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Psicologia sociale dei novi media

Cyberpsychology o psicologia dei nuovi media citazione di Riva che la definisce come una nuova area della psicologia
che ha il suo punto di riferimento nelle riviste scientifiche, che ha anche come sfondo teorico la psicologia cognitiva, la
psicologia della comunicazione, la psicologia sociale, l’ergonomia.
L’oggetto principale della cyberpsychology è l’analisi dei processi di cambiamento che sono attivati dai nuovi media, in
particolare la psicologia dei nuovi media ha come obiettivo lo studio, la comprensione e previsione e l’attivazione di
processi di cambiamento che hanno origine nell’interazione delle persone con i nuovi media comunicativi. Quindi si
analizza come i media ci stanno cambiando o di come noi stiamo cambiando.
Le riveste di riferimento della cyberpsychology sono:
1. Computers in Human Behavior;
2. Cyberpsychology, behavior and social networking, rivista europea;
3. Cyberpsychology.EU che accoglie contributi interdisciplinari;
4. Convergence emerging communication;
5. Diurnal of computer-mediated communication;
6. Interactive with computers;
7. Presence psychology journal and…. Rivista italiana.
Cyberpsychology si occupa di processi di cambiamento. Quando i manuali definiscono la psicologia sociale, una
definizione molto comune è quella che afferma che ‘’la psicologia sociale di occupa, studia l’interazione tra il mondo
psicologico interno delle persone e il mondo sociale’’. Un mondo psichico delle persone che è formato da condizioni,
motivazioni, dalle emozioni, dai comportamenti e dagli aspetti fisiologici, ovvero come reagiamo dal punto di vista
fisiologico agli eventi esterni, che per l’ottica della psicologia sociale, sono gli eventi sociali, ovvero ciò che di esterno
può essere connotato come sociale, un sociale che va ad articolarsi in base alle diverse prospettive che la psicologia
sociale ha poi articolato in diversi elementi. Il mondo sociale può essere inteso anche come l’insieme delle relazioni
interpersonali tra le persone. Un sociale che può essere percepito anche come insieme di gruppi, le persone che
appartengono ai vari gruppi che possono interagire.
La psicologia sociale può essere collocata tra il mondo psicologico e il mondo sociale, occupandosi di come
impercettiamo gli eventi sociali, come reagiamo di fronte a questi.
Come la psicologia sociale ingloba i nuovi media?
I nuovi media digitali possono essere collocati in un’area che funge da strumento di mediazione, lo strumento di
mediazione è qualcosa che sta in mezzo.
Le tecnologie, dal punto di vista della psicologia sociale dei nuovi media, le tecnologie dei nuovi media digitali, in
quanto strumenti di mediazione, al pari di tutti gli altri strumenti di mediazione, modificano il nostro modo di
rappresentarci, di interagire con gli altri e modificano il nostro modo di rappresentarci la realtà sociale.
Sul versante della psicologia clinica, libro che ha assegnato, si analizzeranno i testi della prima e seconda parte, nella
prima parte Riva descrive le caratteristiche, l’evoluzione e il futuro dei nuovi media, nella seconda parte si entra nella
parte della psicologia cognitiva dei costrutti, teoria dell’inter-azione situata, la parte psicosociale manuale.
Che cosa sono i nuovi media?
Riva elabora 3 definizioni, che non si escludono, ma sono complementari:
• La prima definizione, sostiene che i nuovi media sono l’insieme di mezzi di comunicazione che si differenziano
rispetto ai media classici, come la televisione, perché utilizzano il linguaggio digitale nella codifica delle
informazioni. Quando parliamo di new media, parliamo di media digitali.
Gli elementi importanti di questa definizione sono:
→ I nuovi media sono strumenti di comunicazione, quindi, bisogna definire cos’è la comunicazione e
cosa significa comunicare.
I 5 assiomi della comunicazione secondo la scuola di Paolo Alto 1967, questi cinque assiomi sostengono:
1. Non si può non comunicare, questo significa che anche il silenzio è un modo di comunicare con gli altri;
2. Ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto, ovvero quello che diciamo, ed un aspetto di relazione,
ovvero il modo in cui le cose vengono dette. Quando comunichiamo, non comunichiamo solo il contenuto,
ma comunichiamo anche la natura della relazione tra l’emittente e il ricevente;
3. La natura di una relazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze comunicative tra i comunicanti, ovvero
la comunicazione è un processo circolare, è un insieme di sequenze comunicative che presuppongono
domande e risposte, dove l’azione comunicativa è sempre una reazione all’azione comunicativa che l’ha
proceduta. In questa relazione comunicativa le persone cercano sempre di portare il proprio punto di vista e
spesso dimenticano il punto di vista dei propri interlocutori, questo secondo gli autori è molto evidente nelle
relazioni conflittuali, ad esempio la relazione conflittuale in una coppia, il punto di vista di un interlocutore è
un punto di vista che non riesce a vedere quello dell’altro e questo crea incomprensione;
4. La comunicazione umana è composta da:
→ Codici analogici, sono tutti segnali non verbali, che noi esplicitamente o implicitamente utilizziamo
nella comunicazione (gesticolare, atteggiamento del corpo). Questi codici analogici svolgo un ruolo
importante nella comunicazione e possono determinare quei gap comunicativi, dove il contenuto
della comunicazione contrasta con il codice analogico;
→ Codici numerici o digitali sono i codici verbali, ovvero le parole che noi utilizziamo per comunicare e
scambiare con gli altri le informazioni;
5. Tutti gli scambi di comunicazione possono essere:
→ Simmetrici, quando gli interlocutori all’interno del flusso comunicativo giocano lo stesso ruolo;
→ Complementari, sono quei flussi comunicativi che si basano sulla differenza, dove uno scambio
comunicativo di un interlocutore completa lo scambio comunicativo dell’altro interlocutore.
Dunque secondo questa prospettiva della scuola di Palo Alto è IMPOSSIBILE NON COMUNICARE, comunichiamo anche
con lo sguardo, con tutto il nostro corpo. Noi oggi possiamo scegliere come comunicare, possiamo farlo face-to-face o
attraverso i media digitali.
La comunicazione face-to-face e quella attraverso i nuovi media hanno le stesse caratteristiche?
Anolli ha elencato 4 assiomi della comunicazione:
1. La comunicazione è un’attiva eminentemente sociale, ovvero la comunicazione serve per entrare in relazione
con gli altri, quindi ha una natura relazionale, si svolge sempre tra individui, gruppi o all’interno di comunità;
2. La comunicazione è partecipazione, significa che non siamo in grado di comunicare se NON condividiamo i
significati che la comunicazione porta con sé, non solo i significati semantici, ma anche i significati legati a
come si comunica tra interagenti. Quindi per comunicare occorre partecipare, occorre cioè riconoscere i
significati e le regole che stanno dietro al parlare tra gli esseri umani. (Schema di Gris, quello che l’autore ha
definito come le regole di comunicazione in un contesto cooperativo, che ci ricorda come non basta dire
parole per comunicare, ma associare un significato alle parole che utilizziamo e soprattutto rispettare le
regole della comunicazione in un contesto collaborativo);
3. La comunicazione è un’attività eminentemente cognitiva, perché la comunicazione è un processo difficoltoso,
perché chiama in causa i processi superiori, ovvero i processi del pensiero. Per comunicare, secondo Anolli
bisogna rendere esplicito il nostro pensiero e la nostra intenzione. Dunque, per comunicare bisogna
chiamare in causa i nostri processi cognitivi, ovvero la capacità di trovare le parole, trovare come con quelle
parole esprimere il nostro pensiero;
4. La comunicazione è strettamente connessa con l’azione, la comunicazione è azione, infatti, comunicare
significa fare qualcosa nei confronti di qualcun altro, quindi, è sempre un atto che in qualche modo genera un
processo di influenze spesso reciproche. Secondo Anolli ogni atto comunicativo è ciò che dà forma
all’interazione.
Tutto questo ci ricorda che la comunicazione:
• NON è solo uno strumento, ma è una dimensione psicologica costitutiva di tutti noi;
• È sempre in tutti contesti, face-to-face e online, un processo di co-costruzione di significati, ovvero quando
comunichiamo online, esattamente come quando comunichiamo nelle relazioni face-to-face, co-costruiamo
con i nostri interlocutori dei significati.
Inoltre Riva definisce la comunicazione come un MEDIUM. Tra mittente e ricevente, c’è sempre qualcosa che media la
relazione, ovvero la relazione tra soggetti, è sempre una relazione mediata, mai diretta, questo vale anche per la
relazione soggetto e oggetto. La relazione non è mai diretta perché c’è sempre qualcosa in mezzo, ovvero il linguaggio.
Per comunicare con qualcuno dobbiamo avvalerci di strumenti di mediazione, una lingua comune, gli stessi significati
attribuire alle parole, la stessa cultura, anche i dispositivi sono strumenti che stanno in mezzo. Quindi, i new media
possono essere considerati a pari del linguaggio, della cultura, come degli strumenti che mediano la comunicazione. I
new media possono essere:
• Trasparenti, noi siamo consapevoli, di ciò che facciamo, dunque, noi possiamo NON essere consapevoli che i
new media mediano la nostra comunicazione. Il media digitale, dunque, per noi è trasparente, ovvero per
utilizzarli, non abbiamo bisogno di ricorrere a processi consapevoli, perché tutte queste operazioni sono
spontanee, siamo in grado di cogliere le affordance presenti nel media digitale, in modo spontaneo ed
utilizzarle per rispondere i nostri bisogni (postare un selfie, comprare un paio di scarpe). Ad esempio, per
quanto riguarda il commercio elettronico, vi sono alcuni siti in cui il commercio online è più facile, perché è
più veloce, sicuro, quindi per questo motivo Amazon è trasparente, rispetto ad un altro sito. Quando un
mezzo diventa trasparente, vi sono dei vantaggi, ma può avere anche degli svantaggi, ovvero tendiamo ad
utilizzarli in modo incosciente, ovvero non siamo consapevoli della presenza dell’altro a causa della mancata
fisicità dell’altro. Quando il mezzo diventa troppo trasparente e si dimentica il contesto, si verificano dei
fraintendimenti. Quando si utilizzano i social per comunicare, si possono utilizzare dei termini poco consoni
verso gli altri, quindi, diventiamo poco consoni del fatto che questi termini possono ferire l’interlocutore,
facciamo più fatica a prendere in considerazione l’interlocutore;
• Opachi, facciamo fatica ad utilizzarli;
• Visibili, rendere visibili i media, significa rendere le persone consapevoli dei vantaggi e svantaggi dell’uso
trasparente dei media.
2 DEFINIZIONE= i new media sono strumenti di mediazione che ci permettono di superare alcuni dei limiti della
comunicazione face-to-face, il limite che i media consentono di superare rispetto a quella face-to-face è quello della
contingenza spaziotemporale, ovvero attraverso i media possiamo parlare con gli altri anche quando gli altri non sono
presenti nello stesso tempo, nello stesso contesto, questo perché i new media possono avere un carattere:
• SINCRONO, come le chat, l’altra persona deve essere presente per chattare;
• ASINCRONO, come le mail, può essere mandata e l’interlocutore la può ricevere in un secondo momento.
Superano i limiti della contingenza spaziale e temporale.
I media digitali consentono di superare alcuni dei limiti della comunicazione, ma non consentono di superare altre
caratteristiche della comunicazione face-to-face, come:
• La struttura dialogica, ovvero il flusso comunicativo bidirezionale, da emittente a riceventi, anche nella chat
non si può parlare tutti insieme, anche nelle riunioni su Teams non si può parlare tutti insieme, quindi, la
struttura dialogica che presuppone che si parli uno alla volta o che uno comunichi e l’altro rispondi, si verifica
anche nella comunicazione nei media digitali;
• La molteplicità dei canali comunicativi, Riva sostiene che la comunicazione attraverso i media digitali è una
comunicazione povera, perché nella comunicazione face-to-face i codici analogici cambiano rispetto alla
comunicazione attraverso i media, nella quale vengono espressi attraverso le emoticons, che sostituiscono
l’espressione facciale, dunque, anche la comunicazione mediata dai media è una comunicazione che può
viaggiare su canali diversi.

DEFINIZIONE 3= Secondo Riva, i nuovi media sono dei dispositivi di mediazione che sostituiscono l’esperienza diretta
con l’altro con l’esperienza mediata, infatti, l’autore la definisce comunicazione DISINCARNATA, ovvero una
comunicazione che si verifica in assenza del corpo, della fisicità.
Il concetto di ARTEFATTO
I new media possono essere considerati degli artefatti, che sono degli strumenti di mediazione, come il linguaggio. Il
concetto di artefatto, fa parte della psicologia culturale degli strumenti.
Gli artefatti, Vygotski nel 1934 propose il triangolo della mediazione semantico culturale. Nel quale, l’autore mise in
rilievo un aspetto importante, ovvero la relazione tra soggetto e oggetto, non è mai diretta, ma è sempre una
relazione mediata dagli artefatti. Gli artefatti sono elementi con valore simbolico che sono costruiti e tramandati
attraverso il processo della filogenesi all’interno di un gruppo di appartenenza e che vengono utilizzati dagli
appartenenti a questo gruppo per coordinarsi tra di loro e con l’ambiente. Nello specifico gli artefatti possono essere
degli oggetti:
• Della realtà fisica, come una penna, un computer, un cellulare;
• Degli oggetti materiali, come il linguaggio;
Che svolgono sempre, indipendentemente dalla loro natura, 2 funzioni:
• Strumento, servono per conoscere la realtà e modificarla;
• Simbolo, comunicano e trasmettono dei significati che consentono alle persone di coordinarsi con l’ambiente
fisico e sociale.
Secondo la psicologia culturale degli strumenti, l’artefatto della cultura è quello che media tutte le relazioni dei
soggetti con gli oggetti fisici e sociali.
Wartofsky nel 1979 ha classificato i diversi artefatti in:
• Artefatti primari, ovvero quelli materiali, ovvero quei dispositivi che impieghiamo per interagire con gli altri e
fanno parte della cultura materiale;
• Artefatti secondari, sono quelle rappresentazioni che noi abbiamo degli artefatti, ovvero sono schemi mentali
che ci consentono di attribuire significato agli artefatti primari, ovvero agli oggetti materiali. Questi non si
esprimono in qualcosa di fisico, sono i nostri schemi cognitivi e sono fondamentali per fare in modo che ogni
artefatto possa diventare trasparenti e sono fondamentali per un utilizzo funzionale ai bisogni degli uomini.
Non abbiamo solo un pieno possesso dello strumento materiale, ma anche delle funzioni, dei modi in cui
possiamo utilizzarli. Questi artefatti fanno parte della cultura ideale;
• Artefatti terziari fanno parte della cultura espressiva e riguardano il mondo dell’immaginazione e l’ambito del
gioco e possono essere assimilati agli avatar, alle altre opere digitali come, video, che sono espressione della
cultura espressiva (selfie per mostrare quanto mi sto divertendo, amazon per comprare le scarpe).

Quindi, anche i new media non sono solo strumenti tecnologici, ma sono strumenti che nascono da dei bisogni,
strutturano modi di pensare a quell’oggetto, strutturano significati e regole di utilizzano che trasformano un oggetto
meramente materiale, in un oggetto simbolico. Nascono da un’esigenza strumentale (appunti), relazionale (selfie),
edonica (avatar, gioco). Quindi anche i nuovi media, come tutti gli artefatti hanno una storia di evoluzione ed è una
storia di evoluzione per adattamento, non è vero che esiste un medium e noi ci adattiamo a questo, ma al contrario il
nostro uso, l’uso che noi facciamo dei media, può modificarli.
I new media influenzano l’attività comunicativa degli interagenti, ovvero se comunichiamo face-to-face, ci adattiamo
al contatto face-to-face, allo stesso modo i nuovi media influenzando la comunicazione, portano le persone a doversi
adattare alle caratteristiche del medium a 3 livelli:
1. Fisico, ovvero bisogna adattarsi alle caratteristiche dei medium, ad esempio se abbiamo uno smartphone
dobbiamo adottare un tipo di azione, allo stesso modo se abbiamo una tastiera;
2. Simbolico, per utilizzare uno strumento dobbiamo conoscere le regole d’uso di questo strumento, dobbiamo
sapere utilizzare l’interfaccia per fare in modo che questa risponda ai nostri bisogni. Per adattarci al livello
simbolico, ovvero alle regole, bisogna osservare come gli altri utilizzano i medium, utilizzando questi
strumenti, cercando di conoscere le regole di utilizzo;
3. Pragmatico, riguarda la capacità di adattare il comportamento nell’uso dello strumento digitale ai vincoli e
alle potenzialità dei medium e del contesto. (mettere silenzioso durante lezione, abbassare suoneria in treno.
Come si fa ad integrare i nuovi media nella propria vita senza che questi assorbano troppo dalla nostra vita?
Per quanto riguarda il LIVELLO FISICO, ovvero artefatto primario, analizza le caratteristiche dei new media e delle loro
funzioni strumentali. Secondo Riva i nuovi media sono mezzi di comunicazione che utilizzano il linguaggio digitale per
la codifica delle informazioni. Dunque, la digitalizzazione nell’interfaccia è importante perché si connette con il tema
della UX o USER EXPERIENCE, ovvero l’esperienza che gli utenti possono fare di un medium.
La digitalizzazione è la trasformazione delle caratteristiche di un fenomeno, ovvero dell’informazione, da continue a
discrete e questo avviene attraverso un processo di elaborazione, reso possibile dalla nascita del computer, attraverso
la scomposizione delle informazioni in vari codici, generalmente il codice binario, attraverso i simboli 0 e 1 che
prendono il nome di bit o binary digit. La digitalizzazione avviene anche attraverso codici simboli.
Le differenze tra:
• Codice analogico, può essere rappresentato attraverso un movimento continuo, come ad esempio quello
dell’orologio con le lancette, il movimento delle lancette è un movimento continuo. In questo caso
l’informazione è continua;
• Codice digitale, può essere rappresentato attraverso l’orologio con il display, quindi il tempo viene segnato
attraverso una successione di scatti. In questo caso l’informazione è discreta.
Quindi:
• Il segnale analogico è un segnale continuo che può cogliere tutte le sfumature possibili;
• Il segnale digitale comporta la perdita delle sfumature.
I vantaggi e gli svantaggi che comporta la digitalizzazione:
1. Il primo svantaggio è che l’informazione è discreta e discontinua, soprattutto perché l’informazione è
vincolata ad una rappresentazione numerica (passeggiare in un parco, vede una foto di quel parco, si provano
sensazioni nettamente diverse);
2. Un vantaggio è che la digitalizzazione consente una più facile memorizzazione delle informazioni (spazio mp3,
rispetto ad un altro formato);
3. Un altro vantaggio è che le informazioni possono essere più facilmente modificate;
4. Un altro vantaggio è che la digitalizzazione facilita l’integrazione tra i diversi canali (fare un book fotografico
integrando nelle immagini con parole, musica; slide);
5. Un altro vantaggio è che le informazioni che passano attraverso i canali digitali sono meno sensibili alla
presenza di disturbi, quindi, queste informazioni non sono legate al mezzo che le trasporta.
Vi sono altre 4 caratteristiche della digitalizzazione:
• Modularità, significa la capacità attraverso la digitalizzazione di scomporre un contenuto in una serie di
elementi (possiamo costruire un brano remix, attraverso brani diversi). Ma questo ha anche delle
ripercussioni critiche, perché la dematerializzazione dei contenuti comporta la perdita o il difficile controllo
sul diritto d’autore, per questo svantaggio però è stata trovata una soluzione, ovvero la tecnologia basata
sulla BLOCK CHAIN, ovvero quelle tecnologie che oggi associamo alle criptovalute. Attraverso chiavi
criptografate si assicura la proprietà del denaro virtuale o di un’opera d’arte;
• Variabilità, riguarda la possibilità di utilizzare e modificare il contenuto per realizzarne diverse versioni
(appunti possono essere modificati con figure, con slide). Questa possibilità di modificare i contenuti è anche
ciò che ha consentito la creazione di alcuni siti che oggi sono molto utilizzati, come wikipedia, al quale
ricorriamo quando vi è un argomento che vogliamo approfondire;
• Interattività, ovvero la possibilità di fruire del contenuto secondo il proprio ordine e non attraverso una
sequenza narrativa lineare (quando entro in un sito per esplorarlo non c’è un ordine, ma lo esploro in base ai
miei interessi);
• Automazione, sostiene che alcuni medium possono svolgere in modo automatico una serie di operazioni sui
contenuti, come la correzione automatica della luminosità degli smartphone. Questo consente agli utenti di
ottenere risultati ottimali con poco sforzo, ma questo può ridurre la creatività degli utenti.

LIVELLO FISICO ARTEFATTO PRIMARIO


I contenuti digitallizzati
Quando apriamo una pagina internet o scorriamo il feed dei social, vediamo delle cose e NON dei NUMERI e questo
grazie al cuore dei media digitali, ovvero l’INTERFACCIA, quando parliamo di interfaccia, si intendono quei programmi
o software che ci consentono di accedere ai contenuti digitali. Secondo Riva, gli utenti non potrebbero accedere alle
informazioni digitalizzata senza l’interfaccia. L’interfaccia è uno strumento che:
• Consente all’utente di comunicare con i contenuti a vari livelli (leggere, postare, scaricare). Consente uno
scambio di segnali, quello che noi facciamo si traduce in codice VIBE, che la macchina legge;
• Consente di sfruttare il medium tecnologico, ovvero ci consente di raggiungere i nostri obiettivi (comprare
scarpe), dunque, l’interfaccia è uno strumento di mediazione.
• Vi sono diverse interfacce, dunque, è possibile accedere agli stessi contenuti anche utilizzando interfacce
diverse, possiamo accedere ad un qualsiasi contenuto attraverso i diversi motori di ricerca, come Google.

Questo tema è importante dal punto di vista della psicologia perché riguarda come l’utente si sente a proprio agio o
pure no nell’utilizzo di quella particolare interfaccia. Vi sono infatti, interfacce più usabili e meno usabili, inoltre, si
sono sviluppate e si stanno sviluppando interfacce con competenze molto differenti:
• Quelle relative al linguaggio di un’informazione, ovvero la possibilità di creare interfacce usabili;
• Psicologiche: che analizzano quali aspetti incidono sulla percezione di usabilità che ogni singolo utente può
avere di una certa interfaccia.
L’usabilità NON dipende solo dalle caratteristiche tecniche, dalla configurazione specifica, MA dipende anche
dall’utente e dalle sue caratteristiche personali e sociali ed è un tema molto rilevante per la psicologia perché si
riconnette con il tema dell’adattamento ai nuovi media.
Oggi ciò che ci avvicina ad usare un determinato media è il fatto di poter percepire quel media come facilmente
usabile.
L’interfaccia è il software che sta diventando sempre più indipendente dal supporto fisico, ovvero dagli hardware o
device che utilizziamo per accedere a quell’interfaccia, infatti, noi possiamo accedere al nostro social, attraverso il
cellulare, l’iwatch.

Storia- L’evoluzione dei media


Secondo Riva vi sono diverse fasi di interazione tra uomo e computer, se cambia l’interfaccia, cambia anche il modo in
cui gli utenti interagiscono con questa interfaccia e cambiano anche i bisogni e i motivi per cui le persone utilizzano i
nuovi media per soddisfare le proprie intenzioni.
Secondo Riva vi sono 4 fasi che sono collegato con particolari sviluppi tecnologici (DEVICE) con i quali interagiamo e il
tipo di interfacce:
1. Elettrica/Simbolica, caratterizzata dai computer analogici, nei quali non vi è una distinzione tra la dimensione
fisica e l’interfaccia, dunque tra l’hardware e il software, l’unico tipo di interfaccia presente in questa fase, in
cui i computer erano enormi, è quella delle SCHEDE PERFORATE. Questa fase è caratterizzata dall’utilizzo di
grandi macchine, in cui hardware e software non si distinguono e l’utente programma le attività che la
macchina deve svolgere utilizzando le schede di cartone perforate, attraverso l’inserimento di queste schede
la macchina sa quello che deve fare;
2. Testuale è la fase in cui nascono i personal computer, in cui macchina, l’hardware si separa dai software, e
consentono l’accesso all’informazione. Le interfacce che prevalgono in questa fase sono le MS-DOS, in cui vi è
uno schermo blu con delle scritte e l’utente per raggiungere il suo obiettivo, doveva digitare i comandi della
macchina. Dunque l’utente doveva possedere delle competenze di linguaggio, BASIC;
3. Grafica è caratterizzata dalla costruzione di interfacce che consentono la visione di uno spazio bidimensionale
che permette l’organizzazione spaziale delle cose (vedere cartelle, muoverle). In questa fase l’interfaccia è
caratterizzata da sistemi operativi (Windows, Macos) e si basa sull’interfaccia grafica e il concetto delle icone
con le quali gestiamo la nostra relazione con il sistema;
4. Touch, ha introdotto nell’interazione dell’uomo con il computer gli schemi corporei e schemi corporei tattili
che presentano un grosso vantaggio, perché la manipolazione è diretta e non c’è bisogno di conoscere il
linguaggio, infatti, anche i bambini riescono ad utilizzare uno smartphone, questo facilita l’utilizzo e la
relazione che l’utente può avere con i nuovi media. Inoltre, l’interfaccia touch, consente una manipolazione
diretta degli oggetti della realtà digitale e questo rende meno mediato l’utilizzo della tecnologia da parte
degli utenti.

Il computer non è nato come uno strumento di comunicazione, ma lo diventa alla fine degli anni ’60 con l’avvento di
internet e delle comunità virtuali. Dunque, inizialmente il computer nasce come un esecutore di calcoli complessi, poi
si trasforma in una macchina da scrivere evoluta, per poi diventare uno strumento di comunicazione, ovvero un mezzo
che le persone utilizzano anche per comunicare con gli altri.
Prima era semplicemente uno strumento, ora è uno strumento di mediazione delle esperienze umane, prima era un
artefatto primario, ora è un artefatto secondario e per alcuni aspetti anche terziario, ovvero uno strumento che
accompagna la vita.

INTERNET
Dunque, il computer diventa uno strumento di comunicazione grazie all’avvento di internet. Internet non è una
tecnologia in senso stretto, ma è un ambiente, come una situazione mediata dal digitale. Internet, nel linguaggio
comune viene definito come sinonimo di:
• Cyberspace, utilizzato per includere all’interno del termine internet, le caratteristiche delle reti intese come
comunità digitali. Il Cyberspace è uno spazio sociale che unisce le caratteristiche delle reti sociali tradizionali,
come l’interazione, il controllo sociale, con le caratteristiche del web, ovvero con la possibilità di condividere
contenuti. Questo concetto non è un concetto che ci piace considerare perché si tratta di una definizione
classica, basata su un linguaggio di natura tecnica, non psicologica. Il Cyberspace è un artefatto di natura
primario, ovvero un insieme di collegamenti tra persone, governato da regole proprie;
• Una seconda definizione è il Cyberplace. Questo concetto è legato alle caratteristiche fisiche delle reti virtuali,
ma anche al substrato di significati culturali, semiotici e relazionali, che sono in parte già dati, ma
parzialmente costruiti dalle persone nel momento in cui le persone li utilizzano (instagram giovani, facebook
adulti).

Uno strumento di mediazione comporta il fatto che noi ci rappresentiamo mentalmente l’utilizzo di un determinato
media.
I nuovi media, in quanto strumenti di mediazione, comportano dei cambiamenti, che riguardano sia gli utenti che le
tecnologie, che possiamo rintracciare:
• A livello individuale, cambiano i comportamenti, i significati attribuiti ai medium e le pratiche (contattare
amico, NO telefonicamente, ma tramite un Whatsapp). Dunque, cambiano anche le strutture cognitive, il
modo di esprimere e sperimentale le emozioni, quindi, utilizzare i nuovi media ha una ripercussione sugli
utenti;
• A livello sociale, cambiano i modi di utilizzare le tecnologie, ovvero cambiano i bisogni e i modi in cui
utilizziamo le tecnologie;
• A livello tecnologico, se cambia il nostro modo di utilizzare la tecnologia, la tecnologia cambia per adattarsi ai
nostri bisogni.

Dunque, secondo Riva, NON siamo utenti PASSIVI, ma contribuiamo con i nostri modi di relazionarci alle tecnologie, ai
cambiamenti sociali, tecnologici. Questo concetto viene spiegato da riva attraverso la metatecnologia.

METATECNOLOGIA
Le metatecnologie sono delle pratiche condivise che strutturano l’uso individuale e sociale delle tecnologie, come il
PHUBBING, che suscita emozioni differenti e si tratta di una pratica sociale condivisa in cui le persone stanno al
telefono non tenendo conto di ciò che li circonda. Il Phubbing è uno strumento di mediazione ed è un modo
particolare di utilizzare i media, su questo la psicologia si è espressa definendola come una pratica negativa che
comporta l’esclusione sociale, che ha ripercussioni sulle relazioni all’interno della famiglie o altri tipi di relazione. Oggi
il phubbing è uno strumento di mediazione, ma anche nelle generazioni passate vi erano degli strumenti di
mediazione, ad esempio quando i maschi giocavano con la palla o le bambine sfogliavano una rivista, in questo caso
come anche in quello del Phubbing vi è un MEDIUM di mezzo. Il phubbing di per sé NON è una pratica negativa, ma
può diventarlo in determinati contesti, lo diventa se viene utilizzato come un mezzo per escludere gli altri. La
letteratura psicologica riguardo i media, tende a descrivere gli aspetti negativi.
Le metatecnologie, sono caratterizzate da 3 aspetti:
1. EVENTO DI ROTTURA, rende possibile utilizzare una tecnologia in modo diverso (whatsapp invece degli sms).
Un evento di rottura che rende possibile un trasferimento;
2. TRASFERIMENTO, ovvero la possibilità di sfruttare la nuova pratica per risolvere un problema pratico (costo
sms) o per facilitare il raggiungimento di un bisogno (mandare messaggio mentre si guida);
3. CONDIVISIONE della conoscenza della nuova pratica all’interno del contesto sociale, se a seguito di un evento
di rottura ci trasferiamo da un sistema di comunicazione tramite sms, ad un sistema di comunicazione come
Whatsapp, se gli altri non lo usano, la comunicazione non si verifica, quindi, bisogna condividere questa
nuova pratica.
Le nuove tecnologie pensate a tavolino, rischiano di fallire, proprio perché è importante che le tecnologie vengano
elaborate sulla base dei bisogni degli utenti.

