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Il presente lavoro costituisce un supporto per la didattica universitaria dellAteneo di
Pisa. La Sua riproduzione quindi riservata ai Corsisti e alle persone autorizzate
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riproduzione per scopi diversi dalla consultazione per motivi di studio e/o di ricerca,
dinteresse scientifico e/o culturale, comunque non autorizzato al di fuori del Corso
di Laurea e dellAteneo di Pisa, da considerarsi perci illegittima. E ovviamente
possibile la citazione di parti dello strumento didattico nelle forme riconosciute
indicandolo lo stesso quale fonte sitografica.
Presentazione
Fulvio Corrieri, psicologo iscritto allOPT (Ordine degli Psicologi della Toscana,
posizione 1154) con studio clinico libero professionale ove svolge attivit
psicodiagnostica e di sostegno, da anni collabora alle attivit di ricerca psicologica
dellAteneo di Pisa e del CAFRE, sotto la direzione di Piero Paolicchi ed Elena
Calamari. Docente a contratto presso la SSIS per linsegnamento di Psicologia e per
Psicologia e Mediazione (corso base) presso il Corso di Laurea in Scienze per la
Pace. Fa parte del CISP dellAteneo di Pisa. Fa parte della Commissione di
Psicologia e Scuola (OPT). E membro del CUG presso lUSR della Toscana. Ha
realizzato numerosi interventi in campo formativo ed educativo.
E-mail: fulviocorrieri@alice.it. - corrieri.fulvio@gmail.com
Cellulare: 360-903883; oppure: 0586-889470.
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Programma
Definizione di comunicazione
I modelli della comunicazione
Le funzioni della comunicazione
La pragmatica della comunicazione umana
CV e CNV
Stili di comunicazione: passivo, aggressivo e assertivo
Comunicazione e gruppo
Il gruppo sociale e il gruppo di lavoro
Le reti comunicative nei gruppi
Comunicazione e leadership
Comunicazione, stereotipi e pregiudizi
Comunicazione e conflitto
La gestione costruttiva delle emozioni e dei conflitti nelle relazioni interpersonali
Life-skills e comunicazione efficace
Empowerment, self-empowerment e comunicazione
Cos comunicare?
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capacit di modificare lo stato delle cose preesistente fra di loro. Queste distinzioni ci
consentono di rilevare che la comunicazione, a differenza dellinformazione, implica
lintenzionalit comunicativa: infatti, A vuole comunicare qualcosa a B, e vuole che
il suo atto comunicativo sia riconosciuto in quanto tale da B. Inoltre ogni
comunicazione implica uninterazione, ma non tutte le interazioni sono
comunicazioni. Fatte queste distinzioni, si pu affermare che la comunicazione (in
quanto atto comunicativo) pu essere definita come uno scambio interattivo
osservabile fra due o pi partecipanti, dotato dintenzionalit reciproca e di un
certo livello di consapevolezza, in grado di far condividere un determinato
significato sulla base di sistemi simbolici e convenzionali di significazione e di
segnalazione secondo la cultura di riferimento (Anolli, 2006, p. 37). La cultura
costituisce perci un elemento essenziale per la definizione della comunicazione.
Essa lambiente invisibile nel quale viviamo senza rendercene conto, un po come il
pesce che vive nellacqua e che non pu fare a meno di essa. La cultura dentro e
fuori le nostre menti, essa ovunque. La stessa comunicazione peraltro, come la
cultura, esterna ed interna a noi: infatti, essa trae origine da un lato, dal progetto
interno e dallintenzione comunicativa di un soggetto e, dallaltro, dalla
manifestazione pubblica di tale intenzione in modo ostensivo ** (verbale e non
verbale) ad altre persone (Anolli, 2006, p. 76). Il rapporto tra cultura, gruppi sociali
ed individui dialettico: la cultura plasma gruppi sociali e persone e questi
trasformano la cultura. La comunicazione fa parte integrante di questi processi di
interdipendenza dai quali si originano anche nuove forme di comunicazione, come
dimostra lo sviluppo recente dei nuovi media.
* con il termine cibernetica sintende quel ramo della scienza pura ed applicata, che
si prefigge lo studio e la realizzazione di dispositivi e di macchine capaci di simulare
le funzioni del cervello umano, autoregolandosi per mezzo di segnali di comando e di
controllo in circuiti elettrici ed elettronici o in sistemi meccanici (De Voto, Oli,
2011). Fu introdotto dal matematico americano N. Weiner (1947), derivandolo
dallespressione greca larte del pilota.
Modelli di comunicazione
Una delle prime formalizzazioni teoriche apparse in tempi moderni dei modelli
di comunicazione il classico modello di Shannon e Weaver (1949), in cui si
definisce la comunicazione come il trasferimento di informazioni da un emittente a
un ricevente a mezzo di messaggi.
Lo schema teorico semplice e lineare: esso prevede un emittente che, dopo
averlo codificato, trasmette un messaggio attraverso un canale a capacit limitata ad
un ricevente, che lo decodifica. Il processo avviene nellambito di un contesto che
consente di definire la natura e il tipo di comunicazione che si realizza tra i due poli
dellinterazione.
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Il primo assioma
Il secondo assioma
Il terzo assioma
Il terzo assioma, che si richiama agli studi del matematico Bernard Bolzano
sul concetto di infinito, afferma che la natura di una relazione dipende dalla
punteggiatura dalle sequenze di comunicazione tra i partecipanti (ibidem, p.51).
