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Cyberpsychology o psicologia dei nuovi media citazione di Riva che la definisce come una nuova area della psicologia
che ha il suo punto di riferimento nelle riviste scientifiche, che ha anche come sfondo teorico la psicologia cognitiva, la
psicologia della comunicazione, la psicologia sociale, l’ergonomia.
L’oggetto principale della cyberpsychology è l’analisi dei processi di cambiamento che sono attivati dai nuovi media, in
particolare la psicologia dei nuovi media ha come obiettivo lo studio, la comprensione e previsione e l’attivazione di
processi di cambiamento che hanno origine nell’interazione delle persone con i nuovi media comunicativi. Quindi si
analizza come i media ci stanno cambiando o di come noi stiamo cambiando.
Le riveste di riferimento della cyberpsychology sono:
1. Computers in Human Behavior;
2. Cyberpsychology, behavior and social networking, rivista europea;
3. Cyberpsychology.EU che accoglie contributi interdisciplinari;
4. Convergence emerging communication;
5. Diurnal of computer-mediated communication;
6. Interactive with computers;
7. Presence psychology journal and…. Rivista italiana.
Cyberpsychology si occupa di processi di cambiamento. Quando i manuali definiscono la psicologia sociale, una
definizione molto comune è quella che afferma che ‘’la psicologia sociale di occupa, studia l’interazione tra il mondo
psicologico interno delle persone e il mondo sociale’’. Un mondo psichico delle persone che è formato da condizioni,
motivazioni, dalle emozioni, dai comportamenti e dagli aspetti fisiologici, ovvero come reagiamo dal punto di vista
fisiologico agli eventi esterni, che per l’ottica della psicologia sociale, sono gli eventi sociali, ovvero ciò che di esterno
può essere connotato come sociale, un sociale che va ad articolarsi in base alle diverse prospettive che la psicologia
sociale ha poi articolato in diversi elementi. Il mondo sociale può essere inteso anche come l’insieme delle relazioni
interpersonali tra le persone. Un sociale che può essere percepito anche come insieme di gruppi, le persone che
appartengono ai vari gruppi che possono interagire.
La psicologia sociale può essere collocata tra il mondo psicologico e il mondo sociale, occupandosi di come
impercettiamo gli eventi sociali, come reagiamo di fronte a questi.
Come la psicologia sociale ingloba i nuovi media?
I nuovi media digitali possono essere collocati in un’area che funge da strumento di mediazione, lo strumento di
mediazione è qualcosa che sta in mezzo.
Le tecnologie, dal punto di vista della psicologia sociale dei nuovi media, le tecnologie dei nuovi media digitali, in
quanto strumenti di mediazione, al pari di tutti gli altri strumenti di mediazione, modificano il nostro modo di
rappresentarci, di interagire con gli altri e modificano il nostro modo di rappresentarci la realtà sociale.
Sul versante della psicologia clinica, libro che ha assegnato, si analizzeranno i testi della prima e seconda parte, nella
prima parte Riva descrive le caratteristiche, l’evoluzione e il futuro dei nuovi media, nella seconda parte si entra nella
parte della psicologia cognitiva dei costrutti, teoria dell’inter-azione situata, la parte psicosociale manuale.
Che cosa sono i nuovi media?
Riva elabora 3 definizioni, che non si escludono, ma sono complementari:
• La prima definizione, sostiene che i nuovi media sono l’insieme di mezzi di comunicazione che si differenziano
rispetto ai media classici, come la televisione, perché utilizzano il linguaggio digitale nella codifica delle
informazioni. Quando parliamo di new media, parliamo di media digitali.
Gli elementi importanti di questa definizione sono:
→ I nuovi media sono strumenti di comunicazione, quindi, bisogna definire cos’è la comunicazione e
cosa significa comunicare.
I 5 assiomi della comunicazione secondo la scuola di Paolo Alto 1967, questi cinque assiomi sostengono:
1. Non si può non comunicare, questo significa che anche il silenzio è un modo di comunicare con gli altri;
2. Ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto, ovvero quello che diciamo, ed un aspetto di relazione,
ovvero il modo in cui le cose vengono dette. Quando comunichiamo, non comunichiamo solo il contenuto,
ma comunichiamo anche la natura della relazione tra l’emittente e il ricevente;
3. La natura di una relazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze comunicative tra i comunicanti, ovvero
la comunicazione è un processo circolare, è un insieme di sequenze comunicative che presuppongono
domande e risposte, dove l’azione comunicativa è sempre una reazione all’azione comunicativa che l’ha
proceduta. In questa relazione comunicativa le persone cercano sempre di portare il proprio punto di vista e
spesso dimenticano il punto di vista dei propri interlocutori, questo secondo gli autori è molto evidente nelle
relazioni conflittuali, ad esempio la relazione conflittuale in una coppia, il punto di vista di un interlocutore è
un punto di vista che non riesce a vedere quello dell’altro e questo crea incomprensione;
4. La comunicazione umana è composta da:
→ Codici analogici, sono tutti segnali non verbali, che noi esplicitamente o implicitamente utilizziamo
nella comunicazione (gesticolare, atteggiamento del corpo). Questi codici analogici svolgo un ruolo
importante nella comunicazione e possono determinare quei gap comunicativi, dove il contenuto
della comunicazione contrasta con il codice analogico;
→ Codici numerici o digitali sono i codici verbali, ovvero le parole che noi utilizziamo per comunicare e
scambiare con gli altri le informazioni;
5. Tutti gli scambi di comunicazione possono essere:
→ Simmetrici, quando gli interlocutori all’interno del flusso comunicativo giocano lo stesso ruolo;
→ Complementari, sono quei flussi comunicativi che si basano sulla differenza, dove uno scambio
comunicativo di un interlocutore completa lo scambio comunicativo dell’altro interlocutore.
Dunque secondo questa prospettiva della scuola di Palo Alto è IMPOSSIBILE NON COMUNICARE, comunichiamo anche
con lo sguardo, con tutto il nostro corpo. Noi oggi possiamo scegliere come comunicare, possiamo farlo face-to-face o
attraverso i media digitali.
La comunicazione face-to-face e quella attraverso i nuovi media hanno le stesse caratteristiche?
Anolli ha elencato 4 assiomi della comunicazione:
1. La comunicazione è un’attiva eminentemente sociale, ovvero la comunicazione serve per entrare in relazione
con gli altri, quindi ha una natura relazionale, si svolge sempre tra individui, gruppi o all’interno di comunità;
2. La comunicazione è partecipazione, significa che non siamo in grado di comunicare se NON condividiamo i
significati che la comunicazione porta con sé, non solo i significati semantici, ma anche i significati legati a
come si comunica tra interagenti. Quindi per comunicare occorre partecipare, occorre cioè riconoscere i
significati e le regole che stanno dietro al parlare tra gli esseri umani. (Schema di Gris, quello che l’autore ha
definito come le regole di comunicazione in un contesto cooperativo, che ci ricorda come non basta dire
parole per comunicare, ma associare un significato alle parole che utilizziamo e soprattutto rispettare le
regole della comunicazione in un contesto collaborativo);
3. La comunicazione è un’attività eminentemente cognitiva, perché la comunicazione è un processo difficoltoso,
perché chiama in causa i processi superiori, ovvero i processi del pensiero. Per comunicare, secondo Anolli
bisogna rendere esplicito il nostro pensiero e la nostra intenzione. Dunque, per comunicare bisogna
chiamare in causa i nostri processi cognitivi, ovvero la capacità di trovare le parole, trovare come con quelle
parole esprimere il nostro pensiero;
4. La comunicazione è strettamente connessa con l’azione, la comunicazione è azione, infatti, comunicare
significa fare qualcosa nei confronti di qualcun altro, quindi, è sempre un atto che in qualche modo genera un
processo di influenze spesso reciproche. Secondo Anolli ogni atto comunicativo è ciò che dà forma
all’interazione.
Tutto questo ci ricorda che la comunicazione:
• NON è solo uno strumento, ma è una dimensione psicologica costitutiva di tutti noi;
• È sempre in tutti contesti, face-to-face e online, un processo di co-costruzione di significati, ovvero quando
comunichiamo online, esattamente come quando comunichiamo nelle relazioni face-to-face, co-costruiamo
con i nostri interlocutori dei significati.
Inoltre Riva definisce la comunicazione come un MEDIUM. Tra mittente e ricevente, c’è sempre qualcosa che media la
relazione, ovvero la relazione tra soggetti, è sempre una relazione mediata, mai diretta, questo vale anche per la
relazione soggetto e oggetto. La relazione non è mai diretta perché c’è sempre qualcosa in mezzo, ovvero il linguaggio.
Per comunicare con qualcuno dobbiamo avvalerci di strumenti di mediazione, una lingua comune, gli stessi significati
attribuire alle parole, la stessa cultura, anche i dispositivi sono strumenti che stanno in mezzo. Quindi, i new media
possono essere considerati a pari del linguaggio, della cultura, come degli strumenti che mediano la comunicazione. I
new media possono essere:
• Trasparenti, noi siamo consapevoli, di ciò che facciamo, dunque, noi possiamo NON essere consapevoli che i
new media mediano la nostra comunicazione. Il media digitale, dunque, per noi è trasparente, ovvero per
utilizzarli, non abbiamo bisogno di ricorrere a processi consapevoli, perché tutte queste operazioni sono
spontanee, siamo in grado di cogliere le affordance presenti nel media digitale, in modo spontaneo ed
utilizzarle per rispondere i nostri bisogni (postare un selfie, comprare un paio di scarpe). Ad esempio, per
quanto riguarda il commercio elettronico, vi sono alcuni siti in cui il commercio online è più facile, perché è
più veloce, sicuro, quindi per questo motivo Amazon è trasparente, rispetto ad un altro sito. Quando un
mezzo diventa trasparente, vi sono dei vantaggi, ma può avere anche degli svantaggi, ovvero tendiamo ad
utilizzarli in modo incosciente, ovvero non siamo consapevoli della presenza dell’altro a causa della mancata
fisicità dell’altro. Quando il mezzo diventa troppo trasparente e si dimentica il contesto, si verificano dei
fraintendimenti. Quando si utilizzano i social per comunicare, si possono utilizzare dei termini poco consoni
verso gli altri, quindi, diventiamo poco consoni del fatto che questi termini possono ferire l’interlocutore,
facciamo più fatica a prendere in considerazione l’interlocutore;
• Opachi, facciamo fatica ad utilizzarli;
• Visibili, rendere visibili i media, significa rendere le persone consapevoli dei vantaggi e svantaggi dell’uso
trasparente dei media.
2 DEFINIZIONE= i new media sono strumenti di mediazione che ci permettono di superare alcuni dei limiti della
comunicazione face-to-face, il limite che i media consentono di superare rispetto a quella face-to-face è quello della
contingenza spaziotemporale, ovvero attraverso i media possiamo parlare con gli altri anche quando gli altri non sono
presenti nello stesso tempo, nello stesso contesto, questo perché i new media possono avere un carattere:
• SINCRONO, come le chat, l’altra persona deve essere presente per chattare;
• ASINCRONO, come le mail, può essere mandata e l’interlocutore la può ricevere in un secondo momento.
Superano i limiti della contingenza spaziale e temporale.
I media digitali consentono di superare alcuni dei limiti della comunicazione, ma non consentono di superare altre
caratteristiche della comunicazione face-to-face, come:
• La struttura dialogica, ovvero il flusso comunicativo bidirezionale, da emittente a riceventi, anche nella chat
non si può parlare tutti insieme, anche nelle riunioni su Teams non si può parlare tutti insieme, quindi, la
struttura dialogica che presuppone che si parli uno alla volta o che uno comunichi e l’altro rispondi, si verifica
anche nella comunicazione nei media digitali;
• La molteplicità dei canali comunicativi, Riva sostiene che la comunicazione attraverso i media digitali è una
comunicazione povera, perché nella comunicazione face-to-face i codici analogici cambiano rispetto alla
comunicazione attraverso i media, nella quale vengono espressi attraverso le emoticons, che sostituiscono
l’espressione facciale, dunque, anche la comunicazione mediata dai media è una comunicazione che può
viaggiare su canali diversi.
DEFINIZIONE 3= Secondo Riva, i nuovi media sono dei dispositivi di mediazione che sostituiscono l’esperienza diretta
con l’altro con l’esperienza mediata, infatti, l’autore la definisce comunicazione DISINCARNATA, ovvero una
comunicazione che si verifica in assenza del corpo, della fisicità.
Il concetto di ARTEFATTO
I new media possono essere considerati degli artefatti, che sono degli strumenti di mediazione, come il linguaggio. Il
concetto di artefatto, fa parte della psicologia culturale degli strumenti.
Gli artefatti, Vygotski nel 1934 propose il triangolo della mediazione semantico culturale. Nel quale, l’autore mise in
rilievo un aspetto importante, ovvero la relazione tra soggetto e oggetto, non è mai diretta, ma è sempre una
relazione mediata dagli artefatti. Gli artefatti sono elementi con valore simbolico che sono costruiti e tramandati
attraverso il processo della filogenesi all’interno di un gruppo di appartenenza e che vengono utilizzati dagli
appartenenti a questo gruppo per coordinarsi tra di loro e con l’ambiente. Nello specifico gli artefatti possono essere
degli oggetti:
• Della realtà fisica, come una penna, un computer, un cellulare;
• Degli oggetti materiali, come il linguaggio;
Che svolgono sempre, indipendentemente dalla loro natura, 2 funzioni:
• Strumento, servono per conoscere la realtà e modificarla;
• Simbolo, comunicano e trasmettono dei significati che consentono alle persone di coordinarsi con l’ambiente
fisico e sociale.
Secondo la psicologia culturale degli strumenti, l’artefatto della cultura è quello che media tutte le relazioni dei
soggetti con gli oggetti fisici e sociali.
Wartofsky nel 1979 ha classificato i diversi artefatti in:
• Artefatti primari, ovvero quelli materiali, ovvero quei dispositivi che impieghiamo per interagire con gli altri e
fanno parte della cultura materiale;
• Artefatti secondari, sono quelle rappresentazioni che noi abbiamo degli artefatti, ovvero sono schemi mentali
che ci consentono di attribuire significato agli artefatti primari, ovvero agli oggetti materiali. Questi non si
esprimono in qualcosa di fisico, sono i nostri schemi cognitivi e sono fondamentali per fare in modo che ogni
artefatto possa diventare trasparenti e sono fondamentali per un utilizzo funzionale ai bisogni degli uomini.
Non abbiamo solo un pieno possesso dello strumento materiale, ma anche delle funzioni, dei modi in cui
possiamo utilizzarli. Questi artefatti fanno parte della cultura ideale;
• Artefatti terziari fanno parte della cultura espressiva e riguardano il mondo dell’immaginazione e l’ambito del
gioco e possono essere assimilati agli avatar, alle altre opere digitali come, video, che sono espressione della
cultura espressiva (selfie per mostrare quanto mi sto divertendo, amazon per comprare le scarpe).
Quindi, anche i new media non sono solo strumenti tecnologici, ma sono strumenti che nascono da dei bisogni,
strutturano modi di pensare a quell’oggetto, strutturano significati e regole di utilizzano che trasformano un oggetto
meramente materiale, in un oggetto simbolico. Nascono da un’esigenza strumentale (appunti), relazionale (selfie),
edonica (avatar, gioco). Quindi anche i nuovi media, come tutti gli artefatti hanno una storia di evoluzione ed è una
storia di evoluzione per adattamento, non è vero che esiste un medium e noi ci adattiamo a questo, ma al contrario il
nostro uso, l’uso che noi facciamo dei media, può modificarli.
I new media influenzano l’attività comunicativa degli interagenti, ovvero se comunichiamo face-to-face, ci adattiamo
al contatto face-to-face, allo stesso modo i nuovi media influenzando la comunicazione, portano le persone a doversi
adattare alle caratteristiche del medium a 3 livelli:
1. Fisico, ovvero bisogna adattarsi alle caratteristiche dei medium, ad esempio se abbiamo uno smartphone
dobbiamo adottare un tipo di azione, allo stesso modo se abbiamo una tastiera;
2. Simbolico, per utilizzare uno strumento dobbiamo conoscere le regole d’uso di questo strumento, dobbiamo
sapere utilizzare l’interfaccia per fare in modo che questa risponda ai nostri bisogni. Per adattarci al livello
simbolico, ovvero alle regole, bisogna osservare come gli altri utilizzano i medium, utilizzando questi
strumenti, cercando di conoscere le regole di utilizzo;
3. Pragmatico, riguarda la capacità di adattare il comportamento nell’uso dello strumento digitale ai vincoli e
alle potenzialità dei medium e del contesto. (mettere silenzioso durante lezione, abbassare suoneria in treno.
Come si fa ad integrare i nuovi media nella propria vita senza che questi assorbano troppo dalla nostra vita?
Per quanto riguarda il LIVELLO FISICO, ovvero artefatto primario, analizza le caratteristiche dei new media e delle loro
funzioni strumentali. Secondo Riva i nuovi media sono mezzi di comunicazione che utilizzano il linguaggio digitale per
la codifica delle informazioni. Dunque, la digitalizzazione nell’interfaccia è importante perché si connette con il tema
della UX o USER EXPERIENCE, ovvero l’esperienza che gli utenti possono fare di un medium.
La digitalizzazione è la trasformazione delle caratteristiche di un fenomeno, ovvero dell’informazione, da continue a
discrete e questo avviene attraverso un processo di elaborazione, reso possibile dalla nascita del computer, attraverso
la scomposizione delle informazioni in vari codici, generalmente il codice binario, attraverso i simboli 0 e 1 che
prendono il nome di bit o binary digit. La digitalizzazione avviene anche attraverso codici simboli.
Le differenze tra:
• Codice analogico, può essere rappresentato attraverso un movimento continuo, come ad esempio quello
dell’orologio con le lancette, il movimento delle lancette è un movimento continuo. In questo caso
l’informazione è continua;
• Codice digitale, può essere rappresentato attraverso l’orologio con il display, quindi il tempo viene segnato
attraverso una successione di scatti. In questo caso l’informazione è discreta.
Quindi:
• Il segnale analogico è un segnale continuo che può cogliere tutte le sfumature possibili;
• Il segnale digitale comporta la perdita delle sfumature.
I vantaggi e gli svantaggi che comporta la digitalizzazione:
1. Il primo svantaggio è che l’informazione è discreta e discontinua, soprattutto perché l’informazione è
vincolata ad una rappresentazione numerica (passeggiare in un parco, vede una foto di quel parco, si provano
sensazioni nettamente diverse);
2. Un vantaggio è che la digitalizzazione consente una più facile memorizzazione delle informazioni (spazio mp3,
rispetto ad un altro formato);
3. Un altro vantaggio è che le informazioni possono essere più facilmente modificate;
4. Un altro vantaggio è che la digitalizzazione facilita l’integrazione tra i diversi canali (fare un book fotografico
integrando nelle immagini con parole, musica; slide);
5. Un altro vantaggio è che le informazioni che passano attraverso i canali digitali sono meno sensibili alla
presenza di disturbi, quindi, queste informazioni non sono legate al mezzo che le trasporta.
