agire in modo adeguato rispetto ai propri scopi. Quindi,
oltre al saper fare, fanno parte di questa fase anche: poter fare, dover fare, voler fare. Per
esempio, se il soggetto a tutte le conoscenze adeguate ma non vuole fare una cosa, la sua
competenza rispetto a quel programma narrativo è carente. Insomma, il Soggetto per poter
passare con successo alla fase della Performanza, deve essere dotato di modalità compatibili
fra loro in maniera opportuna.
- Il risultato dell’azione non coincide con la sanzione Il risultato dell’azione è invece ciò che
viene sanzionato. La sanzione può anche non essere presente, è quel ‘segmento in più’ nel
quale qualcuno da un giudizio sull’operato del Soggetto.
- Non è vero che in ogni storia vi è un solo Soggetto, un Solo Destinante, un solo Oggetto di
valore (…). All’interno di una stessa storia ci sono generalmente attori diversi che hanno uno
stesso Programma narrativo oppure uno stesso attore che può intraprendere diversi
Programmi narrativi e così via. Ci troviamo quasi sempre in presenza di un complesso intreccio
di vicende, che occorrono in parallelo oppure in gerarchia (nel caso dei programmi narrativi
d’uso rispetto al programma narrativo principale
- Chiediti sempre quali sono le motivazioni, cosa muove i personaggi, quali sono le mancanze
che danno avvia alla vicenda.
Il senso di una storia riposa intimamente nel valore che i soggetti in gioco conferiscono a ciò che li
circonda e sulla situazione di congiunzione o disgiunzione fra sé stessi e gli oggetti che hanno investito
di un qualche valore. In poche parole, ciò che conta non è l’oggetto o la situazione in sé, ma cosa essi
significhino per qualcuno.
I valori che identifichiamo in una situazione o in oggetto possono essere positivi o negativi e questa
specificazione è chiamata assiologia, ossia l’attribuzione di un valore positivo a qualcosa nella storia
Greimas spiega che questo sistema di attrazioni e repulsioni è basilare quando bisogna conferire
un significato al mondo che ci circonda. Qualcosa attira la nostra attenzione e ci induce a
programmi di avvicinamento, viceversa qualcosa innesca programmi di allontanamento
Quando consideriamo l’assiologia all’interno di un testo, stiamo cercando di capire cosa sia
positivo, o euforico, e cosa negativo e quindi disforico per i protagonisti.
NB: quando si analizza un testo invece bisogna cercare di capire cosa intende il testo
indipendentemente dalle nostre personali convinzioni.
Riassumendo
- La semiotica chiama narratività un meccanismo basilare di organizzazione del senso. Tutto ciò
che ha senso per qualcuno si organizza attraverso ‘’storie’’ in cui dei soggetti hanno delle
motivazioni in base alle quali inaugurano programmi narrativi. Se tutto va bene, non c’è storia.
E’ la mancanza il motore della narrazione, ossia la disgiunzione fra il Soggetto e l’Oggetto che il
Geertz definisce la descrizione esigua di una scena, ossia quella basata sulle ipotesi, dalla
descrizione densa, che comprenda il vero significato e le intenzioni dei personaggi
Secondo Pierce c’è identità tra pensiero, uomo e segno, nel senso che l’essere umano coincide con i
segni con cui definisce il mondo. Qualsiasi cosa facciamo, alla base consiste nell’organizzare
concettualmente un contenuto rendendolo possibilmente nominabile concettualmente:
Le cose che dobbiamo fare sono quindi due: costruire il significato di qualcosa articolando le parti di
questo contenuto concettuale e dare un nome alle unità che individuiamo
Per poter cogliere un concetto dobbiamo essere in grado di concepire anche il suo opposto. Non posso
avere il concetto di /alto/ se non ho quello di /basso/
Per queste motivazioni, lo studio del significato, o semantica, procede tramite categorie. Per
categoria si intendono due termini in relazione di contrarietà
Per esempio: alto/basso è una categoria mentre /alto/ e /basso/ intesi singolarmente, sono
detti termini.
Le opposizioni sono state organizzate da Greimas nel quadrato semiotico, dove oltre ai termini in
relazione di contrarietà, detti contrari e posti nella parte alta del quadrato, sono previsti anche i
termini che negano questi ultimi, definiti subcontrari, e ciascuno di questi intrattiene una relazione
con il termine che nega, come di seguito:
Dobbiamo abituarci all’idea che i significati che troviamo e nominiamo via via nell’analisi di un
testo sono come dei componenti chimici che, unendosi, vanno a costituire il composto irripetibile
che è ogni singolo testo. Per questo si parla di semantica componenziale
L’analisi del significato di un testo quindi deve essere concepita come una costruzione progressiva
di componenti che vanno individuate, distinte e composte in modo da rendere conto della struttura
semantica generale.
Floch diceva che l’analisi semiotica rispetto alla semplice comprensione incrementa la pertinenza,
l’intelligibilità e la differenziazione.
a) Con pertinenza si indica il lavoro che ognuno di noi fa per dare un diverso grado di importanza
agli elementi.Di solito, per verificare l’importanza di un elemento, si prova a sostituirlo con
qualcosa d’altro e si constata quanto il significato generale di un testo cambi.
Siamo noi, di volta in volta a definire i limiti di un testo, ossia a decidere la chiusura del corpus
d’analisi
Quando analizziamo un testo verbale dobbiamo considerare con molta attenzione il lessico e in
generale la costruzione linguistica.
