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1 nel caso della significazione l’emittente non è presente se non come proiezione del destinatario
nell’affermazione di una <<scienza generale>> che prenderà il nome di
semiologia. Nelle sue lezioni ginevrine ( 1906-11 ), Saussure spiega che la
linguistica, da lui professata, sarebbe stata solo una parte di questa nuova
disciplina, che avrebbe trattato anche di altri sistemi di segni. Le leggi scoperte dalla
semiologia sarebbero state applicabili alla linguistica e verosimilmente <<ad altri
sistemi di segni>>. Il linguista svizzero fa riferimento solo ad alcuni dei fenomeni
che Morris e più tardi Eco avrebbero compreso nel campo semiotico: Saussure cita
in primo luogo linguaggi storico-culturali; cita inoltre fenomeni culturali nei quali è
espressa e fortemente codificata un’intenzione comunicativa. Questo orientamento
saussuriano ha avuto una singolare fortuna. vi è stato innanzitutto un dato
obiettivo, consistente nella straordinaria estensione degli studi linguistici; vi è stata
in secondo luogo una biforcazione della concezione saussuriana dei rapporti fra
linguistica e semiologia: una più ortodossa e l’altra verosimilmente eterodossa che
ha avuto tra i suoi maggiori esponenti una figura brillante come Roland Barthes.
Nel suo celebre saggio del 1964, Elementi di semiologia, Barthes sostiene che non
ha senso mettere sullo stesso piano il linguaggio verbale ed altre forme di
comunicazione, a suo avviso <<non è affatto certo che nella vita sociale del nostro
tempo esistano, al di furori del linguaggio umano, sistemi di segni di una certa
ampiezza>>. Il messaggio barthesiano era certamente intrigante, ancorché
fortemente equivoco: per un verso esso riconosceva la priorità semiologica del
linguaggio verbale, la sua capacità di tradurre ogni possibile messaggio; per un altro
esso finiva col ridurre al linguaggio verbale tutti gli altri linguaggi, negandone in
definitiva la specificità. Da questo punto di vista Barthes si esponeva alla critica del
versante semiotico di ispirazione peirceana e rendeva poco digeribile anche la prima
parte della sua proposta teorica.
Una semiotica “ristretta”? difronte a così diverse opzioni teoriche, le
scelte possibili sono ovviamente tutte aperte. Sembra ancora ragionevole
sottoscrivere il discorso teorico saussuriano, da integrare con tutto ciò che oggi
meglio sappiamo relativamente al ruolo svolto dai segni non solo nella prassi
comunicativa. Quella linea è stata esemplarmente chiarita in un volume di Luis
Prieto risalente al 1966, e più volte ripreso e discusso in anni recenti. Prieto
condivide con Eco l’idea che la significazione sia alla base della comunicazione, ne
riformula però il concetto. Vi sarebbe dunque una semiotica della significazione,
che ritaglierebbe il suo oggetto nel mondo degli indici ‘convenzionali:
comportamenti sociali, moda ecc.. Prieto aggiunge che tale processo, per acquisire
rilevanza semiologica, deve assumere un’effettiva stabilità sociale, sino a
configurarsi come uno scatto rispetto a una norma sottesa. Quando ciò accade,
scattano dispositivi di connotazione, vale a dire qualcosa che produce significazione
allo stato puro.
Connotazione: derivante dal latino cum + notare, indica quelle pratiche
semiotiche che selezionano determinati segni in base al fatto che, in un contesto
dato, essi fungano, nel loro insieme, da significanti ad altri segni. ESEMPIO -> se in
un contesto dato, nello specifico un contesto galante utilizzo destriero al posto di
automobile questo può proiettare sul denotato, magari una vecchia Cinquecento
bianca, inediti valori cavallereschi e cortesi.
La semiotica della comunicazione presuppone dunque quella della significazione
ma limita il suo raggio agli indici convenzionali che siano segnali, ovvero a quegli
indici che <<forniscono un’indicazione circa il rapporto sociale>>. A questa
categoria fanno riferimento gli esempi di Saussure. Non vi è tuttavia una barriera
fra i due tipi di semiotica, perché il procedimento significazione della stilizzazione/
connotazione si ripresenta all’interno di alcuni tipi particolari di linguaggio come
quello artistico.
Tullio de Mauro ( 1982 ) ha offerto un’ipotesi rigorosa di classificazione dei codici
semiologici, intesi nel senso di Saussure, a partire dal principio della centralità
del significato. Si delinea così una scala di crescente complessità che vede al
vertice il linguaggio verbale, con la sua forse unica capacità di saldare la regolarità
del codice con l’indeterminatezza della sfera semantica.
Occorre tuttavia considerare quanto segue:
1) la semiotica o semiologia ha innanzitutto l’obbligo di conseguire risultati sul
territorio che istituzionalmente le compete, bisogna dire che in tale ambito il
più è stato fatto;
2) Alla teoria della semiotica va recuperata fino in fondo una prospettiva di
raccordo e di comparazione fra studio dei linguaggi naturali umani e linguaggi
degli altri animali.
Le premesse gettate in questo campo nei primi anni Settanta sono stata a lungo
“congelate” dall’infisso potente delle idee di Chomsky riconosciuto come “padre”
del cognitivismo.
3) Gli ultimi anni hanno riportato in auge lo spessore filosofico e filosofico-
linguistico degli studi semiotici, che, come accadeva fa Sei e Settecento, hanno
ripreso il commercio con le dottrine della conoscenza.
In questo quadro, probabilmente perde la sua centralità anche la distinzione fra
semiotica della significazione e semiotica della comunicazione. Intanto, perché lo
spettro dell’oggetto della semiotica torna ad ampliarsi incorporando problematiche
percettive, cognitive, antropologico-evolutive ecc. Poi, perché emerge con crescente
evidenza la necessità di non introdurre lo studio del linguaggio a quello della
comunicazione. La comunicazione si staglia come una delle possibilità, ovviamente
importantissima, ma non unica, di un dispositivo, il linguaggio naturale che è
dispositivo ‘cognitivo’ ed ‘espressivo’. Se la specie umana, come ha scritto Deacon, è
per antonomasia ‘specie simbolica’, questo è perché il linguaggio è stato ed è per
l’uomo anzitutto veicolo di sviluppo cognitivo, chiave della propria identità e della
propria sopravvivenza.