Vi sono altre 4 caratteristiche della digitalizzazione:
• Modularità, significa la capacità attraverso la digitalizzazione di scomporre un contenuto in una serie di
elementi (possiamo costruire un brano remix, attraverso brani diversi). Ma questo ha anche delle
ripercussioni critiche, perché la dematerializzazione dei contenuti comporta la perdita o il difficile controllo
sul diritto d’autore, per questo svantaggio però è stata trovata una soluzione, ovvero la tecnologia basata
sulla BLOCK CHAIN, ovvero quelle tecnologie che oggi associamo alle criptovalute. Attraverso chiavi
criptografate si assicura la proprietà del denaro virtuale o di un’opera d’arte;
• Variabilità, riguarda la possibilità di utilizzare e modificare il contenuto per realizzarne diverse versioni
(appunti possono essere modificati con figure, con slide). Questa possibilità di modificare i contenuti è anche
ciò che ha consentito la creazione di alcuni siti che oggi sono molto utilizzati, come wikipedia, al quale
ricorriamo quando vi è un argomento che vogliamo approfondire;
• Interattività, ovvero la possibilità di fruire del contenuto secondo il proprio ordine e non attraverso una
sequenza narrativa lineare (quando entro in un sito per esplorarlo non c’è un ordine, ma lo esploro in base ai
miei interessi);
• Automazione, sostiene che alcuni medium possono svolgere in modo automatico una serie di operazioni sui
contenuti, come la correzione automatica della luminosità degli smartphone. Questo consente agli utenti di
ottenere risultati ottimali con poco sforzo, ma questo può ridurre la creatività degli utenti.
Questo tema è importante dal punto di vista della psicologia perché riguarda come l’utente si sente a proprio agio o
pure no nell’utilizzo di quella particolare interfaccia. Vi sono infatti, interfacce più usabili e meno usabili, inoltre, si
sono sviluppate e si stanno sviluppando interfacce con competenze molto differenti:
• Quelle relative al linguaggio di un’informazione, ovvero la possibilità di creare interfacce usabili;
• Psicologiche: che analizzano quali aspetti incidono sulla percezione di usabilità che ogni singolo utente può
avere di una certa interfaccia.
L’usabilità NON dipende solo dalle caratteristiche tecniche, dalla configurazione specifica, MA dipende anche
dall’utente e dalle sue caratteristiche personali e sociali ed è un tema molto rilevante per la psicologia perché si
riconnette con il tema dell’adattamento ai nuovi media.
Oggi ciò che ci avvicina ad usare un determinato media è il fatto di poter percepire quel media come facilmente
usabile.
L’interfaccia è il software che sta diventando sempre più indipendente dal supporto fisico, ovvero dagli hardware o
device che utilizziamo per accedere a quell’interfaccia, infatti, noi possiamo accedere al nostro social, attraverso il
cellulare, l’iwatch.
Il computer non è nato come uno strumento di comunicazione, ma lo diventa alla fine degli anni ’60 con l’avvento di
internet e delle comunità virtuali. Dunque, inizialmente il computer nasce come un esecutore di calcoli complessi, poi
si trasforma in una macchina da scrivere evoluta, per poi diventare uno strumento di comunicazione, ovvero un mezzo
che le persone utilizzano anche per comunicare con gli altri.
Prima era semplicemente uno strumento, ora è uno strumento di mediazione delle esperienze umane, prima era un
artefatto primario, ora è un artefatto secondario e per alcuni aspetti anche terziario, ovvero uno strumento che
accompagna la vita.
INTERNET
Dunque, il computer diventa uno strumento di comunicazione grazie all’avvento di internet. Internet non è una
tecnologia in senso stretto, ma è un ambiente, come una situazione mediata dal digitale. Internet, nel linguaggio
comune viene definito come sinonimo di:
• Cyberspace, utilizzato per includere all’interno del termine internet, le caratteristiche delle reti intese come
comunità digitali. Il Cyberspace è uno spazio sociale che unisce le caratteristiche delle reti sociali tradizionali,
come l’interazione, il controllo sociale, con le caratteristiche del web, ovvero con la possibilità di condividere
contenuti. Questo concetto non è un concetto che ci piace considerare perché si tratta di una definizione
classica, basata su un linguaggio di natura tecnica, non psicologica. Il Cyberspace è un artefatto di natura
primario, ovvero un insieme di collegamenti tra persone, governato da regole proprie;
• Una seconda definizione è il Cyberplace. Questo concetto è legato alle caratteristiche fisiche delle reti virtuali,
ma anche al substrato di significati culturali, semiotici e relazionali, che sono in parte già dati, ma
parzialmente costruiti dalle persone nel momento in cui le persone li utilizzano (instagram giovani, facebook
adulti).
Uno strumento di mediazione comporta il fatto che noi ci rappresentiamo mentalmente l’utilizzo di un determinato
media.
I nuovi media, in quanto strumenti di mediazione, comportano dei cambiamenti, che riguardano sia gli utenti che le
tecnologie, che possiamo rintracciare:
• A livello individuale, cambiano i comportamenti, i significati attribuiti ai medium e le pratiche (contattare
amico, NO telefonicamente, ma tramite un Whatsapp). Dunque, cambiano anche le strutture cognitive, il
modo di esprimere e sperimentale le emozioni, quindi, utilizzare i nuovi media ha una ripercussione sugli
utenti;
• A livello sociale, cambiano i modi di utilizzare le tecnologie, ovvero cambiano i bisogni e i modi in cui
utilizziamo le tecnologie;
• A livello tecnologico, se cambia il nostro modo di utilizzare la tecnologia, la tecnologia cambia per adattarsi ai
nostri bisogni.
Dunque, secondo Riva, NON siamo utenti PASSIVI, ma contribuiamo con i nostri modi di relazionarci alle tecnologie, ai
cambiamenti sociali, tecnologici. Questo concetto viene spiegato da riva attraverso la metatecnologia.
METATECNOLOGIA
Le metatecnologie sono delle pratiche condivise che strutturano l’uso individuale e sociale delle tecnologie, come il
PHUBBING, che suscita emozioni differenti e si tratta di una pratica sociale condivisa in cui le persone stanno al
telefono non tenendo conto di ciò che li circonda. Il Phubbing è uno strumento di mediazione ed è un modo
particolare di utilizzare i media, su questo la psicologia si è espressa definendola come una pratica negativa che
comporta l’esclusione sociale, che ha ripercussioni sulle relazioni all’interno della famiglie o altri tipi di relazione. Oggi
il phubbing è uno strumento di mediazione, ma anche nelle generazioni passate vi erano degli strumenti di
mediazione, ad esempio quando i maschi giocavano con la palla o le bambine sfogliavano una rivista, in questo caso
come anche in quello del Phubbing vi è un MEDIUM di mezzo. Il phubbing di per sé NON è una pratica negativa, ma
può diventarlo in determinati contesti, lo diventa se viene utilizzato come un mezzo per escludere gli altri. La
letteratura psicologica riguardo i media, tende a descrivere gli aspetti negativi.
Le metatecnologie, sono caratterizzate da 3 aspetti:
1. EVENTO DI ROTTURA, rende possibile utilizzare una tecnologia in modo diverso (whatsapp invece degli sms).
Un evento di rottura che rende possibile un trasferimento;
2. TRASFERIMENTO, ovvero la possibilità di sfruttare la nuova pratica per risolvere un problema pratico (costo
sms) o per facilitare il raggiungimento di un bisogno (mandare messaggio mentre si guida);
3. CONDIVISIONE della conoscenza della nuova pratica all’interno del contesto sociale, se a seguito di un evento
di rottura ci trasferiamo da un sistema di comunicazione tramite sms, ad un sistema di comunicazione come
Whatsapp, se gli altri non lo usano, la comunicazione non si verifica, quindi, bisogna condividere questa
nuova pratica.
Le nuove tecnologie pensate a tavolino, rischiano di fallire, proprio perché è importante che le tecnologie vengano
elaborate sulla base dei bisogni degli utenti.
Riva distingue 4 tipi di interfaccia, alle quali corrispondono 4 tipi di generazione e quindi 4 tipi di comunicazione:
• INTERFACCIA testuale, riguarda la generazione degli anni ’70, basata su una COMUNICAZIONE testuale;
• INTERFACCIA del web, riguarda la generazione degli anni ’80, basata su una COMUNICAZIONE multimediale;
• INTERFACCIA del web 2.0, riguarda la generazione degli anni ’90, basata su una COMUNICAZIONE
multimediale;
• INTERFACCIA del touch-screen, riguarda la generazione del 2007-2010, basata su una COMUNICAZIONE
caratterizzata dalla manipolazione diretta;
• INTERFACCIA del web 3.0.
Bisogna analizzare quali strumenti venivano utilizzati, le nuove pratiche ovvero le metatecnologie che lui associa a
queste fasi:
1. Fase TESTUALE, gli strumenti utilizzati sono gli ambienti:
• Asincroni, come le mail, sms;
• Sincroni come le Internet Relate Chat e i MUD, ovvero i primi ambienti virtuali. In questo caso nei
videogiochi vi era un linguaggio testuale (prendi arma, attacca avversario);
Le nuove pratiche o metatecnologie di questa fase:
• Consentivano di comunicare con altre persone in modo indipendente dal contesto fisico in cui ci si
trovava;
• Permisero di costruire nuove pratiche come:
→ La costruzione di comunità virtuali, sono state definite:
✓ Da Melbourne come aggregazioni sociali che emergono dalla rete, quando un
certo numero di persone porta avanti delle discussioni pubbliche sufficientemente
a lungo, come i FORUM, dove le persone dibattono. Oggi le comunità virtuali,
sono i social, le comunità che si organizzato attorno ad interessi specifici, come
fandom, videogiochi;
✓ Secondo Riva le comunità virtuali sono spazi elettronici in grado di consentire la
creazione di relazioni significative;
→ La costruzione di un nuovo linguaggio, caratterizzato di acromini, abbreviazioni, le prime
emoticon. Gli utenti hanno sviluppano una forma di linguaggio per rendere questo tipo di
comunicazione più veloce possibile e questo attraverso:
I. Neologismi e onomatopee che esprimo stati emotivi specifici (ahah, uuu);
II. Acronimi condivisi di espressioni idiomatiche legate all’espressione di emozioni specifiche (LOL, WTF,
OMG);
III. Punteggiatura, per esprimere emozioni e questo utilizzandola per rappresentare delle espressioni
facciali o delle intenzioni (!!! )
IV. Maiuscole, vengono utilizzate soprattutto per esprimere collera o enfasi (TI ODIO, quel film è
PAZZESCO).
2. Seconda fase WEB, ovvero del WORLD WIDE WEB (www)
Si tratta di strumenti che ruotano attorno ad un browser, ovvero portali, siti che Riva distingue in 4 categorie:
a) Siti orientativi, ci consentono di orientarci nel web, sono motori di ricerca (Google);
b) Siti informativi, si tratta di giornali online e consentono di ottenere informazioni;
c) Siti comunicativi, consentono di comunicare con altri utenti attraverso email, webchat;
d) Siti strumentali che consentono all’utente di ottenere un determinato servizio (Amazon, Netflix)
4. L’ultima fase è caratterizzata dall’interfaccia TOUCH, si tratta di interfacce che permettono di interagire con i nuovi
media utilizzando il corpo. Secondo Riva, il touch comporta la fruizione dei contenuti diventa esperienza, ovvero
diventa più immersivo. In questa fase di passa dalla comunicazione DISINCARNATA, ad un’interazione INCARNATA che
facilità l’interazione uomo-computer ed inoltre richiede l’uso della corporeità, ma viene meno lo strumento fisico,
ovvero NON interagiamo battendo i tasti, ma con il nostro corpo. Questo è un fatto importante che facilità l’uso e
l’immersione all’interno dei media, fino ad arrivare all’espressione massima di interazione incarnata attraverso i
caschi.
Riva descrive 3 trend che nel 2012 stavano guidando il futuro dei nuovi media:
1. I contenuti stanno diventando indipendenti dalle tecnologie (cloud computing). I contenuti all’interno dei new media
vengono dematerializzati, ovvero non solo più legati al supporto fisico nel quale sono contenuti, non sono più legati ai
computer, infatti, possiamo usarli anche attraverso gli smartphone, le smart TV. Dunque, il cloud computing ci
permette di consultare e manipolare lo stesso contenuto su device diversi e consentono un lavoro condiviso, ovvero
diversi utenti possono lavorare in remoto sullo stesso contenuto (Icloud). Inoltre, i device tendono ad evolversi e a
fondersi tra loro ed ognuno di loro svolge diverse funzioni;
2. I contenuti non sono messaggi, ma sono delle esperienze, ovvero l’interfaccia touch e la realtà virtuale hanno reso la
fruizione dei contenuti come un’esperienza per le persone. Infatti, vi sono settori di ricerca che cercano di similare
all’interno dei media i contesti della realtà offline e questo è possibile attraverso l’interazione incarnata resa possibile
da dei device che coinvolge i canali sensoriali.
Attraverso questa tecnologia è possibile trasformare l’interazione mediata in un’esperienza attraverso il concetto
psicologico definito EMBODIMENT, ovvero l’implicazione del corpo all’interno dell’ambiente, questo grazie alla
realizzazione di strumenti tecnologici in grado di sviluppare la competenza SIMULATIVA, di sentirsi come se si fosse in
quel particolare ambiente digitali. I prodotti che consentono di potenziare la nostra capacità simulativa, ovvero vivere
esperienze in mondi virtuali e sono:
→ Affecting computing, si tratta di prodotti digitali che riguardano le emozioni. L’affecting computing è un ramo
dell’intelligenza artificiale che si propone di realizzare device in grado di riconoscere ed esprimere le emozioni. È
fondamentale lavorare sulle emozioni per cercare di ridurre la discriminazione, inoltre le emozioni sono importanti
per gli acquisti online, indurre uno stato positivo all’acquirente per convincerlo a comprare quel determinato
prodotto.
Gli ambiti di applicazione dell’affecting computing sono:
1) Ambito dell’espressione emotiva, si tratta di un ambito di studi che cerca di realizzare delle interfacce in grado di
riprodurre le espressioni facciali dell’essere umano
2) Ambito del riconoscimento emotivo, cercano di creare prodotti in grado di riconoscere lo stato emotivo degli
utenti e siano in grado di ottimizzare le informazioni ottenute (MORPHCAST);
3) Ambito della manipolazione emotiva, studia i modi di influenzare l’utente quando interagisce con la macchina;
4) Ambito della sintesi emotiva, ovvero fare in modo che le macchine possano sentire le emozioni.
→ Pesuasive computing, quella branca di ricerca che cerca di capire come poter persuadere le persone a modificare i
loro comportamenti o delle abitudini alimentari negative, si tratta di prodotti che cercano di migliorare la qualità di
vita delle persone. Alcuni aspetti negativi sono i POP-UP che si aprono ricordando ad esempio l’oggetto che
avevamo osservato per convincerci a comprarlo. Inoltre, questi prodotti possono creare camere d’eco che possono
polarizzare i falsi miti (NOVAX);
→ Serius game, si tratta di giochi seri che possono essere utilizzati come strumenti di motivazione di apprendimento,
hanno la funzione di far apprender le persone divertendosi;
→ Realtà virtuale, si tratta di un ambiente tridimensionale in cui i soggetti interagiscono tra di loro e con l’ambiente
come se fossero veramente al loro interno. Si tratta di ambienti immersivi o non immersivi, vi sono anche diversi
gradi di immersività come:
• MOG, ovvero realtà virtuali non immersive, perché necessitiamo di un joystick o di una tastiera per muovere il
personaggio;
• Gli ambienti immersivi sono quei prodotti che richiedono un’attrezzatura come i caschi o i sensori.
3. Le esperienze mediali si fondano con quelli reali, creando quello spazio sociale ibrido, ovvero l’interrealtà, che
consente il superamento dei confini tra il mondo reale e i media ed è visibile in diversi ambiti, come nei social network
e in altri settori tecnologici. Vi sono altre aree di ricerca sono:
1) UBIQUITUS COMPUTING, ovvero la possibilità di accedere alle informazioni in qualsiasi momento ed in qualsiasi
luogo;
2) L’INTERNET DELLE COSE, ovvero gli oggetti fisici della quotidianità che comunicano tra di loro (frigo quando vuoto
invia ordine al supermercato);
3) IPERREALTA’, capace di integrare la realtà fisica con la realtà virtuale. La realtà aumentata riguarda quelle app
come quelle dell’IKEA, capace di farci vedere come starebbero degli oggetti nelle nostre case ed inoltre
consentono di vedere ad esempio i negozi mentre percorriamo un percorso (Google Maps);
4) AMBIENTI INTELLIGENTI, capaci di adattarsi alle caratteristiche degli utenti (luci in casa, ti siedi sul divano, le luci si
abbassano).
4. Un altro trend riguarda i sistemi di intelligenza artificiale, in particolare quelli al servizio del benessere e della scienza.
L’intelligenza artificiale utilizza dati provenienti da diverse fonti come le cartelle cliniche, le immagini, le telecamere e
la maggior parte di queste derivano dai BIG DATA, ovvero quelle informazioni raccolte automaticamente, senza
l’intervento dell’essere umano. In questo caso le informazioni vengono archiviate automaticamente per poi generare
una quantità di dati smisurata in continua espansione.
Secondo Bennato i BIG DATA hanno 3 caratteristiche, definite le 3 V:
→ V come VOLUME, i big data contengono una quantità inimmaginabile di informazioni;
→ V come VELOCITA’, riguardano il sistema con cui queste informazioni possono essere archiviate, cercando di
rendere veloce l’archiviazione di questa massa smisurata di informazioni;
→ V come VARIABILITA’, ovvero vi sono fonti diverse da cui derivano le informazioni, che possono essere inoltre di
diversa natura (testi, immagini).
Vi sono 2 posizioni in merito agli aspetti positivi e negativi legati ai big data:
• UTOPICI, si tratta di quelle aspettative ottimiste riguardo le tecnologie e che credono che i big data siano capaci di
migliorare la nostra vita, prevenire determinate malattie, dunque, di salvaguardare il benessere degli esseri umani.
Inoltre, cercano di raccogliere dati per la ricerca scientifica;
• DISTOPICI sono quelle aspettative negative legate al timore che i big data possano controllare la nostra vita,
reprimere le voci di dissenso politico.
L’intelligenza artificiale AI è l’abilità di una macchina di mostrare delle capacità umane, come il ragionamento,
l’apprendimento, la creatività ed anche l’emotività. Inoltre, questa permette ai sistemi di capire l’ambiente circostante
e di risolvere i problemi. Il computer riceve i dati, li raccoglie, li processa e risponde.
Vi sono 2 sistemi che sfruttano l’intelligenza artificiale:
• Software, come assistenti vocali, sistemi di riconoscimento facciale o vocale;
• Sistemi di intelligenza artificiale incorporata come i robot, i droni, i veicoli autonomi.
OPEN DATA
Il dibattito sugli open data nasce con la necessità di raccogliere big data e la necessità di controllare la qualità dei dati
archiviati. Gli open data sono quegli insieme di dati che sono disponibili online per il libero accesso da parte degli
utenti. Questo si basa sull’OPEN KNOWLEDGE, ovvero la volontà di rendere la conoscenza scientifica aperta,
distribuita.
I nuovi media consentono tutto questo, ma al tempo stesso la possibilità di mettere a disposizione le conoscenze al
mondo, significa anche regolamentare e tutelare la qualità di questi dati e questo comporta nascita di requisiti che gli
open data devono avere. I requisiti che gli open data devono avere sono:
• Accesso, ovvero devono essere accessibili online senza costi e in formati digitali che ne consentano la modifica;
• Redistribuzione, non devono esservi limiti alla distribuzione gratuita o a pagamento senza royalty, questo significa che
il creatore della fonte non prende soldi;
• Riutilizzo, ovvero deve essere consentita la modifica e la creazione di opere derivate, citando la fonte. Queste opere
derivate devono essere a loro volta distribuite e modificate.