Lalternanza continua fra messaggio e feedback rende la comunicazione umana
un processo continuo per cui un osservatore esterno potrebbe considerare una serie di
comunicazioni come una sequenza ininterrotta di scambi.
Poniamo la situazione di un capo e del suo collaboratore in cui il primo si
comporta in maniera sempre pi autoritaria e il secondo non perde occasione di
manifestare atteggiamenti sempre pi polemici. Se si chiede spiegazioni di questa
situazione ai due protagonisti presi separatamente, essi si pronunceranno in maniera
simmetrica: il capo giustificher il proprio autoritarismo a causa degli atteggiamenti
polemici del suo collaboratore, mentre questultimo sosterr di difendersi dal
comportamento del proprio capo contestandolo apertamente. La lettura non si
differenzia per i contenuti, ma per il diverso ordine in cui li pongono, o come sostiene
il terzo assioma, per il diverso modo di punteggiare la comunicazione, per cui ognuno
interpreta il proprio comportamento come una risposta a quello dellaltro.
Partendo da posizioni diverse, i due punteggiano diversamente lo stesso
scambio con la pretesa di entrambi di imporre la propria punteggiatura su quella
dellaltro.
Lerrore non nasce dal fatto che una delle due prospettive sia meno corretta
dellaltra, ma da unimprescindibile esigenza umana, quella di voler attribuire una
linearit, un inizio e una fine, ad un fenomeno che invece si configura come circolare,
al fine di renderlo pi compatibile con i nostri schemi mentali per lo pi improntati
alla causalit lineare.
La possibilit di interpretare il processo comunicativo in tanti modi, fa s che
persone mosse da emozioni, aspettative, desideri diversi, segmentano diversamente la
comunicazione fra di loro. Per risolvere i casi di malintesi o di conflitti che si
generano per il diverso modo di punteggiare linterazione, necessario spostare il
piano del confronto: il capo e il collaboratore possono uscire dallempasse soltanto a
patto di comunicare sulla loro comunicazione, cio di metacomunicare. Si tratta cio,
di parlare del loro modo di rapportarsi luno allaltro, di come comunicano.
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E necessario passare dal piano dei contenuti a quello delle relazioni, cio dagli
argomenti della comunicazione alla sua modalit: il loro problema, infatti, non sulle
informazioni, ma sul modo, rispettivamente autoritario e polemico, di trattarle.
Finch il capo contesta il contenuto delle polemiche del proprio collaboratore,
per esempio la sua convinzione di essere sempre sfavorito nei turni, nulla cambier;
parlando della loro comunicazione, cio dei loro diversi punti di vista, del loro
trattarsi reciprocamente in maniera polemica e autoritaria, che riescono a confrontarsi
sul problema.
Questo passaggio al piano della relazione (che la metacomunicazione),
rappresenta lunico strumento per risolvere gli inconvenienti che derivano dalla
circolarit della comunicazione.
Il quarto assioma
Nel quarto assioma si afferma che gli esseri umani comunicano sia con il
modulo numerico che con quello analogico. Il linguaggio numerico ha una sintassi
logica assai complessa e di estrema efficacia ma manca di una semantica adeguata
nel settore della relazione, mentre il linguaggio analogico ha la semantica ma non
ha nessuna sintassi adeguata per definire in un modo che non sia ambiguo la
natura delle relazioni (ibidem, p.57). Gli esseri umani quindi comunicano sia con il
linguaggio numerico (verbale) sia con quello analogico (non verbale). Il fatto che la
specie umana, grazie alle sue caratteristiche biologiche, ha saputo sviluppare un
linguaggio inteso come sistema di segni e simboli altamente complessi, non vuol
perci dire che gli esseri umani utilizzino solo il linguaggio verbale per comunicare.
Quando noi comunichiamo utilizziamo due modi principali: la parola e tutte le
modalit che rientrano nellarea della comunicazione non verbale (gesti, posizione
del corpo, espressioni del viso, inflessioni della voce, la prossemica).
Si pu perci affermare che fondamentalmente esistono due specie di segnali:
quelli digitali, che sono simbolici, astratti, spesso complicati e con tutta probabilit
specificamente umani, e quelli analogici, che sono diretti, figurati, propri del
comportamento corporeo, per cui le parole trasmettono segnali digitali, i gesti
segnali analogici. Il linguaggio verbale ha unimportanza particolare perch serve a
scambiare informazioni sugli oggetti, a nominarli e trasmettere la conoscenza da
epoca in epoca; il linguaggio verbale, rispetto a quello non verbale, molto pi ricco,
articolato, flessibile, capace di piegarsi alle infinite esigenze della comunicazione, in
quanto funzionale ad esprimere concetti mentali, oppure serve per indicare oggetti
concreti o per fissare grandi idee o accennare a sottili sfumature. Esiste per un
settore in cui facciamo assegnamento quasi esclusivamente sulla comunicazione non
verbale, il settore della relazione.
Il quinto assioma
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E possibile disporre gli elementi della CNV secondo una scala che procede
dallalto verso il basso, dai segnali pi manifesti e pi facilmente percepibili
dallinterlocutore, a quelli meno evidenti e pi mutevoli (Bonaiuto, Maricchiolo,
2012). Tale scala si pu cos riassumere:
ASPETTO ESTERIORE
Conformazione fisica
Abbigliamento
COMPORTAMENTO SPAZIALE
Distanza interpersonale
Contatto corporeo
Orientazione
Postura
COMPORTAMENTO CINESICO
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Laspetto esteriore.
