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Filtro: Altro concetto importante che indica il processo di selezione di alcuni aspetti e
proprietà del segnale rispetto ad altri nell’operazione di decodifica.
La semiotica (o semiologia) studia la vita dei segni nel quadro della vita sociale.
Significazione: E’ il processo attraverso cui vengono prodotti i significati. Tale
proceso fa riferimento, da un lato, al referente ( oggetti ed eventi su cui comunicare)
e dall’altro a un codice (sistemi impiegati dai attori per comunicare fra loro).
Il simbolo non ha alcun rapporto con la realtà (referente) ma solo con il concetto o
idea mentale (referenza). La convinzione che vi sia un legame diretto tra segno e
referente è definito da Eco fallacia referenziale.
La lingua è dunque un sistema di segni che De Saussure definisce come “un sistema
di differenze di suoni combinati a un insieme di differenze di significati”
Peirce (1868; 1894): il segno è “qualcosa che per qualcuno sta al posto di
qualcos’altro, sotto qualche rispettto o capacità”. Sulla base del rapporto col referente
Peirce individua tre tipi di segni:
Austin (1962). “Dire qualcosa è anche fare sempre qualcosa”. Quando parliamo
compiamo simultaneamente tre azioni:
Atti locutori: - atti di dire qualcosa - sono FONETICI (emissione sonora), FATICI
(espressione di certe parole o enunciati) e RETICI (impiego di tali aspetti con un
senso o riferimento determinato).
Atti illocutori: - atti nel dire qualcosa – si compiono nel parlare ed esprimono le
intenzioni comunicative.
Atti perlocutori: - atti con il dire qualcosa – produzione di determinati effetti anche
persuasivi sulle credenze, sentimenti e comportamenti dell’interlocutore.
Forza illocutoria: il modo in cui viene interpretato un enunciato e l’effetto che esso
produce sull’interlocutore dipendono dalla forza illocutoria.
Atti linguistici diretti e indiretti (Austin): nei primi la forza illocutoria è legata
all’esatto significato letterale dell’enunciato, nei secondi invece la forza illocutoria
deriva non dal significato letterale dell’enunciato bensì dai modi non verbali in cui è
manifestato.
Distinzione tra:
significato naturale: Segni legati naturalmente agli eventi (es.: Fumo Fuoco)
significato convenzionale (significato n-n): per es. Qualsiasi parola in una qualsiasi
lingua.
Il significato n-n per Grice è il “voler dire” qualcosa da parte di qualcuno a qualcun
altro e ciò non implica soltanto l’intenzionalità informativa ma anche una
intenzionalità comunicativa.
Distinzione tra:
Comunicazione: Scambio tra A e B in cui A intende consapevolmente rendere
consapevole B di qualcosa di cui prima non era consapevole.
Informazione: Scambio tra A e B in cui A involontariamente trasmette un segnale a B il
quale in maniera autonoma lo percepisce.
Principio di Cooperazione: Dai il tuo contributo al momento opportuno, così come è
richiesto dagli scopi e dall’orientamento della conversazione in cui sei impegnato.
Quattro massime che dovrebbero guidare la condotta dei partecipanti:
Massima di quantità: dai un contributo minimo efficace senza eccedere.
Massima di qualità: dai un contributo vero.
Massima di relazione: sii pertinente.
Massima di modo: sii chiaro, evita espressioni ambigue e oscure.
Gli autori sottolineano l’importanza della produzione e condivisione del significato. Per
“voler dire” qualcosa con un enunciato X il soggetto S deve avere l’intenzione:
Distinzione tra:
intenzione informativa: intenzione di informare il destinatario di qualcosa
intenzione comunicativa:intenzione di informare il destinatario sulla propria
intenzione informativa. Essa rappresenta la condizione necessaria e sufficiente per la
comunicazione.
Principio di pertinenza:
Quali di queste ipotesi riceverà la particolare attenzione di un individuo?: ciò dipende
dalla pertinenza di quell’ipotesi in quello specifico contesto. Pertinenza in questa
prospettiva significa elaborare nuove informazioni al più basso costo possibile, è
dunque una competenza.
Concetto di ostensione: è quella condotta che rende manifesta un’intenzione di
rendere manifesto un qualcosa d’altro. Un comportamento ostensivo implica una
garanzia di pertinenza.
Grado di pertinenza:
Perinenza ottimale:
è data dalla capacità degli interlocutori di seguire l’ipotesi che ottimizzaa il contesto
impiegando il minor sforzo cognitivo possibile.
Principio Q: Fai affermazioni che rispecchino il tuo livello di conoscenza, usa dunque
l’alternativa più forte a livello informativo a meno che la ricchezza delle informazioni
non vadano a contrastare col Principio I.
Principio I: Dai il minimo necessario per raggiungere i tuoi fini comunicativi tenendo
a mente il Principio Q.
Principio M: Segnala una situazione non usuale utilizzando espressioni marcate
diverse da quelle usate per situazioni usuali.
Riassumendo: dai il massimo possibile in termini di informazione, il minimo
indispensabile in termini di comunicazione e marca le comunicazioni inusuali con
espressioni inusuali.