Vi sono open data utili per la ricerca scientifica e quello più utilizzato è il REPOSITORY del Center for Open Science,
dove vi sono progetti preregistrati, ovvero il progetto viene registrato prima di essere attivato, impreventati
attraverso i materiali raccolti in quel progetto di ricerca, vi sono questionari, database e articoli.
Gli articoli pubblicati hanno 3 badge:
• Preregistered, indica che lo studio è preregistrato e inoltre indicato il repository dove gli autori hanno preregistrato il
progetto;
• Open data, indica che in qualche repository vi sono i dati raccolti, che possiamo utilizzare per costruire nuove ipotesi;
• Open materials, indica che quell’articolo ha materiali aperti, come le tabelle, questionari, utili per comprendere
meglio l’articolo. Tra questi vi è l’open knowledge map che fornisce una mappa dei documenti presenti in rete
riguardo un determinato articolo.
BLOCKCHAIN
La blockchain riprende diversi temi:
• La dematerializzazione;
• La decentralizzazione, ovvero gli utenti hanno la possibilità di gestire i dati, l’utente diventa PROSUMER;
• Permette di tenere i blocchi in sicurezza e questo permette di mettere un freno alla pirateria e alla NFT, dunque, si
tratta di opere originali perché viene salvaguardato il diritto d’autore.
METAVERSO
Lorenzo Montagna descrive il metaverso come la prossima internet. Il metaverso è un modo di vivere internet che si
basa sul 4g, le velocità di banda, sulla realtà virtuale, sul blockchain.
Il metaverso può essere articolato in 3 categorie:
1. Virtual reality, che utilizza come tecnologia la realtà virtuale per esplorare mondi, ovvero quella tecnologia che ci
permette di esplorare musei, visitare New York, ovvero ambienti realistici o meno;
2. Mondi sociali virtuali, ovvero una sorta di social network tridimensionale che consentono agli utenti di fare le stesse
cose che fanno sui social network bidimensionali, ma in modo immersico;
3. Blockchain, ovvero le criptovalute e delle NFT.
Vi è una mappa elaborata da Vincenzo Cosenza che classifica i mondi digitali lungo due dimensioni:
• Economia interna del Metaverso, ovvero blockchain;
• La tecnologia di accesso al Metaverso, ovvero app o strumenti utilizzati attraverso la realtà virtuale.
Queste nuove tecnologie ci lasciano degli interrogativi, quello principale è ‘’Come cambierà la relazione tra uomo e
nuovi media?’’.
Queste tecnologie potrebbero avere dei risvolti applicativi positivi nell’ambito della psicologia, ma potrebbero anche
creare dei problemi.
Oggi sappiamo poco delle ripercussioni di queste nuove tecnologie in ambito psicologico, dunque, è fondamentale
mantenere sempre una visione BINOCULARE, ovvero saper osservare gli aspetti:
• Negativi, in termini delle patologie che interessano l’ambito della psicologia clinica, ma anche in termini relazionali e
sociali;
• Positivi che queste tecnologie possono offrire, cercando di individuare le potenzialità e i benefici che queste
tecnologie possono avere sul benessere dell’essere umano.
TECNOLOGIA POSITIVA TP
Riva si colloca sul versante della tecnologia positiva, ovvero quell’approccio scientifico applicativo che usa la
tecnologia per modificare le caratteristiche della nostra esperienza aumentandola, con il fine di migliorare la qualità
della nostra esperienza personale ed aumentare il benessere degli individui.
Riva basa la sua idea di tecnologia positiva sul modello teorico di Sellgman, che distingue 3 dimensioni:
1. La vita piacevole, ovvero queste tecnologie garantiscono il benessere delle persone e si tratta di tecnologie EDONICHE,
come i videogiochi. La vita piacevole può essere influenzata dalla sperimentazione di emozioni positive;
2. La vita coinvolgente, ovvero attraverso il coinvolgimento in attività gratificanti e l’uso delle proprie capacità e questo
grazie alle tecnologie EUDAIMONICHE, che aiutano a raggiungere esperienze coinvolgenti ed autorealizzanti, come la
realtà virtuale;
3. La vita dotata di senso, attraverso il perseguimento di uno scopo più ampio di sé stessi, grazie alle tecnologie SOCIALI
e INTERPERSONALI, che aiutano a migliorare le integrazioni sociali.
La tecnologia positiva si basa sulle tecnologie esperenziali (affecting, persuasive, serius games…) e interviene
sull’esperienza:
• Strutturando l’esperienza su un obiettivo, attraverso regole e un sistema di feedback;
• Aumentando l’esperienza con l’aggiunta di altri elementi multimodali (realtà aumentata);
• Sostituendo l’esperienza reale con una sintetica (fobie).
Riva, cerca di comprendere quali sono le DIMENSIONI COGNITIVE che vengono modificate dai nuovi brainframe,
ovvero cerca di comprendere quali sono le ripercussioni di questo uso intuitivo degli strumenti, sui processi cognitivi
dell’essere umano. Riva individua 2 dimensioni cognitive sulle quali si riversano le conseguenze, derivanti dall’uso
inconsapevole, ma funzionale degli strumenti digitali:
• Percezione spaziale corporea, ovvero l’autore sostiene che i brainframe modificano le percezioni del corpo e dei luoghi
fisici:
➢ Riducendo la possibilità di utilizzare i nostri schemi corporei automatici in relazione alla posizione del nostro corpo
nello spazio. Quindi, gli schemi corporei automatici non possono essere utilizzati in internet e questo ha delle
ripercussioni sul modo con cui la nostra mente funzione;
➢ Estendono i confini di spazio e corpo, attraverso le comunità virtuali, le realtà virtuali immersive, ovvero quando
noi trasferiamo i confini del nostro corpo sull’avatar che ci permette di interagire nel mondo virtuale. Questo è
importante nell’ambito della psicologia, poiché permettono di mettere in atto alcune terapie, ad esempio quelle
relative alle fobie, attraverso le realtà virtuali;
• Permettono agli utenti di sperimentare emozioni forti, ma si tratta di emozioni disincarnate. Questi brainframe
digitale però hanno anche un’influenza negativa, ovvero comportano una difficoltà nel riconoscere le proprie
emozioni e quelle altrui, definito ANALFABETISMO EMOTIVO. Questa riflessione si basa sui neuroni specchio, ovvero
all’incapacità di una persona che senza la fisicità dell’altro non riesce a comprendere come può sentirsi;
→ COSTRUZIONISMO SOCIALE, di Williams, il quale sostiene che la tecnologia viene prodotta dall’uomo, ovvero, che la
tecnologia è il prodotto di forze sociali e culturali. In questo caso la tecnologia è una variabile DIPENDENE. Ogni
medium, ogni strumento tecnologico è sempre situato, perché è il prodotto delle pratiche che l’hanno determinato,
quindi, ogni medium produce effetti sul soggetto che si trova in quel determinato contesto nel quale le pratiche hanno
generato quell’innovazione tecnologica.
Williams sposta il focus dallo strumento all’UTILITA’, quindi, il focus non è più lo strumento fisico, ma il focus diventa
l’utilità della tecnologia all’interno di particolari contesti. Secondo questa prospettiva NON esistono media universali,
ma vi sono media situati, che nascono in un gruppo sociale caratterizzato da una serie di pratiche ed intenzioni
specifiche. Secondo l’autore la configurazione fisica di un determinato strumento tecnologico non ci spiega il modo in
cui può essere utilizzato, dato uno strumento, come un social, possono esservi modi diversi di utilizzarlo. Non tutte le
tecnologie sono medium, ovvero strumenti di mediazione della realtà. Non è la rete di internet a mediare le nostre
relazioni, ma il modo in cui gli utenti vivono internet media il rapporto con la realtà.
Per quanto riguarda queste due posizioni:
McLuhan: Williams:
1. La genesi di un medium (come la scrittura) 1. La genesi di un medium ha un’origine psico-
ha un’origine psico-biologica, ovvero sociale;
l’autore la definisce come una protesi allo 2. Il medium pensato per raggiungere un
stress; obiettivo può poi essere utilizzato con
2. Il medium nasce sempre con uno scopo finalità totalmente differenti;
preciso, ovvero risolvere lo stress; 3. Gli effetti del medium possono
3. Ogni medium produce un effetto specifico differenziarsi a seconda del contesto
Secondo Riva, il determinismo tecnologico e il costruzionismo sociale NON sono due modelli ANTITETICI, ma sono due
modelli che spiegano fasi diverse del rapporto tra medium, soggetto e società. L’autore ricorre alla prospettiva di
Vygotsky, per spiegare la sua posizione. Secondo Vygotsky, il rapporto tra uomo e medium (nel suo caso si riferiva alla
scrittura), è un rapporto bidirezionale, infatti, l’uomo supera i vincoli dell’ambiente esterno tramite i media (distanza
attraverso nuovi media). Inoltre, l’uso che le persone fanno dei media, modifica i media stessi.
Riva elabora la TEORIA DELL’INTERAZIONE SITUATA, nella quale spiega attraverso quali processi i nuovi media
modificano e sono modificati dalle pratiche di interazione sociale, inoltre il concetto delle metatecnologie è un
concetto centrale, che spiega il processo di reciproca influenza tra tecnologia e uomo.
• Adattamento ai nuovi media, può essere spiegato attraverso il TASK ARTIFACT RIDE, che descrive il processo di
rimediazione o riposizionamento nei confronti dei nuovi media. Questo processo viene descritto attraverso un
processo caratterizzato da:
1. Insoddisfazione nei confronti dei media esistenti (Facebook non soddisfa più);
2. Questa insoddisfazione comporta la realizzazione di nuovi media;
3. Successivamente gli users con il tempo stabiliscono delle condotte appropriate nei confronti del nuovo media,
abituandosi alle caratteristiche fisiche, simboliche e pratiche.
I nuovi media possono introdurre nuovi vincoli, ma d’altra parte cercano di migliorare l’esperienza precedente.
Se non vi è una conoscenza del nuovo modo di usare la tecnologia il medium rimane opaco e viene vissuto come un
ostacolo alla comunicazione. In questo caso l’adattamento viene meno e si crea uno squilibrio, ovvero una barriera
sociale, definita DIGITAL DIVIDE o DIVARIO DIGITALE, tra:
➢ Chi utilizza il nuovo medium in modo trasparente;
➢ Chi NON ha costruito un attimo brainframe e quindi definisce il medium come opaco.
Il DIGITAL DIVIDE che differenzia gli utenti in coloro che ne fanno un uso trasparente e per coloro che lo definiscono
opaco, dunque, è una forma di disuguaglianza nell’accesso alle tecnologie digitali e alle loro opportunità che i media
possono offrire alle persone o AFFORDANCE. Questa disuguaglianza si presentano:
1) A causa della mancanza o carenza di infrastrutture (la rete), o di strumenti tecnologici (smarphone) o di mezzi
economici e questo comporta una DIVISIONE SOCIALE, tra persone che hanno una connessione di facile utilizzo e
persone o paesi in cui la connessione è ancora un dato opzionale e non strutturale. Dunque, questa divisione è
legata all’accesso ad internet e alla possibilità economica di potersi permettere degli strumenti tecnologia;
2) A causa della non comprensione del senso, del significato che una metatecnologia ha per il gruppo sociale che la
utilizza (perché mandare messaggi, invece di parlare dal vivo). Questo comporta una DIVISIONE CULTURALE, ad
esempio quella tra noi e i nostri nonni;
3) A causa della sua NON TRASPARENZA, opacità, ovvero riguarda la capacità o incapacità di utilizzare le affordance di
uno strumento (comunicare, tramite Whatsapp). Questo causa uno SQUILIBRIO POLITICO, poiché le persone non
vedono nel mezzo una possibilità di poter partecipare ad una determinata causa;
4) A causa dell’incapacità di costruire e mantenere il proprio benessere digitale, ovvero la capacità o incapacità di
utilizzare le nuove tecnologie con un certo equilibrio e questo comporta una DIVISIONE PSICOLOGICA, tra coloro che
utilizzano i media digitali senza stressarsi troppo e coloro che utilizzando i media, si sentono sopraffatti.
La maggior parte di questi fattori sono stati presi in considerazione da diversi modelli teorici, quello maggiormente
utilizzato è il modello dell’AZIONE RAGIONATA, che studia la relazione tra atteggiamento e comportamento, ponendo
atteggiamento e comportamento in una variabile di mediazione dell’intenzione comportamentale.
Il livello culturale sociale è caratterizzato da diversi livelli che dipendono dal livello di analisi psicosociale. È importante
riprendere le culture prevalenti all’interno di un determinato contesto sociale in merito all’uso delle tecnologie e si
distinguono:
• Approcci distopici, contrari alla tecnologia
• Approcci tecnorealisti, che considerano la tecnologia come inevitabile;
• Approcci utopici, ottimisti, futuristi nei confronti della tecnologia.
Questi incidono sul grado di adattamento degli individui alla tecnologia.
Un altro livello riguarda i processi di influenza sociale che giocano un ruolo importantissimo in quel fenomeno che
prende il nome di FOMO (fear of missing out), paura di perdersi occasioni sociali importanti. Altri esempi di fattori
sociali che influenzano l’adattamento ai media vi sono le norme soggettive, i nostri valori, le rappresentazioni che
costruiamo in merito all’utilizzo di un media digitale.
Un altro modello è quello di Rogers, adeguato a cogliere quello che succede in termini di adattamento dei media
digitali:
• Questo è un modello descrittivo, che non ci permette di prevedere dei comportamenti, ma ci permette di descrivere
come le persone e quante persone si adattano alle nuove tecnologie;
• Analizza un fattore individuale, ovvero il livello di innovatività, ovvero l’attitudine a sperimentare per primi le
tecnologie, quanto noi siamo disposti a correre rischi pur di utilizzare nuovi strumenti tecnologici;
• Il modello è caratterizzato da 5 tappe del percorso di adattamento dei nuovi media. Queste tappe collocano lungo una
curva Gaussiana, una percetuale di soggetti che a fronte di una nuova tecnologia si collocano in una determinata fase:
Un altro modello è quello transteorico degli stadi di cambiamento di Prochaska e DiClemente, questo e un modello
PREDITTIVO, ovvero di fronte ad una particolare situazione consente di capire in che modo il soggetto si adatta al
cambiamento. Secondo questo modello ogni soggetto di fronte alla necessità o volontà di cambiare, può essere
collocato in una delle fasi che il modello descrive, queste fasi sono caratterizzate da un andamento fisico che
prevedono anche delle RICADUTE. Vi sono due forze che possono spingere al cambiamento:
• Costrizione;
• Opportunità, maggiore sarà l’opportunità (affordance), maggiore sarà la volontà di cambiamento.
1. PRECONTEMPLAZIONE
In questa fase, il soggetto non è convinto di
voler cambiare, ma sta precontemplando
questa possibilità, ma se le condizioni legate
al suo interesse e le condizioni sociali
5. MANTENIMENTO esterne evolvono, può entrare nella fase 2. CONTEMPLAZIONE
In questa fase è fondamentale che lo successiva. Fase in cui il soggetto ha un
strumento diventi da opaco diventi atteggiamento ambivalente nei
trasparente. Anche questa fase, se confronti della tecnologia. Quando il
non vi è sufficiente motivazione, si soggetto si trova in questa fase, può
torna ad una fase di ricaduta. avere la possibilità di tornare
RICADUTA indietro, ovvero quando non trova
stimoli sufficienti a farlo passare alla
fase successiva.
4. AZIONE 3. DETERMINAZIONE
Il soggetto si impegna a cambiare (si iscrive ad un nuovo Il soggetto decide di cambiare idea, ma
social network). Anche questa fase non è sicura, per far anche questa fase deve essere
sì che il soggetto non vada incontra ad una ricaduta, sostenuta da motivazioni interno o
deve cercare di trovare un’opportunità. Quindi, il esterne, altrimenti si rischia di ricadere
• Fenomenologia
mezzo deve esseredell’uso dei come
percepito nuovi media
facile di usare. La nella fase di ricaduta. Se la
fase di azione per essere mantenuta ha bisogno della determinazione viene sostenuta, il
fase del mantenimento. soggetto passa alla fase successiva.
Questo modello ci suggerisce che più il soggetto riesce a trovare nell’utilizzo di un nuovo media un’opportunità tanto
più procederà in maniera diretta, senza incorrere in una ricaduta, ma potrà adattarsi alla nuova tecnologia. Le forze
sociale, ovvero le costrizioni implicite ed esplicite non hanno lo stesso potere che hanno le forze interne nel portare le
persone ad adattarsi alla tecnologia.
I MODELLI TEORICI sull’ACCETTAZIONE DELLE TECNOLOGIE, degli anni ’80, sono la TAM, TAM2, UTAU, UTAU2, questi
derivano da 2 teorie della psicologia sociale, la seconda è un’evoluzione della prima:
• TEORIA DELL’AZIONE RAGIONATA, TRA, di Fisben e Aizen. Secondo questa teoria il comportamento è legato
all’intenzione comportamentale, che a sua volta dipende da 2 fattori:
→ L’atteggiamento verso il comportamento è definito dalle credenze circa le conseguenze che noi associamo alla
messa in atto di un comportamento (cosa pensiamo che succeda se metto in atto quel comportamento);
→ Le norme soggettive, sono le credenze circa le norme sociali, ovvero le nostre aspettative rispetto a come gli altri
vedrebbero il comportamento nel caso in cui noi lo mettessi in atto, come reagirebbero e penserebbero gli altri.
Questi due fattori influenzano l’intenzione comportamentale si compongono di 2 dimensioni:
→ L’atteggiamento verso il comportamento secondo questo modello è il prodotto dell’aspettativa per il valore,
ovvero le aspettative riguardo il comportamento che ho intenzione di mettere in atto e che importanza do;
→ Le norme soggettive sono il prodotto delle aspettative normative, ovvero cosa mi aspetto dagli altri, in merito al
mio comportamento, il secondo fatto è la motivazione ad aderire, questo fattore incide sulla mia intenzione a
mettere in atto il comportamento.
• TEORIA DEL COMPORTAMENTO PIANIFICATO, TBP, di Ajzen. Ciò che cambia in questo modello è l’introduzione di
un’altra variabile che incide sull’intenzione comportamentale, ovvero il fattore dell’autoefficacia, definita dall’autore
‘CONTROLLO COMPORTAMENTALE PERCEPITO’, quanto io penso che mettendo in atto una determinata azione sarà in
grado di controllarla e di controllare le conseguenze. L’autocontrollo percepito introduce la pianificazione dell’azione,
da questo deriva il nome della teoria.
3. MODELLO UTAUT, Unified Theory of Acceptance and Use of Technology. È stato elaborato quando è emersa la necessità
di applicare la TAM al di fuori dell’ambito lavorativo, per essere utilizzato nell’ambito delle tecnologie legate
all’informazione.
In questo modello vi sono:
→ Fattori PREDITTORI che possono
migliorare l’intenzione
comportamentale e quindi stimolare
le persone ad adottare le tecnologie;
→ Fattori INTERVENIENTI, o
MODERATORI che fanno riferimento
al genere, all’età, all’esperienza e alla
volontarietà d’uso. Questi fattori
possono disturbare la relazione tra
variabili predittrici e intenzione
comportamentale.