Fornisce il punto di partenza, su cui poi si aggiunge l’influenza delle nostre conoscenze
pregresse
Per esempio la tigre della campagna sull’India che esprime /bellezza e unicità dell’India/ e
/capacità di difendere la propria identità/
Isotopia [Greimas] è il filo del discorso, il legame semantico fra le varie parti di un testo. Queste
sono coerenti perché permane fra di loro l’unità semantica, il sema.
Il quadrato permette così sia di prendere in considerazione posizioni intermedie sia di rendere
conto delle trasformazioni che avvengono nei testi
L’affermazione e la negazione di dei termini a livello fattuale non è la stessa cosa dell’assiologia,
perché a volte nelle storie si verificano, e quindi si affermano sul quadrato, valori semantici
negativi dal punto di vista assiologico: altrimenti ci sarebbero solo storie edificanti e a lieto fine
Quando un testo nega entrambi i termini, si afferma il termine neutro, ossia non si afferma
nessuno dei due termini (es: Lo scontro fra Paperone e Paperino si gioca su quieteVSavarizia,
Qui Quo Qua con il loro atteggiamento esprimono /né quiete né avarizia/ e quindi neutralizzano
l’opposizione che mette in agitazione gli zii, per spostare l’attenzione su altre opposizioni
Se il concetto di isotopia permette di rendere conto della continuità e coerenza semantica di un testo, il
quadrato semiotico permette di calcolare le opposizioni, le discontinuità semantiche di un testo e come
il testo passi dall’uno all’altro dei quattro termini.
Si capisce anche il legame tra narratività e semantica: la narratività può essere vista non solo come una
congiunzione e disgiunzione fra Soggetti e Oggetti di valore, ma anche come affermazione e negazione
dei valori inscritti negli oggetti e articolabili in altrettanti quadrati semiotici.
a) Quali sono le categorie semantiche attorno cui ruota un testo? Esse saranno i valori semantici che
attraggono l’attenzione e le motivazioni del Soggetto
b) Quali sono le assiologie investite in queste categorie? Ossia quali hanno attirato l’attenzione del
Soggetto
c) Che cosa viene affermato e cosa negato narrativamente, cioè che cosa la storia, nel suo svolgimento,
realizza e cosa no?
Es: Nella frase ‘la velocità è causa di molti incidenti’ c’è affermazione narrativa della /velocità/(la gente
corre) ma assiologizzazione negativa della stessa.
Riassumendo:
- Quando analizziamo un testo ne costruiamo il contenuto e diamo un nome alle unità che
abbiamo individuato. L’analisi incrementa la pertinenza, l’intelligibilità e la differenziazione del
significato di un testo(Floch). La disciplina che studia il significato, che è una parte della
semiotica, si chiama semantica. La semantica componenziale vede il significati complessivo (di
una parola, di una frase o di un testo) come il risultato di tante componenti semantiche
soggiacenti. Per categoria semantica si intende la coppia di due termini in relazione di
contrarietà, come ad esempio la categoria alto/basso. L’isotopia è il ripetersi di una
componente semantica(sema) lungo il testo e garantisce la coerenza di quest’ultimo. Il
quadrato semiotico è un modo per rappresentare una categoria semantica tale da poter
considerare, oltre alle affermazioni, anche le negazioni dei termini. Le affermazioni o negazioni
narrative di un testo non vanno confuse con l’assiologia: le storie a volte realizzano anche cose
negative. Per termine neutro si intende l’affermazione di entrambi i subcontrari, per termine
complesso si intende l’affermazione di entrambi i termini contrari
Ne consegue che in semiotica l’enunciato non è solo una frase bensì qualsiasi cosa venga
prodotta da un enunciatore. Da questo punto di vista i termini testo ed enunciato si
identificano: consideriamo il prodotto in quanto è stato prodotto, indipendentemente dalla sua
taglia.
Anche cose o comportamenti non prodotti intenzionalmente per comunicare possono essere
interpretati come testi. Per esempio possiamo dedurre delle inferenze dall’andatura veloce di
un uomo che lascia un edificio. In questi casi, siamo noi a procedere alla costruzione del
significato di ciò che vediamo e cioè nell’interpretazione e descrizione metalinguistica
Dire delle cose, produrre dei testi, non implica in maniera secca l’assunzione e il controllo di
quanto stiamo producendo
Nelle condizioni più ordinarie di produzione di un enunciato, è il soggetto a scegliere cosa dire e
come dirlo. Nel concetto stesso di enunciazione è insita una componente di scelta.
Seassure sottolineava come la lingua materna non sia una nostra invenzione bensì un
prodotto sociale che esiste prima di noi. Quando qualcuno parla, tuttavia, fa anche delle
scelte personali e contingenti.
Questa dialettica tra un apparato che non dipende da noi e un’attività espressiva più personale
corrisponde alla distinzione saussuriana fra lingua (Langue) e atto linguistico(parole) La prima è
strutturale, stabile(anche se relativamente) e sociale mentre il secondo individuale e soggetto a variabili
Quando voglio esprimere qualcosa devo dare una forma sia al veicolo percettivo che
all’istanza dell’espressione(suoni linguistici, musicali, immagini…) sia al contenuto
La funzione segnica, spiega Hjelmslev, non è fra una forma e un contenuto ma fra una
forma dell’espressione e una forma del contenuto
La significazione è possibile quando sia il veicolo espressivo che le unità semantiche veicolate hanno
una propria struttura.
