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2.

La comunicazione interpersonale
Cosa succede quando due esseri umani che parlano lingue completamente differenti e che non hanno
niente in comune si incontrano? Il primo stadio della comunicazione è il cosiddetto linguaggio gestuale naif
(indicare bocca per esprimere fame, etc.). Questi segni hanno una loro efficacia in situazioni d'emergenza,
ma si dimostrano limitati se confrontati col linguaggio verbale. La superiorità del linguaggio verbale non
deriva dall'uso della voce: la Lis (Lingua Italiana dei Segni) si dimostra altrettanto potente e flessibile. La
differenza tra Lis e linguaggio naif sta nel fatto che ogni gesto è rigidamente codificato e univoco. Questo
carattere di convenzionalità ci permette di distinguere tra loro i linguaggi digitali (numerici) dai linguaggi
analogici. Il linguaggio digitale è discreto, mentre quello analogico è continuo, (cane, imitazione di un cane).
Non sempre il linguaggio digitale è superiore a quello analogico: a volte un abbraccio può valere più di mille
parole. Analogico e digitale è solo uno dei modi nei quali si possono suddividere i sistemi che usiamo per
comunicare.

In linguistica si è soliti definire le due componenti di un segno come significato e significante: il significante
è il mezzo che usiamo per rappresentare il significato.

La semiotica distingue inoltre i segni in indici, icone e simboli:

- Quando esiste una relazione di continuità propriamente fisica tra significato e significante il segno
assume le caratteristiche di un indice: l'altezza raggiunta dal mercurio nella colonnina indica la
temperatura.
- Quando si parla invece di relazione di similitudine o analogia tra significato e significante il segno
assume le caratteristiche di un'icona: le icone del pc o gli omini stilizzati sulle porte dei bagni.
- Quando, infine, il rapporto tra significato e significante è arbitrario e convenzionale, come per la
comunicazione digitale, il segno assume le caratteristiche di un simbolo: la parola “cane” è il
simbolo convenzionale dell'animale in questione. (Charles Sanders Perice)

In sociologia, tuttavia, è opportuno tracciare un'ulteriore distinzione tra segnali e simboli: il segnale è un
significato preciso e finito (divieto di sosta), il simbolo è un significato dai contorni imprecisati, non
interamente formalizzati (simboli della liturgia cristiana). In entrambi i casi è necessario uno studio per
poter decodificare tali significati, ma mentre il divieto di sosta è una certezza, per la liturgia cristiana è stato
necessario nei secoli affinare e ribadire tali concetti.

Come abbiamo detto, il linguaggio verbale caratterizza e distingue l'uomo dalle altre specie animali. La
lingua determina non solo il modo di cui parliamo del mondo, ma anche ciò che di questo mondo
conosciamo (gli eschimesi hanno un sacco di termini per distinguere i tipi di neve, noi no): questa teoria è
nota col termine di relatività linguistica. A partire dagli anni Cinquanta ha preso piede la teoria degli atti
linguistici (Austin e poi Searle) che li distingue in:

- Atti locutori, rappresentati dalla semplice azione di pronunciare qualcosa, seguendo le regole del
linguaggio utilizzato
- Atti perlocutori, comprendenti le conseguenze dell'atto linguistico nei confronti degli ascoltatori
(persuasione, spavento, intimidazione...).
- Atti illocutori, rappresentati dalle azioni che si compiono nel momento della loro pronuncia
(promesse, giuramenti, ordini)

Oltre alle parole, l'uomo utilizza varie forme di comunicazione non verbale. Per comprendere l'inaspettata
ricchezza della comunicazione non verbale si può iniziare studiando le sue diverse componenti: sistema
paralinguistico, sistema cinesico, prossemico, aptico.