Riva distingue 4 tipi di interfaccia, alle quali corrispondono 4 tipi di generazione e quindi 4 tipi di comunicazione:
• INTERFACCIA testuale, riguarda la generazione degli anni ’70, basata su una COMUNICAZIONE testuale;
• INTERFACCIA del web, riguarda la generazione degli anni ’80, basata su una COMUNICAZIONE multimediale;
• INTERFACCIA del web 2.0, riguarda la generazione degli anni ’90, basata su una COMUNICAZIONE
multimediale;
• INTERFACCIA del touch-screen, riguarda la generazione del 2007-2010, basata su una COMUNICAZIONE
caratterizzata dalla manipolazione diretta;
• INTERFACCIA del web 3.0.

Bisogna analizzare quali strumenti venivano utilizzati, le nuove pratiche ovvero le metatecnologie che lui associa a
queste fasi:
1. Fase TESTUALE, gli strumenti utilizzati sono gli ambienti:
• Asincroni, come le mail, sms;
• Sincroni come le Internet Relate Chat e i MUD, ovvero i primi ambienti virtuali. In questo caso nei
videogiochi vi era un linguaggio testuale (prendi arma, attacca avversario);
Le nuove pratiche o metatecnologie di questa fase:
• Consentivano di comunicare con altre persone in modo indipendente dal contesto fisico in cui ci si
trovava;
• Permisero di costruire nuove pratiche come:
→ La costruzione di comunità virtuali, sono state definite:
✓ Da Melbourne come aggregazioni sociali che emergono dalla rete, quando un
certo numero di persone porta avanti delle discussioni pubbliche sufficientemente
a lungo, come i FORUM, dove le persone dibattono. Oggi le comunità virtuali,
sono i social, le comunità che si organizzato attorno ad interessi specifici, come
fandom, videogiochi;
✓ Secondo Riva le comunità virtuali sono spazi elettronici in grado di consentire la
creazione di relazioni significative;
→ La costruzione di un nuovo linguaggio, caratterizzato di acromini, abbreviazioni, le prime
emoticon. Gli utenti hanno sviluppano una forma di linguaggio per rendere questo tipo di
comunicazione più veloce possibile e questo attraverso:
I. Neologismi e onomatopee che esprimo stati emotivi specifici (ahah, uuu);
II. Acronimi condivisi di espressioni idiomatiche legate all’espressione di emozioni specifiche (LOL, WTF,
OMG);
III. Punteggiatura, per esprimere emozioni e questo utilizzandola per rappresentare delle espressioni
facciali o delle intenzioni (!!! )
IV. Maiuscole, vengono utilizzate soprattutto per esprimere collera o enfasi (TI ODIO, quel film è
PAZZESCO).
2. Seconda fase WEB, ovvero del WORLD WIDE WEB (www)
Si tratta di strumenti che ruotano attorno ad un browser, ovvero portali, siti che Riva distingue in 4 categorie:
a) Siti orientativi, ci consentono di orientarci nel web, sono motori di ricerca (Google);
b) Siti informativi, si tratta di giornali online e consentono di ottenere informazioni;
c) Siti comunicativi, consentono di comunicare con altri utenti attraverso email, webchat;
d) Siti strumentali che consentono all’utente di ottenere un determinato servizio (Amazon, Netflix)

Le metatecnologie che Riva associa a questa fase hanno comportato:


• L’accesso ad un’enorme intelligenza distribuita. È un vantaggio che ha portato ad una mobilitazione delle
competenze;
• Uno svantaggio è la demateralizzazione dei contenuti, che ha comportato la riduzione del valore percepito
dei contenuti digitali (scaricare musica, svuotamento diritto di autore) e la diffusione della pirateria;
• Trasformazione dello spettatore in SPETTAUTORE, l’utente sceglie attivamente ed elabora i contenuti in base
alle proprie esigenze.
3. Terza fase, interfaccia Web 2.0 che segna un passaggio importante nell’ambito dell’interazione tra uomo e computer,
perché è una fase caratterizzata da ambienti di espressione multimediale, la vera multimedialità si presenta con
l’avvento del web 2.0. Finalmente l’utente non è più utente, ma diventa un utente capace di creare, elaborare e
condividere contenuti all’interno di contesti caratterizzata da una forma comunitaria virtuale. L’epoca precedente era
caratterizzata dal web master che produceva dei contenuti che venivano usufruiti dagli utenti definiti come internauti,
i quali potevano far propri i contenuti presenti sul web, ma non erano utenti attivi, non producevano contenuti,
mentre con il web 2.0 gli internauti, diventano dei contributori, dei produttori dei contenuti che commentano e
comunicano.
Secondo Riva, la novità che caratterizza questa interfaccia è il passaggio dalla definizione di CONSUMER a PROSUMER:
• Il consumer consuma contenuti;
• Il prosumer consuma e produce i contenuti.
Riva per descrivere questo passaggio parla del passaggio dallo SPETTAUTORE a COMMENTAUTORE, una persona che
non solo produce contenuti, ma li commenta anche, facendoli diventare anche virali.
L’altro aspetto del web 2.0 è la nascita delle reti sociali che fanno emergere la dimensione comunitaria.
Le caratteristiche di questa interfaccia sono:
• La facilità d’uso, ovvero l’interfaccia grafica, l’approccio agli oggetti, l’utilizzo di icone che facilitano l’uso da parte degli
utenti;
• La dimensione espressiva, come i social, che permettono agli internauti di poter esprimere e generare nuovi
contenuti;
• La dimensione comunicativa, la dimensione comunicativa bidirezionale in questa fase si potenzia, mentre nell’era
precedente vi erano solo alcuni forum, chat;
• La dimensione comunitaria, che ci ricorda come all’interno di questa interfaccia i contenuti finali sono sempre il
risultato di una comunità di utenti che hanno un ruolo attivo nel produrre, nel creare, nel commentare e condividere
contenuti.

Gli strumenti di questa fase sono:


→ Strumenti espressivi, sono quelli che consentono all’utente di costruire e condividere i contenuti, dunque,
consentono all’utente anche di esprimere sé stesso (postare foto). Si tratta di sistemi di condivisione di contenuti
multimediali come blog, Youtube;
→ Strumenti collaborativi, consentono all’utente di lavorare con altri per raggiungere un obiettivo comune, come
Wikipedia;
→ Strumenti relazionali, consentono agli utenti di presentare sé stessi nell’ambiente virtuale, ma anche di identificare
gli altri utenti con cui potersi relazionare, come i social network (Instagram, Tiktok).

Per quanto riguarda le metatecnologie in questa fase vi sono:


→ Il corpo virtuale si separa dall’identità del soggetto e diventa uno strumento comunicativo ed espressivo che può
essere utilizzato anche a scopi strategici. Quindi, gli strumenti comunicativi utilizzati in quest’epoca, pongono
all’attenzione degli psicologi, un altro spunto di riflessione, ovvero come le persone possono utilizzare questo
strumento. Questa riflessione si basa su tutte quelle pratiche che richiamano al bisogno degli utenti di presentare
sé stessi agli altri, ovvero di creare immagini virtuali di sé stessi, che possono essere statiche (foto profilo) o
possono anche essere tridimensionali (avatar), utilizzati per giocare all’interno dei mondi virtuali e si staccano dal
corpo del soggetto, ovvero diventano delle identità digitali, ovvero dei modi con cui le persone si presentano ed
agiscono online che possono avere delle somiglianze con l’identità offline, ma possono anche essere delle
rappresentazioni di sé stessi differenti dall’identità offline. Questo costituisce un ambito di studio interessante che
analizza quali ripercussioni psicologiche possono essere provate dagli utenti che utilizzano o meno avatar simili o
differenti dalla loro identità online. Dunque, il corpo virtuale diventa uno strumento comunicativo, noi non
comunichiamo con il nostro corpo reale, ma attraverso l’alter ego digitale. Questo significa che a volte, questa
identità digitale può acquisire una totale autonomia e stabilità nel mondo virtuale, inoltre Riva sottolinea come
questa separazione dal corpo reale, possa spesso determinare un ANALFABETISMO EMOTIVO, Questo è causato
dal fatto che vi è l’anonimato visivo, ovvero non abbiamo la possibilità di vedere la persona reale che c’è dietro ad
un determinato avatar. Dunque, dal momento che l’ambiente è totalmente simulato, dimentichiamo l’altro. Per
questo bisogna affermare che il corpo è una dimensione importante in termini empatici ed online questa
dimensione viene meno, ma questo può essere evitato attraverso la creazione di ambienti che favoriscano quella
che gli studi definiscono come una più alta presenza sociale, ovvero la percezione che l’utente ha di quanto l’altro
con cui sta interagendo è realmente presente. Questa presenza sociale può essere incoraggiata rendendo gli
ambienti virtuali più simili a quelli reali ed attraverso una comunicazione che renda visibile l’altro;
→ La nascita di uno spazio sociale ibrido che Riva definisce INTERREALTA’. Questo termine indica il fatto che il mondo
online ed il mondo reale non devono essere considerati separati, un esempio possono essere i TAG, che possono
incidere anche sulla vita offline (foto oscena).

4. L’ultima fase è caratterizzata dall’interfaccia TOUCH, si tratta di interfacce che permettono di interagire con i nuovi
media utilizzando il corpo. Secondo Riva, il touch comporta la fruizione dei contenuti diventa esperienza, ovvero
diventa più immersivo. In questa fase di passa dalla comunicazione DISINCARNATA, ad un’interazione INCARNATA che
facilità l’interazione uomo-computer ed inoltre richiede l’uso della corporeità, ma viene meno lo strumento fisico,
ovvero NON interagiamo battendo i tasti, ma con il nostro corpo. Questo è un fatto importante che facilità l’uso e
l’immersione all’interno dei media, fino ad arrivare all’espressione massima di interazione incarnata attraverso i
caschi.

FUTURO DEI NUOVI MEDIA


Il futuro sta guardando verso nuove modalità di uso dei nuovi media.
Il futuro dei nuovi media riguarda diversi ambiti di ricerca come il metaverso, cloud computing, sistemi di intelligenza
artificiale, realtà virtuale.

Riva descrive 3 trend che nel 2012 stavano guidando il futuro dei nuovi media:
1. I contenuti stanno diventando indipendenti dalle tecnologie (cloud computing). I contenuti all’interno dei new media
vengono dematerializzati, ovvero non solo più legati al supporto fisico nel quale sono contenuti, non sono più legati ai
computer, infatti, possiamo usarli anche attraverso gli smartphone, le smart TV. Dunque, il cloud computing ci
permette di consultare e manipolare lo stesso contenuto su device diversi e consentono un lavoro condiviso, ovvero
diversi utenti possono lavorare in remoto sullo stesso contenuto (Icloud). Inoltre, i device tendono ad evolversi e a
fondersi tra loro ed ognuno di loro svolge diverse funzioni;
2. I contenuti non sono messaggi, ma sono delle esperienze, ovvero l’interfaccia touch e la realtà virtuale hanno reso la
fruizione dei contenuti come un’esperienza per le persone. Infatti, vi sono settori di ricerca che cercano di similare
all’interno dei media i contesti della realtà offline e questo è possibile attraverso l’interazione incarnata resa possibile
da dei device che coinvolge i canali sensoriali.
Attraverso questa tecnologia è possibile trasformare l’interazione mediata in un’esperienza attraverso il concetto
psicologico definito EMBODIMENT, ovvero l’implicazione del corpo all’interno dell’ambiente, questo grazie alla
realizzazione di strumenti tecnologici in grado di sviluppare la competenza SIMULATIVA, di sentirsi come se si fosse in
quel particolare ambiente digitali. I prodotti che consentono di potenziare la nostra capacità simulativa, ovvero vivere
esperienze in mondi virtuali e sono:
→ Affecting computing, si tratta di prodotti digitali che riguardano le emozioni. L’affecting computing è un ramo
dell’intelligenza artificiale che si propone di realizzare device in grado di riconoscere ed esprimere le emozioni. È
fondamentale lavorare sulle emozioni per cercare di ridurre la discriminazione, inoltre le emozioni sono importanti
per gli acquisti online, indurre uno stato positivo all’acquirente per convincerlo a comprare quel determinato
prodotto.
Gli ambiti di applicazione dell’affecting computing sono:
1) Ambito dell’espressione emotiva, si tratta di un ambito di studi che cerca di realizzare delle interfacce in grado di
riprodurre le espressioni facciali dell’essere umano
2) Ambito del riconoscimento emotivo, cercano di creare prodotti in grado di riconoscere lo stato emotivo degli
utenti e siano in grado di ottimizzare le informazioni ottenute (MORPHCAST);
3) Ambito della manipolazione emotiva, studia i modi di influenzare l’utente quando interagisce con la macchina;
4) Ambito della sintesi emotiva, ovvero fare in modo che le macchine possano sentire le emozioni.
→ Pesuasive computing, quella branca di ricerca che cerca di capire come poter persuadere le persone a modificare i
loro comportamenti o delle abitudini alimentari negative, si tratta di prodotti che cercano di migliorare la qualità di
vita delle persone. Alcuni aspetti negativi sono i POP-UP che si aprono ricordando ad esempio l’oggetto che
avevamo osservato per convincerci a comprarlo. Inoltre, questi prodotti possono creare camere d’eco che possono
polarizzare i falsi miti (NOVAX);
→ Serius game, si tratta di giochi seri che possono essere utilizzati come strumenti di motivazione di apprendimento,
hanno la funzione di far apprender le persone divertendosi;
→ Realtà virtuale, si tratta di un ambiente tridimensionale in cui i soggetti interagiscono tra di loro e con l’ambiente
come se fossero veramente al loro interno. Si tratta di ambienti immersivi o non immersivi, vi sono anche diversi
gradi di immersività come:
• MOG, ovvero realtà virtuali non immersive, perché necessitiamo di un joystick o di una tastiera per muovere il
personaggio;
• Gli ambienti immersivi sono quei prodotti che richiedono un’attrezzatura come i caschi o i sensori.
3. Le esperienze mediali si fondano con quelli reali, creando quello spazio sociale ibrido, ovvero l’interrealtà, che
consente il superamento dei confini tra il mondo reale e i media ed è visibile in diversi ambiti, come nei social network
e in altri settori tecnologici. Vi sono altre aree di ricerca sono:
1) UBIQUITUS COMPUTING, ovvero la possibilità di accedere alle informazioni in qualsiasi momento ed in qualsiasi
luogo;
2) L’INTERNET DELLE COSE, ovvero gli oggetti fisici della quotidianità che comunicano tra di loro (frigo quando vuoto
invia ordine al supermercato);
3) IPERREALTA’, capace di integrare la realtà fisica con la realtà virtuale. La realtà aumentata riguarda quelle app
come quelle dell’IKEA, capace di farci vedere come starebbero degli oggetti nelle nostre case ed inoltre
consentono di vedere ad esempio i negozi mentre percorriamo un percorso (Google Maps);
4) AMBIENTI INTELLIGENTI, capaci di adattarsi alle caratteristiche degli utenti (luci in casa, ti siedi sul divano, le luci si
abbassano).

4. Un altro trend riguarda i sistemi di intelligenza artificiale, in particolare quelli al servizio del benessere e della scienza.
L’intelligenza artificiale utilizza dati provenienti da diverse fonti come le cartelle cliniche, le immagini, le telecamere e
la maggior parte di queste derivano dai BIG DATA, ovvero quelle informazioni raccolte automaticamente, senza
l’intervento dell’essere umano. In questo caso le informazioni vengono archiviate automaticamente per poi generare
una quantità di dati smisurata in continua espansione.
Secondo Bennato i BIG DATA hanno 3 caratteristiche, definite le 3 V:
→ V come VOLUME, i big data contengono una quantità inimmaginabile di informazioni;
→ V come VELOCITA’, riguardano il sistema con cui queste informazioni possono essere archiviate, cercando di
rendere veloce l’archiviazione di questa massa smisurata di informazioni;
→ V come VARIABILITA’, ovvero vi sono fonti diverse da cui derivano le informazioni, che possono essere inoltre di
diversa natura (testi, immagini).
Vi sono 2 posizioni in merito agli aspetti positivi e negativi legati ai big data:
• UTOPICI, si tratta di quelle aspettative ottimiste riguardo le tecnologie e che credono che i big data siano capaci di
migliorare la nostra vita, prevenire determinate malattie, dunque, di salvaguardare il benessere degli esseri umani.
Inoltre, cercano di raccogliere dati per la ricerca scientifica;
• DISTOPICI sono quelle aspettative negative legate al timore che i big data possano controllare la nostra vita,
reprimere le voci di dissenso politico.

NUOVE TECNOLOGIE ABILITANTI


Si tratta di 5g, intelligenza artificiale…
Per quanto riguarda i sistemi di intelligenza artificiale consentano e facilitano le operazioni della vita quotidiana e tra
questi vi sono:
• I BOT, come Alexa, Siri;
• L’internet delle cose.
Quando parliamo di intelligenza artificiale, parliamo di sistemi di automazione, l’automazione è una delle
caratteristiche della digitalizzazione e riguarda quel procedimento che ci permette di scomporre la realtà in codici
digitali e ci consente di fruire i contenuti digitali.
Riva distingue 3 sistemi di automazione:
1. Sistemi di automazione di basso livello, sono quelli che consentono di migliorare il contenuto digitale rendendolo
trasparente, ovvero facilitando l’uso che l’utente può fare di questo dispositivo. I sistemi di automazione di basso
livello sono le calibrazioni della luminosità dei sistemi per la fotografia, per i software
2. Sistemi di identificazione basati su radiofrequenze, ovvero consentono il riconoscimento di oggetti, animali, persone,
sfruttando il sistema delle onde radio e tra questi vi sono le carte di credito, sistemi riguardo la spedizione dei pacchi;
3. Realizzazione di agenti intelligenti, capaci di interagire con l’ambiente e con le persone. Tra questi agenti che sfruttano
la tecnologia dell’intelligenza artificiale, vi sono gli agenti conversazionali come Siri, i robot (prototipi).

L’intelligenza artificiale AI è l’abilità di una macchina di mostrare delle capacità umane, come il ragionamento,
l’apprendimento, la creatività ed anche l’emotività. Inoltre, questa permette ai sistemi di capire l’ambiente circostante
e di risolvere i problemi. Il computer riceve i dati, li raccoglie, li processa e risponde.
Vi sono 2 sistemi che sfruttano l’intelligenza artificiale:
• Software, come assistenti vocali, sistemi di riconoscimento facciale o vocale;
• Sistemi di intelligenza artificiale incorporata come i robot, i droni, i veicoli autonomi.

L’intelligenza artificiale apre frontiere interessanti ed è caratterizzata da diverse applicazioni come:


• Ricerche online, Google si basa sull’intelligenza artificiale e ci fornisce del materiale che si adatta alle nostre esigenze;
• Shopping in rete;
• Veicoli;
• Case intelligenti;
• Cyber sicurezza;
• Trasporti;
• Salute;
• AI nelle fabbriche.

OPEN DATA
Il dibattito sugli open data nasce con la necessità di raccogliere big data e la necessità di controllare la qualità dei dati
archiviati. Gli open data sono quegli insieme di dati che sono disponibili online per il libero accesso da parte degli
utenti. Questo si basa sull’OPEN KNOWLEDGE, ovvero la volontà di rendere la conoscenza scientifica aperta,
distribuita.
I nuovi media consentono tutto questo, ma al tempo stesso la possibilità di mettere a disposizione le conoscenze al
mondo, significa anche regolamentare e tutelare la qualità di questi dati e questo comporta nascita di requisiti che gli
open data devono avere. I requisiti che gli open data devono avere sono:
• Accesso, ovvero devono essere accessibili online senza costi e in formati digitali che ne consentano la modifica;
• Redistribuzione, non devono esservi limiti alla distribuzione gratuita o a pagamento senza royalty, questo significa che
il creatore della fonte non prende soldi;
• Riutilizzo, ovvero deve essere consentita la modifica e la creazione di opere derivate, citando la fonte. Queste opere
derivate devono essere a loro volta distribuite e modificate.

Vi sono open data utili per la ricerca scientifica e quello più utilizzato è il REPOSITORY del Center for Open Science,
dove vi sono progetti preregistrati, ovvero il progetto viene registrato prima di essere attivato, impreventati
attraverso i materiali raccolti in quel progetto di ricerca, vi sono questionari, database e articoli.
Gli articoli pubblicati hanno 3 badge:
• Preregistered, indica che lo studio è preregistrato e inoltre indicato il repository dove gli autori hanno preregistrato il
progetto;
• Open data, indica che in qualche repository vi sono i dati raccolti, che possiamo utilizzare per costruire nuove ipotesi;
• Open materials, indica che quell’articolo ha materiali aperti, come le tabelle, questionari, utili per comprendere
meglio l’articolo. Tra questi vi è l’open knowledge map che fornisce una mappa dei documenti presenti in rete
riguardo un determinato articolo.

BLOCKCHAIN
La blockchain riprende diversi temi:
• La dematerializzazione;
• La decentralizzazione, ovvero gli utenti hanno la possibilità di gestire i dati, l’utente diventa PROSUMER;
• Permette di tenere i blocchi in sicurezza e questo permette di mettere un freno alla pirateria e alla NFT, dunque, si
tratta di opere originali perché viene salvaguardato il diritto d’autore.

METAVERSO
Lorenzo Montagna descrive il metaverso come la prossima internet. Il metaverso è un modo di vivere internet che si
basa sul 4g, le velocità di banda, sulla realtà virtuale, sul blockchain.
Il metaverso può essere articolato in 3 categorie:
1. Virtual reality, che utilizza come tecnologia la realtà virtuale per esplorare mondi, ovvero quella tecnologia che ci
permette di esplorare musei, visitare New York, ovvero ambienti realistici o meno;
2. Mondi sociali virtuali, ovvero una sorta di social network tridimensionale che consentono agli utenti di fare le stesse
cose che fanno sui social network bidimensionali, ma in modo immersico;
3. Blockchain, ovvero le criptovalute e delle NFT.

Vi è una mappa elaborata da Vincenzo Cosenza che classifica i mondi digitali lungo due dimensioni:
• Economia interna del Metaverso, ovvero blockchain;
• La tecnologia di accesso al Metaverso, ovvero app o strumenti utilizzati attraverso la realtà virtuale.
Queste nuove tecnologie ci lasciano degli interrogativi, quello principale è ‘’Come cambierà la relazione tra uomo e
nuovi media?’’.
Queste tecnologie potrebbero avere dei risvolti applicativi positivi nell’ambito della psicologia, ma potrebbero anche
creare dei problemi.
Oggi sappiamo poco delle ripercussioni di queste nuove tecnologie in ambito psicologico, dunque, è fondamentale
mantenere sempre una visione BINOCULARE, ovvero saper osservare gli aspetti:
• Negativi, in termini delle patologie che interessano l’ambito della psicologia clinica, ma anche in termini relazionali e
sociali;
• Positivi che queste tecnologie possono offrire, cercando di individuare le potenzialità e i benefici che queste
tecnologie possono avere sul benessere dell’essere umano.

TECNOLOGIA POSITIVA TP
Riva si colloca sul versante della tecnologia positiva, ovvero quell’approccio scientifico applicativo che usa la
tecnologia per modificare le caratteristiche della nostra esperienza aumentandola, con il fine di migliorare la qualità
della nostra esperienza personale ed aumentare il benessere degli individui.
Riva basa la sua idea di tecnologia positiva sul modello teorico di Sellgman, che distingue 3 dimensioni:
1. La vita piacevole, ovvero queste tecnologie garantiscono il benessere delle persone e si tratta di tecnologie EDONICHE,
come i videogiochi. La vita piacevole può essere influenzata dalla sperimentazione di emozioni positive;
2. La vita coinvolgente, ovvero attraverso il coinvolgimento in attività gratificanti e l’uso delle proprie capacità e questo
grazie alle tecnologie EUDAIMONICHE, che aiutano a raggiungere esperienze coinvolgenti ed autorealizzanti, come la
realtà virtuale;
3. La vita dotata di senso, attraverso il perseguimento di uno scopo più ampio di sé stessi, grazie alle tecnologie SOCIALI
e INTERPERSONALI, che aiutano a migliorare le integrazioni sociali.

La tecnologia positiva si basa sulle tecnologie esperenziali (affecting, persuasive, serius games…) e interviene
sull’esperienza:
• Strutturando l’esperienza su un obiettivo, attraverso regole e un sistema di feedback;
• Aumentando l’esperienza con l’aggiunta di altri elementi multimodali (realtà aumentata);
• Sostituendo l’esperienza reale con una sintetica (fobie).

Gli effetti dei nuovi media


I temi principali sono:
• I nuovi media e il cambiamento, un tema centrale della cyberpsicologia che analizza i cambiamenti che l’utilizzo dei
nuovi media può generare negli utenti. La cyberpsicologia, recentemente è stata definita da Riva TECNOPSICOLOGIA,
che è quella disciplina che studia l’impatto dell’uso delle nuove tecnologie sulla mente e delle PSICOTECNOLOGIE. Le
psicotecnologie sono le tecnologie non necessariamente digitali (alfabeto, scrittura, social media) che estendono,
amplificano la capacità della nostra mente di acquisire, organizzare e comunicare nuove conoscenze, dunque, tutte
quelle tecnologie che hanno un effetto sulla capacità della nostra mente di organizzare il modo di funzionare. Quando
le psicotecnologie diventano parte della nostra esperienza quotidiana, il modo in cui le utilizziamo cambia il nostro
modo di pensare, agire e percepire il mondo. Gli studi all’interno della psicologia cognitiva hanno dimostrato che le
nuove tecnologie se usate in modo trasparente, in modo costante, tendono a cambiare il modo in cui la mente
funziona.
Riva cerca di rispondere alla domanda ‘Siamo noi che cambiamo i media o sono i media che cambiano noi?’. La
risposta a questa domanda trova 2 posizioni contrastanti in letteratura:
→ DETERMINISMO TECNOLOGICO, di McLuhan e della Scuola di Toronto, secondo i quali la tecnologia produce
cambiamenti precisi e necessari che vanno a strutturare i contesti storico e sociali in cui queste tecnologie si
collocano. Dunque, la tecnologia viene considerata una variabile INDIPENDENTE che struttura i modi di essere della
società struttura i modi e le forme dell’organizzazione sociale.
Secondo McLuhan il medium è un messaggio/massaggio, ovvero l’autore sostiene che i medium sono un’estensione
degli organi di senso, ovvero considera la tecnologia come qualcosa di fisico che comporta un contatto fisico che
influenza l’esperienza sensoriale a seconda del:
• Numero di canali sensoriali impiegati;
• Il livello di definizione o intensità con cui i messaggi vengono costruiti.
McLuhan distingue 2 tipi di media:
 Media caldi, ovvero le culture ESPLOSIVE, che consentono di trasferire il messaggio comunicativo attraverso la
trasmissione di una quantità di dati elevata, dettagliata, ma che passa attraverso un unico canale, o visivo o
uditivo. Inoltre, questo tipo di media non richiedono la partecipazione da parte degli utenti (opera d’arte,
fotografia);
 Media freddi, ovvero le culture IMPLOSIVE, coinvolgono diversi canali sensoriali trasmettendo un messaggio a
bassa intensità (televisione), ovvero se io mi limito ad ascoltare non riesco a cogliere il messaggio, quindi, richiede
un alto grado di partecipazione, perché bisogna impegnare gli organi visivi ed uditivi. Si tratta di un messaggio
frammentato perché passa attraverso più canali (visivo, uditivo).
Secondo l’autore, l’uso dei medium nella loro fisicità condiziona la forma e i contenuti del messaggio e modifica la
percezione del messaggio, implicando una maggiore o minore partecipazione dell’utente. (Se ascolto lo stesso
contenuto alla radio o alla televisione la forma e i contenuti sono diversi ed anche il modo in cui percepisco il
messaggio è diverso). Secondo McLuhan, il medium inteso nella sua fisicità andasse a MASSAGGIARE l’utente,
modificando il modo in cui l’utente percepisce il messaggio.
La Scuola di Toronto, parte dal presupposto che logica e razionalità non sono caratteristiche intrinseche della mente
umana, ma sono il passaggio dall’oralità alla scrittura. Questo spostamento dal canale uditivo al canale visivo, porta
all’utilizzo di nuovi strumenti perché comportano l’utilizzo di processi di codifica, elaborazione e recupero delle
informazioni. Questi strumenti sono totalmente diversi da quelli utilizzati nelle società prevalentemente orali. Questo
spostamento nasce dalla necessità di separare le parole dalle cose, di riconoscere un linguaggio formale, quindi, la
capacità di utilizzare processi di codifica, elaborazione recupero delle informazioni. Secondo gli autori questo
spostamento ha portato lo sviluppo di processi di pensiero non più basati sul qui e ora, ma erano legati a successioni a
gerarchie. Dunque, ha comportato il passaggio dall’intelligenza simultanea (qui e ora), all’intelligenza sequenziale.
Secondo questa prospettiva vi è un rapporto di causa-effetto lineare tra le tecnologie, i cambiamenti a livello
tecnologico e la strutturazione del pensiero e della mente umana. In questo caso sono gli uomini che si adattano alle
tecnologie.
La tecnologia modifica il modo di comunicare e i contenuti che comunichiamo, ma anche i processi sensoriali e
cognitivi da esso coinvolti, portando ad un nuovo modo di pensare, sentire ed interagire con gli utenti.
Questo modo di percepire il rapporto tra tecnologia e cambiamento oggi trova sostegno nel concetto di BRAINFRAME
di Derrick De Kerckhove. Secondo l’autore un brainframe digitale è l’insieme di schemi che si sviluppano durante
l’interazione con i media digitali e che strutturano l’esperienza che gli utenti fanno dei media digitali. Un brainframe è
un qualcosa di diverso da un atteggiamento, da un modo di vedere le cose, ma è uno schema cognitivo che le persone
costruiscono attraverso l’uso costante dei media tecnologici e con i quali vanno a strutturare la loro esperienza. I
brainframe ci permettono di simulare mentalmente come possiamo utilizzare i nuovi media, si tratta di azioni
inconsapevoli, messe in atto senza applicare il pensiero razionale, poichè abbiamo già lo SCRIPT delle azioni, perché
ormai si tratta di strumenti trasparenti pe l’utente. Questo:
• Libera risorse cognitive che possono essere utilizzate in modo produttivo;
• Consente di identificare in una situazione delle opportunità che chi NON ha lo stesso brainframe NON riesce ad
identificare (genitori fanno fatica a capire senso di tanti selfie). Per altre generazioni, come i nostri nonni, che non
hanno lo stesso nostro brainframe, il mezzo è opaco, quindi, devono capire come funziona e per capire devono
mettere in atto il pensiero razionale.

