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Associazione Mnemosine

Saggio Breve

I codici di Basil Bernstein

Modulo Sociolinguistica
Modulo4:

Dott.ssa
Maria Elena Barbera
Premessa
Il linguaggio è certamente il sistema di comunicazione più importante e potente, l’attributo
più propriamente umano e generalmente identificato come unico dell’uomo. Per linguaggio si
intende un codice particolarmente sofisticato che riguarda l’oralità, la scrittura e tutta una
serie di sfere di natura cognitiva e neuropsicologica che connotano l’uomo come essere
comunicante per eccellenza. L’aspetto essenziale è quello di essere un sistema di
comunicazione inserito in una situazione sociale, quindi non solo processo cognitivo, ma
anche comportamento simbolico, attività principalmente e naturalmente sociale. Il linguaggio
è uno strumento oggettivo e legittimo della realtà esistente. Tale definizione non solo esprime
il linguaggio come sistema articolato, raffigurazione mentale, mezzo tra i più efficaci che
l’uomo possiede, ma accentua l’importanza del codice linguistico inserito in un contesto
socialmente connotato e quindi ancora una volta dunque dobbiamo far riferimento alla cultura
o, meglio, alla pluralità di culture sparpagliate nel mondo, che rappresentano un tessuto
concreto e astratto al tempo stesso, costituito in modo convenzionale e non universale,
necessario all'uomo stesso in veste di guida, al fine di disporre idee, azioni, istituire etiche e
regole di condotta, regolare il funzionamento della società e disporre l’operato dei suoi
membri. Il linguaggio rende l’uomo padrone degli strumenti più influenti di adulterazione,
speculazione, controllo e invenzione della realtà. L’uomo, in definitiva, si è forgiato
attraverso il linguaggio, si è classificato e denominato, ufficializzando uno sviluppo, una
socialità, un'anatomia, un pensiero. Ha definito un nome alle crisi, ne ha dimostrato le
motivazioni, cause, possibili soluzioni, classificando comportamenti, stilando leggi, ha
cercato riparo dai supplizi che lo angosciavano. Il linguaggio è inscritto fra i domini espliciti,
formali, della cultura, che si rappresenta attraverso il linguaggio lungo grovigli di
grammatica, sintassi, semantica, non meno che attraverso il corpo e la non verbalità.
Tra le diverse discipline attraverso cui il linguaggio viene studiato, la sociolinguistica è quella
che si occupa della correlazione fra linguaggio e ambiente. L’ambiente nel quale viviamo,
teatro delle nostre interazioni e attività, è un ambiente etichettato e denominato.
Indubbiamente il linguaggio riproduce uno strumento per governare la realtà, comunicarla e
quindi regalarle una sopravvivenza duratura. All’interno di una comunicazione condotta in
una posizione di compresenza fisica, possiamo fornire al nostro interlocutore un'esposizione
minuziosa di oggetti al momento non presenti, narrare fenomeni e situazioni passati, avvertire
su stati d’animo non subito percepibili. L’astrazione è quindi una condizione vincolante che
rende la comunicazione umana molto diversa da quella instaurata fra gli animali.
Il linguaggio non è però solamente un modo per rappresentare la realtà, piuttosto un sistema
codificato per formarla e quindi, in ultima analisi, realizzarla. È difficile una definizione
univoca per comprendere la complessa relazione realtà/linguaggio e nel connotare questo
ultimo come artefice o descrittore della prima. In entrambi i casi, nondimeno, la portata
culturale è elemento interno. Ne vanno considerati condizionamenti e influssi, e a sostegno di
una presunta generalità del linguaggio, di una di cross-culturalità su base linguistica, si
devono analizzare alcuni elementi: per prima cosa tutti i popoli possiedono un sistema
linguistico articolato e sviluppato, ma altresì che un linguaggio acquisisce in realtà fisionomia
anche grazie ai rapporti che gli interlocutori instaurano tra di loro (rapporto sociale), e inoltre
dall’ organizzazione del luogo entro cui si muovono (rapporto ambientale). Tutto ciò fa
conseguire che i linguaggi siano diversi proprio in virtù dei diversi contesti in cui sono usati e
alla disomogeneità di ruoli in cui le relazioni si trovano inserite.