Nelle relazioni con gli altri spesso sono decisivi sono proprio gli aspetti non
verbali della comunicazione. Un leggero tremolio alle mani pu dire molto di pi
sullo stato emotivo di una persona rispetto a quanto dice verbalmente di provare.
I messaggi non verbali, infatti, sembrano essere meno soggetti al controllo
consapevole da parte del soggetto e possono influenzare in modo decisivo
linterazione sociale.
Questi aspetti sono stati studiati osservando pazienti psichiatrici, scoprendo che
chi tra loro era sotto tensione, angosciato o preoccupato, rivelava allosservatore
questa condizione attraverso i gesti del corpo, i movimenti delle braccia e degli arti
anche se i soggetti tentavano di mascherare questa loro condizione, simulando una
condizione di maggior equilibrio a livello verbale. Questi pazienti riuscivano a
controllare il movimento del capo ma non quello del resto del corpo i cui messaggi
erano pi efficaci nel mostrare la loro autentica condizione emotiva.
Dunque il corpo ha un suo linguaggio che, a differenza di quello verbale,
meno controllato in modo consapevole dal soggetto ed esprime in maniera pi
efficace gli atteggiamenti e le emozioni proprie della persona pi del contenuto delle
sue parole.
Si tratta di un risultato che era stato anticipato dalle osservazioni di Darwin
(1872), il naturalista che scopr levoluzione biologica delle specie animali e che
studi le espressioni delle emozioni nelluomo comparandole a quelle degli animali.
Alcuni studi verificarono sperimentalmente lefficacia della comunicazione
non verbale nel trasmettere gli stati emotivi e le reazioni dei soggetti. Si chiedeva ai
soggetti di valutare lo stato di superiorit (one-top) o inferiorit (one-down) del
protagonista di un video che comunicava messaggi verbali contraddittori o coerenti
con messaggi non verbali. In uno di questi esperimenti una donna veniva presentata
nel ruolo di una docente universitaria molto decisa e determinata, che comunicava
atteggiamenti di grande superiorit, ma ai quali erano accompagnati da messaggi non
verbali di inferiorit, quali il sorriso rispettoso, la testa abbassata, il tono della voce
nervoso. Questi messaggi non verbali apparivano ben pi potenti di quelli verbali nel
valutare la donna come effettivamente superiore o autorevole (Forgas, 1995).
Le implicazioni di tali ricerche sono chiare: possiamo esprimere con il nostro
corpo ci che tentiamo di nascondere a parole e questi messaggi non verbali
saranno decisivi nellinterazione sociale, quindi nel rapporto con gli altri. Se non
adeguiamo i nostri movimenti corporei al contenuto del messaggio rischiamo di
trasmettere messaggi contraddittori e inefficaci.
La ricerca psicologica ha analizzato da molti anni i diversi aspetti della CNV
ma occorre ricordare i singoli segnali raramente sono utilizzati da soli, per cui il
messaggio complessivo sempre la somma di pi parti (Forgas, op. cit., p.159).
La postura.
La postura, ad esempio, intesa come la modalit con cui il corpo nella sua
globalit si atteggia nello spazio, ha un particolare rilievo persino nella diagnosi
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Lo sguardo.
Il contatto fisico.
La gestualit.
fuori dal circolo vizioso. Nei casi in cui si presentano discrepanze sulla
punteggiatura, solitamente si produce un conflitto su ci che si considera la causa e su
ci che si considera l'effetto in un'interazione.
Questo ci porta al concetto di profezia che si autodetermina (self-fulfilling
prophecy). Se, per esempio, una persona convinta di non piacere a nessuno, tender
a mettere in atto comportamenti sospettosi, difensivi o aggressivi ed probabile che
questi stimolino negli altri reazioni di antipatia che confermeranno la convinzione di
fondo di non piacere a nessuno (Watzlawick, op. cit., p.88). L'aspetto tipico di questa
sequenza che la persona in questione convinta di reagire ai comportamenti degli
altri e non di provocarli.
tenta di giustificarsi. Se il collega non ti passa velocemente la penna che gli hai
chiesto gli dici: Ma che fai?! Allora, me la passi o no sta penna?!?.
Nonostante che i comportamenti descritti siano opposti a quelli passivi, anche
lo stile aggressivo si rivela del tutto inefficace nel mantenere relazioni interpersonali
positive e costruttive, e anchesso rischia di danneggiare noi stessi. Infatti,
lemozione dominante nello stile aggressivo e nello stile passivo, seppure in forma
pi mascherata, la rabbia che appare per vissuta in maniera poco adattiva.
La rabbia infatti unemozione, e come tutte le emozioni fa parte integrante
del nostro modo di vivere lesperienza. Arrabbiarsi perci non un male, ma lasciarsi
dominare da questa emozione pu essere assai rischioso per la nostra stessa salute
fisica. La rabbia si genera proprio per il senso di frustrazione sperimentato nelle
diverse situazioni di vita quotidiana. Allora avverti le tipiche manifestazioni
somatiche che accompagnano questo stato di tensione. I muscoli sono tesi, il battito
cardiaco aumenta, il respiro diventa meno profondo, la pressione sanguigna sinnalza,
il soggetto avverte sensazioni poco piacevoli, si sente braccato. Non puoi fuggire, ma
neanche puoi attaccare laltro. Ti rappresenti il momento come una sorta di scontro in
unarena, da cui si esce solo da vincitori o da sconfitti. La rabbia quindi si trasforma
in aggressivit che pu rivolgersi contro noi stessi. Perci la rabbia, che di per s
unimportante ed utile emozione per luomo, pu causare danni organici, in
particolare al nostro muscolo cardiaco, che deve fronteggiare la produzione di un
eccesso di sostanze che sono prodotte dal nostro organismo quando ci arrabbiamo, tra
cui gli ormoni come ladrenalina, la noradrenalina e il cortisolo. Soprattutto
questultimo svolge una funzione importante perch attiva processi che consentono al
nostro organismo di reagire prontamente alla situazione. Ma, come nel caso degli altri
ormoni, un eccesso di cortisolo pu ridurre le nostre difese immunitarie, colpendo
anche in questo caso il cuore, affaticandolo troppo.