La microsociologia di Goffmann:
Distinzione tra:
Notizia: il contenuto della comunicazione
Comando: l’indicazione all’interlocutore su come intendere la comunicazione
Bisogna però fare una ulteriore distinzione ovvero quella tra comunicazione e
informazione. Quest’ultima consiste nell’acquisizione di conoscenze inferite da parte
di B nei confronti di A anche se quest’ultimo non ne è consapevole. Entra in gioco
dunque la competenza di B di estrarre informazioni da A. La comunicazione invece
implica intenzionalità reciproca e un certo livello di consapevolezza.
Bisogna riconoscere la rilevanza del linguaggio per la specie umana in quanto rende
comunicabile il pensiero. Esiste infatti una stretta interdipendenza tra pensiero e
linguaggio.
Prospettive teoriche.
Teoria evoluzionistica di Darwin (1871): si basa sui concetti della selezione naturale
e della continuità filogenetica.
Etologia tradizionale di Lorenz (1937): comunicazione animale come dispositivo per la
sopravvivenza.
Etologia cognitiva (‘80/’90): I primati non umani sarebbero dotati di una teoria
della mente sia pure rudimentale attraverso la quale sarebbero capaci di “leggere la
mente” (mindreading) e di comprendere gli scopi di un altro organismo.
Ecologia comportamentale (’70): I segnali comunicativi sono destinati perlopiù a
nascondere piuttosto che a manifestare scopi e motivazioni, servono dunque a
manipolarre i destinatari. Vale quindi il principio dell’handicap secondo cui i segnali
“onesti” comportano degli svantaggi per l’emittente.
Approccio differenziale: Avanza l’ipotesi della rottura e della discontinuità
filogenetica fra comunicazione umana ed animale. Il linguaggio è inteso come forma
comunicativa unica ed esclusiva dell’uomo. (Chomsky) Solo l’uomo possiede l’organo
del linguaggio che è frutto di una recente mutazione filogenetica non finalizzata in
gardo di comprendere qualsiasi lingua naturale (ipotesi della grammatica universale).
Piuttosto che aderire pienamente ad una di queste teorie bisogna da un lato rifiutare
ogni ottimismo evoluzionistico (eccesso di darwinismo) dall’altro rifiutare l’ipotesi
della discontinuità fliogenetica. Bisogna dunque riconoscere sia le specificità
comunicative delle singole specie animali in funzione della loro dotazione genetica,
sia le somioglianze comunicative fra le diverse specie.
Capacità cognitive dei primati: Possiedono una precisa mappa mentale del
territorio, riconoscono l’eguaglianza di stimoli orientati in modo diverso (invarianza di
orientazione). Inoltre possiedono ottime capacità di categorizzazione degli oggetti
facendo ricorso a specifici indizi.
I primati sanno riconoscere gli individui della propria comunità e sono capaci di
prevedere le azioni che gli altri faranno tenendo conto delle esibizioni ritualizzate
attraverso cui viene manifestato il proprio stato motivazionale. Essi percepiscono la
spontaneità (azioni pianificate in modo discrezionale e variabile in funzione del
contesto) e la direzionalità (azioni regolari e orientate a uno scopo) dei
comportamenti altrui. I primati inoltre conoscono le relazioni tra i vari membri
della comunità per esempio le relazioni di parentela e la relazione di dominanza.
Infine essi comprendono le relazioni fra terzi nelle interazioni con gli altri. In ultimo
sono capaci di comprendere le relazioni fra terzi per esempio nella “aggressione
spostata” ovvero quando un gruppo è vittima di un attacco spesso reagisce colpendo i
piccoli degli aggressori.
La comunicazione intenzionale.
Una comunicazione intenzionale implica l’orientamento a uno scopo del segnale
dell’emittente e un certo grado di flessibilità nei mezzi espressivi per raggiungerlo.
Per cui il medesimo segnale verrà usato in modo diverso (flessibile) per raggiungere il
medesimo scopo o anche per scopi diversi.
La comunicazione simbolica.
I primati non umani sono in grado di apprendere il linguaggio umano? I primi studi
a riguardo furono fallimentari ma ngli anni ’60 i coniugi Gardner utilizzando
l’American Sign Language insegnarono a uno scimpanzè circa 132 parole differenti
inclusi verbi pronomi e nomi. A tali studi ne seguirono altri altrettanto efficaci. In
generale si è osservato che gli scimpanzè allevati in un contesto umano sono in grado
di comprendere e produrre in maniera creativa i simboli linguistici umani. Si è inoltre
notato che a) la comunicazione gestuale di questi scimpanzè è notevolmente
aumentata, b) che l’apprendimento e l’uso dei simboli linguistici può avvenire in
modo naturale.
E’ però necessario ricordare che stiamo parlando dell’apprendimento del lessico,
ovvero di una quantità di simboli decontestualizzati. Quando dal lessico si passa alla
sintassi, ovvero alle regole che determinano l’ordine in cui i simboli devono essere
posizionati, sorgono enormi difficoltà. Per questo motivo possiamo affermare che la
comunicazione dei primati non umani e di altre specie animali è di natura
richiestiva e non dichiarativa. Per cui lo scimpanzè potrà, con la comunicazione,
dare e ricevere, capire ed eseguire ordini, esprimere desideri ma non potrà mai
raccontare i propri pensieri.