Le dinamiche culturali e sociali presentano particolari e provate influenze sul linguaggio, il
collegamento fra l’entità socio-culturale e il linguaggio viene ricavato a partire da una visione
più levigata. Si valuta il linguaggio un mezzo versatile dal momento che è in grado di
determinare un sistema di comunicatività appropriata riguardo il contorno in cui si trova ad
agire, un “hic et nuc” che rende però indispensabile l'utilizzo di specifici codici e canali
condivisi, in questo caso ci si rapporta al codice linguistico. Il codice è un elemento
indispensabile e viene espresso come repertorio o un insieme di segni e principi
interrelazionati a cui un soggetto può attingere per la sua funzione comunicativa. Tutti i
codici linguistici hanno comunque un carattere soggettivo e consistono in strutture
prestabilite utilizzate, in una determinata società e cultura, per concepire concetti che si
connettono a oggetti, idee, entità ed eventi; l’uso del codice è socialmente e storicamente
determinato. Questa esplicitazione enfatizza la varietà e la gamma dei verosimili codici che
sono arbitrariamente accettati in modo condiviso dalle comunità. Di conseguenza possiamo
affermare che ogni gruppo sociale dispone e riconosce definiti codici, molto spesso estranei
ad altre società. Una simile varietà può essere definita a partire da diverse situazioni ed
elementi. Livello di istruzione, classe sociale, provenienza geografica, proprietà culturali
rappresentazioni simboliche contribuiscono a favorire un quadro dove il linguaggio si
modella adattandosi al contesto, individuando in quest’ultimo particolari indicatori di
convenienza e opportunità sia comportamentale che comunicativa.
Basil Bernstein e i suoi codici.
L’interesse del contesto è inoltre avvalorato valutando alcuni principi, come la modalità
relazionale, formale o informale, o la localizzazione spazio-temporali entro cui si svolge
l’interazione: dove e quando, che sappiamo richiede un adeguato approccio. Allo stesso modo
risulta importante il mezzo o il canale attraverso cui la comunicazione è svolta, analizzata
differentemente a seconda che questa avvenga entro la cornice di una comunicazione “vis-à-
vis” o decorra da una comunicazione interfacciata, mediata, tramite SMS, posta elettronica, o
altro. Proprio utilizzando il contesto di partenza un elemento base nel individuare le
competenze linguistiche che un soggetto acquisisce durante l’apprendimento scolastico, alla
fine degli anni ’50, il sociologo dell’educazione Basil Bernstein, elaborò un modello con lo
scopo di delineare la dinamica fra istruzione e risultati cognitivi. Le sue ricerche portarono ad
un certo tipo di risoluzione in ordine ai diversi esiti conseguiti nel settore scolare e educativo:
le disuguaglianze di competenza erano dovute ad un maggiore o minore possesso linguistico
e lessicale, che andava ricercato nel contesto familiare, responsabile di originare due codici
distinti, “ristretto” e “elaborato”, non quindi al livello intellettivo o a innate capacità di
manipolazione e astrazione di idee complesse. Bernstein denominava “codice ristretto” il
linguaggio usato in contesti svantaggiati o marginali, effetto di una cultura spesso
insufficiente di argomentazioni astratte o stimoli, proiettata ad una visione tangibile della
realtà. Il codice ristretto veniva descritto come diretto, conciso, adatto a diffondere una
cultura domestica “standardizzata”, densa di qualità comuni, in cui l’espressione continua, il
chiarimento concettuale e la verbalizzazione sono avvertiti come secondari. In questo quadro,
il lessico rimane circoscritto, conciso, la sintassi risulta ridondante e semplice. Considerabile
come un registro affine per concretezza all’oralità, che si caratterizza per una serie di "saper
fare" interiorizzati attraverso l’analisi diretta e la riproduzione manuale: pressoché un “lessico
corporale”: perché facente uso dell’ostensione visiva fisica e della gestualità dell’oggetto di
insegnamento. In questa tendenza cognitiva, i significati posseduti fanno sì che, in genere,
l’oggetto di cui si parla sia già ben compreso e raffiguri un riferimento tangibile, emblema
della coesione comunitaria che rende la circolazione dei significati presumibile, ridondante e
ripetitiva, con lo scopo di aumentare le proprietà di riconoscibilità dell’oggetto o del soggetto
in analisi e minimizzare i rischi che l’astrazione implica: l’uscita dai modelli condivisi di
conoscenza. Le caratteristiche semplificanti della lingua rendono più chiaro il riconoscimento
dell’oggetto, ostacolando al cosiddetto “alone semantico” di creare attorno ad un nome
diversi significati o differenti immagini anche opposte tra loro e potenzialmente capace di
depistare coloro che parlano da un’unica e nitida rappresentazione. Sebbene l’esposizione che
se ne è fatta, riguarda comunque un codice complesso, considerando che necessita di un
lungo iter di esperienza e conoscenza tale da poter essere inteso dai parlanti, persone unite da
un forte senso di appartenenza relazionale e familiare che attingono tutti ad uno stesso
registro simbolico, implicito, denso, la cui origine è legata al senso comune, al “non detto” e
a modi di dire e proverbi, la cui spendibilità si concretizza continuamente dentro una cornice
semantica abbondantemente collaudata e conosciuta. Un modo evidente per capire la
specificità culturale del codice ristretto è l'espressione utilizzata dallo stesso Bernstein: “dice
molto con poco".