Ecco perch uno stile comunicativo aggressivo o passivo possono essere
persino pericolosi per la propria salute fisica.
Lo psicologo Albert Ellis ha sviluppato tra gli anni cinquanta e sessanta del
Novecento un sistema per combattere le idee o le convinzioni assurde che modificano
il nostro stato danimo provocando rabbia o risentimento, sostituendole con
affermazioni pi attinenti alla realt dellesperienza vissuta (Ellis, 1990; Palacios,
2007).
I pensieri o i punti di vista che Ellis definisce irrazionali generano percezioni
e valutazioni errate o fuorvianti delle situazioni sociali che possono provocare o
accrescere limpatto emotivo della rabbia. Tali pensieri, che arrivano persino ad
insorgere nella nostra mente in forma di pensieri automatici impediscono od
ostacolano ladozione di stili di comunicazione allinsegna dellassertivit, generando
piuttosto comportamenti comunicativi di tipo passivo o aggressivo.
Un esempio di tali pensieri irrazionali costituito dalle ipergeneralizzazioni,
per cui da una singola esperienza negativa arriviamo ad estendere a tutti i casi
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Gli stili comunicativi passivi e aggressivi sono dunque assai poco efficaci nel
produrre e mantenere relazioni interpersonali.
A differenze dei suddetti stili, lo stile comunicativo assertivo il pi efficace
per produrre comportamenti positivi al fine di instaurare e mantenere relazioni
costruttive con il cliente e con gli altri attori sociali (i colleghi di lavoro, i dirigenti,
ecc.) presenti nel contesto organizzativo dellazienda per la quale si lavora.
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Cos si legge nel secondo dei 36 stratagemmi, opera letteraria dellantica Cina
che contiene alcuni principi ispiratori della strategia militare dellantica civilt
orientale e che costituiscono ancora oggi una fonte di ispirazione anche per il
potenziamento della competenza psicologico - sociale (cfr. anche Nardone, 2003).
Laforisma cinese pu esprimere in modo metaforico lo stile comunicativo di
tipo assertivo. Esso, infatti, restituisce il senso della fermezza nella flessibilit, della
capacit di adeguarsi ai diversi contesti senza rinunciare alla propria natura, quindi
alle proprie idee, convinzioni, punti di vista, pur essendo sempre disposti a metterli in
discussione.
Decision making
Problem-solving
Creativit
Pensiero critico
Lautoconsapevolezza
Comunicazione efficace
Lempatia
Esprimere il proprio punto di vista significa dire ci che si vuole dire usando
frasi come "Secondo me.., Io penso che...", e non invece frasi come "questa la
verit.., Si fa cos...".
Esprimersi usando messaggi in prima persona significa contestualizzare (e non
generalizzare) ci che si pensa e si dice, assumendosi nel contempo, la responsabilit
del proprio pensiero.
Invitando i contraenti ad usare messaggi in prima persona, si aiutano a dire con
chiarezza quel il problema reale e che tipo dio sentimenti questo suscita loro
La parafrasi e la riflessione del sentimento determinano una condizione
psicologica di apertura nellinterlocutore. La persona che riceve questo tipo di
atteggiamento si sente infatti capita, accettata e non giudicata. E' come se gli si
dicesse (metamessaggio) che pu aprirsi, farsi vedere, abbassare le difese. La
parafrasi e la riflessione del sentimento creano un clima di fiducia. In questo clima di
fiducia possibile poi confrontarsi con l'altro, dire il proprio punto di vista, attraverso
l'uso del messaggio in prima persona. Ci facilita la convergenza tra i partners della
relazione, portandoli verso la soluzione del problema. L'empatia che si esprime
attraverso la riflessione del contenuto e la riflessione del sentimento fa s che quando
ci che l'altro ci dice non ci ancora chiaro, ci pu essere chiarito attraverso l'uso di
queste due modalit.
Inoltre l'atteggiamento empatico determina nell'altro una condizione di
abbassamento delle difese dallansia del confronto con laltro, proprio perch la
persona non si sente giudicata e si auto-esplora pi facilmente.
In uninterazione, quando uno dei due ha ricevuto un atteggiamento empatico
da parte dell'altro, sar pi disposto a sentire e quindi a mostrare altrettanta apertura e
comprensione. Per questo, il messaggio in prima persona, usato per confrontarsi,
esprimendo il proprio punto di vista si rivela pi efficace quando segue ad un
intervento fatto in termini di rimando empatico.
Per introdurre l'ascolto attivo utile usare alcune frasi tipiche. Se siete
abbastanza sicuri di aver capito bene, opportuno usare frasi come "Ti senti...,
Secondo te..., Tu pensi che..., Mi stai dicendo che.., Vuoi dire che...". Se
invece non siete abbastanza sicuri di aver capito bene, conviene usare frasi
come..."Potrebbe essere che.., Mi chiedo se..., Non so se ho capito, ma...,
Correggimi se sbaglio, ma..., E' possibile che..., Sembra che tu..., Forse ti
senti...".