Ripasso: in questo modo il testo si modella intorno ad un’ideale Lettore Modello [Eco] che non
è un lettore reale, empirico ma uno ‘stampo immaginario’, sul quale dare forma al testo. In altre
parole, progetto quello che dico sulla base di competenze e passioni di un lettore ideale che
voglio raggiungere.
Quando un enunciatore produce il suo enunciato deve insomma fare una gamma molto
complessa di scelte anche se spesso ciò avviene automaticamente. Greimas chiama
convocazione questo attingere a una serie molto diversificata di possibilità che vengono da un
repertorio preesistente.
Spesso l’autore sfrutta dei ruoli stereotipici, chiamati ruoli tematici, come il riccone,
l’innamorato povero, la bella donna superficiale… successivamente alla storia stereotipica fatta
di epoche, ambienti, ruoli tematici viene data una struttura narrativa che la differenzia da tutte
le altre
Se si vede il testo come prodotto di un lavoro di enunciazione, ci si rende conto che quest’ultimo,come
dice Seassure, è una mediazione fra elementi preesistenti, condivisi, codificati; è un’istanza di scelta che
sfrutta questi elementi per creare qualcosa di inedito. L’enunciazione è un’attività soggettiva dentro il
contesto sociale della cultura
Benveniste infatti diceva che, tramite il proprio discorso, il soggetto costruisce anche se
stesso. Così ci rendiamo conto di quanto influiscano, sull’idea che gli altri si fanno di noi,
le nostre scelte in fatto di intonazione, vocabolario, ritmo, tono emotivo…
Gli enunciatori convocano, ciascuno a modo proprio, le varie possibilità offerte da uno sfondo comune e
questa condivisione è ciò che ce le rende comprensibili, anche se non tutte a noi congeniali
Riassumendo:
Le marche dell’enunciazione sono degli elementi presenti all’interno dei testi che rimandano
alla loro istanza di produzione, permettendo in modo meno indiretto al soggetto di essere
presente nei suoi enunciati.
Es: una foto in cui viene fotografato qualcuno che fotografa, ovvero un simulacro
dell’istanza dell’enunciazione che ha prodotto la foto
E’ importante però tenere presente del carattere illusorio circa la corrispondenza fra
l’enunciatore enunciato, cioè rappresentato all’interno dell’ enunciato e quello empirico
Ossia il problema dell’identità fra chi davvero ha enunciato la frase e chi dice ‘io’ nel
testo
Il fatto che una narrazione avvenga in prima persona non garantisce l’identità fra
l’autore reale, empirico e quello che dice ‘io’ nel testo
Il personaggio del narratore potrebbe differire in molti suoi aspetti dall’autore ed essere
stato costruito in base a invenzione come gli altri personaggi
L’autore intradiegetico si trova all’interno della vicenda narrata mentre quello extradiegetico è
all’esterno.
Nel caso di enunciazioni non finzionali non si ha motivo di non credere che il narratore, ovvero
la figura dell’enunciatore dentro al testo, sia un mero simulacro dell’enunciatore empirico
Esempio: al telegiornale l’identità fra chi dice ‘io’ e l’autore del testo è evidente
Nella maggior parte dei casi questo problema è abbastanza irrilevante perché quando analizziamo un
testo siamo attenti soprattutto agli effetti di senso che esso produce piuttosto che alla sua
corrispondenza con una realtà extratestuale
Gli autori empirici utilizzano delle strategie di enunciazione, che produco degli effetti
ossia dei cambiamenti di senso, come per esempio sostituendo un racconto in terza
persona con un racconto in prima persona.
Una delle scelte che abbiamo di fronte quando pronunciamo un testo riguarda proprio la
distanza che vogliamo mettere fra noi e il nostro enunciato, nel senso che possiamo decidere di
dire ‘’io’’ e produrre dunque qualcosa di soggettivato o affermare qualcosa in terza persona,
dando così al nostro discorso uno statuto più oggettivato
Per quanto riguarda la forza persuasiva di un discorso, non è detto che crediamo sempre di più a
discorsi oggettivi e meno a quelli soggettivi
Il passaggio dall’io, qui, ora(ipotetici) dell’enunciazione agli attori, al tempo e allo spazio
dell’enunciato in semiotica è detto debrayage
Quando parlo non parlo quasi mai di me stesso che parlo e della situazione in cui lo sto
facendo, ma parlo d’altro
Molto più spesso quando qualcuno parla crea uno scenario diverso da quello in cui sta parlando
e non parla del fatto che sta parlando. In questo caso vi è un debrayage, cioè l’enunciato
contiene attori, tempi e spazi che non coincidono con quelli della sua enunciazione
I discorsi in prima persona, dove è presente un narratore che dice ‘io’, sono frutto di un
debrayage enunciazionale mentre i discorsi in terza persona, dove nessuno dice ‘io’,
sono il prodotto dei debrayage enunciativi.
D: ma è possibile produrre effetti di oggettivazione o soggettivazione in testi visivi, per esempio? Non tutti
i semiotici sono d’accordo su questo punto, alcuni preferiscono che l’apparato formale, cioè grammaticale,
dell’enunciazione rimanga appannaggio dei testi linguistici. Altri invece sono convinti che esistano anche nei
testi visivi dei meccanismi che producono effetti analoghi alla prima e terza persona. Lo sguardo in
macchina, per esempio, è considerato uno dei meccanismi attraverso cui i testi visivi attivano qualcosa di
analogo al discorso in prima persona.
