Lotman vede la cultura come un sistema semiotico e quindi riprende una questione che riguarda ogni sistema di questo tipo: il rapporto del sistema con l’extrasistema, cioè il mondo che si estende al di là dei suoi confini. Lotman pensa il sistema culturale semiotico come un insieme di lingue e definisce il sistema extrasemiotico come extralinguistico, cioè come una realtà che le lingue della cultura devono inglobare e trasformare in contenuto. In questa prospettiva risulta fondamentale l’attività di traduzione: secondo Lotman la realtà extralinguistica va comunque pensata come una lingua, e partendo di lì la definizione del significato è sempre, in fondo, la traduzione da una lingua all’altra. Il sistema culturale non è quindi fatalmente chiuso in sé, ma “gioca” continuamente con lo spazio che gli sta intorno o incorporandolo in sé attraverso la mediazione delle sue lingue, o proiettando in esso i propri elementi e i propri schemi.
In questo capitolo si parte dal fatto che la comunicazione presuppone un’emittente ed un destinatario, che comunicano per mezzo di una lingua (scritta o parlata). Dopo aver introdotto tale argomento l’autore va a mettere in evidenza come la totale uguaglianza tra emittente e destinatario porterebbe sicuramente alla totale comprensione del discorso da parte di entrambi, tuttavia essa è un male perché i due, se fossero uguali, non avrebbero nulla di cui parlare. Infatti in una normale conversazione lo spazio linguistico del parlante e dell’ascoltatore è intersecato solamente in parte.
A B
In una situazione di non intersezione la comunicazione si presuppone impossibile, mentre una
completa intersezione la rende priva di contenuto. È proprio l’aspirazione di facilitare la comprensione che costantemente porterà a tentativi di allargare il campo di intersezione. È però presente anche la tendenza contraria, ovvero l’aspirazione di accrescere il valore del messaggio che porta quindi al massimo ampliamento della differenza tra A e B. Questo ci pone di fronte a una contraddizione insolubile: noi siamo interessati alla comunicazione proprio a causa di quella situazione che rende difficile la comunicazione e, al limite, la rende impossibile. L’incomprensione si presenta quindi come un meccanismo di senso prezioso quanto la comprensione. Capitolo 3 – Processi graduali vs processi esplosivi I nostri organi di senso reagiscono a piccole dosi di stimoli che vengono percepiti come un movimento continuo. In questo senso la continuità è una prevedibilità compresa. Il suo contrario è l’imprevedibilità, il cambiamento realizzato nelle modalità dell’esplosione (improvvisamente). L’imprevedibilità non è certo l’unica via verso il nuovo, intere sfere della cultura possono realizzare il loro cambiamento soltanto sotto forma di cambiamenti graduali. Poiché i processi esplosivi e graduali sono l’antitesi sono inseriti in un rapporto di reciprocità, non esiste uno senza l’altro. I processi esplosivi si realizzano in un complesso dialogo con i meccanismi di stabilizzazione che sono graduali. Successivamente l’autore espone anche alcuni esempi per facilitare la comprensione del fenomeno. Risulta interessante la correlazione tra scoperte scientifiche e realizzazioni tecniche. Le scoperte scientifiche sono affini all’arte, nel senso che la loro origine è simile ad un’esplosione. La realizzazione tecnica delle idee si sviluppa invece secondo le leggi della dinamica graduale. Il nuovo nella scienza e nell’arte è attualizzazione dell’inatteso che necessita di tempo per essere compreso appieno (e a volte non lo sarà mai…). Lo stesso vale per la storia, dove per esempio le scoperte geografiche (esplosive) erano legate al progresso tecnico graduale. I geni i creatori dell’arte non si sottomettono all’influenza direttrice della critica. Per esempio nella letteratura l’incomprensione da parte del lettore di un’opera geniale non è l’eccezione ma la norma. In quest’occasione Lotman cita anche la conclusione di Belinskij: il genio, che lavora per l’eternità e i posteri può essere non soltanto incompreso dai contemporanei, ma può anche essere loro inutile. Tuttavia la gente ha bisogno dell’arte e vorrebbe che l’autore dell’opera fosse un genio, ma accanto a ciò egli auspicherebbe che le opere fossero comprensibili. Un simile genio accessibile rallegrerebbe il lettore ed anche il critico, grazie alla sua prevedibilità (così che il critico possa indicare infallibilmente i percorsi futuri dell’autore).