1. il sistema paralinguistico è costituito da tutti i suoni che emettiamo a prescindere dal significato
delle parole. Si tratta in primo luogo del tono e della frequenza della voce (fattori fisiologici), ma
anche del ritmo e delle pause (che possono essere vuote, es. silenzio, o piene, come quando
usiamo gli intercalari beh, mhmm...).
2. il sistema cinesico comprende i movimenti degli occhi, del volto e del corpo ma anche la mimica
facciale (es. arrossire), i gesti (es. delle mani) e la postura (dell'intero corpo, es. sull'attenti)
3. la prossemica studia la gestione dello spazio e del territorio. Come gli animali, anche gli esseri
umani mantengono distanze codificate tra loro: si va dalla zona intima (50 cm dalla superficie della
pelle) nella quale entrano solo familiari e il partner (un'intrusione estranea provoca disagio, paura,
imbarazzo), alla zona personale (50-100 cm) nella quale sono ammessi i familiari meno stretti, gli
amici e i colleghi: è la zona delle conversazioni informali, alla zona sociale (1 -3, 4 metri), zona delle
comunicazioni formali e degli incontri casuali: riusciamo a vedere tutta la persona che abbiamo di
fronte, e alla zona pubblica (> 4 m), quella prevista per le occasioni pubbliche ufficiali, quali lezioni
o comizi, in questa zona la comunicazione è preparata e c'è particolare asimmetria tra gli
interlocutori (uno parla, altri ascoltano)
4. l'aptica studia il contatto fisico, ed è la branchia della comunicazione non verbale meno studiata. Si
va dalla stretta di mano, al doppio bacio per salutare gli amici, alle effusioni più intime. L'aptica è
importante in quanto un contatto in più o in meno può renderci invadenti o freddi.

La comunicazione, tuttavia, non si riduce ad una semplice distinzione tra linguaggi verbali e non verbali:
nessuno di questi due ha una vera e propria supremazia sull'altro.

Per quanto riguarda la distinzione tra linguaggi digitali (numerici) e analogici dobbiamo ricordare che
questa suddivisione non è sovrapponibile con quella tra linguaggi verbali e non verbali, ma anzi si combina
con questi dando luogo a:

- Comunicazione verbale di tipo digitale (lezione universitaria): la componente più importante è ciò
che dice il docente, a prescindere da come lo dica.
- Comunicazione non verbale di tipo digitale (Lis.): anche un linguaggio dei segni può possedere segni
convenzionali che vanno appresi.
- Comunicazione verbale di tipo analogico (poesia): una poesia trova il suo senso più nella sonorità
delle parole. nella sua capacità di evocare sentimenti che nel significato delle singole parole.
- Comunicazione non verbale di tipo analogico (comunicazione tra madre e figlio): il bambino non ha
ancora l'uso delle parole, comunica con la madre cogliendone la tonalità, lo sguardo. Tuttavia la
suddivisione tra digitale e analogico non appare sempre netta.

Vige un rapporto molto stretto tra comunicazione e forme della relazione sociale; una delle teorie più
autorevoli in merito fu elaborata dalla Scuola di Palo Alto: "Ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto
ed uno di relazione, in modo che il secondo classifica il primo diventando meta-comunicazione”. Qualsiasi
comunicazione presenta questo doppio aspetto di contenuto e relazione: se si litiga su più argomenti frivoli,
ci si dovrebbe rendere conto che forse il problema è di fondo. il carattere metacomunicativo del piano della
relazione è dovuto al fatto che la relazione che vige tra due interlocutori ci fa capire se la frase “sei un
genio" è un complimento o sarcastica. In questo caso, appunto, si ha una comunicazione sulla
comunicazione (meta-comunicazione), processo del tutto sconosciuto alla maggior parte dei parlanti.

Un ulteriore assioma della comunicazione dice che "La natura di una relazione dipende dalla punteggiatura
delle sequenze di comunicazione tra i comunicanti”, dove per punteggiatura la Scuola di Palo Alto intende
la suddivisione dei singoli messaggi in stimoli o risposte. Una punteggiatura divergente può causare
problemi di relazione sociale: "lei mi critica, io mi chiudo" contro "lui si chiude, io lo critico". L'adozione di
determinate punteggiature può portare ad un'inversione nella successione temporale, come nel caso delle
profezie che si auto-avverano (il tg dice che mancherà la benzina; tutti andranno a fare scorte e mancherà
davvero). Tuttavia, non è possibile comprendere un dato fenomeno senza considerare il dato sistema di cui
fa parte. Un sistema è considerato come un certo numero di unità o elementi diversi posti in relazione
reciproca tramite una struttura più complessa.

Lo studio dei rapporti di ruolo costituisce uno degli interessi principali della sociologia. Secondo Goffman le
strategie degli individui negli incontri con i propri simili sono tese alla definizione della situazione. ossia:

a) al farsi un’impressione sugli altri


b) al controllare e influenzare le impressioni che gli altri hanno su di noi.