Riva, cerca di comprendere quali sono le DIMENSIONI COGNITIVE che vengono modificate dai nuovi brainframe,
ovvero cerca di comprendere quali sono le ripercussioni di questo uso intuitivo degli strumenti, sui processi cognitivi
dell’essere umano. Riva individua 2 dimensioni cognitive sulle quali si riversano le conseguenze, derivanti dall’uso
inconsapevole, ma funzionale degli strumenti digitali:
• Percezione spaziale corporea, ovvero l’autore sostiene che i brainframe modificano le percezioni del corpo e dei luoghi
fisici:
➢ Riducendo la possibilità di utilizzare i nostri schemi corporei automatici in relazione alla posizione del nostro corpo
nello spazio. Quindi, gli schemi corporei automatici non possono essere utilizzati in internet e questo ha delle
ripercussioni sul modo con cui la nostra mente funzione;
➢ Estendono i confini di spazio e corpo, attraverso le comunità virtuali, le realtà virtuali immersive, ovvero quando
noi trasferiamo i confini del nostro corpo sull’avatar che ci permette di interagire nel mondo virtuale. Questo è
importante nell’ambito della psicologia, poiché permettono di mettere in atto alcune terapie, ad esempio quelle
relative alle fobie, attraverso le realtà virtuali;
• Permettono agli utenti di sperimentare emozioni forti, ma si tratta di emozioni disincarnate. Questi brainframe
digitale però hanno anche un’influenza negativa, ovvero comportano una difficoltà nel riconoscere le proprie
emozioni e quelle altrui, definito ANALFABETISMO EMOTIVO. Questa riflessione si basa sui neuroni specchio, ovvero
all’incapacità di una persona che senza la fisicità dell’altro non riesce a comprendere come può sentirsi;
→ COSTRUZIONISMO SOCIALE, di Williams, il quale sostiene che la tecnologia viene prodotta dall’uomo, ovvero, che la
tecnologia è il prodotto di forze sociali e culturali. In questo caso la tecnologia è una variabile DIPENDENE. Ogni
medium, ogni strumento tecnologico è sempre situato, perché è il prodotto delle pratiche che l’hanno determinato,
quindi, ogni medium produce effetti sul soggetto che si trova in quel determinato contesto nel quale le pratiche hanno
generato quell’innovazione tecnologica.
Williams sposta il focus dallo strumento all’UTILITA’, quindi, il focus non è più lo strumento fisico, ma il focus diventa
l’utilità della tecnologia all’interno di particolari contesti. Secondo questa prospettiva NON esistono media universali,
ma vi sono media situati, che nascono in un gruppo sociale caratterizzato da una serie di pratiche ed intenzioni
specifiche. Secondo l’autore la configurazione fisica di un determinato strumento tecnologico non ci spiega il modo in
cui può essere utilizzato, dato uno strumento, come un social, possono esservi modi diversi di utilizzarlo. Non tutte le
tecnologie sono medium, ovvero strumenti di mediazione della realtà. Non è la rete di internet a mediare le nostre
relazioni, ma il modo in cui gli utenti vivono internet media il rapporto con la realtà.
Per quanto riguarda queste due posizioni:

McLuhan: Williams:
1. La genesi di un medium (come la scrittura) 1. La genesi di un medium ha un’origine psico-
ha un’origine psico-biologica, ovvero sociale;
l’autore la definisce come una protesi allo 2. Il medium pensato per raggiungere un
stress; obiettivo può poi essere utilizzato con
2. Il medium nasce sempre con uno scopo finalità totalmente differenti;
preciso, ovvero risolvere lo stress; 3. Gli effetti del medium possono
3. Ogni medium produce un effetto specifico differenziarsi a seconda del contesto
Secondo Riva, il determinismo tecnologico e il costruzionismo sociale NON sono due modelli ANTITETICI, ma sono due
modelli che spiegano fasi diverse del rapporto tra medium, soggetto e società. L’autore ricorre alla prospettiva di
Vygotsky, per spiegare la sua posizione. Secondo Vygotsky, il rapporto tra uomo e medium (nel suo caso si riferiva alla
scrittura), è un rapporto bidirezionale, infatti, l’uomo supera i vincoli dell’ambiente esterno tramite i media (distanza
attraverso nuovi media). Inoltre, l’uso che le persone fanno dei media, modifica i media stessi.
Riva elabora la TEORIA DELL’INTERAZIONE SITUATA, nella quale spiega attraverso quali processi i nuovi media
modificano e sono modificati dalle pratiche di interazione sociale, inoltre il concetto delle metatecnologie è un
concetto centrale, che spiega il processo di reciproca influenza tra tecnologia e uomo.

• Adattamento ai nuovi media, può essere spiegato attraverso il TASK ARTIFACT RIDE, che descrive il processo di
rimediazione o riposizionamento nei confronti dei nuovi media. Questo processo viene descritto attraverso un
processo caratterizzato da:
1. Insoddisfazione nei confronti dei media esistenti (Facebook non soddisfa più);
2. Questa insoddisfazione comporta la realizzazione di nuovi media;
3. Successivamente gli users con il tempo stabiliscono delle condotte appropriate nei confronti del nuovo media,
abituandosi alle caratteristiche fisiche, simboliche e pratiche.
I nuovi media possono introdurre nuovi vincoli, ma d’altra parte cercano di migliorare l’esperienza precedente.
Se non vi è una conoscenza del nuovo modo di usare la tecnologia il medium rimane opaco e viene vissuto come un
ostacolo alla comunicazione. In questo caso l’adattamento viene meno e si crea uno squilibrio, ovvero una barriera
sociale, definita DIGITAL DIVIDE o DIVARIO DIGITALE, tra:
➢ Chi utilizza il nuovo medium in modo trasparente;
➢ Chi NON ha costruito un attimo brainframe e quindi definisce il medium come opaco.
Il DIGITAL DIVIDE che differenzia gli utenti in coloro che ne fanno un uso trasparente e per coloro che lo definiscono
opaco, dunque, è una forma di disuguaglianza nell’accesso alle tecnologie digitali e alle loro opportunità che i media
possono offrire alle persone o AFFORDANCE. Questa disuguaglianza si presentano:
1) A causa della mancanza o carenza di infrastrutture (la rete), o di strumenti tecnologici (smarphone) o di mezzi
economici e questo comporta una DIVISIONE SOCIALE, tra persone che hanno una connessione di facile utilizzo e
persone o paesi in cui la connessione è ancora un dato opzionale e non strutturale. Dunque, questa divisione è
legata all’accesso ad internet e alla possibilità economica di potersi permettere degli strumenti tecnologia;
2) A causa della non comprensione del senso, del significato che una metatecnologia ha per il gruppo sociale che la
utilizza (perché mandare messaggi, invece di parlare dal vivo). Questo comporta una DIVISIONE CULTURALE, ad
esempio quella tra noi e i nostri nonni;
3) A causa della sua NON TRASPARENZA, opacità, ovvero riguarda la capacità o incapacità di utilizzare le affordance di
uno strumento (comunicare, tramite Whatsapp). Questo causa uno SQUILIBRIO POLITICO, poiché le persone non
vedono nel mezzo una possibilità di poter partecipare ad una determinata causa;
4) A causa dell’incapacità di costruire e mantenere il proprio benessere digitale, ovvero la capacità o incapacità di
utilizzare le nuove tecnologie con un certo equilibrio e questo comporta una DIVISIONE PSICOLOGICA, tra coloro che
utilizzano i media digitali senza stressarsi troppo e coloro che utilizzando i media, si sentono sopraffatti.

Il processo di adattamento è influenzato da 3 livelli:


1. Fattore uomo, ovvero il livello individuale che comprende diversi aspetti come le caratteristiche personali, diversi
fattori come il digital divide e la capacità del soggetto di apprendere le regole implicite dell’utilizzo dei media. Si tratta
di un approccio individuale, ovvero come l’individuo o i fattori individuali contribuiscono a migliorare o peggiorare
l’adattamento ai new media;
2. Fattore contesto, livello sociale contestuale, ovvero come sono valutate le opportunità o i limiti offerte dai media nel
contesto sociale;
3. Fattore artefatto, ovvero il livello fisico, livello tecnologico che fa riferimento all’interfaccia e alle caratteristiche del
medium.
Dunque, per comprendere da cosa dipende il processo di adattamento dei nuovi media bisogna fare riferimento a
questi 3 fattori.

I costrutti che la letteratura ha considerato dei fattori individuali incidenti sono:


1) L’innovatività, ovvero un'attitudine personale favorevole o sfavorevole nei confronti dell’innovazione, ovvero dei
nuovi media;
2) La consapevolezza di dover (covid) e voler cambiare;
3) L’opportunità, riguarda la capacità di vedere nello strumento tecnologico delle affordance, ovvero vedere in quel
mezzo un’occasione per poter soddisfare i nostri bisogni;
4) Aspettative del soggetto, ovvero cosa ci aspettiamo di trovare in uno strumento tecnologico e come questo strumento
soddisfa o meno le nostre aspettative incide sul processo di adattamento dei media;
5) L’autoefficacia del soggetto, ovvero quanto il soggetto si sente in grado di utilizzare uno strumento, condiziona la mia
capacità di adattarmi a quello strumento;
6) Percezione dei rischi, ovvero quanto le persone associano dei rischi agli strumenti digitali, quanto li ritengono rischiosi.

La maggior parte di questi fattori sono stati presi in considerazione da diversi modelli teorici, quello maggiormente
utilizzato è il modello dell’AZIONE RAGIONATA, che studia la relazione tra atteggiamento e comportamento, ponendo
atteggiamento e comportamento in una variabile di mediazione dell’intenzione comportamentale.

Il livello culturale sociale è caratterizzato da diversi livelli che dipendono dal livello di analisi psicosociale. È importante
riprendere le culture prevalenti all’interno di un determinato contesto sociale in merito all’uso delle tecnologie e si
distinguono:
• Approcci distopici, contrari alla tecnologia
• Approcci tecnorealisti, che considerano la tecnologia come inevitabile;
• Approcci utopici, ottimisti, futuristi nei confronti della tecnologia.
Questi incidono sul grado di adattamento degli individui alla tecnologia.

Un altro livello riguarda i processi di influenza sociale che giocano un ruolo importantissimo in quel fenomeno che
prende il nome di FOMO (fear of missing out), paura di perdersi occasioni sociali importanti. Altri esempi di fattori
sociali che influenzano l’adattamento ai media vi sono le norme soggettive, i nostri valori, le rappresentazioni che
costruiamo in merito all’utilizzo di un media digitale.

Un altro modello è quello di Rogers, adeguato a cogliere quello che succede in termini di adattamento dei media
digitali:
• Questo è un modello descrittivo, che non ci permette di prevedere dei comportamenti, ma ci permette di descrivere
come le persone e quante persone si adattano alle nuove tecnologie;
• Analizza un fattore individuale, ovvero il livello di innovatività, ovvero l’attitudine a sperimentare per primi le
tecnologie, quanto noi siamo disposti a correre rischi pur di utilizzare nuovi strumenti tecnologici;
• Il modello è caratterizzato da 5 tappe del percorso di adattamento dei nuovi media. Queste tappe collocano lungo una
curva Gaussiana, una percetuale di soggetti che a fronte di una nuova tecnologia si collocano in una determinata fase:

1) Fase della CONSAPEVOLEZZA, caratterizzata da


un gruppo di soggetti piccolo, del 2%, i soggetti
vengono chiamati gli INNOVATORI, ovvero
coloro che hanno un’elevata capacità di
affrontare l’incertezza, inoltre sono dotati di
competenze tecniche ed economiche adeguate.
Questa fase riguarda proprio la capacità di
buttarsi nella nuova tecnologia pur avendo
informazioni non del tutto complete. In questa
categoria vi sono le persone che utilizzano la
realtà virtuale di tipo social;
2) Fase dell’INTERESSE, ovvero dal voler conoscere
di più su quel media. In questa fase vi è il 13%
della popolazione, ovvero quelli definiti PIONIERI, che presentano determinate caratteristiche, ovvero sono persone
integrate nella rete sociale e che svolgono il ruolo di leader;
3) Fase della VALUTAZIONE, ovvero vengono valutate le opportunità o limiti offerti da una particolare tecnologia. In
questa fase vi è il 34% della popolazione, definita MAGGIORANZA ANTICIPATRICE, si tratta di quelle persone che
hanno una posizione di leadership e valutano vantaggi e svantaggi della tecnologia sapendo anche di orientare gli altri
all’utilizzo;
4) Fase della SPERIMENTAZIONE, si tratta della fase in cui si prova e si verifica un determinato dispositivo. In questa fase
vi è il 3% della popolazione, definita MAGGIORMENTE RITARDATARIA, comprende ovvero tutti gli scettici, i
tradizionalisti, appartenenti ad uno status socio-economico più basso. Questi vengono spinti a provare le nuove
tecnologie a causa dell’influenza dei pari;
5) Fase dell’AZIONE, si tratta della fase in cui la tecnologia diventa trasparente. Questa fase comprende il 16% della
popolazione, definita come la popolazione dei RITARDATARI, composta da individui isolati, lenti nelle decisione e
dotati di risorse limitate.

Un altro modello è quello transteorico degli stadi di cambiamento di Prochaska e DiClemente, questo e un modello
PREDITTIVO, ovvero di fronte ad una particolare situazione consente di capire in che modo il soggetto si adatta al
cambiamento. Secondo questo modello ogni soggetto di fronte alla necessità o volontà di cambiare, può essere
collocato in una delle fasi che il modello descrive, queste fasi sono caratterizzate da un andamento fisico che
prevedono anche delle RICADUTE. Vi sono due forze che possono spingere al cambiamento:
• Costrizione;
• Opportunità, maggiore sarà l’opportunità (affordance), maggiore sarà la volontà di cambiamento.

Le fasi di questo modello sono:

1. PRECONTEMPLAZIONE
In questa fase, il soggetto non è convinto di
voler cambiare, ma sta precontemplando
questa possibilità, ma se le condizioni legate
al suo interesse e le condizioni sociali
5. MANTENIMENTO esterne evolvono, può entrare nella fase 2. CONTEMPLAZIONE
In questa fase è fondamentale che lo successiva. Fase in cui il soggetto ha un
strumento diventi da opaco diventi atteggiamento ambivalente nei
trasparente. Anche questa fase, se confronti della tecnologia. Quando il
non vi è sufficiente motivazione, si soggetto si trova in questa fase, può
torna ad una fase di ricaduta. avere la possibilità di tornare
RICADUTA indietro, ovvero quando non trova
stimoli sufficienti a farlo passare alla
fase successiva.

4. AZIONE 3. DETERMINAZIONE
Il soggetto si impegna a cambiare (si iscrive ad un nuovo Il soggetto decide di cambiare idea, ma
social network). Anche questa fase non è sicura, per far anche questa fase deve essere
sì che il soggetto non vada incontra ad una ricaduta, sostenuta da motivazioni interno o
deve cercare di trovare un’opportunità. Quindi, il esterne, altrimenti si rischia di ricadere
• Fenomenologia
mezzo deve esseredell’uso dei come
percepito nuovi media
facile di usare. La nella fase di ricaduta. Se la
fase di azione per essere mantenuta ha bisogno della determinazione viene sostenuta, il
fase del mantenimento. soggetto passa alla fase successiva.

Questo modello ci suggerisce che più il soggetto riesce a trovare nell’utilizzo di un nuovo media un’opportunità tanto
più procederà in maniera diretta, senza incorrere in una ricaduta, ma potrà adattarsi alla nuova tecnologia. Le forze
sociale, ovvero le costrizioni implicite ed esplicite non hanno lo stesso potere che hanno le forze interne nel portare le
persone ad adattarsi alla tecnologia.

ESPERIENZA DEL MEDIUM-USER EXPERIENCE


L’esperienza di un media riguarda le percezioni e emozioni quando ci si interfaccia con un prodotto attraverso
un’interfaccia grafica. Questa è un’esperienza psicologica ed è caratterizzata dalla distanza che noi percepiamo tra
quello che vogliamo fare e quello che possiamo realizzare attraverso l’utilizzo di quel media, più è ampia la distanza,
più percepisco che con quello strumento non riesco a raggiungere i miei obiettivi, più vi sarà un’esperienza negativa.
Hancock ha definito la tecnologia come una reazione naturale di un uomo alla distanza tra la percezione e l’azione,
quindi, l’esperienza dei medium dipende dalla distanza tra quello che io voglio fare e come posso realizzarlo
attraverso l’utilizzo dei media.
Vi sono diversi modelli che si sono occupati dell’adattamento alle tecnologie. Tra gli approcci più antichi vi sono gli
studi in ERGONOMIA, si tratta di studi che si sono focalizzati sul fattore umano e che hanno cercato di analizzare in
contesti lavorativi i fattori tecnologici che permettevano l’ottimizzazione della condizione e la sicurezza del lavoro
produttivo. Dunque, si cercava di rendere l’operato dell’uomo nei contesti lavorativi più efficaci e rendere questi
contesti più sicuri. Questi studi studiano l’oggetto per conoscere meglio le sue caratteristiche e quali sono quelle che
meglio si adattano alle caratteristiche fisiche dell’uomo.

I MODELLI TEORICI sull’ACCETTAZIONE DELLE TECNOLOGIE, degli anni ’80, sono la TAM, TAM2, UTAU, UTAU2, questi
derivano da 2 teorie della psicologia sociale, la seconda è un’evoluzione della prima:
• TEORIA DELL’AZIONE RAGIONATA, TRA, di Fisben e Aizen. Secondo questa teoria il comportamento è legato
all’intenzione comportamentale, che a sua volta dipende da 2 fattori:
→ L’atteggiamento verso il comportamento è definito dalle credenze circa le conseguenze che noi associamo alla
messa in atto di un comportamento (cosa pensiamo che succeda se metto in atto quel comportamento);
→ Le norme soggettive, sono le credenze circa le norme sociali, ovvero le nostre aspettative rispetto a come gli altri
vedrebbero il comportamento nel caso in cui noi lo mettessi in atto, come reagirebbero e penserebbero gli altri.
Questi due fattori influenzano l’intenzione comportamentale si compongono di 2 dimensioni:
→ L’atteggiamento verso il comportamento secondo questo modello è il prodotto dell’aspettativa per il valore,
ovvero le aspettative riguardo il comportamento che ho intenzione di mettere in atto e che importanza do;
→ Le norme soggettive sono il prodotto delle aspettative normative, ovvero cosa mi aspetto dagli altri, in merito al
mio comportamento, il secondo fatto è la motivazione ad aderire, questo fattore incide sulla mia intenzione a
mettere in atto il comportamento.
• TEORIA DEL COMPORTAMENTO PIANIFICATO, TBP, di Ajzen. Ciò che cambia in questo modello è l’introduzione di
un’altra variabile che incide sull’intenzione comportamentale, ovvero il fattore dell’autoefficacia, definita dall’autore
‘CONTROLLO COMPORTAMENTALE PERCEPITO’, quanto io penso che mettendo in atto una determinata azione sarà in
grado di controllarla e di controllare le conseguenze. L’autocontrollo percepito introduce la pianificazione dell’azione,
da questo deriva il nome della teoria.

Vi sono diversi modelli che si ispirano a questi 2:


1. TAM, TECHNOLOGY ACCEPTANCE MODEL, di Davis. Questo modello nasce per analizzare l’adattamento alle nuove
tecnologie nei contesti lavorativi. Secondo questo modello l’intenzione di utilizzare una determinata tecnologia e quindi
l’uso che viene fatto della tecnologia
dipende dall’atteggiamento che
abbiamo nei confronti dell’uso della
tecnologia.

A sua volta l’atteggiamento verso l’uso


della tecnologia viene collegato a 2
fattori:
→ Percezione dell’utilità, indica il
grado con il quale una persona
ritiene che l’utilizzo di un
particolare sistema possa
migliorare le sue prestazioni lavorative;
→ Percezione della facilità d’uso, indica il grado con cui un individuo ritiene che l’utilizzo di un particolare sistema
sarebbe privo di sforzo fisico e mentale;
Queste due variabili incidono sull’atteggiamento verso l’adozione della tecnologia che incide sull’intenzione di
adottarla che incide sul comportamento di adozione. Queste due percezioni dipendono anche dalle variabili esterne.
2. TAM2, di Davis e Venkatesh. In questa revisione del modello precedente, gli autori aggiungono i fattori esterni,
ovvero:
→ Esperienza
→ Volontarietà
I fattori dell’esperienza e
della volontarietà fungono
da fattori MODERATORI,
ovvero moderano
l’influenza delle norme
sociali sull’intenzione d’uso
e l’esperienza modera
anche la relazione tra le
norme soggettive e la
percezione di utilità.
Questi due fattori non
agiscono direttamente sui
costrutti, ma sulla relazione
tra due variabili. Il fatto
dell’esperienza riduce il
potere che le norme soggettive possono avere sull’intenzione d’uso, anche se ci fossero delle norme soggettive
contrario all’uso di uno strumento tecnologico, un’alta esperienza ridurrebbe l’effetto che queste norme soggettive
hanno nel ridurre l’intenzione d’uso di quel particolare strumento tecnologico.
Quindi, il fattore dell’esperienza cade su due relazioni, una di questa è quella tra le norme soggettive e le norme
d’uso, questo vuol dire che a seconda del grado di esperienza, cambierà l’influenza che le norme soggettive esercitano
sull’intenzione d’uso. (Se ho un contesto in cui mi si dice ‘la tecnologia fa male’ ma ho un’altra esperienza, non mi farò
condizionare da questa fonte di influenza sociale)
Per quanto riguarda il fattore della volontarietà, anch’esso cade sulla relazione tra le norme soggettive e l’intenzione
d’uso (se vivo in un contesto sociale che mi obbliga ad adeguarmi ad adeguarmi a determinati strumenti tecnologici,
ma sono anche io stesso che voglio adattarmi a questi strumenti tecnologici, allora l’effetto dell’influenza sociale sarà
ridotto). La volontarietà annulla la forza contraria generata dalla costrizione e quindi a liberare l’intenzione d’uso.
La moderazione è un fattore che apre o chiude il legame con le variabili, mentre la mediazione è un processo in cui
una variabile va ad agire su una variabile successiva.
I fattori di influenza sociale sono:
→ La volontarietà;
→ Le norme soggettive;
→ La rappresentazione sociale che abbiamo di un determinato strumento;
I processi cognitivi strumentali sono:
→ La rilevanza del lavoro
→ La qualità dell’output che otteniamo rispetto all’utilizzo della tecnologia;
→ La dimostrabilità dei risultati, ovvero quante prove empiriche vi sono riguardo un determinato strumento.

3. MODELLO UTAUT, Unified Theory of Acceptance and Use of Technology. È stato elaborato quando è emersa la necessità
di applicare la TAM al di fuori dell’ambito lavorativo, per essere utilizzato nell’ambito delle tecnologie legate
all’informazione.
In questo modello vi sono:
→ Fattori PREDITTORI che possono
migliorare l’intenzione
comportamentale e quindi stimolare
le persone ad adottare le tecnologie;
→ Fattori INTERVENIENTI, o
MODERATORI che fanno riferimento
al genere, all’età, all’esperienza e alla
volontarietà d’uso. Questi fattori
possono disturbare la relazione tra
variabili predittrici e intenzione
comportamentale.

I fattori PREDITTORI dell’intenzione


comportamentale sono:
• Aspettativa di performance (se io
utilizzo commercio elettronico, quanto riesco a raggiungere il mio obiettivo);
• Aspettative sullo sforzo (simile facilità d’uso), ovvero quanto devo sforzarmi per utilizzare uno strumento;
• Condizioni facilitanti, ovvero quelle condizioni favorevoli (commercio elettronico queste sono: possibilità di reso,
diversi metodi di pagamento);
• Influenza sociale;

4. MODELLO UTAUT 2, è un modello pensato per il commercio online. In questo modello è presente l’intenzione d’uso, i
modelli MODERATORI, ovvero età, il genere, l’esperienza.
Inoltre, vi sono i fattori PREDITTORI:
→ Aspettativa di performance;
→ Aspettativa sullo sforzo;
→ Influenza sociale;
→ Condizioni facilitanti;
FATTORI INNOVATIVI, aggiunti in questo
modello:
→ Motivazione edonica, ovvero il voler
soddisfare i propri bisogni (voglio un vestito
nuovo subito, ordino su Amazon);
→ Il valore del prezzo sottolinea l’importanza
del commercio elettronico perché i prezzi
online sono vantaggiosi e questo ci fa
superare la paura di poter essere rubati;
→ L’abitudine, è un fattore che incide
sull’intenzione comportamentale.

Un altro approccio all’adattamento dei nuovi


media riguarda l’Usabilità (U) o facilità d’uso che costituisce uno dei fattori che vanno ad incidere sull’intenzione d’uso
e sul consumo.
Quando si parla dell’adattamento ai nuovi media, bisogna utilizzare 3 punti di vista:
• Fattore artefatto, ovvero le caratteristiche fisiche del mezzo;
• Fattore uomo, ovvero le caratteristiche dei nuovi media che utilizzano i nuovi media;
• Fattore contesto storico e culturale, ovvero la situazione nella quale l’uomo può essere invitato ad utilizzare
una determinata tecnologia.
Questi fattori sono utili per studiare le esperienze d’uso della tecnologia. Gli studi sull’usabilità si concentrano sul
fattore ARTEFATTO, ovvero quanto un’interfaccia può favorire il processo di adattamento ai media, ovvero il passaggio
dall’opacità del media alla trasparenza.
Questo modello cerca di analizzare la distanza che intercorre tra il modello mentale iniziale del designer e quello
mentale dell’utente finale. Le teorie sull’usabilità si focalizzano su determinati obiettivi:
1. Facilità di apprendimento, quindi, che le persone possano trovare intuitivo utilizzare quello strumento per raggiungere
i proprio obiettivi;
2. Efficienza, un sito deve essere efficiente, deve consentire all’utente di trovare facilmente quello che desidera,
utilizzando delle strade intuitive per il soggetto;
3. Efficacia, il sito deve consentire all’utente di raggiungere quello che intende raggiungere, ovvero navigando su un sito
e non riuscire a raggiungere un obiettivo, crea frustazione e questo non favorisce l’adattamento;
4. Tolleranza agli errori, uno strumento tecnologico deve fare in modo che l’utente deve andare incontro a minori errori
possibili, ma anche se questo dovesse accadere, bisogna fornire informazioni necessarie all’utente per potersi
riorientare;
5. Soddisfazione, ovvero quanto l’utente si ritiene soddisfatto dell’uso di una determinata tecnologia.