La Teoria della Mente (Theory of Mind – ToM) è nata all’interno della psicologia
evoluzionistica nel 1978 ed è intesa come capacità di “leggere” la mente dei consimili
nonchè di interpretare, spiegare e prevedere i loro comportamenti (Premack e
Woodruff).
1- Il significato di significato.
Semantica vero-condizionale.
Primo aspetto fondamentale è la connessione tra significato e realtà, è al centro degli
studi della semantica vero-condizionale. Questi studi nascono all’interno della
filosofia del linguaggio. La semantica vero-condizionale ritiene che il significato di una
parola o frase è dato dal rapporto che esiste tra linguaggio e realtà. Ogni enunciato è
dotato di un valore di verità in quanto esso è affermazione di uno stato di cose che
può essere vero o falso. Le condizioni di verità sono intrinsecamente diverse dalla
verità o falsità di un enunciato. Le condizioni di verità sono di natura linguistica. Il
rapporto tra un’espressione linguistica e il suo referente è stata spiegata attraverso
un rapporto diretto o una relazione mediata. I nomi propri, per es., hanno un
riferimento diretto coi loro referenti. Tuttavia la maggioranza degli studiosi opta per
una relazione mediata fra segno e referente. Frege propose la distinzione tra senso e
riferimento: è possibile fare riferimento alla stessa realtà usando espressioni
diverse, che hanno un senso diverso. Frege però afferma che il senso non è
soggettivo ma costituisce “un terzo ambito” una proprietà intermedia (e oggettiva)
della parola che garantisce l’intersoggettività comune grazie alla quale è possibile la
reciproca comprensione.
Concezioni più attente sia agli aspetti psicologici sia a quelli referenziali sono la
semantica cognitiva (Fillmore) e la semantica dinamica. La semantica è intesa
come teoria della comprensione , infatti secondo questo orientamento il significato
concerne il modo in cui gli individui comprendono ciò che comunicano. Si tratta di
concezioni antioggettiviste in quanto i significati non sono più entità astratte e
universali ma dipendono dall’elaborazione mentale dei parlanti. Il giudizio di verità
viene comunque dopo la comprensione. La semantica cognitiva assume come vincolo
quello della plausibilità psicologica, in quanto parametro per accettare o meno un
determinato modello esplicativo. La semantica cognitiva integra lo studio dei
significati all’analisi dei processi psicologici a essi associati. Il linguaggio è una
funzione e un’attività cognitiva e in quanto tale non è separabile dalle altre funzioni
psicologiche bensì è strettamente interdipendente con esse. Inoltre l’uso dei
significati dipende non solo dalle conoscenze dizionariali ma anche dalle conoscenze
enciclopediche che scaturiscono dall’esperienza e dall’appartenenza a una
determinata cultura. Tali conoscenze molto spesso avvengono semplicemente per
ostensione (mostrare un oggetto per far capire cos’è spesso è meglio che spiegarlo a
parole), altre volte comportano il ricorso all’elaborazione di scripts per la
comprensione di sequenze di azioni e per l’elaborazioni di categorie mentali. Queste
ultime comportano l’impiego di processi di inferenza per interpretare gli indizi presenti
nella realtà.
La semantica cognitiva pone inoltre l’accento sulla stretta relazione tra significati e
concetti, ovvero il significato come manifestazione comunicativa della struttura
concettuale. Nella semantica cognitiva e dinamica si rifiutano forme di soggettivismo
e relativismo e si adotta una concezione realista del significato. Il significato
emerge dunque dalla elaborazione cognitiva e dalla rappresentazione mentale di un
determinato oggetto o evento da parte dell’individuo. E’ dunque una posizione
referenziale in quanto vi è un ancoraggio alla realtà ma non in senso assoluto come
nella semantica vero-condizionale.
Sono tre gli aspetti enfatizzati dalle teorie fin’ora esposte: la dimensione referenziale,
quella inferenziale e quella differenziale.
- La dimensione referenziale.
Essa sottolinea la necessità di porre un rapporto tra significato e realtà. Il vincolo o
riferimento alla realtà risulta necessario per non cadere nell’assoluto soggettivismo
e relativismo. Tale riferimento tuttavia non va inteso come realtà oggettiva
noumenica e totalmente indipendente dal soggetto, esso invece rimanda al
contenuto dell’esperienza del parlante cioè al modo in cui il parlante ha conosciuto
e percepito la realtà. Il rapporto tra significato e realtà è dunque mediato
dall’esperienza del parlante. Tale esperienza è inoltre influenzata dalla cultura di
appartenenza del parlante, essa è
paragonabile a una lente che ingrandisce, rimpicciolisce o distorce la realtà attraverso
un punto di vista comune che applicato ai fatti reali genera i significati. I significati
sono dunque l’esito di un’attività culturale.
– La dimensione inferenziale.