4. MODELLO UTAUT 2, è un modello pensato per il commercio online. In questo modello è presente l’intenzione d’uso, i
modelli MODERATORI, ovvero età, il genere, l’esperienza.
Inoltre, vi sono i fattori PREDITTORI:
→ Aspettativa di performance;
→ Aspettativa sullo sforzo;
→ Influenza sociale;
→ Condizioni facilitanti;
FATTORI INNOVATIVI, aggiunti in questo
modello:
→ Motivazione edonica, ovvero il voler
soddisfare i propri bisogni (voglio un vestito
nuovo subito, ordino su Amazon);
→ Il valore del prezzo sottolinea l’importanza
del commercio elettronico perché i prezzi
online sono vantaggiosi e questo ci fa
superare la paura di poter essere rubati;
→ L’abitudine, è un fattore che incide
sull’intenzione comportamentale.
L’usabilità
Approccio viene misurata
finalizzato all’analisiattraverso 2 approcci:
di uno strumento Un altro modo per valutare l’usabilità sono i TEST o i
tecnologico, questo approccio coinvolge i designer che QUESTIONARI, che non coinvolgono i progettatori di un
devono poter valutare, spesso in anticipo che il sito venga sito, ma gli utenti che navigano in un sito. Gli utenti finali
utilizzato dagli altri utenti, quanto quel determinato possono essere coinvolti per la valutazione dell’usabilità di
contesto risponda a tutti i punti prima elencati. Dunque, i un sito con modalità diverse:
designer devono valutare l’usabilità di quello strumento → Tecniche implicite, IN PROPRIO, usate per valutare
tecnologico attraverso 2 metodologie: l’usabilità di una tecnologia. Un esempio possono
→ Cognitive Work Through, che coinvolge un piccolo essere i dati INGAME non visibili all’utente finale, ma
gruppo di valutatori che analizzano la tecnologia in che possono essere disponibili all’esperto, attraverso i
termini di una o più attività specifiche che con quella quali è possibile avere informazioni su come un sistema,
particolare tecnologia possono essere svolte. Dunque, i in questo caso il videogioco, viene utilizzato. Se
designer valutano come si comporta un utente che con parliamo di un gioco in cui si spara, si possono ottenere
quella determinata tecnologia vuole portare a termine informazioni, su quante uccisioni o errori sono stati
una determinata attività. Le fasi sono le seguenti: commessi dall’utente finale. Tutti i dati di
1) L’utente individua un obiettivo da ottenere programmazione interna del videogioco, possono
all’interno di sistema (acquistare un capo); fornire informazioni concrete sul comportamento
2) L’utente determina le possibili azioni; dell’utente all’interno del videogioco, o in generale in
3) L’utente seleziona l’azione che può consentirgli di qualsiasi altro ambiente digitale.
avvicinarsi, con il minimo sforzo, all’orientamento Attraverso questi dati è possibile analizzare gli errori, le
dell’obiettivo; azioni compiute dall’utente e, quindi, l’usabilità di un
4) L’utente mette in azione e considera il feedback determinato strumento tecnologico.
proveniente dal sistema. Un altro strumento implicito, sono le EYE TRACK, ovvero
→ Euristic Evaluation, si tratta di una tecnica che adotta il tracciamento dello sguardo, attraverso i quali
uno sguardo olistico, ovvero globale, quindi, non si verificano dove si colloca lo sguardo, l’attenzione del
riferisce ad un’azione specifica, ma fa riferimento soggetto;
Gli studi sulla USER EXPERIENCE (UX) introducono 2 dimensioni:
• Fattori affettivi/emotivi
• Fattori contestuali
Questi fattori possono facilitare o rendere più difficili l’utilizzo delle tecnologie.
Triberti e Brivio definiscono quest’approccio come un approccio che guarda alla complessità dell’ambiente e dei
fattori che possono influenzare l’interazione tra uomo e tecnologia.
L’approccio basato sulla User Experience è un approccio psico-sociale che tiene conto di 3 fattori:
• Fattore ARTEFATTO, valutato attraverso tecniche dirette e indirette delle scale, come la SUS. Bisogna considerare le
variabili oggettive legate all’usabilità, dunque, valutare attraverso l’opinione degli utenti o dei valutatori, quanto quel
sistema soddisfa la lista di requisiti precedente (efficacia, apprendimento);
• Fattore UTENTE, bisogna considerare le variabili soggettive individuali degli utenti, come:
1) Le caratteristiche fisiche, ovvero elaborare app per persone non vendenti, con disabilità fisica bisogna tenere in
considerazione queste caratteristiche;
2) Le risorse cognitive, per elaborare un sistema, bisogna comprendere come renderlo adeguato all’utente finale,
anche in base alle sue risorse cognitive che siano più o meno sofisticate;
3) La personalità, ad esempio, gli utenti più attivi nei social network sono quelli con 2 caratteristiche principali della
personalità, ovvero la dimensione del nevroticismo e dell’estroversione. Questo perché nei social i nevrotici
interagiscono con le altre persone tramite il social e non faccia a faccia, mentre gli estroversi utilizzano i social per
fare nuove amicizie. Dunque, quando si effettuano delle valutazioni della User Experience bisogna anche tenere
conto della personalità degli utenti, per permettere loro di sentirsi a loro agio nell’utilizzare un determinato
sistema;
4) I bisogni, le motivazioni e le intenzioni;
5) Le emozioni che uno strumento digitale può suscitare negli utenti ed è un aspetto importante che definisce quanto
le persone possono avvicinarmi o meno ad una tecnologia;
6) Tipologie di target, ovvero quali sono le tipologie di persone a cui quel determinato servizio può essere utile;
7) Personas, sono dei personaggi immaginari creati sulla base di una ricerca condotta su utenti reali con lo scopo di
identificare gli utenti-tipo di un servizio;
• Fattore CONTESTO, bisogna considerare le variabili contestuali legate all’uso effettivo di un prodotto, queste variabili
sono:
→ Le caratteristiche fisiche degli ambienti, dove gli utenti utilizzeranno quell’oggetto (luminosità dello strumento si
adegua agli ambienti);
→ Le culture organizzative, culture implicite che possono andare a regolare l’uso e l’accettazione delle tecnologie e
quindi potenziare l’adattamento delle tecnologie da parte delle persone che lavorano in queste specifiche
organizzazioni (cultura organizzativa dell’UNIPR prevede l’uso dei pc durante le lezioni);
→ Aspetti semiotici, riguardano la comprensione dei segni presenti all’interno degli ambienti digitali (Word, icona
dischetto per salvare). Un simbolo può avere un significato in una cultura, che può essere diverso rispetto ad
un’altra cultura;
→ Culture individualiste e collettiviste, la maggior parte dei prodotti digitali, nascono nei contesti occidentali, ma per
costruire un nuovo strumento digitale deve essere facilmente utilizzabile per la cultura alla quale è destinato.
Nella lista dei fattori individuali che possono incidere sull’adattamento della tecnologia, bisogna anche considerare il
costrutto relativo alla percezione del rischio.
Infine:
• La digitalizzazione e l’interfaccia sono ciò che possono
rendere l’esperienza mediata, come un’esperienza a portata di un click, ovvero accessibile, utile, ma al tempo stesso
opaca;
• User experience, non vi sono interfacce tecnicamente perfette, ma vi sono interfacce che soddisfano bisogni,
aspettative di particolari categorie di persone inserite in particolari contesti.
FENOMENOLOGIA DELL’USO DI INTERNET
Secondo questa statistica, che riguarda il mese di febbraio 2022:
• La popolazione totale che utilizza Internet in Italia, corrisponde a 60 milioni,
ovvero al 71%;
• I cellulari connessi a internet in Italia corrispondono a 78 milioni, al 130% della
popolazione, questo perché alcuni utenti navigano in Internet da due telefoni
contemporaneamente;
• Per quanto riguarda il numero di utenti che utilizza Internet in Italia, sono 50
milioni e corrispondono al 84% della popolazione;
• Gli utenti che utilizzano i social media, corrispondono a 43 milioni, ovvero al 72%
della popolazione.
Per quanto riguarda invece il tempo speso sui media in Italia nel febbraio 2022:
I motivi principale dell’utilizzo sei social media in italia sono:
• Leggere nuove storie;
• Navigare per passare il tempo.
Mentre all’ultimo posto, vi è mantenere il contatto con le altre
persone.
In questa statistica risulta che vengono passate:
• 48 minuti sui videogiochi;
• 1 ora e 47 minuti sui social media;
• 6 ore e 9 minuti sulla navigazione in Internet.
Per quanto riguarda la statistica del mese di gennaio 2022 nel mondo:
• La popolazione che utilizza internet in Italia corrisponde a 7 milioni,
ovvero al 57%;
• I cellulari connessi ad Internet in Italia corrispondo a 5 milioni,
ovvero al 67%;
• Il numero di utenti che utilizza Internet in Italia corrisponde a 5
milioni, ovvero al 62%;
• Gli utenti che utilizzano i social media corrispondono a 4 milioni,
ovvero al 53%.
I 4 concetti principali di questa teoria, sono il concetto di intenzione, di ambiente, di affordance e di situazione, che
permettono di scomporre la struttura dell’azione sono:
SOGGETTI
con le loro intenzioni e i
AZIONE loro bisogni.
ovvero quelle attività dirette o
mediate dall’uso di un artefatto e
guidate dalle aspettative, ovvero da
come noi percepiamo la situazione AMBIENTE
in quel momento, e dalle nostre che può essere un ambiente fisico
intenzioni. La situazione fornisce SITUAZIONE o simbolico che offre ai soggetti
informazioni necessarie al soggetto che è la porzione più delle affordance.
che gli permettono di agire in quel piccola dell’ambiente,
contesto. dentro la quale riesce a
cogliere quelle
opportunità o vincoli che
gli consentono di
trasformare le intenzioni
in azioni.
Per spiegare come agiamo, Riva riprende un fattore della Psicologia Bioculturale, secondo la quale il FENOTIVO,
ovvero le caratteristiche osservabili, in questo caso le azioni del soggetto, di un individuo è sempre il risultato di
un’interazione tra 3 fattori:
1. GENOTIPO, ovvero il corredo biologico di ogni individuo. Se pensiamo ai media digitali e al loro utilizzo e al genotipo di
una persona, la capacità visiva e tutti i disturbi collegati al sistema della vista possono avere un ruolo importante, nel
modo in cui una persona si approccia alla tecnologia (NON vedenti);
2. AMBIENTE CIRCOSTANTE;
3. CULTUROTIPO, rappresenta tutto ciò che non appartiene all’ambiente. Riguarda quell’insieme delle regole di
comportamento e degli artefatti primari, secondari e terziari che l’uomo utilizza per raggiungere i suoi obiettivi. Tutto
ciò che utilizziamo per interfacciarci con l’ambiente.
Se noi dovessimo immaginare gli elementi della teoria dell’inter-azione situata: soggetto, ambiente e situazione,
all’interno di un contesto è così:
→ Il soggetto è al centro, perché il soggetto che vuole raggiungere l’obiettivo; situazione
→ L’ambiente è il cerchio esterno ed è il contenitore di una situazione specifica;
→ Nella situazione specifica si individuano le strategie di azione, dunque, all’interno della soggetto
situazione avviene l’interazione tra CHALLENGES e SKILLS, tra capacità del soggetto e sfide. ambiente
Questa è riconducibile alla teoria del campo di LEWIN, il quale affermava che il
comportamento è in funzione della persona e dell’ambiente psicologico, ovvero quella porzione di ambiente che
quella persona riesce a percepire di un determinato momento e situazione.
Questa teoria si forma attraverso alcuni modelli teorici che Riva riprende dalla letteratura, una letteratura che si
colloca all’interno nell’insieme delle teorie basate sull’azione situata, ovvero, teorie che capovolgono la prospettiva
socio-cognitiva, che parte dal presupposto che alla base delle azioni ci sia un ragionamento cognitivo delle persone e
che possiamo ritrovare nella teoria dell’Azione Intenzionata. Le teorie dell’azione situata partono da un presupposto
differente, ovvero partono da un’azione che al tempo stesso produce conoscenza, ovvero come attraverso le nostre
azioni costruiamo delle conoscenze, per cui l’azione diventa una sorta di mediazione tra le skills, ovvero le abilità delle
persone, che devono confrontarsi con le affordance, ovvero challenges, ovvero le opportunità e i limiti che il contesto
sociale offre.
All’interno dell’azione situata vi sono 3 concetti fondamentali:
• Intenzione, ovvero quell’elemento cognitivo e volitivo che spinge all’azione umana;
• Situazione, ovvero la porzione dell’ambiente dove l’individuo trova le challenges che gli consentono di trasformare le
sue intenzioni in azioni;
• Azione, vi sono diverse teorie a cui la teoria dell’azione situata di Riva fa riferimento ed anche le teorie che
consentono a Riva di distinguere i tre piani, in tre livelli:
→ Intenzione, la teoria dinamica dell’intenzione che distingue 3 livelli di intenzione:
1. Intenzioni distali, quelli rivolte al futuro;
2. Intenzioni prossimali, orientate al presente;
3. Intenzioni motorie.
→ Situazione, il modello teorico a cui Riva fa riferimento è la teoria dell’azione situata di Mantovani. Il quale,
all’interno di questo concetto delinea 3 livelli:
1. Costruzione di un contesto generale, costituito dall’insieme generale delle norme dei modelli culturali che
orientano le nostre intenzioni e azioni;
2. Intermedio, che a che vedere con l’interpretazione della situazione, che fa riferimento alla regolazione che
avviene tra skills e challenges;
3. L’interazione con l’ambiente locale, ovvero i media, l’interazione attraverso l’uso degli artefatti;
→ Azione, Riva recupera la teoria delle attività di Vygotski che consente all’autore di distinguere 3 livelli di azione:
1. Livello di attività, che fa riferimento alle motivazioni delle persone;
2. Livello delle azioni, che fa riferimento agli obiettivi;
3. Livello delle operazioni, che fa riferimento ai nostri schemi, che noi abbiamo acquisito e che ci consentono di
mettere in atto un utilizzo intuitivo del mezzo che utilizziamo (come muoviamo le dita sulla tastiera di un pc).
I modelli e le teorie su cui Riva articola la teoria dell’azione situata, non nascono all’interno della psicologia dei nuovi
media, ma sono modelli che vengono applicati alla psicologia dei nuovi media e quindi richiedono l’introduzione di
questo strumento di mediazione, che è costituito dall’uso che gli utenti fanno dei media
Un ulteriore ingrediente è la MEDIAZIONE, azione mediata, ovvero un’azione che viene realizzata attraverso l’utilizzo
di specifici strumenti, ovvero gli strumenti digitali. La letteratura, riguardo all’azione mediata, distingue 2 forme di
mediazione:
→ La mediazione diretta, richiama all’uso di un particolare strumento di mediazione, ovvero all’uso di un determinato
artefatto, ovvero l’artefatto prossimale;
→ La mediazione indiretta richiama all’azione eseguita attraverso l’utilizzo di artefatti che possiamo considerare
come artefatti distali.
Quindi, quando parliamo di nuovi media come strumenti di mediazione dell’azione, parliamo di conseguenze differenti
a seconda del tipo di strumento diretto/indiretto al quale facciamo riferimento, mediazione diretta e indiretta.
Le azioni mediate dirette, ovvero le azioni mediate di primo ordine, sono quelle in cui il soggetto attraverso il proprio
corpo controlla la tecnologia per realizzare le sue intenzioni, in questo caso si suppone che lo strumento tecnologico
diventi un’estensione del corpo del soggetto, come il passaggio dall’interfaccia web 2.0 all’interfaccia touch, ovvero
attraverso il nostro tocco controlliamo la tecnologia al fine di realizzare le nostre intenzioni. Le azioni mediate dirette
sono più facili di quelle indirette, sono immediate, ovvero non richiedono l’attivazione di una forma di pensiero-
cognitivo, ma ci permettono di utilizzare intuitivamente lo strumento tecnologico per realizzare le nostre intenzioni. In
questo caso quello che accade dal punto di vista psicologico è un processo di incorporazione percettiva dell’artefatto.
Per comprendere meglio ciò è utile riprendere la distinzione dei confini corporei:
→ La zona INTIMA rappresenta lo spazio corporeo;
→ La zona PERSONALE che riguarda tutto ciò che è intorno al corpo e che consente al soggetto di agire, ovvero di
trasformare le intenzioni in azioni;
→ La zona SOCIALE, detta EXTRA-PERSONALE, che non è uno spazio raggiungibile attraverso l’azione del soggetto, ma
che lo può diventare in un’altra situazione.
Dunque, l’artefatto (racchetta, tocco iphone) ci permette di entrare in contatto con la zona dove si collocano dove si
collocano le azioni delle persone, ovvero al di fuori della nostra azione intima, ci consente dunque di entrare nel
nostro spazio personale.
Dunque, l’incorporazione percettiva dell’artefatto, in cui i confini corporei includono la tecnologia, ed in questo caso
succede che il soggetto percepisce di essere presente nell’artefatto prossimale (racchetta, schermo) che diventa
un’estensione del proprio corpo, allargando lo spazio peripersonale.
Le azioni mediate indirette, ovvero di secondo ordine, in questo caso il soggetto attraverso il proprio corpo, controlla
una tecnologia con cui a sua volta controlla degli strumenti che gli consentono di fare quelle azioni in quell’ambiente,
ad esempio il soggetto attraverso il proprio corpo può controllare un artefatto prossimale (joystick) con cui può
controllare un altro artefatto (avatar), con cui realizza la sua intenzione (distruggere nemico).
In questo caso si parla di INCARNAZIONE percettiva dell’artefatto. In questo caso i confini corporei corrispondono con
quelli dell’artefatto con cui realizziamo l’intenzione, ovvero con l’avatar, con la conseguenza che il soggetto diventa
presente nello spazio in cui si trova l’artefatto motorio (avatar), dunque, il soggetto non diventa presente nello spazio
peripersonale, ma nello spazio EXTRA-PERSONALE, diventa presente al di fuori dei confini del proprio corpo, ma
nell’avatar che muove.
Esempio di:
→ Azioni mediate dirette= una tipologia di gioco, tipo sparatutto, in cui ci riconosciamo attraverso l’arma che
controlliamo, attraverso un processo di incorporazione l’arma diventa un’estensione del nostro corpo che ci
permettono di realizzare le nostre intenzioni, trasformandole in azione, ovvero uccidendo il nemico;
→ Azioni mediate indirette= ROLE PLAY GAME, in queste tipologie di gioco inizialmente il personaggio è vuoto, siamo noi
a decidere come fargli i capelli, che tipo di personalità dargli. Nel momento in cui noi personalizziamo il nostro avatar
che muoviamo attraverso un joystick, l’azione non la controlliamo più noi attraverso il joystick, ma l’azione viene
compiuta dall’avatar che noi controlliamo indirettamente e questo si verifica quanto ci sentiamo presenti al di fuori
del nostro corpo, nello spazio EXTRA-PERSONALE, quando ci mettiamo nei panni dell’avatar che abbiamo costruito.
Questo processo di incarnazione, ovvero di trasferimento del nostro spazio, nello spazio dell’avatar è tanto più forte
psicologicamente, quanto più noi costruiamo questo personaggio a nostra immagine e somiglianza. Più è simile a noi,
più il legame che andremo a stabilire sarà alto.