L’usabilità
Approccio viene misurata
finalizzato all’analisiattraverso 2 approcci:
di uno strumento Un altro modo per valutare l’usabilità sono i TEST o i
tecnologico, questo approccio coinvolge i designer che QUESTIONARI, che non coinvolgono i progettatori di un
devono poter valutare, spesso in anticipo che il sito venga sito, ma gli utenti che navigano in un sito. Gli utenti finali
utilizzato dagli altri utenti, quanto quel determinato possono essere coinvolti per la valutazione dell’usabilità di
contesto risponda a tutti i punti prima elencati. Dunque, i un sito con modalità diverse:
designer devono valutare l’usabilità di quello strumento → Tecniche implicite, IN PROPRIO, usate per valutare
tecnologico attraverso 2 metodologie: l’usabilità di una tecnologia. Un esempio possono
→ Cognitive Work Through, che coinvolge un piccolo essere i dati INGAME non visibili all’utente finale, ma
gruppo di valutatori che analizzano la tecnologia in che possono essere disponibili all’esperto, attraverso i
termini di una o più attività specifiche che con quella quali è possibile avere informazioni su come un sistema,
particolare tecnologia possono essere svolte. Dunque, i in questo caso il videogioco, viene utilizzato. Se
designer valutano come si comporta un utente che con parliamo di un gioco in cui si spara, si possono ottenere
quella determinata tecnologia vuole portare a termine informazioni, su quante uccisioni o errori sono stati
una determinata attività. Le fasi sono le seguenti: commessi dall’utente finale. Tutti i dati di
1) L’utente individua un obiettivo da ottenere programmazione interna del videogioco, possono
all’interno di sistema (acquistare un capo); fornire informazioni concrete sul comportamento
2) L’utente determina le possibili azioni; dell’utente all’interno del videogioco, o in generale in
3) L’utente seleziona l’azione che può consentirgli di qualsiasi altro ambiente digitale.
avvicinarsi, con il minimo sforzo, all’orientamento Attraverso questi dati è possibile analizzare gli errori, le
dell’obiettivo; azioni compiute dall’utente e, quindi, l’usabilità di un
4) L’utente mette in azione e considera il feedback determinato strumento tecnologico.
proveniente dal sistema. Un altro strumento implicito, sono le EYE TRACK, ovvero
→ Euristic Evaluation, si tratta di una tecnica che adotta il tracciamento dello sguardo, attraverso i quali
uno sguardo olistico, ovvero globale, quindi, non si verificano dove si colloca lo sguardo, l’attenzione del
riferisce ad un’azione specifica, ma fa riferimento soggetto;
Gli studi sulla USER EXPERIENCE (UX) introducono 2 dimensioni:
• Fattori affettivi/emotivi
• Fattori contestuali
Questi fattori possono facilitare o rendere più difficili l’utilizzo delle tecnologie.
Triberti e Brivio definiscono quest’approccio come un approccio che guarda alla complessità dell’ambiente e dei
fattori che possono influenzare l’interazione tra uomo e tecnologia.
L’approccio basato sulla User Experience è un approccio psico-sociale che tiene conto di 3 fattori:
• Fattore ARTEFATTO, valutato attraverso tecniche dirette e indirette delle scale, come la SUS. Bisogna considerare le
variabili oggettive legate all’usabilità, dunque, valutare attraverso l’opinione degli utenti o dei valutatori, quanto quel
sistema soddisfa la lista di requisiti precedente (efficacia, apprendimento);
• Fattore UTENTE, bisogna considerare le variabili soggettive individuali degli utenti, come:
1) Le caratteristiche fisiche, ovvero elaborare app per persone non vendenti, con disabilità fisica bisogna tenere in
considerazione queste caratteristiche;
2) Le risorse cognitive, per elaborare un sistema, bisogna comprendere come renderlo adeguato all’utente finale,
anche in base alle sue risorse cognitive che siano più o meno sofisticate;
3) La personalità, ad esempio, gli utenti più attivi nei social network sono quelli con 2 caratteristiche principali della
personalità, ovvero la dimensione del nevroticismo e dell’estroversione. Questo perché nei social i nevrotici
interagiscono con le altre persone tramite il social e non faccia a faccia, mentre gli estroversi utilizzano i social per
fare nuove amicizie. Dunque, quando si effettuano delle valutazioni della User Experience bisogna anche tenere
conto della personalità degli utenti, per permettere loro di sentirsi a loro agio nell’utilizzare un determinato
sistema;
4) I bisogni, le motivazioni e le intenzioni;
5) Le emozioni che uno strumento digitale può suscitare negli utenti ed è un aspetto importante che definisce quanto
le persone possono avvicinarmi o meno ad una tecnologia;
6) Tipologie di target, ovvero quali sono le tipologie di persone a cui quel determinato servizio può essere utile;
7) Personas, sono dei personaggi immaginari creati sulla base di una ricerca condotta su utenti reali con lo scopo di
identificare gli utenti-tipo di un servizio;
• Fattore CONTESTO, bisogna considerare le variabili contestuali legate all’uso effettivo di un prodotto, queste variabili
sono:
→ Le caratteristiche fisiche degli ambienti, dove gli utenti utilizzeranno quell’oggetto (luminosità dello strumento si
adegua agli ambienti);
→ Le culture organizzative, culture implicite che possono andare a regolare l’uso e l’accettazione delle tecnologie e
quindi potenziare l’adattamento delle tecnologie da parte delle persone che lavorano in queste specifiche
organizzazioni (cultura organizzativa dell’UNIPR prevede l’uso dei pc durante le lezioni);
→ Aspetti semiotici, riguardano la comprensione dei segni presenti all’interno degli ambienti digitali (Word, icona
dischetto per salvare). Un simbolo può avere un significato in una cultura, che può essere diverso rispetto ad
un’altra cultura;
→ Culture individualiste e collettiviste, la maggior parte dei prodotti digitali, nascono nei contesti occidentali, ma per
costruire un nuovo strumento digitale deve essere facilmente utilizzabile per la cultura alla quale è destinato.

Vi sono altri approcci recenti come:


→ Design for All, il principio di questo approccio è una CRITICA verso l’uniformità dei prodotti e dei servizi che rischiano
di escludere categorie di utenti particolari, riprendendo il concetto del DIGITAL DIVIDE, ovvero questo tipo di
prodotti tende ad escludere gli anziani, i non vedenti, gli immigrati, i quali sono ostacolati e trovano difficoltà
nell’utilizzo di determinati sistemi. Questo modello si sforza di rendere la tecnologia un ambiente inclusivo;
→ UCD, User Centered Design (UCD), questo modello cerca di coinvolgere gli utenti non solo nelle fasi di valutazioni di
un prodotto già elaborato, ma gli utenti vengono coinvolti anche nelle fasi di progettazioni del design. Dunque, gli
utenti influenzano il modo in cui il design viene costruito, ovvero:
• Nella definizione della strategia o piano di azione, ovvero sono coinvolti nello stabilire lo scopo di quel prodotto;
• Nella struttura, ovvero nei posizionamenti dei dispositivi dell’interfaccia;
• Nella superficie o interfaccia del prodotto.
Quando viene applicato questo modello teorico, un’ulteriore figura coinvolta oltre ai progettatori sono anche gli
psicologi.

PERCEZIONE DEI RISCHI TECNOLOGICI


La TAM, TAM2, UTAUT, UTAUT2, sono stati utilizzati anche per analizzare la percezione i rischi tecnologici.
Lo studio ‘’Mobile Payment with Alipay: An Application of Extended Technology Acceptance Model’’ è stato condotto
per comprendere quali sono i fattori che spingono le persone ad utilizzare il sistema di pagamento Alipay, attraverso
la TAM, caratterizzato dalle seguenti variabili:
→ Intenzione di utilizzarlo;
→ L’atteggiamento dell’utilizzo;
→ Percezione della facilità di utilizzo;
→ Percezione dell’utilità;
→ Elemento nuovo= PERCEZIONE DI
RISCHIO, collegato alla percezione della
facilità di utilizzo e di utilità. Percezione
del rischio è un fattore PREDITTORE che
spiega sia l’atteggiamento delle
persone che utilizzano la tecnologia e
anche l’intenzione che spinge le
persone ad utilizzare questa tipologia di
pagamento.

Lo stesso modello è stato applicato agli


acquisti online. In questo caso vi è:
→ La percezione dell’utilità;
→ La percezione della facilità d’uso;
Collegate alla percezione del rischio, che in questo caso riguarda gli acquisti online e riguarda i rischi finanziari, della
performance, rischi sociali, rischio psicologico…

Nella lista dei fattori individuali che possono incidere sull’adattamento della tecnologia, bisogna anche considerare il
costrutto relativo alla percezione del rischio.

Global Risks Briefing Paper, un’indagine condotta a


livello internazionale per descrivere i rischi che le
persone percepiscono. In questo caso vi sono i rischi:
→ Tecnologici come quello della Cybersecurity;
→ Economici, come quello delle guerre;
→ Geopolitici, come quello del terrorismo;

Infine:
• La digitalizzazione e l’interfaccia sono ciò che possono
rendere l’esperienza mediata, come un’esperienza a portata di un click, ovvero accessibile, utile, ma al tempo stesso
opaca;
• User experience, non vi sono interfacce tecnicamente perfette, ma vi sono interfacce che soddisfano bisogni,
aspettative di particolari categorie di persone inserite in particolari contesti.
FENOMENOLOGIA DELL’USO DI INTERNET
Secondo questa statistica, che riguarda il mese di febbraio 2022:
• La popolazione totale che utilizza Internet in Italia, corrisponde a 60 milioni,
ovvero al 71%;
• I cellulari connessi a internet in Italia corrispondono a 78 milioni, al 130% della
popolazione, questo perché alcuni utenti navigano in Internet da due telefoni
contemporaneamente;
• Per quanto riguarda il numero di utenti che utilizza Internet in Italia, sono 50
milioni e corrispondono al 84% della popolazione;
• Gli utenti che utilizzano i social media, corrispondono a 43 milioni, ovvero al 72%
della popolazione.

Per quanto riguarda invece il tempo speso sui media in Italia nel febbraio 2022:
I motivi principale dell’utilizzo sei social media in italia sono:
• Leggere nuove storie;
• Navigare per passare il tempo.
Mentre all’ultimo posto, vi è mantenere il contatto con le altre
persone.
In questa statistica risulta che vengono passate:
• 48 minuti sui videogiochi;
• 1 ora e 47 minuti sui social media;
• 6 ore e 9 minuti sulla navigazione in Internet.

Per quanto riguarda la statistica del mese di gennaio 2022 nel mondo:
• La popolazione che utilizza internet in Italia corrisponde a 7 milioni,
ovvero al 57%;
• I cellulari connessi ad Internet in Italia corrispondo a 5 milioni,
ovvero al 67%;
• Il numero di utenti che utilizza Internet in Italia corrisponde a 5
milioni, ovvero al 62%;
• Gli utenti che utilizzano i social media corrispondono a 4 milioni,
ovvero al 53%.

INSTAGRAM a livello globale supera Facebook.


Con il tempo aumento l’uso dei social e per quanto riguarda i dati relativi al genere attualmente, vi è un 53% di utenti
uomini e un 46% di utenti donne, a livello globale.

Per quanto riguarda il lavoro l’e-commerce e le criptovalute:


• Circa 1 persona su 4 utilizza le piattaforme social per motivi di lavoro, una cifra che sale in alcuni paesi in via di
sviluppo;
• Per quanto riguarda invece l’e-commerce, quasi una persona su 3 comprano qualcosa online ogni settimana;
• Riguardo alle criptovalute, sale la popolazione che possiede criptovalute e nel 2022 è aumentato del 37%, mentre in
Italia la percentuale di popolazione che possiede criptovalute corrisponde al 6,3%.

TEORIA dell’INTER-AZIONE SITUATA di Riva


Questa teoria cerca di rispondere ad alcuni interrogativi:
→ Come agiamo quando usiamo i nuovi media? Quali sono i passaggi che orientano le nostre azioni, che compiamo
quando utilizziamo i nuovi media?
→ Quali elementi all’interno degli ambienti virtuali entrano in gioco che guidano e modulano le azioni che mettiamo in
atto negli ambienti digitali?
COME AGIAMO?
Secondo Riva il punto di partenza delle nostre azioni, sono i nostri obiettivi, ovvero le nostre INTENZIONI, ovvero i
soggetti cercano in tutti i contesti di raggiungere i propri obiettivi. L’intenzione costituisce il primo motore delle nostre
azioni, che mettiamo in atto volontariamente. Riva attraverso questo vuole farci pensare l’utilizzo dei nuovi media,
come un utilizzo strategico che per un essere umano diventa soddisfazionale rispetto ai propri obiettivi, alle sue
intenzioni.
Per trasformare l’intenzione in azione, l’intenzione è una forza motivazionale che ci spinge verso un corso di azioni che
possa soddisfare i nostri obiettivi. Per fare ciò, noi cerchiamo di trovare nell’ambiente, in questo caso di quello
digitale, delle opportunità, ovvero, delle AFFORDANCE e quando le trovano si attivano, ovvero mettiamo in atto il
corso delle azioni che ci permettono di raggiungere i nostri obiettivi.
L’aspettativa sull’andamento dell’azione in quella SITUAZIONE è ciò che guida la nostra azione verso il raggiungimento
dell’obiettivo, attraverso la modalità più efficace, quindi, tenendo conto delle esperienze precedenti, dai vincoli
imposti dall’ambiente.

I 4 concetti principali di questa teoria, sono il concetto di intenzione, di ambiente, di affordance e di situazione, che
permettono di scomporre la struttura dell’azione sono:

SOGGETTI
con le loro intenzioni e i
AZIONE loro bisogni.
ovvero quelle attività dirette o
mediate dall’uso di un artefatto e
guidate dalle aspettative, ovvero da
come noi percepiamo la situazione AMBIENTE
in quel momento, e dalle nostre che può essere un ambiente fisico
intenzioni. La situazione fornisce SITUAZIONE o simbolico che offre ai soggetti
informazioni necessarie al soggetto che è la porzione più delle affordance.
che gli permettono di agire in quel piccola dell’ambiente,
contesto. dentro la quale riesce a
cogliere quelle
opportunità o vincoli che
gli consentono di
trasformare le intenzioni
in azioni.

Per spiegare come agiamo, Riva riprende un fattore della Psicologia Bioculturale, secondo la quale il FENOTIVO,
ovvero le caratteristiche osservabili, in questo caso le azioni del soggetto, di un individuo è sempre il risultato di
un’interazione tra 3 fattori:
1. GENOTIPO, ovvero il corredo biologico di ogni individuo. Se pensiamo ai media digitali e al loro utilizzo e al genotipo di
una persona, la capacità visiva e tutti i disturbi collegati al sistema della vista possono avere un ruolo importante, nel
modo in cui una persona si approccia alla tecnologia (NON vedenti);
2. AMBIENTE CIRCOSTANTE;
3. CULTUROTIPO, rappresenta tutto ciò che non appartiene all’ambiente. Riguarda quell’insieme delle regole di
comportamento e degli artefatti primari, secondari e terziari che l’uomo utilizza per raggiungere i suoi obiettivi. Tutto
ciò che utilizziamo per interfacciarci con l’ambiente.

Dunque, la nostra azione NON è libera, ma è limitata da questi fattori.


Per quanto riguarda i limiti al campo d’azione del soggetto, Riva descrive il campo d’azione del soggetto con una
funzione matematica, per spiegare che il campo d’azione è in funzione delle capacità e delle opportunità che il
soggetto ha e offerte dall’ambiente. Dunque, l’azione è sempre vincolata da:
→ CAPACITA’, non solo quelle oggettive delle persone, ma quelle percepite dal soggetto, ovvero le SKILLS (quanto sono
in grado di…)
→ OPPORTUNITA’, presenti all’interno dell’ambiente e della cultura, definite CHALLENGE, ovvero sfide, perché queste
affordance, possono essere delle opportunità intese in senso positivo o anche dei vincoli, all’azione del soggetto.
L’AZIONE E’ DETERMINATA DA QUESTI DUE ELEMENTI: skills e challenge.
Le opportunità possono essere definite AFFORDANCE. Il concetto di affordance di GIBSO richiama l’idea che ogni
ambiente è caratterizzato da proprietà che supportano e promuovono un particolare tipo di azione rispetto ad un’altra.
Quindi, l’ambiente ci offre degli oggetti che hanno delle proprietà che guidano e vincolano l’azione del soggetto ed il
rapporto con questi oggetti, consentono al soggetto di svolgere delle azioni e non altre. Dunque, l’affordance è un invito
di un oggetto, di un ambiente ad essere utilizzato in un certo modo. Quindi, si tratta di una risorsa che l’ambiente offre
all’individuo, il quale deve essere in grado di coglierla (attraverso skills).
L’affordance è un’opportunità di azione o anche un vincolo.
Vi sono 2 tipi di affordance:
1. DIRETTA, fa riferimento alle proprietà fisiche degli oggetti, è un’affordance stabile (il pc serve per scrivere, navigare).
Questo tipo di affordance è il risultato diretto del flusso delle informazioni che l’ambiente e gli oggetti forniscono al
soggetto, il quale deve essere in grado di percepirli;
2. MEDIATA, è un tipo di affordance mediata dalla cultura, la quale non è legata alle proprietà dell’oggetto, ma è legata
ad un flusso di significati, simboli che provengono dall’interpretazione culturale di quei determinati oggetti. Il
significato culturale, simbolico che attribuiamo agli oggetti, fa si che questi oggetti diventino affordance che non è
naturale ma è mediata dalla cultura.
Secondo Riva questo sistema informativo ci colloca qui ed ora, in quella situazione, nella quale si attua la dinamica tra
skills e challenges, le abilità e affordance che la situazione ci dà. All’interno di questo spazio, le intenzioni si
trasformano in strategie d’azione.

Se noi dovessimo immaginare gli elementi della teoria dell’inter-azione situata: soggetto, ambiente e situazione,
all’interno di un contesto è così:
→ Il soggetto è al centro, perché il soggetto che vuole raggiungere l’obiettivo; situazione
→ L’ambiente è il cerchio esterno ed è il contenitore di una situazione specifica;
→ Nella situazione specifica si individuano le strategie di azione, dunque, all’interno della soggetto
situazione avviene l’interazione tra CHALLENGES e SKILLS, tra capacità del soggetto e sfide. ambiente
Questa è riconducibile alla teoria del campo di LEWIN, il quale affermava che il
comportamento è in funzione della persona e dell’ambiente psicologico, ovvero quella porzione di ambiente che
quella persona riesce a percepire di un determinato momento e situazione.
Questa teoria si forma attraverso alcuni modelli teorici che Riva riprende dalla letteratura, una letteratura che si
colloca all’interno nell’insieme delle teorie basate sull’azione situata, ovvero, teorie che capovolgono la prospettiva
socio-cognitiva, che parte dal presupposto che alla base delle azioni ci sia un ragionamento cognitivo delle persone e
che possiamo ritrovare nella teoria dell’Azione Intenzionata. Le teorie dell’azione situata partono da un presupposto
differente, ovvero partono da un’azione che al tempo stesso produce conoscenza, ovvero come attraverso le nostre
azioni costruiamo delle conoscenze, per cui l’azione diventa una sorta di mediazione tra le skills, ovvero le abilità delle
persone, che devono confrontarsi con le affordance, ovvero challenges, ovvero le opportunità e i limiti che il contesto
sociale offre.
All’interno dell’azione situata vi sono 3 concetti fondamentali:
• Intenzione, ovvero quell’elemento cognitivo e volitivo che spinge all’azione umana;
• Situazione, ovvero la porzione dell’ambiente dove l’individuo trova le challenges che gli consentono di trasformare le
sue intenzioni in azioni;
• Azione, vi sono diverse teorie a cui la teoria dell’azione situata di Riva fa riferimento ed anche le teorie che
consentono a Riva di distinguere i tre piani, in tre livelli:
→ Intenzione, la teoria dinamica dell’intenzione che distingue 3 livelli di intenzione:
1. Intenzioni distali, quelli rivolte al futuro;
2. Intenzioni prossimali, orientate al presente;
3. Intenzioni motorie.
→ Situazione, il modello teorico a cui Riva fa riferimento è la teoria dell’azione situata di Mantovani. Il quale,
all’interno di questo concetto delinea 3 livelli:
1. Costruzione di un contesto generale, costituito dall’insieme generale delle norme dei modelli culturali che
orientano le nostre intenzioni e azioni;
2. Intermedio, che a che vedere con l’interpretazione della situazione, che fa riferimento alla regolazione che
avviene tra skills e challenges;
3. L’interazione con l’ambiente locale, ovvero i media, l’interazione attraverso l’uso degli artefatti;
→ Azione, Riva recupera la teoria delle attività di Vygotski che consente all’autore di distinguere 3 livelli di azione:
1. Livello di attività, che fa riferimento alle motivazioni delle persone;
2. Livello delle azioni, che fa riferimento agli obiettivi;
3. Livello delle operazioni, che fa riferimento ai nostri schemi, che noi abbiamo acquisito e che ci consentono di
mettere in atto un utilizzo intuitivo del mezzo che utilizziamo (come muoviamo le dita sulla tastiera di un pc).

I modelli e le teorie su cui Riva articola la teoria dell’azione situata, non nascono all’interno della psicologia dei nuovi
media, ma sono modelli che vengono applicati alla psicologia dei nuovi media e quindi richiedono l’introduzione di
questo strumento di mediazione, che è costituito dall’uso che gli utenti fanno dei media
Un ulteriore ingrediente è la MEDIAZIONE, azione mediata, ovvero un’azione che viene realizzata attraverso l’utilizzo
di specifici strumenti, ovvero gli strumenti digitali. La letteratura, riguardo all’azione mediata, distingue 2 forme di
mediazione:
→ La mediazione diretta, richiama all’uso di un particolare strumento di mediazione, ovvero all’uso di un determinato
artefatto, ovvero l’artefatto prossimale;
→ La mediazione indiretta richiama all’azione eseguita attraverso l’utilizzo di artefatti che possiamo considerare
come artefatti distali.
Quindi, quando parliamo di nuovi media come strumenti di mediazione dell’azione, parliamo di conseguenze differenti
a seconda del tipo di strumento diretto/indiretto al quale facciamo riferimento, mediazione diretta e indiretta.
Le azioni mediate dirette, ovvero le azioni mediate di primo ordine, sono quelle in cui il soggetto attraverso il proprio
corpo controlla la tecnologia per realizzare le sue intenzioni, in questo caso si suppone che lo strumento tecnologico
diventi un’estensione del corpo del soggetto, come il passaggio dall’interfaccia web 2.0 all’interfaccia touch, ovvero
attraverso il nostro tocco controlliamo la tecnologia al fine di realizzare le nostre intenzioni. Le azioni mediate dirette
sono più facili di quelle indirette, sono immediate, ovvero non richiedono l’attivazione di una forma di pensiero-
cognitivo, ma ci permettono di utilizzare intuitivamente lo strumento tecnologico per realizzare le nostre intenzioni. In
questo caso quello che accade dal punto di vista psicologico è un processo di incorporazione percettiva dell’artefatto.
Per comprendere meglio ciò è utile riprendere la distinzione dei confini corporei:
→ La zona INTIMA rappresenta lo spazio corporeo;
→ La zona PERSONALE che riguarda tutto ciò che è intorno al corpo e che consente al soggetto di agire, ovvero di
trasformare le intenzioni in azioni;
→ La zona SOCIALE, detta EXTRA-PERSONALE, che non è uno spazio raggiungibile attraverso l’azione del soggetto, ma
che lo può diventare in un’altra situazione.
Dunque, l’artefatto (racchetta, tocco iphone) ci permette di entrare in contatto con la zona dove si collocano dove si
collocano le azioni delle persone, ovvero al di fuori della nostra azione intima, ci consente dunque di entrare nel
nostro spazio personale.
Dunque, l’incorporazione percettiva dell’artefatto, in cui i confini corporei includono la tecnologia, ed in questo caso
succede che il soggetto percepisce di essere presente nell’artefatto prossimale (racchetta, schermo) che diventa
un’estensione del proprio corpo, allargando lo spazio peripersonale.

Le azioni mediate indirette, ovvero di secondo ordine, in questo caso il soggetto attraverso il proprio corpo, controlla
una tecnologia con cui a sua volta controlla degli strumenti che gli consentono di fare quelle azioni in quell’ambiente,
ad esempio il soggetto attraverso il proprio corpo può controllare un artefatto prossimale (joystick) con cui può
controllare un altro artefatto (avatar), con cui realizza la sua intenzione (distruggere nemico).
In questo caso si parla di INCARNAZIONE percettiva dell’artefatto. In questo caso i confini corporei corrispondono con
quelli dell’artefatto con cui realizziamo l’intenzione, ovvero con l’avatar, con la conseguenza che il soggetto diventa
presente nello spazio in cui si trova l’artefatto motorio (avatar), dunque, il soggetto non diventa presente nello spazio
peripersonale, ma nello spazio EXTRA-PERSONALE, diventa presente al di fuori dei confini del proprio corpo, ma
nell’avatar che muove.

Esempio di:
→ Azioni mediate dirette= una tipologia di gioco, tipo sparatutto, in cui ci riconosciamo attraverso l’arma che
controlliamo, attraverso un processo di incorporazione l’arma diventa un’estensione del nostro corpo che ci
permettono di realizzare le nostre intenzioni, trasformandole in azione, ovvero uccidendo il nemico;
→ Azioni mediate indirette= ROLE PLAY GAME, in queste tipologie di gioco inizialmente il personaggio è vuoto, siamo noi
a decidere come fargli i capelli, che tipo di personalità dargli. Nel momento in cui noi personalizziamo il nostro avatar
che muoviamo attraverso un joystick, l’azione non la controlliamo più noi attraverso il joystick, ma l’azione viene
compiuta dall’avatar che noi controlliamo indirettamente e questo si verifica quanto ci sentiamo presenti al di fuori
del nostro corpo, nello spazio EXTRA-PERSONALE, quando ci mettiamo nei panni dell’avatar che abbiamo costruito.
Questo processo di incarnazione, ovvero di trasferimento del nostro spazio, nello spazio dell’avatar è tanto più forte
psicologicamente, quanto più noi costruiamo questo personaggio a nostra immagine e somiglianza. Più è simile a noi,
più il legame che andremo a stabilire sarà alto.

Nella realtà virtuale, si cerca di ridurre le azioni mediate indirette, ma si va sempre di più verso tecnologie che
consentono un’immersione totale e consentono di realizzare le intenzioni in modo diretto.
Queste azioni sono state oggetto della ricerca scientifica, che ha cercato di elaborare delle misure che permettessero
di misurare il processo di incarnazione dell’avatar, nell’ambito dei videogame e quella più utilizzata fa parte di una
scala elaborata da Ballui nel 2012 che prende il nome di Player Identification Scale, è una scala lunga con item self-
report, che misura 3 tipi di IDENTIFICAZIONE, ovvero quel processo che rileva un legame con l’oggetto preso in
considerazione. Questi 3 tipi di identificazione sono:
→ Identificazione con il gruppo, quando le persone si identificano con il loro gruppi di gioco, giocatori che insieme
svolgono missioni;
→ Identificazione con il gioco;
→ Identificazione con l’avatar, quanto sentiamo forte il legame che sentiamo con il nostro avatar. In questa dimensione
l’autore distingue 3 tipi di identificazione con l’avatar, che possono venire a stabilirsi anche contemporaneamente e
sono:
1. Embodied presence, è lo stato psicologico in cui gli oggetti fisici virtuali vengono sperimentati dalle persone come
oggetti fisici reali, in modo sensoriale o con la percezione. Si tratta della percezione che l’utente ha di essere il
proprio avatar, ed è una dimensione immaginativa, in cui il giocatore sente di essere fisicamente all’interno del
corpo dell’avatar e sente come se fosse lui a compiere le azioni dell’avatar;
2. Wishful identification, in questo caso l’avatar rappresenta delle caratteristiche che il soggetto non ha, ma che
vorrebbe avere, l’avatar incarna caratteristiche del sé ideale del giocatore;
3. Similarity identification, è un tipo di identificazione attraverso la quale il giocatore sente il proprio avatar simile a sé
stesso.

La mediazione diretta e indiretta e gli oggetti fisici come il joystick e avatar, non riguarda solo agli oggetti fisici, quindi
agli artefatti, ma anche agli artefatti simbolici.
Gli artefatti simbolici che possiamo utilizzare attraverso i media digitali sono i videogiochi in cui vi è un linguaggio
scritto e orale, attraverso chat, microfoni. Il linguaggio, è un aspetto fondamentale all’interno dei videogiochi, perché
un videogioco senza una trama narrativa, non è un videogioco, perché non riesce a trasferirci lì.
Quindi, la mediazione diretta o indiretta che sia, si applica sia agli artefatti fisici, sia a quelli simbolici che costituiscono
la realtà virtuale.
Quando noi riusciamo ad utilizzare intuitivamente i nuovi media, sia rispetto agli artefatti fisici sia simbolici, l’uso
intuitivo comporta:
→ Attraverso la mediazione diretta, l’estensione dei confini del nostro corpo nello spazio peripersonale, quindi l’utilizzo
del nuovo media espande anche la nostra mente, usciamo dai nostri confini e dalle nostre menti;
→ Attraverso la mediazione indiretta, impariamo a controllare intuitivamente l’avatar del videogioco o a leggere la storia
del protagonista, la nostra mente si situa nello spazio virtuale mentale che circonda l’avatar e noi ci sentiamo nel
gioco.