I meccanismi di enunciazione sono potenti nel creare determinati effetti di senso. Le inquadrature, i
montaggi, sono scelte dell’enunciatore rispetto al modo di presentare il testo e sono essenziali per
dare alle immagini e alla storia stessa il loro significato
Riassumendo:
- all’interno dei testi si devono sempre analizzare le marche della loro enunciazione, cioè tutti
quegli elementi presenti nei testi stessi e facenti parte a pieno titolo della loro organizzazione
che rimandano alla loro istanza di produzione. E’ importante studiare queste marche perché
producono effetti di senso potenti, come l’oggettivazione, la soggettivazione, l’effetto di realtà.
La semiotica non si interessa della corrispondenza fra autore empirico e chi dice ‘io’ in un
testo, ma di come è costruito il simulacro testuale di un enunciatore. I debrayage attoriali,
temporali e spaziali installano nell’enunciato attori, tempi e spazi diversi dall’io, qui e ora
dell’enunciazione. Fra i debrayage attoriali, quelli enunciazionali installano la prima
persona(narratore; attori che prendono la parola, come nei dialoghi) e quelli enunciativi la
terza persona(attori che non parlano ma di cui si parla). Alcune forme tipiche del linguaggio
verbale, come l’enunciazione in prima persona o il discorso riportato, sono analoghe a forme
visive come lo sguardo in macchina, la foto in una foto, la riproduzione simulacrale di n
enunciatore entro l’enunciato visivo o filmico
Quando costruiamo un testo, abbiamo l’alternativa fra concreto e astratto. Tale opzione non è
drastica ma va piuttosto per gradi, anche se si è ipotizzato che vi siano delle unità semantiche, o
semi, legate alla percezione del mondo esterno che sono incaricate di renderlo concreto
a) Semi esterocettivi: negati alla percezione del mondo esterno a noi (concreti)
c) Propriocettivi: legati all’esperienza percettiva del nostro stesso corpo e quindi incaricati di
esprimere tutta la sfera del corporeo e dei sentimenti (puri)
Se un discorso contenesse solo semi di uno dei tre tipi, sarebbe rispettivamente un discorso concreto,
astratto, passionale o puro. Non accade quasi mai, ma di solito mescoliamo i tre tipi di semi, salvo a
dare a ciascuno dei nostri discorsi una dominanza dell’uno o dell’altro. Ecco spiegata la gradualità fra
concreto e astratto, con l’aggiunta del passionale: si tratta più di una prevalenza relativa dell’uno o
dell’altro.
Il passaggio da ciò che è astratto a ciò che è figurativo non corrisponde al passaggio da ciò che è
verbale a ciò che è visivo perché già nei testi verbali di tipo concreto possono esserci elementi
figurativi.
I testi visivi, esattamente come quelli verbali, possono essere più o meno figurativi,
ossia più o meno concreti o astratti
Un altro modo per concretizzare un tema è metaforizzarlo, ossia producendo un discorso in cui
le figure servono a creare un piano secondo di significazione. Questo è il caso delle metafore,
appunto.
Es: dicendo ad una fanciulla che ha le guance di rosa, non si intende che hanno la forma
di un petalo ma che alcune caratteristiche delle sue guance sono in comune con quelle
del fiore, come per esempio il colore roseo o il profumo
b) Isotopie concrete o figurative: riguardano gli elementi che appartengono solo a quella
storia, come i /soldi/. Rimandano quindi a qualcosa che è percepibile
c) Passionali: fanno da sfondo emotivo ricorrente nella storia, come la /pigrizia/ per Paperino
Se si vuole capire la natura, tematica o figurativa, di un elemento ci si può porre una semplice
domanda: potrei toccarlo, vederlo, insomma percepirlo con qualcuno dei miei sensi?
Riassumendo:
Abbiamo visto che con ‘figurativo’ si intende concreto. La semiotica oppone a ‘figurativo’ il termine
‘plastico’: un testo visivo è figurativo quando vi si riconoscono persone, oggetti, paesaggi.. quindi
figure del mondo dell’esperienza mentre è soltanto plastico quando è astratto e vi si scorgono
unicamente linee, contorni, colori in una data composizione spaziale.
Il plastico è quel livello dell’organizzazione dei testi visivi che fa astrazione delle figure e
considera solo gli elementi compositivi astratti
Il senso comune ritiene che un’immagine non sia arbitraria ma al contrario motivata da una specie di
similarità con l’oggetto rappresentato. Eco si interroga proprio su questa presunta similarità e la
mette in discussione: i segni iconici sono motivati dai solo significati nel senso che la loro forma
dipende da quella dell’oggetto che rappresentano?
Secondo Eco noi non confrontiamo le rappresentazioni direttamente con gli oggetti, ma con dei tipi
cognitivi degli stessi. Inoltre, in questa operazione di confronto, entrerebbero in gioco anche molti
fattori personali e culturali, quindi non si tratta mai di una semplice somiglianza fra rappresentazioni e
oggetti.
Per Greimas il riconoscimento avviene grazie a una griglia di lettura del mondo che chiama
semiotica del mondo naturale. Non vi è nulla però di ‘naturale’, trattandosi per definizione di
una griglia culturale
Ripasso: per Greimas noi organizziamo il significato del nostro mondo tramite due
macrosemiotiche: le lingue naturali e le forme culturali
In questo senso le visioni di Eco e Greimas non differiscono di molto, data l’insistenza di
entrambi sulle tradizioni, sull’apprendimento, sulle convenzioni che possono influenzare
il modo in cui inquadriamo il mondo
Greimas spiega che quando guardiamo una figura riconosciamo qualcosa in essa se vi sono
abbastanza tratti visivi per permetterci di interpretare quella configurazione percettiva come
espressione di un oggetto significato. In altri termini, il riconoscimento per Greimas avviene
quando i tratti visivi presenti sono sufficienti a riconoscere una certa configurazione come il
significante di un oggetto.