Nella realtà virtuale, si cerca di ridurre le azioni mediate indirette, ma si va sempre di più verso tecnologie che
consentono un’immersione totale e consentono di realizzare le intenzioni in modo diretto.
Queste azioni sono state oggetto della ricerca scientifica, che ha cercato di elaborare delle misure che permettessero
di misurare il processo di incarnazione dell’avatar, nell’ambito dei videogame e quella più utilizzata fa parte di una
scala elaborata da Ballui nel 2012 che prende il nome di Player Identification Scale, è una scala lunga con item self-
report, che misura 3 tipi di IDENTIFICAZIONE, ovvero quel processo che rileva un legame con l’oggetto preso in
considerazione. Questi 3 tipi di identificazione sono:
→ Identificazione con il gruppo, quando le persone si identificano con il loro gruppi di gioco, giocatori che insieme
svolgono missioni;
→ Identificazione con il gioco;
→ Identificazione con l’avatar, quanto sentiamo forte il legame che sentiamo con il nostro avatar. In questa dimensione
l’autore distingue 3 tipi di identificazione con l’avatar, che possono venire a stabilirsi anche contemporaneamente e
sono:
1. Embodied presence, è lo stato psicologico in cui gli oggetti fisici virtuali vengono sperimentati dalle persone come
oggetti fisici reali, in modo sensoriale o con la percezione. Si tratta della percezione che l’utente ha di essere il
proprio avatar, ed è una dimensione immaginativa, in cui il giocatore sente di essere fisicamente all’interno del
corpo dell’avatar e sente come se fosse lui a compiere le azioni dell’avatar;
2. Wishful identification, in questo caso l’avatar rappresenta delle caratteristiche che il soggetto non ha, ma che
vorrebbe avere, l’avatar incarna caratteristiche del sé ideale del giocatore;
3. Similarity identification, è un tipo di identificazione attraverso la quale il giocatore sente il proprio avatar simile a sé
stesso.
La mediazione diretta e indiretta e gli oggetti fisici come il joystick e avatar, non riguarda solo agli oggetti fisici, quindi
agli artefatti, ma anche agli artefatti simbolici.
Gli artefatti simbolici che possiamo utilizzare attraverso i media digitali sono i videogiochi in cui vi è un linguaggio
scritto e orale, attraverso chat, microfoni. Il linguaggio, è un aspetto fondamentale all’interno dei videogiochi, perché
un videogioco senza una trama narrativa, non è un videogioco, perché non riesce a trasferirci lì.
Quindi, la mediazione diretta o indiretta che sia, si applica sia agli artefatti fisici, sia a quelli simbolici che costituiscono
la realtà virtuale.
Quando noi riusciamo ad utilizzare intuitivamente i nuovi media, sia rispetto agli artefatti fisici sia simbolici, l’uso
intuitivo comporta:
→ Attraverso la mediazione diretta, l’estensione dei confini del nostro corpo nello spazio peripersonale, quindi l’utilizzo
del nuovo media espande anche la nostra mente, usciamo dai nostri confini e dalle nostre menti;
→ Attraverso la mediazione indiretta, impariamo a controllare intuitivamente l’avatar del videogioco o a leggere la storia
del protagonista, la nostra mente si situa nello spazio virtuale mentale che circonda l’avatar e noi ci sentiamo nel
gioco.
Secondo la letteratura la presenza sociale è un’illusione percettiva di NON mediazione, ovvero come la sensazione che
le cose che stiamo facendo, siano cose che stiamo facendo in modo reale e non attraverso la tecnologia, non mediato
dalla tecnologia.
La funzione del senso di presenza all’interno degli ambienti virtuali, secondo Riva è la chiave attraverso la quale le
nostre intenzioni si possono trasformare in azioni. Dunque, la presenza ci dà la capacità di operare all’interno
dell’ambiente virtuale.
Il ruolo della presenza all’interno delle azioni che possono essere messe in atto negli ambienti virtuali, vi sono diversi
esempi, come ad esempio quello dei social media, cosa trasforma le nostre intenzioni in azioni? Cosa ci guida a fornire
agli altri una specifica immagine di noi stessi? È il senso di presenza e il senso di presenza sociale, poiché nel momento
in cui scegliamo il selfie da postare, lo facciamo con la consapevolezza di voler assumere una posizione all’interno
dell’ambiente virtuale, ad esempio posto la foto della laurea per far sapere agli altri che adesso ho questa identità.
Così, inconsapevolmente, noi percepiamo la nostra presenza in quest’ambiente, in cui la presenza, ha senso soltanto
se riconosciuta dagli altri. La potenza informativa dell’ambiente virtuale giocano un ruolo importante. Questo non vuol
dire che noi siamo sempre consapevoli di questa presenza, ma questo accade in modo inconsapevole, ovvero il nostro
sistema neurologico si regola automaticamente senza regolazioni che questa chiami in causa i processi razionali.
Dunque, la consapevolezza di avere un pubblico non è sempre attivata e questo è un problema per tutti quei
fenomeni chiamati Hate Speech Fenomenal, fenomeni di discriminazioni online, che sono legati ad una scarsa
sensazione di presenza dell’altro e che quindi potrebbero essere ridotti, evitati, se noi riuscissimo a pensare ad
ambienti virtuali in grado di attivare la presenza sociale, o di renderla più presente nel comportamento del soggetto.
Le intenzioni che possono muovere attraverso la presenza sociale le nostre azioni all’interno degli ambienti culturali,
quali sono le intenzioni distali che possono spingerci all’uso dei media digitali. Possiamo identificarle attraverso 3
categorie, queste intenzioni distali possono essere di natura:
1. Intenzioni STRUMENTALI, ovvero la nostra intenzione può essere quella di incrementare le nostre conoscenze, di
risolvere problemi o di utilizzare le nuove tecnologie per motivi creativi. In questo caso ciò che muove la nostra azione
è legato al bisogno di incrementare le nostre conoscenze. (Google, Wikipedia);
2. Intenzioni RICREATIVE, ovvero utilizziamo i media per distrarci, passare del tempo e divertirci. (ambienti videoludici,
social);
3. Intenzioni ESPRESSIVE, in questo caso utilizziamo gli ambienti digitali per presentare noi stessi, per creare
nell’ambiente digitale una specifica identità digitale da presentare agli altri, ma possiamo utilizzare questi ambienti
anche per soddisfare motivazioni che hanno a che vedere con i bisogni relazionali, fare amicizie, conoscere nuove
persone. All’interno delle intenzioni ESPRESSIVE, troviamo ambienti e modalità d’uso di ambienti che rispondono a 2
tipologie di bisogni: i bisogni identitari e relazionali. Riva nel libro Social Network ci descrive come i social network
possano soddisfare questi bisogni. In questo libro, descrive i social network, come delle piattaforme in cui gli utenti
possono incontrarsi e scambiarsi messaggi e contenuti di diversa natura. La definizione di social network più puntuale
è quella che è stata elaborata nel 2007, da Boyd ed Ellison, che lo definiscono sulla base di 3 caratteristiche principali:
→ La presenza di uno spazio virtuale in cui gli utenti possono esibire il proprio profilo e renderlo accessibile agli altri
utenti della rete;
→ La possibilità di creare una lista di utenti, quindi di costruire la propria rete sociale, con cui possiamo entrare in
contatto e condividere contenuti;
→ La possibilità di analizzare le caratteristiche della propria rete sociale attraverso i messaggi trasmessi ed altre
informazioni.
Riva descrive anche le principali funzioni che possono essere svolte dai social network, affermando che le funzioni
psicologiche più importanti sono quelle legate al:
• Bisogno di avere una rete sociale supportiva, ovvero in grado di offrire supporto, funzione RELAZIONALE. In questo
caso Riva distingue 2 polarità:
➢ L’uso dei social media per aiutare gli altri;
➢ L’uso dei social per ricercare il supporto sociale;
• Bisogni di espressione del sé, funzione IDENTITARIA. Inoltre, attraverso i media noi oltre ad esprimere la nostra
identità, possiamo anche analizzare quella degli altri. In questo caso Riva descrive 2 polarità:
➢ Una che definisce BUONIERISMO, che indica l’uso dei social media per analizzare l’identità degli altri, per sapere
cosa fanno gli altri;
➢ Uso dei social media per esprimere la propria identità.
Riva nel libro Social Network, li descrive come dei contesti che tendono a soddisfare diversi bisogni dell’essere umano
e per argomentare questo concetto utilizza la piramide dei bisogni di Maslow. Riva afferma che i social media possono
soddisfare i seguenti bisogni:
1. Bisogno di SICUREZZA, secondo Riva ci viene dato dalla possibilità che abbiamo di scegliere chi fare entrare nella
nostra rete amicare e chi espellere;
2. Bisogno ASSOCIATIVO, ovvero usiamo i social media perché con la rete di amici noi possiamo comunicare,
condividere;
3. Bisogno AUTOSTIMA, quello che noi postiamo sui social media, con l’intenzione di comunicare qualcosa di noi agli altri
e perché speriamo che gli altri vedano quanto noi comunichiamo con il nostro contenuto e perché speriamo che
qualcuno lo scelga, lo condivida con altri;
4. Bisogno di AUTOREALIZZAZIONE, legato all’esperienza relazionale, ci sentiamo realizzati quando possiamo essere di
aiuto agli altri.
Per realizzare queste intenzioni distali attraverso i social media, vi sono diverse modalità in base ai diversi social
media:
• Rispetto alle modalità di relazione, Riva distingue i social media, in base al modo in cui noi possiamo entrare in
relazione con gli altri e soddisfare i nostri bisogni identitari o relazionali. Distingue le modalità di relazione in
BIDIREZIONALE o AMICIZIA, che sono reti sociali chiuse (FACEBOOK);
• Modalità di relazione di gruppo o rete ad OC;
• Modalità di relazione a stella, che caratterizza le reti aperte (TWITTER), dove vi sono dei follower, noi pubblichiamo un
contenuto, ma il follower non può risponderci. Il messaggio NON è BIDIREZIONALE.
Riva distingue 3 LIVELLI di presenza e presenza sociale a cui associa 3 IMPLICAZIONI per il sé.
I 3 LIVELLI della presenza sono:
1. PROTO-presenza, la capacità di mettere in atto le proprie intenzioni MOTORIE. Per realizzare questo senso di
presenza, lo si fa attraverso il movimento corporeo che ci permette di distinguerci da tutti gli altri oggetti, permette di
sentirci come oggetti distinti da tutti gli altri. Nel videogioco la proto-presenza è data dal movimento fisico dell’avatar
nello spazio virtuale, che permette di riconoscere l’avatar come oggetto distinto dal resto, dunque, il SE’ DAL NON SE’;
2. Presenza NUCLEARE, che è dato dalla capacità di mettere in atto le proprie intenzioni PROSSIMALI, connettendo le
nostre intenzioni agli oggetti che ci consentono di raggiungerle, quindi, riuscendo intuitivamente ad individuare
nell’ambiente virtuale quelle affordance che ci consentono di raggiungere le intenzioni PROSSIMALI (dove clicco per
cambiare foto profilo, per comprare borsa nuova, quale sito?). questa presenza comporta il fatto di riuscire a
differenziare il proprio sé rispetto alla situazione in cui ci troviamo. Nel videogioco si tratta della capacità di
riconoscere gli amici dai nemici, dunque, individuare le affordance che ci consentono di superare di livello;
3. Presenza ESTESA, ovvero la capacità di mettere in atto le proprie intenzioni distali, ovvero le motivazioni orientate al
futuro, questa è resa possibile dalla capacità di connettere la descrizione del mondo possibile agli oggetti, ovvero di
connettere il mio fine ultimo, la mia motivazione distale agli oggetti (uso Likedin per trovare lavoro). In questo caso, il
sé si realizza attraverso l’opposizione tra chi sono io adesso e chi posso diventare, quello che sono adesso e quello che
dovrei essere per raggiungere il mio obiettivo finale. Nel videogioco si tratta di finire il videogioco.
I diversi livelli della presenza possono avere diversi livelli di implicazione per il sé:
1) La PROTO-presenza, consente al soggetto di posizionarsi in uno spazio. Abbiamo un avatar e quello ci consente di
esserci in quell’ambiente e ci consente di posizionarci perché ci consente di sentire che stiamo agendo (attraverso
profilo o avatar);
2) La presenza NUCLEARE, permette di controllare l’efficacia delle nostre azioni attraverso il confronto tra intenzione-
azione, quindi consente di sentirci come degli agenti in questo mondo, in grado di individuare i nemici o delle persone
capaci di intrattenere delle interazioni sociali all’interno di un social. Questa presenza è collegata al sentimento di
autoefficacia;
3) La presenza ESTESA, permette al sé di evolvere, il livello di implicazione del sé che viene chiamato in causa è quello del
selfer empowerment, consente al sé di espandersi, di espandere i propri confini, attraverso esperienze ottimali,
ovvero il flow o l’incorporazione degli artefatti. Si tratta di un IO che sta agendo verso un mondo possibile.
I diversi livelli della presenza sociale possono avere diversi livelli di implicazione per il sé:
1) La presenza INDICATIVA, consente al soggetto di identificare l’altro come diverso da sé stesso e come diverso dagli
altri oggetti presenti nel mondo virtuale, quindi ci consente di capire che non ci sono solo io ma anche l’altro, che sta
agendo;
2) La presenza INTERATTIVA, consente di controllare l’interazione attraverso la comprensione delle intenzioni dell’altro.
Quindi, se le intenzioni dell’altro sono dirette verso di me, allora anche le mie dovranno coordinarsi, chiama in causa il
concetto di SELF-PRESENTATION. (Se cerco anima gemella per passare una bella serata, mi presento in un modo, se
cerco una persona con il quale passare la vita intera, mi presento in un altro modo);
3) La presenza EMPATICA, consente la costruzione di un’identità sociale.
• Più un individuo sperimenta un alto livello di PRESENZA, più sarà in grado di mettere in atto le proprie intenzioni e
riuscirà a soddisfare i propri bisogni (vuole borsa, apre il sito, compra, chiude il sito). Più alto è il livello di presenza è
più alta è la possibilità che l’individuo passi dalla proto-presenza all’ultimo livello di presenza estesa, maggiore potrà
essere il contributo che l’utilizzo dei nuovi media dà ai soggetti, in termini identitari e di acquisizione di nuove abilità.
Dunque, la presenza ai massimi livelli incrementa le capacità conoscitive e relazionali della mente umana;
• Più un individuo sperimenta un alto livello di PRESENZA SOCIALE, più sarà in grado di comprendere l’altro e di
realizzare in modo efficace ed efficiente l’interazione.
I livelli della presenza e della presenza sociale, sono divisi e possono presentarsi in modo individuale. Passare da un
livello all’altro, per arrivare a quello più alto è possibile e quando questo si realizza si parla di un’esperienza vissuta dai
soggetti definita NET-WORKET-FLOW, il flow è quella esperienza ottimale che consente l’espressione di massimo
livello della presenza, il net worket flow è quella sensazione consentita dallo sperimentare il massimo livello della
presenza sociale.
Secondo Riva, nell’ambiente virtuale per passare da un livello all’altro della presenza e per evolvere il proprio sé, lo si
fa attraverso l’identificazione di esperienze ottimali e l’incorporazione degli artefatti, quindi, diventando ad esempio il
mio avatar.
Il FLOW è definito in letteratura come un’esperienza di flusso o come flusso di coscienza, in cui mente e corpo,
pensiero e azioni, lavorano all’unisono in perfetta sintonia. Il flow, quindi, è uno stato psicologico ottimale, che è
descritto in letteratura come caratterizzato da:
• Un elevato livello di concentrazione e partecipazione ad un’attività, reale o virtuale;
• Un perfetto equilibrio tra la percezione di quanto il compito che stiamo svolgendo sia difficile, o la situazione che
stiamo vivendo sia difficile e le nostre capacità che sentiamo essere in grado di affrontare quella situazione;
• È uno stato in cui non ci accorgiamo che il tempo che passa;
• È uno stato che è caratterizzato da un interesse intrinseco per il processo, che gli autori definiscono MOTIVAZIONE
AUTORETICA e questo interesse per quello che si sta facendo, produce al soggetto che vive quest’esperienza
soddisfazione.
Noi ricerchiamo delle attività che ci fanno sentire così ed è strettamente connesso ad uno stato emozionale positivo e
ad un senso di profondo benessere psico-fisico, non sentiamo il sonno, non sentiamo niente. Gli studi dimostrano che
l’esperienza del flow è un’esperienza associata ad un aumento della qualità della vita delle persone, all’ampliamento
delle capacità creative delle persone, all’espressione dei talenti personali e all’aumento dell’efficacia produttiva.
Rendiamo di più quando riusciamo ad entrare nel flow e per farlo l’attività deve essere sufficientemente stimolante e
sfidante, deve mettere alla prova le capacità che noi pensiamo di avere, se questo NON accade, quando l’equilibrio tra
capacità e sfide non c’è, si presentano degli stati psicologici diversi dal flow e non associati agli elementi positivi e
possono essere la noia, che si presenta quando il livello di sfida è basso rispetto alle nostre capacità, allo stesso modo
quando il livello di sfida è alto rispetto alle nostre capacità non si presenta il flow.
Il flow channel, il canale del flow, è quello in cui il sistema dinamico porta il soggetto ad incrementare le sue capacità
per far fronte alle sfide crescenti dell’ambiente.
Riva sottolinea come queste esperienze ottimali, che noi possiamo vivere anche negli ambienti digitali, il sé riesce a
sperimentare la massima sensazione di presenza a tutti e 3 i livelli.
Lo stesso discorso lo possiamo fare rispetto alla presenza sociale, in cui l’esperienza che realizza la massima
espressione tutti e 3 i livelli è il NET-WORKET-FLOW, che è l’esperienza ottimale a livello di gruppo, non a livello
individuale, che si verifica quando l’intenzione soggettiva diventa un’intenzione collettiva in grado di guidare l’azione
dei membri di un gruppo.
Vi sono 3 condizioni essenziali affinché quest’esperienza ottimale possa essere sentita:
1) La prima condizione riguarda la presenza sociale EMPATICA e CONDIVISA, ovvero la capacità di capire che gli altri
vogliono quello che vogliamo noi, quindi, i soggetti devono condividere gli stessi obiettivi e le stesse emozioni,
nell’ambiente reale o virtuale;
2) La seconda condizione riguarda il fatto che le persone devono sperimentare una LIMINARITA’, ovvero di passaggio,
sentirsi non più ancora a ciò che si era prima e non ancora dentro ciò che si vuole diventare. Es. laureati, le persone
quando si laureano si trovano in questa situazione, non sono studenti, ma nemmeno psicologi professionisti, quindi
queste persone condividono interessi, obiettivi e contenuti per realizzare la loro intenzione distale. Per uscire dalla
condizione di liminarità, gli individui possono utilizzare i media digitali. Il COLLABORATIVE INNOVATION NETWORK,
ovvero quei network che possono essere applicati a diverse realtà, di diverso genere, ovvero reti collaborative,
creative che realizzano e concretizzano queste esperienze di net-worket-flow in cui le persone si sentono talmente
immerse da riuscire a realizzare quel rapporto di equilibrio tra challenges e skills;
L’uso dei social per essere in relazione con la comunità di appartenenza, risulta importante riflettere sul NEED TO
BELONG, ovvero il bisogno primario degli esseri umani, che fa riferimento al bisogno di mantenere delle relazioni
interpersonali positive e durature. È possibile parlare di relazioni:
• Significative, definite CAPITALI SOCIALI FOLDING, in termini emotivi, affettivi, quindi relazioni importanti;
• Positive e significative che sono meno rilevanti emotivamente, ma che forniscono delle risorse, definite CAPITALI
SOCIALI PRIGING.