Bisogna introdurre 2 nuovi concetti, quello dell’IMMERSIVITA’ e quello della PRESENZA:


• Dal punto di vista psicologico l’immersività è la capacità dei sistemi tecnologici di simulare la realtà dei contenuti
digitali, quindi, la capacità della tecnologia di convincere il nostro cervello che quello che vediamo è reale.
L’immersività può avere diversi livelli e quella che consente di simulare la realtà dei contenuti digitali è la realtà
virtuale;
• Il concetto di PRESENZA, riguarda come i soggetti definiscono i propri confini ed il proprio spazio peripersonale ed
extra-personale, all’interno dell’ambiente in cui si trovano, in questo caso dell’ambiente digitale. Il concetto presenza
può essere tradotto con l’espressione inglese, BEEN THERE, ovvero la sensazione di essere lì. Questa è legata al
concetto di immersività. Il concetto di presenza non nasce con la realtà virtuale, ma era già presente nel concetto di
TELEPRESENZA, ovvero la sensazione degli operatori umani, di sentirsi presenti nella locazione remota in cui si trova il
TELE-OPERATORE, quindi, la capacità degli operatori di sentirsi lì dove si trova la tecnologia.
Il concetto di presenza, viene considerata oggi come un’illusione percettiva di non mediazione, ovvero, quando lo
strumento tecnologico diventa per noi trasparente, lo usiamo intuitivamente.
La presenza rappresenta il principio cardine su cui si basa quell’insieme di mondi che noi oggi chiamiamo METAVERSO,
tutti i mondi del metaverso si fondono sul concetto di presenza.
Bisogna distinguere:
→ Presenza fisica, ovvero l’esistenza del soggetto in una particolare regione spazio-temporale;
→ Presenza soggettiva, ovvero la percezione di essere collocati (attraverso web) nello stesso spazio fisico-temporale, in
cui si verifica un evento. Questo permette di sentirci vicini ai nostri amici, alle persone che amiamo anche attraverso i
media digitali. I fattori che possono dare più vividezza al senso di presenza, che ci faccia sentire più immersi in quella
situazione;
→ Presenza psicologica. I processi psicologici che possono rendere possibile la presenza sono 3 teorie:
1. Teorie ghestaltiste, riguardo i processi che sono in grado di attivare i processi di presenza
e dicono che le persone sono soggette a 2 flussi:
• Un flusso sensoriale che proviene dallo spazio fisico in cui si trovano;
• Un flusso sensoriale che proviene dall’ambiente virtuale.
Siamo contemporaneamente in due situazioni e riceviamo contemporaneamente questi 2 flussi sensoriali. All’interno
di questa prospettiva la presenza è possibile quando riusciamo a trascurare un canale sensoriale, ovvero quello della
realtà fisica, per concentrare tutte le nostre attenzioni sull’ambiente virtuale, sono in quel caso ci sentiamo realmente
presenti. Questo vuol dire che la presenza dipende dalla potenza del segnale, che incide sul processo di selezione,
affinché la selezione cada sulla realtà virtuale, questa deve anche essere accattivante facendoci perdere di vista tutto
quello che c’è intorno, come il rumore, il caos che distolgono l’attenzione dalla realtà virtuale;
2. Teorie agentive, si fondano sull’azione, quindi, sostengono che la presenza si crea quando noi percepiamo
l’interazione nell’ambiente virtuale, come un’azione efficace, ovvero quando esperiamo il successo delle nostre azioni.
Quindi la presenza si determina quando riusciamo a raggiungere un’intenzione nel contesto virtuale. In questo caso la
presenza dipende dal continuo coordinamento tra percezione-azione, coordinamento che è reso possibile dalle
affordance presenti all’interno dell’ambiente, ma la capacità di azione del soggetto dipende da quel gioco dinamico tra
SKILLS e CHALLENGES. Secondo queste teorie questo avviene indipendentemente dal fatto che l’ambiente fisico
favorisca o meno l’attenzione sull’ambiente virtuale. Riva critica le teorie agentive, lo fa sulla base di alcuni studi che
hanno dimostrato che il senso di presenza può essere percepito prima ancora di portare a termine le azioni, quindi, la
presenza non dipende dall’efficacia dell’azione, ma si sviluppa nel processo, ovvero nel processo tra intenzione-azione.
Quindi secondo Riva la presenza è legata alla sensazione degli utenti di poter mettere in atto in quell’ambiente in
modo facile, intuitivo, le proprie intenzioni. In questo senso la presenza dipende dalla capacità di mettere in atto le
intenzioni e anche dall’usabilità dello strumento, ovvero dal poterlo utilizzare in modo intuitivo e dipende
dall’immediatezza, quanto l’ambiente virtuale rende facile la realizzazione delle nostre intenzioni.
Le variabili secondarie che incidono sulla presenza sono:
→ Le variabili che imputano al fattore utente sono i fattori attentivi e motivazionali, anche le caratteristiche individuali
di personalità per esempio:
• I fattori di personalità come l’estroversione, aiuta le persone a sentirsi presenti negli ambienti social, forse un po' di
meno nei videogame;
• I fattori socio-anagrafici, come l’età, il genere;
→ Le variabili che imputano al fattore medium, ovvero al media digitale che possono essere distinti in 2
macrocategorie:
• Contenuto, ovvero una buona rappresentazione dell’avatar aiuta il processo di presenza, se l’avatar ha sembianze
umane, questo favorisce il senso di presenza. L’altro aspetto di contenuto riguarda le caratteristiche semantiche e
culturali della situazione che viene rappresentata, è ovvio che un’ambientazione in cui ci riconosciamo, che
riteniamo familiare, incrementa il senso di presenza;
• Forma, il realismo pittorico, la ricchezza sensoriale del mezzo, giocano un ruolo importante sul senso di presenza. Un
altro aspetto della forma è la risposta temporale ai comandi, l’aspetto di precisione, di velocità, sono elementi
importanti nell’incrementare il senso di presenza;
3. Teorie intenzionali, Riva distingue 2 tipi di presenza psicologica:
• Presenza tout-cort, la definisce come la sensazione di essere all’interno dell’ambiente fisico o virtuale, che è il
risultato della capacità di mettere in atto intuitivamente le proprie intenzioni. Questa presenza consente agli utenti
della realtà digitale e alle persone del mondo reale di posizionarsi, ovvero di sentirsi un’entità distinta da tutto ciò
che c’è intorno. Quindi la presenza, consente alle persone di definire i propri confini e di definire anche la propria
identità che ci distingue da tutto ciò che c’è intorno;
• Presenza sociale, è la sensazione di essere con altri sé, con altri utenti all’interno dell’ambiente e di poter
riconoscere in maniera intuitiva ed immediata le intenzioni degli altri con i quali interagiamo. Dunque, permette di
metterci nei panni degli altri, di capire quali sono le intenzioni degli altri. Ci permette di riconoscere i nemici dagli
amici nei giochi.

Secondo la letteratura la presenza sociale è un’illusione percettiva di NON mediazione, ovvero come la sensazione che
le cose che stiamo facendo, siano cose che stiamo facendo in modo reale e non attraverso la tecnologia, non mediato
dalla tecnologia.

La funzione del senso di presenza all’interno degli ambienti virtuali, secondo Riva è la chiave attraverso la quale le
nostre intenzioni si possono trasformare in azioni. Dunque, la presenza ci dà la capacità di operare all’interno
dell’ambiente virtuale.
Il ruolo della presenza all’interno delle azioni che possono essere messe in atto negli ambienti virtuali, vi sono diversi
esempi, come ad esempio quello dei social media, cosa trasforma le nostre intenzioni in azioni? Cosa ci guida a fornire
agli altri una specifica immagine di noi stessi? È il senso di presenza e il senso di presenza sociale, poiché nel momento
in cui scegliamo il selfie da postare, lo facciamo con la consapevolezza di voler assumere una posizione all’interno
dell’ambiente virtuale, ad esempio posto la foto della laurea per far sapere agli altri che adesso ho questa identità.
Così, inconsapevolmente, noi percepiamo la nostra presenza in quest’ambiente, in cui la presenza, ha senso soltanto
se riconosciuta dagli altri. La potenza informativa dell’ambiente virtuale giocano un ruolo importante. Questo non vuol
dire che noi siamo sempre consapevoli di questa presenza, ma questo accade in modo inconsapevole, ovvero il nostro
sistema neurologico si regola automaticamente senza regolazioni che questa chiami in causa i processi razionali.
Dunque, la consapevolezza di avere un pubblico non è sempre attivata e questo è un problema per tutti quei
fenomeni chiamati Hate Speech Fenomenal, fenomeni di discriminazioni online, che sono legati ad una scarsa
sensazione di presenza dell’altro e che quindi potrebbero essere ridotti, evitati, se noi riuscissimo a pensare ad
ambienti virtuali in grado di attivare la presenza sociale, o di renderla più presente nel comportamento del soggetto.

Le intenzioni che possono muovere attraverso la presenza sociale le nostre azioni all’interno degli ambienti culturali,
quali sono le intenzioni distali che possono spingerci all’uso dei media digitali. Possiamo identificarle attraverso 3
categorie, queste intenzioni distali possono essere di natura:
1. Intenzioni STRUMENTALI, ovvero la nostra intenzione può essere quella di incrementare le nostre conoscenze, di
risolvere problemi o di utilizzare le nuove tecnologie per motivi creativi. In questo caso ciò che muove la nostra azione
è legato al bisogno di incrementare le nostre conoscenze. (Google, Wikipedia);
2. Intenzioni RICREATIVE, ovvero utilizziamo i media per distrarci, passare del tempo e divertirci. (ambienti videoludici,
social);
3. Intenzioni ESPRESSIVE, in questo caso utilizziamo gli ambienti digitali per presentare noi stessi, per creare
nell’ambiente digitale una specifica identità digitale da presentare agli altri, ma possiamo utilizzare questi ambienti
anche per soddisfare motivazioni che hanno a che vedere con i bisogni relazionali, fare amicizie, conoscere nuove
persone. All’interno delle intenzioni ESPRESSIVE, troviamo ambienti e modalità d’uso di ambienti che rispondono a 2
tipologie di bisogni: i bisogni identitari e relazionali. Riva nel libro Social Network ci descrive come i social network
possano soddisfare questi bisogni. In questo libro, descrive i social network, come delle piattaforme in cui gli utenti
possono incontrarsi e scambiarsi messaggi e contenuti di diversa natura. La definizione di social network più puntuale
è quella che è stata elaborata nel 2007, da Boyd ed Ellison, che lo definiscono sulla base di 3 caratteristiche principali:
→ La presenza di uno spazio virtuale in cui gli utenti possono esibire il proprio profilo e renderlo accessibile agli altri
utenti della rete;
→ La possibilità di creare una lista di utenti, quindi di costruire la propria rete sociale, con cui possiamo entrare in
contatto e condividere contenuti;
→ La possibilità di analizzare le caratteristiche della propria rete sociale attraverso i messaggi trasmessi ed altre
informazioni.
Riva descrive anche le principali funzioni che possono essere svolte dai social network, affermando che le funzioni
psicologiche più importanti sono quelle legate al:
• Bisogno di avere una rete sociale supportiva, ovvero in grado di offrire supporto, funzione RELAZIONALE. In questo
caso Riva distingue 2 polarità:
➢ L’uso dei social media per aiutare gli altri;
➢ L’uso dei social per ricercare il supporto sociale;
• Bisogni di espressione del sé, funzione IDENTITARIA. Inoltre, attraverso i media noi oltre ad esprimere la nostra
identità, possiamo anche analizzare quella degli altri. In questo caso Riva descrive 2 polarità:
➢ Una che definisce BUONIERISMO, che indica l’uso dei social media per analizzare l’identità degli altri, per sapere
cosa fanno gli altri;
➢ Uso dei social media per esprimere la propria identità.

Riva nel libro Social Network, li descrive come dei contesti che tendono a soddisfare diversi bisogni dell’essere umano
e per argomentare questo concetto utilizza la piramide dei bisogni di Maslow. Riva afferma che i social media possono
soddisfare i seguenti bisogni:
1. Bisogno di SICUREZZA, secondo Riva ci viene dato dalla possibilità che abbiamo di scegliere chi fare entrare nella
nostra rete amicare e chi espellere;
2. Bisogno ASSOCIATIVO, ovvero usiamo i social media perché con la rete di amici noi possiamo comunicare,
condividere;
3. Bisogno AUTOSTIMA, quello che noi postiamo sui social media, con l’intenzione di comunicare qualcosa di noi agli altri
e perché speriamo che gli altri vedano quanto noi comunichiamo con il nostro contenuto e perché speriamo che
qualcuno lo scelga, lo condivida con altri;
4. Bisogno di AUTOREALIZZAZIONE, legato all’esperienza relazionale, ci sentiamo realizzati quando possiamo essere di
aiuto agli altri.

Per realizzare queste intenzioni distali attraverso i social media, vi sono diverse modalità in base ai diversi social
media:
• Rispetto alle modalità di relazione, Riva distingue i social media, in base al modo in cui noi possiamo entrare in
relazione con gli altri e soddisfare i nostri bisogni identitari o relazionali. Distingue le modalità di relazione in
BIDIREZIONALE o AMICIZIA, che sono reti sociali chiuse (FACEBOOK);
• Modalità di relazione di gruppo o rete ad OC;
• Modalità di relazione a stella, che caratterizza le reti aperte (TWITTER), dove vi sono dei follower, noi pubblichiamo un
contenuto, ma il follower non può risponderci. Il messaggio NON è BIDIREZIONALE.

Inoltre, per realizzare le intenzioni, vi sono strumenti:


• INDIVIDUALI, come il profilo, la condivisione dei contenuti, l’uso delle storie;
• DI GRUPPO, come i gruppi per gli eventi ecc.

Le intenzioni distali si trasformano in azione attraverso la PRESENZA, soprattutto quella SOCIALE.


Quindi, la presenza sociale e la presenza sono fattori psicologici ci consentono solo di trasformare le intenzioni in
azione nell’ambiente virtuale, ma hanno anche un’altra importantissima funzione, ovvero ci consentono di sentire la
nostra identità, ci consentono di sentire il nostro sé, la nostra posizione in quell’ambiente e anche la posizione
identitaria degli altri interlocutori.
Questo ruolo della presenza sociale sul sé delle persone è DUPLICE, perché chiama in causa:
• Sia la nostra identità PERSONALE, ovvero come noi ci vediamo dall’interno;
• Sia la nostra identità SOCIALE, ovvero come noi siamo visti dall’esterno.
Dunque, i media digitali consentono di compiere azioni che soddisfano le intenzioni, ma consentono anche di fare
esperienze legate al nostro sé personale o al nostro sé sociale.

Riva distingue 3 LIVELLI di presenza e presenza sociale a cui associa 3 IMPLICAZIONI per il sé.
I 3 LIVELLI della presenza sono:
1. PROTO-presenza, la capacità di mettere in atto le proprie intenzioni MOTORIE. Per realizzare questo senso di
presenza, lo si fa attraverso il movimento corporeo che ci permette di distinguerci da tutti gli altri oggetti, permette di
sentirci come oggetti distinti da tutti gli altri. Nel videogioco la proto-presenza è data dal movimento fisico dell’avatar
nello spazio virtuale, che permette di riconoscere l’avatar come oggetto distinto dal resto, dunque, il SE’ DAL NON SE’;
2. Presenza NUCLEARE, che è dato dalla capacità di mettere in atto le proprie intenzioni PROSSIMALI, connettendo le
nostre intenzioni agli oggetti che ci consentono di raggiungerle, quindi, riuscendo intuitivamente ad individuare
nell’ambiente virtuale quelle affordance che ci consentono di raggiungere le intenzioni PROSSIMALI (dove clicco per
cambiare foto profilo, per comprare borsa nuova, quale sito?). questa presenza comporta il fatto di riuscire a
differenziare il proprio sé rispetto alla situazione in cui ci troviamo. Nel videogioco si tratta della capacità di
riconoscere gli amici dai nemici, dunque, individuare le affordance che ci consentono di superare di livello;
3. Presenza ESTESA, ovvero la capacità di mettere in atto le proprie intenzioni distali, ovvero le motivazioni orientate al
futuro, questa è resa possibile dalla capacità di connettere la descrizione del mondo possibile agli oggetti, ovvero di
connettere il mio fine ultimo, la mia motivazione distale agli oggetti (uso Likedin per trovare lavoro). In questo caso, il
sé si realizza attraverso l’opposizione tra chi sono io adesso e chi posso diventare, quello che sono adesso e quello che
dovrei essere per raggiungere il mio obiettivo finale. Nel videogioco si tratta di finire il videogioco.

I diversi livelli della presenza possono avere diversi livelli di implicazione per il sé:
1) La PROTO-presenza, consente al soggetto di posizionarsi in uno spazio. Abbiamo un avatar e quello ci consente di
esserci in quell’ambiente e ci consente di posizionarci perché ci consente di sentire che stiamo agendo (attraverso
profilo o avatar);
2) La presenza NUCLEARE, permette di controllare l’efficacia delle nostre azioni attraverso il confronto tra intenzione-
azione, quindi consente di sentirci come degli agenti in questo mondo, in grado di individuare i nemici o delle persone
capaci di intrattenere delle interazioni sociali all’interno di un social. Questa presenza è collegata al sentimento di
autoefficacia;
3) La presenza ESTESA, permette al sé di evolvere, il livello di implicazione del sé che viene chiamato in causa è quello del
selfer empowerment, consente al sé di espandersi, di espandere i propri confini, attraverso esperienze ottimali,
ovvero il flow o l’incorporazione degli artefatti. Si tratta di un IO che sta agendo verso un mondo possibile.

I 3 LIVELLI della presenza sociale:


1. Presenza INDICATIVA, ovvero la capacità di conoscere in modo intuitivo le intenzioni motorie dell’altro e consente di
riconoscere che esiste un altro sé;
2. Presenza INTERATTIVA, ovvero riconosce che l’altro ha delle intenzioni rivolte verso di me, che possono essere
positive o negative e di riconoscere un altro in relazione con me;
3. Presenza EMPATICA o CONDIVISA, capacità di riconoscere che le intenzioni dell’altro sono uguali o simili alle mie
intenzioni, ci permette di riconoscere che l’altro e simile a me. Nei videogiochi ci permette di riconoscere che l’altro
punta al mio stesso obiettivo ed è nel mio stesso gruppo.

I diversi livelli della presenza sociale possono avere diversi livelli di implicazione per il sé:
1) La presenza INDICATIVA, consente al soggetto di identificare l’altro come diverso da sé stesso e come diverso dagli
altri oggetti presenti nel mondo virtuale, quindi ci consente di capire che non ci sono solo io ma anche l’altro, che sta
agendo;
2) La presenza INTERATTIVA, consente di controllare l’interazione attraverso la comprensione delle intenzioni dell’altro.
Quindi, se le intenzioni dell’altro sono dirette verso di me, allora anche le mie dovranno coordinarsi, chiama in causa il
concetto di SELF-PRESENTATION. (Se cerco anima gemella per passare una bella serata, mi presento in un modo, se
cerco una persona con il quale passare la vita intera, mi presento in un altro modo);
3) La presenza EMPATICA, consente la costruzione di un’identità sociale.

• Più un individuo sperimenta un alto livello di PRESENZA, più sarà in grado di mettere in atto le proprie intenzioni e
riuscirà a soddisfare i propri bisogni (vuole borsa, apre il sito, compra, chiude il sito). Più alto è il livello di presenza è
più alta è la possibilità che l’individuo passi dalla proto-presenza all’ultimo livello di presenza estesa, maggiore potrà
essere il contributo che l’utilizzo dei nuovi media dà ai soggetti, in termini identitari e di acquisizione di nuove abilità.
Dunque, la presenza ai massimi livelli incrementa le capacità conoscitive e relazionali della mente umana;
• Più un individuo sperimenta un alto livello di PRESENZA SOCIALE, più sarà in grado di comprendere l’altro e di
realizzare in modo efficace ed efficiente l’interazione.

I livelli della presenza e della presenza sociale, sono divisi e possono presentarsi in modo individuale. Passare da un
livello all’altro, per arrivare a quello più alto è possibile e quando questo si realizza si parla di un’esperienza vissuta dai
soggetti definita NET-WORKET-FLOW, il flow è quella esperienza ottimale che consente l’espressione di massimo
livello della presenza, il net worket flow è quella sensazione consentita dallo sperimentare il massimo livello della
presenza sociale.

Secondo Riva, nell’ambiente virtuale per passare da un livello all’altro della presenza e per evolvere il proprio sé, lo si
fa attraverso l’identificazione di esperienze ottimali e l’incorporazione degli artefatti, quindi, diventando ad esempio il
mio avatar.
Il FLOW è definito in letteratura come un’esperienza di flusso o come flusso di coscienza, in cui mente e corpo,
pensiero e azioni, lavorano all’unisono in perfetta sintonia. Il flow, quindi, è uno stato psicologico ottimale, che è
descritto in letteratura come caratterizzato da:
• Un elevato livello di concentrazione e partecipazione ad un’attività, reale o virtuale;
• Un perfetto equilibrio tra la percezione di quanto il compito che stiamo svolgendo sia difficile, o la situazione che
stiamo vivendo sia difficile e le nostre capacità che sentiamo essere in grado di affrontare quella situazione;
• È uno stato in cui non ci accorgiamo che il tempo che passa;
• È uno stato che è caratterizzato da un interesse intrinseco per il processo, che gli autori definiscono MOTIVAZIONE
AUTORETICA e questo interesse per quello che si sta facendo, produce al soggetto che vive quest’esperienza
soddisfazione.
Noi ricerchiamo delle attività che ci fanno sentire così ed è strettamente connesso ad uno stato emozionale positivo e
ad un senso di profondo benessere psico-fisico, non sentiamo il sonno, non sentiamo niente. Gli studi dimostrano che
l’esperienza del flow è un’esperienza associata ad un aumento della qualità della vita delle persone, all’ampliamento
delle capacità creative delle persone, all’espressione dei talenti personali e all’aumento dell’efficacia produttiva.
Rendiamo di più quando riusciamo ad entrare nel flow e per farlo l’attività deve essere sufficientemente stimolante e
sfidante, deve mettere alla prova le capacità che noi pensiamo di avere, se questo NON accade, quando l’equilibrio tra
capacità e sfide non c’è, si presentano degli stati psicologici diversi dal flow e non associati agli elementi positivi e
possono essere la noia, che si presenta quando il livello di sfida è basso rispetto alle nostre capacità, allo stesso modo
quando il livello di sfida è alto rispetto alle nostre capacità non si presenta il flow.
Il flow channel, il canale del flow, è quello in cui il sistema dinamico porta il soggetto ad incrementare le sue capacità
per far fronte alle sfide crescenti dell’ambiente.
Riva sottolinea come queste esperienze ottimali, che noi possiamo vivere anche negli ambienti digitali, il sé riesce a
sperimentare la massima sensazione di presenza a tutti e 3 i livelli.

Lo stesso discorso lo possiamo fare rispetto alla presenza sociale, in cui l’esperienza che realizza la massima
espressione tutti e 3 i livelli è il NET-WORKET-FLOW, che è l’esperienza ottimale a livello di gruppo, non a livello
individuale, che si verifica quando l’intenzione soggettiva diventa un’intenzione collettiva in grado di guidare l’azione
dei membri di un gruppo.
Vi sono 3 condizioni essenziali affinché quest’esperienza ottimale possa essere sentita:
1) La prima condizione riguarda la presenza sociale EMPATICA e CONDIVISA, ovvero la capacità di capire che gli altri
vogliono quello che vogliamo noi, quindi, i soggetti devono condividere gli stessi obiettivi e le stesse emozioni,
nell’ambiente reale o virtuale;
2) La seconda condizione riguarda il fatto che le persone devono sperimentare una LIMINARITA’, ovvero di passaggio,
sentirsi non più ancora a ciò che si era prima e non ancora dentro ciò che si vuole diventare. Es. laureati, le persone
quando si laureano si trovano in questa situazione, non sono studenti, ma nemmeno psicologi professionisti, quindi
queste persone condividono interessi, obiettivi e contenuti per realizzare la loro intenzione distale. Per uscire dalla
condizione di liminarità, gli individui possono utilizzare i media digitali. Il COLLABORATIVE INNOVATION NETWORK,
ovvero quei network che possono essere applicati a diverse realtà, di diverso genere, ovvero reti collaborative,
creative che realizzano e concretizzano queste esperienze di net-worket-flow in cui le persone si sentono talmente
immerse da riuscire a realizzare quel rapporto di equilibrio tra challenges e skills;

EFFETTI PSICOSOCIALI DEI NUOVI MEDIA


Studi recenti (2010-2011) furono i primi studi che analizzarono diversamente i social media.
Altri studi hanno dimostrato che i social possono avere un impatto reale, ed è stata descritta la FUNZIONE SOCIALE E
POLITICA DEI SOCIAL MEDIA, facendo riferimento alla loro capacità di promuovere azioni concrete che sono azioni
offline, che hanno ricadute sul reale, attraverso l’attivazione di processi, di relazioni, di dinamiche dirette.
I social, in virtù dell’avere ricadute sulla realtà esterna, sulle azioni che le persone mettono in atto, dunque, sono
social che hanno il ruolo di catalizzatore sociale, come le community networks, che hanno diverse caratteristiche:
• Vanno a riunire in uno spazio online persone che vivono nello stesso quartiere. Questo è stato un esperimento
americano, ovvero sono community nate in contesto americano, sono state esportate nel contesto Europeo, ma non
hanno avuto successo;
• Queste community sono caratterizzate da uno spazio online che permette di riprodurre le caratteristiche degli spazi
condivisi, pubblici nelle quali si scambiano informazioni, si offre supporto, ci si confronta. Questo spazio virtuale non
sostituiva quelli pubblici. In questo caso la bacheca delle community networks veniva paragonata ad una piazza.
I principali vantaggi emersi da queste community networks:
1. Il vantaggio di avere nella realtà virtuale tutte persone interessate allo stesso argomento, ovvero se vi è una comunità
virtuale che si trova ad interagire in merito a temi che riguardano lo stesso quartiere, chiaramente questo risulta
un’interazione significativa per tutti ed è funzionale;
2. Un grande vantaggio che è stato rilevato da queste comunity è la possibilità di avere interazioni e scambi che possono
fluire dall’ambiente online a quello offline, perché le persone si riconoscono come membri dello stesso quartiere, si
riconoscono in una serie di caratteristiche comuni.
Secondo alcuni studi, le esperienze delle comunity networks sono in grado di aumentare:
• La questione sociale, nel senso di comunità rispetto al quartiere di appartenenza, ovvero si evidenzia una potenzialità
rispetto al legame con il quartiere, ovvero con la comunità;
• La partecipazione concreta delle persone nel loro quartiere, ovvero le azioni concrete che le persone svolgevano nel
loro quartiere.
Queste community sono state un’esperienza veloce, gli studi relativi a questa esperienza non hanno saputo dare una
spiegazione del perché non hanno avuto successo, ma si crede che non abbiano funzionato perché queste comunità
erano nate all’inizio dell’uso dei social e le persone erano poco competenti nell’utilizzo dei social e questo le portava
ad abbandonare l’uso dello strumento virtuale per mancanza di competenza.
In realtà in seguito alle community networks, per molto tempo non vi sono state altre esperienze capaci di coniugare
flusso della realtà online dei social, con le esperienze offline, mentre oggi vi sono diverse applicazioni che provano a
funzionare in questo modo, come NEXTDOOR, che è un’applicazione arrivata in Europa ed anche in Italia, ma non è
stata adattata nel migliore dei modi, perché viene poco utilizzata, dal momento che è strana rispetto alla nostra
visione del quartiere.
Vi sono, però, altri social che creano contatti nel quartiere, che ci permettono di conoscere nuove persone, che però
non si sono ancora sviluppati nel contesto italiano, ma vi sono altri social che non hanno questo tipo di finalità, ma che
vengono utilizzati in questo modo.
Questo tipo di social, sono stati definiti UBIQUI, in letteratura e vengono utilizzati per ampliare la propria rete sociale
nella comunità locale di riferimento. I social UBIQUI, sono applicazioni che:
• Utilizzano il GPS degli smartphone, quindi permettono di localizzare gli utenti, inoltre queste applicazioni permettono
di realizzare uno spazio virtuale vicino allo spazio offline, si possono vivere interazioni, dinamiche sociali online e
offline;
• Questo tipo di social può ridefinire i contesti locali in termini fisici, perché una serie di caratteristiche e confini
vengono codificati e possono ridefinire il contesto anche in termini sociali, perché questo promuove processi sociali
diversi.
L’utilizzo dei social media obbliqui permette una riconnessione con la comunità locale di appartenenza e questo
soddisfa i bisogni legati all’essere in relazione con le altre persone della comunità, o anche con la comunità. Questo
evidenzia come ci sia una relazione intrecciata e stretta rispetto alle caratteristiche fisiche della comunità e non solo
sociali.
L’uso di questi social avviene quando le comunità locali tendono ad offrire delle opportunità sociali, ma hanno delle
caratteristiche che non incoraggiano i cittadini a cogliere queste opportunità, ad esempio ci sono molti luoghi di
incontro, ma vi è molta sfiducia l’uno verso l’altro. Questo tipo di social permette un’esperienza diversa che può
superare questo ostacolo alla socialità e quindi permette un REMAPPING, ovvero l’utilizzo del GPS permette una vera
e propria mappatura del quartiere ed attraverso questo possono vedere gli utenti inseriti nel dettaglio, o vedere punti
cardine che raggruppa diversi utenti.
Quindi questi social permettono nel concreto agli utenti di orientarsi diversamente nello spazio fisico e sociale che
precedente vivevano sulla base di quanto succedeva offline.
Dunque, le dinamiche online nell’ambiente virtuale vengono interpretate come un complemento rispetto all’ambiente
offline, in questo caso si inserisce la COMPLEMENTARITY HYPOTHESIS, si tratta di un’ipotesi che sostiene che l’uso
dello smartphone è importante per il soddisfacimento dei bisogni degli utenti. In questo senso, le community
networks sono utili per gli utenti perché quando la comunità offre delle opportunità, ma le persone non riescono a
coglierle, le persone sentiranno di dover soddisfare quel determinato bisogno, che cercheranno di sodisfare attraverso
una strategia diversa.