Capitolo 4 – Discontinuo e continuo
Finora si è visto come momenti di esplosione e momenti di sviluppo graduale si succedono, tuttavia in varie sfere della cultura essi non si presentano come due fasi ben distinte ma si combinano simultaneamente. Sia i processi esplosivi che quelli graduali, in una struttura funzionante sincronicamente, adempiono ad importanti funzioni: gli uni assicurano l’innovazione, gli altri, la continuità. Essi non sono in competizione, anzi l’attività di uno di loro stimola quella dell’altro. Per esempio l’anti-romanticismo si sviluppa in concomitanza con il Romanticismo. Nemmeno un testo è statico, anzi è un sistema dinamico finché ha dei lettori. Per lo strutturalismo tradizionale non era così perché il testo era considerato statico e isolato nel tempo e nello spazio, ma soprattutto isolato dal pubblico. Nella fase contemporanea invece il testo si inserisce nel tempo come un fermo immagine suigeners, collocato tra passato e futuro. Lo spettatore collocandosi con il pensiero in quel “tempo presente”, che è realizzato nel testo, è come se rivolgesse il suo sguardo al passato. Rivolgendosi invece verso il futuro, l’ignoranza nei confronti di esso (il futuro) permette di attribuire un significato a tutto. Per esempio non sapere se il fucile sparerà, se lo sparo provocherà una ferita mortale o no, conferisce significatività all’intreccio. Tuttavia l’indeterminatezza del futuro possiede dei confini, da esso è escluso ciò che in un dato sistema è impossibile. Queste possibilità di sviluppo future sono contenute nel presente e la scelta del futuro si realizza come casualità; tale scelta è quindi slegata dalle leggi della probabilità che nel momento dell’esplosione sono inattive. Il momento dell’esplosione, nell’intreccio delle possibilità del movimento futuro, crea già una catena di avvenimenti prevedibile e ne esclude degli altri. La morte di un soldato, provocata da una scheggia di un proiettile casualmente intersecatasi con lui, spezza tutta una catena di avvenimenti futuri potenzialmente possibili. Il momento di esaurimento dell’esplosione è il momento di partenza dello sviluppo futuro, ma anche luogo di autoconoscenza, in cui si innestano quei meccanismi che devono chiarire alla storia stessa ciò che è successo. Inoltre c’è una radicale trasformazione dell’evento: ciò che è avvenuto casualmente appare come l’unico svolgimento possibile. L’imprevedibilità viene sostituita con la regolarità. Da questo punto di vista la scelta era stata oggettivamente predeterminata da tutto il movimento di causa ed effetto degli avvenimenti precedenti, viene quindi eleminata la casualità. Una sostituzione di questo genere si realizza facilmente in quelle sfere della storia dove domina la gradualità. Essi sono sono quegli strati della storia dove l’azione si sviluppa in maniera rallentata e la personalità singola gioca un ruolo minimale. Per esempio è normale che la storia della tecnica, solitamente, venga percepita come anonima. I quadri vengono ricordati per il cognome dell’artista, ma le automobili per il nome delle case produttrici e i nomi dei modelli. A riprova di ciò Lotman porta una stori di un affermato ingegnere che si rammarica del fatto che il suo nome non sia noto al pubblico, nonostante dice di aver fatto molto più di certuni che sono celebri; il povero ingegnere afferma quindi: “…quanto a notorietà, ne godo come quel cane nero laggiù…”. Se il ponte fosse crollato, sicuramente avrebbero ricordato il cognome dell’ingegnere, perché sarebbe stato un evento non comune. Un buon ponte si dissolve nel flusso generale del livello della tecnica e le qualità, se non sono straordinariamente evidenti, non vengono notate da nessuno. Lo sviluppo della tecnica, generalmente, è prevedibile e ciò è dimostrato per esempio dalle opere meglio riuscite nel campo della fantascienza. A causa dei processi successivi all’esplosione che eliminano la sua casualità gli storici eliminano quindi le fasi successive all’esplosione che abbiamo visto essere fortemente informative. Lo storico guarda l’evento con lo sguardo diretto dal presente al passato. Questo sguardo, per sua stessa natura, trasforma l’oggetto della descrizione. Egli costruisce una linea di successione che porti con la massima attendibilità al punto conclusivo, trovando dei rapporti di causa ed effetto convincenti. Nella storia viene quindi introdotto il concetto di scopo che è ad essa totalmente estraneo. Tuttavia questa cosa è propria dell’uomo; allo storico è sufficiente indicare e rendere oggetto di studio gli eventi indicandoli con il grado di oggettività che gli è accessibile (in altre parole: la casualità non appartiene all’uomo).