Gestire le emozioni
Gestire lo stress
hanno nei confronti di un membro del gruppo per il fatto che quel membro occupa
una determinata posizione nel gruppo stesso (parametro del ruolo).
Le aspettative che gli altri hanno su di noi, la loro origine, su cosa esse si
basano, quanto effettivamente siano in grado di rispecchiare le nostre effettive
capacit o di soddisfare il nostro piacere, sono questioni che devono essere affrontate
proprio nella relazione col gruppo. Il riconoscimento dei ruoli, indica il grado di
accettazione delle differenti competenze. Questo rafforza il senso di utilit di ognuno
e la messa in atto di uninterdipendenza positiva. Si pu contare sul contributo di tutti
perch tutti hanno qualcosa da mettere a disposizione. Oltre ad avere una notevole
incidenza sul clima di gruppo, la gestione dei ruoli ha importanti effetti anche sul
gruppo operativo.
Il ruolo pu essere definito come un insieme di aspettative condivise circa il
modo in cui dovrebbe comportarsi un individuo che occupa una determinata
posizione nel gruppo. Si comprende da qui come l'attribuzione di un ruolo assicuri un
certo grado di prevedibilit nel comportamento che verr eseguito. I ruoli non
evidenziano solo una differenza tra gli individui, ma conseguentemente anche la loro
interrelazione, una complementariet per il conseguimento di finalit e obiettivi
comuni.
Infine, il sesto parametro costituito dallesistenza di relazioni di tipo socio-
affettivo ed emozionale tra i componenti del gruppo (parametro del clima). Questo
clima in grado di condizionare, spesso in modo decisivo sia in senso positivo sia in
senso negativo, la performance del gruppo stesso in relazione ai suoi obiettivi.
Lasch (1981; 1987) ha posto in evidenza le difficolt del fare gruppo nella
societ attuale caratterizzata da un narcisismo diffuso e dalla costruzione di micro-
identit (lio minimo) che allontana piuttosto che avvicinare gli individui tra di loro.
Nonostante i limiti culturali della vita sociale contemporanea che spingono pi
verso lindividualit che la gruppalit, molteplici sono i vantaggi del costituirsi in
gruppo.
Innanzi tutto perch, essendo il gruppo qualcosa daltro della semplice somma
delle singole parti, sviluppa, una volta raggiunta la stabilit psicologica propria, una
sorta di mente gruppale che pu per degenerare in una vera e propria patologia
della vita di gruppo (group think), nella quale il conformismo, lunanimismo e la
percezione distorta delloutgroup rispetto allingroup, sistematicamente
sopravvalutato, sono i sintomi in grado di condizionare negativamente i processi
decisionali del gruppo stesso (Janis, 1972, 1982, 1989).
In altri termini, se il pensiero di gruppo viene contrastato in maniera efficace,
linsieme delle capacit singolari dei componenti si potenziano tra di loro ed essi
diventano capaci di produrre qualcosa che i diversi componenti da soli non sarebbero
stati in grado di creare.
Il gruppo inoltre necessario per vedersi riconosciuto nel proprio status che
costituisce la dimensione complementare ed opposta al ruolo: perci, se il ruolo
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prescrive i doveri che ho verso gli altri, lo status sancisce i miei diritti che devono
essere rispettati dagli altri per una buona qualit della vita in gruppo.
Il gruppo inoltre sostiene la stima dei suoi componenti. Quindi, se indirizzato
alla sua realizzazione, esso influisce positivamente sullautostima dei membri del
gruppo stesso.
Nel darsi delle regole, il gruppo indica dei limiti al vivere sociale che sono
preziosi proprio per la qualit della vita individuale.
Il gruppo peraltro fornisce regole che sono meno costrittive e inibenti delle
regole macrosociali.
I gruppi si distinguono tra di loro per il modo in cui realizzano le caratteristiche
distintive dellessere gruppo, per cui esiste una sorta di indice di gruppalit che
permette di valutare in modo qualitativo lo scarto del gruppo considerato rispetto al
prototipo del gruppo sociale (De Grada, 1999; Mannetti, 2002).
In relazione ai parametri descritti possibile che tale indice sia maggiore se
le persone interagiscono tra di loro in modo integrato e orientato al raggiungimento di
uno scopo comune e se si percepiscono come membri di uno stesso gruppo,
caratteristica questa molto valorizzata dalle ricerche orientate in senso cognitivo,
perch consente al gruppo e ai suoi componenti di costruire la loro stessa identit
sociale attraverso processi di autocategorizzazione (Tajfel, 1981, 1982; Turner et al.,
1987).
Inoltre le persone componenti un gruppo con lindice di gruppalit pi alto
nutrono sentimenti positivi nei confronti degli altri membri dellinsieme e verso le
attivit comuni, determinando il sentimento del noi (we feeling), quel senso di
appartenenza del singolo al gruppo che ci consente di valutare gli individui come pi
o meno affiatati tra di loro.
Lidentificazione reciproca consente inoltre di sviluppare unelevata
influenzabilit tra i componenti, tale che esiste una specie di idem sentire in cui la
proposta del singolo viene accolta con condivisione ed entusiasmo.
Il gruppo ad elevata coesione presenta unelevata articolazione interna, con una
struttura organizzativa e gerarchica in relazione alle attivit, ai ruoli e agli status,
funzionante, riconosciuta e accettata.