Bisogna tenere presenti questi due tipi di relazioni, che sottolinea il fatto che ognuno di noi vuole soddisfare i bisogni
sociali e vi sono:
• Dimensione QUANTITATIVA, data dalla frequenza di contatto e dal numero di relazioni considerate significative;
• Dimensione QUALITATIVA, ovvero le caratteristiche delle relazioni, la loro stabilità nel tempo e se hanno una valenza
positiva o negativa.
Pensando al need to belong e alla complementarity hypothesis è stato definito l’impatto funzionale delle tecnologie
sulla socialità, ovvero:
1. L’uso delle tecnologie può fare da complemento a relazioni profonde e preesistenti (whatsapp);
2. I social possono permettere di rimanere in contatto con persone che sono significative, ma con le quali è difficile
interagire in modo diverso, come l’uso dei social durante la pandemia. In questo caso, i social sono stato un
complemento, senza social non saremmo riusciti a mantenere i contatti;
Studi recenti hanno dimostrato come le tecnologie social possono permettere di mantenere relazioni e di rafforzare
relazioni con persone che si frequentano abituariamente, in entrambi i casi è stato identificato un meccanismo
comune che fa riferimento ad un effetto di TRANSIFICAZIONE, ovvero le persone hanno bisogno di relazioni, quindi un
need to belong, che è un bisogno primario di tutti, ma la necessità di relazione non è dovuta solo ad aspetti
DISPOSIZIONELAI dal bisogno di appartenere e di essere in relazione, ma è dovuta anche ad aspetti SITUAZIONALI,
ovvero vi è un ruolo attivo che il contesto sociale in cui ci si trova ha, rispetto al livello di bisogno di relazione che le
persone possono trovare, ad esempio l’esposizione ad una situazione di esclusione sociale, la situazione di
emarginazione non dovuta all’esclusione, ma dovuta al contesto in cui non si sente parte (non conosco nessuno ecc.).
Dunque, vi è un’interazione significativa tra le caratteristiche individuali e le caratteristiche contestuali, ovvero della
comunità di appartenenza, ovvero caratteristiche fisiche e sociali, perché anche le caratteristiche fisiche della
comunità hanno un impatto sulle possibilità sociali, ad esempio se non vi sono luoghi d’incontro accessibili diventa
difficile incontrarsi nella comunità;
3. Un terzo impatto sulla socialità è quello in termini di creazione di nuove relazioni, che però sono relazioni che non
rimangono confinata alla dimensione virtuale, ma che andranno ad essere relazioni offline, all’interno della comunità.
Le comunità MODERNE locali, ovvero quartieri e città, sono considerati spazi relazionali, in cui i membri della
comunità vivono insieme, interagiscono, questo in realtà è stato un elemento che è venuto meno dall’inizio degli anni
2000, perché è stato osservato come era stato avviato un processo di degradarsi del tessuto sociale delle comunità
locali, ovvero:
1. È emerso che le dimensioni sociali si sono indebolite, ovvero i significati sociali, la connotazione sociale data agli spazi
comuni, ovvero luoghi in cui ci si poteva incontrare interagire, ma si sono indebolite anche le azioni collettive, ovvero
quelle azioni di tipo collettivo messe in atto per raggiungere un obiettivo comune;
2. Inoltre, è sorta una tendenza individualista che ha portato ciascuno a considerare i problemi, le questioni irrisolte
come delle questioni proprie, in realtà avere una categorizzazione netta su chi sia portatore di un problema e chi deve
risolverlo, porta:
• O a mettere in campo le proprie risolse per risolvere il proprio problema senza essere in relazione con gli altri;
• O a scelte di disimpegno affettivo e sociale che nascono dal pensiero ‘non è un problema mio’, quindi qualcun altro
lo risolverà.
Questo ha comportato la perdita della dimensione di comunità locale come spazio di incontro e di interazione e da
questo sono derivati diversi fenomeni, come l’INATTENZIONE CIVICA, consiste nel non prestare attenzione alle
persone che noi incontriamo quando andiamo in giro, questo fa sì che gli altri risultino per me sempre degli estranei e
delle persone che io non identifico. Vivere in questo modo la comunità locale, porta alla crisi del capitale sociale
locale, perché ci concentriamo su noi stessi, piuttosto che metterci in relazione con chi ci è intorno, fa sì che
difficilmente si creano relazioni con persone che vivono la nostra stessa situazione e con le quali vi sono diversi
elementi in comune. In questo senso, se non prestiamo attenzione a chi e a ciò che ci circonda, facciamo esperienza
della comunità come un contesto di transizione e non come uno spazio relazionale, anche gli spazi vengono
abbandonati (andare al bar, prima per conoscere persone, oggi per passare tempo con amici che conosciamo già).
Tutti questi processi hanno comportato un indebolimento del legame con la comunità, ovvero:
• Il senso di comunità, il legame affettivo con la comunità, il sentirsi membri di quella comunità, riconoscere gli altri
membri;
• Legame con gli spazi della comunità, ovvero SENSO OPPLACE, ovvero quel legame affettivo con i luoghi significativi di
una comunità, basato su 3 dimensioni principali:
1) PLACE IDENTITY, ovvero considerare i luoghi rilevanti per la propria identità sociale;
2) PLACE DEPENDENCE, ovvero considerare i luoghi come adatti e migliori per svolgere le attività quotidiane che si hanno
in programma;
3) PLACE ATTACHMENT, che fa riferimento al legate affettivo ed emotivo che c’è verso alcuni luoghi, quindi connotare
quei luoghi come una parte significativa della propria vita da un punto di vista emotivo.
Questi processi, che hanno caratterizzato le comunità locali, è possibile comprendere come in realtà gli elementi
principali che emergono sono:
• Forte indifferenza verso l’altro;
• Inattenzione civica;
• Chiusura in gruppi privati, gruppi in cui ci si conosce già.
Il processo principale è quello di CONNOTARE L’ALTRO, non più come un altro da conoscere, ma come un estraneo o
un nemico e questo fa si che si inneschino una serie di processi difensivi, di mancanza di fiducia, di non volontà di
interagire con l’altro, e questo crea ulteriori resistenze nel rafforzare il tessuto sociale locale. Infatti, le località
moderne sono state definite come dei luoghi frammentati, delle aree di transizione più che di sosta, delle comunità
chiuse, perché c’è la chiusura di gruppi e perché è come se fossero connotate da una chiusura dei luoghi, che non
vengono percepiti come spazi aperti in cui è possibile interagire.
La MODERN LOCAL COMUNITY EXPERIENCE, ovvero come si connota l’esperienza della comunità locale per i cittadini:
• Da un lato gli spazi e le interazioni sociali stanno perdendo importanza e le comunità stanno diventando più chiuse;
• Dall’altro, le comunità locali moderne sono state definite come COMPLESSI ECOSISTEMI SOCIALI, perché non sono più
soltanto ecosistemi sociali legati alle dimensioni fisiche e sociali delle comunità locali, quindi alle dimensioni offline,
ma sono stati complessificati dalla compresenza di interazioni dinamiche e veri e propri luoghi online.
Vi sono 2 tipi di social, nell’ottica di complessificare le caratteristiche del social per capirne gli utilizzi, vi è la USERS
THEORY, che evidenzia come tutte le tecnologie vengano scelte ed utilizzate dagli utenti in funzione delle loro
caratteristiche:
→ Il primo tipo di social viene definito Nearby Applications., nello specifico si tratta delle app di incontro online. Queste
applicazioni permettono agli utenti di scoprire altri utenti che siano nei dintorni e di interagire con altre persone
online. Dal momenti che gli utenti sono ad una determinata distanza, impostata dall’utente stesso, l’interazione inizia
online e può spostarsi offline. A differenza dei siti di incontri, nei quali si poteva entrare in relazione con chiunque,
ovvero con qualcuno molto lontano da noi e in quel caso la relazione rimaneva prevalentemente online.
Queste applicazioni, quindi, permette di metterci in contatto con persone nei dintorni. In termini relazionali e di
comunità, queste applicazioni creano la FAMILIAR STRANGERS, ovvero le persone che fanno parte della comunità che
noi vediamo in giro, ma alle quali a causa della disattenzione civica, non abbiamo prestato attenzione, ma con queste
app, vedendo i profili, prestiamo attenzione a queste persone e conosciamo delle loro caratteristiche e questo ci porta
a prestare loro un’attenzione diversa, rispetto a quando le incontriamo per strada, perché in quel caso non
categorizziamo l’altro, come estraneo o nemico, ma le percepiamo come dei conoscenti, perché abbiamo visto il
profilo, riconosciamo il loro volto e conosciamo diverse loro informazioni. Grazie alle applicazioni, dunque, si ha un
aumento la reciproca visibilità tra le persone della stessa comunità, inoltre poiché si leggono varie informazioni
sull’altro, come interessi, se ci troviamo in piazza e identifichiamo una persona, abbiamo una consapevolezza diversa
di quella persona e questo ci permette di instaurare un discorso. Questo tipo di applicazioni fornisce alle persone dei
TICKETS TO TALK, ovvero delle scuse educate per iniziare un’interazione in presenza senza risultare fuori luogo.
Inoltre, questo tipo di applicazione permette di fondere gli aspetti fisici e digitali e di creare una nuova relazione. In
America esistono diverse applicazioni che fanno parte di questo tipo, in cui si ha la possibilità di conoscere nuove
persone, la maggior parte di queste applicazioni non sono arrivate in Italia, quelle che sono arrivate, non sono
applicazioni di dating, come POKEMON GO, che usa la localizzazione per altre ragioni, ha anche incrementato delle
funzioni sociali, ma non sono funzioni che portano all’interazione e non viene utilizzata per l’interazione. Però è stato
osservato che in Italia e in Europa le applicazioni di incontri vengono utilizzate dagli utenti non sono per finalità
romantiche/sessuali, perché gli utenti non avendo applicazioni di altra natura, hanno iniziato ad utilizzare applicazione
come Tinder, Badoo, per conoscere nuove persone per fare amicizia, per sentirsi parte della comunità locale, di
ampliare la rete locale.
Secondo alcuni studi, questo tipo di applicazioni:
• Possono rappresentare un’integrazione agli spazi sociali tradizionali, quindi, si collocano in modo coerente con la
COMPLEMENTARITY HYPOTHESIS. Perché emerge come questo tipo di applicazioni possa favorire la partecipazione
delle persone alla comunità di appartenenza e la relazione con le persone della comunità;
• Rispondono a 2 tipi di bisogni sociali:
➢ Bisogno di ampliare la rete sociale, quando l’utente si sente solo e vuole entrare in contatto con altre persone.
Qui vi è la dimensione disposizionale, l’utente si sente solo e vuole entrare in contatto con altre persone, ovvero
sente il bisogno di interazione con la comunità, dunque, vi è la dimensione di ampliare la propria rete sociale
locale, quando non è possibile farlo in modo tradizionale, ovvero quando la comunità offre delle opportunità
sociali, ma ha delle caratteristiche che frenano le persone a cogliere quelle opportunità;
➢ Bisogno di sentirsi appartenenti alla comunità, quando l’utente ha un elevato senso di comunità, quindi, quando
gli utenti si sentono legati alla loro comunità, ma questa rimanda delle rappresentazioni contrastanti, gli utenti
tendono ad utilizzare queste applicazioni per percepire meglio le relazioni con i membri della comunità. In
questo caso, vi è la dimensione di interazione tra fattori disposizionali e fattori situazionali, perché quando la
comunità viene percepita come supportiva, più gli utenti hanno senso di comunità, meno utilizzeranno queste
applicazioni per instaurare relazioni con i membri della comunità.
Un altro elemento importante emerso da questo studio è che queste applicazioni sono in grado di sostenere il senso
di comunità e le relazioni all’interno della comunità e quindi di sostenere il CAPITALE SOCIALE LOCALE, ma questo
non avviene attraverso l’incontro offline con gli altri, ovvero ci si aspettava che gli utenti attraverso queste
applicazioni entrassero in relazione con altre persone della comunità locale, le incontrassero e sostenessero il loro
senso di comunità. In realtà è stato dimostrato che utilizzando queste applicazioni, le persone entrano in contatto
con le altre persone della comunità, vedono che vi è una rete sociale della quale loro possono fare parte attraverso
l’applicazione, questo è sufficiente per sostenere il loro capitale sociale ed il loro senso di appartenenza e per farlo
non è necessario passare per l’incontro in presenza e questo ci dice molto sul ruolo di queste applicazioni e ci fa
ipotizzare che attraverso queste applicazioni ci possa essere un’interazione tale da poter aver un impatto sul legame
con la comunità anche senza passare per l’incontro offline;
→ L’altro tipo di social è INSTAGRAM, il quale viene utilizzato per cercare foto e informazioni sui luoghi e sugli eventi
sociali nel proprio quartiere, anche se in realtà l’uso di questa applicazione è stato codificato in base ai bisogni degli
utenti. Instagram permette di:
1) Localizzare i contenuti che vengono condivisi;
2) Attribuire un significato e una rappresentazione a ciò che postiamo, possiamo aggiungere didascalie, hashtag e
questo ci permette di inserire la nostra foto in un filone di significati, inoltre la didascalia ci permette di scrivere un
qualcosa di significativo rispetto al contenuto di quella foto;
3) Essere aggiornati, ovvero ogni luogo social (bar, pub) ha un account, un hashtag e una localizzazione, quindi se noi
seguiamo l’account, siamo costantemente aggiornati.
In questo senso Instagram ci permette di essere in contatto con gli aspetti sociali della comunità di appartenenza.
Attraverso l’attribuzione dei significati, la scelta dei contenuti e account da seguire e attraverso le localizzazioni, ogni
profilo instagram diventa un contenitore di elementi identitari che vanno a dare degli imput e una connotazione alla
vita quotidiana degli utenti.
Sono stati condotti studi, per comprendere il bisogno sottostante questo uso dato spontaneamente a
quest’applicazione e l’impatto che questo uso ha in termini di comunità locali:
• Questo uso di Instagram è connotato nell’esperienza degli utenti come una strategia adattiva per essere in contatto le
dimensioni sociali della propria comunità di appartenenza, quando questa fornisce rappresentazioni contrastanti, ad
esempio se io so che il mio quartiere offre luoghi sociali, ma non mi sento sicuro in quel quartiere e non ho la spinta a
mettermi in relazione con le persone del mio quartiere, in qualche modo si tende ad usare Instagram per superare
queste barriere e rimanere in contatto con i significati sociali della mia comunità di appartenenza. Quindi, anche in
questo caso il senso di appartenenza è il motore fondamentale dell’utilizzo di queste applicazioni. Dunque, chi ha un
legame affettivo con la comunità, tende ad individuare altre strategie adattive per supportare questo legame, per
mantenere una percezione della propria comunità come un’entità relazionale in cui vi sono significati sociali,
supporto;
• Per quanto riguarda l’impatto di questo uso di Instagram sulla comunità locale, in questo caso sono intuitivi, perché
questo uso di Instagram sostiene il senso di comunità, ma anche il senso OPPLACE, ovvero il legame con i luoghi. Il
meccanismo attraverso il quale Instagram sembra favorire il legame con la comunità è attraverso la promozione di
una maggiore consapevolezza dei luoghi e delle opportunità presenti in quella comunità locale.
Dunque, Instagram rafforza l’esperienza della comunità e permette:
1) Di avere interazioni online e offline;
2) Di leggere diversamente il contesto fisico e sociale circostante, perché queste applicazioni espongono gli utenti a
luoghi, persone, situazioni, eventi diversi. Questo permette di superare le barriere che erano nate con le comunità
locali moderne.
Lo sviluppo dei nuovi media ha potenziato le nostre esperienze sociali, in parte rimpiazzando le esperienze offline. Se
facciamo riferimento all’esperienza identitaria, questa è stata potenziata dai nuovi media, dandoci la capacità di
sperimentare ed esprimere parti del nostro sé, e questo non è sempre possibile nella realtà offline.
Lo sviluppo dei nuovi media ha comportato la creazione di spazi sociali dove sono nate le prime comunità virtuali, che
si sono evolute nei social media ed anche in altre esperienze come nella PRESENZA EMPATICA e nel COLLABORATIVE
INNOVATION NETWORK.
I nuovi media hanno permesso la costruzione di uno spazio virtuale che oggi viene definito:
→ CYBER SPACE, uno spazio virtuale sociale che unisce le caratteristiche delle reti sociali tradizionali con le caratteristiche
del web, multimedialità, condivisione dei contenuti. Si tratta delle reti sociali UBIQUE. Questo è inteso come un
concetto fisico, legato alle caratteristiche strutturali dell’ambiente digitale;
→ CYBERPLACE, introdotto dalla letteratura per descrivere cosa sono le reti e questa introduce la dimensione simbolica.
La DIFFERENZA è che CYBERSPACE la rete sociale viene considerata solamente come un contenitore di connessioni,
mentre il CYBERPLACE rende la rete sociale come un insieme di mondi dotati di una cultura propri, a in cui le persone
possano riconoscersi non solo in virtù della loro esperienza relazionale, ma anche in virtù della loro esperienza
identitaria, quindi, soddisfa non solo il bisogno di relazione sociale, ma anche il bisogno identitario che è quello che
riusciamo a soddisfare all’interno di una rete solo quando oltre a percepirla come dispositivo di connessione, viene
percepita in termini di COMUNITA’, come un insieme di persone che condividono norme, significati, valori.
Questo concetto è nato dall’idea che quando abbiamo un dispositivo digitale, NON è solo uno strumento, ma l’utilizzo
soprattutto trasparente dello strumento digitale è reso possibile quando le persone attribuiscono dei significati
socialmente condivisi. (Instagram, utenti hanno ricondizionato l’app per soddisfare i loro bisogni).
Lo studio delle reti è stato incoraggiato dalla Scienza delle reti, che:
1) Ha fornito un contributo per lo studio sull’impatto delle reti hanno sul benessere sociale, sul comportamento e sulla
salute delle persone;
2) Studia le proprietà, la struttura dei processi di trasformazione delle aggregazioni sociali attraverso rappresentazioni di
tipo matematico/grafico. Questa scienza costruisce la rete sociale, analizzando i legami e i processi di trasformazione
delle reti sociali;
3) Ha elaborato la formalizzazione matematica della teoria del PICCOLO MONDO, che mostra che ogni nodo della rete
dista da ogni altro nodo, non più di 6 gradi di separazione;
4) Permette di analizzare il capitale sociale prodotto dalle reti. Il capitale sociale è l’insieme di quegli elementi
dell’organizzazione sociale, come fiducia, norme, che possono migliorare l’efficienza della società, nella misura in cui
facilitano l’azione coordinata degli individui;
5) Ha consentito di studiare l’influenza dei legami deboli, ovvero superficiali.
LEGAMI FORTI e LEGAMI DEBOLI definiscono il tipo di connessioni che si possono stabilire all’interno della rete:
COMUNITA’ GRUPPI
• Le comunità sono reti sociali stabili costruite sulla • I gruppi sono reti sociali dinamiche costruite sulla base
base della vicinanza. (es. realtà fisica= condominio; della condivisione di un obiettivo (membri social
es. realtà virtuale=partecipanti alla stessa rete network che sostengono una causa);
sociale; • All’interno di questi vi sono legami deboli che si
• All’interno di queste vi sono legami forti fondati su incontrano per motivi strumentali o occasionali
connessioni durature; (gruppo Whatsapp, non famiglia);
• Le comunità sono applicate al POLO • I gruppi sono applicati al POLO INTERGRUPPI, in cui le
INTERINDIVIDUALE, in cui le interazioni vengono interazioni sono regolate dalle norme del gruppo di
regolate dalle caratteristiche personali dei riferimento.
partecipanti.