L’uso dei social per essere in relazione con la comunità di appartenenza, risulta importante riflettere sul NEED TO
BELONG, ovvero il bisogno primario degli esseri umani, che fa riferimento al bisogno di mantenere delle relazioni
interpersonali positive e durature. È possibile parlare di relazioni:
• Significative, definite CAPITALI SOCIALI FOLDING, in termini emotivi, affettivi, quindi relazioni importanti;
• Positive e significative che sono meno rilevanti emotivamente, ma che forniscono delle risorse, definite CAPITALI
SOCIALI PRIGING.
Bisogna tenere presenti questi due tipi di relazioni, che sottolinea il fatto che ognuno di noi vuole soddisfare i bisogni
sociali e vi sono:
• Dimensione QUANTITATIVA, data dalla frequenza di contatto e dal numero di relazioni considerate significative;
• Dimensione QUALITATIVA, ovvero le caratteristiche delle relazioni, la loro stabilità nel tempo e se hanno una valenza
positiva o negativa.
Pensando al need to belong e alla complementarity hypothesis è stato definito l’impatto funzionale delle tecnologie
sulla socialità, ovvero:
1. L’uso delle tecnologie può fare da complemento a relazioni profonde e preesistenti (whatsapp);
2. I social possono permettere di rimanere in contatto con persone che sono significative, ma con le quali è difficile
interagire in modo diverso, come l’uso dei social durante la pandemia. In questo caso, i social sono stato un
complemento, senza social non saremmo riusciti a mantenere i contatti;
Studi recenti hanno dimostrato come le tecnologie social possono permettere di mantenere relazioni e di rafforzare
relazioni con persone che si frequentano abituariamente, in entrambi i casi è stato identificato un meccanismo
comune che fa riferimento ad un effetto di TRANSIFICAZIONE, ovvero le persone hanno bisogno di relazioni, quindi un
need to belong, che è un bisogno primario di tutti, ma la necessità di relazione non è dovuta solo ad aspetti
DISPOSIZIONELAI dal bisogno di appartenere e di essere in relazione, ma è dovuta anche ad aspetti SITUAZIONALI,
ovvero vi è un ruolo attivo che il contesto sociale in cui ci si trova ha, rispetto al livello di bisogno di relazione che le
persone possono trovare, ad esempio l’esposizione ad una situazione di esclusione sociale, la situazione di
emarginazione non dovuta all’esclusione, ma dovuta al contesto in cui non si sente parte (non conosco nessuno ecc.).
Dunque, vi è un’interazione significativa tra le caratteristiche individuali e le caratteristiche contestuali, ovvero della
comunità di appartenenza, ovvero caratteristiche fisiche e sociali, perché anche le caratteristiche fisiche della
comunità hanno un impatto sulle possibilità sociali, ad esempio se non vi sono luoghi d’incontro accessibili diventa
difficile incontrarsi nella comunità;
3. Un terzo impatto sulla socialità è quello in termini di creazione di nuove relazioni, che però sono relazioni che non
rimangono confinata alla dimensione virtuale, ma che andranno ad essere relazioni offline, all’interno della comunità.

Le comunità MODERNE locali, ovvero quartieri e città, sono considerati spazi relazionali, in cui i membri della
comunità vivono insieme, interagiscono, questo in realtà è stato un elemento che è venuto meno dall’inizio degli anni
2000, perché è stato osservato come era stato avviato un processo di degradarsi del tessuto sociale delle comunità
locali, ovvero:
1. È emerso che le dimensioni sociali si sono indebolite, ovvero i significati sociali, la connotazione sociale data agli spazi
comuni, ovvero luoghi in cui ci si poteva incontrare interagire, ma si sono indebolite anche le azioni collettive, ovvero
quelle azioni di tipo collettivo messe in atto per raggiungere un obiettivo comune;
2. Inoltre, è sorta una tendenza individualista che ha portato ciascuno a considerare i problemi, le questioni irrisolte
come delle questioni proprie, in realtà avere una categorizzazione netta su chi sia portatore di un problema e chi deve
risolverlo, porta:
• O a mettere in campo le proprie risolse per risolvere il proprio problema senza essere in relazione con gli altri;
• O a scelte di disimpegno affettivo e sociale che nascono dal pensiero ‘non è un problema mio’, quindi qualcun altro
lo risolverà.

Questo ha comportato la perdita della dimensione di comunità locale come spazio di incontro e di interazione e da
questo sono derivati diversi fenomeni, come l’INATTENZIONE CIVICA, consiste nel non prestare attenzione alle
persone che noi incontriamo quando andiamo in giro, questo fa sì che gli altri risultino per me sempre degli estranei e
delle persone che io non identifico. Vivere in questo modo la comunità locale, porta alla crisi del capitale sociale
locale, perché ci concentriamo su noi stessi, piuttosto che metterci in relazione con chi ci è intorno, fa sì che
difficilmente si creano relazioni con persone che vivono la nostra stessa situazione e con le quali vi sono diversi
elementi in comune. In questo senso, se non prestiamo attenzione a chi e a ciò che ci circonda, facciamo esperienza
della comunità come un contesto di transizione e non come uno spazio relazionale, anche gli spazi vengono
abbandonati (andare al bar, prima per conoscere persone, oggi per passare tempo con amici che conosciamo già).
Tutti questi processi hanno comportato un indebolimento del legame con la comunità, ovvero:
• Il senso di comunità, il legame affettivo con la comunità, il sentirsi membri di quella comunità, riconoscere gli altri
membri;
• Legame con gli spazi della comunità, ovvero SENSO OPPLACE, ovvero quel legame affettivo con i luoghi significativi di
una comunità, basato su 3 dimensioni principali:
1) PLACE IDENTITY, ovvero considerare i luoghi rilevanti per la propria identità sociale;
2) PLACE DEPENDENCE, ovvero considerare i luoghi come adatti e migliori per svolgere le attività quotidiane che si hanno
in programma;
3) PLACE ATTACHMENT, che fa riferimento al legate affettivo ed emotivo che c’è verso alcuni luoghi, quindi connotare
quei luoghi come una parte significativa della propria vita da un punto di vista emotivo.

Questi processi, che hanno caratterizzato le comunità locali, è possibile comprendere come in realtà gli elementi
principali che emergono sono:
• Forte indifferenza verso l’altro;
• Inattenzione civica;
• Chiusura in gruppi privati, gruppi in cui ci si conosce già.
Il processo principale è quello di CONNOTARE L’ALTRO, non più come un altro da conoscere, ma come un estraneo o
un nemico e questo fa si che si inneschino una serie di processi difensivi, di mancanza di fiducia, di non volontà di
interagire con l’altro, e questo crea ulteriori resistenze nel rafforzare il tessuto sociale locale. Infatti, le località
moderne sono state definite come dei luoghi frammentati, delle aree di transizione più che di sosta, delle comunità
chiuse, perché c’è la chiusura di gruppi e perché è come se fossero connotate da una chiusura dei luoghi, che non
vengono percepiti come spazi aperti in cui è possibile interagire.
La MODERN LOCAL COMUNITY EXPERIENCE, ovvero come si connota l’esperienza della comunità locale per i cittadini:
• Da un lato gli spazi e le interazioni sociali stanno perdendo importanza e le comunità stanno diventando più chiuse;
• Dall’altro, le comunità locali moderne sono state definite come COMPLESSI ECOSISTEMI SOCIALI, perché non sono più
soltanto ecosistemi sociali legati alle dimensioni fisiche e sociali delle comunità locali, quindi alle dimensioni offline,
ma sono stati complessificati dalla compresenza di interazioni dinamiche e veri e propri luoghi online.

Vi sono 2 tipi di social, nell’ottica di complessificare le caratteristiche del social per capirne gli utilizzi, vi è la USERS
THEORY, che evidenzia come tutte le tecnologie vengano scelte ed utilizzate dagli utenti in funzione delle loro
caratteristiche:
→ Il primo tipo di social viene definito Nearby Applications., nello specifico si tratta delle app di incontro online. Queste
applicazioni permettono agli utenti di scoprire altri utenti che siano nei dintorni e di interagire con altre persone
online. Dal momenti che gli utenti sono ad una determinata distanza, impostata dall’utente stesso, l’interazione inizia
online e può spostarsi offline. A differenza dei siti di incontri, nei quali si poteva entrare in relazione con chiunque,
ovvero con qualcuno molto lontano da noi e in quel caso la relazione rimaneva prevalentemente online.
Queste applicazioni, quindi, permette di metterci in contatto con persone nei dintorni. In termini relazionali e di
comunità, queste applicazioni creano la FAMILIAR STRANGERS, ovvero le persone che fanno parte della comunità che
noi vediamo in giro, ma alle quali a causa della disattenzione civica, non abbiamo prestato attenzione, ma con queste
app, vedendo i profili, prestiamo attenzione a queste persone e conosciamo delle loro caratteristiche e questo ci porta
a prestare loro un’attenzione diversa, rispetto a quando le incontriamo per strada, perché in quel caso non
categorizziamo l’altro, come estraneo o nemico, ma le percepiamo come dei conoscenti, perché abbiamo visto il
profilo, riconosciamo il loro volto e conosciamo diverse loro informazioni. Grazie alle applicazioni, dunque, si ha un
aumento la reciproca visibilità tra le persone della stessa comunità, inoltre poiché si leggono varie informazioni
sull’altro, come interessi, se ci troviamo in piazza e identifichiamo una persona, abbiamo una consapevolezza diversa
di quella persona e questo ci permette di instaurare un discorso. Questo tipo di applicazioni fornisce alle persone dei
TICKETS TO TALK, ovvero delle scuse educate per iniziare un’interazione in presenza senza risultare fuori luogo.
Inoltre, questo tipo di applicazione permette di fondere gli aspetti fisici e digitali e di creare una nuova relazione. In
America esistono diverse applicazioni che fanno parte di questo tipo, in cui si ha la possibilità di conoscere nuove
persone, la maggior parte di queste applicazioni non sono arrivate in Italia, quelle che sono arrivate, non sono
applicazioni di dating, come POKEMON GO, che usa la localizzazione per altre ragioni, ha anche incrementato delle
funzioni sociali, ma non sono funzioni che portano all’interazione e non viene utilizzata per l’interazione. Però è stato
osservato che in Italia e in Europa le applicazioni di incontri vengono utilizzate dagli utenti non sono per finalità
romantiche/sessuali, perché gli utenti non avendo applicazioni di altra natura, hanno iniziato ad utilizzare applicazione
come Tinder, Badoo, per conoscere nuove persone per fare amicizia, per sentirsi parte della comunità locale, di
ampliare la rete locale.
Secondo alcuni studi, questo tipo di applicazioni:
• Possono rappresentare un’integrazione agli spazi sociali tradizionali, quindi, si collocano in modo coerente con la
COMPLEMENTARITY HYPOTHESIS. Perché emerge come questo tipo di applicazioni possa favorire la partecipazione
delle persone alla comunità di appartenenza e la relazione con le persone della comunità;
• Rispondono a 2 tipi di bisogni sociali:
➢ Bisogno di ampliare la rete sociale, quando l’utente si sente solo e vuole entrare in contatto con altre persone.
Qui vi è la dimensione disposizionale, l’utente si sente solo e vuole entrare in contatto con altre persone, ovvero
sente il bisogno di interazione con la comunità, dunque, vi è la dimensione di ampliare la propria rete sociale
locale, quando non è possibile farlo in modo tradizionale, ovvero quando la comunità offre delle opportunità
sociali, ma ha delle caratteristiche che frenano le persone a cogliere quelle opportunità;
➢ Bisogno di sentirsi appartenenti alla comunità, quando l’utente ha un elevato senso di comunità, quindi, quando
gli utenti si sentono legati alla loro comunità, ma questa rimanda delle rappresentazioni contrastanti, gli utenti
tendono ad utilizzare queste applicazioni per percepire meglio le relazioni con i membri della comunità. In
questo caso, vi è la dimensione di interazione tra fattori disposizionali e fattori situazionali, perché quando la
comunità viene percepita come supportiva, più gli utenti hanno senso di comunità, meno utilizzeranno queste
applicazioni per instaurare relazioni con i membri della comunità.
Un altro elemento importante emerso da questo studio è che queste applicazioni sono in grado di sostenere il senso
di comunità e le relazioni all’interno della comunità e quindi di sostenere il CAPITALE SOCIALE LOCALE, ma questo
non avviene attraverso l’incontro offline con gli altri, ovvero ci si aspettava che gli utenti attraverso queste
applicazioni entrassero in relazione con altre persone della comunità locale, le incontrassero e sostenessero il loro
senso di comunità. In realtà è stato dimostrato che utilizzando queste applicazioni, le persone entrano in contatto
con le altre persone della comunità, vedono che vi è una rete sociale della quale loro possono fare parte attraverso
l’applicazione, questo è sufficiente per sostenere il loro capitale sociale ed il loro senso di appartenenza e per farlo
non è necessario passare per l’incontro in presenza e questo ci dice molto sul ruolo di queste applicazioni e ci fa
ipotizzare che attraverso queste applicazioni ci possa essere un’interazione tale da poter aver un impatto sul legame
con la comunità anche senza passare per l’incontro offline;
→ L’altro tipo di social è INSTAGRAM, il quale viene utilizzato per cercare foto e informazioni sui luoghi e sugli eventi
sociali nel proprio quartiere, anche se in realtà l’uso di questa applicazione è stato codificato in base ai bisogni degli
utenti. Instagram permette di:
1) Localizzare i contenuti che vengono condivisi;
2) Attribuire un significato e una rappresentazione a ciò che postiamo, possiamo aggiungere didascalie, hashtag e
questo ci permette di inserire la nostra foto in un filone di significati, inoltre la didascalia ci permette di scrivere un
qualcosa di significativo rispetto al contenuto di quella foto;
3) Essere aggiornati, ovvero ogni luogo social (bar, pub) ha un account, un hashtag e una localizzazione, quindi se noi
seguiamo l’account, siamo costantemente aggiornati.
In questo senso Instagram ci permette di essere in contatto con gli aspetti sociali della comunità di appartenenza.
Attraverso l’attribuzione dei significati, la scelta dei contenuti e account da seguire e attraverso le localizzazioni, ogni
profilo instagram diventa un contenitore di elementi identitari che vanno a dare degli imput e una connotazione alla
vita quotidiana degli utenti.
Sono stati condotti studi, per comprendere il bisogno sottostante questo uso dato spontaneamente a
quest’applicazione e l’impatto che questo uso ha in termini di comunità locali:
• Questo uso di Instagram è connotato nell’esperienza degli utenti come una strategia adattiva per essere in contatto le
dimensioni sociali della propria comunità di appartenenza, quando questa fornisce rappresentazioni contrastanti, ad
esempio se io so che il mio quartiere offre luoghi sociali, ma non mi sento sicuro in quel quartiere e non ho la spinta a
mettermi in relazione con le persone del mio quartiere, in qualche modo si tende ad usare Instagram per superare
queste barriere e rimanere in contatto con i significati sociali della mia comunità di appartenenza. Quindi, anche in
questo caso il senso di appartenenza è il motore fondamentale dell’utilizzo di queste applicazioni. Dunque, chi ha un
legame affettivo con la comunità, tende ad individuare altre strategie adattive per supportare questo legame, per
mantenere una percezione della propria comunità come un’entità relazionale in cui vi sono significati sociali,
supporto;
• Per quanto riguarda l’impatto di questo uso di Instagram sulla comunità locale, in questo caso sono intuitivi, perché
questo uso di Instagram sostiene il senso di comunità, ma anche il senso OPPLACE, ovvero il legame con i luoghi. Il
meccanismo attraverso il quale Instagram sembra favorire il legame con la comunità è attraverso la promozione di
una maggiore consapevolezza dei luoghi e delle opportunità presenti in quella comunità locale.
Dunque, Instagram rafforza l’esperienza della comunità e permette:
1) Di avere interazioni online e offline;
2) Di leggere diversamente il contesto fisico e sociale circostante, perché queste applicazioni espongono gli utenti a
luoghi, persone, situazioni, eventi diversi. Questo permette di superare le barriere che erano nate con le comunità
locali moderne.

I principali TAKE-HOME MESSAGES di questo progetto sono:


1) I cittadini hanno sviluppato strategie adattive volte a sostenere il loro senso di comunità, ma sono anche fondamentali
per fare esperienza delle dimensioni di comunità che si erano andati a perdere a causa di alcuni processi sociali e
culturali. Quindi, i social possono avere un impatto funzionale per il benessere individuale, ma sono anche elementi
che promuovono il benessere della comunità, indebolito dai processi moderni;
2) I social UBLIQUI hanno enormi potenzialità rispetto a 2 elementi principali:
➢ Possono soddisfare dei bisogni: identitario, sociale e aggregativo;
➢ Possono arricchire l’esperienza della comunità locale di appartenenza, attraverso la consapevolezza diversa,
l’esposizione ad ulteriori stimoli con i quali non si sarebbe entrati in contatto diversamente;
Un esempio può essere il progetto PROSPETTIVE DI CONNESSIONI URBANE, è un progetto realizzato durante il
lockdown, che ha utilizzato Instagram per mantenere le persone in contatto con i luoghi significativi della loro
comunità locale attraverso lo smartphone, perché durante il lockdown non si poteva uscire. Ed è stato dimostrato
come il benessere delle persone era minato dal fatto che non potessero fare esperienza dei luoghi significativi sociali
della propria comunità ed Instagram è stato utilizzato come uno strumento utile per mantenere il contatto e
mantenere il benessere attraverso questo.
I processi attivati attraverso questo progetto sono:
 Processo riflessivo, perché è stato chiesto ai cittadini quale fossero nella loro esperienza, i luoghi significativi sociali
e questo le ha portate a riflettere sul significato sociale che loro attribuivano ai luoghi e perché;
 In seguito al processo riflessivo, sono state condivise delle foto, attraverso l’account che hanno creato le autrici,
potevano vedere le foto che avevano condiviso, ma anche quelle postate da altri e questo permetteva loro di
comprendere l’importanza dei luoghi per loro significativi e permettevano ai cittadini di rimanere in contatto con i
significati sociali locali in un momento in cui non era possibile uscire e fare esperienza diretta di questi luoghi.
I 2 processi principali che hanno guidato questo progetto sono:
✓ Il PARTECIPIVE URBAN SENSITIVE, ovvero raccogliere informazioni sulla città, in questo caso Napoli, attraverso il
punto di vista dei cittadini e questo è stato fatto attraverso l’account Instagram ‘CONNESSIONI URBANE’ e
attraverso l’uso di una mappa virtuale. Quando i cittadini mandavano le foto e le didascalie, per ogni foto che
condividevano sull’account, aggiungevano anche la postazione sulla mappa condivisa online e attraverso la mappa
i cittadini avevano la possibilità di muoversi virtualmente nella loro città;
✓ Il PARTECIPIVE……., ovvero è stato creato un hashtag ‘incontrarsi in città’ che da un lato ha dato una chiara
connotazione rispetto al significato delle foto che venivano postate e dall’altro questo ha permesso di raggiungere
più utenti.

GLI EFFETTI PSICOSOCIALI DEI NUOVI MEDIA


Comunità, gruppi, relazioni interpersonali
Le comunità, gruppi e le relazioni interpersonali sono aspetti in relazione con 2 dimensioni su cui si fonda la nostra
esperienza sociali e sono:
• IDENTITA’ SOCIALE E PERSONALE, ovvero le esperienze sociali che noi facciamo attraverso le nostre identità, quindi,
attraverso i modi in cui ci presentiamo agli altri nei diversi contesti sociali. Le nostre identità costituiscono la facciata
con cui noi sperimentiamo le nostre esperienze sociali;
• RETI SOCIALI, ovvero l’insieme di persone a cui siamo collegati da una qualsiasi forma di relazione che può essere
profonda o superficiale. La rete sociale dei media è
costituita da entità, eventi, persone, collegate tra di
loro. In ogni rete vi sono dei nodi ovvero le immagini, le
persone e da legami diversi che stabiliscono le
connessioni tra i diversi nodi, ovvero stabiliscono legami
tra entità, eventi che compongono la nostra rete
sociale.
Questi legami possono essere:
→ Di natura superficiale;
→ Profondi
Dentro le reti possono esservi delle aggregazioni
sociali, definite comunità o gruppi, tra i quali vi sono delle differenze.

Lo sviluppo dei nuovi media ha potenziato le nostre esperienze sociali, in parte rimpiazzando le esperienze offline. Se
facciamo riferimento all’esperienza identitaria, questa è stata potenziata dai nuovi media, dandoci la capacità di
sperimentare ed esprimere parti del nostro sé, e questo non è sempre possibile nella realtà offline.
Lo sviluppo dei nuovi media ha comportato la creazione di spazi sociali dove sono nate le prime comunità virtuali, che
si sono evolute nei social media ed anche in altre esperienze come nella PRESENZA EMPATICA e nel COLLABORATIVE
INNOVATION NETWORK.
I nuovi media hanno permesso la costruzione di uno spazio virtuale che oggi viene definito:
→ CYBER SPACE, uno spazio virtuale sociale che unisce le caratteristiche delle reti sociali tradizionali con le caratteristiche
del web, multimedialità, condivisione dei contenuti. Si tratta delle reti sociali UBIQUE. Questo è inteso come un
concetto fisico, legato alle caratteristiche strutturali dell’ambiente digitale;
→ CYBERPLACE, introdotto dalla letteratura per descrivere cosa sono le reti e questa introduce la dimensione simbolica.
La DIFFERENZA è che CYBERSPACE la rete sociale viene considerata solamente come un contenitore di connessioni,
mentre il CYBERPLACE rende la rete sociale come un insieme di mondi dotati di una cultura propri, a in cui le persone
possano riconoscersi non solo in virtù della loro esperienza relazionale, ma anche in virtù della loro esperienza
identitaria, quindi, soddisfa non solo il bisogno di relazione sociale, ma anche il bisogno identitario che è quello che
riusciamo a soddisfare all’interno di una rete solo quando oltre a percepirla come dispositivo di connessione, viene
percepita in termini di COMUNITA’, come un insieme di persone che condividono norme, significati, valori.

Questo concetto è nato dall’idea che quando abbiamo un dispositivo digitale, NON è solo uno strumento, ma l’utilizzo
soprattutto trasparente dello strumento digitale è reso possibile quando le persone attribuiscono dei significati
socialmente condivisi. (Instagram, utenti hanno ricondizionato l’app per soddisfare i loro bisogni).

Lo studio delle reti è stato incoraggiato dalla Scienza delle reti, che:
1) Ha fornito un contributo per lo studio sull’impatto delle reti hanno sul benessere sociale, sul comportamento e sulla
salute delle persone;
2) Studia le proprietà, la struttura dei processi di trasformazione delle aggregazioni sociali attraverso rappresentazioni di
tipo matematico/grafico. Questa scienza costruisce la rete sociale, analizzando i legami e i processi di trasformazione
delle reti sociali;
3) Ha elaborato la formalizzazione matematica della teoria del PICCOLO MONDO, che mostra che ogni nodo della rete
dista da ogni altro nodo, non più di 6 gradi di separazione;
4) Permette di analizzare il capitale sociale prodotto dalle reti. Il capitale sociale è l’insieme di quegli elementi
dell’organizzazione sociale, come fiducia, norme, che possono migliorare l’efficienza della società, nella misura in cui
facilitano l’azione coordinata degli individui;
5) Ha consentito di studiare l’influenza dei legami deboli, ovvero superficiali.

LEGAMI FORTI e LEGAMI DEBOLI definiscono il tipo di connessioni che si possono stabilire all’interno della rete:

Legami forti (BOUND) Legami deboli (BRIDGE)


Sono legami stabili basati sulla Sono legami basati su motivi occasionali,
vicinanza delle persone e sono di tipo strumentali, di tipo societario.
comunitario.

Si tratta quindi della differenza tra COMUNITA’ e SOCIETA’

La comunità si basa su legami stabili, La società di basa su un’organizzazione che


in cui le persone stanno insieme. è legata al soddisfacimento di bisogni
specifici.
In questo caso si ha la SOLIDARIETA’ In questo caso si tratta di SOLIDARIETA’
ORGANIZA, caratterizzata dai legami MECCANICA, caratterizzata da legami
familiari, amicizia che assicurano un deboli che ci permettono di costruire ponti
sostegno emotivo profondo. che ci permettono di ampliare la nostra
A livello individuale i legami forti sono rete sociale.
più importanti. A livello sociale i legami deboli sono
importanti

Dunque, vi sono 2 principali forme di aggregazione:

COMUNITA’ GRUPPI
• Le comunità sono reti sociali stabili costruite sulla • I gruppi sono reti sociali dinamiche costruite sulla base
base della vicinanza. (es. realtà fisica= condominio; della condivisione di un obiettivo (membri social
es. realtà virtuale=partecipanti alla stessa rete network che sostengono una causa);
sociale; • All’interno di questi vi sono legami deboli che si
• All’interno di queste vi sono legami forti fondati su incontrano per motivi strumentali o occasionali
connessioni durature; (gruppo Whatsapp, non famiglia);
• Le comunità sono applicate al POLO • I gruppi sono applicati al POLO INTERGRUPPI, in cui le
INTERINDIVIDUALE, in cui le interazioni vengono interazioni sono regolate dalle norme del gruppo di
regolate dalle caratteristiche personali dei riferimento.
partecipanti.

Alcuni temi che la letteratura ha affrontato riguardo i gruppi sono:


1) COESIONE E SENSO DI GRUPPALITA’, nell’ambito dei videogame, alcuni studi hanno analizzati il tipo di connessione e il
tipo di identità delle persone che appartengono a gruppi di gioco, chiamate GILDE, che non sono comunità, ma gruppi,
nei quali i membri hanno relazioni occasionali che si basano su un obiettivo;
2) CONFORMISMO, riguarda il tipo di connessioni che si crea all’interno di alcune aggregazioni nei social media, come le
camere d’eco;
3) PRESENZA NORME e la gestione della violazione delle norme;
4) POLARIZZAZIONE DI GRUPPO, ovvero la tendenza ad assumere un atteggiamento estremo, questo è maggiormente
presente nella realtà virtuale rispetto a quella fisica, perché online possiamo scegliere a quale gruppo appartenere;
5) ATTIVISMO ONLINE, come i flash-mob;
6) GRUPPI DI LAVORO ONLINE.

TECNOLOGIE DI COMUNITA’ è un libro in cui l’autore traccia la storia dei nuovi media ed aggiunge elementi
importanti. L’autore parla di MEDIAMORFOSI, ovvero il processo di sviluppo dei nuovi media, il quale è caratterizzato
da 3 età:

PRIMA ETA’ SECONDA ETA’ TERZA ETA’


• La concettualizzazione dei media è • La concettualizzazione dei media • La concettualizzazione dei media è
caratterizzata dal pensiero di McLuhan, il quale richiama il concetto di AMBIENTE, si quella del TESSUTO CONNETTIVO,
sosteneva che il media è il messaggio. Dunque, passa dallo strumento all’ambiente, che ovvero i media sono situazioni
si sosteneva che i media fossero strumenti, viene inteso come un insieme di mondi legate al nostro vissuto quotidiano,
protesi dell’essere umano che gli permettevano paralleli, in cui si entra in relazione e perché grazie alla loro pervasività i
di ampliare le proprie esperienze umane; condividere materiale; media migrano nelle nostre vite;
• Il tema chiave è il superamento del luogo, • Il tema-chiave è condividere e • Il tema-chiave è la connessione e il
ovvero si tratta di strumenti che consentono di collaborare, ovvero la SHARED MIND, contatto;
superare la dipendenza dallo spazio; mettere in comune delle risorse; • L’idea di tecnologia è quella delle
• L’idea tecnologia è quella della TECNOLOGIA • L’idea di tecnologia è quella delle TECNOLOGIE DI COMUNITA’, ovvero
DELLA DISTANZA, ovvero di tecnologie che ci TECNOLOGIE DI GRUPPO, funzionali al le tecnologie ublique, capaci di
permettono di superare la comunicazione come lavoro di gruppo, come i cucire i lembi di una comunità a
atto che può avvenire in un tempo in un luogo. COLLABORATIVE INNOVATION diversi livelli.
Vengono definite tecnologie della distanza NETWORKS, che Riva definisce come
perché accorciano i tempi di risposta e fanno ambienti che realizzano i tre livelli della Secondo Riva, questa età
viaggiare le informazioni senza spostare le presenza sociale. corrisponde al WEB 2.0
I COLLABORATIVE INNOVATION NETWORKS (Coins) sono contesti che consentono l’esperienza ottimale a livello di
gruppo, in cui l’intenzione soggettiva, diventa collettiva, ovvero un’intenzione in grado di guidare l’azione dei membri
del gruppo verso una modalità di esistenza diversa da quella quotidiana attraverso 3 processi:
1) La condivisione degli obiettivi;
2) La liminarità, il non essere più e il non essere ancora;
3) L’identificazione delle attività comune.
Secondo Riva, in questo tipo di esperienze emerge il massimo livello dell’esperienza sociale, ovvero la presenza sociale
EMPATICA, ovvero il saper riconoscere l’altro come simile a sé.

Le tecnologie ubique hanno effetti importanti sul capitale sociale, alcuni studi infatti, hanno evidenziato come queste
tecnologie hanno una relazione significativa con il SENSO DI COMUNITA’ e il SENSO OF PLACE.

I nuovi media hanno ampliato le nostre reti sociali perché noi abbiamo dei bisogni distali che caratterizzano
l’esperienza umana, ma vi sono anche altri bisogni, come il bisogno di sicurezza, appartenenza, autostima e
autorealizzazione, ma vi sono anche altri bisogni che vengono soddisfatti dai social media. Inoltre, i social media
rispondono al nostro bisogno di appartenenza e al bisogno di connessione sociale.
Il NEED TO BELONGING, è la teoria secondo la quale gli esseri umani hanno un bisogno pervasivo di formare e
mantenere una certa quantità di relazioni interpersonali che siano durature, positive, ovvero legami forti.

I media non sempre riescono a rispondere ai nostri bisogni, infatti, possono avere effetti negativi e positivi. Alcuni
autori hanno individuato 3 tipi di impatto che i social media hanno sulla socialità:
1) Impatto POSITIVO, ovvero quando i media fanno da complemento a relazioni profonde, preesistenti offline;
2) Impatto POSITIVO, quando l’interazione è difficilmente ottenibile in altro modo (covid);
3) Impatto NEGATIVO , quando le relazioni superficiali online vanno a sostituire le relazioni profonde offline.

Da queste idee, è stato elaborato il modello teorico chiamato DISPACED-INTERFERENCE-COMPLEMENT-FRAMEWORK,


il quale sostiene 3 ipotesi:
1) DIPLACEMENT HYPOTHESIS, secondo la quale i media riducono il benessere quando si sostituiscono ad attività che
potrebbero essere una maggiore fonte di benessere (sonno);
2) INTERFERENCE HYPOTHESIS, quando i media interferiscono con attività che si stanno svolgendo, riducendo il
benessere derivante da essere, come le relazioni sociali;
3) COMPLEMENTARITY HYPOTHESIS, secondo la quale i media possono accrescere il benessere quando permettono
attività altrimenti impossibili, ad esempio a causa della distanza.