Capitolo 5 – L’intersezione semantica come esplosione di senso. L’ispirazione.
Questo capitolo andrà ad approfondire lo studio delle relazioni fra espressioni linguistiche e il mondo cui si riferiscono, in special modo legate all’esplosione che producono quando si rivela un loro senso. I cerchi da noi disegnati sulla carta rappresentano una particolare metafora visiva, e non un esatto modello di questo oggetto. Qualunque spazio di senso può essere rappresentato soltanto metaforicamente come uno spazio bidimensionale dai confini netti e univoci. Con la diffusione su tutto lo spazio di una data lingua, tali intersezioni formano le cosiddette metafore linguistiche. Queste ultime sono fatti della lingua comune della collettività. Il grado estremo è rappresentato, nel dato caso, dalla metafora, innovativa per principio, che è valutata dai portatori del senso tradizionale come arbitraria e offensiva del loro senso della ragione; la metafora scioccante è sempre il risultato di un atto creativo (cioè legato all’arte), cosa che non le impedisce in seguito di trasformarsi in una metafora di uso corrente. Emerge chiaramente che il congiungimento dell’incongiungibile sotto l’influsso di una certa tensione creativa si definisce ispirazione: questa è la disposizione dell’anima alla viva appropriazione delle impressioni, di conseguenza alla rapida comprensione dei concetti, il che rende possibile la loro spiegazione. Rimane comunque un problema: esprimere con la parola ciò che è extra verbale, e con la logica ciò che è per la logica è al di là dei limiti. Infatti a volte, si verifica una cera incompatibilità di principio di sensi perché essi non formano un unico quadro logico. Nel momento in cui avviene l’esplosione imprevedibile, che si trasforma l’incompatibile in adeguato, l’intraducibile in traducibile: è qui che avviene la contraddizione, la descrizione di un’esplosione di senso, si verifica quando c’è il passaggio attraverso il confine dell’imprevedibilità. Detto questo, lo spazio semiotico ci appare come un’intersezione su più livelli, con correlazioni complesse interne, diverso grado di traducibilità e spazi di intraducibilità. Sotto questo strato è situato lo strato della “realtà”. Entrambi questi strati formano insieme la semiotica della cultura. Oltre i limiti della semiotica della cultura (la quale si occupa di studiare l’attività simbolica umana, come creazione di segni e come modo per descrivere in che modo le cose acquisiscono un senso) si estende la realtà, che si trova al di fuori dei confini della lingua. E cosi la realtà esterna sarebbe, conformemente alle rappresentazioni di Kant, trascendentale (cioè stanno al di là dell’esperienza stessa ma allo stesso tempo sono dentro l’esperienza, la rappresentazione cioè diventa attuale solo quando si “incarnano” con i dati sensibili). Così il mondo della semiosi non è fatalmente chiuso in sé: esso forma una struttura complessa che continuamente “gioca” con lo spazio che gli è esterno. Da ciò si possono trarre delle conclusioni: in primo luogo l’astrazione di un linguaggio di comunicazione come base della semiosi è una cattiva astrazione, dato che esso altera in maniera impercettibile l’intera essenza del meccanismo.