I tratti invece non veicolano significati e non sono collegati a figure del mondo
L’analisi del visivo deve procedere da una comprensione preliminare di quello che vediamo.
Quando guardiamo un’immagine, pertinentizziamo alcuni elementi a scapito di altri in base a
ipotesi di contenuto, cioè in base al significato che diamo a ciò che vediamo.
Non c’è nessuna ‘immediatezza’ nell’immagine, essa viene capita in base a competenze
diversificate e complesse
Quindi:
È chiaro che si tratta di concetti molto generali e che il passaggio da un grado all’alto di
densità figurativa è appunto graduale
Ci sono tuttavia anche forti analogie tra il figurativo visivo e quello dei discorsi verbali:
- Anche il discorso verbale ha una sua densità figurativa, poiché può mostrare più o meno in
dettaglio un personaggio un paesaggio, un ambiente.
- Anche il discorso verbale, quando è astratto può esserlo in modi diversi: preciso come un
disegno geometrico; vago e generico come un’immagine poco definita, ermetico, di difficile
decifrazione…
Riassumendo:
- Un testo visivo è detto figurativo quando riusciamo a riconoscere in esso degli elementi del
mondo dell’esperienza (oggetti, persone, paesaggi…). Sia Eco che Greimas criticano l’idea che
le immagini assomiglino semplicemente alla realtà. Il riconoscimento e l’interpretazione
L’analisi semiotica del visivo non si occupa solo di figure, ma anche di ciò che consiste solo di formanti
visivi,detti plastici, senza riconoscimento di figure. In questo caso si parla di livello plastico d’analisi
Possiamo fare un’analisi di forme, linee, colori e distribuzione spaziale degli elementi anche in testi
figurativi, facendo momentaneamente astrazione delle figure
1) Categorie eidetiche: relative a linee e forme. Sono impiegate per descrivere la forma in senso
geometrico (circolare, quadrato, ellittico), le proprietà di una linea (curvilineo, rettilineo,
spezzato, continuo), le proprietà di un contorno (frastagliato, netto)
2) Categorie cromatiche: relative ai colori i quali sono caratterizzati in vari modi, ossia come
radicali cromatici (rosso, giallo, verde, blu..), per il grado di saturazione(quanto bianco è
aggiunto a un dato colore), la luminosità(come appare un colore a seconda della quantità di
luce). Ci sono i cosidetti acromatici(bianco, grigio, nero) e il semicromatico ovvero il marrone.
1) Simbolismo: un tratto dell’espressione(formante plastico) veicola solo uno dei termini di una
categoria semantica
È presente in tutti i testi dove on vi sono contrasti esplicitati ma è presente nel testo
solo uno dei due termini
2) Semisimbolismo: tratti dell’espressione di tipo contrastivo che veicolano una categoria del
piano del contenuto, cioè un contrato semantico. In parole povere, si indicano i casi in cui un
contrasto espressivo veicola un contrasto semantico
Es: in un’immagine, la distribuzione spaziale delle figure dei politici corrisponde ai diversi gradi
di consenso che ottengono. Così, maggiore o minore estensione dello spicchio veicola sul piano
dle contenuto la categoria maggiore/minore consenso.[semisimbolismo topologico]. Il
contrasto giallo/rosso può indicare i contrasti bene/male
Bisogna stare attenti però a non vedere semisimbolismi ovunque a volte ci sono
contrasti del piano dell’espressione che non veicolano alcun contrasto sul piano del
contenuto, per esempio il contrasto bianco/marrone può limitarsi a indicare i colori del
prodotto.
In breve possiamo dire che dove c’è contrasto visibile sul piano dell’espressione e laddove questo
contrasto sia incaricato di veicolare un contrasto sul piano del contenuto, allora sia ha semisimbolismo.
Quest’ultimo, se si basa su figure e non su formanti plastici, può essere indicato come semisimbolismo
figurativo.
Cosa sia il simbolismo a livello figurativo invece è una questione più delicata perché
ogni volta che una figura veicola dei significati, in assenza di contrasto, di regola si
dovrebbe parlare di simbolismo figurativo
In conclusione, le forme gli spazi e i colori si incaricano di veicolare dei significati. Quando avevamo a
che fare con le figure, la situazione era più simile a quella dei testi verbali poiché la figuratività implica
un riconoscimento culturale degli elementi e, una volta riconosciuta una figura,, si associano facilmente
a sceneggiature narrative, temi, meccanismi simbolici.. convenzionali
Nel caso del plastico invece è il singolo testo, nella sua organizzazione sensibile, che stabilisce, per
simbolismo o semisimbolismo, il significato dei suoi formanti. Certo, anche a livello plastico ci sono delle
convenzioni, come per esempio il contrasto rosa/azzurro che indica femminile/maschile, ma in generale
le significazioni tramite formanti plastici sono più sottili, inedite, difficili da cogliere e progettare
Riassumendo:
- Quando facciamo un’analisi del livello plastico, prendiamo in considerazione che cosa
significhino linee, colori, organizzazioni spaziali in assenza di figure o a prescindere da queste.