Mentre sul versante del “codice elaborato”, troviamo caratteristiche perlopiù contrarie:
lessico diverso ed esteso, capace di declinare un termine in tutte le sue varie accezioni,
sintassi elaborata. I concetti sono estremamente minuziosi, indice di un linguaggio che tende
a ricorrere a codici, sottocodici o perfino “microcodici”, termini e linguaggi iper specifici in
grado di apportare informazioni dettagliate anche grazie alla varietà dei contesti cognitivi
processati. Il contorno è molto formalizzato con attenzione nei confronti della parola scritta
più che orale, quindi strutturato, esplicito, ricco di elementi e spunti. Essendo profondamente
ricco di collegamenti, rimandi e di complessità, lo sviluppo logico e discorsivo è difficile da
prefigurare, avendo per un identico tema una rosa di definizioni diverse in relazione alle
diverse sfumature semantiche e lessicali: uno stesso testo è quindi suscettibile di concepirne
altri di articolazione variabile. A livello puramente relazionale e sociale, questo codice si
riscontra in comunità circoscritte che concorrono a formare circuiti piuttosto ermetici e
chiusi, dove il codice circola con riferimenti chiari e lampanti. Il codice elaborato, al
contrario, sarebbe invece favorevole a veicolare rapporti più dinamici, fluidi, malleabili
all’interno dei quali i gruppi di appartenenza attorno al singolo non coincidono e nemmeno
sottolineano confini netti, poiché inserite in una dinamica sociale piuttosto elastica.
I rapporti relazionali si creano e disfano creando biografie meno stabili quindi più aperte, che
si arricchiscono aumentando di volta in volta il numero dei soggetti coinvolti e finendo con
allargare e rendere più articolate le modalità di comunicazione.
Bernstein considera il codice elaborato come promovente di un tipo di personalità basata
sull’individualismo con una elaborazione emotiva calibrata dalla ricchezza linguistica di cui
l'individuo dispone. L’impulsività verrebbe scoraggiata, in quanto costantemente mediata
dalle caratteristiche di un linguaggio in grado di descrivere perfino le tonalità maggiormente
sfumate del proprio vissuto interiore. Mentre invece il codice ristretto è ricavato da uno
schema comportamentale che enfatizza nessuna o poca conciliazione nei rapporti
intrafamiliari e interpersonali. Le relazioni, particolarmente quelle affettive o intime, non
sono collegate dal linguaggio, anche se non conseguentemente vi è “spontaneità”. Se
analizziamo il punto di vista cognitivo, le deduzioni logiche non vengono sostenute, invece si
ha una contestualizzazione assai diretta, una sorta di negligenza per i nessi di causalità
articolati e meno istantanei, per favorire una schiettezza comunicativa che trova i suoi
principi nel codice del già conosciuto e dell’implicito. Bernstein, risolvendo ogni possibilità
di fraintendimento, asserisce che nessuno dei due codici è a priori migliore, preferibile o
efficace: essi unicamente si riferisco ai contesti sociali, comunicativi e di apprendimento con
regole diverse, e di conseguenza fanno uso di competenze ugualmente differenti, favorendo
relazioni che sortiscono la loro efficacia a partire dal contesto culturale entro cui l’individuo è
stato socializzato, entro cui egli ha appreso ad apprendere un determinato tipo di standard
comunicativo. Le difficoltà in ambito scolastico fronteggiate da uno studente con codice
ristretto non riguardano tanto le presunte mancanze insite nel codice da lui utilizzato, ma dal
fatto che l’ambiente scolastico si poggia sulle prerogative del codice elaborato. Non si tratta
unicamente di una carenza linguistica, ma il senso di incertezza coinvolge in modo uniforme
il mondo immaginativo, percettivo, relazionale fondato dal codice ristretto. I due codici non
soltanto diffondono un linguaggio adatto o meno adatto ad esprimere dei contenuti, ma
propongono un mondo, dei valori, istituendo di fatto la sistemazione dell’individuo, i suoi
limiti, il suo ruolo, nell’ampio circuito della socialità. Bernstein mette anche in collegamento
una situazione di difficoltà per quanto riguarda l’apprendimento scolastico ad un contesto di
classe sociale, un substrato di provenienza familiare, culturale e relazionale fatto proprio
molto prematuramente nell’individuo. Mentre un soggetto che fa parte della classe medio/alta
e media riesce a padroneggiare entrambi i codici, un soggetto educato entro un contesto
culturale che favorisce coesione comunitaria e usa i codici essa attinenti si ritrova
svantaggiato, privo di uno schema cognitivo che il sistema scolare esige e prevede. Quindi
per Bernstein una buona riuscita scolastica e l’apprendimento non vanno considerati in
relazione a criteri come attitudine, applicazione, intelligenza, ma piuttosto sono dovuti ad una
discriminazione apparentemente involontaria perpetrata proprio a partire dal codice che la
scuola preferisce di diritto, un codice che non possono acquisire tutti, a causa di divergenze
culturali e familiari. Il problema dell’apprendimento entro il sistema educativo
istituzionalizzato consiste in una manchevolezza nel riconoscimento dei diversi ambiti
familiari e culturali e in una mancata rivalutazione delle caratteristiche di questi ultimi.