CONTATTO E PREGIUDIZIO in ambienti virtuali


Vi sono associazioni internazionali che si occupano del fenomeno dell’odio, pregiudizio online.
L’odio online riguarda i messaggi, commenti ai post caratterizzati da un linguaggio di odio ad una persona in base alla
sua appartenenza ad una determinata categoria sociale e non alla persona, in quanto persona, quindi si parla di
CONFLITTI INTERGRUPPI, si tratta di conflitti tra gruppi etnici, religiosi, tra gruppi di diverso orientamento sessuale.
Due gruppi confliggono a causa dell’incompatibilità di obiettivi, valori tra gruppi, che differiscono per etnia, religione
ed orientamento sessuale o altre caratteristiche.
Quest’odio avviene attraverso:
1) STEREOTIPI, ovvero la componente COGNITIVA;
2) PREGIUDIZI, ovvero la componente AFFETTIVA, come io valuto;
3) DISCRIMINAZIONE, ovvero la componente COMPORTAMENTALE, come io agisco.

Secondo la psicologia sociale, per ridurre i pregiudizi tra i gruppi, secondo Allport, il CONTATTO tra i gruppi può
favorire la conoscenza reciproca e migliorare l’atteggiamento verso l’outgroup. Vi sono 4 condizioni in cui il contatto
funziona meglio nel ridurre il pregiudizio:
• Status uguale, due universitari, non un universitario e un professore;
• Cooperazione;
• Scopo comune;
• Supporto delle autorità.

Vi sono diversi tipi di contatto:


→ Contatto DIRETTO, contatto faccia a faccia;
→ Contatto VICARIO, l’osservazione di un contatto che avviene tra un membro dell’ingroup e un membro dell’outgroup;
→ Contatto IMMAGINATO, simulazione mentale di un incontro con il membro dell’outgroup;
→ Contatto PARASOCIALE, osservazione di un membro dell’ingroup in interazione con un membro dell’outgroup tramite
MASS MEDIA;
→ Contatto ONLINE/E-CONTACT/MEDIATO, ovvero il contatto mediato dal computer.

Il contatto OFFLINE e ONLINE, sono entrambi comunicazioni istantanee.


Vi sono 7 caratteristiche del web, secondo le quali il contatto online può favorire il contatto intergruppi e diminuire i
pregiudizi questo attraverso:
1) Anonimato, online è possibile nascondersi dietro un anonimato;
2) Controllo su quanto ci si espone fisicamente, online se ci sentiamo a disagio possiamo spegnere e possiamo
controllare e decidere quanto esponerci;
3) Controllo sull’interazione, ad esempio chi soffre d’ansia, online, grazie al controllo su quanto su quanto ci si espone è
meno;
4) Facilità con cui si trovano altri uguali a noi, su altre caratteristiche;
5) Accessibilità e disponibilità;
6) Uguaglianza, come quella di status, anche se su internet è difficile che vi sia uno status diverso, perché questo viene
espresso in modo diverso;
7) Divertimento, come gli ambienti virtuali.

Secondo alcuni contributi della letteratura, il contatto online e offline agiscono in modo differente nel ridurre il
pregiudizio.
Secondo una METANALISI, ovvero una rassegna degli articoli pubblicati su un tema i quali vengono analizzati, nel caso
di questa metanalisi, sono stati presi in considerazione articoli sul contatto online e su come questo riduce i pregiudizi.
I risultati hanno dimostrato che il contatto online riduce i pregiudizi in maniera MODERATA, al contrario del contatto
offline che lo riduce in modo consistente.

Il contatto funziona meglio quando è spontaneo, ovvero quando una persona sceglie liberamente di avere un contatto
con un membro dell’outgroup e quindi riduce il pregiudizio tra gruppi di religione differente e meno tra gruppi di etnie
e orientamenti sessuali differenti, mentre quando il contatto è indotto ovvero quando questo avviene in laboratori e
viene seguito e richiesto da dei ricercatori, il contatto non funziona in maniera consistente.

Il contatto può essere:


→ INDOTTO, ovvero eseguito in laboratorio. White e Abu-Rayya hanno elaborato un protocollo dove vi sono diversi
interventi strutturati finalizzati alla riduzione del pregiudizio nelle scuole. Il protocollo, chiamato E-CONTACT è diviso
in 2 fasi:
1) Condivisione dei vissuti personali con l’outgroup, ovvero in questo caso viene reso saliente l’appartenenza a gruppi
diversi. Secondo questo protocollo bisognava selezionare un gruppo di ragazzi, ai quali veniva riferito che avrebbero
chattato con membri dell’outgroup con il quale avrebbero dovuto condividere vissuti personali;
2) Interazione con l’outgroup, ovvero cooperare per un obiettivo comune. In questo caso l’autrice cercava di far
cooperare ragazzi appartenenti a gruppi diversi.
L’E-CONTACT è una tipologia di contatto indotto;

Un altro tipo di contatto online indotto è un processo caratterizzato da delle variabili che possono ridurre il pregiudizio
e sono:
• SE’, secondo il socio-costruttivismo si struttura all’interno dei dialoghi che le persone hanno e il sé viene inteso come
POSIZIONI DEL SE’ e durante le interazioni si strutturano le posizioni. Posso chattare dietro un nickname, posso
rispondere ad un post sui social;
• CONTATTO INTERGRUPPI ONLINE che:
❖ Testuale, ovvero avviene attraverso delle chat;
❖ Indotto, ovvero avviene in laboratorio;
❖ Con target etnico, in questo caso si tratta di gruppi appartenenti a diverse etnie.
• PREGIUDIZI E DISCRIMINAZIONI che possono essere espliciti ed impliciti.

Il sé ha diversi livelli:
➢ PERSONALE
➢ SOCIALE
➢ UMANO
Il muoversi tra questi livelli, ovvero la flessibilità identitaria delle persone, influenza il contatto ed il suo ruolo sul
pregiudizio.
Più le persone si posizionano sul piano sociale più si identificano nei loro gruppi, più avranno pregiudizi verso gli altri.
Più le persone vedono sé stessi ed altri come essere umani più vicini al membro outgroup, più si identificano con il
gruppo di appartenenza.
Quando le persone si spostano tra le diverse posizioni, posizionandosi in modo NON simmetrico all’altro, il contatto ha
più forza di ridurre il pregiudizio.
IL POSIZIONAMENTO AVVIENE MOMENTO PER MOMENTO;
→ SPONTANEO, ovvero i Social Network. Secondo alcuni autori il contatto online tramite social network può avere effetti
positivi sulla riduzione del pregiudizio rispetto al gruppo target, ma ha anche degli effetti secondari, ovvero non riduce
il pregiudizio solo verso gruppi etnici, ma anche rispetto ad altri. Inoltre, il contatto online facilita l’integrazione
sociale.
È stato elaborato uno studio sulla discriminazione e sono state descritte 5 variabili:
1) Contatto, ovvero quanto le persone entrano in contatto con un membro outgroup e quanto questo è positivo;
2) Discriminazione mediata, ovvero quando vediamo qualcuno che viene discriminato;
3) Discriminazione vicaria, ovvero quando leggiamo un qualcosa di discriminante, questo tipo di discriminazione viene
definita ASSISTITA;
4) IMPEGNO;
5) ESPLORAZIONE IDENTITARIA, ovvero quanto esplorano le proprie identità.
In conclusione. più persone entrano in contatto con l’altro, più riescono ad esplorare attraverso un punto di vista più
sensibile a riconoscere la discriminazione online.

La discriminazione riguarda:
1) Il contatto e la sua qualità;
2) L’attaccamento alla piattaforma online;
3) Discriminazione mediata e vicaria;
4) Comportamenti antirazzisti.
5) L’empatia, che è legata ai comportamenti, più provo empatia, più metterò in atto comportamenti antirazzisti.

INFLUENZA DELLE TECNOLOGIE DIGITALI SULLE RELAZIONI SOCIALI


In questo ambito gli autori si concentrano sullo smatphone e sui social network e se queste influenzano le relazioni
sociali in modo positivo o negativo.

Per quanto riguarda gli SMATPHONE, in un articolo già visto in precedenza, in cui viene analizzata la relazioni tra gli
smartphone e il benessere della persona. Gli autori in questo caso elencano dei BULLET POINT, ovvero gli HIGHLIGHTS:
1. Gli smartphone possono aumentare o minacciare il benessere delle persone e questo dipende da come e quando le
persone lo utilizzano;
2. L’effetto degli smartphone sul benessere è piccolo e irrilevante;
3. Il sovrautilizzzo degli smartphone è associato ad un minore benessere, ma la relazione tra questi 2 costrutti non è
chiara, perché non si sa se:
• Un elevato utilizzo dello smartphone a causare un minore benessere;
• O se sia un minore benessere a spingere le persone ad un sovrautilizzo dello smartphone;
4. In letteratura per misurare l’utilizzo degli smartphone sono misure basate sui self-report, quindi, sono imprecisi e
sistematicamente conducenti ad errori;
5. Gli effetti degli smartphone vengono integrati in un paradigma più generale che gli autori propongono attraverso lo
sviluppo di 3 ipotesi:
→ Displacemente hypothesis;
→ Interference hypothesis;
→ Complementarity hypothesis.

Per quanto riguarda:

L’effetto di interferenza degli smartphone, vi sono 2 principali L’effetto complementare dello smartphone:
effetti negativi dello smatphone sulle relazioni sociali: • Sulle RELAZIONI, sono:
• PHUBBING è stato definito come l’atto di snobbare gli altri nelle → Migliorare le relazioni sociali;
interazioni sociali preferendo focalizzarsi sul proprio smartphone. → Dare e ricevere supporto;
Si tratta di un comportamento discriminatorio simile → Soddisfare i bisogni comunicativi;
all’OSTRACISMO, che è una forma di discriminazione sociale che • Sul BENESSERE PSICOLOGICO, lo smartphone
consiste nell’ignorare gli altri. Il phubbing ha delle conseguenze sul può avere:
bisogno di APPARTENENZA, AUTOSTIMA e CONTROLLO della → Effetto ANTISTRESS, in questo caso lo
situazione. Il 60% delle persone subisce o mette in atto il smartphone viene definito CIUCCIO
phubbing, inoltre, questo fenomeno sta diventando una NORMA DIGITALE, perché è un oggetto che ci fa star
SOCIALE, un PRINCIPIO NORMATIVO che sta strutturando le bene;
interazioni sociali sulla base del PRINCIPIO DELLA RECIPROCITA’. → Effetti di DISTRAZIONE, in situazioni
Gli effetti negativi in chi lo subisce sono: dispiacevole, ci distrae da un pensiero
→ Emozioni negative; preoccupante;
MIGRANTI E SMARTPHONE
Vi è un articolo della Mancini e colleghi è stato pubblicato su PLOSONE, una rivista open e questo articolo riguarda ‘Le
opportunità e i rischi degli smartphone per i rifugiati. Riguardo questo tema in letteratura sono stati individuati 43
contributi, nei quali sono stati individuati 5 TEMI EMERGENTI:
1. Uso degli smartphone per le pratiche d’uso nella vita quotidiana dei rifugiati.
Nella vita quotidiana dei rifugiati il cellulare serve per:
→ Essere informati, su ciò che succede nel proprio paese e per restare in contatto con amici e familiari;
→ Accedere e condividere informazioni sulla propria condizione e sui propri diritti (posso chiedere asilo, come
funziona la procedura);
→ Facilitare l’adattamento al nuovo contesto, ovvero facilita l’acquisizione della lingua e inoltre il cellulare aiuta loro
a comprendere come accedere ai servizi in Italia.
Quest’uso degli smartphone vi è quando i migranti hanno le competenze digitali, ovvero il saper utilizzare il cellulare in
modo efficace, e dalla qualità delle infrastrutture e della rete
2. Opportunità e rischi dell’uso del cellulare durante il viaggio migratorio:
→ Il lato positivo è che il cellulare durante il viaggio rappresenta un KIT DI SOPRAVVIVENZA integrato;
→ Il lato negativo è che i attraverso i cellulari delle persone che fuggono è possibile tracciare le traiettorie e ci
permettono di comprendere su come avvengono questi viaggi. Inoltre, possono essere oggetto di ESTORSIONE o
ABUSO da parte dei trafficanti;
3. Ruolo dei cellulari nel mantenimento e nello sviluppo di relazione e reti sociali, ovvero i cellulari permettono ai
migranti di:
→ Mantenere i legami con la famiglia e gli amici nel proprio paese di origine (legami BOUND);
→ Favorire i legami con le persone incontrate nel nuovo paese (legami BRIDGE);
Le tecnologie promuovono il benessere dei migranti, perché riducono il senso di isolamento e favoriscono
l’integrazione;
4. Uso dei cellulari per l’autoaffermazione e l’empowerment. In questo caso si passa dall’esperienza relazionale a quella
identitaria. I cellulari:
→ Consentono ai migranti di gestire l’immagine di sé (ad esempio di dare ai parenti a casa l’immagine che vogliono,
che non sempre coincide con quella reale, magari perché non vogliono deludere i parenti);
→ Consentono di ricostruire i legami intimi attraverso la CO-PRESENZA;
→ Superare l’invisibilità e rendersi visibili come forza politica che propone idee e rivendica i propri diritti.
In questo caso i cellulari stimolano l’autodeterminazione, l’agency, ma possono anche stimolare sentimenti di
alienazione e forme di dipendenza economica, ovvero un cellulare per un minore migrante solo è fondamentale,
questo crea una forma di dipendenza economica tra minore e famiglia d’origine, perché il telefono ha un costo;
5. Uso dei cellulari per la salute, la formazione e l’educazione dei rifugiati. I telefoni:
→ Favoriscono l’accesso dei migranti ai servizi per la salute mentale e le attività di screening;
→ Favoriscono l’apprendimento e lo sviluppo di competenze linguistiche, ad esempio attraverso programmi di
socializzazione al sistema italiano per colmare divari culturali.

Questo lavoro mette in evidenza come i cellulari offrono opportunità e rischi ai migranti:

Le OPPORTUNITA’: I RISCHI:
1) Facilitano l’orientamento e la qualità della vita 1) Creano nuove forme di disuguaglianza;
negli spostamenti e nelle situazioni di 2) Creano dipendenza e sfruttamento
sopravvivenza e nei percorsi di integrazione nel 3) Costituiscono una MINACCIA DIGITALE
luogo di approdo; ONNIPRESENTE, ovvero:
2) Favoriscono l’accesso alle informazioni, agli ❖ Possono rendere i migranti vittime dei
apprendimenti, ai servizi; trafficanti;
3) Consolidano ed estendono le relazioni e la loro ❖ Possono essere controllati dai regimi
qualità; dai quali fuggono;
4) Incrementano le possibilità di ❖ Possono essere respinti dai sistemi di
autoaffermazione e di agency; controllo digitali dei paesi verso i quali
5) Permettono di sviluppare le competenze sono diretti;
Per quanto riguarda gli effetti dei SOCIAL MEDIA sulle relazioni sociali, Ways e Gray sostengono che vi sono 3 tipi di
impatto che i social media hanno sulle relazioni sociali (già visto):
1) Positivo, quando i media fanno da complemento a relazioni profonde preesistenti offline;
2) Positivo, quando l’interazione è difficilmente ottenibile in altro modo;
3) Negativo, quando le relazioni superficiali online sostituiscono le relazioni offline.

I social network hanno degli effetti complementari sulle relazioni sociali, ovvero questi permettono di soddisfare il
nostro bisogno sociale, di connessioni sociali, di appartenenza. Secondo gli autori è la necessità di connessioni sociali
che ci spinge ad utilizzare i social, ma questo bisogno può essere più forte in funzione di 2 fattori:
→ Fattore CONTESTUALE, ad esempio un fattore contestuale che può incrementare il nostro bisogno di connessione
sociale e l’utilizzo dei social media, un fattore di questo tipo può essere quello di sentirsi esclusi dalle relazioni sociali,
come il phubbing, che spinge le vittime in un comportamento imitativo, per compensare un bisogno che non
riusciamo a soddisfare perché la situazione non ce lo consente;
→ Fattore PERSONALI/DISPOSIZIONALI, ovvero quelle persone che hanno bisogni di appartenenza più altri, dovuti a
diversi fattori, come le caratteristiche di personalità, le persone estroverse hanno un maggiore bisogno di connessioni
sociali.

Dunque, il sentirsi SOLI o ESCLUSI dalle relazioni sociale, incrementa l’uso dei social network, in questo caso viene
interpretato come una strategia di coping che permette di far fronte all’evento stressante della disconnessione ed
inoltre perché queste garantiscono un miglior senso di connessione.
SENTIRSI SOLI USO DEI SOCIAL (strategia coping) maggiore senso di connessione

Gli autori connettono a questo discorso il fenomeno del FOMO, ovvero Fear of Missing out, è la paura di sentirsi soli.
Si tratta della pervasiva apprensione che gli altri possano avere esperienze interessanti mentre si è assenti. Secondo
gli autori gli antecedenti del FOMO sono:
→ Bassa SODDISFAZIONE di vita;
→ Basso BISOGNO di soddisfazione dei bisogni, come quello di autonomia, competenza e relazione;
→ UMORE NEGATIVO.
Inoltre, il FOMO funge da mediatore tra i fattori antecedenti e l’utilizzo dei social.

Secondo la letteratura la FOMO è correlata alla SOVRAESPOSIZIONE, ovvero ad un desiderio di stare continuamente
connessi con quello che gli altri stanno facendo ed è:
→ Correlata alla sovraconnessione che induce STRESS;
→ Può disconnettere dalle persone, ovvero la paura di rimanere fuori, ci porta a privilegiare il canale virtuale e non
quello reale;
→ Può impedire di godere del momento presente.

Vi sono altri EFFETTI NEGATIVI dei social sulle relazioni sociali, inoltre vi sono altre forme di CYBEROSTRACISMO,
ovvero ostracismo online. Secondo gli autori non ricevere attenzione online, è una forma di cyberostracismo che
riduce i nostri bisogni di appartenenza ed autostima.
Gli altri effetti negativi sono:

GHOSTING, ORBITING
quando una persona recide tutte le comunicazioni con è più minaccioso per chi lo subisce e avviene
un amico o una persona con cui si stava frequentando, quando qualcuno continua a guardare le tue storie,
senza nessun avvertimento. Inoltre, evita le chiamate, i mette like ai tuoi post, pur avendo interrotto la
messaggi sui social media e gli incontri in pubblico. relazione con te. Solitamente avviene da parte di
Le vittime di questo fenomeno vivono una situazione di qualcuno che ti ha ghostato.
incertezza ed ambiguità, a causa della mancanza di In pratica, si tratta di una persona che si trattiene
spiegazioni. nella tua vita, nonostante si rifiutino di farne parte.
Tutto questo accresce le ripercussioni già negative Queste persone operano una vigilanza elettronica e
della fine della relazione. questo genere un’ambivalenza, che non aiuta le
Non si tratta di un fenomeno specifico degli persone a ristabilirsi emotivamente, dopo la fine di
adolescenti, ma avviene quando una relazione si sta una relazione.
spostando verso un carattere di serietà, l’età media è Anche questo fenomeno era presente
di circa 33 anni. precedentemente, ma è reso più facile dalla
Non è un fenomeno nuovo, ma è accentuato dai social tecnologia.
Vi è uno studio riguardo gli effetti dei social media sul benessere delle persone, ‘The Facebook Experiment’, nel quale,
gli autori hanno preso in considerazione un campione di 1095 persone, divise in 2 gruppi:
→ Gruppo di controllo, ai quali veniva somministrato un questionario pre e post, dopo una settimana;
→ Gruppo sperimentale, in cui i partecipanti non dovevano utilizzare Facebook per una settimana.
I risultati hanno dimostrato che:
→ Gruppo di CONTROLLO, ha riportato livelli più alti di stress rispetto al gruppo sperimentale ed inoltre ha riportato una
maggiore sensazione di aver perso del tempo.
→ Gruppo sperimentale ha riportato un aumento del livello di soddisfazione nella fase di post test, inoltre ha riportato
una maggiore concentrazione ed una maggiore soddisfazione della vita sociale.
Dunque, astenersi dall’uso di Facebook aumenta il livello di soddisfazione della vita e gli autori confermano che le
persone che utilizzano Facebook hanno il 39% di possibilità di sentirsi meno felici.
Gli aspetti critici di questo studio sono:
→ Il tempo di NON utilizzo del social network Facebook è troppo breve;
→ Non viene presa in considerazione la DESIDERABILITA’ SOCIALE;
→ Questo studio mette in luce solamente gli effetti negativi.

In CONCLUSIONE, possiamo affermare che i media possono avere effetti positivi e negativi, tutto dipende dall’uso che
le persone ne fanno e dai bisogni che soddisfano.
Secondo la COMPENSATORY INTERNET USE THEORY:
→ Un uso funzionale dello smartphone e dei social media può generare effetti positivi sul benessere;
→ Un uso disfunzionale e che non mira al soddisfacimento dei bisogni, compromette il nostro benessere e quello delle
vittime.

MEME
La cyberpsicologia si occupa dello studio delle caratteristiche del cyberspazio, le caratteristiche del cyberspazio sono:
1) Flessibilità temporale, ovvero attraverso i nuovi media è possibile relazionarsi e comunicare in ogni momento;
2) Assenza di limiti spaziali, ovvero possiamo sentire i nostri amici che si trovano in qualsiasi parte del mondo;
3) Avere accesso a molte informazioni, online vi sono numerose informazioni;
4) Molteplicità sociale, perché noi entriamo in contatto con persone di stato sociale diverso e gruppi etnici diversi;
5) Mancanza di integrazione sensoriale, ovvero quando ci relazioniamo attraverso i media digitali, abbiamo soltanto
un’informazione, ovvero possiamo comunicare solamente attraverso dei messaggi di testo, senza sentire la voce, le
espressioni facciali, in web riusciamo a vedere le espressioni, ma non sappiamo in quale contesto si trova. Dunque,
abbiamo a disposizione un solo canale che ci permette di comprendere il comportamento degli altri;
6) Assorbire informazioni senza filtrarle, avere accesso a numerose informazioni, comporta l’assorbimento di queste
senza che queste vengano filtrate, ad esempio durante il covid vi erano fake-news che sembravano vere perché
numerose;
7) Cyber-addiction, al giorno d’oggi è difficile distinguere il cyber-addiction da un uso persuasivo dei media;
8) Disinibizione comportamentale e cyberstalking, la disinibizione comportamentale fa riferimento al fatto che online
mancano alcuni vincoli e questo ci porta ad attuare un comportamento disinibito. Può anche esservi una disinibizione
positiva, relativa alla self-disclosure, essere vicini agli altri;
9) Anonimato, in questo caso non si tratta solamente di utilizzare dei media che ci permettono di essere anonimi, ma
anche il vero e proprio percepirsi anonimi, ad esempio quando le persone commentano i post in modo negativo, con il
loro profilo e quindi mostrando il proprio nome e cognome;
10) Effetto alone dell’avvenenza, quando noi comunichiamo online, ci basiamo su un’unica caratteristica della persona, ad
esempio sui social, ci basiamo solamente sulla foto profilo, l’unico aspetto sensoriale.

Quando le persone interagiscono attraverso i nuovi media si scontrano con questi aspetti. Il contesto virtuale, è un
contesto sociale, in cui le persone cambiano il proprio comportamento, in base alle caratteristiche del contesto.
Online si verificano delle DINAMICHE INTERGRUPPO, che sono più accentuate rispetto a quella che vi sono nella realtà
e questo è stato spiegato dal modello SOCIAL IDENTITY OF DE-INDIVIDUATION MODEL, che si focalizza sulle interazioni
uomo-macchina, secondo questo modello le persone agiscono secondo una maggiore accettazione della propria
identità sociale, ovvero online viene estremizzato il polo interpersonale, ovvero noi confrontandoci con gli altri,
mettiamo un atto un processo di DEINDIVIDUAZIONE, cioè noi agiamo come se non fossimo individui singoli, ma sulla
base della nostra appartenenza al gruppo e questo aumenta la percezione di identità sociale e si riversa sui
COMPORTAMENTI INTERGRUPPO, quindi vediamo gli altri come membri dell’outgroup e tutte le azioni che mettiamo
in atto nei confronti degli altri vengono percepite come uno scarico della responsabilità sociale, poiché non è il
soggetto che si relaziona con gli altri in modo diretto, ma si relaziona con gli altri in base al mio gruppo, quindi il mio
comportamento è giustificato perché è il mio gruppo che richiede che io mi comporti così.
Questo effetto si amplifica online perché:
1) È più semplice consolidare un’identità collettiva, poiché è più semplice fare propaganda e trovare persone che
appoggiano le nostre idee;
2) Si viene a creare un’identità transnazionale, ovvero si riescono a creare alleanze in diverse contesti con persone che
appoggiano le nostre idee;
3) È semplice fare propaganda, perché siamo esposti ad una molteplicità di informazioni.

I social network sono quelle piattaforme create per favorire le relazionalità e in cui le dinamiche interpersonali sono
maggiormente presenti. I social hanno modificato il modo di comunicare e il modo in cui le persone si relazionano tra
di loro. Inoltre, questi hanno messo in atto una riconfigurazione di alcuni processi relazionali attraverso:
• La rimozione del corpo dall’interazione, ovvero quando ci relazioniamo con gli altri lo facciamo attraverso la
piattaforma e questo ci porta a percepirci di meno all’interno dell’interazione;
• Ristrutturazione cognitiva con sviluppo di schemi mentali propri, ovvero utilizzando i social network vi sono delle
caratteristiche che vengono condivise solamente dalle persone che sono utenti abituali, ad esempio i MEME;
• Ristrutturazione delle relazioni sociali, ovvero i social network sono caratterizzati dal legame tra la realtà virtuale e la
realtà offline, definito INTERREALTA’.

Vi sono diversi social network ed ogni social soddisfa determinati bisogni:


• Facebook, è un RELATIONSHIP NETWORK, il quale è stato creato per favorire le relazioni tra le persone. Su questo tipo
di social bisogna chiedere l’amicizia, altrimenti non è possibile vedere i contenuti del profilo di quella persona. In
questo modo Facebook distingue i contatti della vita offline da quelli della vita online. Questo ha comportato 2 risvolti:
→ Le persone mettono in atto strategie di AUTOPRESENTAZIONE, ovvero mettiamo un’immagine del profilo in cui
siamo venuti bene, cerchiamo di mostrare la versione migliore di noi;
→ La relazionalità ancorata, ovvero su Facebook cerchiamo di avere tra i contatti amici della vita reale ed inoltre lo
utilizziamo per tenerci in contatto con persone che non vediamo abitualmente;
• Instagram, viene definito un MEDIA SHARING NETWORKS, poiché si basa sulla condivisione di video e immagini, anche
su Instagram è possibile inserire una didascalia alle foto, ma rispetto a Facebook, l’obiettivo principale è quello di
condividere contenuti multimediali. Inoltre, su Instagram possiamo vedere contenuti di persone che non conosciamo.
Instagram viene utilizzato perché:
→ Permette la sorveglianza, ovvero di controllare i contenuti di persone che noi non conosciamo;
→ Ci permette di documentare la propria vita e viene utilizzato come una sorta di diario;
→ Si interagisce più facilmente con gli altri, quindi, riduce l’ansia sociale;
→ Favorisce una parte più creativa delle persone, attraverso la modifica delle immagini.

I LATI NEGATIVI dei social network sono quelli relativi alla devianza online e si tratta di fenomeni che si estendono
lungo un continuum che va dai fenomeni meno gravi a comportamenti disfunzionali. Tra i fenomeni meno gravi vi è:
→ MIND DEVIANCE, ovvero i commenti maliziosi, commentando con ironia in modo velato, che suscita un riscontro
negativo;
→ UNACCEPTABLE LANGUAGE, ovvero un uso inaccettabile del linguaggio e riguarda fenomeni come il FLAMING, HATE
SPEECH, SHITSTORM, si tratta di haters che si organizzano in delle chat per prendere di mira una persona, senza
motivo, iniziando ad insultarla per ore, portando le persone a chiudere i loro profili.
I fenomeni che comportano comportamenti maggiormente disfunzionali sono:
→ EXPRESSION OF COMPLEX SOCIAL PROBLEMS, come il CYBERBULLISMO e le discriminazioni;
→ CYBERCRIME, veri e propri reati come il CYBERSTALKING e FURTO D’IDENTITA’, che rientrano nel penale.

LA DISCRIMINAZIONE DIGITALE
La discriminazione digitale si può subire a diversi livelli:
1) Un primo livello riguarda la discriminazione TRAMITE LE MACCHINE, ovvero quando le macchine vengono
programmate, le persone che le programmano, avendo pregiudizi, possono trasmetterli alle macchine;
2) DIFFUZONE DI MATERIALE INTIMO, l’impatto che la diffusione ha online è enorme per la vittima perché quando viene
diffusa all’interno di chat, per quanto si possano attivare delle procedure legali per fermarla, è quasi impossibile avere
un’idea di quante persone abbiano visualizzato quel video o quella foto;
3) ONLINE OTHERING, si tratta di attacchi rivolti ad un individuo, in quanto tale e quelli rivolti sulla base d’appartenenze
a gruppi sociali target, ETNIA, GENERE, ORIENTAMENTO SESSUALE.