La definizione della situazione deriva dall'insieme di etichette e modelli interpretativi che ci porta a
riconoscere una situazione tra tante e a comportarci di conseguenza. Goffman dice che la propria
definizione della situazione dipende ed è retta dalla costruzione di una propria facciata personale, costituita
dalle caratteristiche biologiche e da quelle comportamentali. Il risultato di tali meccanismi da luogo
all'ordine rituale, di cui fanno parte anche le microcomunicazioni non verbali. Tutto ciò fa parte del teatro
della vita quotidiana, nel quale si distinguono due ulteriori dimensioni spaziali: la ribalta, il luogo dove
avviene la rappresentazione (aula della lezione), e il retroscena, il luogo in cui viene provata la
rappresentazione (ufficio del professore).

Nei manuali di sociologia della comunicazione viene sempre attribuita un'attenzione speciale alla scienza
fondata da Harold Garfinkel, l'ETNOMETODOLOGIA. Tale scienza studia il funzionamento della società a
partire dalle pratiche sociali e comunicative dei propri membri. Il nucleo dell'etnometodologia può essere
riassunto dicendo che la realtà è una costruzione sociale quotidiana, che viene prodotta dalle pratiche dei
membri che la compongono. Gli individui, dunque, usano degli etnometodi (pratiche) che permettono loro
di stare al gioco in qualsiasi situazione. Questa sorta di giudizio condiviso sulla realtà si crea attraverso degli
elementi fondamentali:

- Account: la realtà è descrivibile. Ciascuno, quando interrogato, la descrive. Domande come "dove
vivi?” “Come vai al lavoro?” sono domande la cui risposta è un account, un resoconto. L'account è
piuttosto una descrizione di come i membri di ogni società intendono costruire la realtà di volta in
volta. Gli account delle pratiche comunicative e sociali svelano tratti di primaria importanza: il
primo di essi è la riflessività, che viene fuori dagli account, ad es. che gli attori danno del loro
mondo riflessivo. Il secondo tratto è l'indicalità. Finora s'è detto che la descrizione crea la realtà.
Ma in etnometodologia queste realtà sono porzioni molto limitate in quanto queste creazioni
avvengono in maniera quotidiana e individuale. Per evitare che venga fuori la natura labile del
mondo sociale si ricorre allora alle espressioni indicali, che puntellano il discorso evitando che frani
il suo senso (eccetera, no? questo)

Nello studio dei fenomeni comunicativi si possono illustrare due direzioni prese dall' etnometodologia per
illustrare le proprie teorie:

- La prima è quella dell'approccio critico, molto usato anche da Garfinkel, che si proponeva di
scardinare tutte le certezze della sociologia.
- La seconda è quella dell'analisi della conversazione, una tecnica che consiste nel trascrivere e
appunto analizzare la conversazione al fine di analizzare le proprietà che rendono possibile o meno
uno scambio linguistico.

L'analisi del linguaggio può essere puramente linguistica o attenta al linguaggio come attività prodotta
socialmente. La disciplina che effettua quest'ultimo tipo di analisi viene definita SOCIOLINGUISTICA.
Parlare, infatti, è un'attività sociale.

il linguaggio è una questione di pratiche, di utilizzo e di controllo sociale. il linguaggio è espressione del ceto
sociale.
La comunicazione può essere analizzata anche quando coinvolge organizzazioni più o meno complesse.
Tutti noi ci imbattiamo quotidianamente in più tipi di organizzazioni: al lavoro, in banca, una società
sportiva, un sindacato... A seconda dell'ambiente nel quale interagiamo il nostro linguaggio assumerà
forme diverse, consone all'ambiente. Una organizzazione può essere definita come una forma di azione
collettiva reiterata basata su processi di differenziazione e di integrazione tendenzialmente stabili e
intenzionali. Il fulcro di questa definizione sono i concetti di differenziazione e integrazione: il primo
sottintende i meccanismi che portano all'assegnazione dei ruoli ad ogni membro dell’organizzazione: il
secondo invece richiama i meccanismi che consentono di riunire gli sforzi individuali in un'ottica collettiva,
facendo funzionare l'organizzazione stessa. La stessa appartenenza ad una data organizzazione non si
acquisisce mediante una targhetta o una tessera: è la stessa comunicazione del nostro status di membri a
permetterci l'accesso e l'interazione nel suddetto gruppo. La complessa relazione tra comunicazione e
organizzazione è l'oggetto di studio della comunicazione organizzativa. L'obbiettivo di tale disciplina è
quello di comprendere come i processi comunicativi diano forma alle organizzazioni. Le riflessioni di questa
disciplina ruotano attorno a tre questioni principali:

1. sono le caratteristiche di un'organizzazione a determinare le dinamiche comunicative oppure è la


natura dei processi comunicativi a plasmare le azioni organizzative?
2. sono i messaggi a seguire le strutture organizzative o sono i flussi comunicativi a definire forme e
strutture dei processi lavorativi?
3. è la comunicazione che crea l'identità di un’organizzazione o la comunicazione è uno strumento
funzionale alle esigenze di ogni specifico contesto organizzativo?