Essa pone in evidenza l’organizzazione cognitiva dei significati, la quale implica
che i significati rimandano a specifici concetti. I concetti sono costrutti mentali che
servono a definire e categorizzare gli oggetti e gli eventi della realtà. Significati e
concetti non coincidono ma sono interdipendenti. Non sempre un concetto ha il suo
corrispettivo lessicale, oppure può averlo in una lingua e non in un altra per cui
bisogna ricorrere a un giro di parole (scarto lessicale). Talvolta capita l’opposto,
ovvero si conosce il termine ma non il concetto (ignoranza concettuale) per es. il
concetto di numero immaginario a meno che non si sia esperti in matematica è un
termine a cui difficilmente possiamo associare il corrispettivo concetto. Anche nella
polisemia non si ha una relazione biunivoca tra termine e concetto, infatti un verbo
come consumare ha diversi significati che rimandano a diversi concetti (consumare il
patrimonio, consumare il matrimonio, consumare il pranzo ecc.). Sul piano cognitivo
dunque è importante l’inferenza per comprendere i significati di una frase o
discorso, attraverso l’analisi del contesto di uso e l’uso degli indizi che via via
emergono. Le parole in questo senso sono indizi linguistici da cui trarre ipotesi
interpretative.
- La dimensione differenziale.
Il sistema differenziale sottolinea che il sistema linguistico contribuisce a costruire i
significati attraverso i vincoli che le strutture semantiche impongono alle
rappresentazioni mentali che accompagnano l’enunciato. La lingua, in quanto sistema
di comunicazione, è un sistema di differenze attraverso cui è possibile generare
variazioni linguistiche di significato in grado di influenzare la formazione di concetti.
La semantica a tratti.
Tale modello dunque si presenta come modello binario in cui ogni tratto semantico è
trattato in maniera dicotomica e privativa: la presenza di un tratto implica l’assenza
del tratto opposto. Il modello CNS implica la distinzione netta tra conoscenze
dizionariali costitutive del significato e conoscenze enciclopediche intese come
conoscenze accessorie e secondarie.
In quest’ottica le componenti basilari del significato costituiscono proprietà analitiche,
assolute non soggette a cambiamenti nel tempo. Il significato è dunque univoco,
assoluto e determinato dalle sue componenti costitutive.
I significati hanno confini definiti e sono considerati unità discrete per cui non sono
concepibili sfumature o posizioni intermedie. Inoltre l’ipotesi che il significato sia
costituito da un limitato e chiuso numero di tratti semantici non regge di fronte ad
alcuni aspetti della realtà, per es. se indichiamo come tratto semantico per un cane
l’avere quattro zampe come ci comportiamo di fronte a un cane che ha perso una
zampa? Inoltre risulta impraticabile anche una distinzione netta tra i tratti semantici
necessari e quelli accidentali, per ogni parola esiste una gradualità delle proprietà
semantiche. Anche la netta distinzione tra conoscenze dizionariali e enciclopediche
risulta inconsistente, in quanto sono entrambe costruzioni culturali nate da processi di
convenzionalizzazione comunicativa esistenti in una data società. Dunque i dizionari
non sono separabili dalle enciclopedie anzi sono enciclopedie in formato ridotto. Un
altro fenomeno che mette in crisi il modello CNS è la vaghezza semantica
attraverso cui è possibile classificare un oggetto ora come bicchiere, ora come tazza
oppure come ciotola a seconda dell’uso che se ne fa. La linea di confine tra un
significato e un altro molto spesso è vaga.
I significati di una parola o di un gesto non sono dati una volta e per tutte (come
previsto nel modello CNS) ma la loro elaborazione è il risultato di una elaborazione
eterogenea contingente e dinamica fra due o più persone. Ci sono diversi elementi
che intervengono nella creazione dei significati in un determinato atto comunicativo:
le scelte semiotiche, il genere discorsivo, le convenzioni comunicative, gli scopi dei
parlanti ecc.
Numerosi fenomeni sono implicati in questo processo tra cui:
La cancellabilità dei tratti semantici in quanto essa si basa sulla natura
convenzionale del significato (storicamente e culturalmente definito) per cui è
impossibile determinare le proprietà semantiche per i generi naturali e per gli artefatti.
Confini sfumati e continui. Un enunciato è sfumato quando è dotato di opacità
referenziale, ovvero quando i qualificatori e i quantificatori pongono il significato lungo
un continuum semantico. Per es., una lezione può essere non male, Paola può essere
abbastanza simpatica ecc. Quindi una parola può avere confini sfumati attraverso un
rafforzamento o una diminuzione del valore semantico. In questa prospettiva il
significato consiste in un fuzzy set cioè una classe di unità comunicative con una
gradazione semantica continua.
Vaghezza semantica. Essa entra in gioco quando man mano ci allontaniamo dai
casi standard (o prototipici) per cui il medesimo oggetto può essere alternativamente
definito ora come bicchiere, ora come scodella oppure come ciotola.
Questi fenomeni conducono alla graduabilità semantica, per esempio la parola
morto veicola significati diversi a seconda del contesto di uso e del suo impiego in
espressioni popolari o modi di dire: completamente morto, quasi morto, stanco
morto, morto di sonno, morto stecchito ecc. Queste espressioni definiscono significati
molto diversi fra loro che vanno da uno stato biologico ad una condizione psicologica.