Infine il gruppo condivide il sistema di norme implicito o esplicito che ha
prodotto, dando origine ad una struttura normativa solida, capace di creare una vera e
propria ideologia o cultura del gruppo.
Bion (1961) usa lespressione cultura di gruppo in modo assai estensivo,
includendovi anche la struttura che il gruppo produce nel corso dei diversi momenti
della sua esistenza ed evoluzione, le attivit che svolge e lorganizzazione che adotta.
Nel caso del mobbing la vittima ha appunto il ruolo di capro espiatorio dei
conflitti che esistono nel gruppo.
Talvolta accade che ci sia chi vuole utilizzare il gruppo per tentare di
manipolarlo per suoi scopi e questo pu accadere perch lindividuo ha bisogno di
essere riconosciuto come capace di avere successo.
In altre occasioni invece un individuo pu ostacolare le attivit del gruppo,
opponendosi sistematicamente, nel caso di un gruppo di lavoro, al conduttore delle
attivit per dimostrare in negativo il suo potere.
In altri casi allinterno di un gruppo alcuni individui possono sentirsi
emarginati, mentre altri non pensano di esserlo e invece di fatto lo sono. In altri casi,
alcuni membri vogliono mettersi al di sopra degli altri, alzando la voce
continuamente oppure ponendosi sempre al centro dellattenzione.
Si tratta di fenomeni abbastanza abituali che, finch si manifestano in maniera
sostanzialmente rispettosa degli altri e nelle prime fasi della vita di un gruppo, sono
spesso riconducibili a preoccupazioni e timori legati proprio al vivere lesperienza
stessa dello stare in gruppo.
Possono invece emergere sul lungo periodo comportamenti di dipendenza da
parte dei membri di un gruppo: ci sono persone che cercano in esso certezze acritiche
in grado di compensare le loro insicurezze e tali bisogni possono essere cos forti da
creare veri e propri gruppi settari, che possono persino impedire ai componenti di
poter manifestare comportamenti autonomi dalle rigide regole stabilite dal gruppo
stesso. In altri casi i comportamenti ostili o negativi dei singoli possono continuare e
in tal caso pu essere necessario ristrutturare il gruppo in modo da rendere possibile
il suo lavoro.
Solitamente si pu intervenire nellanalizzare la struttura e le dinamiche del
gruppo per prevenire fenomeni eccessivamente conflittuali o disagi allinterno del
medesimo attraverso losservazione e la formazione dei gruppi stessi al vivere
insieme, come avviene nei cosiddetti T-Groups (Training-Groups), in cui sapprende
a convivere positivamente insieme, sperimentando in condizioni controllate le
difficolt che questo comporta e imparando dai propri errori.
Uno degli strumenti pi utili per comprendere la struttura e la dinamica di un
gruppo costituito da un vero e proprio test, detto Test Sociometrico, ideato da
Jacob Levi Moreno, celebre per la tecnica terapeutica nota col nome di psicodramma.
Il Test consente di rappresentare anche graficamente la struttura e la dinamica
di un gruppo in un certo momento della sua vita e consiste nella richiesta, fatta ai
membri del gruppo, di esprimere preferenze o rifiuti verso gli altri componenti del
medesimo. La raccolta dei dati viene elaborata in un sociogramma che pu essere
variamente rappresentato e che permette di individuare la posizione di ogni singolo
individuo nel gruppo rispetto agli altri e ad un ipotetico punto di massima coesione
del gruppo stesso. Si tratta di un utile strumento per comprendere chi in effetti
conduce il gruppo, chi si trova distante o persino isolato dagli altri componenti, chi
invece pi vicino ad altri, costituendo cos dei sottogruppi interni al gruppo.
Occorre poi ricordare che nei gruppi possono prodursi fenomeni di distorsione
interpretativa e decisionale gi a partire dalla semplice triade, come hanno dimostrato
alcuni esperimenti ormai classici di Sherif (1935) e Asch (1951; 1955,1956).
In uno di questi studi, un piccolo gruppo era inserito all'interno di una stanza
completamente buia dove si proiettava su di una parete un punto luminoso e si
chiedeva ai componenti del gruppo di valutare l'entit dello spostamento del punto
nel corso del tempo. In effetti, ci che accade che il punto luminoso sembra
muoversi per un effetto percettivo conosciuto come "effetto autocinetico", una vera e
propria illusione ottica. In altri termini, il punto non si muoveva per niente ma i
componenti del gruppo concordavano su valutazioni pressoch unanimi di questo
spostamento di fatto puramente illusorio.
In un altro esperimento (Asch, 1952, 1955) un soggetto che rappresentava la
"cavia" della situazione veniva inserito in un gruppo di collaboratori dello
sperimentatore (che facevano finta di non conoscersi tra loro). Lo sperimentatore
successivamente chiedeva al gruppo di valutare collettivamente l'eventuale differenza
di lunghezza tra delle immagini di bastoncini proiettati su di uno schermo,
comparandoli rispetto ad un altro bastoncino "campione". I collaboratori dello
sperimentatore si erano in precedenza accordati nel fornire le medesime risposte
sbagliate anche nel caso di evidenti differenze di lunghezza tra i diversi bastoncini. Il
soggetto sottoposto all'esperimento, assolutamente ignaro di tutto, spesso si
uniformava al giudizio espresso dal resto del gruppo. Solo in pochi casi (seppur
significativi) le cavie rifiutavano le valutazioni del gruppo, dimostrando cos come
un gruppo pu arrivare a valutazioni errate per l'influenza esercitata sui singoli
componenti dal gruppo stesso.