3. La comunicazione di massa Storia dei Media


A partire dalla prima metà del XX secolo, gli studi sulla comunicazione trovano un nuovo oggetto di studio, i
media. (media: lat. plurale di medium. mezzo). Tracciamo qui di seguito una breve storia dei media:

Ogni nuovo mezzo di comunicazione è accompagnato da importanti cambiamenti sociali. La specie umana è
caratterizzata da sempre dalla facoltà di esprimersi attraverso il linguaggio verbale.

Ma è dopo almeno trentamila anni che l'uomo sperimenta un nuovo sistema di comunicazione: la scrittura.
La scrittura è un sistema codificato di marcatori visivi per mezzo del quale lo scrivente poteva determinare
le parole esatte che avrebbe poi successivamente prodotto il lettore. Siamo nel 4000 a.C., in Egitto e
Mesopotamia. La scrittura si riduce a ideogrammi e pittogrammi. È nel 1300 a.C. che, grazie ai Fenici,
avremo un vero e proprio alfabeto. Consideriamo a questo punto i pittogrammi come una comunicazione
analogica e l'alfabeto come una comunicazione numerica.

È intorno al XIV secolo che un nuovo media fa il suo ingresso nelle civiltà: la stampa, dapprima sottoforma
di xilografia e nel 1456 sottoforma di caratteri mobili, inizia così un processo di detribalizzazione, di
alfabetizzazione. Nascono la figura dell'autore e le prime leggi sul copyright.

Agli inizi del XIX secolo il sistema mondiale delle comunicazioni era garantito da numerose reti di corrieri a
cavallo e di navigazione fluviale e marittima. Tuttavia la distanza fisica era un vincolo abbastanza pesante, e
i ritardi erano abissali. Per ovviare a tali problemi si inventò dapprima il telegrafo ottico, un sistema di torri
semaforiche, e poi, grazie allo sviluppo delle reti ferroviarie, nacque il telegrafo. Da quel momento in poi il
mondo delle comunicazioni cambierà sempre più rapidamente, dal telefono sino alla radio, agli inizi del
900, dapprima con usi prettamente militari, questo media ben presto conobbe la trasmissione broadcast,
senza cioè un destinatario preciso (come l'agricoltore che getta le sementi nel campo). Il passaggio alla
televisione, media per eccellenza del XX secolo, fu quasi scontato. Si trattava di estendere l'utilizzo delle
immagini all'etere. Nel 1929 avvennero le prime trasmissioni sperimentali in USA, nel 1954 in Italia
cominciò le sue trasmissioni la RAI (Radio Audizioni italiane).

Teorie Classiche. Si arriva così, finalmente, a definire il processo della comunicazione di massa. Essa si basa
su organizzazioni complesse per produrre e diffondere messaggi indirizzati a pubblici molto ampi e incisivi.
Si tratta ora di capire se e come i mass media agiscono nelle società che li ospitano. Esistono varie teorie a
riguardo, che esaminiamo qui di seguito:

- Teoria dell'ago ipodermico: più che una teoria vera e propria, può essere interpretata come una
modalità di lettura dei media. Nata nei primi decenni del 900, la teoria dell'ago ipodermico aveva
una visione apocalittica dei media, strumenti in grado di inoculare sotto la pelle delle persone,
qualsivoglia tipologia di messaggio. La tesi derivante e quella che "i media manipolano le persone".
Tale tesi poggia le sue fondamenta sui cambiamenti che attraversavano in quel periodo le società
occidentali: il passaggio dalla comunità tradizionale, con vincoli di sangue e di luogo, alla comunità
moderna, asettica e impersonale: una società di massa. La teoria dell'ago ipodermico innesta un
nuovo modello comunicativo, il modello Stimolo-Risposta (S-R): in tale modello, ad ogni stimolo
(messaggio dei media) corrisponde una risposta (reazione degli spettatori). Tale modello lascia ben
poca autonomia al pubblico, descritto come quasi succube dei media. Nonostante i suoi limiti,
nell'ambito della teoria dell'ago ipodermico troviamo i padri della mass communication research:
Lasswell, per esempio, viene ricordato ancora oggi per il modello delle cinque W: tale modello
scompone i mass media in cinque variabili principali al fine di studiarli meglio; le cinque variabili
sono Who, What, Whom, Where, What effects, ovvero chi comunica (emittenti), cosa (contenuto
dei messaggi), a chi (pubblico), come (attraverso quale mezzo nuove tecnologie medianiche), con
quali effetti (valutata influenza dei media sul pubblico). In definitiva la teoria dell'ago ipodermico è
facilmente criticabile: ognuno in fin dei conti sceglie cosa guardare o leggere, di solito
interpretando tali cose sotto l'influenza di qualcuno per loro importante.
- Teoria degli effetti limitati e il flusso di comunicazione a due stadi: la teoria ipodermica ha costituito
la base per le ricerche degli anni successivi. Le ricerche successive hanno portato alla critica del
modello stimolo-risposta (aggiungendo un passaggio intermedio) ottenendo così il modello
Stimolo-variabili Intervenienti-Risposta (S-IV-R): infatti si capì che i messaggi portavano a stimoli
diversi nei diversi target di pubblico. L'altro pilastro della teoria ipodermica, la massa, venne
demolito in quanto non era possibile analizzare gli effetti dei media sulle masse senza considerare il
contesto sociale in cui agiscono. Uno dei risultati più eclatanti di queste ricerche sul campo fu la
teoria del flusso di comunicazione a due stadi: in base a tale teoria il messaggio dei media viene
recepito dal pubblico grazie a una categoria di persone che occupano posti-chiave nei reticoli di
relazioni interpersonali, i leader d'opinione. I messaggi arrivano dunque prima ai leader d'opinione
(I stadio) e dunque al pubblico (II stadio). Qui accanto gli schemi delle due teorie sinora analizzate.
Dalla teoria del flusso si cambia finalmente il punto di vista sui media: dapprima visti come
manipolatori, successivamente come persuasori, ora come influenti.
- Usi e gratificazioni: dal secondo dopoguerra gli studi sulla comunicazione in Usa entrano in una fase
più matura: a partire dallo struttural-funzionalismo, che studia i media distinguendoli non più per i
loro obbiettivi ma per le loro funzioni, si arriva alla teoria di usi e gratificazioni: la funzione dei
media viene assimilata all'uso strumentale che il pubblico fa dei mezzi di comunicazione di massa.
al fine di soddisfare i propri bisogni e di riceverne così una gratificazione.
- La teoria critica: nello stesso periodo le ricerche sociologiche europee si svolgevano nella neo-
istituita scuola di Francoforte. Basata sulle dottrine del Marxismo, tale scuola si pone con un
atteggiamento critico rispetto alla cultura in generale. Svolge una poderosa analisi dei mass media,
arrivando alla definizione di industria culturale (l'insieme dei mezzi di comunicazione). Tra i suoi
dogmi, quello della cultura omologata, standardizzata e poi servita ai consumatori. I mass media
svolgono le loro azioni solo per raggiungere utili economici, manipolando i valori del pubblico:
l'uomo diventa “a una dimensione", narcotizzato cioè dai media e offuscato da una falsa coscienza
che gli impedisce di liberarsi dalle sue catene.
- I cultural studies: sviluppatisi in Inghilterra negli anni '50, pongono la cultura al centro dei loro
interessi scientifici. Il concetto di cultura cambia e viene inteso come un insieme di processi sociali e
storici. Anch'essi si appoggiano al Marxismo, rivedendone però alcuni aspetti. È all'interno di questa
scuola di pensiero che si sviluppa il modello encoding-decoding: qualsiasi prodotto mediale nasce
da una messa in codice (encoding) da parte di un'organizzazione al cui vertice troviamo l'autore.
Una volta messo in circolo, il messaggio sarà decodificato (decoding) dal pubblico, portando a tre
diversi casi:
o lettura egemonica-dominante, il punto di vista dell'autore appare l'unico anche per lo
spettatore.
o Lettura negoziata, accanto al punto di vista dell'autore appaiono considerazioni autonome.
o lettura oppositiva, quando il messaggio viene letto in modo antagonista e inserito in un
contesto opposto a quello dell'emittente. Importante ricordare che per la prima volta viene
riconosciuto al pubblico un ruolo attivo.
- La Scuola di Toronto: le basi di partenza degli esponenti della scuola consistono nella nuova
considerazione dei media: la tecnologia viene vista come il motore del mutamento, una forza che
può determinare la direzione del mutamento della società. Per gli autori ogni tecnologia porta con
sé un bias, cioè una tendenza alla conservazione del sapere. Ogni media (dal papiro alle moderne
tecnologie) si è evoluto in una sorta di scala: il nuovo media inglobava quello precedente e le
informazioni in esso contenute. Si sono verificate delle vere e proprie mutazioni antropologiche,
come quelle dell'uomo. I media stessi vengono considerati come una sorta di estensione dell'uomo
(la scrittura, estensione della memoria; il telefono, estensione di voce e udito) ma anche come una
sorta di estensione di consapevolezza. Tali processi portano alla nascita del villaggio globale, con la
conseguente differenziazione in media caldi (stimolano un solo senso, radio e cinema) e media
freddi (abbisognano di più partecipazione da parte dell'utente, televisione, telefono e internet). La
scuola di Toronto tende a disinteressarsi al contenuto dei media, preferendo lo studio del media
vero e proprio, poiché il contenuto del media è pur sempre un altro media: il contenuto della
scrittura è il discorso, così come la parola scritta è contenuta nella stampa, ecc... Ogni nuovo media
tende ad inglobare i media precedenti: in questa accezione, internet contiene tutti i media.