L’importanza del contesto risulta molto evidente nel fenomeno della
risemantizzazione contestuale. In questo caso il parlante può attribuire tratti
semantici a un oggetto che di per sé non li possiede. Per es. posso chiamare sedia un
tavolo, una pila di libri, una cassa ecc, posso dire addirittura: non occupare la mia
sedia. Il tavolo resta tavolo ma in quel particolare contesto funge da sedia ovvero
consente l’azione del “sedersi”. La risemantizzazione pone in evidenza l’estrema
flessibilità dei significati. I fenomeni comunicativi sottesi all’instabilità e variabilità dei
significati fin’ora menzionati sono alla base della plasticità dei significati. Essa
consente ai parlanti di impiegare in modo flessibile i significati a seconda del contesto
e delle intenzioni.
Il significato metaforico.
1- Il concetto di intenzionalità
In linea di principio possiamo affermare che il significato non esiste se non vi è un’intenzione
comunicativa. Il significato infatti non è altro che il collante tra certi contenuti mentali e
l’intenzione di comunicarli. La condotta di una ricerca di senso è guidata dall’intenzionalità.
Livelli di intenzione.
Ricordiamo che i segni comunicativi hanno valore di indizio per cui nel processo di
attribuzione di un’intenzione il destinatario deve necessariamente mettere in atto
processi di inferenza. Si tratta dunque di una conoscenza inferenziale in quanto
basata su ipotesi formulate sul significato del messaggio. Parliamo dunque di
inferenza intesa come forma di ragionamento. Il destinatario inoltre fa riferimento ad
una serie di modelli mentali, ovvero rappresentazioni mentali di situazioni reali,
ipotetiche o immaginarie.
Peirce nell’analisi dei dispositivi razionali utilizzati per la comprensione dei messaggi
comunicativi individua tre forme fondamentali di inferenza: deduzione, induzione e
abduzione. Esse combinano in modo differente tre aspetti: una regola, un esempio
particolare (o caso) e il risultato.
- La deduzione: E’ un tipo di inferenza monotonica in cui si passa da una regola
(generalizzazione) a un caso particolare.
- L’induzione: E’ un tipo di inferenza non monotonica in cui si passa da un insieme
di casi particolari a una generalizzazione (regola).
- L’abduzione: E’ un tipo di inferenza non monotonica in cui si procede a ritroso
dagli effetti alle cause nel tentativo di spiegare qualcosa che è già accaduto. In
ambito scientifico si fa ricorso all’induzione ma in ambito comunicativo le persone
ricorrono per lo più all’abduzione ovvero fanno congetture su quanto viene detto. Tale
procedimento non è però esente da rischi infatti l’abduzione è influenzata da processi
di fissazione comunicativa, ovvero una concentrazione attentiva eccessiva su
aspetti parziali della comunicazione assumendo tali aspetti come la totalità del
messaggio. Entrano qui in gioco dei procedimenti logici detti euristiche, ovvero delle
forme semplificate di ragionamento che servono a ridurre la complessità degli
elementi a disposizione per spiegare meglio quanto comunicato. Ricordiamo inoltre il
ragionamento controfattuale che consiste in una simulazione mentale di un
evento per modificarne gli esiti. Sono ragionamenti del tipo SE…ALLORA. Per es. Se
avessi fatto la solita strada, non sarei rimasto bloccato nel traffico. Il pensiero
controfattuale viene usato per esempio dai magistrati per valutare la ricostruzione dei
fatti e per qualificare le intenzioni sul piano giuridico al fine di quantificare le
responsabilità dei soggetti. Tali procedimenti (abduzione, euristiche e ragionamento
controfattuale) messi in atto dal destinatario sono dunque basati su una razionalità
limitata, imperfetta che procede attraverso un’esplorazione locale e progressiva dello
scambio comunicativo.
8 - La sincronia comunicativa.
9 - Le intenzioni collettive.
3 - Il sistema vocale.
Passiamo ora allo studio delle proprietà vocali per esprimere le emozioni,
analizzando sia la fase di encoding che quella di decoding.
Fase di encoding. In questa fase vengono esaminati e misurati i correlati acustici
dell’espressione vocale delle emozioni per porre in evidenza come ogni emozione sia
caratterizzata da un preciso e distinto profilo vocale. La collera ad esempio è
caratterizzata da un incremento della Fo, da un aumento dell’intensità della voce,
dalla presenza di pause molto brevi o assenti, da un ritmo elevato. Gli studi
sull’encoding vocale delle emozioni conferma la capacità del sistema vocale di
trasmettere autonomamente precise e distinte informazioni sugli stati affettivi
dell’individuo.
Fase di decoding. Le ricerche sulla fase di decoding concernono la capacità di
riconoscere e inferire le emozioni del parlante prestando attenzione alle sole sue
caratteristiche vocali. Da una rassegna della letteratura emerge un’accuratezza media
nel riconoscimento pari al 60% (che scende al 56% eliminando le scelte corrette
dovute
al caso). Le emozioni più riconoscibili sono quelle negative come collera e paura in
quanto legate alle condizioni di sopravvivenza degli individui.
Il silenzio
4 - Il sistema cinesico.
Esso comprende i movimenti del corpo, degli occhi e del volto. I nostri
movimenti non sono soltanto strumentali alle esecuzione di un compito o un’azione
ma implicano la produzione e trasmissione di significati.
La mimica facciale.