TECNOLOGIE DI COMUNITA’ è un libro in cui l’autore traccia la storia dei nuovi media ed aggiunge elementi
importanti. L’autore parla di MEDIAMORFOSI, ovvero il processo di sviluppo dei nuovi media, il quale è caratterizzato
da 3 età:
Le tecnologie ubique hanno effetti importanti sul capitale sociale, alcuni studi infatti, hanno evidenziato come queste
tecnologie hanno una relazione significativa con il SENSO DI COMUNITA’ e il SENSO OF PLACE.
I nuovi media hanno ampliato le nostre reti sociali perché noi abbiamo dei bisogni distali che caratterizzano
l’esperienza umana, ma vi sono anche altri bisogni, come il bisogno di sicurezza, appartenenza, autostima e
autorealizzazione, ma vi sono anche altri bisogni che vengono soddisfatti dai social media. Inoltre, i social media
rispondono al nostro bisogno di appartenenza e al bisogno di connessione sociale.
Il NEED TO BELONGING, è la teoria secondo la quale gli esseri umani hanno un bisogno pervasivo di formare e
mantenere una certa quantità di relazioni interpersonali che siano durature, positive, ovvero legami forti.
I media non sempre riescono a rispondere ai nostri bisogni, infatti, possono avere effetti negativi e positivi. Alcuni
autori hanno individuato 3 tipi di impatto che i social media hanno sulla socialità:
1) Impatto POSITIVO, ovvero quando i media fanno da complemento a relazioni profonde, preesistenti offline;
2) Impatto POSITIVO, quando l’interazione è difficilmente ottenibile in altro modo (covid);
3) Impatto NEGATIVO , quando le relazioni superficiali online vanno a sostituire le relazioni profonde offline.
Secondo la psicologia sociale, per ridurre i pregiudizi tra i gruppi, secondo Allport, il CONTATTO tra i gruppi può
favorire la conoscenza reciproca e migliorare l’atteggiamento verso l’outgroup. Vi sono 4 condizioni in cui il contatto
funziona meglio nel ridurre il pregiudizio:
• Status uguale, due universitari, non un universitario e un professore;
• Cooperazione;
• Scopo comune;
• Supporto delle autorità.
Secondo alcuni contributi della letteratura, il contatto online e offline agiscono in modo differente nel ridurre il
pregiudizio.
Secondo una METANALISI, ovvero una rassegna degli articoli pubblicati su un tema i quali vengono analizzati, nel caso
di questa metanalisi, sono stati presi in considerazione articoli sul contatto online e su come questo riduce i pregiudizi.
I risultati hanno dimostrato che il contatto online riduce i pregiudizi in maniera MODERATA, al contrario del contatto
offline che lo riduce in modo consistente.
Il contatto funziona meglio quando è spontaneo, ovvero quando una persona sceglie liberamente di avere un contatto
con un membro dell’outgroup e quindi riduce il pregiudizio tra gruppi di religione differente e meno tra gruppi di etnie
e orientamenti sessuali differenti, mentre quando il contatto è indotto ovvero quando questo avviene in laboratori e
viene seguito e richiesto da dei ricercatori, il contatto non funziona in maniera consistente.
Un altro tipo di contatto online indotto è un processo caratterizzato da delle variabili che possono ridurre il pregiudizio
e sono:
• SE’, secondo il socio-costruttivismo si struttura all’interno dei dialoghi che le persone hanno e il sé viene inteso come
POSIZIONI DEL SE’ e durante le interazioni si strutturano le posizioni. Posso chattare dietro un nickname, posso
rispondere ad un post sui social;
• CONTATTO INTERGRUPPI ONLINE che:
❖ Testuale, ovvero avviene attraverso delle chat;
❖ Indotto, ovvero avviene in laboratorio;
❖ Con target etnico, in questo caso si tratta di gruppi appartenenti a diverse etnie.
• PREGIUDIZI E DISCRIMINAZIONI che possono essere espliciti ed impliciti.
Il sé ha diversi livelli:
➢ PERSONALE
➢ SOCIALE
➢ UMANO
Il muoversi tra questi livelli, ovvero la flessibilità identitaria delle persone, influenza il contatto ed il suo ruolo sul
pregiudizio.
Più le persone si posizionano sul piano sociale più si identificano nei loro gruppi, più avranno pregiudizi verso gli altri.
Più le persone vedono sé stessi ed altri come essere umani più vicini al membro outgroup, più si identificano con il
gruppo di appartenenza.
Quando le persone si spostano tra le diverse posizioni, posizionandosi in modo NON simmetrico all’altro, il contatto ha
più forza di ridurre il pregiudizio.
IL POSIZIONAMENTO AVVIENE MOMENTO PER MOMENTO;
→ SPONTANEO, ovvero i Social Network. Secondo alcuni autori il contatto online tramite social network può avere effetti
positivi sulla riduzione del pregiudizio rispetto al gruppo target, ma ha anche degli effetti secondari, ovvero non riduce
il pregiudizio solo verso gruppi etnici, ma anche rispetto ad altri. Inoltre, il contatto online facilita l’integrazione
sociale.
È stato elaborato uno studio sulla discriminazione e sono state descritte 5 variabili:
1) Contatto, ovvero quanto le persone entrano in contatto con un membro outgroup e quanto questo è positivo;
2) Discriminazione mediata, ovvero quando vediamo qualcuno che viene discriminato;
3) Discriminazione vicaria, ovvero quando leggiamo un qualcosa di discriminante, questo tipo di discriminazione viene
definita ASSISTITA;
4) IMPEGNO;
5) ESPLORAZIONE IDENTITARIA, ovvero quanto esplorano le proprie identità.
In conclusione. più persone entrano in contatto con l’altro, più riescono ad esplorare attraverso un punto di vista più
sensibile a riconoscere la discriminazione online.
La discriminazione riguarda:
1) Il contatto e la sua qualità;
2) L’attaccamento alla piattaforma online;
3) Discriminazione mediata e vicaria;
4) Comportamenti antirazzisti.
5) L’empatia, che è legata ai comportamenti, più provo empatia, più metterò in atto comportamenti antirazzisti.
Per quanto riguarda gli SMATPHONE, in un articolo già visto in precedenza, in cui viene analizzata la relazioni tra gli
smartphone e il benessere della persona. Gli autori in questo caso elencano dei BULLET POINT, ovvero gli HIGHLIGHTS:
1. Gli smartphone possono aumentare o minacciare il benessere delle persone e questo dipende da come e quando le
persone lo utilizzano;
2. L’effetto degli smartphone sul benessere è piccolo e irrilevante;
3. Il sovrautilizzzo degli smartphone è associato ad un minore benessere, ma la relazione tra questi 2 costrutti non è
chiara, perché non si sa se:
• Un elevato utilizzo dello smartphone a causare un minore benessere;
• O se sia un minore benessere a spingere le persone ad un sovrautilizzo dello smartphone;
4. In letteratura per misurare l’utilizzo degli smartphone sono misure basate sui self-report, quindi, sono imprecisi e
sistematicamente conducenti ad errori;
5. Gli effetti degli smartphone vengono integrati in un paradigma più generale che gli autori propongono attraverso lo
sviluppo di 3 ipotesi:
→ Displacemente hypothesis;
→ Interference hypothesis;
→ Complementarity hypothesis.
L’effetto di interferenza degli smartphone, vi sono 2 principali L’effetto complementare dello smartphone:
effetti negativi dello smatphone sulle relazioni sociali: • Sulle RELAZIONI, sono:
• PHUBBING è stato definito come l’atto di snobbare gli altri nelle → Migliorare le relazioni sociali;
interazioni sociali preferendo focalizzarsi sul proprio smartphone. → Dare e ricevere supporto;
Si tratta di un comportamento discriminatorio simile → Soddisfare i bisogni comunicativi;
all’OSTRACISMO, che è una forma di discriminazione sociale che • Sul BENESSERE PSICOLOGICO, lo smartphone
consiste nell’ignorare gli altri. Il phubbing ha delle conseguenze sul può avere:
bisogno di APPARTENENZA, AUTOSTIMA e CONTROLLO della → Effetto ANTISTRESS, in questo caso lo
situazione. Il 60% delle persone subisce o mette in atto il smartphone viene definito CIUCCIO
phubbing, inoltre, questo fenomeno sta diventando una NORMA DIGITALE, perché è un oggetto che ci fa star
SOCIALE, un PRINCIPIO NORMATIVO che sta strutturando le bene;
interazioni sociali sulla base del PRINCIPIO DELLA RECIPROCITA’. → Effetti di DISTRAZIONE, in situazioni
Gli effetti negativi in chi lo subisce sono: dispiacevole, ci distrae da un pensiero
→ Emozioni negative; preoccupante;
MIGRANTI E SMARTPHONE
Vi è un articolo della Mancini e colleghi è stato pubblicato su PLOSONE, una rivista open e questo articolo riguarda ‘Le
opportunità e i rischi degli smartphone per i rifugiati. Riguardo questo tema in letteratura sono stati individuati 43
contributi, nei quali sono stati individuati 5 TEMI EMERGENTI:
1. Uso degli smartphone per le pratiche d’uso nella vita quotidiana dei rifugiati.
Nella vita quotidiana dei rifugiati il cellulare serve per:
→ Essere informati, su ciò che succede nel proprio paese e per restare in contatto con amici e familiari;
→ Accedere e condividere informazioni sulla propria condizione e sui propri diritti (posso chiedere asilo, come
funziona la procedura);
→ Facilitare l’adattamento al nuovo contesto, ovvero facilita l’acquisizione della lingua e inoltre il cellulare aiuta loro
a comprendere come accedere ai servizi in Italia.
Quest’uso degli smartphone vi è quando i migranti hanno le competenze digitali, ovvero il saper utilizzare il cellulare in
modo efficace, e dalla qualità delle infrastrutture e della rete
2. Opportunità e rischi dell’uso del cellulare durante il viaggio migratorio:
→ Il lato positivo è che il cellulare durante il viaggio rappresenta un KIT DI SOPRAVVIVENZA integrato;
→ Il lato negativo è che i attraverso i cellulari delle persone che fuggono è possibile tracciare le traiettorie e ci
permettono di comprendere su come avvengono questi viaggi. Inoltre, possono essere oggetto di ESTORSIONE o
ABUSO da parte dei trafficanti;
3. Ruolo dei cellulari nel mantenimento e nello sviluppo di relazione e reti sociali, ovvero i cellulari permettono ai
migranti di:
→ Mantenere i legami con la famiglia e gli amici nel proprio paese di origine (legami BOUND);
→ Favorire i legami con le persone incontrate nel nuovo paese (legami BRIDGE);
Le tecnologie promuovono il benessere dei migranti, perché riducono il senso di isolamento e favoriscono
l’integrazione;
4. Uso dei cellulari per l’autoaffermazione e l’empowerment. In questo caso si passa dall’esperienza relazionale a quella
identitaria. I cellulari:
→ Consentono ai migranti di gestire l’immagine di sé (ad esempio di dare ai parenti a casa l’immagine che vogliono,
che non sempre coincide con quella reale, magari perché non vogliono deludere i parenti);
→ Consentono di ricostruire i legami intimi attraverso la CO-PRESENZA;
→ Superare l’invisibilità e rendersi visibili come forza politica che propone idee e rivendica i propri diritti.
In questo caso i cellulari stimolano l’autodeterminazione, l’agency, ma possono anche stimolare sentimenti di
alienazione e forme di dipendenza economica, ovvero un cellulare per un minore migrante solo è fondamentale,
questo crea una forma di dipendenza economica tra minore e famiglia d’origine, perché il telefono ha un costo;
5. Uso dei cellulari per la salute, la formazione e l’educazione dei rifugiati. I telefoni:
→ Favoriscono l’accesso dei migranti ai servizi per la salute mentale e le attività di screening;
→ Favoriscono l’apprendimento e lo sviluppo di competenze linguistiche, ad esempio attraverso programmi di
socializzazione al sistema italiano per colmare divari culturali.
Questo lavoro mette in evidenza come i cellulari offrono opportunità e rischi ai migranti:
Le OPPORTUNITA’: I RISCHI:
1) Facilitano l’orientamento e la qualità della vita 1) Creano nuove forme di disuguaglianza;
negli spostamenti e nelle situazioni di 2) Creano dipendenza e sfruttamento
sopravvivenza e nei percorsi di integrazione nel 3) Costituiscono una MINACCIA DIGITALE
luogo di approdo; ONNIPRESENTE, ovvero:
2) Favoriscono l’accesso alle informazioni, agli ❖ Possono rendere i migranti vittime dei
apprendimenti, ai servizi; trafficanti;
3) Consolidano ed estendono le relazioni e la loro ❖ Possono essere controllati dai regimi
qualità; dai quali fuggono;
4) Incrementano le possibilità di ❖ Possono essere respinti dai sistemi di
autoaffermazione e di agency; controllo digitali dei paesi verso i quali
5) Permettono di sviluppare le competenze sono diretti;
Per quanto riguarda gli effetti dei SOCIAL MEDIA sulle relazioni sociali, Ways e Gray sostengono che vi sono 3 tipi di
impatto che i social media hanno sulle relazioni sociali (già visto):
1) Positivo, quando i media fanno da complemento a relazioni profonde preesistenti offline;
2) Positivo, quando l’interazione è difficilmente ottenibile in altro modo;
3) Negativo, quando le relazioni superficiali online sostituiscono le relazioni offline.
I social network hanno degli effetti complementari sulle relazioni sociali, ovvero questi permettono di soddisfare il
nostro bisogno sociale, di connessioni sociali, di appartenenza. Secondo gli autori è la necessità di connessioni sociali
che ci spinge ad utilizzare i social, ma questo bisogno può essere più forte in funzione di 2 fattori:
→ Fattore CONTESTUALE, ad esempio un fattore contestuale che può incrementare il nostro bisogno di connessione
sociale e l’utilizzo dei social media, un fattore di questo tipo può essere quello di sentirsi esclusi dalle relazioni sociali,
come il phubbing, che spinge le vittime in un comportamento imitativo, per compensare un bisogno che non
riusciamo a soddisfare perché la situazione non ce lo consente;
→ Fattore PERSONALI/DISPOSIZIONALI, ovvero quelle persone che hanno bisogni di appartenenza più altri, dovuti a
diversi fattori, come le caratteristiche di personalità, le persone estroverse hanno un maggiore bisogno di connessioni
sociali.
Dunque, il sentirsi SOLI o ESCLUSI dalle relazioni sociale, incrementa l’uso dei social network, in questo caso viene
interpretato come una strategia di coping che permette di far fronte all’evento stressante della disconnessione ed
inoltre perché queste garantiscono un miglior senso di connessione.
SENTIRSI SOLI USO DEI SOCIAL (strategia coping) maggiore senso di connessione
Gli autori connettono a questo discorso il fenomeno del FOMO, ovvero Fear of Missing out, è la paura di sentirsi soli.
Si tratta della pervasiva apprensione che gli altri possano avere esperienze interessanti mentre si è assenti. Secondo
gli autori gli antecedenti del FOMO sono:
→ Bassa SODDISFAZIONE di vita;
→ Basso BISOGNO di soddisfazione dei bisogni, come quello di autonomia, competenza e relazione;
→ UMORE NEGATIVO.
Inoltre, il FOMO funge da mediatore tra i fattori antecedenti e l’utilizzo dei social.
Secondo la letteratura la FOMO è correlata alla SOVRAESPOSIZIONE, ovvero ad un desiderio di stare continuamente
connessi con quello che gli altri stanno facendo ed è:
→ Correlata alla sovraconnessione che induce STRESS;
→ Può disconnettere dalle persone, ovvero la paura di rimanere fuori, ci porta a privilegiare il canale virtuale e non
quello reale;
→ Può impedire di godere del momento presente.
Vi sono altri EFFETTI NEGATIVI dei social sulle relazioni sociali, inoltre vi sono altre forme di CYBEROSTRACISMO,
ovvero ostracismo online. Secondo gli autori non ricevere attenzione online, è una forma di cyberostracismo che
riduce i nostri bisogni di appartenenza ed autostima.
Gli altri effetti negativi sono:
GHOSTING, ORBITING
quando una persona recide tutte le comunicazioni con è più minaccioso per chi lo subisce e avviene
un amico o una persona con cui si stava frequentando, quando qualcuno continua a guardare le tue storie,
senza nessun avvertimento. Inoltre, evita le chiamate, i mette like ai tuoi post, pur avendo interrotto la
messaggi sui social media e gli incontri in pubblico. relazione con te. Solitamente avviene da parte di
Le vittime di questo fenomeno vivono una situazione di qualcuno che ti ha ghostato.
incertezza ed ambiguità, a causa della mancanza di In pratica, si tratta di una persona che si trattiene
spiegazioni. nella tua vita, nonostante si rifiutino di farne parte.
Tutto questo accresce le ripercussioni già negative Queste persone operano una vigilanza elettronica e
della fine della relazione. questo genere un’ambivalenza, che non aiuta le
Non si tratta di un fenomeno specifico degli persone a ristabilirsi emotivamente, dopo la fine di
adolescenti, ma avviene quando una relazione si sta una relazione.
spostando verso un carattere di serietà, l’età media è Anche questo fenomeno era presente
di circa 33 anni. precedentemente, ma è reso più facile dalla
Non è un fenomeno nuovo, ma è accentuato dai social tecnologia.
Vi è uno studio riguardo gli effetti dei social media sul benessere delle persone, ‘The Facebook Experiment’, nel quale,
gli autori hanno preso in considerazione un campione di 1095 persone, divise in 2 gruppi:
→ Gruppo di controllo, ai quali veniva somministrato un questionario pre e post, dopo una settimana;
→ Gruppo sperimentale, in cui i partecipanti non dovevano utilizzare Facebook per una settimana.
I risultati hanno dimostrato che:
→ Gruppo di CONTROLLO, ha riportato livelli più alti di stress rispetto al gruppo sperimentale ed inoltre ha riportato una
maggiore sensazione di aver perso del tempo.
→ Gruppo sperimentale ha riportato un aumento del livello di soddisfazione nella fase di post test, inoltre ha riportato
una maggiore concentrazione ed una maggiore soddisfazione della vita sociale.
Dunque, astenersi dall’uso di Facebook aumenta il livello di soddisfazione della vita e gli autori confermano che le
persone che utilizzano Facebook hanno il 39% di possibilità di sentirsi meno felici.
Gli aspetti critici di questo studio sono:
→ Il tempo di NON utilizzo del social network Facebook è troppo breve;
→ Non viene presa in considerazione la DESIDERABILITA’ SOCIALE;
→ Questo studio mette in luce solamente gli effetti negativi.
In CONCLUSIONE, possiamo affermare che i media possono avere effetti positivi e negativi, tutto dipende dall’uso che
le persone ne fanno e dai bisogni che soddisfano.
Secondo la COMPENSATORY INTERNET USE THEORY:
→ Un uso funzionale dello smartphone e dei social media può generare effetti positivi sul benessere;
→ Un uso disfunzionale e che non mira al soddisfacimento dei bisogni, compromette il nostro benessere e quello delle
vittime.