Per evitare queste distorsioni pu essere utile ladozione di strategie di analisi
dei problemi come il problem-solving.
La leadership.
Tipologie di leadership
Il leader, tra laltro, ascolta con attenzione ed empatia il contributo degli altri, intesa
come capacit di sperimentare il vissuto affettivo ed emotivo dellaltro senza mai
immedesimarsi totalmente in esso, esprime e riformula i bisogni pi profondi del
gruppo, collaborando alla leadership funzionale ed evitando che la loro espressione
possa tradursi in conflitto antagonistico tra i membri del gruppo).
Il conduttore del gruppo pu assumere stili di leadership assai diversi tra loro.
Il leader pu esercitare una conduzione di tipo autoritario in cui non permette al
gruppo di discutere su ci che si deve fare e imponendo forme di comunicazione e
relazione che privilegiano il rapporto diretto tra i singoli componenti del gruppo e il
conduttore stesso.
Questo stile di conduzione pu essere necessario in momenti particolarmente
difficili della vita di un gruppo, ad esempio nel caso in cui vi sono forti tensioni
dovute a fattori esterni al gruppo stesso oppure in situazioni in cui il tempo necessario
a raggiungere obiettivi indispensabili per il gruppo sia limitato.
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Leadership autoritaria.
Vantaggi: utile quando gli obiettivi sono semplici da definire e c poco tempo per
raggiungerlo. Un esempio potrebbe essere quello di un gruppo che deve soccorrere
immediatamente persone in difficolt, anche se lo stesso risultato positivo si pu
avere con un gruppo ben affiatato proprio grazie ad uno stile di leadership meno
autoritaria esercitato prima di entrare in azione.
Limiti: c scarsa soddisfazione per quel che si fa, stare in gruppo diventa faticoso, e
c il rischio di vivere lesperienza come frustrante soprattutto per i pi motivati al
lavoro, mentre i pi dipendenti dallautorit possono essere eccessivamente
compiacenti rispetto al capo, alimentando rancori e gelosie tra i componenti del
gruppo.
Vantaggi: la coesione nel gruppo cos diretto alta, buono il rendimento; tutti
partecipano al lavoro con soddisfazione, mentre sono stimolati dal leader che
riformula i problemi continuamente alla luce dei diversi apporti. La comunicazione
diffusa e aperta, si esce da una riunione solitamente soddisfatti del lavoro svolto.
Limiti: occorre tempo per condurre in porto il lavoro, perch la soddisfazione che i
componenti nel lavorare in questo modo provano pu indurli a cercare pi
lesperienza di gratificazione che il raggiungimento dellobiettivo che talvolta pu
essere vissuto come estraneo o scarsamente definito o persino impossibile da
raggiungere. Si ha talvolta la sensazione di trovarsi in un salotto a conversare pi
che in un gruppo a lavorare.
"Gli italiani sono passionali"; "le donne non sono portate per la matematica";
"gli adolescenti sono ribelli". Queste frasi son esempi di ci che in psicologia sociale
chiamiamo stereotipi, ovvero le credenze sugli attributi personali di una determinata
categoria sociale, in particolare di alcuni gruppi sociali, per esempio, le donne. In
altre parole, lo stereotipo un insieme coerente e abbastanza rigido di credenze che
un certo gruppo condivide rispetto a un altro gruppo o categorie di persone (Mazzara,
1997; Villano, 2003).
Come sostiene Brown (1997) lo stereotipo una rappresentazione della realt
spesso arricchita da aspetti valutativi e affettivi, i quali segnalano alla persona che li
mette in atto quali aspetti siano positivi e quali sono invece irrilevanti e negativi.
Per quanto riguarda il pregiudizio, dal punto di vista etimologico questo
termine indica un giudizio precedente all'esperienza, o in assenza di dati empirici, che
pu intendersi quindi come pi o meno errato, orientato in senso favorevole o
sfavorevole, riferito tanto ad eventi che a persone o gruppi. Le scienze sociali
interessate ad evidenziare l'utilit di questo concetto per la comprensione dei
fenomeni socialmente rilevanti, hanno aggiunto due specificazioni di significato del
termine pregiudizio, ormai diventato parte integrante del suo uso comune.
La prima specificazione riguarda il fatto che il pregiudizio si riferisca a
specifici gruppi sociali, piuttosto che a fatti o eventi; la seconda che tale pregiudizio
sia di solito sfavorevole. In questaccezione pi specifica e ristretta, il pregiudizio
pertanto definito come la tendenza a considerare in modo ingiustificatamente
sfavorevole persone che appartengono ad un determinato gruppo sociale. A
questaccezione si associa inoltre l'idea che il pregiudizio non si limiti alle valutazioni
rispetto all'oggetto, ma sia in grado di orientare concretamente l'azione nei suoi
confronti.
Il "passaggio all'azione" , infatti, la caratteristiche che differenzia il
pregiudizio dallo stereotipo. Uno dei modi per orientarsi fra le diverse interpretazioni
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che nel corso del tempo sono state elaborate per comprendere questi fenomeni,
quello di individuare alcuni criteri discriminanti, rispetto ai quali le diverse
spiegazioni possono essere considerate come alternative.
Il conflitto.
cos occorre distinguere fra posizione e interesse. Le singole posizioni, vale a dire le
idee ben strutturate di come dovrebbe essere risolto un problema, spesso non sono
conciliabili fra di loro. Non sembra quindi possibile una soluzione concordata del
problema. Tuttavia, nella maggioranza dei casi, gli interessi che vi stanno alla base -
che sono alla fine dei conti la cosa pi importante - possono essere soddisfatti in
molteplici modi. Se gli interessi sono esplicitati, diventa pi semplice trovare delle
soluzioni soddisfacenti per tutti.