Gesti e parole. I gesti contribuiscono in maniera attiva alla precisazione del significato
di un enunciato. Essi costituiscono un modo spaziale di rappresentazione simbolica e
integrano il percorso proposizionale del significato attivato dal linguaggio, infatti il
parlante produce gesti anche in assenza dell’interlocutore (per es. al telefono). E’
interessante notare che nell’afasia scompaiono simultaneamente il linguaggio e i gesti
iconici associati. I gesti iconici rendono più preciso e completo un significato in quanto
possono offrire una rappresentazione spaziale di ciò che si sta enunciando o
descrivendo. Inoltre i gesti hanno un valore pragmatico in quanto costituiscono dei
marcatori dell’atteggiamento, possono infatti trasmettere irritazione, perplessità,
disapprovazione di quanto un altro sta dicendo. Gesto e discorso sono generati
simultaneamente dalla stessa rappresentazione di ciò che si comunica, manifestano la
stessa intenzione comunicativa.
Gesti e culture. I gesti, più degli altri sistemi non verbali, presentano notevoli
variazioni culturali. Infatti anche i cenni di dire sì o no col capo non sono universali,
per esempio in Europa settentrionale scuotere il capo in senso verticale vuol dire si e
in senso orizzontale vuol dire no, in Bulgaria accade il contrario oppure in Italia
meridionale un colpo di testa all’indietro vuol dire no.
Prossemica e territorialità.
L’uso dello spazio e della distanza implica un equilibrio instabile tra processi affiliativi
(di avvicinamento) ed esigenze di riservatezza (di distanziamento). Viviamo dunque
cercando il contatto con gli altri quindi la vicinanza spaziale ma allo stesso tempo
abbiamo bisogno di difendere il nostro spazio personale, la nostra privatezza. Questo
equilibrio tra distanza e vicinanza è mediato attraverso la gestione della propria
territorialità. Il territorio è un’area geografica che ha importanti risvolti psicologici.
Esso si distingue in territorio pubblico e territorio domestico. Il primo è regolato da
norme e vicoli ufficiali, il secondo è il territorio in cui l’individuo sente la libertà di
muoversi in maniera regolare e abituale. Il territorio pubblico e quello domestico sono
divisi da confini ben precisi sia fisici che psicologici. Il territorio pubblico può essere
“marcato” attraverso la CNV, quindi attraverso segnali ben precisi. La gestione del
territorio concerne anche la regolazione della distanza spaziale, che è un buon
indicatore della distanza comunicativa tra gli individui. Solitamente distinguiamo tra:
Zona intima: (da 0 a 0,5 metri circa), è la distanza delle relazioni intime, ci si può
toccare e si può sentire l’odore dell’altro.
Zona personale: (da 0,5 a 1 metro circa), è l’area invisibile che circonda
continuamente il nostro corpo, è possibile il contatto ma non è possibile sentire
l’odore dell’altro.
Zona sociale: (da 1 a 3,5/4 metri circa), è la zona dei rapporti meno personali ma
dove l’individuo sente di potersi muovere liberamente come nell’ufficio o nel club degli
amici.
Zona pubblica: (oltre i 4 metri), è la distanza tenuta in situazioni pubbliche.
6 - Il sistema cronemico.
La cronemica concerne il modo in cui gli individui percepiscono e usano il tempo per
organizzare le loro attività e per scandire la propria esperienza. La cronemica fa parte
della cronobiologia ed è influenzata dai ritmi circadiani ovvero quei cicli fisiologici e
psicologici del soggetto nelle 24 ore. Distinguiamo i cicli infradiani (cicli superiori a un
giorno come il ciclo mestruale) e i cicli ultradiani (diversi cicli al giorno come il ritmo
respiratorio). Tali ritmi sono influenzati da agenti sincronizzatori ambientali tra cui il
più importante e il ciclo luce/buio. Ma esistono anche numerosi sincronizzatori
connessi a fattori culturali, per cui possiamo distinguere tra culture veloci e culture
lente. Le prime più tipicamente occidentali sono caratterizzate da clima freddo,
orientamento individualistico teso al successo, progettualità orientata al futuro,
equiparazione tempo/denaro, tendenza a svolgere un’attività alla volta nel minor
tempo possibile. Le seconde invece sono più ancorate al presente e al passato, sono
caratterizzate da clima più caldo, bassa industrializzazione, possibilità di svolgere pi
attività contemporaneamente senza porsi limiti temporali, importanza notevole data
alle pause come occasione di riflessione.
La CNV, come abbiamo già detto, contribuisce in maniera attiva alla produzione del
significato accompagnando il sistema linguistico. Bisogna però precisare i limiti della
CNV. Innanzitutto è necessario sottolineare un aspetto importante ovvero che la
rappresentazione proposizionale appartiene soltanto al sistema linguistico, eccezion
fatta per il linguaggio dei segni. Per cui la CNV può fornire soltanto una
rappresentazione spaziale e motoria della realtà, ciò è dovuto a un grado limitato di
convenzionalizzazione. Infatti esclusi i gesti emblematici, tutti i gesti sono poco o
nulla convenzionalizzati. Dobbiamo chiederci dunque come mai continuiamo ad usare
la CNV. Non può essere spiegata con Darwin che definiva i gesti come “inutili vestigia
di abitudini ancestrali” ma possiamo affermare che la CNV costituisce la componente
relazionale della comunicazione. Infatti la comunicazione non è costituita soltanto da
“che cosa” è comunicato (componente proposizionale) ma anche dal “come” è
comunicato (componente relazionale). Infatti nel comunicare non solo trasmettiamo
consapevolmente informazioni agli altri ma intessiamo con loro relazioni sociali.