Capitolo 6 – Spazio culturale e spazio extraculturale
La peculiarità dell’uomo come essere culturale necessita di una sua contrapposizione al mondo della natura, intesa come spazio extraculturale. Per determinati aspetti del suo essere l’uomo apparatine alla cultura, altri, invece, lo legano al mondo extraculturale. Così il confine è eroso ed è difficile definire ciascun fatto come culturale o extraculturale, tuttavia se astraiamo dal caso singolo e usiamo categorie di classificazione astratta la differenza è percettibile in misura sufficiente. Secondo Tjutcev la natura è dotata di armonia. A essa si contrappone la disarmonia dell’animo umano. L’armonia viene da lui pensata come immutabile o che eternamente si ripete. Mentre l’uomo è inserito in un movimento disarmonico. Tale differenza ci porta a riflettere su una questione fondamentale: il conflitto tra movimento chiuso (cioè regolare, che si ripete) e movimento orientato linearmente. Nel mondo animale ci troviamo di fronte ad un movimento circolare chiuso. In questo senso è indicativa la differenza tra il processo di apprendimento negli animali e negli uomini. Per gli animali i comportamenti sono di tipo ritualizzato: la caccia, la lotta tra i maschi… L’attribuzione del capobranco ed altri momenti significativi prendono forma come un sistema complesso di pose e gesti “corretti” che hanno un significato ben preciso per entrambi gli animali coinvolti. Il dialogo per l’attribuzione della dominanza si conclude spesso con un’ammissione di resa. Per esempio, il corvo, in segno di resa, porge all’altro corvo l’occhio e la lotta termina. Il vincitore di regola non approfitta della possibilità di togliere l’occhio allo sconfitto. Per gli uomini invece non funziona così, difatti questo fatto a dato vita ad un famoso proverbio russo: “Un corvo non caverà un occhio a un altro corvo”. La ripetitività ciclica è una legge dell’esistenza biologica, cui sono sottomessi il mondo animale e l’uomo come parte di esso. Ma l’uomo non è totalmente immerso in questo mondo, ciò si manifesta nelle differenze dell’apprendimento. L’animale apprende un sistema di comportamento rituale e la supremazia si raggiunge con la forza e la rapidità di esecuzione di gesti ben precisi, ma mai con l’invenzione di un gesto nuovo e inaspettato per l’avversario. Ecco, il comportamento dell’animale è rituale, l’uomo, invece, tende all’invenzione di comportamenti nuovi, imprevedibili per l’avversario. Dal punto di vista dell’uomo, l’animale è considerato stupido, dal punto di vista dell’animale l’uomo è ritenuto disonesto (perché non osserva le regole). Questo perché l’uomo costruisce la propria immagine dell’animale come quella di un uomo stupido mentre l’animale, a sua volta, costruisce l’immagine dell’uomo come quella di un animale disonesto. Così in situazioni “normali” gli animali evitano l’uomo, mentre egli, sin dall’inizio, come cacciatore, ha cercato il contatto con loro. Attribuendo al comportamento degli animali la psicologia umana si può dire che esso sia di ripugnanza e questo sentimento è originato dalla tendenza istintiva ad evitare situazioni imprevedibili, questo è un po’ lo stesso che prova l’uomo di fronte ad un folle.