Le categorie eideitiche sono relative a linee e contorni, quelle cromatiche a colori, quelle
topologiche a distribuzioni degli elementi nello spazio di rappresentazione. Vi sono
semisimbolismi plastici quando contrasti di categorie eiditiche, cromatiche o topologiche
veicolano contrasti sul piano del contenuto. Vi sono simbolismi plastici quando singoli termini
di categorie eidetiche, cromatiche, topologiche veicolano singoli termini di categorie sul piano
del contenuto. I concetti di simbolismo e semisimbolismo si possono estendere, con qualche
cautela, anche all’organizzazione figurativa di un testo
Un testo sincretico è composto da linguaggi semiotici che parlano in modo diverso ai nostri sensi. E’
formato da una componente verbale e una visiva.
La fenomenologia della percezione ha ampiamente dimostrato che noi percepiamo con tutti i sensi
contemporaneamente e questa comunanza di input percettivi che provengono da canali
diversi(tatto, visione, udito, gusto…) produce un mix specifico, che non è la semplice somma degli
input parziali
La sinestesia è scambio, perlopiù illusorio, fra un regime sensoriale e un altro. Ampiamente utilizzata
nella pubblicità, può essere vista come figura retorica oppure come fenomeno percettivo, nel caso
in cui si traducano effettivamente, nell’esperienza, un suono o un colore, un’immagine un sapore e
così via
Dal punto di vista operativo, quando si analizza un testo di questo tipo, non si deve analizzare
ogni parte in modo autonomo pretendendo poi di giustapporre le considerazioni fatte per la
parte visiva e per quella verbale
L’analisi di un testo porta progressivamente a rivedere le interpretazioni dei singoli elementi alla luce del
loro gioco configurativo, ovvero del significato che ciascuno di essi prende in relazione con tutti gli altri.
Così, quando si produce un testo, è bene non solo capire quali elementi vogliamo includere ma anche
quale effetto faranno nel loro insieme
Le relazioni fra le parti sono più importanti dei termini fra i quali tali relazioni si instaurano . Ovvero,
sono più importanti le relazioni che di volta in volta si instaurano fra le varie componenti a produrre il
significato di un testo e non degli atomi di significato preesistente e dotati una volta per tutte di un loro
valore semantico intrinseco.
Questo è vero per qualsiasi testo ma è particolarmente significativo nei testi sincretici
dove non sono solo parole a influenzare altre parole ma anche immagini a influenzare
parole, parole a influenzare musiche e così via
L’eterogeneità degli elementi presenti nei testi sincretici, rende molto complesso questo gioco
di influenze reciproche pertanto ogni linguaggio ha bisogno di regole e ha potenzialità
espressive proprie.
Il fatto che, nei testi sincretici, i linguaggi cooperino nel produrre il risultato unitario non significa affatto
che tali linguaggi si equivalgano e che non abbiano una loro specificità espressiva.
Jakobson chiama traduzione intersemica una traduzione non fra linguaggi della stessa natura
ma di natura diversa
È sempre parziale perché ogni tipo di linguaggio è potente e limitato in modi diversi
Quindi, nel caso del sincretismo c’è costruzione di una configurazione complessiva in cui cooperano
linguaggi diversi; nel caso della sinestesia c’è uno scambio, perlopiù illusorio, fra un regime sensoriale
e un altro e nella traduzione intersemiotica c’è la trasposizione di una sostanza espressiva con
un’altra.
Si potrebbe addirittura dire che nel sincretismo si crea un’unione, nella sinestesia uno scambio e nella
traduzione intersemiotica un passaggio tra sostanze espressive diverse.
Come nella lingua aggettivi, articoli, sostantivi, verbi sono uniti tra loro in base alle regole della
sintassi così anche nei testi sincretici assistiamo a una sorta di sintassi che collega gli elementi
in modo significativo.
La semiotica utilizza spesso il termine sintassi per indicare una concatenazione regolata.
Se consideriamo i diversi modi in cui gli elementi verbo-visivi o di altro tipo di un testo
sincretico possono connettersi fra loro, arriviamo ad una distinzione che la semiotica ha
attinto dallo studio della pittura preistorica. Vi sarebbero due modi antichissimi di
rappresentazione:
1) Mitogramma: il più primitivo, in cui gli oggetti rappresentati non entrano in relazione
narrativa tra loro ma appaiono legati da un nesso astratto, certamente di natura magica e
rituale
La semiotica ha ripreso più volte questi termini. Queste due modalità di rappresentazione infatti, sono
ancora molto in uso anche in epoca contemporanea
Per esempio quando oggetti e faccia di una ragazza, in una pubblicità, coesistono sulla pagina ma non si
suppone che si trovino in uno spazio tempo unitario
Non è vero che nel mitogramma gli elementi sono più astratti mentre nel pittogramma
più concreti
L’unica era differenza è che fra i due nel mitogramma non c’è unità spazio-temporale mentre nel
pittogramma si.