Questa dunque è la funzione di base della CNV (metafunzione). Infatti i segnali non
verbali servono a generare e sviluppare un’interazione con gli altri, a mantenere e
rinnovare le relazioni nel corso del tempo, a cambiare una relazione, a estinguere una
relazione. In generale l’efficacia relazionale della CNV dipende dalla stretta
connessione tra interazione e relazione.
La recente “svolta discorsiva” delle scienze umane è in sintonia con le istanze del
postmoderno, orientamento teorico teso a rivedere i fondamenti del sapere umano
ancorato al modernismo meccanicistico. Nella tradizione moderna la psiche è
considerata una “macchina” autosufficiente, dotata di procedure autonome per
rapportarsi al mondo; la psicologia moderna infatti tende ad analizzare
separatamente le singole funzioni della mente come se fossero entità autonome. La
psicologia postmoderna invece studia il funzionamento della mente nei contesti
effettivi di vita quotidiana delle persone. Il modernismo studia il linguaggio come
specchio della mente, della sua organizzazione, delle intenzioni, motivazioni e
sentimenti. Il postmoderno ricorre al termine “discorso” come ragnatela tessuta
autopoieticamente da cui l’uomo trae il senso globale della sua identità e della sua
appartenenza a una comunità socioculturale. Si ha dunque uno slittamento dal
linguaggio specchio della “realtà” al discorso che crea la realtà.
Entro l’orizzonte del costruzionismo sociale ha preso forma negli ultimi trent’anni un
orientamento di studio noto come Analisi del Discorso (AD). Si tratta dello studio
della produzione di senso attraverso pratiche discorsive. Pur nella varietà degli
approcci gli studiosi condividono due assunti di base: 1) la natura socio-costruttiva
della conoscenza, 2) il carattere interazionale del significato. Gli studi sulla
discorsività umana cominciano ad avere maggiore salienza nel 1964, ma ci vorranno
altri dieci anni
per vedere i primi risultati essendo all’epoca molto in voga la posizione innatista di
Chomsky. L’opposizione al paradigma di Chomsky produsse due principali direzioni di
ricerca caratterizzabili come Analisi del Discorso: l’una è la linguistica testuale
che sottolinea l’aspetto Gestaltico del parlare, l’altra è la pragmatica linguistica che
analizza il parlare come azione.
- Foucault collega la produzione dei discorsi alle forme di potere. La finalità ultima
del discorso è il raggiungimento di un ordine: la regolarità del mondo una volta
enunciata dà alla sua parvenza di ragionevolezza il valore di comando.
- Habermas invece collega alla nozione di “discorso” l’aspirazione ad un’etica sociale.
Il discorso individua quella “situazione linguistica ideale” che possiamo riconoscere
come istanza regolatrice suprema della socialità umana.
- Van Dijk invece introduce una nuova direzione di ricerca chiamata Analisi Critica
del Discorso (ACD).
- Il dialogismo di Bachtin. Intorno agli anni ’20 e ’30 del Novecento opera a
Pietroburgo e a Vitebsk un gruppo di intellettuali noto come Circolo di Batchin, dal
nome dello studioso che lo anima. Nelle loro discussioni vennero filtrati i principi del
marxismo per adattarli alle scienze del linguaggio e della letteratura. Il punto di
partenza è il dialogismo, secondo cui il significato di un testo – da una frase a un
romanzo – è dato non solo dal suo autore ma anche dalla relazione col suo
destinatario. Esiste dunque una sorta di dialogo tra autore e destinatario. Il
dialogismo si specifica nel concetto di eteroglossia, che mia ad evidenziare la trama
polifonica sottesa all’atto comunicativo. Secondo Batchin il significato di una parola è
una mera potenzialità che si realizza allorché la parola incontra un “contesto di
enunciazione”. Il dialogo è il modello di comunicazione umana anche della
comunicazione interiore dove il monologo interno della coscienza è un confronto di
più voci. Batchin ha elaborato la distinzione del discorso in generi primari e generi
secondari. I primi danno vita alla comunicazione così come avviene quotidianamente
nella vita di tutti i giorni, i secondi invece sono definiti istituzionalmente (dibattiti
parlamentari, comizi, seminari ecc.). Batchin è certamente un precursore del
sociocostruzionimo in quanto sostiene che “l’espressione organizza l’esperienza”.
Il saluto implica il riconoscimento reciproco fra le persone, invece qualora i due fossero
estranei di solito c’è un terzo che introduce i due.
Tale ripetizione serve a gestire il momento della chiusura e della separazione, anche se
momentanea.
L’avvicendamento dei turni.
Le presequenze.