Capitolo 7 – Il mondo dei nomi propri
Non è possibile immaginare che una femmina di un branco di cervi, non condividendo il sentimento comune, rimanga con lo sconfitto. Questo perché il linguaggio degli animali non conosce nomi propri. Questi ultimi appaiono solo negli animali domestici, ma sono pur sempre frutto dell’intelligenza dell’uomo. È probabile che la più acuta manifestazione della natura umana sia l’uso dei nomi propri e l’evidenziazione, legata a tale uso, dell’individualità, dell’originalità della personalità singola come fondamento del suo valore per “l’altro”. L’io e l’altro sono i due lati di un unico atto di autocoscienza e sono impossibili l’uno senza l’altro (“non vi è l’io senza gli altri”). Così come solamente la possibilità della menzogna trasforma la verità in un comportamento cosciente e liberalmente scelto. Il piccolo dell’uomo fa del danno coscientemente, viola dei divieti. Questo accade perché egli ha la possibilità di compiere o di non compiere determinate azioni e spontaneamente esplora i confini delle proprie possibilità. La possibilità di fare male è il primo passo verso la capacità di non farlo consciamente. Un comportamento cosciente non è possibile senza scelta, cioè senza l’elemento dell’individualità. La distinzione tra le parole “proprie” e quelle “altrui” divide il mondo del bambino in proprio e altrui, ponendo le fondamenta di quel confine della coscienza che si conserva come la dominante più importante della cultura. La tendenza del bambino ad ampliare la sfera dei nomi propri è stata ampiamente provata. Tuttavia è attiva anche la tendenza opposta: correndo in un parco da un albero all’altro, un bambino di tre anni eccitato ed entusiasta colpisce betulle, abeti, pioppi ed esclama: “Albero!” Poi con lo stesso grido colpisce un palo dell’elettricità e scoppia a ridere. Di fronte a noi non vi è soltanto la facoltà di generalizzare ma anche la possibilità di giocare con questa facoltà, possibilità che è legata a processi propri solamente alla coscienza umana: la parola è separata dalla cosa. Così l’uomo ha anche la facoltà di comparire nel ruolo dell’altro e quindi di non essere quello che è. Un uomo può essere sé stesso singolarmente o fare parte di un gruppo. La natura stessa del senso è definita dal contesto, per esempio la frase: “Di dove sei saltato fuori, intelligentone?” è letta in chiave di allegoria se si sa che è rivolta ad un asino. Ecco che l’ironia sottintende la conoscenza del destinatario, la beffa è sempre rivolta ad un’unità concreta, un nome proprio. Tale problema è ancora più evidente con l’arte e i testi artistici che complicano i rapporti tra prima e terza persona. L’esistenza dei testi artistici ci è suggerita dall’esperienza psicologica del sogno. Con il sogno le categorie del discorso vengono trasferite nello spazio visivo. Senza questa esperienza sarebbero state impossibili sfere come l’arte e la religione. Il testo viene tradotto e memorizzato in forma visiva, tale facoltà è proprietà esclusiva dell’uomo e permette di supporre che il confine dell’arte non sia poi così lontano dalla sua coscienza.