La discriminazione è un comportamento che viene rivolto a membri dell’outgroup, si tratta di un fenomeno che è
sempre esistito, ma online questa dinamica viene esasperato e ha un impatto maggiore sulle vittime, perché queste
online, non sono al sicuro nemmeno nella loro stanza, poiché si tratta di un fenomeno continuo, mentre nella vita
reale l’aggressione è circoscritta a quel momento. La discriminazione online è possibile discriminare sia in forma
esplicita che in forma implicita:
→ Esplicita, online riguarda i commenti, offline gli insulti faccia a faccia;
→ Implicita, online si tratta di quei commenti come ‘non sono razzista ma...’, offline, invece di sederci vicino ad una
persona di colore ci sediamo altrove.

Il meme è composto da:


→ Una parte testuale in alto che introduce ciò di cui stiamo parlando;
→ Una parte in basso che spiega l’immagine che si trova tra la parte in alto e in basso.
Il meme cerca di veicolare dei contenuti divertenti attraverso un’immagine e poche righe, l’idea è quella di veicolare
dei messaggi che possono essere compresi solamente da chi utilizza i social network.
La nostra idea di meme e il significato che gli attribuiamo è quello di farci comunicare velocemente e di farci divertire.
Alcuni meme riguardo una serie tv che non abbiamo visto, non riusciamo a comprenderli e questo perché NON
condividiamo la cultura che c’è alla base.
I meme condividono anche dei significati discriminatori, che però passa in modo sottile.
I meme, possono riguardare contenuti discriminatori, che passano inosservati perché divertenti.
Vi sono diversi studi in letteratura che hanno dimostrato:
1) I gruppi minoritari non percepiscono i meme come offensivi;
2) Alcune minoranze percepiscono i meme discriminatori, solamente quando hanno subito delle discriminazioni razziali
nella vita offline;
3) Le donne in alcuni meme vengono raffigurate come molto emotive ed irritabili, che si occupano solamente delle
mansione domestiche e si tratta di meme sessisti.
4) Le persone che avevano pregiudizi preesistenti non percepivano i meme come discriminatori.

I fattori correlati alla discriminazione online sono:


→ Le CARATTERISTICHE INDIVIDUALI DEGLI UTENTI, come i tratti di personalità e il modo di utilizzo dei social:
• I tratti di personalità, alcuni studi hanno confermato che:
✓ Vi è una relazione tra tratti di base come l’ansia e una maggiore disinibizione online;
✓ L’empatia modera la messa in atto di comportamenti disinibiti;
✓ Vi è una correlazione significativa tra tratti di psicopatia e commenti classificati come HATE SPEECH.
→ CARATTERISTICHE DELLA COMUNICAZIONE MEDIATA DAL COMPUTER, come l’anonimato, la disinibizione online e la
libertà di espressione:
1) L’anonimato può essere di 2 tipi:
• TECNICO, come ad esempio ask, ci permetteva di fare domande in modo totalmente anonimo;
• SOCIALE, come quello nei social, quando noi ci relazioniamo con gli altri, lo facciamo mostrando la nostra foto, il
nostro nome, quindi non siamo del tutto ANONIMI.
Gli studi sul tema sostengono che l’anonimato ci permette di mettere in atto comportamenti disfunzionali. Uno studio
recente, ha dimostrato come l’anonimato sociale non è mai possibile, perché spesso anche se creiamo un profilo falso,
usciamo tra i suggerimenti degli utenti. Inoltre, è stato dimostrato che mettiamo in atto questo tipo di comportamenti
disfunzionali quando NON vi è un contatto visivo
2) La DISINIBIZIONE può essere:
• TOSSICA, si tratta di uno stato psicologico che si verifica online, che ci fa credere di poter mettere in atto tutte le
azioni che vogliamo e lo usiamo in modo negativo;
• BENIGNA, che favorisce la self-disclosure, che permette alle persone che hanno delle difficoltà relazionarsi nella vita
reale ad aprirsi più facilmente sui social, ad esempio è più facile fare coming-out online.
La disinibizione è un costrutto multidimensionale, nella quale sono stati introdotti 7 aspetti:
✓ ANONIMATO DISSOCIATIVO, quello stato in cui l’individuo crede di poter fare quello che vuole, poiché non è una
sua responsabilità;
✓ ASINCRONICITA’, io possono commentare in modo negativo, spegnere il computer, nel mentre l’altro può leggere il
commento ed io non vedo la sua reazione;
✓ INTROIEZIONE SOLIPSISTICA, quando interagiamo con gli altri, cerchiamo di introiettarlo, quindi, quando chattiamo
con l’altro è come se stessimo chattando con noi stessi, in questo caso l’altro non viene più inteso come altro, ma
ci relazioniamo con l’altro sulla base delle nostre aspettative;
✓ MINIMIZZAZIONE DELLE AUTORITA’, online mancano quelle autorità che possono impedirci di mettere in atto
questi comportamenti discriminatori.
3) LIBERTA’ DI ESPRESSIONE, secondo gli studi, una maggiore libertà di espressione è correlata a pregiudizi preesistenti
ed a giustificare le discriminazioni.

→ ASPETTI DELLE RELAZIONI INTERGRUPPI, ovvero le persone si rapportano con gli altri in base al loro gruppo di
appartenenza. Online vengono soddisfatte tutte le condizioni di contatto online di Allport e inoltre questo riduce il
pregiudizio.

DIMENSIONI PSICO-SOCIALI FACILITANTI I COMPORTAMENTI ANTISOCIALI ONLINE


I fattori che psico-sociali che facilitano la messa in atto di comportamenti antisociali online e sono:
1) Empatia:
• Affettiva, ovvero la consapevolezza delle emozioni sperimentale dell’altro;
• Cognitiva, capacità di entrare in risonanza con gli stati affettivi provati dagli altri.
L’empatia è un fattore protettivo che riduce i comportamenti antisociali;
2) Bassa autostima, basso autocontrollo e narcisismo, l’avere aspettative grandiose su di sé. Queste caratteristiche
possono avere un ruolo rilevante nel predire i comportamenti antisociali online;
3) Disimpegno morale, ovvero disinnesco dei propri standard morali;
4) Disinibizione, ovvero la facilità dell’anonimato;
5) De-individuazione;
6) Inclusione dell’altro nel sé, avere online contatti con i membri dell’outgroup, è un fattore che riduce i comportamenti
antisociali.

Questi fattori sono legati alle caratteristiche degli individui, alle motivazioni degli individui, ovvero ciò che l’individuo
vuole raggiungere attraverso l’utilizzo degli strumenti digitali.

Secondo Kowalsky e collaboratori vi sono altri fattori collegati alle caratteristiche del mezzo e dei media digitali:
1. Anonimato, assenza di feedback, distanza fisica;
2. Riproducibilità, ovvero la facilità con cui è possibile arrecare un fanno e replicare le azioni antisociali, tramite un click;
3. Percezione di incontrollabilità, ovvero online NON ci sentiamo controllati da nessuno, dal momento che non vi è un
moderatore e questo facilita la messa in atto di comportamenti antisociali;
4. Permanenza relativa, dopo aver messo in atto un comportamento antisociale, è quasi impossibile eliminarlo e il fatto
che questo non possa essere eliminato, favorisce e incentiva gli altri a replicare quel comportamento antisociale;
5. Accessibilità 24/7, ovvero più tempo le persone hanno a disposizione per mettere in atto i comportamenti antisociali e
maggiore è la sensazione di non poter sfuggire a questi da parte delle vittime.

Nei contesti online vi sono anche comportamenti PROSOCIALI e vi sono:


→ Benefici INTANGIBILI, come:
1) Information and knowledge sharing, come Wikipedia;
2) Mentoring online o e-mentoring, ovvero il supporto all’apprendimento mediato dal pc;
3) Gruppi di supporto e comunità online volte alla promozione della salute degli utenti, che forniscono informazioni,
consigli e nei quali è possibile stabilire delle relazioni significative;
4) Gruppi di volontariato organizzato, che puntano alla promozione di valori di eguaglianza sociale, di giustizia o ad
iniziative in favore della scienza;
→ BENEFICI TANGIBILI, come le donazioni online, ovvero l’invio diretto o tramite un banner ‘click to donate’, clicchiamo
in modo tale che l’azienda poi doni una certa quantità di denaro.

Secondo alcuni autori queste forme di ATTIVISMO come forme di attivismo diverse rispetto a quelle del passato,
definendole ATTIVISMO DA POLTRONA, poiché non richiedono un particolare impegno da parte delle persone.
Le motivazioni che spingono le persone ad adottare i comportamenti PROSOCIALI sono:
1) Motivazioni ALTRUISTICHE, si tratta di comportamenti legati alla volontà di promuovere il benessere delle persone e
della comunità;
2) MOTIVAZIONI EGOISICHE, ovvero quelle legate al voler ottenere attraverso un comportamento prosociale, delle
ricompense o ad evitare delle sanzioni o di diminuire emozioni spiacevoli. Online molto spesso si mettono in atto
comportamenti prosociali per sentirsi parte della comunità.

Secondo uno studio di Pagano, Imperato, Mancini, dal quale è emerso come i:
→ COU_bi, COUNTERING BEHAVIORAL INTENTION, ovvero l’intenzione di controbattere i contenuti
discriminatori dei meme è LEGATO negativamente AL
→ DIS_bi, DISSEMINATING BEHAVIORAL INTENTIONS, ovvero all’intenzione di disseminarli.
Questi comportamenti prosociali sono favoriti dall’inclusione dell’altro nel sé, ovvero dalla capacità delle persone
hanno di reputare l’altro simile a sé, che a sua volta incoraggiato dal contatto online. Più conosco persone
dell’outgroup, più aumenta la percezione di somiglianza e questo comporta un aumento di comportamenti prosociali.
I comportamenti DIS_bi sono legati in modo negativo con la quantità dei contatti, ovvero se si hanno pochi contatti
con i membri dell’outgroup, questo mi porta a non reagire a contenuti discriminatori che osservo sui social.
SE’ ONLINE
La presenza e la presenza sociale non solo consentono di trasformare l’INTENZIONE in AZIONE, ma:

La PRESENZA, permette: La PRESENZA SOCIALE, permette:


1) Di posizionare il proprio sé, attraverso la 1) Di identificare l’altro, attraverso la PRESENZA
PROTO-PRESENZA, ovvero io sono in quello IMITATIVA;
spazio virtuale; 2) Di comprendere le intenzioni rivolte a sé stessi,
2) Di definire i confini attraverso le azioni, ovvero attraverso la PRESENZA INTERATTIVA;
la PRESENZA NUCLEARE, ovvero cosa faccio 3) Di potenziare il sé, attraverso la PRESENZA
nell’ambiente virtuale; EMPATIVA, attraverso esperienze condivise
3) Di potenziare il proprio sé, attraverso la ottimali e l’incorporazione degli artefatti.
PRESENZA ESTESA, attraverso esperienze La presenza SOCIALE, ha implicazione per il sé,
ottimali e l’incorporazione degli artefatti. ovvero per la parte definita da James come ME
La presenza ha implicazioni per il sé, ovvero ha oggetto, ovvero come mi vedo dall’esterno o come
delle implicazioni per quella parte del concetto di mi vedono gli altri. Il me oggetto fa riferimento a 3
sé, che James definisce IO SOGGETTO, quindi, la esperienze:
presenza negli ambienti virtuali attiva nelle → Me MATERIALE, corpo;
persone il senso di IDENTITA’, ovvero la → Me sociale, io agli occhi degli altri;
sensazione di essere quella persona specifica, in → Me SPIRITUALE, ovvero le caratteristiche che mi
quell’ambiente specifico. Il senso di identità è qualificano agli occhi degli altri.
quello che ci permette di sentirci come persone La presenza sociale chiama in causa altre
uniche, distinte dalle altre e in grado di dimensioni del sé, me oggetto, ovvero:
controllare le nostre azioni. → La SELF-EXPRESSION, come noi ci sveliamo agli
La presenza ha implicazioni sulla SELF- occhi degli altri;
AFFIRMATION, sul SELF-EFFICACY e sul SELF- → La SELF-PRESENTATION, ovvero l’immagine che
EMPOWERMENT. vogliamo dare agli altri di noi stessi;
→ Le IDENTITA’ SOCIALI.

Articolando i 3 livelli della presenza e della presenza sociale è possibile delineare 3 livelli del sé:
1) PROTO SE’, ovvero l’esperienza che la presenza nucleare (1 livello presenza) e la presenza imitativa (1 livello presenza
sociale) conferisce alla nostra identità. Il proto-sé è definito come un sé il cui confine è il CORPO. Il nostro corpo viene
proiettato nell’avatar, che utilizziamo per rappresentarci nell’ambiente digitale, che definisce chi siamo e a
distinguerci dagli altri oggetti o attori presenti in quell’ambiente. L’attività sociale che caratterizza il proto-sé è
l’imitazione, ovvero il prendere consapevolezza che ci siamo nei nostri confini corporei rispetto ad un non sé che è al
di fuori dei nostri confini corporei;
2) SE’ NUCLEARE, ovvero quello che nasce dalla presenza NUCLEARE e quella SOCIALE INTERATTIVA, il cui confine è il
mondo, ovvero il cui confine è la SITUAZIONE virtuale, che si presenta ai nostri occhi in quel determinato momento,
che in quel momento mi consente di raggiungere delle intenzioni prossimali, realizzabili in quella piccola porzione,
ovvero in quella situazione. Questo sé include le AFFORDANCE che consentono di uscire dai propri confini corporei per
realizzare la propria intenzione. L’attività sociale che caratterizza il sé nucleare è quella dell’interazione, ovvero
interagisco con gli artefatti o gli attori presenti in quella situazione;
3) SE’ NARRATIVO, il cui confine è il MONDO POSSIBILE, ovvero quel mondo che Riva attribuisce alle INTENZIONI DISTALI,
al massimo livello della presenza. Il mondo possibile è definito non dai miei bisogni, ma dagli OBIETTIVI generali che mi
portano ad approcciare con quell’ambiente, che si raggiunge superando le diverse situazioni. L’attività sociale è la
comunicazione, ovvero comunico significati, valori, quindi, non mi limito ad entrare in contatto. Questo si realizza
attraverso l’esperienza NARRATIVA, ovvero come narriamo noi stessi all’interno degli ambienti digitali.

IDENTITA’ VIRTUALI
Per identità virtuali non si intendono gli algoritmi di gestione delle identità reali, come SPID, FACE ID, ovvero quelle
APP nelle quali digitalizziamo la nostra identità reale.
Le identità virtuali sono le AUTO-RAPPRESENTAZIONI, gli ALTER-EGO DIGITALI, che le persone costruiscono ed
utilizzano per presentarsi e per essere riconosciuti dagli altri negli ambienti virtuali, nei quali non possiamo essere
presenti fisicamente. Gli avatar, possono NON corrispondere o corrispondere solo parzialmente alle identità reali ed
inoltre possono essere diversi, nei diversi ambienti digitali frequentati.

Vi sono diverse forme di identità virtuali:


1. Nickname, ovvero la firma digitale;
2. Foto, utilizzate per auto-presentarsi;
3. Video brevi, come le storie;
4. Combinazione video-foto-testi;
5. Personaggio famoso, utilizzati per rappresentarci;
6. Avatar, personaggio o character.

Per quanto riguarda le caratteristiche e le funzioni dell’avatar, questo può essere:


→ Umanoide, può avere sembianze umane;
→ Non umanoide, come una navicella spaziale;
→ Statico o in movimento;
→ Con caratteristiche proprie o da personalizzare. Il processo di personalizzazione dell’avatar ha delle
ripercussioni sul benessere di chi utilizza questo avatar.

L’avatar svolge 2 funzioni che vanno lungo un continuum:

FUNZIONE RELAZIONE FUNZIONE AGENTIVA


L’avatar serve per L’avatar permette di identificare dove si
identificare gli atti CONTINUUM trova la persona, le intenzioni motorie e
comunicativi dell’utente, le azioni. Quindi, permette di capire
come i messaggi, la firma come la persona si muove nell’ambiente
digitale, nickname. tridimensionale

Il legame che viene a crearsi tra l’avatar e l’utente dipende dal processo di EMBODIMENT, ovvero attraverso il
processo di INCORPORTAZIONE E INCARNAZIONE:
→ L’incorporazione trasferisce i confini del proprio corpo direttamente nell’ambiente virtuale (giochi sparatutto, l’arma
diventa estensione del nostro corpo);
→ L’incarnazione avviene quando il giocatore controlla il joystick, con il quale controlla un avatar che agisce
nell’ambiente virtuale.
Questo legame che si viene a creare tra avatar e giocatore, dipende dall’immersività e dalla presenza.
La presenza ha implicazioni sul sé, creando un legame tra avatar e utente. Questo legame è stato definito USER
AVATAR BOND, in quale non sempre si riesce a stabilire.

L’identità virtuale garantisce un senso situato di identità all’interno degli ambienti virtuali, in cui l’identità virtuale
viene utilizzata per auto-rappresentarsi, ovvero danno un senso di identità alle persone e quindi garantiscono
l’esperienza dell’IO (in quell’ambiente sono così e gli altri mi riconoscono così).
Inoltre, le identità virtuali possono veicolare agli altri aspetti riferiti alla parte del ME, ovvero io posso decidere come
apparire agli occhi degli altri, gestire il mio ALTER-EGO DIGITALE, presentarlo in un modo rispetto ad un altro, ovvero
come preferisco e questo attraverso:
→ Svelamento di informazioni su di sé, AUTOESPRESSIONE;
→ Occultamento di informazioni su di sé, AUTOPRESENTAZIONE o IDEALIZZAZIONE, ovvero rappresentandomi nel modo
che preferisco, che NON coincide con la mia identità reale.

Online vi è la tendenza a fornire immagini idealizzate di sé stessi.


Gli strumenti e i contenuti che possiamo utilizzare per gestire il nostro alter-ego digitale:
• Gli ambienti online ci permettono di modulare i contenuti delle identità virtuali, ovvero di costruire l’alter-ego digitale,
ma negli ambienti online vi sono anche i residui comportamentali, ovvero le informazioni che lasciamo dietro di noi
anche quando non siamo fisicamente in scena (l’indirizzo email dice qualcosa su chi noi siamo, il numero di amici dà
un impressione alle persone del nostro essere socievoli o isolati);
• Gli strumenti e le strategie impiegate per la gestione delle impressioni online variano in base all’ambiente digitale e
alla ricchezza del mezzo.
La gestione delle impressioni online dipende:
• Da fattori come:
1) Il grado di anonimato e il grado di anonimato visivo, che aumentano la disinibizione, ovvero le persone tendono a
presentarsi in modo idealizzato;
2) La presenza di un’autorità che possa assolvere al ruolo di moderatore in un ambiente meno regolato. I moderatori
negli ambienti digitali sono fondamentali e portano le persone a presentarsi in modo differente, da come si
presenterebbero in un ambiente meno controllato (tripadvison, le persone non possono utilizzare determinati
termini, grazie alla presenza del moderatore);
3) Comunicazione sincrona o asincrona, scambi comunicativi. Questo fattore influenza l’impressione online. Gli
ambienti sincroni, dove le cose accadono in contemporanea, danno alle persone meno tempo per decidere come
vogliono presentarsi online. A differenza degli ambienti asincroni, come l’email, dove possiamo reagire quando
vogliamo, ci dà il vantaggio di elaborare meglio le risposte;
• Vi sono inoltre altri elementi come:
1) La consapevolezza di sé, ovvero la SELF-MONITORING, la capacità di spostare l’attenzione su sé stesso o sugli
elementi che lo circondano. Le persone che hanno una bassa autoconsapevolezza sono preoccupate di quello che
succede all’esterno piuttosto che di sé stessi. Vi sono dei fattori SITUAZIONALI o DISPOSIZIONALI, che inducono le
persone a fare riferimento all’autoconsapevolezza, piuttosto che a quello che accade all’esterno, infatti, tra i fattori
situazionali che attivano l’autoconsapevolezza vi è lo specchio. Culei ha elaborato la teoria
dell’AUTORISPECCHIAMENTO, secondo la quale noi percepiamo chi siamo guardando l’immagine che gli altri ci
riflettono e questo accade spesso nei social network, che sono ambienti che vivono sulla base dei like, dei
feedback che gli altri ci danno.
Quindi l’autoconsapevolezza è un fattore che aumenta la nostra capacità di gestione dell’immagine di noi stessi;
2) La percezione dell’ampiezza dell’audience che si collega al fenomeno chiamato COLLASSO del contesto, si tratta di
un fenomeno che riguarda la mancanza di consapevolezza dell’ampiezza del pubblico che ci porta a NON riuscire a
distinguere il contesto degli amici, dei familiari, dei conoscenti e questo porta le persone a modulare le immagini di
sé stesse che magari non sono adeguate a tutti i pubblici che le stanno ammirando e questo ha delle conseguenze
nell’ambiente offline, ad esempio, pubblicando un immagine di noi stessi in un contesto festaiolo possa avere delle
ripercussioni offline;
3) Le persone frequentano diversi ambienti per motivi diversi, i quali giocano un ruolo rilevante nei processi di
gestione della propria impressione online.

Dunque, i fattori che influenzano la gestione dell’impressione online sono di 2 tipologie, ovvero dipendono dalle
caratteristiche del canale comunicativo, ovvero dalle caratteristiche intrinseche della CMC, comunicazione mediata dal
computer, come l’anonimato, la presenza sociale. Tutte queste caratteristiche possono incidere sul modo in cui noi ci
presentiamo agli altri e sul modo in cui gli altri si presentano ai nostri occhi.

Tutti questi aspetti guidano l’impressione che vogliamo dare di noi stessi e l’impressione che ci formiamo degli altri.
Le strategie per la gestione dell’impressione online sono diverse:
1) L’autopromozione, l’autosvelamento, sono strategie che influenzano la presentazione che noi vogliamo dare di noi
stessi;
2) L’economizzazione di risorse cognitive, sono quelle strategie messe in atto per cercare di cogliere chi sono gli altri con
cui stiamo interagendo.

La letteratura classica si è focalizzata sulle caratteristiche intrinseche della CMC e sono state elaborate diverse teoria
che cercano di comprendere come queste caratteristiche possono influenzare la comunicazione e l’espressione del sé.
Queste teorie sono state sviluppate in un’epoca in cui la comunicazione avveniva tramite testo IRC e MUD, ovvero le
chat, gli ambienti ludici.
Queste teorie hanno subito un’evoluzione e vi sono 3 prospettive, una l’evoluzione di quella prima:

1.Prospettiva IMPERSONALE 2.Prospettiva INTERPERSONALE


che si basa sulla teoria della REDUCED che si basa sulla teoria della SOCIAL
SOCIAL CUES MODEL, RSC, elaborata da INFORMATION PROCESSING THEORY,
Sproull e Kiesler, che analizza l’effetto SIP, elaborata da Palmer che riguarda
di DISINIBIZIONE e l’impoverimento la SELF-DISCLOSURE e l’IPER-
sociale. PERSONALIZZAZIONE;

3.Prospettiva IPERPERSONALE
che si basa sulla teoria della SOCIAL IDENTITY DE-INDIVIDUATION MODEL, SIDE, elaborata da Lea e Spears,
che riguarda l’IPER-SOCIALIZZAZIONE, la STEREOTIPIA. Inoltre, si basa sulla teoria dell’HYPERPERSONAL
MODEL, HP, elaborata da Walther, che riguarda la MODULAZIONE DEI CONTENUTI.
La PROSPETTIVA IMPERSONALE, si focalizza:
• Sulla PRESENZA SOCIALE, ovvero il grado con cui un individuo viene percepito come persone reale, all’interno
dell’ambiente digitale;
• La RICCHEZZA DEL MEZZO, la ricchezza informativa che riguarda la larghezza di banda, ovvero la possibilità di
comunicare più informazioni nello stesso lasso di tempo.
Questi due elementi sono correlati.
Gli utenti sperimentano un’alta presenza sociale quando più ampia è la ricchezza del mezzo.

Secondo la RSC:
• Nella CMC la presenza sociale è bassa, poiché al contrato di quella faccia a faccia, si danno risposte veloci, prive di
feedback non verbali, un insulto senza un feedback non verbale che smorzano l’impatto di quella parola, possono
avere un impatto sull’altra persona (stronzo );
• La CMC indebolisce l’influenza sociale, spingendo gli utenti ad essere maggiormente disinibiti, ovvero ad agire in modo
libero violando le regole sociale. Fino a fare scomparire le identità.
Questi aspetti comportano 2 conseguenze sulla comunicazione:
→ FLAME, ovvero una discussione accesa caratterizzata da insulti sul piano personale derivante dalla mancanza di
costrizioni sociali;
→ STATUS EQUALIZATION, ovvero vengono meno le gerarchie sociali a causa dell’assenza di indizi sociali.

A questa posizione negativa si sono contrapposte le altre teorie.

Secondo la PROSPETTIVA INTERPERSONALE, la CMC non è meno efficiente di quella faccia a faccia, ma è meno
efficace. La teoria SIP, si focalizza sulla comunicazione interpersonale.
Le persone sono capaci di adattarsi alle caratteristiche della CMC ed incrementano la loro capacità di elaborare le
informazioni.
Secondo gli autori se si ha abbastanza tempo e motivazione le persone si adattano al contesto utilizzando qualsiasi
mezzo disponibile per superare l’anonimato visivo e convogliare posizioni e emozioni ad esempio utilizzando
emoticons, gift. Dunque, anche online, dove vi sono meno indizi sociali, le persone riescono a sviluppare
comunicazioni e relazioni ad alto grado di intimità e riescono ad esprimere la loro identità.

Infine, la prospettiva IPERPERSONALE è caratterizzata da 2 teorie:


1) SIDE, sostiene che online non è vero che non vi sono indizi situazionali, ma quelli che ci sono vengono utilizzati per
inferire l’identità dell’altro. Online però vi è l’anonimato visivo, ovvero si comunica senza vedersi e questo porta le
persone a sperimentare un VACUUM, ovvero un vuoto identitario che comporta la DEPERSONALIZZAZIONE. Quando vi
sono informazioni di natura sociale riguardanti l’altro, le persone indagano sull’altro per riempire questo vuoto, per
poi spostarsi sulla loro identità sociale e interrogarsi con gli altri sulla base della NORMA SALIENTE, ovvero le persone
tendono a spostarsi verso il polo intergruppi, ovvero tendono a definirsi e definire gli altri sulla base delle identità
sociali, per cercare di colmare il VACUUM. Spostarsi verso il polo intergruppi, significa adottare comportamenti
intergruppi. Questo è stato confermato da diversi studi che hanno rilevato come l’identità e i comportamenti online
NON sono disinibiti, ma sono dei comportamenti STEREOTIPATI, che richiamato l’appartenenza ai gruppi. Questa
teoria, infatti, si focalizza sulla comunicazione intergruppi ed afferma che i comportamenti online sono inter-
socializzati (SCT), ovvero per riempire il VACUUM identitario, le persone si aggrappano agli indizi sociali, riconosciamo
gli altri in base alla categoria alla quale appartengono. Secondo questa teoria l’ambiente online riproduce ed esagera
le differenze sociali che esistono offline.
2) HYPERPERSONAL MODEL, sostiene che la CMC è più ricca della comunicazione faccia a faccia, perché questa consente
alle persone di decidere di cosa parlare e come presentarsi. Questo avviene attraverso:
→ Il ricevente cerca di categorizzare l’interlocutore per definire la sua identità attivando gli stereotipi o le teorie
implicite di personalità, ovvero il ricevente tende ad idealizzare l’altro in base ai contenuti della comunicazione;
→ L’emittente presenta il proprio sé costruendo per l’interlocutore l’immagine che desidera veicolare, mostrare agli
altri (app dating);
→ Il canale comunicativo soprattutto se asincrono, facilitano la selezione degli elementi da presentare e permettono
di decidere quando presentarli, ovvero orientano le risorse cognitive alla costruzione del messaggio.
Queste 3 routine formano un SISTEMA DI FEEDBACK RECIPROCI. Le impressioni idealizzate del partner online inducono
gli utenti a rispondere in modo stereotipato e questo influenza il comportamento del partner confermandolo. Questo
fa sì che l’ambiente digitale diventi un ambiente IPER-SOCIALIZZATO, costruito su processi caratterizzati da una forte
stereotipizzazione.

Queste diverse teorie sono valide e si basano su diversi tipi di interazioni:


1) Durature, ovvero gli utenti che sperimentano relazioni durature, si aspettano di interagire anche in futuro con quella
persona. Secondo la letteratura, nel tempo aumenta la possibilità che questa relazione diventi un legame forte, una
relazione profonda. Se mancano queste condizioni le relazioni diventano relazioni superficiali, ovvero IMPERSONALI;
2) Temporanee, ovvero la CMC costringe le persone ad avere interazioni temporanee, dunque, non si prevedono
interazioni future e si focalizza sulle caratteristiche sociali e stereotipiche che emergono ed è maggiormente probabili
che vengano messi in atto comportamenti intergruppi. In questo caso si formano dunque relazioni impersonali,
inoltre, vi è la possibilità che vi sia una DEPERSONALIZZAZIONE, ovvero le relazioni avvengono sulla base delle
caratteristiche stereotipiche che vengono attribuite all’altro.

RSC SIDE SIP HP


Reduce Socual Cues Social Identity De- Social Information Hyperpersonal Model
Model Individuation Model Processing Theory
Caratteristiche Anonimato e Anonimato visivo Tempo e motivazione Comunicazione asincrona
intrinseche mancanza di indizi
sociali
Tipo di comunicazione Impersonale Impersonale Personale Iper-personale
Conseguenze sul sé Disinibizione De-personalizzazione Autoespressione Autopresentazione
idealizzata

Queste teorie si sono focalizzare sulle caratteristiche intrinseche della CMC, come l’anonimato visivo, sincronicità.
Vi sono altri fattori utili per capire come si modulano le autoespressioni o autopresentazioni di sé stessi nei contesti
online. Questi fattori non sono legati alle caratteristiche della comunicazione.

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