Giornalismo. Fin dalla loro nascita i mass media hanno sempre svolto una funzione importantissima: quella
di informare il proprio pubblico circa ciò che accade nel mondo. Si può parlare di una vera e propria attività
di produzione delle notizie (news making). Partiamo dicendo che non tutto ciò accade nel mondo si
trasforma in notizia. È il concetto di notiziabilità (possibilità che ha un evento di trasformarsi in notizia in
termini di contenuto, mezzo e interesse del destinatario) a porre un primo filtro. La stessa figura del
giornalista ha subito forti cambiamenti: dall'uomo che va a scovare la notizia sul posto si è giunti alla figura
dell'uomo che sta semplicemente seduto davanti al suo pc nella redazione. Le redazioni sono organizzazioni
produttive che trasformano il dato grezzo in un prodotto confezionato. Tra le figure di spicco di una
redazione troviamo:

- l'editore: proprietario dell'azienda


- il direttore responsabile, colui che dialoga con i vertici dell'azienda e con i giornalisti
- il vicedirettore e il caporedattore, che si occupano del coordinamento delle singole sezioni
tematiche di una redazione
- il caposervizio, capo di una sezione tematica
- i giornalisti, iscritti a un albo nazionale (Ordine), che si dividono in professionisti (coloro che
svolgono la professione a tempo pieno: si dividono in commentatori, giornalisti generici, specifici,
inviati e corrispondenti) ed in pubblicisti (coloro che svolgono una normale attività retribuita pur
esercitando altre professioni)
- segreteria di redazione, grafici, editoriali, fotografi e operatori di ripresa. Il mezzo cli contatto
principale tra le agenzie cli stampa e i giornalisti è il comunicato stampa. Si tratta cli un testo
sintetico, con un titolo ed un sommario, in cui la notizia viene trattata in modo conciso. Agenzie di
stampa, soggetti istituzionali e uffici di relazioni pubbliche sono definiti fonti di primo livello; si
affiancano ad essi le fonti di secondo livello (testimone intervistato), che devono sempre essere
verificate dal giornalista. In base ad un altro criterio le fonti vengono anche distinte in dirette ed
indirette: le fonti dirette (enti territoriali, che forniscono notizie grezze) e le fonti indirette (agenzie
di stampa, forniscono notizie già confezionate).

Le agenzie di stampa sono imprese pubbliche o private che raccolgono e distribuiscono quotidianamente a
pagamento informazioni generali, settoriali e specializzate. In Italia la più nota e l'ANSA, che funge anche da
banca dati e archivio elettronico. Lo scopo delle agenzie di stampa è quello cli diminuire il costo delle
notizie. Le agenzie cli stampa si ramificano, oltre in quelle vere e proprie, in agenzie di terza pagina (eventi
culturali) ed in agenzie politiche. I giornalisti selezionano gli eventi da trattare tramite i criteri notizia (o
valori notizia).

Pubblicità. La pubblicità, nelle forme che siamo abituati a riconoscere, si sviluppa nel XIX secolo con
l’avviamento della produzione di massa. Tuttavia già nell'antica Grecia sopra l'ingresso delle botteghe
sorgevano le insegne, primordiale esempio di pubblicità. Durante il Rinascimento nacque invece l'usanza di
illustrare e valorizzare il benefit dei prodotti. Nel XVII secolo nacquero in Francia le prime forme di
pubblicità scritta, sul quotidiano di de Girardin. Nel corso del 900 la pubblicità divenne una vera e propria
industria. Fondamentali in tal senso furono radio e televisione. Oggi la pubblicità televisiva rappresenta
senza dubbio la parte più rilevante dell'intera industria pubblicitaria. In Italia a partire dalla fine degli anni
70, con la liberalizzazione dei canali televisivi, le televisioni private consentirono lo sviluppo di una
pubblicità sempre più aggressiva e sempre più competitiva. Proprio per questo è difficile generalizzare
elencando le caratteristiche di tale fenomeno in senso lato: piuttosto, possiamo sostenere che il linguaggio
della comunicazione pubblicitaria televisiva presenti alcune caratteristiche:

- un ritmo estremamente accelerato: in soli 30 secondi in media si devono inserire una moltitudine di
informazioni e suggestione
- una tendenza dei messaggi verso la sfera emotiva
- uno spiccato carattere persuasivo: grazie all'ausilio di suggestioni e rimandi, che paradossalmente
pongono in secondo piano il prodotto da pubblicizzare. Infine, è sempre più difficile distinguere tra
un messaggio pubblicitario e un messaggio informativo: alla pubblicità commerciale si affianca
sempre più spesso la pubblicità sociale.

Pubblico e fruizione mediale. Chi studia la pubblicità e i mass-media è sempre più attento al destinatario.
Per pubblico intendiamo l'insieme di coloro che possono essere raggiunti dai messaggi di un medium. Si
tratta di una realtà potenziale, diversificata, che a seconda degli interessi si identifica nei concetti di massa,
gruppo. mercato... L'audience invece si riferisce ad un pubblico reale, concreto e numericamente rilevato,
non potenziale. Nel caso considerassimo un gruppo bersaglio, da colpire col nostro messaggio, parleremo di
target. Ovviamente per le tv commerciali le ricerche sugli ascolti sono essenziali: uno spot avrà costi
differenti a seconda del canale, della fascia oraria e delle previsioni in termini di ascolti legate ad un dato
evento. Esistono tre modalità attraverso le quali i programmatori sperano di ingabbiare l'audience:

- il traino, inteso come trasferimento di pubblico da un programma a quello immediatamente


successivo, non necessariamente per interesse specifico (Striscia la Notizia che fa rimanere il
pubblico su Canale 5 anche dopo la trasmissione)
- l'ascolto ripetuto, che si verifica quando una serie televisiva si crea un gruppo di fedelissimi (es.
Montalbano); la fedeltà è un importante fenomeno che consente diverse forme di strategia quali
ad esempio inserire un programma dagli ascolti bassi tra due molto seguiti, o attuare una vera e
propria programmazione a blocchi con programmi dello stesso ambito
- la fedeltà vera e propria, che si riferisce ad un emittente specifico, e si realizza quando il pubblico
rimane sintonizzato sulla "rete preferita" qualunque sia il palinsesto. (Es. Italia 1 è canale dei
giovani)

il pubblico è soggetto a una svariata quantità di ricerche audiometriche: in Italia gli esempi più
rappresentativi sono Auditel, Audiradio, Audipress e Audiweb.

- AUDITEL è la società che si occupa degli ascolti televisivi italiani sia a livello regionale che nazionale.
Istituita nel 1986, si propone semplicemente di fotografare i fruitori del mezzo minuto per minuto.
Le sue ricerche si effettuano col meter, una piccola scatoletta nera che, installata in un campione di
famiglia, rileva accensione, spegnimento e cambi di canale. Ogni componente della famiglia sarà
identificato tramite un pulsante sul telecomando; delle famiglie coinvolte si conosceranno le notizie
demografiche e sociali più influenti. Tra le sue rilevazioni troviamo:
o i contatti netti (numero individui che hanno visto almeno un minuto di programmazione)
o i contatti lordi (sommatoria degli individui che hanno visto ciascun minuto di
programmazione)
o l'ascolto medio (rapporto tra contatti lordi e durata dell'evento),
o lo share (rapporto in percentuale tra l'ascolto medio di un evento rispetto all'ascolto medio
del totale del pubblico delle altre reti)
o la penetrazione (rapporto percentuale tra gli ascoltatori e il loro universo di riferimento
(target)
o i minuti visti (minuti medi di visione di ciascun telespettatore)
o la permanenza (indicatore di fedeltà dello spettatore di ciascuna rete)
- AUDIPRESS è la società che si occupa dei fruitori della carta stampata in Italia e prevede due
indagini distinte, una per in quotidiani e una per i periodici. Ai soggetti selezionati si
somministreranno dei questionari. Le rilevazioni saranno fatte due volte l'anno, in primavera e
autunno.
o i lettori totali, misurati nel numero di lettori di una testata nell'arco di tre mesi,
o i lettori giorno medio, quanti sfogliano o leggono una testata nell'arco di giorno,
o i lettori per classi di frequenza, che grado di frequenza nell'arco di tre mesi
o i lettori per frequenza dettagliata, quanti giorni su 7.
o i lettori di quotidiani
o i lettori ultima domenica
o i lettori ultimi 30 o 7 giorni
- AUDIRADIO è un'indagine campionaria unitaria sull'ascolto delle emittenti radiofoniche pubbliche,
private, nazionali e locali. Audiradio consente di stimare numero e profilo degli ascoltatori. Il
metodo di ricerca consiste in un unico grande questionario che si divide in tre aree riguardanti
l'ascolto nei 7 giorni, l'ascolto nel giorno medio e il profilo dell'ascoltatore.
- AUDIWEB infine è una ricerca che si pone l'obbiettivo di fornire informazioni riguardanti i siti
Internet. La ricerca si effettua attraverso due modalità: la prima viene rilevata dal sito stesso e si
riferisce al numero di volte che la pagina viene caricata dagli utenti (sia in parte: server based, che
totalmente: browser based); la seconda è un'indagine su due campioni rappresentativi di
popolazione, tra quelli che navigano in internet da almeno due anni.