Capitolo 8 – Lo scemo e il folle
Lotman analizza il binomio scemo folle con due antinomie: scemo vs intelligente e intelligente vs folle. Insieme esse formano una struttura ternaria: scemo-intelligente-folle, dove scemo e folle non sono sinonimi ma i poli estremi. Lo scemo è privo di una pronta reazione all’ambiente che lo circonda ed ha un comportamento prevedibile. Esso viola di continuo le giuste correlazioni tra situazione e azione. In tal senso le sue azioni sono stereotipate, ma egli le adotta a sproposito; egli per esempio: piange ai matrimoni e balla ai funerali. Egli non può escogitare nulla di nuovo. Allo scemo è contrapposto l’intelligente, il cui comportamento è definito normale. Egli pesa ciò che, secondo gli usi, bisogna pesare. Così anche il suo comportamento è prevedibile perché corrisponde alle regole e alle usanze. Il terzo elemento del sistema è il comportamento insensato del folle. Le sue azioni sono imprevedibili e questa attività si rileva molto efficace in situazioni fortemente conflittuali. Propria dell’uomo è la facoltà dell’iniziativa individuale, dell’azione completamente nuova ed imprevedibile. Ulisse si salava e sconfigge il ciclope con un arguto gioco di parole e la furbizia. Ecco che è intelligente chi compie delle azioni inaspettate per i suoi nemici. Nel conflitto con lo stupido gigante capace di agire solamente in maniera stereotipata, il piccolo furbacchione ricorre all’arma dell’inatteso, cerando circostanze in cui il comportamento stereotipato risulta insensato e inefficace. Questa situazione si ripete nello scontro del normale con il pazzo. Lo scemo ha meno libertà del normale, il folle ne ha di più. L’uso della follia come efficace comportamento bellico è noto presso molti popoli e si fonda su una comune base psicologica: la creazione di circostanze nelle quali il nemico perda l’orientamento. Dividendo il mondo che ci circonda in normale e folle, Lev Tolstoj vedeva l’esempio più lampante di quest’ultimo nel teatro. Nello spazio teatrale è come se gli attori non vedessero gli spettatori nella sala ed imitano artificiosamente la somiglianza con la vita abituale; tutto ciò per Tolstoj era una visibile incarnazione della pazzia. Nerone visse passando dal ruolo dell’imperatore al ruolo dell’attore e viceversa e ciò diviene per lui la norma. Questo doppio ruolo si rivela nel fatto che nei concorsi teatrali si autoproclamava vincitore. E la sua costante mistione tra del teatro con la realtà fu alla base del celebre episodio dell’incendio di Roma. In quell’occasione egli assistette all’incendio dalla torre di Mecenate e, lieto della bellezza delle fiamme, cantò in abito scenico la presa di Troia. L’atto stravagante è quindi passato dal domino dell’esplosione alla sfera dell’abitudine. […] Discute della differenza tra onore e gloria…non ci ho capito una sega. L’uomo delle epoche arcaiche è propenso a schiacciare dal mondo la casualità. Quest’ultima gli si presenta come il risultato di un qualche ordine, a lui sconosciuto. Da qui deriva la diffusa pratica della divinazione, nel corso della quale ciò che è casuale può essere predetto. In questo senso è interessante un episodio dell’Iliade nel quale Ulisse e Aiace gareggiano. Aiace casualmente scivola su del fimo (letame) bovino e cade su di esso col volto. Questo dà a Ulisse la possibilità di superare il rivale e ottenere il primo premio. L’episodio può essere una classica illustrazione dell’intromissione della casualità imprevedibile nel corso degli eventi. Tuttavia il poeta dà anche una spiegazione parallela, dove è la dea Atena ad aver aiutato Ulisse a vincere, facendo cadere Aiace. Nel mondo irrompono eventi, le cui conseguenze sono imprevedibili. Questi eventi danno impulso a un’ampia serie di processi successivi. Il momento dell’esplosione è come se fosse disinserito dal tempo e da esso parte una nuova tappa del movimento graduale. Tuttavia l’esplosione genera tutta una catena di altri eventi. Prima di tutto, suo risultato è la comparsa di un complesso di conseguenze ugualmente verosimili. Soltanto una di esse è destinata a realizzarsi. La scelta di quell’una può essere definita come casuale o come risultato dell’intromissione di altre leggi esterne al sistema. In tal modo la realizzazione di questa potenzialità