Nel pittogramma la ragione per cui i vari elementi stanno assieme è narrativa mentre
nel mitogramma la faccenda è più delicata, poiché è l’enunciatore che assembla a modo
suo gli elementi e chi guarda deve trovare il perché stiano insieme nello spazio di
rappresentazione, deve cioè fare un passaggio in più per ricostruirne il nesso
Riassumendo:
- In un testo sincretico, che comprenda cioè linguaggi diversi (verbale, visivo, musicale…) il
significato complessivo finale è un effetto della relazione reciproca fra tutti gli elementi e non
una mera somma dei significati delle parti verbale, visiva, musicale ecc. Un testo sincretico
dotato di un significato coerente presuppone un’enunciazione sincretica ce abbia predisposto
strategicamente l’effetto configurativo delle diverse componenti, qualsiasi sia la loro sostanza
espressiva. La sinestesia è un effetto del senso testuale o un’esperienza percettiva in cui il dato
che ci proviene da un canale sensoriale si traduce in un dato che appartiene ad un altro canale
sensoriale. La traduzione intersemiotica(Jakobson) avviene quando un testo che ha una
determinata sostanza espressiva viene in parte trasposto in un testo che ha un’altra sostanza
espressiva(film in romanzo). La sintassi mitogrammatica in un testo visivo o verbo-visivo
concatena gli elementi su spazi temporali diversi. La sintassi pittogrammatica invece concatena
gli elementi all’interno di un’unica scena spazio-temporale.
c) Poetica: attirare l’attenzione sul messaggio stesso, ovvero sulla forma in cui il messaggio è
stato formulato. Il messaggio attira l’attenzione su di sé quando si discosta in quale modo,
nella sua formulazione, dalle modalità più comuni
Il testo poetico attira l’attenzione sulla sua stessa ‘confezione’, sul suo modo d’essere
oltre che sul suo contenuto.
1) Il parallelismo: principio che prevede che all’interno del testo si creino delle regolarità
maggiori rispetto a un testo qualsiasi: il ripetersi di certi suoni fonetici, di certe scansioni
ritmiche, di certe sillabe nella poesia, le rime plastiche
Tutte le forme che introducono nel testo verbale o visivo il ripetersi in parallelo di
elementi analoghi
Per esempio il redattore della pagina sportiva che nota la somiglianza fra i due
comportamenti al momento del gol di due calciatori distinti e monta la pagina con i due
fotogrammi per far notare la somiglianza
2) Metafora: ha a che fare con la parte inventiva del testo estetico poiché mette in
connessione elementi del contenuto che il pensiero normale, stereotipico, di una cultura
non avvicinerebbe mai
Questi meccanismi sono all’opera sia nel testo verbale che in quello visivo
È la stessa differenza che c’è fra ascoltare la Nona di Beethoven eseguita da una grande
orchestra e sentirla canticchiata dal vicino di casa
L’espressione del testo artistico è parte integrante del contenuto del testo artistico. C’è insomma un
legame indissolubile fra le modalità in cui opera l’opera d’arte parla ai nostri sensi e quelle in cui parla al
nostro intelletto
Eco spiega che ciò avviene perché l’’opera d’arte inventa un codice, in modo più o meno
radicale. Questo codice in parte si rinnova, di opera in opera, all’interno dela stessa
produzione di un autore
Nel corso del tempo, le innovazioni artistiche diventano un canone. Così perdono la loro forza
espressiva e innovativa e non hanno più la funzione fondamentale dell’arte di cambiare il
nostro modo di vedere il mondo
L’ultima questione è sollevata da Lotman per il quale ogni comunità culturale utilizza
vari linguaggi e quello artistico sia quello più complicato, in virtù della sua
organizzazione complessa ferrea e su più livelli
Idea che incremento di regolarità e motivazione fra gli elementi di un testo estetico sia affascinante(in
comune con la funzione poetica di Jakobson). In più però Lotman aggiunge la sorpresa, l’inventiva, la
complessità dell’opera d’arte che deve mimare l’imprevedibilità della vita
E’ un idea paradossale, perché in realtà nell’opera d’arte nulla deve essere lasciato al caso. Tuttavia,
proprio in virtù della sua complessità di struttura e dell’innovatività di questo intreccio di elementi,
l’opera d’arte ci dà quell’effetto di inedito e casuale che talvolta ci riserva la vita
Si potrebbe obiettare una contraddizione tra le posizioni di Jakobson e Lotman: c’è chi
sottolinea la complessità strutturale dell’arte e chi preferisce sottolinearle la vitalità percettiva e
innovativa. Le due prospettive sono conciliabili se si pensa che l’arte deve dare piacere, creare
emozioni
Sembra quasi che il piacere dell’arte provenga al contempo dal venire meno della perfetta prevedibilità
e da un sistema di aspettative creato dal sistema di regolarità all’interno del testo estetico.
Il piacere può derivare sia dal vedere confermate le proprie aspettative che smentite
Ricapitolando, gli elementi principali di un testo estetico possono essere così riassunti:
a) Incremento delle regolarità interno del testo estetico rispetto a uno non estetico
b) Saldatura specifica fra piano dell’espressione e piano del contenuto, quini importanza
dell’esperienza percettiva.
c) Invenzione di codici da parte del testo estetico, sia nell’ambito di un testo specifico che in
quello dell’intera opera di un autore
Per esempio, per interessare il pubblico, si introducono spesso piccole sorprese senza
discostarsi troppo dal conosciuto
I testi inscrivibili nell’insieme delle opere artistiche sono solo una parte dei testi costruiti con modalità
artistiche. I testi artistici sono solo una parte dei testi estetici.
La costruzione estetica può essere puro piacere formale, ma anche avere un carattere persuasivo,
rendere un discorso ‘efficace in quanto bello’ . Si pensi per esempio anche al discorso scientifico, o
didattico, e quanto questi raggiungano meglio i propri scopi ricorrendo a meccanismi metaforici o di
costruzione di un sistema di regolarità
Riassumendo:
c) Importanza dell’organizzazione del piano espressivo, e quindi della fruizione sensibile del
testo estetico stesso.