La sintetica rassegna delle principali teorie sulle comunicazioni di massa ha evidenziato l'evidente
mancanza di punti fermi tra gli studiosi dei media. Le posizioni discordi degli studiosi si riducono
all'opposizione che vige tra apocalittici e integrati. Gli apocalittici attribuiscono ai media il potere di
manipolare la mente (media forti), mentre gli integrati ne celebrano entusiasti l'utilità sociale (media
deboli). I media forti si rifanno alla teoria ipodermica e a quella critica; i media deboli, invece, all'approccio
usi e gratificazioni. Oggigiorno la ricerca non tende più a misurare la capacità persuasiva dei media.
Piuttosto si concentra sugli effetti a breve, medio e lungo termine:

- breve termine: la notizia di uno sciopero che fa annullare i voli;


- medio termine: campagne elettorali che iniziano mesi prima;
- lungo termine: si manifestano anni dopo l'esposizione, difficili da misurare.

Tracciamo cli seguito le teorie moderne a riguardo:

- Modello dei differenziali di conoscenza: è stato tra i primi ad attribuire nuovamente ai media effetti
potenti e su lungo termine. Partendo dalla nozione “l'informazione è potere” tale modello
considera l'informazione come una nuova ricchezza: la progressiva espansione dei media dovrebbe
ridistribuire equamente questa informazione, ma il modello critica questo concetto e dice anzi che i
nuovi media accentuano le disuguaglianze tra gruppi ricchi e poveri. Tale teoria sembra funzionare
meglio se applicata ai nuovi media, tra i quali il divario di conoscenza (digital divide) e ancor più
palese.
- La spirale del silenzio: affronta il problema degli effetti alla luce di un nuovo elemento che ha
cambiato il mondo rispetto alla prima metà del secolo: la televisione. In breve, il pubblico non sarà
più capace cli esercitare il suo potere di scelta perché i contenuti saranno tutti uguali (Consonanza)
e perché tali contenuti verranno proposti ovunque, in modo ripetitivo e continuo (Cumulatività). Di
conseguenza, per la paura di essere isolati gli utenti sceglieranno la via del conformismo: una sorta
di spirale del silenzio. Questa teoria è applicabile soltanto alla televisione.
- La coltivazione televisiva: questa teoria vede la televisione come il più forte dei media e immagina
che il pubblico assorbe gradualmente nel tempo le concezioni e gli stili presentati dalla tv. Ad
esempio chi vede molta violenza in tv sarà ansioso nella vita. Ma questa teoria non tiene conto che
forse è proprio chi è ansioso nella vita guarda più tv, oltre al fatto che esistono una miriade di
interpretazioni possibili da parte del fruitore.
- L'Agenda Setting: è una teoria nella quale si analizza il divario che separa la realtà vissuta in prima
persona da quella della quale si viene a conoscenza attraverso i media. Il fenomeno si manifesta in
due direzioni differenti: in primo luogo i media dicono alla gente quali sono i temi e i problemi
veramente importanti; in secondo luogo i media impongono un ordine di priorità dato dalla
quantità di tempo e di programmi dedicati a quel dato tempo. L'agenda setting del media a questo
punto si identifica con quella della vita reale dello spettatore. Non si dice alla gente cosa pensare,
ma su cosa pensare.

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