Bernstein ebbe fortuna proprio perché rilevò nel sistema scolastico una rilevante lacuna
strutturale nell’interagire con il contesto valoriale e cognitivo dell’alunno, deponendo le
accuse di uno scarso impegno negli studi o, cosa peggiore, di una insufficiente vocazione o
attitudine intellettiva di una parte di essi. Egli esaminò le differenze sociali e culturali
presenti nella società, evidenziandone gli aspetti problematici amplificati dal sistema
scolastico, proponendo che l’unico schema emanato fosse inadeguato, persino orientato a
proporre nessi socialmente dannosi, in grado non di equilibrare le differenze, piuttosto di
interiorizzarle e riprodurle ripetutamente. Un effetto gravissimo se si considera che il sistema
dell’istruzione dovrebbe valutare le potenzialità insite in ognuno, e fare in modo da
valorizzarle sostenendole. L’analisi di Bernstein ha messo in luce gli effetti di un processo di
riproduzione culturale di proporzioni mastodontiche, causa di rilevanti conseguenze, poiché
avrebbero raggiunto migliori risultati solo coloro che venivano da un sostrato in armonia e in
linea e con il codice utilizzato dalla scuola, proprio perché frutto di un contesto educativo e
familiare più fortunato, che avrebbe implementato le loro potenzialità, integrandosi nel
sostrato relazionale e lavorativo richiesto dalla società, elaborando una opportuna immagine
di sé e del mondo e ricavando suggerimenti utili per agire opportunamente nel futuro. Gli altri
avrebbero assistito ad una sistematica svalutazione delle competenze, il loro percorso
formativo ne sarebbe uscito compromesso, con l’impossibilità di avanzare verso le sfere più
alte dell’istruzione, creando un circuito irriducibile e cronico, un circolo vizioso di
estromissione di intere generazioni dal fruire e godere dei vantaggi cognitivi, occupazionali,
ma in definitiva anche psicologici e sociali, che l’istituzione dovrebbe garantire.

Conclusione.
Bernstein evidenziò la complicità del sistema scolastico nel generare delle differenze
nell’accesso all’istruzione e nella distribuzione della conoscenza.
Tra gli anni ’60 e ’70 questa considerazione sortì un discreto effetto, dando coscienza del
fatto che il sistema scolastico aveva cristallizzato e in qualche misura marchiato in fasce
sociali la divulgazione della conoscenza, impedendo ai meno privilegiati una possibilità di
elevarsi. Il tutto a discapito della celebre e sostenuta filosofia del “uomo fatto da sé”.
Ora sembra indiscusso che la trasmissione della conoscenza delle istituzioni di formazione e
delle competenze siano completamente cambiate e intervengano in un contesto diverso da
allora. Infatti all’interno dello stesso sistema scolastico, la società si autodefinisce seguendo
un sistema “policentrico” e “formativo allargato" grazie a una varietà di fonti educative. La
semplice trasmissione di conoscenza è stata abbandonata per un modello che privilegia un
approccio multidisciplinare e interattivo destinato a formare un processo di studio e di
sviluppo delle informazioni che abbraccia molti ambiti sociali e si estende lungo un arco
temporale che ricopre tutte le fasi di maturazione di un individuo. Se la situazione è mutata,
sono al tempo stesso mutate, rendendosi più complesse ed onerose, anche le esigenze di un
tessuto sociale intento a affrontare disagi in crescente aumento, la cui guida richiederebbe la
cognizione che: comunicazione, realtà sociale e ambiente rappresentano elementi in continuo
dialogo reciproco. Anche lo sforzo diretto a cimentarsi con tentativi di soluzione originali e
inevitabilmente rischiosi appare debole, confermando che il sostrato istituzionale non è in
grado o non può prendersi il rischio di uscire da circuiti collaudati e formalizzati, mantenendo
e avvolte radicando i fattori di criticità insiti nelle diverse sedi di socializzazione.

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