Due sorelle si contendono unarancia. Alla fine convengono di dividere il frutto. Una
prende la sua met, mangia la polpa e getta la buccia. Laltra invece butta la parte
interne e usa la buccia per fare il dolce.
Il primo passo per gestire i conflitti fra persone capire come gli individui
affrontano queste situazioni: di fronte ad un conflitto si reagisce mettendo in atto
quello che l'abitudine e l'esperienza ha permesso di acquisire, ovvero una serie di
strategie personali di risoluzione dei conflitti. Johnson e Johnson (1991; in Atzei,
2003) affermano che per ognuno esiste un modo abbastanza spontaneo e naturale di
risolvere i conflitti.
Secondo questi studiosi possibile associare metaforicamente le cinque
strategie che hanno individuato a cinque animali che nella nostra cultura richiamano
un modo di agire caratteristico.
La tartaruga (fuga).
La tartaruga si ritira dentro la sua corazza per evitare il conflitto. In questo modo
rinuncia ai suoi obiettivi personali e alla relazione con gli altri. Si tiene lontana da
ogni situazione conflittuale. E' ormai convinta che non esistono soluzioni ai conflitti.
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Lo squalo (violenza).
Lo squalo cerca di forzare i suoi "nemici" forzandoli ad accettare la sua soluzione.
Per lui ci che conta raggiungere i suoi obiettivi a tutti i costi disprezzando la
relazione con gli altri e quindi non ponendo attenzione ai loro bisogni.
La volpe (compromesso).
La volpe non cerca n gli obiettivi personali n la relazione con gli altri, ma piuttosto
un compromesso tra i due modo di agire: in parte rinuncia ai propri interessi, in parte
persuade gli altri a rinunciare ai propri. Quindi cerca una soluzione in cui entrambi le
parti possono guadagnare qualcosa.
Il gufo (confronto).
Il gufo persegue sia i propri obiettivi che la relazione con gli altri. Egli cerca una
soluzione che soddisfi tanto se stesso che gli altri con cui in disaccordo.
Queste cinque strategie si distribuiscono su una scala che oscilla tra le due
dimensioni su cui si struttura il conflitto:
E' opinione diffusa che risolvere un conflitto voglia dire che una delle due parti
esce come vincitore, ottenendo cos una posizione di potere e ponendo l'altro in una
situazione di sottomissione. In realt dalla conflittualit si pu uscire in pi modi:
Questa modalit messa in atto da chi cerca in tutti i modi di raggiungere solo gli
obiettivi personali. Il conflitto visto come uno spazio in cui sopraffare l'altra
persona e uscirne come vincitori. Ma la propria vittoria strettamente collegata alla
sconfitta di chi visto come avversario.
Questa modalit non vede nessun vincitore, ma solo perdenti, in quanto vi una
rinuncia sia agli obiettivi personali sia alla relazione con gli altri. Chi adotta questa
soluzione non riesca ad intravedere soluzioni; riesce solo ad allontanarsene.
4. Accomodamento (perdente/vincente).
5. Integrazione (vincente/vincente).
soliti riferirsi allincremento che possiamo sperimentare nel riuscire ad affrontare una
situazione problematica attraverso il reperimento di risorse utili alla sua soluzione,
che possono essere trovate nellambiente o attraverso modificazioni dei nostri
pensieri, atteggiamenti, comportamenti. Pensiamo al caso analizzato. In alcuni
passaggi dellanalisi della situazione apparso chiaro che loperatore alla reception
non poteva risolvere da solo il problema del cliente: egli ha dovuto attivarsi per
reperire ulteriori risorse utili, persino indispensabili, per trovare la via duscita. Nel
contempo essere riusciti a gestire la relazione in modo efficace ha incrementato ci
che Albert Bandura (1997) definisce come self-efficacy. Si tratta del modo in cui
lindividuo percepisce se stesso in relazione alla capacit di dominare specifiche
attivit, situazioni o aspetti del proprio funzionamento psicologico e sociale (Caprara,
2001).
La mente umana non si limita a reagire allesperienza esterna ed interna; essa
piuttosto opera attivamente sul mondo interno ed esterno per modificarli secondo
obiettivi e standard personali che richiedono di essere valutati nella loro efficacia.
Incrementare tale capacit essenziale anche nei contesti lavorativi. Essa pu essere
accresciuta attraverso la consapevole adozione di stili di comunicazione adeguati al
contesto situazionale in cui i soggetti si trovano ad interagire. Se ci accade, allora il
soggetto acquisisce una maggiore capacit di modificare la situazione problematica
che interagisce positivamente con il senso di autoefficacia. La persona si sente
sempre meno vittima di eventi esterni incontrollabili e sempre pi capace di
affrontare le sfide del momento in vista di un auto-miglioramento che viene avvertito
come un processo continuo, caratterizzato da comportamenti comunicativi in grado di
mostrare una maggiore sicurezza della propria professionalit. Si tratta di una
sicurezza che si origina dalla consapevolezza critica dei propri limiti, motivata da
assunti su come la nostra capacit cognitiva opera nellapprendere dagli errori
compiuti. Tale combinazione di aspetti cognitivi, affettivi ed emozionali, si traduce in
comportamenti comunicativi che manifestano autenticit nella gestione della
relazione interpersonale con gli altri.
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