MEME
La cyberpsicologia si occupa dello studio delle caratteristiche del cyberspazio, le caratteristiche del cyberspazio sono:
1) Flessibilità temporale, ovvero attraverso i nuovi media è possibile relazionarsi e comunicare in ogni momento;
2) Assenza di limiti spaziali, ovvero possiamo sentire i nostri amici che si trovano in qualsiasi parte del mondo;
3) Avere accesso a molte informazioni, online vi sono numerose informazioni;
4) Molteplicità sociale, perché noi entriamo in contatto con persone di stato sociale diverso e gruppi etnici diversi;
5) Mancanza di integrazione sensoriale, ovvero quando ci relazioniamo attraverso i media digitali, abbiamo soltanto
un’informazione, ovvero possiamo comunicare solamente attraverso dei messaggi di testo, senza sentire la voce, le
espressioni facciali, in web riusciamo a vedere le espressioni, ma non sappiamo in quale contesto si trova. Dunque,
abbiamo a disposizione un solo canale che ci permette di comprendere il comportamento degli altri;
6) Assorbire informazioni senza filtrarle, avere accesso a numerose informazioni, comporta l’assorbimento di queste
senza che queste vengano filtrate, ad esempio durante il covid vi erano fake-news che sembravano vere perché
numerose;
7) Cyber-addiction, al giorno d’oggi è difficile distinguere il cyber-addiction da un uso persuasivo dei media;
8) Disinibizione comportamentale e cyberstalking, la disinibizione comportamentale fa riferimento al fatto che online
mancano alcuni vincoli e questo ci porta ad attuare un comportamento disinibito. Può anche esservi una disinibizione
positiva, relativa alla self-disclosure, essere vicini agli altri;
9) Anonimato, in questo caso non si tratta solamente di utilizzare dei media che ci permettono di essere anonimi, ma
anche il vero e proprio percepirsi anonimi, ad esempio quando le persone commentano i post in modo negativo, con il
loro profilo e quindi mostrando il proprio nome e cognome;
10) Effetto alone dell’avvenenza, quando noi comunichiamo online, ci basiamo su un’unica caratteristica della persona, ad
esempio sui social, ci basiamo solamente sulla foto profilo, l’unico aspetto sensoriale.
Quando le persone interagiscono attraverso i nuovi media si scontrano con questi aspetti. Il contesto virtuale, è un
contesto sociale, in cui le persone cambiano il proprio comportamento, in base alle caratteristiche del contesto.
Online si verificano delle DINAMICHE INTERGRUPPO, che sono più accentuate rispetto a quella che vi sono nella realtà
e questo è stato spiegato dal modello SOCIAL IDENTITY OF DE-INDIVIDUATION MODEL, che si focalizza sulle interazioni
uomo-macchina, secondo questo modello le persone agiscono secondo una maggiore accettazione della propria
identità sociale, ovvero online viene estremizzato il polo interpersonale, ovvero noi confrontandoci con gli altri,
mettiamo un atto un processo di DEINDIVIDUAZIONE, cioè noi agiamo come se non fossimo individui singoli, ma sulla
base della nostra appartenenza al gruppo e questo aumenta la percezione di identità sociale e si riversa sui
COMPORTAMENTI INTERGRUPPO, quindi vediamo gli altri come membri dell’outgroup e tutte le azioni che mettiamo
in atto nei confronti degli altri vengono percepite come uno scarico della responsabilità sociale, poiché non è il
soggetto che si relaziona con gli altri in modo diretto, ma si relaziona con gli altri in base al mio gruppo, quindi il mio
comportamento è giustificato perché è il mio gruppo che richiede che io mi comporti così.
Questo effetto si amplifica online perché:
1) È più semplice consolidare un’identità collettiva, poiché è più semplice fare propaganda e trovare persone che
appoggiano le nostre idee;
2) Si viene a creare un’identità transnazionale, ovvero si riescono a creare alleanze in diverse contesti con persone che
appoggiano le nostre idee;
3) È semplice fare propaganda, perché siamo esposti ad una molteplicità di informazioni.
I social network sono quelle piattaforme create per favorire le relazionalità e in cui le dinamiche interpersonali sono
maggiormente presenti. I social hanno modificato il modo di comunicare e il modo in cui le persone si relazionano tra
di loro. Inoltre, questi hanno messo in atto una riconfigurazione di alcuni processi relazionali attraverso:
• La rimozione del corpo dall’interazione, ovvero quando ci relazioniamo con gli altri lo facciamo attraverso la
piattaforma e questo ci porta a percepirci di meno all’interno dell’interazione;
• Ristrutturazione cognitiva con sviluppo di schemi mentali propri, ovvero utilizzando i social network vi sono delle
caratteristiche che vengono condivise solamente dalle persone che sono utenti abituali, ad esempio i MEME;
• Ristrutturazione delle relazioni sociali, ovvero i social network sono caratterizzati dal legame tra la realtà virtuale e la
realtà offline, definito INTERREALTA’.
I LATI NEGATIVI dei social network sono quelli relativi alla devianza online e si tratta di fenomeni che si estendono
lungo un continuum che va dai fenomeni meno gravi a comportamenti disfunzionali. Tra i fenomeni meno gravi vi è:
→ MIND DEVIANCE, ovvero i commenti maliziosi, commentando con ironia in modo velato, che suscita un riscontro
negativo;
→ UNACCEPTABLE LANGUAGE, ovvero un uso inaccettabile del linguaggio e riguarda fenomeni come il FLAMING, HATE
SPEECH, SHITSTORM, si tratta di haters che si organizzano in delle chat per prendere di mira una persona, senza
motivo, iniziando ad insultarla per ore, portando le persone a chiudere i loro profili.
I fenomeni che comportano comportamenti maggiormente disfunzionali sono:
→ EXPRESSION OF COMPLEX SOCIAL PROBLEMS, come il CYBERBULLISMO e le discriminazioni;
→ CYBERCRIME, veri e propri reati come il CYBERSTALKING e FURTO D’IDENTITA’, che rientrano nel penale.
LA DISCRIMINAZIONE DIGITALE
La discriminazione digitale si può subire a diversi livelli:
1) Un primo livello riguarda la discriminazione TRAMITE LE MACCHINE, ovvero quando le macchine vengono
programmate, le persone che le programmano, avendo pregiudizi, possono trasmetterli alle macchine;
2) DIFFUZONE DI MATERIALE INTIMO, l’impatto che la diffusione ha online è enorme per la vittima perché quando viene
diffusa all’interno di chat, per quanto si possano attivare delle procedure legali per fermarla, è quasi impossibile avere
un’idea di quante persone abbiano visualizzato quel video o quella foto;
3) ONLINE OTHERING, si tratta di attacchi rivolti ad un individuo, in quanto tale e quelli rivolti sulla base d’appartenenze
a gruppi sociali target, ETNIA, GENERE, ORIENTAMENTO SESSUALE.
La discriminazione è un comportamento che viene rivolto a membri dell’outgroup, si tratta di un fenomeno che è
sempre esistito, ma online questa dinamica viene esasperato e ha un impatto maggiore sulle vittime, perché queste
online, non sono al sicuro nemmeno nella loro stanza, poiché si tratta di un fenomeno continuo, mentre nella vita
reale l’aggressione è circoscritta a quel momento. La discriminazione online è possibile discriminare sia in forma
esplicita che in forma implicita:
→ Esplicita, online riguarda i commenti, offline gli insulti faccia a faccia;
→ Implicita, online si tratta di quei commenti come ‘non sono razzista ma...’, offline, invece di sederci vicino ad una
persona di colore ci sediamo altrove.
→ ASPETTI DELLE RELAZIONI INTERGRUPPI, ovvero le persone si rapportano con gli altri in base al loro gruppo di
appartenenza. Online vengono soddisfatte tutte le condizioni di contatto online di Allport e inoltre questo riduce il
pregiudizio.
Questi fattori sono legati alle caratteristiche degli individui, alle motivazioni degli individui, ovvero ciò che l’individuo
vuole raggiungere attraverso l’utilizzo degli strumenti digitali.
Secondo Kowalsky e collaboratori vi sono altri fattori collegati alle caratteristiche del mezzo e dei media digitali:
1. Anonimato, assenza di feedback, distanza fisica;
2. Riproducibilità, ovvero la facilità con cui è possibile arrecare un fanno e replicare le azioni antisociali, tramite un click;
3. Percezione di incontrollabilità, ovvero online NON ci sentiamo controllati da nessuno, dal momento che non vi è un
moderatore e questo facilita la messa in atto di comportamenti antisociali;
4. Permanenza relativa, dopo aver messo in atto un comportamento antisociale, è quasi impossibile eliminarlo e il fatto
che questo non possa essere eliminato, favorisce e incentiva gli altri a replicare quel comportamento antisociale;
5. Accessibilità 24/7, ovvero più tempo le persone hanno a disposizione per mettere in atto i comportamenti antisociali e
maggiore è la sensazione di non poter sfuggire a questi da parte delle vittime.
Secondo alcuni autori queste forme di ATTIVISMO come forme di attivismo diverse rispetto a quelle del passato,
definendole ATTIVISMO DA POLTRONA, poiché non richiedono un particolare impegno da parte delle persone.
Le motivazioni che spingono le persone ad adottare i comportamenti PROSOCIALI sono:
1) Motivazioni ALTRUISTICHE, si tratta di comportamenti legati alla volontà di promuovere il benessere delle persone e
della comunità;
2) MOTIVAZIONI EGOISICHE, ovvero quelle legate al voler ottenere attraverso un comportamento prosociale, delle
ricompense o ad evitare delle sanzioni o di diminuire emozioni spiacevoli. Online molto spesso si mettono in atto
comportamenti prosociali per sentirsi parte della comunità.
Secondo uno studio di Pagano, Imperato, Mancini, dal quale è emerso come i:
→ COU_bi, COUNTERING BEHAVIORAL INTENTION, ovvero l’intenzione di controbattere i contenuti
discriminatori dei meme è LEGATO negativamente AL
→ DIS_bi, DISSEMINATING BEHAVIORAL INTENTIONS, ovvero all’intenzione di disseminarli.
Questi comportamenti prosociali sono favoriti dall’inclusione dell’altro nel sé, ovvero dalla capacità delle persone
hanno di reputare l’altro simile a sé, che a sua volta incoraggiato dal contatto online. Più conosco persone
dell’outgroup, più aumenta la percezione di somiglianza e questo comporta un aumento di comportamenti prosociali.
I comportamenti DIS_bi sono legati in modo negativo con la quantità dei contatti, ovvero se si hanno pochi contatti
con i membri dell’outgroup, questo mi porta a non reagire a contenuti discriminatori che osservo sui social.
SE’ ONLINE
La presenza e la presenza sociale non solo consentono di trasformare l’INTENZIONE in AZIONE, ma:
Articolando i 3 livelli della presenza e della presenza sociale è possibile delineare 3 livelli del sé:
1) PROTO SE’, ovvero l’esperienza che la presenza nucleare (1 livello presenza) e la presenza imitativa (1 livello presenza
sociale) conferisce alla nostra identità. Il proto-sé è definito come un sé il cui confine è il CORPO. Il nostro corpo viene
proiettato nell’avatar, che utilizziamo per rappresentarci nell’ambiente digitale, che definisce chi siamo e a
distinguerci dagli altri oggetti o attori presenti in quell’ambiente. L’attività sociale che caratterizza il proto-sé è
l’imitazione, ovvero il prendere consapevolezza che ci siamo nei nostri confini corporei rispetto ad un non sé che è al
di fuori dei nostri confini corporei;
2) SE’ NUCLEARE, ovvero quello che nasce dalla presenza NUCLEARE e quella SOCIALE INTERATTIVA, il cui confine è il
mondo, ovvero il cui confine è la SITUAZIONE virtuale, che si presenta ai nostri occhi in quel determinato momento,
che in quel momento mi consente di raggiungere delle intenzioni prossimali, realizzabili in quella piccola porzione,
ovvero in quella situazione. Questo sé include le AFFORDANCE che consentono di uscire dai propri confini corporei per
realizzare la propria intenzione. L’attività sociale che caratterizza il sé nucleare è quella dell’interazione, ovvero
interagisco con gli artefatti o gli attori presenti in quella situazione;
3) SE’ NARRATIVO, il cui confine è il MONDO POSSIBILE, ovvero quel mondo che Riva attribuisce alle INTENZIONI DISTALI,
al massimo livello della presenza. Il mondo possibile è definito non dai miei bisogni, ma dagli OBIETTIVI generali che mi
portano ad approcciare con quell’ambiente, che si raggiunge superando le diverse situazioni. L’attività sociale è la
comunicazione, ovvero comunico significati, valori, quindi, non mi limito ad entrare in contatto. Questo si realizza
attraverso l’esperienza NARRATIVA, ovvero come narriamo noi stessi all’interno degli ambienti digitali.
IDENTITA’ VIRTUALI
Per identità virtuali non si intendono gli algoritmi di gestione delle identità reali, come SPID, FACE ID, ovvero quelle
APP nelle quali digitalizziamo la nostra identità reale.
Le identità virtuali sono le AUTO-RAPPRESENTAZIONI, gli ALTER-EGO DIGITALI, che le persone costruiscono ed
utilizzano per presentarsi e per essere riconosciuti dagli altri negli ambienti virtuali, nei quali non possiamo essere
presenti fisicamente. Gli avatar, possono NON corrispondere o corrispondere solo parzialmente alle identità reali ed
inoltre possono essere diversi, nei diversi ambienti digitali frequentati.
Il legame che viene a crearsi tra l’avatar e l’utente dipende dal processo di EMBODIMENT, ovvero attraverso il
processo di INCORPORTAZIONE E INCARNAZIONE:
→ L’incorporazione trasferisce i confini del proprio corpo direttamente nell’ambiente virtuale (giochi sparatutto, l’arma
diventa estensione del nostro corpo);
→ L’incarnazione avviene quando il giocatore controlla il joystick, con il quale controlla un avatar che agisce
nell’ambiente virtuale.
Questo legame che si viene a creare tra avatar e giocatore, dipende dall’immersività e dalla presenza.
La presenza ha implicazioni sul sé, creando un legame tra avatar e utente. Questo legame è stato definito USER
AVATAR BOND, in quale non sempre si riesce a stabilire.
L’identità virtuale garantisce un senso situato di identità all’interno degli ambienti virtuali, in cui l’identità virtuale
viene utilizzata per auto-rappresentarsi, ovvero danno un senso di identità alle persone e quindi garantiscono
l’esperienza dell’IO (in quell’ambiente sono così e gli altri mi riconoscono così).
Inoltre, le identità virtuali possono veicolare agli altri aspetti riferiti alla parte del ME, ovvero io posso decidere come
apparire agli occhi degli altri, gestire il mio ALTER-EGO DIGITALE, presentarlo in un modo rispetto ad un altro, ovvero
come preferisco e questo attraverso:
→ Svelamento di informazioni su di sé, AUTOESPRESSIONE;
→ Occultamento di informazioni su di sé, AUTOPRESENTAZIONE o IDEALIZZAZIONE, ovvero rappresentandomi nel modo
che preferisco, che NON coincide con la mia identità reale.
Dunque, i fattori che influenzano la gestione dell’impressione online sono di 2 tipologie, ovvero dipendono dalle
caratteristiche del canale comunicativo, ovvero dalle caratteristiche intrinseche della CMC, comunicazione mediata dal
computer, come l’anonimato, la presenza sociale. Tutte queste caratteristiche possono incidere sul modo in cui noi ci
presentiamo agli altri e sul modo in cui gli altri si presentano ai nostri occhi.
Tutti questi aspetti guidano l’impressione che vogliamo dare di noi stessi e l’impressione che ci formiamo degli altri.
Le strategie per la gestione dell’impressione online sono diverse:
1) L’autopromozione, l’autosvelamento, sono strategie che influenzano la presentazione che noi vogliamo dare di noi
stessi;
2) L’economizzazione di risorse cognitive, sono quelle strategie messe in atto per cercare di cogliere chi sono gli altri con
cui stiamo interagendo.
La letteratura classica si è focalizzata sulle caratteristiche intrinseche della CMC e sono state elaborate diverse teoria
che cercano di comprendere come queste caratteristiche possono influenzare la comunicazione e l’espressione del sé.
Queste teorie sono state sviluppate in un’epoca in cui la comunicazione avveniva tramite testo IRC e MUD, ovvero le
chat, gli ambienti ludici.
Queste teorie hanno subito un’evoluzione e vi sono 3 prospettive, una l’evoluzione di quella prima:
3.Prospettiva IPERPERSONALE
che si basa sulla teoria della SOCIAL IDENTITY DE-INDIVIDUATION MODEL, SIDE, elaborata da Lea e Spears,
che riguarda l’IPER-SOCIALIZZAZIONE, la STEREOTIPIA. Inoltre, si basa sulla teoria dell’HYPERPERSONAL
MODEL, HP, elaborata da Walther, che riguarda la MODULAZIONE DEI CONTENUTI.
La PROSPETTIVA IMPERSONALE, si focalizza:
• Sulla PRESENZA SOCIALE, ovvero il grado con cui un individuo viene percepito come persone reale, all’interno
dell’ambiente digitale;
• La RICCHEZZA DEL MEZZO, la ricchezza informativa che riguarda la larghezza di banda, ovvero la possibilità di
comunicare più informazioni nello stesso lasso di tempo.
Questi due elementi sono correlati.
Gli utenti sperimentano un’alta presenza sociale quando più ampia è la ricchezza del mezzo.
Secondo la RSC:
• Nella CMC la presenza sociale è bassa, poiché al contrato di quella faccia a faccia, si danno risposte veloci, prive di
feedback non verbali, un insulto senza un feedback non verbale che smorzano l’impatto di quella parola, possono
avere un impatto sull’altra persona (stronzo );
• La CMC indebolisce l’influenza sociale, spingendo gli utenti ad essere maggiormente disinibiti, ovvero ad agire in modo
libero violando le regole sociale. Fino a fare scomparire le identità.
Questi aspetti comportano 2 conseguenze sulla comunicazione:
→ FLAME, ovvero una discussione accesa caratterizzata da insulti sul piano personale derivante dalla mancanza di
costrizioni sociali;
→ STATUS EQUALIZATION, ovvero vengono meno le gerarchie sociali a causa dell’assenza di indizi sociali.
Secondo la PROSPETTIVA INTERPERSONALE, la CMC non è meno efficiente di quella faccia a faccia, ma è meno
efficace. La teoria SIP, si focalizza sulla comunicazione interpersonale.
Le persone sono capaci di adattarsi alle caratteristiche della CMC ed incrementano la loro capacità di elaborare le
informazioni.
Secondo gli autori se si ha abbastanza tempo e motivazione le persone si adattano al contesto utilizzando qualsiasi
mezzo disponibile per superare l’anonimato visivo e convogliare posizioni e emozioni ad esempio utilizzando
emoticons, gift. Dunque, anche online, dove vi sono meno indizi sociali, le persone riescono a sviluppare
comunicazioni e relazioni ad alto grado di intimità e riescono ad esprimere la loro identità.
Queste teorie si sono focalizzare sulle caratteristiche intrinseche della CMC, come l’anonimato visivo, sincronicità.
Vi sono altri fattori utili per capire come si modulano le autoespressioni o autopresentazioni di sé stessi nei contesti
online. Questi fattori non sono legati alle caratteristiche della comunicazione.