L’ironia non è un fenomeno unico e fisso, bensì compre una famiglia di processi
discomunicativi che qui elenchiamo:
L’ironia sarcastica: consiste nel disprezzare il partner attraverso parole di elogio, ha
lo scopo di mantenere un atteggiamento fortemente critico ma senza scomporsi.
L’ironia bonaria: consiste nell’elogiare il partner con espressioni di critica, serve a
stemperare l’euforia e a mitigare l’imbarazzo che deriverebbe da un elogio esplicito.
L’ironia socratica: è un modo di esprimersi elegante, garbato e ingegnoso per
criticare mode e dogmi senza sbilanciarsi né compromettersi.
L’ironia scherzosa: è la classica battuta di spirito che serve a sdrammatizzare una
situazione
conveniente o conflittuale.
Nelle società occidentali pare si faccia uso più spesso dell’ironia sarcastica poiché,
secondo l’ipotesi dell’asimmetria dell’affetto, la natura intrinseca dell’ironia è nella
volontà di attaccare o di aggredire.
Lo script ironico.
3 - La comunicazione seduttiva.
La comunicazione seduttiva si avvale anche delle modalità non verbali per attirare
l’attenzione e sedurre l’eventuale partner. Lo scambio degli sguardi è un segnale
preciso di attrazione verso il partner e la dilatazione della pupilla né è la
testimonianza concreta. Le donne ricercano e lanciano gli sguardi più degli uomini.
Anche il sorriso timido (coy smile) è un segnale ricorrente nella seduzione,
soprattutto nelle donne. Inoltre in un incontro iniziale la sincronizzazione dei gesti
favorisce molto l’interesse reciproco. Anche la voce attraente è associata ai giudizi di
piacevolezza e desiderabilità sociale. Esiste un profilo di voce dei seduttori efficaci e
uno dei seduttori non efficaci. I primi sanno modulare la voce in modo più flessibile e
mutevole durante l’interazione seduttiva e sanno esibire vocalmente la loro
socievolezza, entusiasmo e virilità. I non efficaci hanno invece una voce debole,
monotona e piatta che pur risultando calda viene considerata noiosa. Il buon
seduttore deve inoltre sintonizzarsi con il partner attraverso una attenta valutazione
dei suoi feedback.
4 - La comunicazione menzognera.
L’intenzione di mentire.
5 - La comunicazione patologica.
La comunicazione schizofrenica.
La comunicazione paradossale.
Le squalifiche conversazionali.
Gruppo sociale= insieme di più soggetti che interagiscono fra loro in modo
interdipendente, che si percepiscono come membri del gruppo e che sono percepiti
come tali da individui di altri gruppi.
Ogni gruppo definisce la propria cultura non solo in termini di riferimento all’orizzonte
culturale della società di appartenenza, ma come elaborazione della idiocultura
(microcultura).
Il conseguimento dell’influenza sociale richiede anche una base di potere, intesa come
distribuzione diseguale delle risorse e come capacità di controllo nei confronti degli
atteggiamenti e delle decisioni degli altri.
L’influenza sociale implica pressione sociale da parte del gruppo nei confronti del
soggetto.
L’influenza sociale ha una funzione di normalizzazione per mantenere condizioni di
prevedibilità, per far fronte alla minaccia della devianza e per evitare il conflitto.
La norma del gruppo non è data dalla somma delle norme individuali, ma da un
processo di negoziazione.
4 - Il pettegolezzo e le dicerie
La comunicazione come mezzo: serve come mezzo per influenzare i fattori strutturali
(dimensione del gruppo, preferenze dei membri…) e gli aspetti contestuali sulle
interazioni del gruppo
La comunicazione può anche essere considerata come costitutiva delle decisioni del
gruppo.
La scoperta che le decisioni collettive sono spesso polarizzate nella direzione del
rischio rappresenta una sfida all’opinione del senso comune secondo cui le decisioni di
gruppo sono più conservative e prudenti di quelle prese individualmente.
Si può spiegare questo fenomeno di polarizzazione delle decisioni collettive con uno
spostamento verso l’estremo facendo riferimento a tre fattori:
_discussione di gruppo che implica una riformulazione dell’opinione individuale
favorendo uno spostamento verso posizioni estreme, si crea un pensiero di gruppo
(groupthink) che conduce i membri del gruppo alla illusione di invulnerabilità,
invincibilità e unanimità; entra in azione un processo di autoconvincimento e
autoesaltazione che conduce ad una minimizzazione del rischio e all’adozione di una
scelta estrema.
_una divergenza iniziale di opinioni favorisce l’esaltazione delle differenze nel corso
della discussione; si creano una maggioranza e una minoranza che verrà poi convinta
con pressioni o si autocensurerà.
_deve esserci un notevole impegno dei membri del gruppo nella comunicazione
reciproca.
- Comunicazione e consenso di gruppo nella presa di decisione
Confronto sociale: un gruppo è quello che è solo se si differenzia dagli altri gruppi
sociali. Questo meccanismo richiede che un individuo abbia una rappresentazione
mentale della mappa dei gruppi sociali
- Sociocentrismo e stereotipi
Una certa dose di sociocentrismo è attiva in ogni individuo e comporta fenomeni più o
meno rilevanti di distorsione nella valutazione delle proprietà presenti nel proprio
gruppo e negli altri.