Secondo Lotman e Jakobson, i due principi alla base della costruzione di un testo esteticosono
il parallelismo (incremento di regolarità) e la metafora(avvicinamento di unità semantiche
generalmente lontane fra loro). La costruzione di tipo estetico si trova anche in testi non
strettamente artistici. Possiamo infatti ritrovare parallelismi e metafore anche in cronaca,
pubblicità, discorsi politici e in ogni possibile genere testuale. La costruzione di tipo estetico
non è dunque finalizzata solo al piacere estetico, cioè al piacere dato da un libero gioco di
forme senza funzionalità pratica; esso può potenziare l’efficacia di qualsiasi discorso ed è per
questo importante studiarne i meccanismi.
La semiotica può aiutare in molte professioni come alleata, come strumento in più
D: come può la semiotica aggiungere qualcosa alle conoscenze specifiche del pubblicitario? È come se
si rovistasse nella cassetta degli attrezzi: una data costruzione cromatica, una certa strategia
d’enunciazione, un determinato programma narrativo…
Nella progettazione pubblicitaria, la semiotica parte dal concetto di valore. Nessuno vende
oggetti, servizi, nella loro pura materialità/fattualità. Perché qualcuno abbia voglia/senta il
bisogno di comprare qualcosa, è necessaria che abbia costruito questo qualcosa nel suo
immaginario in modo da poterlo considerare positivo per sé. Quando si deve pianificare un
discorso di tipo commerciale si deve:
a) Capire quali sono gli aspetti ritenuti importanti e positivi dal target potenziale degli
acquirenti (logica d’acquisto)
b) Quali aspetti, non ancora presi in considerazione dal target potenziale di acquirenti,
potrebbero con la dovuta comunicazione persuasiva diventare importanti e positivi. (logica
del contratto)
A volte si cerca di capire i gusti delle persone per fare delle proposte che gli vadano incontro, mentre
altre volte ci cercano di indurre bisogni e desideri nuovi
Il più delle volte si tratta di mediare fra queste due logiche e di innestare su aspetti già apprezzati
qualcosa che aggiusti, rinnovi
La marca di un prodotto, di qualcosa che si vuole vendere, è molto importante perché è una
costruzione simbolica che innesta fiducia nel compratore
Immagine complessa e coerente che si sostituisce al venditore che ogni azienda deve
ormai costruirsi
Floch dimostra che l’identità di una marca si costruisce ‘bricolando’ gli elementi che
circolano già nell’ambiente culturale e altri che vanno a comporsi in qualcosa di inedito
1) Step dei valori: individua i valori profondi su cui fondare una pubblicità. Le persone non
comprano degli oggetti ma ciò che vedono in questi oggetti (quindi non il valore
merceologico)
Per proporre al target un prodotto, bisogna incentrare la campagna sui valori che
vogliamo vengano investiti
Bisogna tenere conto non solo delle ‘passeggiate inferenziali’ del destinatario ma anche
moti affettivi, aspirazioni, desideri del target di riferimento, ossia i suoi gusti, abitudini,
caratteristiche socio-culturali…
I valori possono essere scelti entro una gamma ampia ma devono essere adatti al
settore merceologico del prodotto. La scelta dei valori deve essere anche funzionale alla
necessità di differenziare il nostro prodotto da quello die concorrenti
Bisogna fare una ricognizione preliminare, vedere cosa giù esiste sul mercato e come
viene proposto in modo da posizionare correttamente ed efficacemente il nostro
prodotto
Si può tenere conto di una classificazione di ‘tipi di valore’ teorizzata da Floch, che ha
pensato di suddividere i valori del consumo in 4 termini articolati in un celebre
quadrato chiamato ‘delle assiologie dei comportamenti di consumo’:
Il quadrato ha avuto molto successo, ma da solo non basta. Quando dobbiamo decidere
i valori base di un testo, non basta dire che saranno pratici, ludici, critici…. Bisogna
specificare maggiormente il tipo di valore che vogliamo dare al nostro prodotto.
Insomma non basta dire ‘valori pratici’ ma bisogna specificare ‘quali valori pratici
Inoltre Floch individua un altro quadrato, quelle delle ‘filosofie della pubblicità’: se voglio
presentare in modo realistico il mio discorso, produrrò un discorso referenziale; se voglio
esaltarne iper realisticamente le caratteristiche produrrò un discorso sostanziale; se voglio
scherzarci su farò un discorso obliquo; se voglio portare l’argomentazione pubblicitaria su
qualcosa di astratto, fantasioso irreale utilizzerò un discorso mitico:
NB: questi termini non sono equivalenti a quelli del quadrato precedente, anche se può
sembrare. Per esempio, i valori pratici non sono necessariamente veicolati da un
discorso referenziale ma le possibilità di combinazione fra i due quadrati sono molteplici
2) Step della narratività: si basa sullo stretto legame tra semantica e narrativa, la prima è il
basamento su cui poggia la seconda. In questo stadio è necessario immaginare delle storie
senza esprimerle direttamente in qualche sostanza espressiva, ma limitarsi a immaginare
una storia che potrebbe poi, in qualche modo, essere rappresentata
Consiste nel tratteggiare la storia a grandi linee, insomma decidere gli scopi, i
personaggi, gli ambienti e le epoche
È cruciale imparare a scomporre i vari livelli di organizzazione del senso e progettarli separatamene
perché ciò permette un maggior controllo e una migliore articolazione del prodotto finale.
In questo step quindi, avviene la scelta dei percorsi figurativi che nello step successivo si
concretizzeranno in diversi sviluppi