può essere caratterizzata come non realizzazione di tutto un complesso di altre. Il cammino sia dell’uomo singolo che dell’umanità è cosparso di possibilità irrealizzate, di strade perdute. I processi graduali sono relativamente prevedibili. Carattere diverso hanno i processi che sorgono come risultato di esplosioni. Qui ciascuno degli eventi realizzatisi è circondato da una nube di eventi non realizzati. Le vie che essi avrebbero potuto iniziare risultano perdute per sempre. Il movimento si realizza quindi non solo come nuovo evento ma anche come nuova direzione. Si prestano bene per capire questo tipo di dinamica gli eventi storici, nei quali un avvenimento casuale apre il varco all’inizio di una nuova e imprevedibile regolarità. Un’opera d’arte geniale non sarebbe stata compensata da nulla, se il suo autore fosse morto durante l’infanzia per una casuale catastrofe. Ogni grande evento non soltanto apre nuove strade, ma recide interi faci di potenzialità del futuro. Ciò deve essere un tema di grande importanza e di riflessione per lo storico. Movimenti storici diversi, ma tipologicamente simili come, per esempio, il movimento romantico nei vari paesi europei, o le diverse forme di rivoluzioni antifeudali possono nel momento dell’esplosione scegliere varie strade. Confrontarli tra loro è come dimostrare cosa sarebbe successo, in questo o quel paese, se i risultati dell’esplosione in esso fossero stati diversi. Nello studio comparato delle culture introduce un aspetto completamente nuovo: quello che è perduto in uno spazio storico-nazionale può essere realizzato in un altro. Una visione del genere permette di studiare non solo ciò che è accaduto ma anche ciò che sarebbe potuto accadere. I periodi delle scoperte scientifiche e quelli delle invenzioni tecniche si possono analizzare come due fasi dell’attività intellettuale. Le scoperte hanno il carattere di esplosioni intellettuali, esse non possono essere decifrate dal passato e non è possibile prevedere le loro conseguenze. Ma nello stesso momento in cui ha esaurito la sua energia interna, essa viene sostituita dalla catena di cause ed effetti: giunge, così, il tempo della tecnica. Lo sviluppo logico sceglie dall’esplosione quelle idee per le quali è già arrivato il momento, coglie ciò che può essere utilizzato. Il rimanente per un certo tempo viene abbandonato all’oblio (varie possibili scoperte a cui ha aperto la via la relatività di Einstein). In tal modo si può scorgere l’alternarsi di periodi di prevedibilità e imprevedibilità. Tuttavia tale modello possiede un alto grado di convenzionalità, perché una catena coerente di esplosioni e sviluppi graduali non esiste mai isolatamente nella realtà. Essa è circondata da processi a lei sincroni che possono influenzare il regolare alternarsi di questi due momenti. Tuttavia questa alternanza compare in modo abbastanza chiaro nei processi storici e sociali. Nella storia passiamo dal culto dalla figura dell’eroe fino a quella del milite ignoto, c’è quindi un’esplosione che fa quindi scomparire l’individualità.
Capitolo 9 – Il testo nel testo
La storia della cultura di qualunque popolo può essere analizzata da due punti di vista: da una parte come sviluppo immanente, dall’altra come risultato di influenze esterne. Entrambi questi processi sono strettamente intrecciati, perché qualunque analisi isolata inevitabilmente conduce alla formazione di un quadro alternato. Tuttavia la complessità non sta in ciò ma sta nel fatto che qualunque intersezione di sistemi aumenta bruscamente l’imprevedibilità del movimento successivo. Con la collisione a volte prevale un sistema sull’altro, altre invece si genera un terzo sistema. Così, per esempio, a partire dal regno di Elizaveta Petrovna la cultura nobiliare russa subisce un processo di “francesizzazione”. L’intrusione della lingua francese in quella russa e la loro fusione in una specie di lingua unica crea una “lingua delle dame” e così si iniziano a scrivere lettere mezzo- francesi e mezzo-russe. Ma la lingua francese svolgeva, nella società russa colta dell’epoca puskiniana, il ruolo di lingua del pensiero scientifico e filosofico. Alcuni si dissero sostenitori di tale nuova lingua e altri furono oppositori. I sostenitori rilevavano la caratteristica positiva di inserire un “frammento” di testo in una nuova lingua, che gioca il ruolo di generatore di nuovi sensi. Siamo davanti al cosiddetto “testo nel testo” che è una costruzione retorica specifica, tramite la quale la differente codificazione delle varie parti del testo diviene un fattore evidenziato della costruzione del testo da parte dell’autore e della sua percezione da parte del lettore. Praticamente un frammento di testo, strappato dai suoi legami di senso, viene introdotto in maniera meccanica in un altro spazio di senso. Il gioco basato sulla contrapposizione “reale vs convenzionale” è proprio di qualunque situazione in cui si ha un “testo nel testo”. Il caso più semplice è rappresentato dall’inserimento nel testo di una parte codificata attraverso lo stesso codice impiegato per tutto il rimanente spazio dell’opera, ma che risulta raddoppiato. È il caso del quadro nel quadro, del teatro nel teatro, del film nel film, del romanzo nel romanzo. Tutto questo fa si che lo spazio di base del testo venga percepito come “reale”. È il caso dell’Amleto di Shakespeare che di fronte al pubblico dà agli attori indicazioni su come devono recitare. La cultura nel suo insieme si può considerare come un testo che si scinde in una gerarchia di “testi nei testi” e che forma un complesso intreccio di testi. In essa c’è l’intrusione di multiformi elementi casuali provenienti da altri testi. Essi entrano in un gioco imprevedibile con le strutture di base e aumentano bruscamente le possibilità di successivi imprevedibili sviluppi. Se il sistema si sviluppasse senza imprevedibili intrusioni esterne, allora si svilupperebbe secondo leggi cicliche. Lotman conclude il capitolo con la frase: “l’imprevedibilità dell’arte è allo stesso tempo conseguenza e causa dell’imprevedibilità della vita”.
Capitolo 10 – L’immagine capovolta
Nello sazio che si estende al di là della norma ci troviamo di fronte a tutta una gamma di possibilità: dalla mostruosità alla sovra-norma della pienezza delle qualità positive. Uno dei procedimenti più elementari per uscire oltre i limiti della prevedibilità è quel tropo, nel quale due oggetti contrapposti si scambiano i contrassegni dominanti. Questo procedimento è ampiamente adottato dalla vasta letteratura barocca del “mondo capovolto” dove, in molteplici testi, la pecora divorava l’agnello, il cavallo cavalcava l’uomo e il cieco conduceva il viandante. Questi intrecci capovolti erano usati, di regola, nei testi satirici; tuttavia l’inversione degli elementi indigna in maniera particolare un pubblico stereotipato. Il mondo capovolto si costruisce sulla dinamica del non dinamico. Una realizzazione di questo processo è rappresentata dalla moda, che introduce il principio di dinamico in sfere del quotidiano in apparenza immobili. Nelle società nelle quali le fogge del vestiario sono rigidamente sottoposte alla tradizione o sono dettate dall’avvicendarsi delle stagioni, e in ogni caso non dipendono dall’arbitrio della volontà umana, vi possono essere vestiti cari o a buon mercato, ma non esiste la moda. Per di più, in tali società, più grande è il valore di un abito più lo si conserva, e viceversa, più lungo è il tempo per cui è stato conservato e più è considerato grande il suo valore. Di questo tipo è, per esempio, l’atteggiamento verso gli abiti rituali dei capi di stato e delle gerarchie ecclesiastiche. Nello spazio culturale dell’abbigliamento si svolge una costante lotta fra la tendenza alla stabilità, all’immobilità e l’orientamento opposto verso la novità, la stravaganza: tutto ciò che entra nella rappresentazione della moda. In tal modo la moda diviene quasi la visibile incarnazione della novità immotivata. Ciò permette di interpretarla sia come dominio di capricci mostruosi, sia come sfera di creatività innovativa. Il parlante del linguaggio della moda è un creatore di informazione nuova, inaspettata per il pubblico e a esso incomprensibile. Il pubblico non deve capire la moda e ne deve essere indignato; in ciò consiste il trionfo della moda. Se il pubblico non è scioccato, la moda perde il suo senso; essa ha paura di passare inosservata e di conseguenza “si nutre” non di sicurezza di sé, ma del dubbio sul suo stesso valore. […] Parla di varie cose legate alla donna ma per me non sono rilevanti…